mezzi porosi - Dipartimento di Matematica

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MODELLI ANALITICI PER LE APPLICAZIONI II:
Diffusione Nonlineare del tipo ”mezzi porosi”
Maria Assunta Pozio∗
22 Giugno 2009
1
Diffusione non–lineare del tipo ”mezzi porosi”
Spesso, nello studio dell’evoluzione di fenomeni fisici, chimici o biologici, si modellizza la
diffusione spaziale delle quantità in gioco, utilizzando la legge di diffusione del calore: il
flusso è proporzionale al gradiente della quantità stessa ed ha verso opposto, quindi c’è
uno spostamento verso le regioni ”meno affollate”.
Tale modello prevede però, poco realisticamente, che la quantità si diffonda con velocità
infinita, raggiungendo immediatamente tutti i punti della zona a disposizione, anche se
inizialmente essa è presente solo in una parte di essa.
Un modello che in molti casi risulta più appropriato è quello che qui presentiamo e
che proviene dalla modellizzazione fisica della diffusione di un gas in un mezzo poroso
(possiamo pensare di avere ghiaia di diverse dimensioni o addirittura sabbia): in questo
caso la diffusione avviene con velocità finita e il modello che si ottiene riflette questa
caratteristica.
Una modellizzazione microscopica di ciò che avviene nei canali che attraversano il
mezzo poroso sarebbe cosı̀ complessa che non risulterebbe di utilità pratica. L’equazione
ottenuta dai fisici considerando la diffusione del gas da un punto di vista macroscopico,
si deduce dalle equazioni che seguono, dove x è la variabile spaziale, t quella temporale,
p = p(x, t) rappresenta la pressione del gas (in x al tempo t), ρ = ρ(x, t) la sua densità e
~v = ~v (x, t) la sua velocità:
(Equazione di stato)
p = p0 ρα ,
(Conservazione della massa) χ ∂t ρ + div(ρ~v ) = 0 ,
(Legge di Darcy)
~v = − µν ∇p ,
(1.1)
dove p0 , α, χ, µ, ν, sono costanti positive e inoltre α ∈ [1, +∞). Si osservi che χ dipende
dalla porosità del materiale e rappresenta la frazione dello spazio in cui si può muovere
il gas, µ dipende dalla permeabilità del mezzo e ν dalla viscosità del gas. La ”legge di
∗
Dipartimento di Matematica ”G. Castelnuovo”, Università di Roma “La Sapienza”, P.le A. Moro 5,
I-00185 Roma, Italia ([email protected])
1
Darcy” è di fatto una legge empirica, dedotta sperimentalmente da Darcy alla fine del
diciannovesimo secolo.
Dalle precedenti equazioni ricaviamo la seguente
µp0 α
µp0
∂t ρ =
div(ρ∇ρα ) =
∆(ρα+1 ) .
(1.2)
χν
χν(α + 1)
Ponendo m := α + 1, cambiando la scala temporale ma denotando ancora con t la nuova
variabile temporale e denotando con u = u(x, t) la densità nelle nuove variabili, si ottiene
la forma semplificata:
∂t u = ∆(um ) ,
x ∈ IRN , t > 0
(1.3)
dove quindi m ∈ [2, +∞) e, per iniziare, consideriamo che la variabile spaziale vari in tutto
lo spazio ambiente (quindi N = 1, 2, 3, sono i casi significativi fisicamente, mentre dal
punto di vista matematico possiamo accettare qualsiasi N ∈ IN , N ≥ 1). Considereremo
nel seguito
m ∈ (1, +∞) ,
in quanto anche il caso m ∈ (1, 2) può essere un modello significativo. Esso interviene
ad esempio nella modellizzazione della diffusione di gas ionizzati. Nel caso m = 1 si
ritornerebbe alla diffusione del calore, mentre il caso m ∈ (0, 1) non sarà da noi considerato
in questo contesto: esso interviene nella modellizzazione della diffusione di un plasma, ma
presenta fenomeni molto diversi da quelli del caso m > 1 al quale intendiamo qui limitarci.
Riscrivendo l’equazione dei mezzi porosi nella forma ∂t u = ∆(um ) = div(mum−1 ∇u),
osserviamo che in questo caso il coefficiente di diffusione dipende dalla soluzione stessa e
diminuisce con u fino ad annullarsi se u si annulla. Come vedremo questo si riflette nel
fatto che, se inizialmente il gas è presente in una regione limitata B, cioè u0 (x) > 0 per
x ∈ B, la regione B(t) := {x ∈ IRN : u(x, t) > 0} per t > 0 rimane anch’essa limitata,
fenomeno che non osserviamo per l’equazione del calore.
