Cap. 3 - Lino Carriero

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Cap. 3 - Lino Carriero
Mete e Miti
nella storia della Naturopatia
Lino Carriero e Carlo Marini
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Indice
Introduzione
pag.: 3
pag.: 6
Cap. 1: Cos’è la Naturopatia e chi è il naturopata:
Le sue origini le sue mete.
pag.: 12
Cap. 2: Il ruolo storico di Paracelso:
Dal mito dell’alchimia alla meta dell’omeopatia.
Cap. 3: Il concetto di natura: dai lumi a Goethe.
pag.: 24
Cap. 4: Il corpo umano in Naturopatia.
pag.: 32
Cap. 5: La Naturopatia tedesca del XIX secolo:
pag.: 44
Da V. Priessnitz a G. Groddeck.
Cap. 6: La Naturopatia: dal mondo germanico alla sua diffusione in
Occidente.
Par.A:LaNaturopatia in Francia.
pag.: 72
La M.T.C. e l’istituto Ricci.
Par.B: La Naturopatia in Gran Bretagna e negli U.S.A.
pag.: 84
La floriterapia da Bach a Kramer e Orozco.
Cap.7: Le ricerche sulla spiritualità in Naturopatia.
pag.: 99
Dalla New Age al “Libro dei Mutamenti”.
Conclusione
pag.: 116
Bibliografia
pag.: 117
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INTRODUZIONE
L’alba di un nuovo secolo porta sempre con sè lo stimolo di nuove nascite: fu
così nel primo Novecento con la Psicoanalisi, i germi della quale emersero da un contesto
che, inevitabilmente, come alla fine di ogni secolo, vede esaurite le proprie potenzialità. Il
movimento freudiano e poi junghiano spalancarono gli occhi della psicologia, su quella
dimensione fino ad allora regno dell’occulto, trasformandola nel regno dell’inconscio;
costringendo la ricerca ad uscire fuori dal ristretto mondo dei fenomeni consci oltre,
nell’immensità dell’Incoscio: prima personale e poi collettivo. La Psicoanalisi seppe far
compiere quel grande salto alla “scienza” psicologica, proiettandone la visione su contesti
non più solo positivistici, come appunto fu nell’Ottocento. Certamente, fenomeni quali:
S. Freud e C. G. Jung non nacquero dal nulla, essi seppero captare segni e fermenti di
novita già in gestazione, e già sbocciati in altre discipline, quali la filosofia, e seppero dar
loro forma e sviluppo a concetti e argomenti presi altrove, quali: l’Io, l’Es,
l’“interpretazione dei sogni”, la Libido, la Coniunctio oppositorum, gli Archetipi, laddove
altre discipline non seppero dare loro l’opportuna forza concettuale e soprattutto
terapeutica. Il loro merito principale fu di aver scaraventato la mente umana: il nostro
Micro-cosmo, da una ristretta visione organicistica verso un Macro-cosmo esistenzialista
e collettivamente simbolico; strada poi percorsa da altri quali Bateson, Hillman, Lacan,
Assagioli, ecc.
Come essi seppero dare allora lontane mete ai loro miti, così ora, alle soglie della
nuova era del terzo millennio, è chiamata proprio la Naturopatia a rilanciare il discorso
ri-aperto dalla psicologia, ri-vivificando le sue stesse radici storiche “millenarie”,
raccogliendo così la sfida di percorrere quella strada che ufficialmente la Medicina e la
Psicologia scientifica non vogliono e non possono percorrere. Ed è questo l’ambizioso
percorso che vede i moderni naturopati impegnati in un originale e diverso concetto di
“salute e malattia”, che vede alla propria base una visione “altra” del corpo umano, non
più solo organismo biologico, ma olistica ed ecologica come lo è la relazione d’ insieme
macro e micro-cosmica tra la totalità del creato e le singolarità delle creature. In questo
testo si proverà a spiegare come e perchè la Naturopatia possa ora promuovere una
visione globale e psico-somatica dell’essere umano, ponendosi come ponte e raccordo tra
la psicologia occidentale, in particolare quella junghiana, con tutte le tradizioni olistiche,
già patrimonio storicamente collettivo di molte culture a Occidente come a Oriente.
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Tradizioni che da sempre hanno visto l’uomo e il cosmo in sinergica relazione tra loro,
come unica entità fisica, psicologica e spirituale: Una e Trina.
Nonostante l’enormità dell’impresa, questo tentativo cerca di dimostrare, quanto sia
urgente ora evidenziare che il compito della Naturopatia deve essere anche quello di
recuperare e sistematizzare tutte quelle tradizioni di medicina e psicologia naturalistiche
europee, anti-positivistiche, che vanno dalla floriterapia di E. Bach: eredità degli
Herbalists inglesi, alle scuole omeopatiche e antroposofiche: eredi della visione medicospiritualistica germanica, che dall’alchimia spagirica paracelsiana giunge a noi attraverso
la natural-philosophy di Goethe , fino ad influenzare la psicologia analitica junghiana
(“Studi sull’alchimia” e “Misterium coniunctionis”), ricollegandoci all’oligoterapia
francese e alla psicosomatica di Groddeck . L’obiettivo di questa doverosa ricostruzione
storica impone oramai la necessità di porre tali comuni radici filosofiche, quale necessarie
fondamenta per una corretta forma mentis del moderno naturopata, il quale non opera con
la somma di tali discipline ma fonda la sua esperienza pratica con la sintesi di esse,
perchè fondate sulle stesse leggi energetiche dell’universo, che sono la cornice
concettuale di questa disciplina. Un esempio di ciò ci viene dalla struttura della millenaria
M.T.C 1: la quale poste le proprie leggi essenziali, su un fondamento filosofico econaturalistico (così come anche auspicato da G. Bateson in: Ecologia della Mente), fonda
le proprie pratiche “salutistiche” sull’insieme di fitoterapia, ginnastiche psico-corporee,
massaggio, riflessoterapie manuali e agopunturali e sull’igiene e le corrette pratiche
alimentari , sessuali , respiratorie e psicologiche. Ma, così come ogni naturopata
dovrebbe sapere almeno l’esistenza dei cinque itinerari medici di Paracelso, il proposito
ambizioso che ci si pone con il progetto di questo saggio sarà quello di preparare il
moderno naturopata, cominciando a rimarcare il valore e il ruolo storico che la
Naturopatia ha avuto, nell’esser sempre stata disciplina psico-somatica per eccellenza,
non solo prima dell’attuale Psicosomatica di derivazione medico-psichiatrica, ma
anticipando e contenendo in sè i concetti di energia vitale, Io e Es, Inconscio e
meccanismi di difesa, fatti poi propri dalla moderna Psicologia. Lo sforzo di indirizzare
noi naturopati in un contesto che di fatto, seppur alternativamente, sfiora quello medico,
serve a contenere e specificare chiaramente che il compito della Naturopatia non è
“curare” le malattie patologiche della Medicina e della Psichiatria, ma “sostenere”
naturalmente l’individuo nella sua cosciente volontà di “prendersi cura di Sè ” ,
rendendolo esperto dell’Arte della propria Individuazione e forte di quella Vis
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M.T.C.: Medicina Tradizionale Cinese.
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Medicatrix Naturae di cui scoprirà esser stato ampiamente dotato, così come lo è ogni
essere vivente partecipe della Natura.
Operando sulle dis-armonie energetiche e sui disagi del mal-essere: non in sintonia con
le relazioni naturali delle nostre dimensioni: corpo, mente, spirito e utilizzando preparati
naturali sarà permesso così alla Natura stessa di recuperarci e inserirci nel suo circuito di
equilibri e, con tecniche naturali, riappropriarci di quella solidale unità nella molteplicità
cosmica. Ma…… questa ars vivendi naturalis non possiamo indurla in nessuno se prima
e durante non vi ci fossimo noi stessi applicati, e non solo razionalmente e
saltuariamente, bensì come attitudine spirituale cui spontaneamente, ma continuamente,
dobbiamo volgere. Per cui imparare, con fatica, ad ascoltare noi stessi e a saper educare
noi stessi viene prima di volgerci agli altri esseri, senza pretendere di dover diventare
maestri, ma almeno di poter dar l’esempio, laddove indicare l’inevitabilità e il valore
dell’iniziazione alla Via: dell’“Opus Naturalis”.
Come accadde al sommo poeta: chi non dovrà prima o poi, trovandosi nel mezzo del
cammin , smarrir la diretta via e ritrovarsi dinanzi ad una selva “oscura”?
Lao-Tze che della Via era maestro diceva che:
“Se principi e re fossero davvero guardiani del Tao, allora tutti gli esseri si sottometterebbero ad
essi. Cielo e terra si unirebbero per lasciar cadere una benefica rugiada che il popolo riceverebbe
spontaneamente in parti uguali senza che nessuno debba prendersene cura. (….) L’ordine della città
infatti, seguirebbe l’ordine del Tao la cui rete si getta su vaste estenzioni, si apre su di esse e, per quanto
allentate siano le sue maglie, nulla sfugge ad esse.”
Tao Te Ching, XXXVIII, LXXIII
“Tutti gli alchimisti sono obbligati ad intraprendere questo pellegrinaggio. Almeno nel senso
figurato, perchè si tratta di un viaggio simbolico, e chi desidera trarne profitto non può, fosse anche per un
solo istante, abbandonare il laboratorio. Costui deve giorno e notte restare sulla breccia…..Sentiero aspro,
gravoso, pieno di imprevisti e di pericoli. Strada lunga e faticosa è quella attraverso la quale il potenziale
diventa attuale e l’occulto manifesto.”
Fulcanelli: Le dimore filosofali.
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CAP. 1
COS’ E’ LA NATUROPATIA E CHI E’ IL NATUROPATA:
Le sue origini e le sue mete.
Il termine Naturopatia fu usato per la prima volta già nel 1902 dagli americani John Steel
e più tardi da Benedict Lust, per descrivere l’insieme di pratiche basate sul ritorno alla
natura mediante alimentazione equilibrata, esercizio fisico, respirazione profonda, cura
termale, drenaggi e depurazioni.
Oggi per Naturopatia
intendiamo anche e sopratutto quel complesso di
conoscenze integrate, concernenti il funzionamento energetico del “Sistema Natura”.
Perchè non parliamo di Natura ( i singoli oggetti della quale sono già egregiamente
studiati dalle moderne scienze naturalistiche: biologia, fisica, chimica, ecc. ), ma di
sistema natura ?
Perchè la Naturopatia si è sempre data il compito di studiare gli oggetti naturali, tra cui
l’uomo oltre alle piante e ai minerali, visti come micro-cosmi compresi in quell’insieme
olistico e gestaltico più ampio che è il macro-cosmo naturale. In virtù di ciò gli oggetti
primi d’ osservazione sono: la “Relazione” tra i Sistemi Macro- e Micro-cosmici, i
sistemi stessi e le leggi che permettono il funzionamento di tali relazioni che sono:
energetiche e psico-simboliche. Queste relazioni non sono immediatamente percepibili e
osservabili, un esempio ne è la segnatura, che come vedremo vanno infatti “svelate”, a
partire dai linguaggi dei sistemi che la non-conoscenza rende ermetici, pensiamo al
linguaggio del corpo costretto a parlare per sintomi. Costrizione che portò ad esempio il
grande C.G.Jung ad affermare appunto che:
“Cosa possono fare gli Dei se non diventare malattie.”
La Naturopatia può provare ora a svelare i meta-linguaggi o pseudo-linguaggi che
non permettono di distinguere il vero dal falso nella natura, come amava sempre ripetere
Paracelso:
“Dunque, ecco il motivo per cui devi imparare l’Alchimia, che porta pure il nome di
Spagiria e che insegna l’arte di separare il falso dal vero. Cosi’ è la luce della natura.”…..“La natura è un
lume che splende molto di piu’ della luce del sole…. Al di sopra di ogni sguardo e di ogni potenza degli
occhi. In questa luce, le cose invisibili diventano visibili.”
La Naturopatia ora non può ignorare ovviamente le conoscenze delle moderne
scienze ma, pur confrontandosi con esse, non può fondare il suo sapere e la propria
visione su questo solo approccio. La sua è una conoscenza non acquisita solo per lo
studio degli oggetti in sè, ma è data soprattutto come vissuta in primis dal ricercatore
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stesso nella relazione intima, interiore, fisica, energetica, psicologica e soprattutto e non
ultima anche spirituale con i Sistemi naturali. Viene così costruito, nella totalità del
Sistema, il Laboratorio stesso, di cui il naturopata è soggetto e oggetto allo stesso tempo.
L’esatto contrario del moderno metodo sperimentale scientifico, che affronta gli oggetti
cercando di scomporli in tutte le loro variabili, isolando il ricercatore stesso per non
essere esso stesso un’ altra variabile. Sembrerebbe il nostro metodo molto strano: così
pre-scientifico e medioevale. Ma non esiste
tutt’oggi un’ altro metodo, anch’ esso
riconosciuto ed efficace che e’ quello psicoanalitico? Non fonda esso le sue ricerche
proprio sull’unicità della relazione tra due micro-cosmi interagenti fra loro: il paziente e il
terapeuta?
In questo metodo, per es. l’anamnesi non è importante quanto l’avvento di quelle
energie date da quei vissuti transferali e controtransferali evocati nella relazione. Come
abbiamo visto nella citazione da Paracelso, il fine è sempre quello di rendere visibile
l’invisibile, o perlomeno ciò che abbiamo reso non-visibile. E’ chiaro ormai che la
Naturopatia come disciplina, non poteva che essere efficace, se non fosse stato il prodotto
di millenari studi e pratiche, che hanno potuto permettere una statistica sui lunghi tempi
della propria produzione. Studi compiuti: utilizzando strumenti dati dalla filosofia, dalla
spagiria, dall’alchimia e ovviamente dalle antiche medicine naturalistiche etniche e prescientifiche cinese, indiana, araba, greca, pre-colombiana, ecc. ecc.
La Naturopatia attuale è una resurrezione aggiornata e riveduta, di quella figura prescientifica e pre-cartesiana, andata quasi dispersa e umiliata negli ultimi due secoli
dominati dalle scienze positivistiche. Si impone dunque la ricomposizione di quella
frattura storica, tra la antica e la nuova Naturopatia, a partire dai miti originari che hanno
portato alle mete raggiunte, affinche’ ne venga compreso il senso e ripristinato il valore e
l’autenticità, già a partire da quelle leggi sul funzionamento dei predetti Sistemi naturali.
Prenderemo come illuminanti e validi esempi di questa riabilitante conferma : da una
parte gli studi sull’Alchimia e la scoperta della radice alchemica operata dalla stessa
Psicologia Analitica di C.G.Jung, dall’altra l’attuale validità riconosciuta del Sistema
Energetico su cui si è fondata la M.T.C., pratica che come vedremo costituisce la
migliore e completa esposizione pervenutaci della Psico-Energo-Somatica, mai
sviluppata dalla cultura umana. Così come la Medicina classica deriva in generale da
Ippocrate, Avicenna e Galeno, interessante sarà per noi naturopati e occidentali,
conoscere e ri-conoscersi a partire dall’eredità del grande Paracelso, che si pone come
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l’antesignano dei padri dell’attuale Naturopatia, tra i quali citiamo: Bach, Hahnemann,
Kneipp, Picard, Menetrier, Valnet, Kramer, Dahlke, Stainer e Groddeck, ecc.
Detto ciò la Naturopatia si configura come l’insieme delle conoscenze sull’essere
naturale della Natura ( intesa come unica vera realtà esistente), avute per esperienza
diretta e profonda di tutto ciò che è in Natura. Questa afferma che l’essenza della Natura
si esplicita in energie, sul cui funzionamento possiamo trarre per noi umani delle teorie,
delle conoscenze appunto (da cui facciamo derivare delle pratiche), ma ciò che le rende
vere non è la fondatezza scientifica, semmai è la consapevolezza di stare ad attingere ed
essere immersi in quel flusso energetico che tutto vivifica, all’interno del quale,
all’interno della Vita, nulla può dirsi dis-armonico, se non la nostra umana volontà di
estraniazione da esso. Tuttavia se può essere relativamente facile dire cos’è la
Naturopatia, alquanto difficile è affermare chi è il naturopata, se con ciò alludiamo ad una
figura professionale. Diciamo che, attingendo al pensiero di E. Bach, poiché la
Naturopatia deve essere una pratica di vita, perché di questa si interessa, il naturopata è
colui che pratica la vita: la sua, nella più pura accezione naturale. Egli si ammala e
guarisce con la natura stessa, al dunque nonostante i rimedi naturali, volendosi porre al
servizio degli altri, le migliori pillole che può prescrivere sono quelle della saggezza
(personale). Naturopati lo sono stati San Francesco, laddove aveva imparato e proposto
agli altri a parlare lo stesso linguaggio della sorella natura, Gesù, Buddha, ecc, e tutti
coloro che umilmente e nel silenzio si lasciano sedurre dalla vita naturale, la vivono e ne
diffondono il messaggio al prossimo. Personalmente ritengo che il naturopata debba
svolgere una qualunque altra professione per “campare” e che dunque il naturopata non
debba essere il professionista della Naturopatia , ma colui che esperto di Naturopatia, ne
promuove in tutti i campi il benessere naturale. Come tale sarebbe bene che tutti fossimo
educati sin da piccoli ad esserlo e promuovere questa visione attraverso tutte le
professioni ( come avviene per es. con i professionisti seguaci di R. Steiner ).
Molti però credono che rendere la Naturopatia una disciplina rigorosa, con scuole
prestigiose e albi professionali sia la garanzia dell’autenticità e della sua efficacia. Forse è
vero, ma non dimentichiamo che essa è fatta sì di teorie: le METE, ma come vedremo in
questo testo, anche dall’esempio illuminante delle vite saggiamente spese per la Natura
dei nostri padri fondatori: i MITI della Naturopatia. Ciò che è efficace in realtà non è la
tecnica in assoluto, ma l’insieme di fattori, tra cui anche l’irriducibile soggettività del
consultante, che attiva la vera efficacia della Vis Medicatrix Naturae. Perciò non potendo
parlare di efficacia , nel senso scientifico, siamo maggiormente svincolati a parlare di
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terapia volta a qualcosa che risolva problemi applicando uno schema riproducibile per
chiunque. Il naturopata come il filosofo è colui che socraticamente sa di non sapere
poichè ogni sua applicazione sia su un concetto che su un essere umano è sempre una riapplicazione su una nuova e irripetibile realtà, poiché anche in natura ogni filo d’erba
ogni granello di sabbia seppur simili non sono mai uguali, come mai sono gli stessi la
storia e il destino degli uomini.
A dir il vero: il naturopata rivestirebbe due ruoli,
riguardo ai quali sembrerebbe più giusto parlare di esperienza piuttosto che di
competenze apprese, e che sono: uno quello dell’esperto di pratiche naturalistiche
energetiche, che come esecutore ne dispensa la bontà e l’altro quello del consigliere,
counselor se vogliamo, della saggia nel senso di corretta, ed equilibrata relazione della
propria vita con la natura in termini di rispetto dei ritmi , stagionalità ecc., includendo
anche la personale riflessione sul proprio senso dello stare su questa Terra
“naturalmente”, e non soltanto in termini sociali.
Fatto questo preambolo e considerando quanto sono importanti in quest’ epoca le
definizioni nel mondo delle professioni, possiamo affermare che la Naturopatia è tra le
altre cose una forma di counseling ?
Sappiamo certamente , e qui lo si ribadirà di continuo, che il naturopata che non sia
anche medico o psichiatra, non può somministrare sostanze (riconosciute o meno) che
siano legate ad una qualunque procedura dalle inconfondibili caratteristiche terapeutiche,
conseguente a un’ altra inevitabile operazione di diagnosi. È espressamente vietato
dunque strutturare una relazione basata sul modello medico-psichiatrico, dove la richiesta
d’ aiuto tecnico del consultante sia rivolta espressamente all’individuazione di patologie
riconosciute dalla Medicina ufficiale o dal D.S.M. psichiatrico oppure al procedere alla
conseguente terapia, anche dal carattere alternativo, rivolta alla patologia rilevata col fine
di curarla .
Quello che è legalmente consentito al naturopata tra le sue finalità, si può
intendere counseling laddove (soprattutto nei primi incontri) egli chiarisce il quadro di
riferimento in cui opera la Naturopatia e che il senso di formulare degli incontri con il
consultante sia rivolto a :
A) Prendere una maggiore consapevolezza dei propri stati emotivi, dei vissuti
nelle personali condizioni ambientali che si stanno sperimentando al momento
e che sono fonte di disagio, confusione, preoccupazione, sofferenza dovuti sia
a condizioni spirito-soma-psichiche negative o anche estremamente positive
come gioie incontrollabili. A tal fine la coscienza può emergere sia
razionalmente con i colloqui, sia indirettamente attraverso rilassamenti e
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massaggi, oppure come maturazione psicologica favorita dall’assunzione di
composti floriterapici e omeopatici.
B) Esternare il desiderio di rendere partecipe qualcuno di fiducia (il naturopata o
un gruppo intorno a lui riunito) di una scelta altrimenti maturata in solitudine
(sessuale, di separazioni, di salute), così come per comunicare e comunicar-si
una gioia o un dolore, una confidenza o un timore, un segreto o un irrisolvibile
mistero, laddove le situazioni sociali della vita non consentono un ascolto
partecipe e disponibile.
C) Poter avere informazioni sulle corrette metodiche per fruire di un ritrovato e
rinnovato benessere naturale, usufruendo di servizi dal naturopata e imparando
l’uso di strumenti per prendersi cura di sé.
D) Concedersi e permettersi dei momenti dove poter riflettere sulle proprie
motivazioni e sulla necessità di esser protagonista attivo del proprio star bene,
ripensando e riattualizzando il proprio modo di dare senso alla propria vita
preservandone l’autentico ben-essere.
Sia per il naturopata che per il consultante il vero obiettivo è di star bene e non
semplicemente perché non si sta male, affinché la vita di ognuno di noi abbia un senso
che svelandosi alla coscienza si compia al di là della mera sopravvivenza. In verità la
Naturopatia è da considerarsi un counseling alchemico, nel senso che essa è volta a
favorire, stimolare trasformazioni e trasmutazioni e se le sue teorie potessero essere
contenute in un unico libro, questo sarebbe un “Libro dei Mutamenti”. Intendiamo
sempre trasformazioni non terapeutiche dal male al bene di un sintomo, ma della persona
e dell’ambiente stesso in cui è integrata, come avviene nell’insieme naturale. Mentre
nella Medicina ci si preoccupa di cambiare uno stato (negativo) nel suo opposto
(positivo), riconoscendo solo due condizioni: quello della patologia e quello della salute,
la Naturopatia tende di fondo ad avviare un processo dì individuazione della persona, che
mai vista genericamente come malata, può compiersi anche attraverso una malattia se
tutto ciò ha un senso riconosciuto e riconoscibile come necessario dalla stessa. 2
Certamente essa considera la vita dell’essere umano come un susseguirsi di fasi
ontologiche e propedeutiche l’una all’altra e la cura se vogliamo non serve a tutti i costi a
eliminare il male ma a comprenderne il suo senso o la sua utilità. La Naturopatia fa
sicuramente propri i rapporti che esistono fra i numeri come nelle filosofie esoteriche di
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Sensa sembrare estremi anche una crocefissione è stata inevitabile per la diffusione del cristianesimo,
oppure era un caso di psicosi con deliri di grandezza?
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derivazione pitagorica, dove il numero non è l’espressione della somma di quantità ma
soprattutto dell’espansione di qualità. Il counseling alchemico della Naturopatia si può
dividere in due tipologie e in due fasi cronologiche durante gli incontri di pratica: la
prima tipologia è costituita da un counseling filosofico, nel quale il consultante comincia
a prendere consapevolezza dello stato in cui si trova il proprio essere, nell’ambito del
proprio destino. Dopo potrà prendere coscienza del proprio modo di riflettere sul proprio
pensiero: non fermandosi al solo pensare, ma andando oltre ri-flettendo e ri-elaborando
anche sul modo di produrre i pensieri. Riflettere vuol dire elaborare un senso alle cose, ai
pensieri, alle emozioni, alla realtà che ci circonda, alla vita e alla morte, fino al corpo e
alla propria salute, raccordandoli in un unico senso che non è più il senso delle singole
cose, ma dell’insieme che tutto contiene come appunto avviene in natura .
Il secondo counseling rientrerebbe nella tipologia delle relazioni di sostegno essendo
rivolto all’emersione e all’esplicitazione della propria volontà motivata , dove il
naturopata sostiene il proposito motivato consigliando uno stie di vita più equilibrato e
naturale e pratiche e prodotti naturali insieme a massaggi, diete, ginnastiche, respirazioni,
letture edificanti. Tutto ciò, con la specifica del naturale, è molto simile al counseling
terapeutico, solo che qui il sostegno del naturopata seppur richiesto e fornito rimane
secondario rispetto a quello degli strumenti citati forniti al consultante, primario è l’aiuto
che essi permettono quando l’energia della Vis Medicatrix Naturae in essi contenuta
passa a quella evidentemente bloccata del consultante.
Come nelle relazioni di sostegno, il rapporto tra il naturopata e il cliente è duale ma esiste
un terzo convitato evocato e presente che porta l’efficacia dell’operazione di counseling
alchemico, esso è la natura che da la cornice e il campo, la forma e la sostanza a questa
nostra forma di setting: naturopatico. In questo setting al naturopata viene riconosciuta
l’abilità nell’aver esso messo in pratica l’Opus Naturalis, e non va dimenticato che, come
ogni pianta o animale è esperta di se stessa, anche il consultante per quanto smarrito sia è
e rimane il vero esperto di sè stesso, e nessuno può esserlo più di lui che conosce
intimamete le chiavi storiche del senso del suo destino che, passando anche per una
malattia o disgrazia, conosce le risorse per risorgere.