Come nel caso dell’equazione del calore, la conoscenza di soluzioni esplicite può dare
indicazioni sulle proprietà delle soluzioni, o almeno indicare una strada di indagine.
L’esigenza di determinare soluzioni esplicite, anche se si è in parte ridotta con il maggiore
utilizzo del computer, rimane uno strumento che consente di ottenere risultati altrimenti
difficilmente evidenziabili e risulta di aiuto anche per l’implementazione dei metodi di
risoluzione numerica. Alcune proprietà di invarianza delle soluzioni rispetto ad alcuni
cambiamenti di variabili, hanno suggerito la ricerca di soluzioni particolari, dette ”autosimilari” (la soluzione si deforma nel tempo mantenendo una stessa ”forma”). Non
entriamo qui in dettaglio su questi metodi (vedi [4]), ma essi suggeriscono di cercare
soluzioni esplicite della forma:
x
),
(1.4)
U (x, t) = (t + t0 )−k h(
(t + t0 )β
dove k, β, t0 sono costanti ed h(.) è una funzione da scegliere opportunamente perchè
esista una soluzione di questo tipo. Infatti, imponendo che U (.) sia soluzione di (1.3), si
ottiene
x
)i = (t + t0 )−km−2β ∆(hm ) , (1.5)
−k (t + t0 )−k−1 h − β (t + t0 )−k−β−1 hx, ∇h(
(t + t0 )β
2
o, equivalentemente, indicando con z =
x
(t+t0 )β
l’argomento di h(.),
£
¤
−k (t + t0 )−k−1 − k h − β hz, ∇h(z)i = (t + t0 )−km−2β ∆(hm ) .
(1.6)
Se imponiamo che si abbia
−k − 1 = −km − 2β ⇔ k (m − 1) = 1 − 2β ,
(1.7)
abbiamo che U (.) è soluzione di (1.3) se esistono soluzioni dell’equazione
∆(hm ) + βhz, ∇h(z)i + kh = 0,
z ∈ IRN .
(1.8)
Poichè stiamo cercando soluzioni particolari, cerchiamo di semplificare ulteriormente il
problema limitandoci a ricercare soluzioni con simmetria radiale. Tale scelta può essere
meglio compresa se determiniamo come si semplifica l’equazione (1.8) supponendo che
si abbia h = h(|z|), dove con abuso di notazione, indichiamo ancora con h la funzione
cosı̀
qPottenuta. Sviluppando i calcoli si ottiene (utilizzando la semplice definizione |z| =
N
2
i=1 zi ):
zi
∂zi h(|z|) = h0 (|z|)∂zi |z| = h0 (|z|) ,
|z|
e analogamente, sviluppando ulteriormente i calcoli:
∆(hm ) = div(∇hm ) = (hm )00 h
z z
z
(N − 1) m 0
, i + (hm )0 div( ) = (hm )00 +
(h ) .
|z| |z|
|z|
|z|
Ponendo allora r := |z|, si ottiene che l’equazione (1.8) diventa
(hm )00 +
(N − 1) m 0
(h ) + βrh0 + kh = 0,
r
r ∈ (0, +∞).
(1.9)
L’equazione si è quindi trasformata in una equazione differenziale del secondo ordine non–
lineare di una sola variabile, mentre il problema originario dipendeva da N + 1 variabili.
Inoltre, poichè cerchiamo soluzioni radiali, dovremmo richiedere che sia h0 (0) = 0. Infine,
per il significato fisico dell’equazione, vorremmo trovare soluzioni non–negative. Non
possiamo prevedere facilmente se esistano o meno soluzioni esplicite dell’equazione (1.9),
verificanti tali proprietà. Comunque, in questo caso tali soluzioni esistono e sono state
determinate dai due matematici G.I. Barenblatt e R.E. Pattle, indipendentemente:
h(r) = (A2 −
k(m − 1) 2 1/(m−1)
r )+
,
2mN
dove, se a ∈ IR, (a)+ := max{a, 0}, A è una costante positiva che può essere fissata
arbitrariamente e si deve scegliere
k=
N
,
N (m − 1) + 2
β=
k
,
N
in modo che sia verificata (1.7) e, in accordo con il significato fisico della soluzione, si
abbia che la massa del gas si conservi nel tempo. Si osservi che il supporto della funzione
3
h è una palla (più precisamente un intervallo per N = 1, un cerchio per N = 2, una
sfera per N = 3). Per la funzione U (.), detta soluzione di Barenblatt–Pattle, si ottiene in
definitiva l’espressione esplicita:
³
´1/(m−1)
k(m − 1)
|x|
2
U (x, t) = (t + t0 )−k A2 −
(
)
,
2mN
(t + t0 )k/N
+
(1.10)
per (x, t) ∈ IRN × (−t0 , +∞).
PROPRIETA’ DELLA SOLUZIONE DI ”BARENBLATT–PATTLE”:
2mN 1/2
1. Il supporto della soluzione è una palla di raggio r(t) = A( k(m−1)
) (t + t0 )k/N , quindi
crescente nel tempo; la frontiera del supporto di U (., t) è detta ”frontiera libera”, in quanto
non è assegnata a priori dal problema, ma varia da una soluzione all’altra.
2. RIl massimo della soluzione decresce nel tempo.
3. IRN U (x, t)dx = M = M (A) è una costante. Questo si vede con un cambiamento della
variabile di integrazione e dipende dall’aver scelto β = Nk . La costante M rappresenta la
”massa” del gas, essendo U (x, t) la sua densità in x al tempo t.
4. limt→−t+0 U (x, t) = M δ(x) nel senso delle distribuzioni, se δ(x) denota la distribuzione
detta ”delta di Dirac” (per chi conosce tale terminologia).
5. La soluzione è invariante per traslazioni spaziali, quindi per ogni x0 ∈ IRN si ha che
U (x − x0 , t) è ancora una soluzione avente come supporto una palla con centro in x0 .
6. Somme di soluzioni aventi supporto disgiunto sono ancora soluzioni, anche se il problema non è lineare. Dopo l’istante in cui il supporto delle due soluzioni si tocca, la
soluzione esiste ancora (si potrebbe dimostrare), ma non è più la somma delle soluzioni
precedenti, proprio per la non–linearità dell’equazione.
kr 2−m
7. Poichè si ha h0 (r) = − mN
h
e un termine con lo stesso andamento compare nel
termine (hm )00 , se m ∈ (1, 2], tali termini perdono di significato per r = r(t). Le soluzioni
possono ugualmente essere considerate tali, ma in un senso più debole come illustreremo
brevemente nel seguito (più precisamente nel senso delle distribuzioni, per chi già avesse
conosciuto soluzioni di questo tipo).
CONFRONTO TRA LA SOLUZIONE DI ”BARENBLATT–PATTLE” E QUELLA FONDAMENTALE DELL’EQUAZIONE DEL CALORE:
1. Il supporto della soluzione di Baremblatt–Pattle è una palla limitata, quello della
soluzione fondamentale del calore K(x, t) := ¡
1
¢N/2 e
|x|2
0)
− 4(t+t
è tutto IRN . Più in
4π(t+t0 )
generale per dati iniziali non–negativi e a supporto compatto, la soluzione dell’equazione
dei mezzi porosi si mantiene a supporto compatto, mentre quella dell’equazione del calore
diviene positiva in tutto IRN , ad ogni istante t > 0. Quindi l’equazione dei mezzi porosi si
presta meglio a modellizzare la diffusione di quantità fisiche, chimiche, o biologiche, che
diffondono in un ambiente muovendosi con velocità finita e quindi raggiungendo le zone
più lontane successivamente nel tempo. Tuttavia l’equazione del calore, essendo lineare, è
risultata di più facile studio e può comunque essere una buona approssimazione in molti
4
casi. Inoltre lo studio dell’equazione del calore ha permesso lo sviluppo di tecniche che
probabilmente sarebbe stato quasi impossibile sviluppare direttamente per la più difficile
equazione dei mezzi porosi ma che, come vedremo, in parte si estendono a questa.
2, 3, 4 (per la funzione K(·, t) si ottiene M = 1), 5 sono proprietà vere per entrambe le
funzioni U (·) e K(·).
6. Nel caso dell’equazione dei mezzi porosi, anche se il problema non è lineare, somme di
soluzioni aventi supporto disgiunto sono ancora soluzioni fino a quando il supporto rimane
disgiunto, mentre per l’equazione del calore si ha che più in generale combinazioni lineari
di soluzioni fondamentali traslate sono soluzioni poichè il problema è lineare (anzi, come
abbiamo visto nella prima parte del corso, attraverso una convoluzione della soluzione
fondamentale (per t0 = 0) con un dato iniziale, si ottiene la soluzione corrispondente a
quel dato iniziale).
7. A differenza delle soluzioni dell’equazione dei mezzi porosi, quelle dell’equazione del
calore sono infinitamente derivabili rispetto alla variabile x, per ogni t > 0.
EQUAZIONE DEI MEZZI POROSI CON CONDIZIONI INIZIALI E UN TERMINE
DI REAZIONE:
Fin qui ci siamo occupati delle soluzioni esplicite dell’equazione dei mezzi porosi per meglio
capirne le proprietà. In generale saremo interessati a problemi di reazione e diffusione della
forma
½
ut = ∆(um ) + f (x, t, u),
x ∈ IRN , t ∈ (0, T ],
(1.11)
u(x, 0) = u0 (x) ≥ 0,
x ∈ IRN .