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CAP. 2
IL RUOLO STORICO DI PARACELSO:
Dal mito dell’alchimia alla meta dell’omeopatia.
Unanimemente riconosciamo ormai che il primo mito, il padre storico dei
moderni naturopati, sia stato Paracelso. Sappiamo che prima di lui, prima del
Rinascimento, non esisteva una Medicina ufficiale accademica e universitaria , con la
nascita della quale in questo periodo, tutte le altre ricerche e pratiche mediche non
uniformate a tale organizzazione della conoscenza, furono da allora sistematicamente
boicottate e rigettate come superstizioni non conformi al sapere unicamente fondato sul
metodo scientifico. La Medicina, e con se altre discipline,
racchiuse nelle aule
universitarie presero la loro direzione, mentre tutto il resto, costituito dalle tradizioni di
medicina erboristica popolare e dalle esperienze del lavoro di ricerca interiore su se stesso
(diremmo oggi), mantenute
da quelle figure oggi definite stregoni e sciamani, confluì in
un sottobosco di emarginazione dal quale come vedremo di tanto in tanto emergevano
figure alternative che, come Paracelso, conobbero i fasti di onori a volte tanto esagerati
quanto a volte immeritate persecuzioni da parte degli ordini dei medici. Tuttavia è grazie
alla caparbietà di questi personaggi nel portare avanti un discorso scomodo e inopportuno
che quella che oggi definiamo Naturopatia, la nostra meta è rimasta viva, pur tra alterne
vicende che avrete modo di conoscere in questo testo.
Philipp Theophrast Bombast von Hohenheim, detto Paracelso in omaggio al
grande medico Aulo Cornelio Celso, nato a Einsiedeln, Zurigo nel 1493, e morto a
Salisburgo nel 1541, si propose di realizzare di sè stesso la figura del medico perfetto, in
quanto esperto di ogni ramo del sapere, ma soprattutto iniziato al segreto ultimo non solo
dell’Uomo ma della Natura stessa; particolare questo che lo rese altro dal comune medico
proposto della Medicina ortodossa.
La ricerca dell’occulta conoscenza dell’arcano segreto, non vede certo Paracelso come
primo adepto, egli prende il testimone dal più antico gnosticismo pre-cristiano in grand’
auge nel Rinascimento e appreso da Paracelso da Giovanni Tritemio che lo introdusse
all’Occulta Philosophia ( alchimia, qabbalah, astrologia e spagiria). Ma il nostro discorso
prende le mosse da Paracelso perchè fu proprio la sua straordinaria, caotica e
contraddittoria personalità a lasciare la più grande influenza sui posteri che tennero viva
nei secoli, la visione anti-positivistica di una realtà energetica profonda della natura,
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detta: anima mundi, correspondentia, simpatia universale, che ha trovato dopo i secoli
bui della ragion pura, una dimensione psicologica e simbolica reintrodotta nella
Psicologia del XX° secolo come libido, energia vitale archetipica e il Misterium
oppositorum junghiano da una parte ed ecologico-salutistica dall’altra con la naturopatia
e l’antroposofia di R. Steiner.
Lungi dal fare un’ esauriente esposizione del corpus
paracelsiano quindi, è inevitabilmente onesto e doveroso rimarcare questi presupposti
estrapolandoli dall’incomparabile saggio di C.G.Jung su Paracelso, contenuto nella sua
Opera 13: “Studi sull’Alchimia”.
Come sappiamo Paracelso si laureò in medicina a Ferrara, ma nonostante che tra i suoi
scritti maggiori: Paragranum, Paramirum e il De vita longa ci siano scritti di chirurgia:
Tre libri di chirurgia e La grande chirurgia, Paracelso combattè accanitamente e con
furore contro i medici accademici e le loro autorità: Galeno e Avicenna.
Così Jung descrive Teofrasto: “Schermisce i medici che esaminano le singole parti del
corpo e ne descrivono accuratamente la posizione, la forma, il numero, la natura e via dicendo,
trascurando però la cosa principale, e cioè a quale costellazione e a quale regione del firmamento ogni
membro appartenga.(….) Egli era principalmente interessato a rintracciare correlazioni con il cosmo,
come quelle che trovava nella tradizione astrologica. La teoria dell’astrum in corpore fu la sua idea
favorita e centrale, che incontriamo ovunque nei suoi scritti, sia pure in molteplici varianti. Fedele alla
concezione dell’uomo come microcosmo, egli pose il “firmamento” nel corpo dell’uomo e lo definì astrum
o sydus.” 3
Noi sappiamo dalla concezione della M.T.C. che il corpo umano per i cinesi è un
cielo endosomatico agito e composto dall’insieme dei cinque elementi 4 raccolti nella
ruota mandalica detta del re: “Wen” o cielo posteriore, i quali disposti diversamente
costituiscono la ruota detta: di “Fu Xi” o del cielo anteriore del sistema cosmico. Così
anche il medico cinese studia le leggi del corpo umano nel corpo cosmico .
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C.G.Jung: Opera 13, pag.130 e 132
Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua.
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Jung stesso affermò che se:
“ Paracelso fosse vissuto ai giorni nostri , sarebbe senza dubbio un paladino di tutte quelle
specialità che la medicina insegnata nelle università non prende in seria considerazione, come
l’osteopatia, la magnetoterapia, l’iridologia, varie monomanie dietetiche, le preghiere per le guarigioni e
così via.”
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Ed è proprio alla figura dell’attuale naturopata o dell’antico medico cinese che Paracelso
si avvicina quando egli immagina quale debba essere il vero medico, che definisce
ingegnoso a differenza della medicina classica da cui si è distanziato ( come fece E. Bach
dall’immunologia ).
Dal Paragranum possiamo comprendere quale fosse il ruolo del medico per Paracelso:
“In che consiste dunque l’ingegnosità di un medico? Nel sapere che cosa è utile e contrario alle
cose insensibili ( non percepibili ), che cosa è gradevole e sgradevole ai mostri marini, ai pesci , ai bruti,
che cosa è salutare per loro o dannoso alla loro salute. È questa un’ ingegnosita’ che concerne le cose
naturali. E che cos’ altro ancora? Le incantazioni vulnerarie e le loro forze, cio’ da cui e per cui esse
giungono al loro effetto; che cos’ è melosina, che cosa syrena, che cosa transplantatio e permutatio, e
come dovrebbero essere perfettamente intese e comprese. Che cosa è oltre la natura , che cosa oltre la
specie, che cosa il visibile e l’invisibile, che cosa da il dolce e l’amaro, che cosa ha quindi questo sapore,
che cos’ è quindi la morte, che cosa serve al pescatore, che cosa dovrebbe sapere il cuoiaio, il conciatore,
il tintore, il forgiatore di metalli, il carpentiere, che cosa va messo nella cucina, nella cantina, nel
giardino, che cosa è dovuto al tempo, che cosa sa un cacciatore, che cosa tocca a un vagabondo, che cosa
a un sedentario, che cosa è uso di guerra, che cosa crea la pace……che cosa è Dio, che cos’ è Satana, che
cosa è veleno, che cosa è contravveleno, che cosa c’è negli uomini e nelle donne….E come tutte queste
cose debbano essere conseguite.” 6
Questa citazione ci introduce piuttosto repentinamente nell’empirismo tipico di
Paracelso: lo vediamo in qualita’ di chierico vagante percorrere le strade insieme a ogni
sorta di compagni di viaggio, fermarsi presso il fabbro del villaggio che, in quanto
autorità medica, conosce tutte le formule di incantesimo per guarire ferite e arrestare
emorragie, egli sente cacciatori e pescatori non certo per illusoria e vana avidita’ di
conoscenza totale, ma per scoprire e verificare le semplici leggi della natura operanti su
molteplici campi oltre all’esclusivo umano, e meno che mai al solo e specialistico corpo
organico umano come è ora nelle nostre scienze esatte.
Sempre nel Paragranum egli afferma:
“ Il medico dovrebbe sapere tutto questo. Dovrebbe conoscere i segreti della natura e la singolare
corrispondenza del microcosmo umano con il cosmo, e non solo con l’universo visibile, ma anche con gli
arcana invisibili del cosmo, con i misteri…..il medico vede e sa tutte le malattie al di fuori
5
6
Ib.: pag. 131
Ib.: p. 133
15
16
dell’uomo…Dunque il medico deve derivare dal mondo esterno la sua conoscenza e non già dall’uomo egli
vede nel cielo esteriore quello interiore. 7 Soltanto le cose esterne ci danno la conoscenza di quelle interne,
altrimenti non puo’ essere conosciuta veruna cosa interna. Il mondo esterno insegna e mostra quel che
manca all’uomo, mentre l’uomo non può mostrare da sè stesso la sua imperfezione.”
E a tal riguardo Jung così commenta:
“Questo significa che il medico trae le sue conoscenze sulla malattia non tanto dall’individuo
malato, quanto piuttosto dagli altri fenomeni naturali, i quali apparentemente non hanno nulla a che fare
con l’uomo….Ecco: il medico riconosce, ad esempio dalle malattie del metallo, che cos’è la malattia
dell’uomo. Il medico deve essere in generale un alchimista. Egli deve conoscere la salute e le malattie
degli elementi. Le species lignorum , lapidorum, herbarum sono presenti anche nell’uomo, e per tale
motivo il medico deve conoscerle tutte. Per esempio, l’oro è nell’uomo un ricostituente naturale…Il medico
necessita dunque di conoscenze alchimistiche per diagnosticare, per analogiam , dalle malattie dei
minerali le malattie dell’uomo. In definitiva è lui medesimo il subiectum vale a dire l’oggetto del processo
alchemico di trasformazione, grazie al quale egli diviene maturo.” 8
E qui se ci discostiamo dal modello organicista della medicina, possiamo tracciare
un parallelo anche tra la Psicoanalisi e la M.T.C., in quanto tutt’ e due, ognuna nella sua
specificità, ricercano la causa di effetti interni in campi energetici invisibili esterni: l’una
se consideriamo gli effetti archetipici dell’inconscio collettivo o delle relazioni edipiche (
al di là della semplice azione dei neurotrasmettitori), e l’altra perchè come avremo modo
di vedere intende la malattia come una disarmonia energetica dei cinque elementi della
natura (Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua) che agisce su dodici tra organi e visceri,
anche con l’ausilio di spiriti della terra e del cielo (tre dei quali: lo Shen del cuore gli Hun
del fegato e i Po del polmone studiati da Jung stesso nel Segreto del fiore d’ oro, e da cui
trasse ispirazione per i suoi concetti di Anima e Animus). Quel che a noi naturopati
interessa è che esiste una dimensione esterna visibile ai nostri sensi, potremmo dire
climatica, e invisibile come una psiche naturale energetica, e una dimensione interna
somatica, visibile: come sintomi corporei, e invisibile: allo stesso tempo psicologica e
simbolica. Escludendo come abbiamo già affermato un tipo di verifica scientifica a ciò, lo
stesso discorso si applica ai trattamenti , i “medicamenta”: i quali sono specifici per la
dimensione che ci interessa o per tutto l’insieme , che a questo punto non solo e’ psicosomatico, ma addirittura oltre: elemento-psico-somatico. Anche Jung, a questo punto ne
conviene che i nomi medici delle malattie: le patologie, non hanno piu’ lo stesso senso,
visto che è il senso stesso di malattia che è diverso per Paracelso e per tutti i posteri che
hanno portato oggi alla Naturopatia.
7
8
Vedere le Ruote della M.T.C. p 8 per confrontarvi i concetti espressi in note 7,8,9.
Ib.: p. 135-6
16
17
“Riguardo ai nomi delle malattie, egli pensa che dovrebbero venir scelti in base allo zodiaco e ai
pianeti, e che dovrebbero essere all’incirca di questo tenore: morbus Leonis, Sagittarii, Martis, ecc.”
9
Seguendo le leggi della M.T.C., anche noi naturopati dovremmo parlare di
malattia del Legno, quando ci riferiamo a una dis-funzione energetica che su un soggetto
a costituzione Legno debole, ha provocato un disturbo epato-bilare e per es., in
coseguenza di una diminuita attitudine all’azione decisa, subisca un attacco di collera.
Poichè noi sappiamo che molto lontano dal locus sintomaticus si originano le cause,
concordiamo con il senso dell’affermazione di Paracelso, quando dice:
“ Orbene, ogni infezione comincia nell’astro, e dall’astro penetra nell’uomo. La qual
cosa dunque significa che ciò che nel cielo precede comincia nell’uomo. Ma questo non significa già che
il cielo discende nell’uomo. Non bisogna esagerare l’importanza di questo fatto, è
invece l’astro
nell’uomo che nella mano di Dio è ordinato ad imitare quello che il cielo inizia e genera nell’esterno, ed è
questo che in seguito deve accadere nell’uomo, così come il sole splende attraverso un vetro e la luna
manda un chiarore sulla terra. Ma tutto ciò non è stato predisposto a danno dell’uomo, per mandare in
rovina il corpo con malattie; giacchè gli astri non giungono nell’uomo così come il sole stesso non giunge
nel luogo che illumina, e i loro raggi non danno nulla all’uomo….”
Del resto anche la psicologia utilizza l’interpretazione dei sogni come strumento
diagnostico per illuminare il quadro psico-patologico del paziente. Ma cosa si ricerca se
non ciò che “congiunge”, percorrendo tutte le dimensioni in cui la natura si manifesta in
tutte le sue derivazioni sub-microcosmiche?
Potremmo chiamarla: Libido, Anima mundi, energia vitale o Lumen Naturae , e
rintracciarne le sue infinite manifestazioni precoci anche nei sogni appunto, e a proposito
del Lumen Naturae, Paracelso afferma nel “De vita longa”, che:
“Osserva come Adamo, Mosè e altri abbiano ricercato in sé stessi ciò che era nell’uomo e rivelato
questo e tutte le arti cabbalistiche, ed essi non hanno conosciuto nulla di estraneo all’uomo, ne derivato il
loro sapere dal Diavolo o dagli spiriti, ma dalla luce della natura; essi l’hanno alimentata in sè
stessi…..essa proviene dalla natura; che ha in sé la sua attività; se la luce agisce nel sonno, le cose devono
essere usate dormendo, e non da svegli. Dormire vuol dire essere desti per tali arti, per le cose che hanno
uno spirito che è attivo per loro nel sonno. Questo spirito innato è presente…..perciò è la luce della natura
che lavora nel sonno ed è l’uomo invisibile, tuttavia come quello visibile innato e naturale; ma in esso vi è
più da conoscere che non nella carne, poiché è dallo spirito innato che nasce ciò che è visibile, nello
stesso spirito innato è presente la luce della natura.” 10
Quanto dei concetti di Io e Inconscio, vi deve aver visto Jung in queste
affermazioni? E che cosa altro è il lumen naturae, se non un’ illuminata consapevolezza
di sé nei Sé sempre piu’ estesi intorno a noi.
9
Ib.: p. 141
Ib.: p. 153, nota 6.
10
17
18
Il filosofo e pedagogo bulgaro O. M. Aivanhov, contemporaneo di E.Bach e R.Steiner
afferma nel suo: “Pensieri quotidiani”:
“E’ sorprendente la quantità e la diversità delle malattie che insorgono e che minano l’organismo
umano. In realta’ esiste una sola malattia, che si diversifica secondo le piu’ svariate circostanze, dando
cosi’ origine a una quantita’ enorme di altre patologie. La malattia è dunque un germe microscopico che,
sviluppandosi, riesce a sconvolgere l’intero essere. Questo germe deriva da un pensiero che si aggrappa al
piano mentale dell’individuo, estendendosi successivamente ai sentimenti e alle azioni e stabilendo alla
fine la propria dimora nel corpo fisico. L’essere umano dovrebbe esserne totalmente consapevole tanto da
fermare questo processo prima che appaia sul piano fisico come malattia, e dire a sé stesso: “Non penso
nel modo giusto, non valuto bene le cose. Sono geloso, collerico, provo dell’odio dentro di me, del
disprezzo e dell’orgoglio, germi questi che sono causa di future malattie. Per impedire che questi stati d’
animo scendano fino al piano fisico, faro’ di tutto per eliminarne le cause nei piani mentale ed emozionale
nei quali esse risiedono.” Solo quando comincerete a tenere sotto controllo prima di tutto i vostri pensieri
e poi i vostri sentimenti, lavorerete veramente a favore della vostra salute.”
Siamo stati abituati a considerare il Medioevo come un secolo buio, regno di
superstizioni date dall’attitudine a proiettare tutto il proprio inconscio all’esterno:
edificando una realtà fatta di mostri, elfi e quant’ altro di demoniaco e magico. Abbiamo
sempre creduto in quell’immagine poco edificante che dipingeva il Medioevo come il
contario dei secoli successivi detti dei lumi, ma abbiamo visto che proprio la ricerca del
Lumen era la sua caratteristica, e non poteva essere più efficace se non partendo dal buio
del profondo.
Del resto anche l’avvento della Psicoanalisi fu determinato da questa sentita e ineludibile
esigenza, dalla necessità di non poter spiegare tutto con la sola ragione positivistica e
materialistica, quella sì che fu un’ enorme operazione di proiezione all’esterno e
negazione dell’interno. Si dira’ che non si puo’ ridurre la salute umana a un concetto
filosofico, e questo perche’ siamo abituati a vedere la filosofia come a un qualcosa di
astratto e astruso, non consono piu' con quel senso pratico e tangibile che
contraddistingue la nostra modernita’, tant’è che si tende ad escluderla addirittura dai
corsi universitari di Psicologia. 11
“Il medico, tuttavia, non deve essere soltanto alchimista e astrologo, ma anche filosofo. Che cosa
intende Paracelso per “filosofia” ? Diro’ subito che la filosofia, quale egli la intende, non ha nulla a che
fare con il concetto che di tale materia abbiamo noi oggi. Per lui si tratta di qualcosa, potremmo dire di
“occulto”. Non dimentichiamo che Paracelso è alchimista fino al midollo e pratica un’ antica filosofia
della natura, che al contrario dell’impostazione moderna, ha molto meno a che fare con il pensiero
piuttosto che con l’esperienza….Paracelso si domanda dunque: “Che altro è la natura se non filosofia?
Essa è nell’uomo, come pure al di fuori di lui. E come uno specchio formato dai quattro elementi, dato che
11
Universita’ “La Sapienza” di Roma
18
19
negli elementi si riflette il microcosmo….”La filosofia insegna le virtu’ e le proprieta’ delle cose, della
terra e dell’acqua.” 12
Adam von Bodenstein, discepolo prediletto di Paracelso, affermava sul Lumen
naturae, che: lo spagiro (il filosofo della natura) ha le cose della natura non dall’autorita’,
ma dalla propria esperienza. Mentre Jung ribadisce che:
“La luce della natura è la quinta essentia, che Dio stesso ha estratto dai quattro elementi e che
dimora nel nostro cuore. Infusa dallo Spirito Santo, la luce naturale è una comprensione intuitiva dei fatti,
una specie di illuminazione; essa si origina da due fonti diverse: una “mortale” e una immortale, che
Paracelso chiama “angelo” . 13
Quella mortale, cioe’ soggetta a cambiamenti e trasformazioni e che si muove
all’interno degli elementi del cielo esteriore ( ruota del re Wen ) potremmo chiamarla Io,
e quella immortale del cielo interiore ( ruota di Fu Xi ): Non-Io inconsci . 14
Giustamente Paracelso si chiede:
“ Iddio Padre ha creato l’uomo dal basso verso l’alto, l’Altro invece il Figlio, dall’alto verso il
basso. Se Padre e Figlio sono una cosa sola, come posso onorare due luci? Potrei essere giudicato un
idolatra: ma il numero Uno mi sostiene. E se io ne amo due e conferisco a ognuno la sua luce, come Dio ha
ordinato di fare per ognuno, come potrei essere un pagano?” . 15
Come diceva Goethe: “ Distinguer devi e poscia unire”, questo è il procedimento
arcano che guida al perseguimento di quello che Jung chiama Misterium Coniunctionis ,
o quello che tiene insieme yin e yang in cio’ che noi occidentali chiamiamo: Sé, e che
Paracelso chiamava anche Archeus o Astrum :
“L’astro desidera condurre l’uomo a una grande saggezza. Il cielo infatti è l’uomo, e l’uomo è il
cielo, e tutti gli uomini sono un cielo, e il cielo nient’ altro e’ che un uomo.” L’uomo è in un rapporto
filiale con il cielo interiore, che è il padre e che viene definito da Paracelso come l’homo maximus, il
grande uomo”.
16
Lungi dall’affrontare l’operato erboristico di Paracelso , la nostra attenzione
storica, come naturopati, deve essere rivolta a un principio, che si è fatto legge nei secoli
della Naturopatia, proprio a partire da Paracelso per giungere ad Hahnemann, Steiner e
Bach. Cio’ che si configura come un’ operazione di cura è in realta’ un’ opera di
progressiva purificazione e trasformazione, 17 alchemica diremo, coadiuvata da
medicamenti e sostanze che hanno un’ affinita’ fisico-energetica, psicologica e spirituale
12
Ib.: p. 142-3.
Ib.: p. 154.
14
Del tutto simile come vedremo all’Es descritto da G. Groddeck.
15
Ib.: p. 155.
16
Ib.: P. 170.
17
Vedi nota n.4.
13
19
20
con la dimensione in cui si trova il malato; quell’affinita’ che partendo dalla legge della
segnatura spagirica, ci ha portato alla legge del simillimum omeopatico.
Gia’ Ippocrate prima di Paracelso avevano capito che la malattia e il rimedio
corrispondente dovevano presentare evidenti caratteristiche comuni; anche i popoli
primitivi erano convinti che gli dei o la natura avevano impresso alle piante e alle pietre
dei segni che forniscono un’ indicazione al guaritore: questo metodo di riconoscimento
terapeutico fu chiamato “segnatura”. Si credeva che , per esempio piante ricoperte di peli
come l’ortica erano buone per i capelli, oppure il salice che affonda i suoi piedi in terreni
freddi e umidi e possiede dita elastiche e pieghevoli potesse esser indicato per le artrosi,
le erbe amare come la bile, ottime per le epatopatie. Pur tuttavia al pari della stregoneria,
anche la segnatura sparì già dal tardo Rinascimento, per essere ripescata casualmente da
Hanhemann (1755-1844), non in base alla somiglianza esteriore degli organi, bensì in
base ai loro effetti interni. Egli si rese conto che i sintomi provocati da un medicamento
in un organismo sano devono essere simili ai sintomi patologici: credeva che la malattia
venisse scacciata da un rimedio simile ma non patologico. Ma ancor più interessante era
che così scacciati , i sintomi somatici più superficiali, ne comparivano altri più profondi e
psicologici: le vere cause; come dire che la malattia segue un percorso discendente: dal
superiore all’inferiore, la guarigione è invece un processo a ritroso, che dal basso
materiale tende alla progressiva purificazione, utilizzando ad ogni livello superiore un
rimedio che presenta il corrispondente grado di raffinazione. Ma, come aveva detto
Paracelso: “E’ la dose che fa il veleno” , Hanhemann per attenuare i sintomi talora troppo
violenti provocati dai rimedi, ridusse le dosi e le diluì con acqua. La sostanza medicinale
veniva così progressivamente smaterializzata, etereizzata : ed elevata ad uno stadio
puramente energetico; come sono oggi anche i fiori di Bach. Poichè questo tipo di
medicina è spirituale, è superfluo ricordare che va ad agire su cause alberganti su un
piano più profondo dell’essere umano, come entrando nei dettagli delle sperimentazioni
del dr. Hahnemann si potrà capire. Egli era già dottore quando vidde morire l’imperatore
d’ Austria Francesco II sotto le cure dei suoi colleghi: purghe e sanguisughe, vomiti e
salassi, come era il costume dell’epoca. Come Paracelso denuncia le colpe di una
medicina per lui assurda e sclerotizzata, rifiutando di esserne complice, come più tardi
farà E. Bach, chiude lo studio medico, vivendo solo di traduzioni. Ma ecco che un giorno
traducendo il testo di Cullen: Materia Medica, lo colpì l’osservazione che i lavoranti
della pianta della china vanno abitualmente soggetti a periodiche febbri. Come è possibile
20
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pensò, dato che proprio dalla lavorazione della stessa si prepara il chinino che è appunto
il rimedio per combattere le febbri periodiche?
Come può una sostanza febbrifuga provocare la febbre? Per arrivare alla verità
Hahnemann cominciò ad assumere dosi di corteccia di china, aumentandole fino al punto
di intossicarne l’organismo: constatandone la comparsa dei sintomi delle febbri
periodiche. Cambia allora prodotto e con la costanza e il coraggio che contraddistingue
chi per la ricerca pone sé stesso al centro del laboratorio, sperimenta con metodo una
sessantina di medicamenti somministrandoseli in dosi massicce e prolungate. In tutti i
casi il suo corpo sano e robusto arriva tradire precisi sintomi di malattia, a volte così
violenti da obbligarlo a interrompere la sperimentazione. Di tutti i passaggi Hanhemann
annota ogni dettaglio, arrivando alla scoperta che: “Una sostanza somministrata a dosi
tossiche provoca gli stessi sintomi che a dosi tenue è capace di guarire”.
Abbiamo già visto che per metà questa verità era già stata colta da Paracelso:
“Ogni cosa è veleno, perché nulla è che non abbia qualità venefiche: e però è
solo la dose che fa di una cosa un veleno”.