SOLUZIONI DEBOLI DELL’EQUAZIONE DEI MEZZI POROSI:
Se esistono soluzioni dell’equazione
∂t u = ∆(um ) + f ,
x ∈ IRN , t ∈ (0, T ],
(1.12)
moltiplicando l’equazione per una funzione η ∈ C02 (IRN × [0, T ]),dove l’indice 0 indica che
la funzione ha supporto compatto nello spazio, l’equazione sarà ancora verificata. Inoltre,
se integriamo l’espressione otteniamo:
Z TZ
Z TZ
∂t uη dx dt =
[∆(um ) + f ]η dx dt .
(1.13)
0
IRN
IRN
0
OSSERVAZIONE: se supponiamo che la (1.12) sia una relazione tra funzioni continue, le
seguenti affermazioni sono equivalenti:
(i) è verificata la (1.12);
(ii) (1.13) vale per ogni funzione η ∈ C02 (IRN × [0, T ]).
Infatti, abbiamo dedotto la (ii) dalla (i). Viceversa, se vale la (ii), e se per assurdo non
valesse la (i), ad esempio se in un punto (x0 , t0 ) ∈ IRN × (0, T ], si avesse [∂t u − ∆(um ) −
f ](x0 , t0 ) > 0, avendo supposto di avere una relazione tra funzioni continue, avremmo che
la stessa espressione rimarrebbe positiva in un intorno di tale punto. Allora la (1.13) non
sarebbe verificata scegliendo η positiva con supporto in tale intorno.
5
Integrando per parti nel tempo il primo membro della (1.13), integrando per parti due
volte nello spazio il termine del secondo membro della (1.13) contenente il ∆, tenendo
conto che i dati al bordo non compaiono perchè η e le sue derivate sono nulle sul bordo
del suo supporto, otteniamo
Z
Z
IRN
Z
T
Z
u(x, T )η(x, T ) dx−
u0 (x)η(x, 0) dx −
u(x, t)∂t η(x, t) dx dt =
IRN
0
IRN
Z TZ
=
[(um )∆η + f (x, t, u)η(x, t)] dx dt ,
0
(1.14)
IRN
DEFINIZIONE DI SOLUZIONE (e SOPRA/ SOTTO–SOLUZIONE). Data la funzione
u0 ∈ C(IRN , IR), u0 ≥ 0 e limitata, diremo che u ∈ C(IRN × [0, T ], IR), u ≥ 0 e limitata è
una soluzione [rispettivamente è una sopra–soluzione[sotto–soluzione]] del problema (1.11)
se e solo se per ogni funzione η ∈ C02 (IRN × [0, T ]) è verificata la (1.14) [rispettivamente
è verificata la (1.14) con l’uguaglianza sostituita dalla diseguaglianza ”≥” [”≤”] e inoltre
solo per η ≥ 0 ].
Questa definizione di soluzione permette di considerare come soluzioni anche funzioni non derivabili, poichè nella (1.14) non compaiono le derivate di u. Comunque tale
definizione non risulta troppo generica. Infatti eventuali soluzioni derivabili della (1.13)
sono anche soluzioni in questo senso più generale, ma si ottengono anche risultati di
unicità della soluzione, quindi la nuova definizione non introduce soluzioni che non siano
individuate univocamente dal problema.
1.1
Risultati di esistenza e confronto
Theorem 1.1. ( ESISTENZA: cfr. [1], [2], [5]) Sia f ∈ C 1 ([0, +∞)), f (0) = 0 e m > 1.
Consideriamo il problema
½
ut = ∆(um ) + f (u),
x ∈ IRN , t > 0,
(1.15)
u(x, 0) = u0 (x),
x ∈ IRN ,
dove u0 ∈ C(IRN , IR), u0 ≥ 0 e limitata. Allora esiste τ > 0, τ ≤ +∞, tale che la
soluzione (debole) di (1.15) esite, unica, in [0, τ ). Inoltre se la soluzione si mantiene
limitata sugli intervali di tempo limitati, allora τ = +∞, cioè la soluzione è globale.
Per rendere più semplice l’enunciato del teorema precedente, non abbiamo messo le
ipotesi più generali (ad esempio f potrebbe essere solo Lipschitziana o dipendere anche
da x e t). Infatti vogliamo unicamente evidenziare come alcuni dei risultati, che valgono
per problemi di reazione e diffusione nel caso con diffusione lineare, si estendano a quello
in cui la diffusione è del tipo dei mezzi porosi.
Il risultato di unicità del Teorema 1.1 e eventuali maggiorazioni a priori della soluzione,
possono essere ottenuti utilizzando i criteri di confronto che valgono per il problema (1.15),
come enunciato nel seguente teorema:
6
Theorem 1.2. (CONFRONTO: cfr. [1], [2], [3]) Sia f ∈ C 1 ([0, +∞)), f (0) = 0 e
m ≥ 1. Valgono i seguenti risultati:
(i) Se u è una sotto–soluzione (debole) e ū è una sopra–soluzione (debole) di (1.15) per
t ∈ [0, T ), (T ∈ (0, +∞]) ⇒ u(x, t) ≤ ū(x, t), per ogni x ∈ IRN , t ∈ [0, T ).
(ii) Se w è una sotto–soluzione stazionaria [rispettivamente w̄ è una sopra–soluzione
stazionaria] (debole) di (1.15) e se la soluzione u(x, t) avente come dato iniziale w [w̄] esiste nell’intervallo [0, T ), (T ∈ (0, +∞]) ⇒ u(x, t) è non–decrescente [non–crescente]
rispetto al tempo in [0, T ). Se inoltre u è limitata superiormente, allora T = +∞, esiste
lim u(x, t) = u∗ (x) ,
t→+∞
x ∈ IRN
e u∗ è soluzione stazionaria di (1.15).
Nelle ipotesi del Teorema 1.2, (ii), la soluzione che ha come dato iniziale una soprasoluzione stazionaria è limitata inferiormente dalla soluzione identicamente nulla, quindi
è sempre globale (cioè T = +∞) e converge ad una soluzione stazionaria.
EQUAZIONE DEI MEZZI POROSI IN UN INSIEME LIMITATO:
Se siamo interessati all’equazione dei mezzi porosi in un insieme limitato Ω ∈ IRN , analogamente al caso dell’equazione del calore in un limitato, dovremo assegnare condizioni al
bordo che potranno essere o di tipo Dirichelet, quindi:

x ∈ Ω, t > 0,
 ut = ∆(um ) + f (x, t, u),
u(x, t) = φ(x, t),
x ∈ ∂Ω, t ∈ (0, T ],
(1.16)

u(x, 0) = u0 (x),
x ∈ Ω,
oppure del tipo di Neumann. In questo secondo caso, la condizione deve essere assegnata
sul flusso non–lineare del campo ∇um , quindi la condizione al bordo diventa
∂(um )
(x, t) = ψ(x, t),
∂~n
x ∈ ∂Ω, t > 0,
(1.17)
dove ~n rappresenta il versore normale alla frontiera in ciascun punto.
Anche in questo caso dovremmo definire le soluzioni in senso debole, analogamente
al caso del problema in IRN . Risultati di esistenza, unicità e confronto valgono anche in
questo caso, per dati al bordo continui e frontiera del dominio sufficientemente regolare.
2
Applicazioni
Per capire il ruolo della diffusione lineare rispetto a quella non–lineare del tipo dei ”mezzi
porosi”, confrontiamo l’insieme delle soluzioni stazionarie e il comportamento asintotico
delle soluzioni nel caso di uno stesso termine di reazione. Per semplicità scegliamo come
termine di reazione quello dell’equazione di Fisher, che interviene in molte applicazioni.
Esso è della forma
f (u) = u(a − u), u ≥ 0.
7
Considereremo successivamente il caso in cui a > 0 è una costante e il caso in cui a = a(x).
Se ad esempio u = u(x, t) rappresenta la densità di individui di una popolazione nel
punto x di una regione Ω, al tempo t, a rappresenta la densità di individui che in media
quell’ambiente riesce a supportare ed è detto ”carring capacity”. Quando a dipende dalla
variabile spaziale x, avremo zone favorevoli alla vita della popolazione dove a(x) > 0 e
zone sfavorevoli dove a(x) < 0.
FISHER CON DIFFUSIONE LINEARE.
Analizziamo il sistema

 ut = d ∆u + u(a − u),
u(x, t) = 0,

u(x, 0) = u0 (x) ≥ 0,
x ∈ Ω, t > 0,
x ∈ ∂Ω, t ∈ (0, T ],
x ∈ Ω,
(2.18)
dove a > 0 è costante. Se considerassimo il solo problema di reazione, quindi senza
dipendenza spaziale, avremmo due soluzioni stazionarie: u∗0 ≡ 0, instabile e u∗1 ≡ a
globalmente asintoticamente stabile per dati iniziali strettamente positivi. In presenza
della diffusione con dato di Dirichlet nullo al bordo, u∗0 ≡ 0 è ancora una soluzione
stazionaria. Analizziamola per linearizzazione. Sia −K12 l’autovalore principale, cioè il
numero reale λ (rispetto al quale tutti gli altri hanno parte reale minore) tale che
½
∆w = λw,
x ∈ Ω,
(2.19)
w(x) = 0,
x ∈ ∂Ω .