Ma Hanhemann ne colse anche la verità inversa e cioè se ciò che cura può dare
in dosi tossiche la malattia, anche tutto ciò che provoca i sintomi di una malattia deve per
la stessa e inversa ragione, in dosi più piccole, curare quel male. Ora Hanhemann
ridiscende la scala, riduce man mano le dosi, annotando ogni dato, verificando che la
malattia sparisce non solo per Vis Medicatrix Naturae (cessando la somministrazione
tossica), la guarigione è accelerata dalla sostanza che prima ammalava e che poi agisce
come rimedio.
L’azione farmacologia di una sostanza si inverte secondo le dosi impiegate.
Purtroppo tra il dire e il fare per Hanhemann la strada di mettere a punto medicamenti in
forma infinitesimale non è tecnicamente facile, mancando ai suoi tempi strumenti per una
divisione in parti piccolissime. Hanhemann, con tanta pazienza, escogita una soluzione
empirica quanto precisa. Pone davanti a sé un elevato numero di boccette, riempite
ognuna con novantanove gocce di un solvente: l’alcol. Prende quindi una goccia del
farmaco e la deposita nel primo flaconcino, poi la agita finchè la goccia si amalgami con
le altre. Avrà dunque nella boccetta un centesimo del farmaco che egli chiamerà: la prima
centesimale. Di seguito prende una goccia di questo liquido e la deposita nel secondo
flacone, avendo così: la seconda centesimale. E così via. Pur sperimentando che
l’efficacia del farmaco aumentava con le alte diluizioni, egli arriva al limite che non c’è
più nulla da diluire: nella boccetta c’è solo alcol ( acqua fresca diranno i suoi detrattori).
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Eppure è convinto dell’esistenza di un metodo per frazionare ulteriormente aumenterebbe
l’effetto, ma non disponendo di laboratori moderni e avendo solo (si fa per dire) le sue
mani e il suo cervello, comincia a scuotere e agitare il piccolo flacone che conteneva un
centesimale ormai non più operante. Quali cambiamenti poteva suggerirgli la sua
intuizione operando quelle scosse, che lui chiama successioni e infine dinamizzazioni? Le
diluizioniormai tanto attenuate da non contenere più traccia della sostanza originaria, e
diventate quindi inerti, con la successica dinamizzazione una più potente azione
farmacologia. Il fenomeno era ormai chiaro: la non-materia era più efficace quanto meno
era sostanza, quanto più diremmo noi diventava energia. I principi dell’omeopatia
apriranno la strada ad altre ricerche di naturopati, quale quella che portò dritta alla
scoperta dei vaccini intestinali omeopatici tra cui i nosodi del dr. E. Bach. L’omeopatia,
come medicina psicosomatica afferma anche che la malattia è una sola: l’intossicazione
psorica, e Bach era convinto di aver trovato la sede della psora hanhemanniana nella
tossiemia intestinale, e ancor di più: addirittura una correlazione tra ciascuno dei sette
gruppi batterici intestinali e le tipologie psicologiche dei pazienti. In realtà considerazioni
del genere sono state fatte dai medici dell’antico Egitto: per i quali la parte più importante
della medicina era l’igiene intestinale, e anche Paracelso affermava che la vita è
digestione. I sette gruppi batterici di Bach furono poi sostituiti dai sette fiori guaritori, ma
quel che conta è che Bach si era inbattuto in un antico principio della medicina, quello
della farmacia escrementizia . Già i Sumeri, i Caldei e gli Egiziani credevano che le
malattie fossero causate da demoni che volevano divorare il corpo e lo spirito degli
umani; tali demoni dovevano essere scoraggiati mediante i ripugnanti odori di veleni
animali e soprattutto escrementi, così come le maschere demoniache tibetane raffigurano
stati d’ animo e spiriti maligni e nel contempo servono a scacciarli, così come in
psicoterapia la cura passa attraverso la presa di coscienza di stati negativi: i “vissuti”
rielaborati attraverso l’uso di sogni, ricordi e visualizzazioni indotte. Al pari dell’oscuro e
osceno materiale inconscio rimosso , gli alchimisti avevano capito che la pietra filosofale:
l’arcano o rimedio universale deve avere il suo principio in una sozzura che, trasforma
l’Opus da nero ad aureo, da buio a luminoso, da sostanza ad energia. Paracelso parla in
tal senso di: Mumia (in origine la pece impregnata di sostanze balsamiche con la quale gli
antichi egizi preparavano le loro mummie). Le mumiae, preparate con sostanze
ripugnanti, attirano in base al principio: “l’uguale con l’uguale”, i veleni dai corpi dei
malati, come un magnete attira i trucioli del ferro. All’inizio dell’era moderna, la
farmacia escrementizia rifiorì sotto il nome di “paullinismo”, il medico Christian Franz
22
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Paullini pubblico’ infatti nel 1696: “La salutare farmacia escrementizia riveduta e
corretta”, con il sottotitolo: “ Come qualmente con feci e urina sono state curate
felicemente quasi tutte le malattie, anche le piu’ gravi, da avvelenamento e da
incantesimo, dal capo fino ai piedi, esterne ed interne ”. Oggi, nel XX secolo personaggi
popolari pubblicizzano le virtù dell’urinoterapia.
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Cap. 3
IL CONCETTO DI NATURA:
Dai lumi a J. W. Goethe.
“Distinguer devi e poscia unire”
Nei secoli successivi al Rinascimento, l’Alchimia si eclissò ancor di più, lasciando solo
che alcuni suoi aspetti più operativi influenzassero lo sviluppo dei nuovi saperi scientifici
: le moderne scienze naturalistiche. Si emancipò così la Chimica: è del 1660 il “Chimico
scettico” di R. Boyle e della Matematica, nel suo intreccio tra Fisica e Filosofia, ne
vedremo gli sviluppi maggiori con Leibnitz, Kant e Newton. Queste tre discipline infatti
portarono avanti il discorso sull’energia, conducendola dal trascendentale all’immanente
e teorizzando le leggi che oggi tutti conosciamo del moto, e delle attrazioni dei corpi
nella chimica e nella fisica. Cambia il contesto culturale e con l’avvento della ragion
pura cambia il concetto stesso del reale e di ciò che ha senso conoscere, quello che non è
indagabile scientificamente diviene trascendente: togliendo a questo termine il valore
nobile che l’alchimia gli aveva dato, riducendolo così a trascurabile o puro oggetto delle
religioni.
In realtà come abbiamo visto la Natura per l’alchimista è trascendentalmente
intrinseca nella creatura umana: nella psiche e nel somatico, la realtà stessa, che non ha
confini tra l’esterno e l’interno dell’individuo, è contenuta nello spazio della vita e nel
tempo dell’individuazione personale. Mentre infatti, l’uomo alchimista costituisce il
laboratorio stesso della ricerca, dal settecento in poi la natura è posta invece dall’uomo di
scienza nel laboratorio da lui creato: l’alchimista dalla molteplicità, condizione che
disdegna, ricava l’unità (distinguer devi e poscia unire…), l’illuminista dall’unità che
rende trascendente, quindi inutile, aspira invece alla conoscenza dei particolari. Si va
delineando quindi una scissione tra la realtà interna soggettiva e tutto ciò che è esterno
oggettivo: l’essere umano si pone a parte dal Tutto unico anzichè essere parte del Tutto.
Questa estraniazione dell’uomo era inconcepibile prima, laddove neanche alla divinità era
consentita una cosa simile.
Dall’interesse per la causa prima si passa al sintomo finale, per rimanere così nel
tema della grande differenza tra la Medicina e la Naturopatia.
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Quest’ idea della trascendenza del particolare all’interno dell’unità viene in questo
capitolo ribadito, perché l’indissolubile continuità fisica ed energetica degli esseri nella
natura è il mito fondante alla base di tutte le teorie naturopatiche. Il naturopata ammette
ovviamente il particolare ( Distinguer devi…) ma non l’autonomo, e il suo approccio sia
nell’osservazione che nella terapia dell’essere umano è sempre rivolto alla contestualità
unitaria con la natura e mai al particolarismo emergente del momento, che è solo e
sempre una punta momentanea dell’iceberg reale.
Alcune di queste nostre idee tenteranno ancora di sopravvivere come vedremo nella
filosofia del XVIII e XIX secolo. Newton stesso, in Principia mathematica (1687),
affermò l’esistenza di un universo caratterizzato da uno spazio assoluto e da un tempo
vero, infinitamente immutabili e come tali insondabili, la cui esistenza egli prova
metafisicamente con la legge gravitazionale . Sono però sondabili le dimensioni spaziotempo relative, e relative soprattutto alle forme sintetiche a priori dei concetti di spazio e
tempo e causalità, tipiche della mente umana.
Kant, nella Critica alla ragion pura (1781), definisce la mente umana e i suoi limiti,
come un carcere dal quale non è possibile uscire. La mente infatti, al pari di un computer
e dei suoi programmi, non può pensare se non attraverso le forme a priori di spaziotempo e causalità. Possiamo chiamarle anche archetipi o forme archetipiche prese dalla
natura fenomenica come dedussero gli antichi cinesi, (gli otto trigrammi dell’I Ching)
che: sulla base della quale, pur riconoscendola non-vera ma reale “fenomenicamente”,
fondarono la loro medicina tradizionale. La loro medicina però, al pari della Naturopatia
alchemica, non si basa pero’ su un costrutto illusorio, bensì su quelle uniche vere leggi
obiettive riguardanti l’energia, la quale sola rende vivo, finito e materiale quell’universo
altrimenti indefinibile. E’ utile rilevare la coincidenza delle teorie cinesi sulla formazione
dell’universo, con l’ipotesi detta di Kant-Laplace (1796) sull’origine del cosmo.
La filosofia taoista contempla un primigenio caos originario, unitario e indefinibile, da
esso a partire da un incipit le forze diverse e opposte cominciarono a polarizzarsi,
occupando ognuna delle due un lato opposto all’altro. I cinesi diedero ad esse i nomi di
Yin e Yang. Poi le due forze agite da un’ energia di repulsione e attrazione cominciarono
a rincorrersi tra loro lungo la circonferenza di un cerchio, il cui centro gravitazionale le
tiene unite e distinte. L’energia prodotta dalle rotazioni scorre in senso orario, e cambia di
forma tras-formando e trasformandosi in otto immagini archetipali, a priori appunto.
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A mò di ciò ogni categoria è formata mentalmente seguendo quest’ iter, di cui l’esempio
principe è l’incedere delle stagioni.
18
Nel 1775, uscì La storia universale della natura e teoria del cielo di Kant in cui per
mezzo della teoria newtoniana delle forze attrattiva e repulsiva è esposta l’ipotesi della
formazione del sistema solare da una nebulosa originaria; ipotesi molto vicina a quella
formulata nel 1796 da Laplace. Molti modelli utilizzati da altre discipline per i loro
paradigmi teorici generali seguono lo stesso schema archetipico basato su coppie di
opposti: confrontate lo schema dello sviluppo ontopsicologico nella topica freudiana, tra
18
C.G.Jung, Op.13, p.36”I poli della luce e dell’oscurita’ si pongono in movimento circolare, nasce cioe’
l’alternanza di giorno e notte. Si muta lume di paradiso in tetra notte profondissima. Il movimento circolare
ha quindi anche il significato morale di animazione di tutte le forze chiare e oscure dell’umana natura, e di
conseguenza di tutti gli opposti psicologici, di qualsiasi natura possano essere. Questo non significa altro
che autoconoscenza mediante un’ incubazione di se’ stessi ( l’indiano tapas ). Un’ analoga
rappresentazione archetipica dell’essere umano perfetto è quella dell’uomo platonico completamente
sferico, che unifica in sé anche i due sessi.”
26
27
Eros e Thanatos
19
e Io e Es , come forze rispettivamente yang e yin alla ricerca del loro
equilibrio dinamico.
In molte culture vediamo che il passaggio di energia è rilevabile attraverso diverse
colorazioni, gli otto stadi cinesi hanno otto colori, come i sette chakra della medicina
ayurvedica. La luce, con le sue variazioni cromatiche ci accompagna durante il
quotidiano incedere delle stagioni, quello che accade in natura ci appare
fenomenologicamente grazie alla luce. Questa energia simbolizzata costituisce il mezzo e
la meta direzionale, così come la Via taoista è situata proprio nel mezzo di yin e yang,
laddove anche noi da un lato proiettiamo l’ombra e dall’altro l’immagine chiara. La via
dell’individuazione conduce all’illuminazione, navigando fra archetipi dalla natura yin e
yang. 20
Le riflessioni di Goethe sulla natura muovono dalla convinzione che nella natura domini
un’ energia creativa unitaria, immutabile impulso a una continua metamorfosi, secondo
una non casuale armonia, che si rivela anche nella piu’ piccola creatura. Queste idee,
riprese da Spinoza, le esporra’ in Sulla morfologia (1820) . La metamorfosi naturale va
intesa, come un divenire intimamente spirituale mosso da due tendenze opposte:
concentrazione ed espansione e dall’universale legge dell’accrescimento. Essa è
formazione e trasformazione di un modello originario, motivo che vedra’ Goethe, nelle
sue osservazioni naturalistiche, alla ricerca della pianta e dell’animale originario ( La
metamorfosi delle piante, 1790; Formazione e trasformazione della natura organica,
1807). In seguito sotto l’influenza di Schiller, egli concepì il fenomeno originario, non
come un’ ente realmente esistito, ma come una idea teleologica kantiana: una forma a
priori. Nella sua celebre Teoria dei colori (1810), egli si esprimera’ nella difesa di una
19
Ibidem, p.97: “Nell’acqua divina, di cui viene continuamente sottolineata la natura dualistica si
equilibrano due pricipi, uno attivo e uno passivo, uno maschile e uno femminile, che costituiscono
l’essenza della forza creativa in una perenne e ritmica alternanza di vita e di morte.”
Ibidem, p. 37, Jung riporta una lettera di Ildegarda von Bingen al monaco Viberto di Gembloux (1171):
“Sin dalla mia infanzia vedo sempre una luce nella mia anima, ma non con gli occhi esteriori e neppure
con i pensieri del cuore; e neanche i cinque sensi esterni partecipano a questa visione (…) la luce che io
percepisco non nasce da un luogo preciso, ma è molto piu’ luminosa della nuvola che avvolge il sole.
Non posso distinguerne l’altezza, la larghezza o la lunghezza (…) Cio’ che vedo e apprendo in una tale
visione mi resta a lungo nella memoria. Io vedo odo e so allo stesso tempo (…) Non riesco a riconoscere
a questa luce alcuna forma, talvolta tuttavia vedo in essa un’ altra luce, che mi viene di chiamare luce
vivente (..) Mentre mi beo nella contemplazione di questa luce, ogni tristezza e dolore svaniscono dal
mio ricordo.”
27
28
visione globale della natura e dell’uomo, fondata sulla vivente esperienza dei cinque sensi
del corpo umano (al pari dei cinque elementi della M.T.C.) che egli efficacemente
definisce “il piu’ grande ed esatto apparecchio fisico” di cui lo studio della natura possa
giovarsi.
Sull’aspetto
simbolico
dell’individuazione
nell’albero,
ricollegandoci
all’alchimia, Jung afferma che: “L’albero corrisponde esattamente all’albero di metallo
dell’alchimia, l’arbor philosophica che, se vogliamo trovarvi un significato, rappresenta la crescita
spirituale sino all’illuminazione suprema.” 21
La luce, come energia vibrazionale, studiata da Goethe , ascende nella verticale
dell’albero così come nella kundalini e nei chakra indiani, e nella grande rivoluzione del
Qi Qong cinese .
Nella teoria dei colori di Goethe, il colore si pone come un esperienza continua di vita,
originato dalla polarità tra luce e oscurità: “ Il colore è figlio di due forze cosmiche” in
quanto nasce e si determina dalla tensione della polarità luce-oscurità e non alla loro
mescolanza, che darebbe soltanto il grigio. Nell’occhio umano il chiaro richiama l’oscuro
e viceversa, così colori di massima luminusità ne richiameranno altri di minima
luminosità. Il concetto di opposizione e richiamo, così come il colore fondamentale
richiama il suo complementare, dimostra che anche nella visione c’è la tendenza a un
intero: ad integrum, infatti un colore complementare rappresenta gli altri due
fondamentali. Il giallo, ad esempio richiama il suo complementare viola, che è composto
dagli altri due fondamentali: rosso e blu. I sette colori dell’arcobaleno corrispondono ai
sei colori di Goethe, tra fondamentali e complementari, più l’aggiunta dell’indaco.
Il rapporto tra lunghezza d’ onda ed energia si può raffigurare in una piramide costituita
da sette piani vibratori, corrispondenti a sette lunghezze d’ onda , racchiusa nel cerchio
del Tao, nel quale si possono ascrivere le sei linee degli esagrammi dell’I Ching.
Il colore viola, situato nel punto all’apice della piramide, il più evoluto, corrisponde alla
nostra interiorità più spirituale, è la vibrazione del settimo chakra alla sommita’ del capo.
Il raggio rosso è il livello piu basso e materiale, è la vibrazione del primo chakra, del
legame dell’energia con la terra, a differenza del primo pervaso dall’energia del cielo. I
cinesi raffiguravano l’uomo tra il padre cielo e la madre terra, sullo sfondo di un
arcobaleno che li congiunge come un drago volante.
21
Ibidem, p.107.
28
29
Le piramidi dei colori
La ruota dei colori dei cinque elementi taoista.
Ritroviamo la luce solare nel processo d’ estrazione dei fiori di Bach (da lui ripreso dagli
herbalist celti)da cui estraiamo l’informazione di una particolare vibrazione energetica.
29
30
La prospettiva che guidò i grandi ricercatori della Naturopatia del XIX e XX secolo fu
l’incessante ricerca di quel principio attivo posseduto dalla natura, sotto forma di essenza
energetica, per curare se stessa e pro-curare vitalità. Ne ricavarono che l’energia è
dunque semplice: pensiamo al rimedio unico omeopatico di Hahnemann, simile: a
determinate condizioni si presenta nella stessa forma, universale: segue ovunque le stesse
leggi, quindi accessibile. Il metodo terapeutico doveva prevedere solo alti e bassi, vuoti o
pieni di energia, tale per cui dove è carente provocando una malattia la si può ricercare
semplicemente e universalmente laddove si presenta simile morfologicamente al
fenomeno da trattare. Puo’ trattarsi dell’essenza floreale Impatiens per i tipi impazienti ,
rappresentabile con l’archetipo della divinità di Mercurio sempre in movimento,
protettore dei viaggiatori e dei mercanti. L’energia ha dunque effetto sia sul piano fisico
che psicologico, perche la natura stessa macrocosmica che vivifica e le singole creature
microcosmiche hanno questo duplice aspetto: materiale e spirituale. Vedremo nel
prossimo capitolo come al pari di ogni cosa , anche ciò che viene definito malattia ha una
duplicità morfologica sia nella causa che nell’effetto e quindi nel rimedio terapeutico,
come abbiamo visto con l’essenza di Impatient.
Sempre riguardo all’energia , nell’800 alcuni ricercatori proto-psicologi quale Messmer
credettero di aver trovato una panacea terapeutica nel cosiddetto flusso energetico che
emanato dai corpi si poteva propagarlo esternamente: come la Pranoterapia e il Reiki, il
quale ebbe anche una certa risonanza all’epoca, smentita però dalle successive esperienze
che portarono in auge l’ipnosi da parte di Charcot e Freud. Per la Psicologia e in
particolare per la Psicoanalisi il concetto di energia , pure ampiamente usato, rimase
perlopiu’ un modello archetipico per procedere nella teoria, non avendo invece la stessa
rilevanza pratica che ha per la Naturopatia.
Ricapitolando possiamo affermare che non possiamo parlare di energia prescindendo dal
concetto di Natura, vista come un unico organismo vivente. Qualora infatti decidessimo
di rapportarci ai singoli esseri siano essi piante, animali ed esseri umani estrapolandoli
dalla natura, compiremmo un operazione di mutilazione che non gioverebbe né alla
diagnosi né alla terapia. Quello che andrebbe mutilato risulterà proprio l’essenza
intrinseca, che abbiamo visto si manifesta in forma energetica.
In questo capitolo abbiamo visto che, le scienze esatte predominanti nei secoli a venire a
partire dai due secoli che abbiamo preso in esame, hanno sistematicamente teso
all’esclusione della natura vista come un unicum solistico, ed anche la filosofia
gradualmente diveniva esclusivamente esistenzialista. Ma ci chiediamo come sia
30
31
possibile indagare sul senso dell’esistenza umana, se questa non è strutturata dentro e
secondo i ritmi e le forme cui la natura stessa sottostà. È ovvio che avendo indebolito il
legame, anche spirituale, con la natura stessa , il fragile essere umano ha dovuto
alimentare la speranza (illusoria) di potere usufruire poi integralmente di un Io così
potente da trasformarlo da creatura in creatore . Il creatore ovviamente può fare e disfare
a suo piacimento la natura considerandola un ammasso inanimato di oggetti plasmabili,
come ha fatto poi alimentando un concetto di progresso di cui vediamo ora gli effetti
ecologici sul pianeta .
L’operazione di esclusione dell’insieme natura ha fatto si che poi questa stessa nei suoi
aspetti energetici sull’uomo istintuali e spirituali rimossi per far spazio al grande Io
razionale, riemergesse come inconscio minaccioso e disturbante di quell’ordine che
avrebbe dovuto stabilizzare l’Io. Per quell’uomo che ostinato continua ad autoescludersi
dalla famiglia naturale, ergendosi geloso nella sua agognata solitudine: ecco allora che a
tali minacce non accettate come messaggi della natura, non resta altro che manifestarsi
come malattie fisiche, disagi psicologici e angosce esistenziali.
Riconsiderare la relazione d’ insieme internaturale, secondo i dettami della naturopatia,
permette all’individuo di mantenersi in connessione con le forze dell’universo: quella che
i medioevali chiamavano la vis medicatrix naturae , e al malato di ritrovare la giusta Via
fisica, psicologica e spirituale smarrita al di la dell’organo di turno che continua a
nuocere.
31
32
Cap. 4
IL CORPO UMANO IN NATUROPATIA.
“Il corpo è un carniere di segni,
il segno è un corpo disincantato.” 22
Il corpo è il campo di battaglia dei nostri conflitti interiori. La sua estensione
superficiale è la trincea che delimita il corpo interno dal corpo esterno, un dentro e un
fuori disseminato di simboli e sintomi: quali oggetti psichici provenienti dalla mente. La
sua presenza dona all’Io la percezione dell’esistenza, dona all’anima la realta’ di uno
specchio domestico in cui percepirsi attivamente vitale e autonomamente completata.
Proviamo a chederci cosa ci viene in mente quando pensiamo ad un corpo ?
Forse ad un oggetto materiale: il nostro corpo fisico materiale, che per la medicina
sara’ l’organismo, l’insieme delle strutture e delle loro relative funzioni fisiologicamente
atte alla nostra sopravvivenza, per la psicologia sara’ l’insieme delle rappresentazioni di
noi stessi: corpo-identita’, per la religione sara’ il momentaneo contenitore dell’anima
nella porzione di viaggio che ci vede sulla Terra e per la sociologia sara’ l’unita’ fondante
la massa: il corpo sociale.
E per la Naturopatia il corpo è forse qualcos’ altro ancora?
Certamente per il naturopata il corpo umano è qualcosa che non si delimita e finisce con
la pelle, quella è solo quella parte del Corpo immanente ai cinque sensi umani.
Poichè, come si reputa in Oriente, il naturopata non si riferisce al corpo con l’uso
esclusivo della sola mente resa unilateralmente preponderante, bensì (come il ricercatore
Paracelso) lo osserva nelle sue relazioni, lo sente nella sua vibrante evoluzione, lo lascia
esprimere nei suoi linguaggi e nei suoi tempi “naturali”. Enrico Suso, allievo di Meister
Ekhart, affermò che è meglio fare esperienza di Dio, guardandolo nella Natura: esterna e
interna, che lasciare affermare alla mente “ingannabile” di conoscere Dio, il quale
infinito com’ è, non puo’ che apparire a noi finiti, che nella sua piu’ grande teofania: la
Natura, nelle sue leggi universali e nelle loro applicazioni dal sistema solare fino al
piccolo atomo. Ma di quale Corpo si parla allora?
La naturopatia si riferisce certamente al Corpus naturalis : il Macro-cosmo come insieme
dei Micro-cosmi. E di cosa è fatto il Corpus naturalis, se non di energia variamente
condensata in variegate forme materiali, le quali non hanno energeticamente
22
J. Baudrillard, L’èchange symbolique et la mort, p. 155
32
33
interruzzione di contiguità, essendo ovunque collegate, come fossero rappresentate su una
enorme rete dalle maglie ora larghissime, nelle forme aeree e acquose, ora strettissime in
quelle minerali. Per noi occidentali è enormemente difficile, se non impossibile ( visto
che siamo stati educati ad essere al o il centro dell’universo e giardinieri del creato, se
non proprio ora i creatori stessi ), immaginarci o saperci “oltre” senza il confine corporeo
della pelle, che delimita il noi dall’altro, e addirittura interrelati a ciò che ci circonda , che
invece siamo abituati a pensare come spazialità : vuoto doverosamente da riempire di
oggetti. Non era certo questa la sensazione di completa fusione che si provava nello stato
fetale? Certi tipi di massaggi non vogliono, inducendo proprio questo tipo di regressione
mnestica, ricomporre l’unità d’ insieme persa? Questo perchè la nostra rappresentazione,
prettamente materialistica, si limita a ciò che l’Io rappresenta di noi, quando guardiamo
con i soli occhi e il tatto la “nostra” corporeità di superficie . Il concetto di Corpo è
diverso tra Oriente e Occidente, così come tra naturopatia e medicina. Se chiedessimo ad
un orientale quale è la concezione di sé in quanto essere umano, questi ci potrebbe
rispondere con una metafora, di essere uno dei miliardi di granelli di sabbia della spiaggia
universale. Viceversa l’occidentale direbbe ciò che il suo Io, come ente attivo nello
spazio e nel tempo, ha stabilito, e spesso la rappresentazione sarà di tipo professionale:
sono un dottore ,un avvocato, ecc. Il corpo è vieppiu’ solo un appendice, a volte
strumento narcisistico, altre volte inutile fardello per l’Io, tant’ è che la massima
aspirazione per molte religioni è stata il regno dei cieli: dove le anime-Io vagano libere
dal corpo. Il nostro Io occidentale sarebbe quasi l’espressione di un autosufficiente
infinità se non fosse legato al corpo, a questo corpo umano, il quale ci ricorda invece, con
la sua imperfezione e caducità, il nostro limite (fisico). In oriente l’Io è stato concepito in
una versione molto più modesta, meno narcisistica e soprattutto strumento “nel” corpo e
non a priori dal corpo. Lo ritroviamo nella M.T.C, dove le funzioni psichiche sono state
distribuite fra i sei visceri e i sei organi, compresi nella già citata ruota dei cinque
elementi, ma in realtà anche la singola cellula ha la sua qualita’ psichica, che è quella di
favorirne la vitale specificità.