Lo scriviamo in questa forma perchè si dimostra che esso è negativo e la corrispondente
autofunzione w1 (x) è strettamente positiva in Ω (non abbiamo dimostrato queste affermazioni ma abbiamo visto che se Ω = (0, L), risulta K1 = π/L e w1 (x) = sin(πx/L)).
Possiamo allora enunciare i seguenti risultati:
(i) se a ≤ d K12 ⇒
(ii) se a > d K12 ⇒
non–omogenea.
u∗0 ≡ 0
u∗0 ≡ 0
è globalmente asintoticamente stabile,
è instabile ed esiste una soluzione stazionaria spazialmente
Cenno di dimostrazione
(i) Se indichiamo con w1 l’autofunzione positiva associata all’autovalore −K12 e avente
valore massimo 1, per ogni costante positiva M si ha
d ∆(M w1 ) + M w1 (a − M w1 ) ≤ −M w1 [d K12 − a] ≤ 0,
x ∈ Ω,
(2.20)
quindi M w1 è una sopra–soluzione stazionaria per ogni M > 0, quindi la soluzione con
dato iniziale M w1 > 0 in Ω decresce verso una soluzione stazionaria (per il Teorema
1.2 che, come abbiamo già osservato, vale anche nei limitati con condizioni al bordo di
Dirichlet o Neumann). Si dimostra che la soluzione a cui decresce deve essere quella
identicamente nulla (utilizzando il fatto che tali sopra–soluzioni costituiscono un continuo e verificano la stretta diseguaglianza nell’equazione, quindi l’esistenza di una tale
sopra–soluzione tangente ad un’eventuale soluzione stazionaria positiva in Ω, porterebbe
8
all’assurdo che l’eventuale soluzione stazionaria positiva dovrebbe decrescere, quindi essa
non può esistere).
(ii) Con le stesse notazioni del punto precedente, si verifichi che, per M > 0, sufficientemente piccolo, la funzione w ≡ M w1 è una sotto–soluzione stazionaria (al contrario
del caso precedente, infatti, in questo caso a > d K12 ) e che w̄ ≡ costante ≥ a è una
sopra–soluzione stazionaria. Utilizzando i risultati del Teorema 1.2 che valgono anche in
un limitato, segue che le soluzioni wl (t, x) e wu (t, x) di dati iniziali rispettivamente w e w̄
sono monotone e convergono a soluzioni stazionarie u∗l e u∗u rispettivamente, e risulta:
w(x) ≤ wl (t, x) ≤ u∗l (x) ≤ u∗u (x) ≤ wu (t, x) ≤ w̄ ,
∀ (x, t) ∈ (0, +∞) × ω .
Le soluzioni u∗l e u∗u sono non identicamente nulle e si annullano sul bordo, quindi sono
spazialmente non–omogenee. Se dimostriamo l’unicità della soluzione stazionaria positiva,
quindi che u∗ ≡ u∗l ≡ u∗u , otteniamo che u∗ è globalmente attrattiva, potendosi scegliere
w arbitrariamente piccola e w̄ arbitrariamente grande.
Unicità della soluzione stazionaria positiva: Per ogni x ∈ ω, moltiplichiamo l’equazione
soddisfatta da u∗l per u∗u e quella soddisfatta da u∗u per u∗l e integriamole in ω, ottenendo:
Z
Z
∗
∗
∗
∗
u∗l [∆u∗u + u∗u (a − u∗u )] dx .
(2.21)
uu [∆ul + ul (a − ul )] dx = 0 =
ω
ω
Integrando per parti, tenendo conto che le soluzioni sono nulle sul bordo di ω, si ottiene
che
Z
Z
Z
∗
∗
∗
∗
uu [∆ul ] dx = − h∇uu , ∇ul i dx =
u∗l [∆u∗u ] dx.
ω
ω
ω
Quest’ultima uguaglianza permette di cancellare i termini uguali tra il primo e l’ultimo
membro della (2.21) ottenendo
Z
Z
∗
∗2
uu [−ul ] dx =
u∗l [−u∗2
u ] dx ,
ω
ω
quindi, portando tutto a primo membro, otteniamo
Z
u∗u u∗l (u∗u − u∗l ) dx = 0 ,
ω
che implica u∗l ≡ u∗u in ω, poiché tutte le funzioni integrande sono non–negative, in
particolare u∗u e ul∗ sono positive in ω.
FISHER CON DIFFUSIONE NON–LINEARE DEL TIPO ”MEZZI POROSI”
Analizziamo il sistema

 ut = ∆(um ) + u(a − u),
u(x, t) = 0,

u(x, 0) = u0 (x) ≥ 0,
x ∈ Ω, t > 0,
x ∈ ∂Ω, t ∈ (0, T ],
x ∈ Ω,
(2.22)
dove a > 0 è costante ed è m > 1. Anche in questo caso u∗0 ≡ 0 è una soluzione stazionaria.
In questo caso però, a differenza di quello con diffusione lineare si ha:
9
(i) u∗0 ≡ 0 è instabile, per ogni a > 0;
(ii) per ogni a > 0 esiste una soluzione stazionaria positiva in Ω e spazialmente non–
omogenea. Essa è globalmente attrattiva per dati iniziali non identicamente nulli.
Cenno di dimostrazione
(i) e (ii) seguono analogamente alla parte (ii) del caso di diffusione lineare, verificando
che, per M > 0, sufficientemente piccolo, la funzione (M w1 )1/m è una sotto–soluzione
stazionaria e che ū ≡ costante ≥ a è una sopra–soluzione stazionaria. Ne segue la
conclusione come nel caso lineare utilizzando il Teorema 1.2. Tuttavia la dimostrazione
dell’unicità della soluzione stazionaria è più complessa in questo caso e non sarà qui
riportata.
FISHER CON TERMINE DI REAZIONE SPAZIALMENTE NON–OMOGENEO.
Consideriamo per semplicità un dominio unidimensionale Ω := (0, L), anche se il
comportamento qualitativo è analogo in più dimensioni, e poniamo
½
a0 cos(2πx/L) ,
x ∈ [0, L/4] ∪ [3L/4, L] ,
a(x) =
(2.23)
a1 cos(2πx/L) ,
x ∈ (L/4, 3L/4) ,
dove a0 , a1 > 0 sono costanti che assegnamo. Si potrebbero dimostrare i risultati che
seguono che invitiamo comunque a verificare con MATLAB e che evidenziano la presenza
di fenomeni nuovi nel caso di diffusione non–lineare, rispetto a quello di diffusione lineare:
(i) (con diffusione lineare) se m = 1, fissato a1 , esiste a∗0 > 0 tale che, per a0 ≤ a∗0 il
problema (2.22) con a = a(x) definita in (2.23) ha solo la soluzione stazionaria identicamente nulla, globalmente attrattiva, e per a0 > a∗0 , esiste una unica soluzione stazionaria
strettamente positiva in Ω, che presenta un minimo strettamente positivo nell’intervallo
J− dove a(x) < 0 e un massimo in ciascuno degli intervalli J1+ e J2+ in cui è a(x) > 0.
Essa è globalmente attrattiva per dati iniziali non identicamente nulli. Il valore di a∗0 ,
dipende chiaramente dal valore di a1 fissato.
(ii) (con diffusione non–lineare) se m > 1, esiste sempre una soluzione stazionaria u∗
positiva in J1+ ∪ J2+ . Inoltre, fissato a1 > 0, esiste a∗0 > 0 dipendente da a1 , tale che
per 0 < a0 ≤ a∗0 esiste una soluzione stazionaria u∗1 positiva in J1+ e nulla in J2+ . Allora
anche la funzione u∗2 (x) = u∗1 (L/2 − (x − L/2)), simmetrica di u∗1 rispetto al punto L/2 è
una soluzione stazionaria. Se le due soluzioni hanno supporto disgiunto (ciò avviene per
a0 ∈ (0, ã0 ], con 0 < ã0 < a∗0 ), la loro somma u∗ (x) è positiva su entrambe le regioni ed è
la soluzione stazionaria di cui abbiamo già dichiarato l’esistenza.
Per a0 ∈ (ã0 , a∗0 ] le soluzioni u∗1 e u∗2 hanno supporti che si intersecano e u∗ (x) è maggiore di
entrambe. Per a0 ∈ (0, a∗0 ] dati iniziali positivi in J1+ e J2+ tendono a u∗ (x), ma esistono
anche dati iniziali che convergono a u∗1 , dati iniziali che convergono a u∗2 e dati iniziali
con supporto in J− che tendono alla soluzione u∗0 ≡ 0. La situazione è quindi molto più
articolata che nel caso di diffusione lineare.
INTERPRETAZIONE BIOLOGICA DEL MODELLO. Se pensiamo a u come densità di
una popolazione biologica, l’ultimo risultato si interpreta osservando che, essendoci due
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zone favorevoli alla vita J1+ e J2+ , potrebbe accadere che solo una di queste zone sia
occupata (soluzioni che tendono a u∗1 o a u∗2 ), se la zona sfavorevole non permettesse di
raggiungere l’altra, oppure potrebbero essere occupate entrambe (soluzioni che tendono
a u∗ ), oppure, se ci sono pochi individui e soltanto nella zona sfavorevole, la popolazione
potrebbe anche estinguersi (soluzioni che tendono a u∗0 ≡ 0). Nel caso con diffusione
lineare invece, la popolazione iniziale (se non identicamente nulla), si espande immediatamente in tutta la regione e può poi estinguersi o occupare tutta la regione concentrandosi
maggiormente nelle regioni più favorevoli, a seconda dei valori di a0 , a1 . La considerazione
di termini di diffusione del tipo ”mezzi porosi” risulta quindi più adatta a modellizzare
le situazioni concrete. In certi casi, però, la diffusione lineare risulta comunque utile per
evidenziare alcuni dei fenomeni ed è più semplice da trattare.