In verita’ questa distinzione non è sempre stata cosi’ polarizzata: nel nostro Medioevo,
per esempio, i Santi venivano raffigurati circondati da una aureola, la quale si presumeva
con tale intensità da apparire visibile, e ciò testimonia che si supponesse che l’essere
umano oltre al corpo fisico fosse dotato di un corpo aureo o astrale, facente chissà parte
di una serie di dimensioni corporee progressivamente più estese , al di là del corpo fisico
sub-epidermico. Le agiografie riportano di santi medioevali che, come santoni indiani
33
34
levitanti, volassero in cielo, agiti da misteriose forze energetiche attive a certe condizioni
spirituali, come avviene anche con le ginnastiche psicofisiche taoiste Chi Kong e Tai Chi
Chuan, e nell’attivazione dei chakra. E’ chiaro che, dire ancora corporeo, a questo punto
è solo un modo convenzionale per indicare la porzione biologica, neppure fisica
potremmo più dire, perchè l’energetica è pura fisica. Passando dal Medioevo alla odierna
Psicoanalisi già G. Bateson definisce il Corpus Naturalis come Mente cibernetica,
affermando che:
“La mente individuale è immanente, ma non solo nel corpo: essa è immanente anche in canali e
messaggi esterni al corpo; e vi è una piu’ vasta Mente di cui la mente individuale è solo un sottosistema.
Questa piu’ vasta Mente è paragonabile a Dio, ed è forse cio’ che alcuni intendono per Dio, ma essa è
ancora immanente nel sistema sociale totale interconnesso e nell’ecologia planetaria.” 23
Già le teorie sull’Inconscio personale e collettivo riproposero un’ espansione nella
profondità della mente, sempre più insospettata, e non più riconducibile alla sola unicità
dell’individualità. Ancora da Bateson citiamo:
“La psicologia freudiana ha dilatato il concetto di mente verso l’interno, fino ad includervi
l’intero sistema di comunicazione all’interno del corpo….cio’ che sto dicendo dilata la mente verso
l’esterno. E tutti e due questi cambiamenti riducono l’ambito dell’io conscio.” 24.
La stessa legge della Sincronicita’, ri-scoperta da Jung e Pauli, enuncia che tutto ciò che
è fisico è in relazione con una dimensione parallela psichica, sia nella dimensione umana
psicosomatica che in quella cosmica. E’ interessante notare come nella M.T.C. ogni
organo ha una doppia funzionalità complementare psichica e fisica, questo secondo la
legge dello Yin e dello Yang. I cinesi rappresentarono la realtà, come l’interazione
fenomenica di due forze paritetiche e complementari: la yin e la yang, la psichica e la
fisica, e il simbolo del Tao che le raffigura rappresenta proprio la sincronicità nella
natura, così come in ogni singola creatura.
Nell’antico greco dorico, i termini per indicare il corpo e la scena teatrale derivano dalla
stessa radice 25, ci chiediamo quindi : il corpo è una realtà o una rappresentazione?
Sicuramente tutte e due , poichè l’essere umano è un’ entità finita e limitata alla propria
sensorialità e percezione, non ci è dato di conoscere la Realtà, ma solo di fare esperienza
indiretta, e per quasi tutti noi anche inconsapevole della realta’ così come della deità o
divinità. Non ci rimane che percepire e rappresentarci secondo le caratteristiche sensoriali
di cui siamo dotati e caratterizzati ( e anche queste soggettive e individuali).
Per fare un esempio: l’esperienza di un tramonto è una realtà o una rappresentazione?
23
G. Bateson, Verso un’ ecologia della mente, p.479
Ibidem, p.479-0
25
U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Mi, 2000, p. 23
24
34
35
Se in un dato luogo e momento vediamo il calar del sole pomeridiano, potremmo
affermare che si tratta di un romantico tramonto, ma nello stesso tempo se fossimo agli
antipodi potremmo rispondere che sicuramente si tratta di una fresca alba. Questo in
realta’ ci puo’ servire per poter riflettere sul concetto di corpo. Per esempio un uomo
vecchio è un vecchio corpo, oppure ha un vecchio corpo? Oppure puo’ un giovane essere
piu’ vecchio di un vecchio, che si sente piu’ giovane di un giovane ma vecchio?
Gli antichi medici taoisti avevano risolto l’ampasse, escludendo sia la modalita’ della
rappresentazione, sapendola illusoria, sia quella di un sapere, anche scientifico, creduto
come vero, ma non perfetto, cercando e trovando semplici leggi universali, almeno sul
funzionamento dell’universo. Direste forse che discorrendo in questo modo tutto diventa
relativo?
No, si può credere che tutto diventi, invece che solo materialistico, più ampliamente
naturalistico e olistico: solo infatti con questa apertura di mente potremmo affrontare le
dimensioni di malattia e salute nella specificità della Naturopatia. E’ straordinario come
la dimensione della Naturopatia coincida incredibilmente con il concetto di nuova scienza
auspicato da G. Bateson nel suo saggio introduttivo a: “L’ecologia della mente”,
intitolato: “La scienza della mente e dell’ordine”. Tornando nuovamente al Corpo e
uscendo dalle ristrettezze della dimensione organica, e per parlare di esso, sapendo ormai
che intendiamo un Corpo cosmico, esploriamolo nelle sue dimensioni superiori e
inferiori, rispettivamente: il Macro-cosmo universale e il sub-microcosmo atomico.
L’osservazione delle due realtà ci permetterà di estrapolare leggi universali omogenee
seppur nelle rispettive diversità, le quali però reggono anche tutti i cosmi intermedi e ad
essi compresi. Qualcuno obietterà che, per chi non ha l’obbligo di dimostrare
scientificamente le proprie asserzioni, è fin troppo facile fare anche i piu’ affascinanti e
pindarici voli filosofici, al fine di costruirci sistemi, i quali piu’ infiniti sono e meglio
saranno adattati alla realtà, in fondo è proprio sulle idee di infinito e di indefinibile
divinità che si è costruita la più affascinante ipotesi, che ha governato con le religioni la
vita dell’uomo, secula seculorum. In verità se la portata di queste teorie fosse così
limitata, saremmo noi stessi naturopati a denunciarne l’ingenuità, ma facendo invece
seguire gli sviluppi pratici riconosciuti dei principi dell’energetica agopunturale cinese,
dell’ayurvedica indiana, e delle Naturopatie storiche occidentali, potremmo dimostrare
l’esistenza di una contiguità tra corpo sub-epidermico e trans-epidermico, con la stessa
analogia che c’è in psicologia tra inconscio personale e collettivo, tra Io e Non-Io nel
35
36
Corpo del Sé. 26 Le grandi leggi universali trovate dal taoismo ci descrivono un corpo
cosmico indefinibile e mutevole, ma globale e sistemico, secondo la descrizione che qui
segue. Per esso non esiste niente in natura che abbia una connotazione fissa e statica , tale
per cui possiamo dire veramente questo è certamente questo, e quell’altro è la tal cosa,
bensì questo in quel determinato spazio appare ai nostri sensi soggettivamente così
configurato e, se statisticamente a ciò, tale struttura si manifesta con una certa ricorrenza
gli diamo una identità. Abbiamo detto, e non a caso, in relazione alla dimensione dello
spazio sensoriale, perchè questa è stata la modalità che l’essere umano trova più
congeniale; ma c’ è anche quella del tempo, solo che per noi questa è una dimensione
indiretta e meno rilevabile, tanto che esso è stato piu’ un concetto che una realtà tangibile
sensorialmente: non viene piu’ spontaneo riferirsi alla dimensione spaziale e dire: io sono
un corpo, io mi riconosco specchiandomi nella materia, io mi riconosco così fatto, so il
posto che occupo nella spazialità ?
Mentre il tempo , che pur ci connota, forse per il fatto di rimandarci alla morte, viene
vissuto con un certo timore e imbarazzo. E così anche gli altri corpi, nella loro
rassicurante e uniforme presenza, completano l’orizzonte spaziale di cui noi sappiamo di
far parte, e man mano che cresciamo l’orizzonte è sempre più ampio e più pieno, ma
siamo partiti da un orizzonte fetale dove vigeva l’indistinzione e l’inconscia fusionalità.
Con la nascita, infatti, ci sembrava che il mondo fosse solo la dualità filiare e materna,
per arrivare poi crescendo a vederci immersi in una crescente moltitudine di presenze
diverse da noi ma perfettamente organiche con il sistema spaziale ormai saturo di oggetti
e perfettamente contestualizzato dai nostri sensi e dalla coscienza.
Anche se ora abbiamo gli strumenti tecnologici per scoprirli, nessuno si chiede mai però
se siano presenti oggetti che i nostri sensi non percepiscano: gli infinitamente piccoli e gli
immensamente grandi. Nessuno di noi vede i propri batteri, così come nessun batterio
vede il corpo umano di cui non sospetta di far parte, ne sospetta affatto di una qualche
nostra emanazione oltre lo strato dermico. I nostri sensi sono quindi limitati nelle
potenzialità, ma anche imperfetti nella loro finitezza, tanto che qualora non fossero
sufficienti, gli oggetti li immaginiamo, li coloriamo affettivamente come si dice in
psicologia, ci illudiamo di dargli una identità, e creiamo anche i fantasmi.
Immaginiamo, per ipotesi ora, di vedere un bosco: nello spazio è sì un insieme di alberi
variegati, ma nel tempo? Che ci importa direte del tempo, se nessun fattore interviene a
perturbare l’insieme quel bosco è e sempre sara’ un bosco. Infatti il nostro concetto di
26
G. Bateson, p.448-9.
36
37
tempo è modellato solo dall’alternanza delle stagioni, e noi del bosco vediamo
sensorialmente solo le variazioni legate al fattore climatico stagionale, non abbiamo una
struttura tale per notare i fatti mentre avvengono: rallentati come alla moviola o
accelerati, se così fosse invece di vedere sempre i soliti alberi noteremmo che nessuna
creatura sta ferma per un istante: quello che era seme e dopo germoglio, poi è stato
virgulto, albero e prima di morire dai suoi frutti caduti sul terreno è rinato. Forse, in
nessun attimo nessun oggetto era uguale all’altro, e nessuno ha visto la propria vita come
un corpo in continua meta-morfosi. Tutto questo per dire che del corpo possiamo avere
un idea, un concetto limitato alle modalità con cui ci relazioniamo alle dimensioni spaziotempo, e sicuramente è veramente obiettiva la legge, detta dell’impermanenza in una
forma, ricavata dall’osservazione della natura, quando afferma che nell’universo, come
nelle più piccole creature, tutto si crea, si trasforma e si distrugge per rinascere in altre
forme e in accordo simpatico con altre trasformazioni interdipendenti senza possibilita’ di
interruzione. Poiche’ tutto fa parte di un Unicum globale cibernetico. Controllare le forme
stabilizzandole, è l’utopia sempre rincorsa dal genere umano per poter controllare
appunto il Tempo e lo Spazio. Ma mai si potrà controllare il Tutto, semmai solo
temporanei segmenti e porzioni, operando per giunta distorsioni e disturbi nell’equilibrio
del Sistema. Ricercare una dimensione di assenza del male a priori per far emergere un
bene assoluto e cristallizato con l’azione immediata sul corpo, da parte delle medicine per
esempio, è un modo per rincorrere l’illusione di una onnipotenza divina, l’elisir
dell’eterna gioventù della salute paradisiaca. In accordo con le teorie della Naturopatia,
oltre alla legge dell’impermanenza, il Taoismo evidenzia una seconda legge, detta dello
Yin e dello Yang, ossia delle due forme opposte e complementarie, raffigurate nel noto
simbolo del Tao:
Tutte le possibili trasformazioni del Corpus naturalis sono racchiuse entro lo spettro
rappresentato da queste due categorie. Questo spettro circolare evidenzia, come in un
orologium vitae, il percorso energetico tra le forme e le identità momentanee,
dell’essenza delle creature il processo d’ individuazione naturale delle cose, l’itinerarium
37
38
cui tutti noi siamo sottoposti. Non ci resta, a noi creature fatte dagli elementi, che stare in
armonia con gli elementi stessi, laddove conoscere gli elementi diviene conoscere se
stessi nel profondo, trascendendone la rappresentazione.
Ogni creatura ha il suo itinerarium da compiere, ma la legge che lo governa è la stessa
perfetta per tutte, sia a livello fisico che psicologico, e i suoi enunciati contenuti nel
classico cinese Libro dei Mutamenti o “I Ching” sono solitamente descritti utilizzando
l’immagine dello scorrere dell’energia nel continuum della creazione dell’universo.
Quasi tremila anni fa il filosofo taoista Lao-Tze osservando che le cose nello stato di
esistenza fenomenica hanno un inizio, immaginò uno stato primigenio di non-esistenza e
lo contemplò nel numero Zero. Doveva esser questo uno stato di quiete assoluta, senza
direzioni, differenze e apparenze, assolutamente inimmaginabile per la mente umana, che
chiamò: Wu-Chi (Chi=energia ). Ad un certo punto, per assoluta spontaneità, dalla quiete
si generò un pensiero, cessò lo stato di vuoto e di non-pensiero, e quel momento lo definì:
“Il grande termine” o inizio del “Tai-Chi” , lo stato di pienezza in cui tutto è contenuto,
che il filosofo defini’ l’Uno, il corrispettivo del nostro Dio.
Si dice che la Via o Tao ha prodotto così l’Uno, l’Uno il Due, il Due ha prodotto il
Tre, e il Tre tutti gli esseri. Il Due rappresenta la dualità statica dello yin e dello yang, e il
tre la loro interazione per opera del Chi: l’energia che tutto pervade, nelle Quattro
direzioni cardinali in cui sono disposti i Cinque elementi: il Legno, il Fuoco, la Terra, il
Metallo.
38
39
Nella Genesi sta scritto: “ In principio Dio creò cielo e terra”, fra di loro tutte le restanti
creature. Anche lo gnosticismo medioevale, ripreso da Jung nei suoi: “Septem sermones
ad muortos”, distingue questi due momenti, e G. Bateson a proposito del testo junghiano
afferma che:
“Egli osserva che vi sono due mondi. Noi potremmo chiamarli due mondi esplicativi, lui invece li
battezza il pleroma e la creatura, che sono termini gnostici. Il pleroma è il mondo in cui gli eventi sono
causati da forze e urti e nel quale non vi sono distinzioni, o, come direi io, differenze. Nella creatura, gli
effetti sono provocati proprio dalla differenza. In effetti eccoci davanti la solita vecchia dicotomia tra
mente e sostanza.
Direi che pleroma e creatura sono termini che si potrebbero utilmente adottare; quindi mette conto di
considerare i ponti che collegano questi due mondi. Dire che le scienze fisiche si occupano solo del
pleroma e che le scienze della mente si occupano solo della creatura è un’ eccessiva semplificazione. Le
cose sono un pò più complicate.” 27
La Naturopatia si è sempre ispirata a queste leggi universali, rapportando il
proprio concetto di salute e malattia del sistema corpo-mente umano, al modo in cui
l’uomo si relaziona all’energia e all’armonia dei cinque elementi, compresi nella ruota del
Tao, la quale come abbiamo visto rappresenta sia l’unità psico-somatica della natura che
come di tutte le singole creature anche quella umana. Potremmo definirla una medicina
ecologica, della relazione e della comunicazione tra le creature e gli elementi del
pleroma, in una sola parola: olistica.
Paradossalmente, al contrario della Naturopatia, la Psicologia occidentale trae la sua
origine dalla cultura greca, e poi cristiana, le quali da Platone ad Agostino pongono la
specificita’ dell’uomo non nell’ambivalenza delle sue espressioni corporee, ma in quella
unità ideale che è: la psyche. Per tutto l’Occidente sarà questo il luogo di riconoscimento
dell’unità dell’essere umano, che ne esprime l’identità: addirittura a immagine e
somiglianza del Dio da cui si dice esplicita derivazione terrestre, al contrario degli
animali e dei consimili umani primitivi, i quali non si sa perche’ non avrebbero avuto
una psyche. Ma, come afferma U. Galimberti ne Il corpo:
“Questo luogo di identificazione contiene gia’ il principio della separazione, perche’, come
coscienza di sé , la psyche comincia a pensarsi per sé , e quindi a separarsi dalla propria corporeita’. La
prima operazione metafisica è stata un operazione psicologica.” 28
Se guardiamo alla nostra tradizione biblica, possiamo osservare che la vita dei
nostri progenitori mitici: Adamo ed Eva, scorreva felice e beata senza malattie ne conflitti
psicologici, essi dovevano solo vivere in nome di Dio e non del proprio Io. Dio aveva
27
28
Ibidem, p.473
U. Galimberti, p.11
39
40
costruito tutto il giardino come una struttura, un corpus, perfettamente integrata e
completa. Chi vuole alterarla lo può fare a rischio di alienarsi da quell’ordine, che le
piante e gli altri animali continuano a rispettare. Quello che e’ proibito non è
l’acquisizione di una propria coscienza, che semmai è un segno di maturità, bensì la
cultura della separazione, dell’unilateralità, della non integrazione nell’unico mondo
possibile, che è quello terrestre, dove ogni presenza ha la pari dignità, nell’unità della
molteplicità. L’orgoglio di primeggiare produce la voglia di far da solo, il germe
dell’egoismo generò lentamente un corpo di malattia, dolore e morte, da un lato e
l’aspirazione a una mente perfetta, scissa ovviamente da tale corpo caduco, dall’altra.
Che colpa ne avevamo, se vivevamo nell’adorazione dell’onnipotente immagine
di un Dio unico e senza corpo!
“ L’idea platonica è il modello di questa separazione e contrapposizione, e la psyche, essendo
amica delle idee, incomincera’ a considerare il corpo come suo carcere e sua tomba. Una volta che la
verita’ è posta come idea, l’opposizione tra ideale e sensibile, tra anima e corpo, diventa l’opposizione tra
vero e falso, tra bene e male. Valori logici e valori morali nascono da questa contrapposizione che la
metafisica ha creato e la scienza moderna ha mantenuto…. Da questo errore la filosofia si è emancipata
con Nietzsche che ha denunciato quel retro-mondo, quell’“al di la’ inventato per meglio calunniare l’al di
qua”, ma non la Psicologia, che cosi’ rimane la piu’ occidentale delle scienze e quindi la piu’ metafisica,
se per metafisica intendiamo il pensiero della separazione…..Fattasi carico della logica della separazione
inaugurata dalla disgiunzione platonica tra corporeo e ideale, la Psicologia, se vuol essere coerente a se
stessa, non puo’ parlare del corpo, se non impropriamente , se non per infedelta’ al suo statuto scientifico, a
meno che per corpo non intenda l’idea di corpo che come scienza si è data.”
29
Ben più attuale è quindi la millenaria M.T.C., che non riconoscendosi nella
separazione tra lo psichico separato e autonomizzato e un corpo meramente
anatomizzato, per la quale è semplicemente assurdo parlare della possibilità dell’esistenza
della Psicologia così come abbiamo visto esser considerata in occidente.
Così come per la Naturopatia può esistere solo una scienza delle leggi universali della
natura, dall’omogenea e immutabile applicazione in ogni campo (e anche in quello del
comportamento umano), a meno che non vogliamo precostituire un sapere logicamente
funzionale e fondato su implicite esigenze storicamente locali e datate. Per questo al
corpo, manipolato, inquinato, alter-ato, non resta che parlare per simboli e sintomi,
manifestare se stesso con le patologie che il linguaggio scientifico gli ha dato per farsi
capire da noi. Con l’avvento delle
religioni monoteiste poi, la separazione è
ulteriormente esasperata: laddove la semplice mente non basta più, a distanziarci dal
29
Ibidem, p. 12
40
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reale umano del corporeo, ecco comparire l’anima, vista come quel livello
ultrametafisico, ideale meta finale di congiunzione. Congiunzione con chi? Ma con quel
divino che crediamo ultra-naturale e che dispettosamente ci avrebbe condotti in questa
valle di lacrime e non-senso, una divinita’ tutta per noi, inventata dalla nostra mente,
nell’infanzia quando fummo cacciati (dal letto edipico dei genitori…..), e che ci siamo
ostinati a non voler riconoscere nella Natura. L’unica dualita’ che l’Occidente ha prodotto
e’ un dualismo manicheo, fra antitesi non comunicanti e in conflitto “schizofrenico” fra
di esse, al contrario del dualismo tra gli opposti complementari dello Yin e dello Yang in
cui è racchiuso il reale per il pensiero orientale.
“Se cio’ non accade, se la psicologia non si pensa contro la rappresentazione che si è data a
partire da quell’alba greca in cui ha preso avvio l’autonomizzazione della psyche, la Psicologia non solo
non giungera’ mai alla comprensione dell’espressivita’ originaria del corpo, ma sara’ costretta ad errare,
perche’ ignora l’errore che è alla base della sua espressione epistemica, della sua nascita come scienza.
Si tratta di un errore che non investe solo il sapere psicologico ma ogni sapere razionale quando,
sottraendosi alla polisemia della realta’ corporea, si afferma come asserzione incontrovertibile su di essa.
In questo passaggio dalla verita’ come ambivalenza (n.d.a. Yin-Yang), alla verita’ come decisione sul vero
e falso, il sapere razionale dimentica di essere una procedura interpretativa tra le molte possibili per porsi
come assoluto principio, dimentica di essere un inganno necessario per dirimere l’enigma
dell’ambivalenza, e in questa dimenticanza diviene un inganno perverso.”
30
E’ risaputa l’abilità dei medici cinesi in chirurgia, ciò nonostante non ci è
pervenuta nessuna mappa scientificamente e solo anatomica, pur potendolo. La più
importante giuntaci è quella detta dello Xiuzhen tu o “Mappa della cultura della
perfezione”, del XIX secolo, esposta nel Tempio delle nuvole bianche di Pechino, in cui è
rappresentato il simbolismo del corpo umano, cosi’ come trasmesso dal Taoismo, che
combinava pratiche di Alchimia interiore e rituali esteriori, affinche’ il praticante potesse
agire simultaneamente sul proprio mondo interiore e su quello esteriore. Secondo C.
Despeux, dal suo: “Taoismo e corpo umano”, da cui abbiamo tratto la mappa, il corpo,
anatomicamente raffigurato, sfuma in una rappresentazione simbolica e magica al tempo
stesso. Viene così descritto come se fosse un piccolo mondo, un microcosmo, un
paesaggio interiore dimora di molteplici divinità, celesti e telluriche, luogo in cui va
operata la trasmutazione per mezzo di pratiche varie, se si vuole avere accesso al Reale.
Ora, per la nostra mentalità occidentale può sembrare incomprensibile e assurda questa
visione di corpi come componenti del Corpus, in verità sia le nostre religioni monoteiste
mediterranee che la psicoanalisi junghiana prevedono platonicamente un processo vitale
30
Ibidem, p.14
41
42
di individuazione basato su quel Distinguer devi e poscia unire goethiano, in cui l’esito
finale è il ricongiungimento con quell’altro da cui siamo stati separati nascendo.
Pur tuttavia è solo a quella visione delle cose che il moderno naturopata , come l’antico,
deve far riferimento, perchè il suo interesse non è volto alla sola idea di corpo come per
la Psicologia, né al solo organismo della Medicina, né al solo corpo spirituale della
Religione, bensì all’energia vitale universale che incarnandosi nelle creature assume
forme diverse nel corpo: fisiche, psicologiche e spirituali appunto, e che l’evoluzione del
soggetto mette in luce rispettivamente come sintomo, simbolo e realizzazione naturale del
proprio destino naturale.
42
43
MAPPA DELLA CULTURA E DELLA PERFEZIONE
43
44
CAP. 5
LA NATUROPATIA TEDESCA DEL XIX SECOLO:
Da V. Priessnetz a G. Groddeck.