Cenno di dimostrazione
2
(i) In questo caso l’autovalore principale di (2.19) è − Lπ 2 , la corrispondente autofunzione
è w1 (x) = sin( πx
) e si ottiene quindi facilmente che M w1 è una sopra–soluzione per ogni
L
π2
M > 0, se a0 ≤ L2 . L’asintotica stabilità della soluzione identicamente nulla segue allora
come nel caso in cui a era costante.
Poichè per x ≤ L/6 si ha a(x) ≥ a0 /2, essendo l’autovalore di (2.19) in Ω̃ := [0, L/6]
2
2
dato da − 36π
e l’autofunzione w̃1 (x) = sin( 6πx
), se a0 /2 > 36π
, si può verificare che per
L2
L
L2
M > 0 sufficientemente piccolo, la funzione
½
M w̃1 (x),
x ∈ Ω̃,
(2.24)
w(x) =
0,
x ∈ Ω \ Ω̃,
è una sotto–soluzione stazionaria del problema, da cui la conclusione (utilizzando anche
lo stretto principio di massimo e il fatto che w̄(x) ≡ costante ≥ a0 è una sopra–soluzione
stazionaria). Rimane allora dimostrata l’esistenza di almeno una soluzione stazionaria
non–negativa e non identicamente nulla, grazie ai risultati di confronto del Teorema 1.2.
Lo stretto, principio del minimo assicura che essa è strettamente positiva e la sua unicità
si ottiene con la stessa dimostrazione del caso in cui a era costante. Per confronto si
ottiene quindi anche la sua globale attrattività per dati iniziali non identicamente nulli.
Poichè se esiste una soluzione stazionaria positiva corrispondente a un certo valore di
a0 essa risulta sottosoluzione per a0 più grande, l’insieme degli a0 per cui esiste soluzione
stazionaria positiva è un intervallo (si dovrebbe anche dimostrare che esso è aperto).
2
2
Da quanto dimostrato finora possiamo concludere che a∗0 ∈ ( Lπ 2 , 36π
). La asintotica
L2
∗ 36π 2
stabilità (se a0 ∈ (a0 , L2 ] ) si può dimostrare osservando che la funzione λ u∗ (x) è una
soprasoluzione per ogni λ > 1 e una sottosoluzione per ogni 0 < λ < 1. Il fatto che la
soluzione stazionaria positiva abbia due massimi e un minimo segue dallo studio del segno
della sua derivata seconda.
(ii) Non dimostreremo l’esistenza di soluzioni stazionarie del tipo u∗1 e u∗2 qui illustrato.
Definiremo invece qui di seguito alcune sopra e sotto–soluzioni, in modo che, analogamente
ai casi precedenti, utilizzando i risultati di confronto, si dimostri l’esistenza della soluzione
u∗ e si deducano i diversi comportamenti delle soluzioni in base alla scelta dei dati iniziali,
anche nei casi in cui esistano u∗1 e u∗2 (evidenziabili con MATLAB).
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• Si verifichi che la funzione (M w(x))1/m , dove w(x) è definita nella (2.24), è una
sotto–soluzione stazionaria di (2.22), per qualsiasi valore di a0 , se M > 0 è sufficientemente piccolo, poichè m > 1. La stessa affermazione è valida per la funzione
simmetrica della precedente rispetto al punto L/2.
• w̄ ≡ costante ≥ a0 è una sopra–soluzione stazionaria.
• E’ sopra–soluzione stazionaria (in senso debole) la seguente funzione simmetrica
rispetto a L/2
 h
i1/(m−1)
¡ a1 (m−1)2 ¢

2

, x ∈ [L/3, L/2],
(x
−
L/3)

 4m(m+1)
h¡
i
1/(m−1)
(2.25)
w̄(x) =
a1 (m−1)2 ¢
(2L/3 − x)2
, x ∈ [L/2, 2L/3],

4m(m+1)


 0,
x ∈ [0, L/3] ∪ [2L/3, L].
References
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diffusion problem, Nonlinear Analysis T.M.A. 6 (1982), 1001–1022.
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diffusion equations, Nonlinear Anal. 9 (1985), 987–1008.
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equations, Comm. in P.D.E. 8 (1983), 693–733.
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