Sappiamo che tutte le civiltà hanno dato gran rilievo al benessere psico-fisico degli
individui, che spesso come per i popoli mediterranei era praticato nelle terme. Purtroppo
la nostra cultura cattolica sin dal Medioevo, privilegiando la cura dell’anima, fece cadere
in disuso quel concetto di benessere che procede da quello corporeo (come si intende in
Naturopatia). Oggi invece, sull’onda del salutismo e dell’attenzione ecologica di sé e
dell’ambiente operata dal movimento della New Age, assistiamo a un gran fiorire di centri
detti appunto “centri-benessere”, ma pochi sanno che la prima rinascita dei centri
benessere fu voluta da personalità vissute nella seconda metà dell’800, espressione di
quella cultura mitteleuropea ( così come fu anche per la Psicoanalisi), considerati a pieno
titolo i primi moderni naturopati. Si trattava di strutture situate originariamente in luoghi
montani, ma in seguito anche urbani, dove la persona e non solo il paziente potevano
rigenerare se stessi, e come vedremo, riequilibrare le proprie energie attraverso il
“semplice” e immediato contatto con i cinque elementi della natura, e con essi
ricontattare quella vis medicatrix naturae necessaria alla guarigione del proprio
complesso corpo-mente-spirito. Ritroveremo spesso i cinque elementi nelle terapie da
essi messe a punto: il legno-vento nei bagni eolici, il fuoco nei vapori termali, il metallo
negli oligoelementi e la terra nei fanghi e nell’argilla, l’acqua nell’idroterapia e nella
talassoterapia.
La diffusione di centri di cura naturali per il benessere deriverà dall’influenza, già dal
700, del pensiero filosofico naturalista di J-J. Rousseau, ma anche dal movimento
dell’Arcadia, che idealizzarono il ritorno alla natura: alla sua semplicità, provvidenza e
solidarietà. In Germania viene considerato come il primo naturopata il medico: C. W.
Hufeland (1762-1836), il quale fu un convinto sostenitore del potere guaritore della
natura, autore del testo di medicina: “Enchiridion Medicum”, dove afferma a proposito:
“Tutti i rimedi per le malattie vengono prodotti dalla Natura; la medicina fa solo da assistente
alla Natura e cura i malati attraverso di essa”,
e rivolto al medico: “Fai il poco che basta e lascia tutto il resto alla Natura”.
Hufeland fu il primo sostenitore dell’idroterapia e delle cure termali che spesso
prescriveva e fu anche il capostipite degli autori e divulgatori di testi medici per la
44
45
famiglia o per tutti, di cui il più famoso: “La capacità di prolungare la vita umana”,
1796, in cui viene coniato per la prima volta il termine “ macrobiotica”.
Il primo a definirsi però medico naturopata: Naturartz, fu Vincent Priessnitz padre
dell’idroterapia, nato a Grafenberg, attualmente nella repubblica Ceca, nel 1779. La sua
biografia narra che a tredici anni si slogò il polso e mettendolo sotto l’acqua corrente di
una pompa si sentì meglio; poi avvolse il polso in una benda bagnata che cambiò non
appena asciutta, nacque così quella che divenne famosa come la: “compressa di
Priessnitz”. In seguito, dopo esser stato investito da un carro, avendo riportato fratture e
contusioni, si ristabilì solo fasciandosi strettamente il costato con delle bende intrise d’
acqua. Quando iniziò pubblicamente le terapie dell’acqua fredda usava anche delle
spugne dette: di schwamm o spugne del dottore. Nel 1826 Priessnitz aprì un centro
idroterapico, il quale nel 1840 annoverava 1600 pazienti tra cui personaggi del calibro di
Chopin, Gogol e Napoleone III. Nel 1838 tanta era la sua fama che il governo austriaco
istituì una commissione scientifica per esaminare il suo operato, la quale non rilevando
elementi che potessero far pensare a truffa o illegalità, non solo confermò
l’autorizzazione ma gli concesse una medaglia d’ oro per meriti civili. Il suo motto era:
“Non curo i disturbi, ma il paziente”, e la sua cura completa durava dalle quattro
settimane ai due anni, egli non curava mai i pazienti allo stesso modo, ma essendo
contrario a una terapia unica pensava che ogni paziente necessitasse di una terapia
personalizzata. A Priessnitz va il merito di aver definito alcuni dei principi cardine della
Naturopatia, quali: la tossicità quale base del disturbo, la teoria del disturbo cronico come
risultato di una cura sopprimente il disturbo acuto, ed infine il concetto di Healing crisis (
crisi di guarigione), base della sua terapia attraverso la quale si fa espellere dal corpo il
fluido patogeno attraverso l’acqua fredda che provoca una reazione cutanea. Tramite
l’insorgenza di questo disturbo acuto indotto manifestato da febbre ed eruzioni cutanee,
egli espelleva sia le affezioni acute che quelle croniche. Il suo operato fu determinante
per gli sviluppi successivi dell’idroterapia che, dalla Germania attraverso Kneipp si
espanse in America diffusa da Lust e Lindlahr, padri della Naturopatia americana. Il
concetto di crisi di guarigione fu alla base dei nuovi metodi terapeutici della psicoanalisi
nella catarsi, ma in Naturopatia dobbiamo a Rudiger Dahlke lo sviluppo del tema della
crisi di guarigione in crisi di trasformazione, encomiabile è il suo testo: “Crisi personale
e crescita interiore”, nel 1995.
Anche Sebastian Kneipp (1824-1897), nato in Baviera in una famiglia di tessitori e
divenuto in seguito sacerdote, si prese cura di migliaia di pazienti utilizzando rimedi
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naturali quali l’acqua, l’aria, l’esercizio fisico ed erbe e fu uno dei fondatori della
Naturopatia esportata poi negli U.S.A. da Lust e Lindlahr. Gli strumenti di cui si servì
furono tessuti, compresse, impacchi, bagni e saune, ma la sua più grande invenzione fu la
scoperta dei benefici effetti dei getti d’ acqua fredda. Credeva che il disturbo nascesse dal
sangue guasto, cioè da un sangue che circolasse male o in cui fossero presenti delle
sostanze tossiche. L’acqua guariva perchè dissolveva e rimuoveva le tossine dal sangue,
ripristinando la normale circolazione e rinforzando il corpo, agendo come:
“ l’olio sulla ruota di una macchina arrugginita”.
(come ogni moderno terapeuta sa il sangue trasporta anche il Qi o energia).
Contro le tossine Kneipp sviluppò anche l’altra branca della Naturopatia: l’erboristeria,
appresa dalla madre erborista di paese, famosissimo tuttora fu il primo vero analgesico
universale: il cascet del dr. Kneipp. Visto il successo delle sue terapie, Kneipp pubblicò
alcuni libri tra cui: Le mie cure con l’acqua, (1882) Quindi vivi!, La cura infantile di
Kneipp, (1891), Il mio testamento, (1894). Nel 1894, tre anni prima della sua morte venne
fondata la Societa’ Internazionale dei Medici di Kneipp, garante dell’apprendimento dei
suoi metodi di cura. Tuttora i medici che si rifanno ai suoi insegnamenti sono raccolti
nell’Unione dei Medici di Kneipp, nel 1981 è stata fondata la rivista: La Fisioterapia di
Kneipp e in Germania esistono circa quattrocento terme e centri salutistici a suo nome.
L’arte di curare mediante i bagni: l’idroterapia utilizza acqua dolce o salata (marina),
fredda (10-12 gradi) di breve durata, con azione tonica sulle fibre muscolari periferiche
(terapia di Priessnitz); o calda alla temperatura di 37-38 gradi che determina un azione
rilassante; o ipertermico tra i 37-43 gradi per una durata di 12-15 minuti. Con il bagno
ipertermico si mira ad un aumento generale della temperatura corporea atta a creare una
febbre artificiale. Mentre quella naturale infettiva obbliga l’organismo a produrre calore
complementare, con conseguente dispendio energetico, questa febbre passiva non
richiede sforzo al corpo, garantendo comunque la stessa funzione di disgregare i
metabolica tossici. La balneoterapia nella sua relazione fluido idrico-flusso ematico ci
permette di introdurre un altro dei grandi naturopati dell’800: Alexandre Salmanoff
(1875-1964) il cui motto era: “Non esistono malattie senza turbe dei capillari”. La sua
visione deriva dall’osservazione che il corpo umano riceva il sangue dalle vene e queste
dai capillari, organi contrattili e pulsanti che egli chiama: microcuori. I capillari
costituiscono una barriera di cellule endoteliali confinanti da un lato con il sangue e
dall’altro con i liquidi extracellulari; il loro diametro è variabile da 5-6 a 20-30 micron, la
lunghezza dei soli capillari in un organismo umano raggiunge complessivamente i
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centomila chilometri, se potessimo aprirli la loro superficie si estenderebbe per 6300
metri quadrati. L’uomo è una superficie vivente di sei ettari, irrorata da centomila
chilometri di canalizzazioni di capillari, che gli permettono l’assimilazione delle sostanze
e l’eliminazione delle scorie tossiche; se per deficit alimentari l’assimilazione rallenta il
corpo subisce un calo energetico, se rallenta le eliminazioni l’organismo si avvelena per
eccesso di ritenzione di urea, dei Sali e della bile. Se è il cuore il motore della
circolazione, per Salmanoff lo lo è grazie al corretto funzionamento della spinta
propulsiva dei capillari; se infatti per una qualche lesione dei capillari si determina una
asistolia del ritmo capillare, si verifica una diminuizione dell’apporto di ossigeno alle
cellule. Nella cellula meno ossigenata che soffre, si riduce la funzione della fagocitosi
microbica per diminuito apporto dei leucociti, dei macrofagi. Di conseguenza a differenza
della Medicina dell’epoca che crede che la causa della malattie sia l’azione dei batteri,
Salmanoff ritenne che il sistema immunitario dell’uomo era strettamente connesso col
buon funzionamento capillare.
“Ossigenate, devitalizzate, ricanalizzate e l’organismo farà il resto”
Si agirà sui capillari per dilatarli quando sono spastici, per vincerne l’atonia quando sono
dilatati, per migliorarne la permeabilità quando è insufficiente e frenarla quando è
esuberante, facilitando così la nutrizione dei tessuti, l’ossigenazione, il drenaggio,
aumentando l’apporto energetico. Si lavora dunque sulla salute e non sulla malattia.
“Il medico non deve aver vergogna di lavorare come una lavandaia (con la
balneoterapia) o come un bravo idraulico che stura un rubinetto chiuso”
Salmanoff ha ideato due formule di bagno che ha chiamato “Scapidar” bianchi e gialli.
Lo Scapidar bianco è un bagno con olio di terebentina, canfora, silicato di sodio, la sua
azione stimola la ginnastica capillare e fa salire la pressione arteriosa. Lo Scapidar giallo
oltre alla terebentina contiene l’acido olefinico: esso dilata i capillari aumentando le
combustioni interne e dissolvendo i depositi patologici, abbassando la pressione. Dopo
sessantenni di sperimentazioni Salmanoff pubblicherà i due testi che contengono le sue
teorie: Segreti e saggezza del corpo e La chiave della salute.
Passiamo ora dall’elemento acqua, ad una interessante terapia che vede il sole e
l’aria aperta come protagonisti nelle terapie dello svizzero Arnold Rikli (1823-1906), il
cosiddetto dottore del sole, che inventò la cura atmosferica. Nel 1865 Rikli cercò nelle
cure naturali metodi cui ne sperimentava su se stesso gli effetti, quali l’esposizione
all’aria, al vento a tutte le possibili temperature, come descrisse nel suo: “The nature cure
47
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including the atmospheric cure”. Rikli riteneva che il sole fosse la fonte originale della
vita e che l’ambiente naturale per l’uomo fosse l’aria e non l’acqua.
“L’uomo è nato senza vestiti ed è destinato a vivere di aria e di luce, come una pianta “mobile”.
Queste sono i fluidi della vita piu’ importanti, completamentecompatibili con il nostro organismo, che
migliorano la nostra anima e il nostro corpo.”
Nel 1869 lanciò la tesi della superiorita’ dell’aria e della luce rispetto all’acqua,
esponendola in “Thermodietetics”:
“La cura della luce, ed in particolare quella del sole, porta a una piu’ rapida e durevole ripresa
della salute dell’essere umano. L’uomo non è un pesce. L’acqua non è il nostro massimo elemento
vitale…La luce e l’aria al contrario, sono i nostri elementi essenziali. Tutti gli esseri organici si
degraderebbero e morirebbero senza di essi.”
La sua fama si diffuse non solo grazie ai suoi testi, ma anche per gli articoli pubblicati
dalla prima rivista di Naturopatia: Der Naturartz (Il naturopata) , pensiamo quanto
doveva essere all’avanguardia in tali ricerche la cultura mitteleuropea dell’800 !
Sempre nel 1869, Rikli costruì dei capannoni dove venivano applicate le sue terapie,
circondati da un grande parco dove si potevano assorbire al meglio la luce e l’aria. Tutto
cio’, a distanza dei progressi fatti nei quasi due secoli successivi, potrà sembrare un pò
ingenuo, ma pensiamo che proprio dagli effetti della luce siamo arrivati alla
cromoterapia. Il primo naturopata ad istituire un centro in città, fu Louis Kuhne , nato a
Lossen in Sassonia (1835-1901), nel 1883 aprì infatti a Lipsia l’Istituto Internazionale L.
Kuhne per la Salute senza l’ausilio di medicina e operazioni.
La causa delle malattie si
fondava anche per lui sulla presenza di materiale tossico nel corpo umano, riconducibili
in primis ad unica causa i cui disturbi si manifesterebbero per primi nel viso e nel collo,
da cui la sua famosa diagnosi facciale fisiognomica descritta nel suo: The Science of
Facial Expression (1902) . Nel 1894 pubblicò: The new science of healing (L’arte di
guarire), di grande diffusione e tradotto in tante lingue tra cui in inglese per opera di Lust
che lo tradusse nel 1917, con il titolo di : Neo-Naturopath: the new science of healing.
Un altro naturopata che si interessò alla diagnosi facciale fu in quegli anni Emanuel
Felke, nato a Kladen nei pressi di Stendal (1856-1926), ma con una eccezione
interessante, in quanto sviluppò quella tecnica diagnostica che va sotto il nome di
diagnosi iridologica scoperta dall’ungherese Ignatz von Peczely (1826-1911) e descritta
in : “Scoperte nel campo naturale ed Arte della guarigione”. La sua strategia di cura si
focalizzò appunto nell’individuare le cause delle malattie nell’iride oculare ancor prima
che manifestassero dei sintomi. Nei suoi centri di benessere si praticavano quelle terapie
multidisciplinari inventate da Just chiamate Jungborn: fontane della giovinezza, edificati
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nei pressi di sorgenti naturali che permettevano la pratica di bagni in vasche di zinco dove
si applicavano le frizioni con acqua fredda, la cura della terra e dei letti di sabbia e
soprattutto i rinomatissimi bagni d’ argilla. Il punto di vista di Felke nella definizione di
una malattia, era simile a quello dei naturopati dell’epoca, laddove i blocchi funzionali
degli organi emuntori: pelle, polmoni, fegato, intestino e reni, causano un accumulo di
sostanze tossiche nell’organismo e nel sangue in particolare. I blocchi funzionali erano
dovuti ad alimentazione carente e squilibrata, all’uso e abuso di droghe e farmaci e a
cattive condizioni igieniche. Attualmente in Germania sono presenti due case di cura di
Felke, i suoi preparati fitoterapici sono commercializzati dal dr. Mauch di Goppingen, e a
Sobernheim è stato creato un Circolo di medici e naturopati che tengono corsi e seminari
sulle sue terapie olistiche. Autentico ed entusiasta dei centri benessere fu Adolf Just
(1859-1936), nato nei pressi di Hannover, il quale fedele al concetto di Rousseau del
ritorno alla natura ( titolo anche del suo libro) fondò il primo centro in una località sui
monti Hartz, dove praticare la sua terapia jungborn esportata in America da Benedict
Lust. Il suo pensiero non si concentrava solo sulle cause delle malattie e come guarirle
con le terapie naturali, bensì era fondato su una autentica rivoluzione ecologica che
andava non solo verso una sana alimentazione naturale, ma condannava già allora tutti
quei modi inquinanti e stressanti di condurre la vita che veniva proposta come moderna. I
suoi centri non erano solo case di cura ma anche scuole di guarigione e di vita naturali,
considerando anche l’istruzione, l’agricoltura e l’architettura come era anche nel pensiero
di Rudolf Steiner. La nascente era industriale non portava solo l’inquinamento
atmosferico ma anche un progressivo impoverimento e inquinamento degli alimenti,
comparendo i primi disturbi dell’alimentazione e quindi le prime diete per il ripristino
della salute con l’assunzione corretta dei giusti alimenti. Le diete erano in grande auge
presso i famosi centri termali, ne abbiamo un esempio nei trattamenti del dr. Groddeck. 31
Molto in auge era la dieta di Johann Schroth (1798-1856) che, da semplice contadino
della Slesia e amante della natura, mise a punto una dieta basata su una drastica riduzione
degli alimenti e su degli impacchi (leggendo il trattamento di Groddeck descritto da
Ferenczi, citato in nota, sembrerebbe la stessa). Ottenne tali successi che l’imperatore
Ferdinando d’ Austria tributò un riconoscimento ufficiale al suo metodo. Controindicata
per le affezioni epatiche, risultava efficace per i reumatismi, le cardiopatie, disfunzioni
31
Si può leggerne l’appassionata descrizione del suo famoso paziente Ferenczi, tratta dalla loro
“Corrispondenza” pubblicata da Astrolabio, 1985, Roma.
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endocrine, respiratorie fino al glaucoma, era ancora praticata fino agli anni 50 dal dr. H.
Brosig. Essa si fonda su tre principi:
1) una drastica riduzione delle proteine, da cui l’eliminazione delle scorie.
2) La preferenza data ai carboidrati, che pur creando acido carbonico, rilasciano
meno scorie dei grassi e dei protidi.
3) L’abolizione del sale, il cui potassio il dr Schroth fa recuperare con prugne
secche e albicocche.
Ridottissima tale dieta fornisce solo 600-800 calorie al giorno, con ovvia eliminazione dei
depositi di grasso. In effetti dai racconti dei pazienti di Groddeck, che essendo
praticamente reclusi nella sua clinica e quindi dal regime alimentare supercontrollato, si
evince che effettivamente dimagrivano a vista d’ occhio. Naturalmente è una dieta d’ urto
cui ricorrere solo temporaneamente. L’impacco di Scroth che completa la dieta ha anch’
esso lo scopo di ridurre le scorie; durava due tre ore, surriscaldando il paziente, ma non
per provocare perdita di peso (l’impacco non agisce sulla cute ma sui reni) bensì per
accelerare i processi metabolici. Anche la terapia di Groddeck prevedeva l’eliminazione
di scorie con il famoso energico massaggio alla pancia del dottore e con impacchi
localizzati sul corpo a giorni alterni.
Il primo storiografo nel movimento della medicina naturopatica fu Alfred
Brauchle (1898-1964), il cui testo: “La cura naturale in biografie” resta ancora una pietra
miliare della didattica. Nato a Schopfheim, si laureò in medicina a Freiburg , lavorando
poi all’ospedale di Berlino conobbe Schonenberger che lo introdusse alla naturopatia.
Egli ebbe il merito di introdurre la allora nascente psicologia moderna nelle terapie :
studiò le tecniche di suggestione di Emile Couè a Nancy in Francia.
“Ho introdotto nelle mie terapie le suggestioni di gruppo che ho visto praticare alla Clinica
Universitaria di Idroterapia di Berlino, a cui circa 100 pazienti venivano posti ogni settimana. Per sei anni
ho condotto suggestioni di gruppo come primario al Priessnitz Hospital di Berlino……Ho concluso che
queste terapie psicologiche sono dei validi strumenti per moltiplicare gli effetti delle terapie
fisiche…Considero incompleta la cura naturale senza un supporto psicologico. Quindi ho sempre dato
grande enfasi allo sviluppo di una cura naturale psicologica o psicoterapia naturopatica.”
.
Divenuto direttore dell’Ospedale di Berlino, pubblicò nel 1933 : “Manuale della
cura naturale basato su presupposti scientifici”, pur tuttavia avrete sempre difficoltà a
distinguere nonostante il tempo passato, il suo pensiero dal pensiero di Paracelso, laddove
afferma che:
“E’ attraverso la mente che il medico “interno” in noi puo’ rivelarsi ed essere incoraggiato.
Percio’ il successo di molte terapie naturali dipende dal medico che le pratica. Infatti il medico ha una
50
51
notevole influenza sul paziente è puo’ ispirarlo alla speranza e alla fiducia, che possono aiutare il
funzionamento del meccanismo centrale regolatore. In altre parole il medico interno e quello esterno
dovrebbero cooperare in amicizia per raggiungere il pieno successo della cura.”
Nel 1934 fu nominato direttore del Dipartimento dei metodi di cura naturale
dell’ospedale Johannstader di Dresda. Fu grazie alla sua opera che, dopo la seconda
guerra mondiale fu aperto, e lo è tuttora, un reparto di cura naturale presso l’ospedale di
Berlino Kreuzberg. Arriviamo ora a una figura veramente affascinante ed emblematica
della nostra panoramica, su cui varrà la pena approfondire di più la conoscenza: si tratta
di Rudolf Steiner (1861-1925). Possiamo dire che egli non sia stato ne un naturopata in
senso stretto ne un medico, ma un teorico anzi come vedremo uno scienziato della
filosofia se così si può dire. Egli non fece mai proprio il ruolo di medico o guaritore, ma
agì sempre per il tramite di medici qualificati come tali. Sua principale collaboratrice in
campo sanitario fu la dottoressa olandese Ita Wegman, con la quale Steiner scrisse:
Fisiologia occulta . Allo scopo di mettere in pratica le sue indicazioni, la dr. Wegman
fondò una clinica ad Arlesheim nei pressi di Basilea, e quando Steiner fondò a sua volta
la “Scuola di scienza spirituale” al Goetheanum di Dornach, essa ne divenne la
responsabile della sezione medica. Già da ragazzo, la sua esperienza primaria fu quella
del mondo dell’essere trascendente il mondo sensibile; ma ben presto si rese conto che
difficilmente poteva condividere questa esperienza con molti e perciò avvertì subito
l’esigenza esistenziale di creare un ponte per superare il solitario abisso. La prima
occasione a nove anni, Steiner la ebbe in seguito alla lettura di un testo di geometria,
attraverso la quale si convinse che la conoscenza del mondo spirituale andava compresa
allo stesso modo di un concetto geometrico. Ma noi abbiamo già visto che anche già da
Pitagora al Taoismo la filosofia come conoscenza dell’universo si è sempre espressa
aritmeticamente: dall’Uno, alla Dualita’, alla Trinita’, alla Quaternita’,…..e così
geometricamente dal punto , alla linea al solido e così via.
La verità e la realtà di tali ricerche spirituali secondo Steiner dovevano venir sperimentate
interiormente anzichè mediante la sola osservazione esteriore e sensoriale. Ricordiamo
che già gli alchimisti si erano fatti essi stessi laboratorio, pur se di un sapere esoterico e
per tanto non divulgabile alla massa, mentre proprio la divulgazione per la massa dei
nessi, delle sinapsi tra mondo spirituale e mondo fisico fu il compito della vita di Steiner.
Allo scopo di dare una solida struttura a questa sua opera, egli si dedicò allo studio
interdisciplinare della matematica, della filosofia e delle scienze naturali, per far
emergere quelle che lui considerava limitazioni del metodo scientifico moderno. All’età
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di ventun’ anni, accettò l’incarico di curare l’edizione delle opere scientifiche di Goethe,
il quale ben sappiamo quanto fosse stato consapevole dell’approccio riduzionistico alla
natura: “Se è vero che la vita puo’ essere scissa nei suoi elementi, essa non puo’ essere ricostruita e
rianimata a partire da essi”
Laddove Goethe nella sua opera Metamorfosi delle piante aveva gettato le basi
per la creazione di una nuova scienza organica della natura, Steiner fece quello che
Goethe non aveva osato fare, ossia riflettere sul proprio pensiero. Nel 1894, Steiner diede
alle stampe La filosofia della liberta’, con lo scopo di elaborare e sviluppare una scienza
della mente con il rigore del metodo delle scienze naturali, che coinvolgesse allo stesso
tempo il mondo naturale e quello spirituale. Sappiamo che con Kant possiamo avere solo
percezioni sensoriali soggettive, indagando con le quali mai potremmo attingere alla
realtà vera, all’Uno. Stainer rileva così che la realtà che ci viene incontro altro non è che
scissa in due modalità: una come percezione sensibile che dall’esterno si fa interna e
l’altra interna: l’idea, l’archetipo che si fa esterna. Steiner recupera di fatto la tradizione
taoista della realtà immediata come manifestazione dello Yin e dello Yang, gli opposti
complementari che riappariranno anche con la psicoanalisi, laddove Freud teorizza le
polarità energetico-sessuali di Eros eThanatos, Conscio e Inconscio , e Jung i concetti di
Persona e Ombra nell’ambito del “processo d’individuazione”. Tale processo dinamico,
compito vitale di ognuno di noi, consapevoli o no che lo siamo, altro non è che il
matrimonio alchemico, le nozze mistiche o la “Coniunctio individuazionis” degli aspetti
yin e yang che costituiva lo scopo delle ricerche degli alchimisti. Come già Goethe
diceva: Distinguer devi e poscia unire, anche per Steiner la libertà umana consisteva nel
separare la sensorialità dal concetto per poi reintegrarle, poichè la realtà non ci perviene
tutta sensorialmente dall’esterno ma anche dall’interiorità che solo una certa nostra
esperienza sa far emergere, procedimento soggettivo anch’ esso ma su cui dobbiamo
riflettere sopra. Chi ricerca la conoscenza deve esaminare ciò che ha soggettivamente
constatato allo stesso modo oggettivo con cui prende in considerazione le informazioni e i
dati fornitegli dalle metodologie scientifiche cui fa ricorso nei suoi esperimenti. Dal
punto di vista di Steiner , il progresso nel campo della conoscenza è essenzialmente
legato all’allenamento, al raffinamento e alla dilatazione delle capacita’ d’ osservazione.
Ma l’osservazione del mondo ad ogni livello della vita fisica, mentale e spirituale non
costituisce ancora conoscenza. Questa si ha soltanto in seguito all’intervento del pensiero
purgato di ogni elemento soggettivo e non spirituale.
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Steiner si inserì in pieno nel dibattito culturale della sua epoca, con scritti e
conferenze, in cui sono formulati i risultati delle sue ricerche spirituali, di cui ricordiamo:
Teosofia (1904), L’iniziazione (1904), Memoria cosmica (1904), La scienza occulta nelle
sue linee generali (1910), L’educazione del bambino alla luce dell’antroposofia (1921).
Nel periodo compreso fra gli anni 1910 e 1916 si dedicò soprattutto all’opera di
rinnovamento delle arti, scrivendo quattro misteri drammatici e gettando le indicazioni
per una nuova arte basata sul movimento e chiamata Euritmia; nel 1919 venne fondata la
prima scuola a Stoccarda di ispirazione antroposofica. Dal 1924 organizza corsi di
terapeutica aperti però solo a medici; l’approccio antroposofico alla malattia e alla cura
passa inevitabilmente non nel ripristino di ipotetici stati continui di salute, bensì di morte
(biologica e psicologica) continua per la trasformazione e la rigenerazione del sistema
corpo-mente-anima. Il medico antroposofico mirerà pur sempre alla guarigione di uno
stato patologico, ma la cura non potrà mai consistere in una semplice eliminazione della
malattia. Questa è vista quale un processo mediante il quale l’individuo può pervenire a
maggiore libertà e completezza, ed è compito del medico guidare tale processo nella
maniera piu’ idonea, preservando se possibile la vita del corpo, pur tenendo presente che
lo sviluppo non s’ arresta con la morte: i frutti della vita terrena , nel pensiero steineriano,
sono infatti raccolti dopo il decesso, e diverranno i semi di una vita futura. Il medico
antroposofico dovrà tenere conto di tali esperienze vivendole in prima persona oltre che
nella realtà dei pazienti.
Steiner ha lasciato molte indicazioni per la preparazione di farmaci specifici,
ricorrendo a sostanze animali, vegetali e minerali, alcune potenziate omeopaticamente
altre con diverse modalità, che attualmente sono preparati da due ditte farmaceutiche
antroposofiche tedesche: la Weleda AG con laboratori ad Arlesheim e a Schwabisch
Gmund, e la Wala Heilmittelbetriebe presso Stoccarda. Sulla scorta di indicazioni fornite
da Steiner, opera anche la Verein fur Krebsforschung (Associazione per le ricerche sul
cancro), in cui si va elaborando un trattamento del cancro fondato su preparati ricavati
utilizzando diverse specie di vischio (viscum album), il medicamento noto come Iscador
sembra essere un forte stimolante dell’organismo. Sin dagli anni sessanta in Germania
sono attive due grandi cliniche antroposofiche ed un istituto psichiatrico. Mentre in
Germania l’interesse è rivolto alle cure e alle malattie in generale, in Inghilterra è più
diffuso l’approccio psico-pedagogico, essendoci scuole steineriane ovvero dette Waldorf
per bambini normodotati e trenta scuole che si occupano di bambini handicappati e
disturbati psichici. Gli antroposofi sono stati i primi a creare villaggi comunitari per
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adulti handicappati e disturbati mentali chiamati Camphill Village Communities. Come è
stato specificato nell’introduzione l’obiettivo preposto a questa ricerca storiografica era
di esplicitare alcune ben precise direttrici teoriche, che sin dal più lontano passato e da
Paracelso in poi, hanno sviluppato quella che oggi viene definita Naturopatia. Le più
importanti direttrici sono sicuramente la concezione del corpo umano come Unicum
tripartito nel sistema integrato Corpo-Mente-Spirito.
Il concetto di realtà che gli esseri umani percepiscono sensorialmente è quella
distribuita nei quattro elementi della tradizione occidentale (e nei cinque della M.T.C.),
in cui si esprime la Natura materialmente e psicologicamente, e che tutto ciò è l’aspetto
più superficiale e archetipico della vera Realtà assolutamente trascendente l’umana
conoscenza. Tutte le singole creature definibili microcosmi, seguono le stesse leggi di
creazione e funzionamento dell’universo macrocosmico: in particolare la legge
dell’enantiodromia : l’equilibrio nell’alternanza degli opposti complementari Yin e Yang.
La nostra analisi storiografica è unicamente volta a far emergere l’evoluzione nei secoli
XVII, XVIII, XIX e inizio XX di tali teorie e non a voler stilare una completa antologia
di tutti i naturopati famosi e non. L’intento in questo testo era volutamente di fermarci
agli inizi del ventesimo secolo, laddove questi principi cominciarono ad essere teorie da
tutti i naturopati conosciute, condivise e riconosciute come punti assoluti di riferimento.
Soltanto oggi infatti, laddove viene riconosciuta questa cornice, che raccoglie l’insieme
delle più disparate discipline olistiche, unificandone intenti e visione, si può parlare di
Naturopatia, laddove altrimenti si parlava di singole branche autonome quali
l’erboristeria, l’osteopatia, le tecniche di massaggio, la floriterapia, e tutte le medicine
etniche alternative a quella ufficiale. Quello che oggi, inquadrate nella Naturopatia, non
le rende più discipline alternative ma complementari o altre, è la visione terapeutica da
sempre non sintomatica ma evoluzionistica che differenzia la Naturopatia dalla Medicina
ufficiale, visione a cui si avvicinano alcune correnti della psicologia ufficiale quale quella
di Jung , di Hillman , di Lacan o di Assagioli. Cosa intendiamo per visione
evoluzionistica ?
Terapeuticamente, è tale una visione che contempla l’utilizzo da parte del paziente della
propria coscienza di Sé: del sé corpo-mente-spirito, del proprio momento storico, della
propria relazione temporale nella consecuzione di causa ed effetto nella relazione tra
passato, presente e futuro. In altre parole la coscienza del proprio destino, karma o
processo d’ individuazione che dir si voglia, dove inquadrare il senso di ogni evento
positivo o negativo , salutare o patologico. Dal canto suo il terapeuta può offrire gli
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strumenti contemplati all’interno delle discipline naturopatiche per operare sui piani
fisico-mentale-spirituale, alla ricerca nel passato della causa, nel presente dei sintomi e
nel futuro dei fattori di guarigione. Quella guarigione che, attraverso un processo a
ritroso, riapparirà sul piano fisico, salirà su quello mentale e si completerà nel corpo
spirituale, risintonizzando il proprio sé con il sé cosmico, centrandosi fra gli elementi.
Per specificare alcune cose ancora tratteremo dell’evoluzione della naturopatia
anglo-sassone anche nel XX secolo, parlando almeno di quattro figure importantissime:
da un lato E. Bach, scopritore della floriterapia e di un suo discepolo tedesco D. Kramer e
dall’altro R. Dahlke e T. Dethlefsen che hanno rinvigorito la naturopatia moderna con il
loro approccio filosofico e spirituale.
Continueremo poi il percorso iniziato dalla Naturopatia in Germania per seguirne le
tracce in America, in Inghilterra e in Francia.
Nel XX secolo la Naturopatia è diventata
più matura, perdendo quei tratti di ingenuità e folklore che spesso l’hanno accompagnata
e per cui è stata denigrata dagli ambienti scientifici. Basti pensare a quanto la psicologia
vi ha attinto per le proprie terapie rinominandole bioenergetiche, o arte-terapie, o
addirittura proponendo la mandala-terapia nelle A.S.L., o la Medicina che dopo aver fatto
fiamme e fuoco contro le medicine etniche come l’ayurvedica e la cinese o l’omeopatia,
alla fine anche per motivi non scientifici….., sta riconoscendo quasi tutto e tutto per sè
ovviamente. Si provi a immaginare con quale approccio possa proporre i fiori di Bach
uno psicologo, non essendo previsto nel proprio bagaglio culturale il concetto di corpo
tripartito ne di sintomi spirituali o di percorsi spirituali come fu la vita e l’esempio di vita
del dottor Bach insegnano, e diverso è lo stesso il concetto di malattia, laddove questa
può essere per noi una possibile compagna e palestra di vita e non solo una patologia
contenuta nel D.S.M.. Si pensi ad un medico, che vuole approcciare alla M.T.C., alle
prese con uno spirito Hun che, insinuandosi nel meridiano, mina le certezze del fegato di
un suo paziente, alimentando le sue paure inconsce.
Tuttavia per essere onesti, e fuor di polemica, il confronto con le discipline
scientifiche ha anche enormemente arricchito la Naturopatia, nel metodo e nella sostanza,
e per questo che parleremo
anche di tre terapeuti tedeschi che si sono confrontati
interdisciplinariamente e che ci permetteranno di sviluppare alcuni temi a noi cari. Si
tratta di Reudiger Dahlke e Thorwald Dethlefsen per quanto attiene alla psicosomatica e
di Dietmar Kramer per i meccanismi di difesa (il quale verrà affrontato dopo aver citato
la floriterapia del dottor Bach).
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R. Dahlke è nato a Monaco nel 1951, dove si laurea in medicina con una tesi di
psicosomatica riguardo all’asma bronchiale infantile, si specializzerà poi in medicina
naturale e diventerà psicoterapeuta. Insieme a Dethlefsen ha scritto il diffusissimo
Malattia e destino, da solo lo ricordiamo per Malattia linguaggio dell’anima, Il viaggio
interiore, Crisi personale e crescita interiore e Terapia con i mandala. Oggi Dahlke
organizza corsi di meditazione e digiuno terapeutico, oltre i seminari di medicina
psicosomatica; nel 1990 ha fondato insieme alla moglie il Centro Terapeutico di
Johanniskirchen dove esercita la sua attività. Molti centri in Europa tra cui uno a Milano
si rifanno a i suoi insegnamenti. La figura di Dahlke è per noi così importante che non
possiamo non porre in gran risalto il suo contributo e riconoscerne i meriti. Come si
evince dal suo percorso professionale e dalle sue pubblicazioni, si tratta di un medico
divenuto naturopata per poter sviluppare in pieno l’ottica psicosomatica delle malattie,
spingendo la psicosomatica medica, considerata dalla medicina ufficiale come una branca
chimera, relegata a non ben provate relazioni corpo-mente dovute per lo più a stress o
forti traumi. Sappiamo tutti che è la concezione stessa della Medicina che non può essere
psicosomatica, in quanto la malattia non può essere quel linguaggio dell’anima quale è
fondamentalmente per la Naturopatia, e neppure quel linguaggio del corpo inteso come
campo di battaglia di simboli, laddove invece si ricerca solo l’autonomo operato di virus
e batteri che trovano organismi variamente deficitari e quasi sempre per cause genetiche.
Magari fosse anche quel linguaggio del corpo come è inteso da U. Galimberti nel suo “Il
corpo” , visto come quella dimensione somatica dimenticata, travisata e alterata, uso e
consumo della dimensione mentale dominata dal narcisismo onnipotente dell’Io. Anche Il
corpo è un testo importantissimo per ogni naturopata, perche’ vi è contenuta quella critica
alla psicologia, che pretende di essere scientifica, che pur pretendendo di conoscere la
Psiche, l’ha completamente alterata e staccata dal corpo, conferendo a questa cosa da essa
creata una superiorita’ nell’ambito del sistema corpo-mente-spirito, quale era detenuta nei
secoli pre-scientifici dal concetto di anima delle religioni. Anche se Dahlke, Dethlefsen e
Galimberti provengono da ambiti diversi provate a comparare, quì di seguito, queste loro
osservazioni in merito all’operato della Medicina e della Psicologia ufficiali. 32
Con Dahlke stesso, noi naturopati cogliamo l’occasione di rivendicare la
primogenitura di una visione psicosomatica, di stampo più autentico, completo e
32
T. Dethlefsen: “Vita dopo vita”, cap.:11, 12, 13, 14.
U. Galimberti: “Il corpo”, Introduzione e cap. 1
R. Dahlke:
“Malattia linguaggio dell’anima”, cap.: 1
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complesso, poichè interessa le tre dimensioni dell’unicum umano, nelle loro interazioni
dinamiche. Sarebbe tempo ormai che si parlasse solo di Spirito-Mente-Somatica.
Sia ben chiaro però, che non è facile, ne è mai stato chiaro parlare della
dimensione spirituale, che corrisponde alla poco tangibile dimensione dell’amore
universale, intesa come energia che dà e mantiene in vita l’universo, universo che noi
vediamo fra gli elementi nella loro armonia. Ci si perderà di meno se non cadessimo nella
superficialità di occuparci dell’uomo come specialisti di una sola delle tre dimensioni di
esso e non dell’insieme: del tutto umano nel Tutto cosmico.
Ma se vogliamo, come Dahlke e Dethlefsen , parlare di malattia non possiamo
prescindere dal collocarne le cause nel piano spirituale, laddove si determinano i destini
di ognuno di noi. Come è spiegato in Malattia e destino, parlare di terapia vorrà dire
permettere all’individuo di riconnettersi con il senso del proprio destino, attraverso
l’autoconsapevolezza giungere all’autodeterminazione, all’autoindividuazione , come ci
viene spiegato anche in Crisi personale e in Viaggio interiore.
Un’ altro dei meriti di Dahlke è che nessun naturopata può prescindere dalla
conoscenza (almeno nei principi base) delle teorie della medicina cinese tradizionale
(M.T.C.), della medicina indiana ayurvedica e tibetana, perchè proprio nei loro mandala,
(dei cinque elementi-movimenti per quella cinese, e dei tre dosha e dei chakra per quella
indiana) sta la chiave della conoscenza filosofica, psicologica, medica che supporta la
Naturopatia moderna. Esemplare è il lavoro terapeutico di Dahlke con i mandala,
considerati come un vero campo gestaltico rappresentante il Sé, all’interno della quale:
come “superficie” spazio-temporale la mente umana è presa da quella danza degli
archetipi, fondamentali al processo di evoluzione psico-spirituale dell’essere umano. Ora
anche in psicologia si fa strada questa ipotesi archetipica, laddove Lacan afferma che la
coscienza si produce tutte le volte che è data una superficie tale che possa produrre un’
immagine, e privilegia il primato dell’ordine simbolico secondo cui l’individuo è
attraversato da un impersonale trama di simboli e di significati che lo costituiscono e che
egli non ha creato, ma nella quale è piuttosto preso dentro come nel retaggio della propria
cultura:
“Se l’uomo arriva a pensare l’ordine simbolico è perche’ vi è anzitutto preso nel suo essere”, 33 E
ancora: “ Tutti gli esseri umani partecipano all’universo dei simboli, vi sono inclusi e lo subiscono molto
piu’ che non lo costituiscano, ne sono molto piu’ i supporti che gli agenti”. 34
33
34
Lacan: Scritti, 1966, Einaudi, To., 1974 p.49.
Lacan: La troisieme in “Lettres de l’ecole freudienne » , 1975 p. 198.
57
58
Il medico guaritore e alchimista, nostro progenitore altro non era che un terapeuta
che operando sulle imago primordiali: gli archetipi base (che ora noi conosciamo bene)
degli elementi , permetteva la centratura, la quadratura del cerchio, di se stesso e di chi lo
consultava, onde permettere di passare a cicli di trasformazione evolutiva.
Trans-forma-azione tra le formae naturalis , fattesi formae mentis era anche il
pensiero di un altro grande naturopata tedesco: Georg Groddeck.
Lavorare sul piano spirituale, contattando l’armonia fra gli elementi e il destino, è
uno degli scopi delle nostre ricerche, soprattutto per chi opera con quello straordinario
strumento cinese che è il “ Libro dei Mutamenti” o I Ching.
La distanza quindi che passa tra la dualita’ MALATTIA e SALUTE è colmabile
dal particolare senso della GUARIGIONE, intesa esotericamente come fattibilità del
proprio e unico destino. Ma chi lavora con questo rinnovato concetto di destino, avendolo
riportato alla ribalta sulla scena della Naturopatia è Thorwald Dethlefsen psicologo e
psicoterapeuta tedesco noto per quei suoi libri considerati eretici dalla psicologia: Vita
dopo vita, L’esperienza della rinascita, Il destino come scelta e Malattia e destino
insieme a Dahlke. Egli dirige attualmente a Monaco l’Istituto privato di psicologia
straordinaria, da lui fondato e nel quale mette in atto le sue particolari terapie attraverso
la reincarnazione e di psicologia esoterica.
In questo caso non parliamo ne di un naturopata puro, ne di un medico voltosi al
naturale ma di uno psicologo di fatto fuoriuscito e approdato alla Naturopatia laddove
questa si interessa dei livelli più alti mentali e spirituali. Non solo per necessità
patologiche, sia esse somatiche o mentali, ma per dispiegarci un altro concetto di salute
legato alla salvezza , intesa questa come riflesso dell’autenticità del proprio percorso
personale di vita. In altri termini salute, in antitesi alla malattia, è scegliere di rimanere
salvi nella propria via tracciata dal destino, laddove malattia è rifiuto, blocco,
incomprensione, girare a vuoto fuori dalla Via. Quello che quì appare di estremo interesse
è il superamento della condizione di paziente. Ovviamente tutti siamo obbligatoriamente
destinati, durante la vita, a vivere come partecipi agenti e agiti dall’ineluttabilità delle
caratteristiche di questo universo. Possono essere imprevisti o possibilità, il senso delle
cose danza per noi in un destino delle dualità: bene o male come abbiamo visto (yin e
yang). Il destino per essere compreso ci chiede di essere trascendenti la dualità.
Dethlefsen ci dice che il nostro destino si rivela, si apre attraverso un percorso di
consapevolezza , scegliendo di essere liberi di scegliere di essere consapevoli o
58
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inconsapevoli. Inevitabilmente l’uomo, a differenza degli animali, si fà ricercatore di sè
stesso per sè stesso, si fà laboratorio alchemico.
“A un numero sempre piu’ grande di persone diviene chiaro il fatto che il senso della vita non
puo’ esaurirsi in mangiare, bere, dormire, attivita’ sessuale e sete di possesso. Dove si trova allora questo
significato? L’uomo potra’ mai trovarlo? Bisogna tornare alla chiesa, che avevamo trascurato nel primo
zelo dell’espansione intellettuale? Oppure la risposta è da ricercarsi nelle dottrine e nelle religioni
orientali?
Tutte queste domande aperte fanno dell’uomo un ricercatore. La ricerca puo’ del resto essere piu’
importante della scoperta stessa. Perche’ cercare vuol dire “mettere in discussione”, rinunciare a tutte le
posizioni acquisite, significa diventare flessibili. Ricercando l’uomo si apre.” 35
L’apertura ci consente di vivere la vita come una continua iniziazione per l’evoluzione e
la dilatazione della coscienza. Per cui la psicologia, non più solo sintomaticamente
comportamentista, sposata ad una visione esoterica, integrale nel senso esistenziale cui
noi siamo usi intenderla, ci educa a compier-ci verso e nel verso della Via.
“L’esoterismo porta a una meta che si puo’ raggiungere solo se ci si mette personalmente in
cammino. Questo è l’errore piu’ frequente che commettono coloro che a parole scelgono l’esoterismo, ma
evitano di fare un solo passo per quella via. Percorrere la via significa trasferire subito nella realta’ tutte
le conoscenze, per piccole che siano, significa modificare costantemente la propria vita e la propria
esperienza il proprio comportamento, diventare sempre diversi, essere sempre nuovi: in breve, esoterismo
significa evoluzione……Le cose sono totalmente diverse quando abbiamo a che fare con una “scoperta”
esoterica, anche minima. Essa ha influssi diretti in tutti i campi dell’essere, induce ad assumere un altro
atteggiamento nei confronti del mondo, rende immediatamente impossibili tutte le abitudini acquisite fino a
quel momento.”
36
Secondo l’autore l’esoterismo come via si pone come scopo:
“Il perfezionamento dell’uomo, la saggezza, il superamento della polarita’, l’unione con Dio, la
Unio mystica, le nozze alchemiche, la coscienza cosmica. Tutte queste espressioni sono tentativi di
descrivere lo scopo finale del cammino umano….Per raggiungere la meta, è necessario conoscere le leggi
esoteriche di questo universo e imparare anche a capirle” 37
Se Freud iniziò le sue ricerche sull’energia inconscia attraverso l’ipnosi allora
tanto di moda da Mesmer a Charcot , Dethlefsen studiò l’ipnosi per evidenziare
l’illusorietà delle realtà umane e in questo concorda con Freud che possiamo solo parlare
di realtà psichiche. Abbandonò anch’ egli questo strumento per uso terapeutico:
“L’importanza dell’ipnosi non consiste nella sua applicazione terapeutica o sperimentale. Per la
via esoterica l’ipnosi è anzi pericolosa, perche’ contiene un aspetto di forza che si oppone alle nostre
intenzioni. Tuttavia l’attenta osservazione dei fenomeni ipnotici ci consente alcune conoscenze, a
35
Dethlefsen: Il destino come scelta, premessa.
Ibidem, p. 17.
37
Ibidem, p. 19.
36
59
60
condizione di intenderle come paragoni. L’ipnosi non produce niente di veramente nuovo, ma delinea
semplicemente i rapporti reali. Essa ci da una caricatura della realta’. Le caricature, come tutte le
esagerazioni, hanno il vantaggio di far riconoscere piu’ rapidamente e meglio l’essenziale. L’ipnosi per
esempio ci mostra la relativita’ della percezione sensoriale. La percezione umana non dipende tanto dal
mondo esteriore, quanto dai propri programmi personali….Per questo gli indiani definiscono questo
mondo “maya”, mondo delle illusioni; gli antichi egizi parlavano del velo di Iside. Platone , col suo
paragone della caverna, cerco’ di spiegare agli uomini che essi non vedono realta’, ma solo ombre…La
via esoterica vuol far uscire dal sonno collettivo e condurre alla coscienza vigile dell’umanita’ autentica.
L’esoterismo desta coloro che non dormono piu’ cosi’ profondamente e sono disposti ad aprire gli occhi.
Come potrebbe allora l’essoterismo servirsi dell’ipnosi? Come assumersi la responsabilita’ di suggerire
all’uomo un’ ulteriore sonno? Chi vuol seguire la via esoterica, non ha bisogno di credere a niente: deve
solo svegliarsi e imparare a guardare e a vedere; perche’ la verita’ è ovunque.” 38
Cominciamo a vivere il nostro destino e non a farci vivere da esso: essere o non
essere, questo è il problema come afferma Dethlefsen:
“ Ogni persona vive nel suo “mondo”. Di questi mondi ce n’è tanti quanti sono gli uomini. Tutti
questi mondi sono solo parziali aspetti del mondo reale, che segue leggi ferree e non si fa influenzare dalle
pretese umane di cambiamento. Il mondo esterno è la piu’ fidata fonte di informazioni sulla propria
personale situazione, quella nella quale ci si trova. Se l’uomo impara a chiedersi il senso di tutto cio’ che
gli capita, non solo imparera’ a conoscere meglio se stesso e i propri problemi, ma scoprira’ anche le
possibilita’ di cambiamento. Ogni volta che gli capita qualcosa dovrebbe chiedersi subito: “Perche’ questo
succede proprio a me, proprio adesso?”. Finche’ non ci si abitua a queste domande, sara’ difficile darsi
una risposta. Anche qui’ pero’ è l’esercizio che fa il maestro, e presto si impara a individuare il senso degli
eventi e a porli in rapporto con se stessi. La psicopatologia conosce il fenomeno per cui specie gli
schizofrenici tendono erroneamente a riferire a se stessi tutto cio’ che accade al mondo. Questo polo
negativo ha un suo polo positivo: tutto cio’ che avviene ha un valore per chi lo vive. Piu’ consapevole
diviene l’uomo, piu’ impara a dare un ordine alle cose, a chiedersi quali informazioni esse possono
fornire. Di importanza fondamentale è restare in armonia con tutto cio’ che è. Se questo non riesce, se ne
cerchi il motivo in se stessi. L’uomo è il microcosmo e di conseguenza un’ immagine esatta del
macrocosmo. Tutto cio’ che percepisco all’esterno, lo ritrovo anche in me. Se dentro di me sono in
armonia coi diversi aspetti della realta’, anche i loro rappresentanti nel mondo esterno non possono
turbarmi. Se avviene qualcosa che per me è sgradevole, devo considerarlo una sollecitazione e considerare
dentro di me anche questo aspetto. Tutte le persone cattive e gli eventi sgradevoli sono in realta’ solo
messaggeri, mezzi per rendere visibile l’invisibile. Chi capisce questo ed è disponibile ad assumersi
personalmente la responsabilita’ del proprio destino, perde ogni paura del caso che lo minaccia……
Chi modifica se stesso, modifica il mondo. In questo mondo non c’è niente da migliorare, molto invece c’è
da migliorare in se stessi. La via esoterica è una via di continua trasformazione, di nobilitazione del
piombo in oro. Il saggio è in armonia con tutti i piani dell’essere e vive quindi nel migliore di tutti i mondi
38
Ibidem, p. 44, 45, 47.
60
61
possibili. Egli vede la realta’ e riconosce che tutto cio’ che è , è buono. Non cerca piu’ la felicita’, perche’
la trovata in se stesso.” 39
Il metodo esoterico come diversa via alla conoscenza rispetto alla scienza, per cui
ognuno diviene conoscitore di sè e contemporaneamente di una saggezza ancestralmente
collettiva, non ha bisogno per noi di ulteriori delucidazioni, essendo già chiarissimo in
tutti i secoli precedenti. Necessario è però vederne l’evoluzione nei secoli XIX eXX, in
relazione al metodo scientifico totalmente egemone su tutti i saperi, oggi che le scienze si
definiscono sempre più esatte, e che si crede di non aver lasciato più niente di non
indagato come poteva essere per i secoli scorsi, che spazio può esserci per un tal metodo
che non può dimostrare nulla pubblicamente, perchè le realtà che indaga risultano spesso
intangibili ?
Alla fine dell’800 e all’inizio del 900, ebbero grande risonanza le teorie del filosofo
estone Hermann Keyserling (1880-1946), che dopo essersi laureato in filosofia e scienze
naturali, nel 1920 fondò a Darmstadt una “Scuola della Saggezza” per diffondere
praticamente la sua concezione del sapere e della filosofia, profondamente
antiaccademica. Fu poi costretto dal regime nazista a chiudere la scuola per trasferirsi in
Austria; la sua bibliografia non lascia dubbi sulla molteplicità degli ambiti da lui indagati,
e che vanno dalla scienza: Conoscenza creatrice, alla religione: Immortalità, all’arte:
Filosofia come arte, alla politica: Presagi di un mondo nuovo, e che lo pone al pari di
ricercatori come Rudolf Steiner. L’opera di Keyserling si articola intorno al concetto
centrale che la filosofia non è scienza, nel senso di sapere astratto e dogmatico ma è la
vita stessa nella forma del sapere. Egli oppone alle teorie oggettivanti del sapere tecnicoscientifico, una visione speculativa che non ricerca tanto i principi astratti del mondo, ma
del mondo ne ricava una comprensione intuitiva del suo senso. Solo con la rinascita dello
spirito antico della saggezza si potrà comunicare al mondo un impulso spirituale nuovo,
differente dall’arido intellettualismo razionalista che attualmente lo domina, e più aperto
rispetto alla saggezza elitaria esoterica medioevale, chiusa ermeticamente alle masse. Il
suo pensiero, così come quello di Steiner, ebbe un certo influsso presso un nuovo ampio
ceto culturale e fuori dagli ambienti accademici, che potremmo far corrispondere oggi a
quella parte ampia della popolazione culturalmente aperta, pronta e progressista che ha
determinato il diffondersi del cosiddetto fenomeno culturale e spirituale della New Age.
39
Ibidem, p. 62, 64.
61
62
L’aver parlato di Keyserling ci permette di introdurre un altro mostro sacro della
Naturopatia tedesca quale è: Georg Groddeck, la cui opera più famosa: Il libro dell’Es è
splendidamente commentata proprio da Keyserling.
Georg Groddeck nacque in Germania, (Bad Kosen 1866, Zurigo 1934) quarto e ultimo
figlio di un medico e nipote di Koberstein che fu maestro di Nietzsche. Laureatosi a
Berlino in medicina, manifestò subito un’ insofferenza prima per le rigidità accademiche
e poi un atteggiamento critico se non proprio eretico verso la classe medica, egli stesso ne
darà un’ interpretazione nella prima lettera del Libro dell’Es , riconducendone la causa
alle prime vicende della sua infanzia. A Berlino fece l’incontro che cambiò la sua vita
professionale e culturale, conoscendo Ernst Schweninger un naturopata famoso per le sue
terapie strutturate con diete e massaggi ( abbiamo visto la larga diffusione di queste
terapie in Germania in quegli anni), famoso per essere il medico personale del cancelliere
Otto Bismark. Poi passò otto anni nell’esercito come ufficiale medico, finche’ nel 1897 si
trasferì a Baden-Baden per dirigere la clinica di Schweninger, incarico che lasciò dopo tre
anni , per la libera professione e per fondare lui stesso una piccola clinica. Nel 1905
pubblicò il Libro dell’Es, nel 1910 un saggio sulle opere teatrali di Ibsen, nel 1913 scrive
un saggio sulle terapie di Schweninger, dal titolo “Nasamecu” ricavato dalle iniziali della
frase latina: Natura sanat, medicus curat. Nel 1917 scrive a S. Freud per comunicargli la
sua completa adesione alle teorie della psicoanalisi , cui seguì una calorosa risposta nella
quale Freud supplicò vivamente Groddeck di aderire al movimento psicoanalitico.
Groddeck declinò l’offerta , ma rimase tra loro una forte amicizia, come testimonia la
lunga e fitta corrispondenza tra i due, e il fatto che Freud caldeggiò fortemente la
pubblicazione di un romanzo psicoanalitico di Groddeck, uscito nel 1921, dal titolo: Lo
scrutatore d’ anime. In una lettera Freud rendeva merito a Groddeck e riconosceva il
valore del Libro dell’Es , affermando che: “Questo piccolo libro mi è molto caro. Ritengo sia una
azione meritoria mettere continuamente sotto il naso delle persone i fondamenti della analisi, da cui esse
tanto volentieri si discostano. Oltre a cio’ l’opera sostiene il punto di vista, teoricamente importante, che io
ho affrontato nel mio libro, che sta per essere pubblicato, Ich und Es”, ( L’Io e l’Es).
Effettivamente Freud riconobbe che egli doveva il termine “Es” a Groddeck, il quale a
sua volta l’aveva tratto dal filosofo Nietzsche. Se però con il termine Es Freud intende il
luogo psichico del rimosso, per Groddek tale parola, che in tedesco indica il pronome
neutro di terza persona singolare, simile al latino id , identifica non solo il luogo del
rimosso ma anche e soprattutto l’infinito mondo simbolico, simile all’inconscio collettivo
archetipico prospettato poi da Jung . L’Es lo si può conoscere entro certi limiti, più che
62
63
altro possiamo tentare di rilevarne la trama irrazionale facendone di essa l’esperienza
simbolica (archetipica), meno che mai con un sapere di tipo scientifico, semmai con una
spontanea saggezza e purezza che caratterizza ad esempio il metodo fantasioso
dell’infanzia, attraversando la vita in quel volo che chiamiamo destino.
Per Groddeck l’Es rimane l’imperscrutato imperscrutabile dalla coscienza umana, la
quale è una delle manifestazioni dell’Es e non un suo opposto, come tale l’Es sfugge alla
pretesa umana di essere ridotto a oggetto della scienza come s’ illuse Freud. Dopo anni di
relazioni i due debbono ammettere l’inconciliabilità delle loro visioni sull’Es e quindi il
fallimento del loro percorso parallelo.
Cosi’ il nostro autore definisce l’Es:
“ Io ritengo che l’uomo sia vissuto da qualcosa d’ ignoto: vi è in lui un Es, un’ entita’ prodigiosa
che dirige tutto cio’ che egli fa e tutto cio’ che gli accade. L’espressione “io vivo” è vera solo in un certo
senso, in quanto esprime solo un aspetto parziale e superficiale di questa verita’ fondamentale: l’uomo è
vissuto dall’Es. Di questo Es si occuperanno dunque le mie lettere: d’ accordo?
Una cosa ancora: dell’Es noi conosciamo soltanto cio’ che sta dentro alla nostra coscienza, ma di gran
lunga la maggior parte di esso è territorio inaccessibile. Con un faticoso lavoro di ricerca noi possiamo
tuttavia allargare i confini della coscienza, e inoltre possiamo penetrare profondamente nell’inconscio se
solo ci decidiamo non piu’ a voler sapere, ma a seguir la nostra fantasia. Coraggio dunque, mio bel dottor
Faust, il mantello è pronto per il volo; si parte per l’inconscio….”. 40
Il libro dell’Es ci parla dello stesso volo contenuto nel Libro dei Mutamenti, lo
spirito Shen del testo cinese è lo stesso spirito mercurialis che anima con le sue ali tutta la
tradizione esoterica alchimistica occidentale e i destini inconsci delle nostre stesse vite, è
lo stesso Daimon vissuto da Hillman e dall’Uomo totale di E. Fromm.
Pur non essendo Il libro dell Es un saggio, l’Es è l’oggetto di cui Groddeck parla
ampiamente nelle lettere indirizzate alla sua paziente, tuttavia è nello Scrutatore d’ anime
che egli ci introdurrà al grande segreto dell’Es e del suo potere di “contagio interiore”, in
tutti noi come nelle dinamiche psichiche apparentemente strampalate del protagonista
Muller-Weltlein, alla ricerca del suo più alto senso della vita e del suo destino .
“dove io ……ho scoperto il contagio interiore, il segreto dei segreti, il grande mistero che
nessuno deve chiamare per nome, dal momento che io stesso non oso chiamarlo che Es.”
41
Nella sua clinica, che chiamò Sanatorium, Groddeck si riuniva con personaggi legati al
mondo delle ricerche umanistiche dell’epoca, oscillanti tra la psiche e lo spirito, e tra i
quali alcuni futuri noti psicoanalisti quali: Ferenczi e Fromm, e forse per questo
40
41
G. Groddek: Il libro dell’Es, p. 14-15.
G. Groddeck: Lo scrutatore d’ anime, p.397
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scherzosamente detta: Satanarium ( fu Freud stesso però, nella risposta alla prima lettera
di Groddeck a Freud, a definire gli psicoanalisti: adepti della schiera dannata).
Purtroppo il Satanarium era anche uno dei centri di cura durante la grande guerra dei
reduci dal fronte, che avevano subito devastanti traumi psichici. La visione di tanto
dolore e tormento poteva ricordare l’immagine di un girone infernale. 42E siccome era per
essi liberatorio urlare il proprio tormento (come solo all’inferno può evidentemente
esprimersi, considerando che negli anni bui della guerra l’Europa era realmente
sprofondata in un abisso infernale) egli fondò una rivista interna alla casa di cura dove
potessero liberamente esprimere e raccontare le proprie fantasie o tormenti, che chiamò
appunto Satanarium. La rivista esce con il primo numero il 6 febbraio del 1918, fino al
23° numero del 10 luglio 1918.
Tornando al Satanarium, cenacolo di ricercatori della psiche, esistono conferme anche dal
carteggio con Ferenczi, da cui si sa quanto loro tenessero in gran considerazione la
persona e l’operato di Groddeck; Ferenczi e Groddeck facevano una analisi reciproca, e
Ferenczi stesso con la moglie e la figlia trascorrevano al Sanatorium un periodo di
trattamenti nel mese di agosto, per le terapie naturopatiche, quelle descritte nel Nasamecu
, cui venivano inviati spesso anche i suoi pazienti ungheresi. 43
Ma si era ancora in anni in cui la psicoanalisi non aveva ancora codificato
definitivamente le proprie teorie, e non si erano ancora verificate le note scissioni, per cui
l’approccio con il paziente ancora chiaramente non neutrale anzi direttivo di Groddeck
sicuramente attraeva alcuni di loro. Infatti più che per le impostazioni teoriche, peraltro
pochissimo citate nelle opere di Ferenczi e di Fromm, era la personalità di Groddeck, così
affascinante e travolgente a lasciare un forte segno in loro, così come del resto nei suoi
pazienti. Un esempio della forza travolgente della sua personalità e del suo pensiero
sempre di molto sotto la superficie delle cose e delle ipocrisie della società lo possiamo
ricavare da quella personalità del protagonista dello Scrutatore d’ anime, scandalosa e
irriverente ma sempre volta all’autentico, in cui molti hanno riconosciuto lo stesso
Groddeck. Per la psicoanalisi il limite teorico del pensiero di Groddeck si rivelava nel
non aver abbandonato quel vitalismo naturale romantico e neo-platonico, ereditato dalla
filosofia di Carus e Bachofen, salvo poi esser reinterpretato meglio alcuni anni dopo da
C.G.Jung. Secondo la Naturopatia Groddeck è fra i miti più rilevanti per numerosi motivi
come vedremo, ma la fama di cui tuttavia questo personaggio gode nell’altro mondo:
42
43
Satanarium: G.Groddeck Nr. 1, p. 15.
Ferenczi e Groddeck: corrispondenze.
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quello della scienza medicina e psicologica è francamente esagerata. Chissa perchè viene
considerato da queste il padre della psicosomatica? Sappiamo noi che le sue terapie per il
corpo e la mente erano a base di diete , colloqui psicologici e soprattutto massaggi , ne
più ne meno di quelle che hanno caratterizzato gli altri naturopati tedeschi dell’800.
Sappiamo che ha lo stesso concetto di realtà umana profondamente simbolica, subalterna
alla vera realtà che si affaccia nell’Io proveniente dall’Es. Egli neanche è sfiorato
dall’idea che corpo e mente siano separate, se non dal fatto che le abbia separate la
scienza , di cui non vuol far parte. Sicuramente tanta fama è dovuta al riflesso
dell’amicizia di Freud, e per tanto come un “unto dal signore” nessun altro uomo di
scienza può permettersi di ignorare Groddeck; salvo poi ribadire che, per carità, avrà pur
scritto Il libro dell’Es , ma come psicologo , pur avendo rifiutato la prestigiosa
promozione sul campo dallo stesso Freud, è da considerare negativamente un cosiddetto
“selvaggio”, come vengono definiti da quel momento in poi i non allineati
accademicamente, come anche i non riconosciuti naturopati quando si permettono di
disquisire sulla psiche e sull’anima, competenza resa esclusiva di questa giovane
disciplina che é la Psicologia. Si dimentica troppo spesso però, che prima della
psicoanalisi non è vero che c’ era il deserto nella conoscenza del mondo psichico: non
solo Groddeck anticipò Freud con il suo Libro dell’Es, ma che anche la dinamica del
mondo simbolico emergente nei sogni non è
stata scoperta da Freud nella sua
Interpretazione dei sogni.
Fu infatti proprio lo studio dei sogni ad interessare il movimento dei romantici per tutto
l’800, l’attività onirica era l’altra faccia di quella diurna , una ermetica e l’altra cosciente,
specchio della dualità sole-luna. Sappiamo che per i romantici, indagare sulla realtà
superiore significa fare prima esperienza delle realta’ duali, per poi trascenderne l’unità.
Jones , biografo di Freud, ha osservato che i concetti di Freud sulla vita psichica erano
dominati da polarità (dualismo degli istinti: eros e tanathos , piacere-dispiacere, attivopassivo, soggetto-oggetto); anche l’integrazione del maschile e del femminile
nell’androgeno bisessuale compare nei sistemi psichici di Freud e di Jung (anima e
animus). H. Ellemberger afferma che:
“Non c’è quasi nessun concetto di Freud e di Jung che non sia stato anticipato
dalla filosofia della natura o dalla medicina romantica”. 44
Fra i romantici, già ampiamente menzionati, possiamo citare Gotthlif Heinrich von
Schubert, il quale distingueva, le ormai note, tre parti dell’essere umano: leib (corpo
44
H. F. Ellemberger: La scoperta dell’inconscio, p.240.
65
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vivente), anima e spirito, e affermava che queste parti attraversano un processo dinamico
che insieme permettono le trasformazioni dell’essere individuale. Ma molti anni dopo,
grazie a Jung, sentiremmo parlare di Processo d’ individuazione. La vita umana, secondo
la visione romantica, si svolgeva attraverso una serie di metamorfosi, importante è quella
di mezza età. L’uomo è una “stella doppia”, che ha un secondo centro, il suo
Selbstbewusstsein (coscienza di se’), che emerge gradualmente nella sua anima. La
comprensione del destino assume cosi’ un aspetto essenziale su uno sfondo
trascendentemente naturale. Von Schubert afferma anche nel suo Il simbolismo dei sogni,
che nel sonno la mente comincia a pensare in un linguaggio per immagini, in contrasto
con il linguaggio verbale dell’attività di veglia. Il movimento romantico produsse
ricercatori, che analizzarono le leggi del simbolismo sui propri sogni, e che pubblicarono
numerosi testi, i quali fecero da sfondo ispiratore a Jung e Freud, di cui ricordiamo
quello che passa per il piu’ importante testo sui sogni: “L’interpretazione dei sogni”.
Sempre Ellemberger a riguardo afferma che:
“Si puo’ scorgere come coloro che condussero ricerche sui sogni dal 1860 al 1899 avessero gia’
scoperto quasi tutti quei concetti che sarebbero stati poi uniti in una sintesi complessiva da Freud e da
Jung, e come avessero scoperto anche taluni concetti cui non sono state ancora dedicate sufficienti
attenzioni. Nelle teorie di Freud si possono ravvisare influssi di Maury, di Scherner, di Strumpell, di
Volkelt e di Delage. Per quanto invece riguarda Jung, la sua teoria dei sogni ricorda piuttosto Von
Schubert e Harvey de Saint-Denis.” 45
Groddeck, come i suoi predecessori, aveva scoperto che il linguaggio della natura
era basato su immagini che a secondo di ognuno dei livelli umani si traduceva nella forza
energetica di sintomi somatici e simboli psichici, facce della stessa medaglia. Uno dei
suoi più famosi pazienti: Hermann Keyserling, fondatore della Scuola della Saggezza ,
nell’epitaffio in memoria di Groddeck in coda al Libro dell’Es, oltre a descriverne la
personalità, traccia una breve analisi del suo metodo di cura. Egli riporta che Groddeck
guariva cercando di risvegliare le forze risanatrici del paziente, adoperandosi sui tre
livelli con una combinazione di psicoanalisi, diete e massaggi. Una parte essenziale era
l’infliggere dolore fisico: dalla reazione di difesa contro il dolore sorgeva nei suoi
pazienti la volontà di guarire, canalizzata verbalmente attraverso incalzanti e mirate
domande, (abbiamo già visto la tecnica dell’Healing crisis). Egli si rifiutava di accettare
una separazione di corpo e anima, e per questo non pote’ diventare uno specialista della
mente, e delle cosiddette malattie mentali. La malattia è sempre la stessa, l’uomo produce
solo sintomi e simboli per far parlare i suoi tre livelli: nello spazio corporeo e nel tempo
45
Ibidem, p. 366.
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diurno cosciente e notturno onirico. Sempre perseguendo l’idea di diffondere una
conoscenza esperienzale e non scientifica, obiettivo già tentato da Steiner, Groddeck
amava rivolgersi al grande pubblico con i suoi romanzi psicologici e ai suoi pazienti
pubblicando e diffondendo nella sua clinica una rivista , “Die Arche”, con articoli
pedagogici ma divertenti secondo lo stile del Libro dell’Es. Premesso che:
“Fondamentalmente, tutto cio’ che accade nell’uomo è opera dell’Es. Ed è bene che sia così, ed è
anche bene, almeno una volta nella vita, mettersi lì tranquilli a riflettere, il meglio che si può, a come tutte
le cose si svolgano totalmente al di fuori della nostra conoscenza e della nostra volonta’.”
e quindi: “Dire che ogni forma di trattamento è quella giusta per il malato, sembra assurdo, eppure è
vero: egli viene sempre curato bene, in ogni circostanza, sia che si seguano le regole della scienza, sia che
ci si affidi alle arti di qualche guaritore di campagna: il successo non dipende dal fatto che le nostre
prescrizioni si conformano a determinati principi, ma dal modo in cui l’Es del paziente si serve di tali
prescrizioni. Se così non fosse, qualsiasi frattura correttamente trattata e ingessata dovrebbe guarire, ma
cio’ non avviene.” 46
Laddove succede che, osservava Groddeck:
“Mi trovai dunque a un tratto di fronte a una strana situazione; non ero io a curare il malato, ma
il malato a curare me; o, per dirla nel mio linguaggio, l’Es del mio prossimo cercava di trasformare il mio
Es, anzi lo trasformava effettivamente, in modo da potersene servire per i suoi scopi…non si trattava piu’
di dargli delle prescrizioni, di ordinargli delle cose che io ritenevo utili, ma di trasformare me stesso in
modo da potergli essere utile” 47
Ma a quale concetto di malattia faceva riferimento Groddeck, quindi?
“Ma prima dobbiamo metterci d’accordo su cio’ che vogliamo chiamare malattia. Credo che non
dobbiamo preoccuparci di cio’ che intendano gli altri con questo termine, ma solo di definire bene il nostro
concetto. Propongo quindi di enunciare chiaramente che “la malattia è una manifestazione vitale
dell’organismo umano”….Per me curare una malattia sarebbe altrettanto assurdo che cercare di
correggere il suo atteggiamento beffardo,…Dall’istante in cui mi sono reso conto che la malattia è una
creazione del malato, essa si è posta sullo stesso piano del suo modo di camminare, di parlare..un simbolo
significativo delle forze che lo dominano e sulle quali io cerco di influire, se mi sembra il caso…. La
malattia , allora non è piu’ qualcosa di anormale, ma qualcosa che è determinato dalla natura di questa
persona, che è malata e che vuol essere curata da me….Ma tutto cio’, dacche’ il mio Es mi ha fatto
diventare medico, non mi esime dalla necessita’ di ascoltare, se si è in tempo, i motivi che spingono l’Es
del mio prossimo verso la malattia, per poi valutarli e, se necessario e possibile, confutarli.” 48
Malattia, quindi, strumento del linguaggio dell’Es, e mezzo alternativo di
connessione transferale fra più destini coinvolti: in questo caso medico-paziente, ma
sappiamo che la malattia è uno dei linguaggi della relazione interfamiliare, pensiamo
46
Ibidem, p.327.
Ibidem, p. 331.
48
Ibidem, p. 338-9.
47
67
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all’anoressia per esempio. Se la malattia è uno strumento dell’Es, come dice Groddeck, è
logico che sia una manifestazione vitale in quanto espressione di una finalità, addirittura
può costituire una paradossale via per la guarigione, in virtù di una necessità seppur
inconsapevole. Groddeck, nel suo romanzo psicoanalitico: Lo scrutatore d’ anime, lascia
passare l’idea che la nostra anima per compiere il suo incessante destino si possa al
dunque servire di un contagio esteriore corporeo (la scarlattina per es.), per arrivare al
suo intento del contagio interiore per l’evoluzione psicologica.
Giustamente Groddeck, non si fa strumento passivo dei capricci altrui, ( forte delle nuove
teorie freudiane sul tranfert e controtranfert ), il suo successo è quello di permettere al
prossimo di non dover rischiare la vita giocando con le malattie per comunicare cose che
possono esser dette o vissute altrimenti in modo più sano ed equilibrato.
Questo concetto ci permette di introdurre la novità essenziale che introduce Groddeck nel
sistema corpo-mente-spirito, che fa immettere la Naturopatia nella modernità del XX
secolo, dandogli una veste un pò scientifica e non solo filosofica: tra l’alchimia e la
teosofia come era fino all’800. La novità è rappresentata dalla scoperta di nuovi linguaggi
dell’energia all’interno dei tre livelli corpo-mente-spirito, ovvero manifestazioni
dell’energia che si veicola con l’attività simbolica nel livello mentale che è psicologico e
con la sessualità nel corporeo. Simbolo e sintomo, rappresentazione mentale e sessualità
diventano le relazioni base del comportamento umano, nel suo stato di salute come in
quello di malattia. Per Groddeck non è quindi, solo la malattia ad essere psico-somatica,
ma lo è anche la realtà umana per come l’uomo se la rappresenta facendo una mediazione
tra lo psichico e il sensoriale e tra l’Io e l’Es. Ma di questo ne parleremo nel prossimo
capitolo.
Detto ciò, come fece Groddeck, dobbiamo sempre attribuire a Freud, con forza e onestà,
l’enorme merito di aver dato una visione profondamente sistematica delle dinamiche
psichiche (per alcuni tra scienza e non-scienza). Dall’avvento della sua psicoanalisi
nessun naturopata può esimersi dal conoscerne le teorie, ne può più evitare di
confrontarsi con tale metodo per quello che per noi è il livello mentale della triplice unità
umana. Tuttavia così come la Psicologia ha misconosciuto e disconosciuto la Naturopatia,
anche alcuni famosi naturopati del XX secolo, come Eduard Bach non hanno mai sentito
la necessità di far riferimento alla psicodinamica freudiana, quasi questa non esistesse.
Bisogna arrivare alla fine del 900, a personaggi come Dahlke e Detlefsen, che oltre ad
essere naturopati sono “anche” psicoterapeuti, o a post-bachiani quali Kramer o Orozco:
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che impostano i loro percorsi terapeutici sui meccanismi di difesa, per usare un termine
della psicologia.
Come abbiamo visto la naturopatia ha da sempre prodotto personalità geniali
caratterizzate dal fatto di spaziare in una visione delle cose amplia a volte metafisica, a
volte ermeticamente inaccessibile e sconfinata, oppure ha dato asilo a transfughi cacciati
o autoespulsi da altre discipline per la loro impossibilità ad accettare rigorose regole e
precisi limiti teorici e pratici. La psicologia pur con le sue vaste differenze è sempre stata
gelosa della sua ortodossia per esempio, ed è costretta a difendere la propria prassi da
attacchi esterni da parte di chi, e a volte anche naturopati, confonde i suoi pur limiti
inevitabili con la rigidità intellettuale. Parlare spesso di fallimento attuale della
psicoanalisi a favore di nuove e rivoluzionarie teorie che la dovrebbero sostituire, e non
integrare come noi auspichiamo che le discipline facciano, non ci sembra costruttivo.
Questo preambolo infatti serve ad introdurre un ambito presente nella Naturopatia che è il
counseling alla persona; ben sappiamo che professionalmente il naturopata può svolgere
solo un operazione di counseling e non di cura: egli si prende cura del consultante
consigliandolo a prendersi cura di sé con gli strumenti a disposizione della naturopatia.
Ma chiunque esperto di qualcosa può dirsi counselor di quella cosa. Nel 1981 è nata una
nuova stella nel firmamento delle pratiche di counseling proveniente dalla filosofia
tedesca: Gerd B. Achenbach. Nel suo primo testo: “Philosophische Praxis” (1987),
esponendo i concetti guida di quello che viene da lui definito: Counseling filosofico, egli
introduce, secondo lui, per la prima volta il filosofo al servizio della persona per i suoi
bisogni esistenziali. La peculiarità della neonata consulenza filosofica è quella di porsi
come luogo ideale per riflettere razionalmente su sé stessi, rispettando la propria filosofia
di vita, senza che necessariamente il counselor si ponga su una cattedra con le sue regole,
teorie e terapie predefinite che, per Achenbach non fanno altro che “trattare” la persona
che così diviene inevitabilmente “paziente”. Egli afferma che non è la persona a dover
essere trattata terapeuticamente come un oggetto, perché questi è un unico universo
inetichettabile, al quale non può essere affibiato un unico concetto di felicità che
corrisponde alla salute come assenza della malattia. Quello che semmai si tratta è il
soggettivo metodo di auto rappresentare sé e sé stesso nel mondo, attraverso la riflessione
nello spazio e nel tempo del tutto originale e senza regole della consulenza. La dichiarata
assenza di regole e schematismi, le quali bloccherebbero il naturale fluire del pensiero,
deviandolo su soluzioni preconfezionate e preconcette, caratterizzante invece la
psicologia secondo Achenbach, è da intendersi piuttosto come garanzia per la specificità
69
70
e singolarità dell’individuo. Tra l’altro questa pratica risponderebbe all’urgente necessità
per il filosofo moderno di uscire dalla riflessione solo teorica e puramente accademica
(pretendendo di scoprire verità sui massimi sistemi) che non interessando più nessuno in
questa società materialista, precluderebbe qualunque senso professionale al filosofo e al
suo decadente isolamento, riportando così in auge la antica arte socratica della maieutica
cui prende ispirazione. Socrate appunto non volle legarsi a nessuna teoria da lui scoperta,
la sua ricerca incessantemente lo conduce alla verità di “sapere di non sapere”, cioè che le
verità essenziali dell’uomo non si lasciano dogmaticamente ricondursi in via definitiva.
Prendendo spunto dalla professione di levatrice della madre: Fenarete, Socrate volle
chiamare il proprio metodo Maieutica: letteralmente arte dell’ostetricia. Il filosofo infatti
è un ostetrico d’ anime, pur essendo egli stesso sterile come una levatrice (vuoto di
sapienza), e conduce l’interlocutore a partorire la propria verità, che è sempre una
conquista personale. Qualcosa di simile al dialogo socratico lo si può scorgere nel
pensiero di Gregory Bateson nell’ormai suo famoso dialogo, anzi meta-dialogo, sui
perché, con sua figlia, contenuto nel suo: “Verso un’ ecologia della mente”. Il dialogo
maieutico vuole ri-vivificare, de-flemmatizzare la mente, al contrario della stasi in cui la
conduce la presunta sicurezza delle parole, delle affermazioni e delle teorie rigorose degli
altri. Se Freud ri-vivificò la mente togliendogli la stasi della sessualità, se la naturopatia
con la vitalità della natura: fatta di emozioni (vedi E. Bach) e fatta di istinto (vedi
Groddeck), Achenbach risveglia l’attitudine a pensare senza imporre il proprio pensiero:
“La questione, adesso, non è più se io vivo ciò che penso, ma se penso ciò che vivo. Ma pensando ciò che
so, che faccio e che spero, prendendo coscienza di chi sono, metto in discussione la mia vita. Ed essa, in tal
modo, va avanti e si ravviva”….”Non è il pensiero che preme sulla vita, fino a quando essa si salva
attraverso il rifiuto del pensiero, ma è la vita che preme sul pensiero e indica la giusta strada.”
Pur non
essendo egli un naturopata dichiarato, ma del resto neppure il naturopata è un filosofo
dichiarato, il counseling filosofico ha pieno accesso alla naturopatia per il suo modo
dolce e naturale di servire l’uomo, e per questa fiducia che ripone in quella che possiamo
chiamare: Vis ( psicologica ) medicatrix naturae, naturale perché non è quella delle
teorie universalmente positivistiche buone per tutti. Possiamo dire che ogni teoria è buona
se si lascia integrare, se per Groddeck quella vera Vis psicologica ci viene incontro
dall’Es ( che è parte della natura) e ci salva, perché l’Io è occupato a fronteggiare la sua
limitatezza con una razionalità rigidamente difensiva, per Freud al contrario è un Io che
sempre più espanso nelle terre dell’inconscio diviene garanzia di forza strutturata ed
equilibrata, per il naturopata sta nel sano e forte equilibrio della Natura a disposizione di
70
71
chiunque non voglia negarsi di beneficiarne, per il filosofo della consulenza il segreto sta
nella libertà di destrutturate e riformulare non cadendo nella trappola del pensiero unico,
che è sempre quello di qualcun’ altro o delle organizzazioni a tutela del pensieri
ortodossi. A tal proposito, val la pena di citare i contributi di tre ricercatori che hanno
fatto propri sia la Naturopatia che il counseling filosofico: Steffen Graefe, Alexander Dill
e Gunther Witzany. La Graefe nel 1983 aprì ad Amburgo il suo Kleine Atelier fur
Philosophische Praxis dove contribuiva alla liberazione dei blocchi del pensiero
dell’ospite con esercizi di visualizzazione, interpretazione dei sogni, meditazione e
rilassamento, anche con ginnastiche orientali, del resto il pensiero è una forma di energia
e come tale ella lo considera. Del resto anche la Naturopatia non può considerare
specialisticamente i singoli aspetti energetici: la mente, il pensiero, l’anima e il corpo,
come fossero isolati della realtà unica e universale che è l’energia della Natura. A. Dill si
serve degli strumenti del pensiero orientale, lo Zen in particolare, così come coloro che
anche in Italia si servono dell’I Ching per la loro forma di counseling (gruppo di ricerche
Io Sono ). G. Witzany attivo dal 1985 è anche musicoterapeuta impegnato politicamente e
socialmente nell’ecologismo, filosoficamente legato al pensiero di Apel e Habermas dai
forti contenuti critici verso l’ipertecnologizazzione della società a scapito del legame
dell’uomo con la natura. Gli incontri della sua personale praxis , oltre agli argomenti più
legati alla persona, sono finalizzati alla formazione di uomini in armonia con la loro
natura: interna ed esterna. Per esser corretti va ricordato che per Achenbach e la sua
associazione qualunque finalità o teoria sia che supporti o che predefinisca gli incontri
non è accettabile e non può da essi essere riconosciuta; pertanto queste tre figure
sopracitate non sono state accolte dall’associazione achenbachiana.
Achenbach si
riferisce sempre al pensiero che socraticamente non si è già strutturato né viene dato gia
preconfezionato all’ospite: egli intende la parte più creativa libera del pensiero e a
riguardo cita una frase da: “Lettere di uno sconosciuto” del filosofo Alexander von
Villiers, nella qual si afferma che: “Io credo superstiziosamente nell’entità che sta tra gli
uomini….Non sono Io e non sei Tu, ma tra di Noi si forma un qualcuno….. che per me si chiama “Tu”, per
l’altro sono “Io”, esso però pensa, sente e parla, esso è l’elemento interumano e a lui appartengono i
pensieri…..ciò che ci rende liberi.”
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49
Achenbach: Lettera citata in “Io e Tu” , Martin Buber, 1923.
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72
Cap. 6
LA NATUROPATIA:
DAL MONDO GERMANICO ALLA SUA DIFFUSIONE IN OCCIDENTE.
Par. A: La Naturopatia in Francia.
La Francia va citata per la sua grande apertura culturale, legata anche al contatto
culturale con i popoli più diversi dovuto al suo passato coloniale. Pensiamo alla sua
funzione di ponte per la diffusione diffusione della M.T.C e la sua applicazione nella
digitopressione e nell’auricoloterapia, dovuta alle relazioni avute con medici indocinesi.
Ma tre sono le terapie che hanno fatto grande la naturopatia francese: l’oligoterapia e
l’uso terapeutico degli oli essenziali e la gemmoterapia.
Il termine oligoterapia, dal greco oligos = poco, indica un metodo terapeutico basato sulla
somministrazione di oligoelementi a dosi deboli, dell’ordine di un milionesimo di
grammo; esistono due indirizzi in oligoterapia: la catalitica e la nutrizionale. Fin
dall’antichità e pressochè ovunque, vennero intuite le benefiche o tossiche proprietà degli
elementi minerali; presso i Caldei venne introdotto l’uso di portare braccialetti di rame al
polso, per le sue proprietà antifungine e antisettiche, ma anche quella antidepressiva
dell’oro, sedativa del magnesio e antinfettive dell’argento. È di Gabriel Bertrand
l’intuizione, alla fine dell’800, dell’essenziale ruolo svolto dagli oligoelementi come
catalizzatori, cioè come acceleratori delle reazioni chimiche nella biologia animale e
vegetale . Le prime applicazioni sono dovute ad un medico francese: il dott. J. Suter, che
prima della guerra del 1914 propose un medicamento basato su estratti ghiandolari e
soluzioni di oligoelementi ionizzati a dosi deboli. Queste soluzioni a base di manganese e
rame furono prescritte con successo per la cura delle artriti e della tubercolosi. Un
rapporto redatto nel 1919 dal dott. Guilly, grande chirurgo dei campi di battaglia, recita
testualmente: “La guerra mi ha messo in grado di applicare il metodo Suter su migliaia di feriti, non ho
mai constatato infezioni di alcuna natura sui nuovi feriti, e quelli che mi arrivavano gia’ infettati hanno
avuto un immediato e profondo miglioramento nel loro stato locale e generale. Ho potuto constatare in
loro, dodici ore dopo l’applicazione di questo metodo terapeutico, l’abbassamento della temperatura e la
disinfezione delle piaghe. Il fatto notevole e che la ricostruzione cellulare avviene con tessuto proprio e
normalmente disposto. E sono in grado di dimostrare con delle foto alcune guarigioni sensazionali da
ferite da guerra.”
Nel 1932 Suter dirigeva una clinica privata a Meudon, chiamata Villa Blanche de
Castille, e in quegli anni esistevano già sul mercato una ventina di farmaci prodotti dai
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Laboratoires des Hormometalion, sotto la direzione di M. Levassor. Agli inizi il dott.
Suter prescriveva rame e manganese a tutti i tubercolotici, tuttavia se una metà guarivano,
ad altrettanti la terapia era del tutto indifferente. Mènètrier avendo osservato il lavoro di
Suter, decise di applicarlo ai suoi pazienti ma con i concetti di terreno e diatesi da lui
descritti nella sua tesi di laurea. Egli intuì che i malati guariti con manganese-rame
appartenevano alla diatesi ipostenica , per cui gli altri andavano curati con altri
oligoelementi. Dopo sperimentazioni su grande scala scoprì che il manganese da solo
migliorava il terreno “artritico-allergico”, il manganese-cobalto i distonici, il rame e più
tardi l’oro-argento-rame gli anergici. La sua intuizione fu che gli oligoelementi non
curavano i sintomi, bensì rafforzavano le nature rese deboli, le carenza del terreno, dando
al malato l’impressione reale di guarire da sé, riprendendo il sopravvento sulla malattia.
Con i termini diatesi e terreno, Mènètrier intendeva:
“Una diatesi si situa tra la salute e la malattia, essa traduce uno stato di squilibrio che subentra
all’equilibrio naturale e precede la lesione. Si tratta di una disfunzione che altera il funzionamento
organico e che conduce progressivamente alla degenerazione organica.”
La terapia di Mènètrier è chiamata oligoterapia catalitica, per i disturbi non
lesionali, ma funzionali. Nei decenni seguenti, la scienza dell’alimentazione ha portato
alla luce il secondo indirizzo definito: nutrizionale, basato sulla determinazione del loro
fabbisogno, delle loro carenze o eccessi nell’integrazione alimentare. In base
all’osservazione clinica quindi, Mènètrier individuò quattro grandi tendenze morbose che
chiamò appunto diatesi, cui corrispondono caratteristiche cliniche e psicologiche e
determinati oligoelementi. Le quattro diatesi sono divise nelle prime due dette di nascita,
che potremmo definire con caratteristiche Yin l’una e Yang l’altra, e di involuzione la
terza e la quarta come loro evoluzione patologica nel corso della vita. Quello che più ci
preme evidenziare è il raffinato concetto di evoluzione patologica alla base di questa
terapia perfettamente psicosomatica.
Con il termine aromaterapia invece viene indicato l’impiego di sostanze
aromatiche, dette anche oli essenziali, per assicurare il pieno benessere, per prevenire la
malattia o curare alcune affezioni. Gli oli essenziali sono essenze non oleose,
particolarmente concentrate in alcune parti della pianta: fiori, resina, corteccia, radice,
buccia, foglie o frutti, ottenute dalle piante mediante distillazione a corrente di vapore..
Anche in questo caso il suo utilizzo a scopo alimentare cosmetico e terapeutico si perde
nella notte dei tempi : dalla mummificazione dell’antico Egitto, ai rituali religiosi ebraici.
Il termine aromaterapia compare per la prima volta in un testo del 1937, del chimico
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francese Renè Gattefossè, relativo all’applicazione degli oli in dermatologia e nella
cosmesi. L’autore intuì il potenziale terapeutico quando casualmente verificò su se stesso
la capacità della lavanda di guarire senza esiti una grave ustione della mano. Il medico
francese Jean Valnet ha riassunto in un testo di aromaterapia del 1964, i preziosi studi
sull’impiego degli oli essenziali nel trattamento delle varie affezioni. Ma molto
importante è la classificazione delle sostanze fatta nell’800 dal profumiere Presse, in
base ad una scala di note: alta, media e bassa, oppure detta di testa, di cuore e di base. Le
associazioni che si possono fare tra le diverse note e i livelli corporeo, mentale e
spirituale e con la chakraterapia sono qui evidentissime per ogni naturopata.
La gemmoterapia invece è un metodo elaborato da Pol Henry, che prevede della
stessa pianta l’utilizzo: di gemme, germogli, scorza interna delle radici ed estratti di
tessuti vegetali freschi. Fu egli a intuire che il potere curativo delle parti più giovani delle
piante risiede nella loro energia embrionale (meristemi). Tuttavia l’utilizzo delle gemme
a scopo terapeutico non è un’ idea propriamente recente: nelle antiche medicine
ayurvedica e cinese la gemmoterapia è ampiamente citata nei loro testi sacri, quali:
l’ottavo Libro dell’Atharvaveda e il Canone dell’Imperatore Giallo. In occidente, già nel
II secolo, Galeno preparava il famosissimo balsamo denominato: Acopon, ricavato da
germogli di pioppo in olio d’ oliva. Nicolas de Myrepse, medico greco medioevale,
recuperò questa idea per formulare l’altrettanto rinomato Unguento Populeum. Come
sappiamo il medioevo lasciò tali eredità nella prima rinascimentale alchimia, gli erboristi
alchimisti erano soliti preparare l’Elisir di primavera con le gemme, e l’elisir d’ autunno
con semi e radici. È facile comprenderne in tale scelta delle parti della pianta anche
l’indispensabile azione psicologica della loro simbologia. Spesso il solvente di questi
preparati era la rugiada del mattino ( ricordarsi della preparazione dei fiori di Bach).
Paracelso amava ribadire che:
“Ci sono forze diverse nelle gemme, nelle foglie, nei bocci, nei frutti acerbi, nei frutti
maturi,…quindi si deve rivolgere la propria attenzione dal primo germoglio sopravvenuto all’ultimo,
poiche’ così è la natura…così vi è una maturazione per i piccoli germogli, una per le fronde, una per i
fiori, una per le fibre, una per i succhi, una per le foglie, una per i frutti.”
Pol Henry fu dunque il primo a dedicarsi in modo sistematico allo studio e alla
sperimentazione dei meristemi, utilizzando i germogli delle piante, elaborando quello che
propose come metodo fito-embrio-terapico . Negli anni ’50 egli indirizzò la propria
ricerca sullo studio delle variazioni del profilo proteico, espresse tramite l’elettroforesi,
riuscendo a stabilire, per ogni tessuto embrionale esaminato, l’attività sull’uomo e la
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relativa risposta alla flogosi. I suoi studi e la sua metodologia furono approfonditi e
proseguiti dal prof. Netien dell’Università di Lione, dai dott. Didry e Bergeret che hanno
sviluppato la gemmoterapia clinica. Come già sappiamo, la meta principale della
naturopatia è quella di porsi come obiettivo non tanto la salute umana, come controparte
della malattia (compito oramai della medicina), quanto il flessibile mantenimento di un
costante equilibrio dell’armonia bio-psico-spirituale dell’essere con gli elementi della
natura, di cui è prodotto e parte. Non si confonda però questo equilibrio con le sole
funzioni fisiologiche degli organismi, aspetto quest’ ultimo di cui comunque è parte e di
cui si occupa la medicina, noi naturopati parliamo di equilibrio di ritmi, energie e
elementi. Questo discorso ora non si può più fare senza introdurre la madre di tutte le
pratiche della naturopatie, la grande medicina tradizionale cinese: l’unica pervenutaci
dall’antichità in forma così completa, nella sua specificificità di medicina energetica e
universalmente adattabile alle culture nella sua riscoperta attualità. Infatti, per
comprendere la teoria dell’energia trans-element-are non possiamo esimerci dal rilevare
che gli elementi sono un’ idea costante di tutte le medicine, fanno parte diremmo
dell’inconscio collettivo di chi nel tempo si è sempre occupato di salute e malattia. In
virtù dei poteri dell’inconscio collettivo si può comprendere la teoria degli elementi tanto
cara alla M.T.C. anche parlando della storia di questi nell’alveo mediterraneo, sin dai
tempi in cui la medicina veniva praticata nei templi del leggendario Esculapio, figlio di
Apollo, dove i sacerdoti diagnosticavano, massaggiavano, mescolavano farmaci e
fornivano asistenza spirituale e diletto musicale al corpo e all’anima.
Fu l’ascetica
confraternita pitagorica ad introdurvi il concetto dell’armonia fisiologica, dove il corpo
era visto come un tutt’ uno con l’ambiente a cui lo univa un flusso continuo, un ritmo
naturale che scorre con forme a-ritmetiche tanto simili ai ritmi numerici taoisti per
esempio. Nell’antica Grecia l’ambiente e l’universo stesso, era composto dalle
combinazioni degli elementi fondamentali: terra, aria, fuoco e acqua, di contro nella
lontana Cina l’ideogramma che rappresenta elemento indica anche mutamento:
esattamente forma e ritmo. In tutte e due le culture le malattie erano provocate dal
prevalere dell’uno sull’altro degli elementi: l’igneo ( calore), l’acqueo ( fluido), il
terrestre (solido) e l’aereo (gassoso). Le medicine, provenendo da un equilibrio esterno,
hanno il potere di ristabilire l’equilibrio interno, alcune per esempio restituendo al corpo
il calore o la compattezza, altre di drenare l’eccesso di umidità. Ripresi da Aristotele i
quattro elementi giunsero fino al Rinascimento, in realtà già Ippocrate corresse i quattro
elementi giudicandoli insufficienti e introdusse il concetto di umori : sangue, flegma, bile
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gialla e bile nera, la cui diversa proporzione determina anche il temperamento
dell’individuo. La malattia insorgeva quando gli umori erano spinti o dispersi fuori fase
rispetto alla costituzione naturale della persona. E poichè il corpo era la causa delle
proprie malattie, poteva anche risanare se stesso mediante un processo interno di
rigenerazione attingendo alla ben nota vis medicatrix naturae. Per cui Ippocrate
somministrava farmaci ma consigliava anche una cura autogena volta all’autoguarigione
intesa come ripristino degli equilibri generali utilizzando percorsi terapeutici sinergici,
quali diete, massaggio, esercizio fisico, relax e non ultimo un atteggiamento spirituale,
come del resto ritroviamo nei cinque percorsi terapeutici di Paracelso, ed anche nelle
pratiche di medicina cinese: moxa, agopuntura, qi-qong, tui-na e fitoterapia. Dopo
Ippocrate, con Galeno e Dioscoride il concetto di equilibrio delle energie (phisis e
pneuma) all’interno del corpo privilegiò la circolazione della forza vitale più secondo
modelli di tipo idraulici all’interno del corpo, visto come un meccanismo. Questa
concezione più pragmatica ereditata dagli arabi Averroè e Avicenna, fu tradotta nel
Rinascimento europeo e diede impulso alla moderna medicina fin dalla prestigiosa scuola
di Salerno. Ma la scissione di questa con gli elementi metafisici e vitalistici lascia
all’alchimia, come abbiamo già visto, le relazioni trascendenti lo specifico dell’energia
strettamente fisiologica. A latitudini opposte invece l’equilibrio fu sempre sinonimo di
armonia, l’antico sistema terapeutico taoista insegnava che l’attività principale dovrebbe
essere quella di stabilire l’armonia in modo da evitare la malattia, solo in secondo luogo
si potevano trattare le malattie. Come per l’attuale naturopatia, l’arte di prevenire le
malattie era perciò sviluppata fino ad un grado altrove ineguagliato, avendo strutturato un
sistema di visualizzazione dell’energia vitale attraverso i famosi canali o meridiani. Dai
medici si esigeva prima di ogni altra cosa, che conservassero la buona salute dei loro
“pazienti”, e per questo venivano pagati .
“Somministrare medicine per malattie che si sono già sviluppate è paragonabile al
comportamento di chi comincia a scavare un pozzo dopo che gli è venuta sete, e di chi comincia a
fabbricare armi dopo che la battaglia è cominciata!”
Il medico cinese era, e rimane tuttora, un maestro di vita, perché salute e malattia
dipendono da una adeguata o inadeguata modus vivendi. Laddove il medico occidentale è
specializzato nell’esame dei sintomi patologici, il medico cinese è esperto nel valutare se
esistano o meno le condizioni per l’avvento di una malattia. Egli studia le cause prime del
dis-equilibrio per cui la sua sensibilità si sintonizza sulle caratteristiche e sulle qualità
basilari del paziente, poiché ogni individuo è la registrazione vivente della propria
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evoluzione. Ma egli deve mettere in pratica quello che predica, essere cioè lui stesso in
equilibrio. Per esempio nella medicina cinese lo stato di salute di un individuo può in
parte esser valutato misurando il ritmo e il tono della respirazione e raffrontandolo con il
ritmo e il tono del battito cardiaco, e poiché in tempi antichi non esistevano orologi per
misurare, il medico misurava la respirazione del paziente raffrontandola con la propria.
Ma se il medico stesso non fosse stato completamente sano la sua respirazione sarebbe
stata inadeguata, con il rischio di giudicare sano il malato e ammalato il sano.
Nell’ottocento l’aver incontrato un sistema terapeutico così particolare ed
efficace, stupì e affascinò molto alcuni medici e orientalisti francesi frequentatori delle
corti imperiali cinese, khmer e vietnamita; tuttora tranne alcuni vaghi resoconti di gesuiti
( padre Amiot e Matteo Ricci) in missione in Cina, la M.T.C. rimase pressoché
sconosciuta in Europa fino al XVIII secolo. Il primo resoconto dettagliato delle
metodiche terapeutiche orientali lo si deve appunto al francese Dabry De Thiersant, ma
bisogna aspettare i primi del novecento per esser pubblicato un testo sull’agopuntura da
parte del sinologo non medico Souliè De Morant. Qualche anno più tardi vede la luce il
primo testo medico da parte del medico militare Chamfrault, cui si deve insieme a Ung
Kang Sam la traduzione dei testi base della medicina cinese il So Ouenn e il Ta Tchreng.
Queste due opere compaiono tra il 1950 e il 1955 ed è a partire da queste date che un
ristretto gruppo di medici francesi prende ad interessarsi a tale medicina sotto l’egida di
Souliè De Morant che insieme al medico Leriche cominciano a sperimentare in strutture
ospedaliere pubbliche francesi. I primi successi terapeutici dei dottori: Martiny,
Feyrerolles, Koubesserian, Labrousse e De La Fuye sorprendono il pubblico. Compaiono
in seguito le opere di Niboyet, Goux e Nguyen Van Nghi, tuttavia l’ostilità del mondo
accademico sarà feroce verso questa forma di medicina che cura con le forze immaginarie
tra il cielo e la terra, ciò nonostante cominciarono a sorgere le prime società di
agopuntura solo rivolte ai medici. I primi lavori volti a ricercare le modalità di
funzionamento dell’agopuntura vedono coinvolti nel 1948 il medico tedesco Cantoni e
l’ingegnere francese Dumortier che con un piccolo ohmmetro ricercarono la bassa
resistenza all’elettricità dei punti dell’agopuntura. In seguito il metodo fu perfezionato
dalle ricerche di Grall e Brunet e da allora i punti cinesi uscirono dall’ombra per divenire
entità elettriche. Nel 1967 grazie ai lavori del professor Becher dell’università americana
di Syracuse e del dottor Cantoni del laboratorio di medicina aerospaziale ci si rende conto
che delle linee isopotenziali solcano il corpo umano, proprio dove passano i meridiani
dell’agopuntura. Alla Francia va dato il merito d’ esser stata protagonista di feconde
77
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collaborazioni interdisciplinari tra filosofia, medicina e psicologia di cui una straordinaria
figura di spicco è Claude Larre, fondatore dell’istituto M. Ricci. Larre è nato nel 1919 e,
divenuto gesuita, si è laureato in lettere per divenire un eminente filosofo e sinologo
presso l’università di Parigi, dopo aver studiato il cinese a Pechino e Shanghai tra il 1947
e il 1956 (gli anni più difficili della rivoluzione maoista). Viene poi mandato in Vietnam
come direttore della scuola dei gesuiti e a ricoprire la cattedra di filosofia dell’università
di Saigon; la sua opera principale Les Chinois, lo pone tra i più eminenti sinologi viventi,
insieme a quella di Marcel Granet: La pensée chinoise ( tr. It.: Il pensiero cinese). Nel
1966 torna a Parigi e nel 1971 fonda l’Istituto Ricci per gli studi sinologici, e con il
dottor Jean Schatz fonda la Scuola Europea di Agopuntura, attualmente oltre a tenere
corsi e seminari in tutto il mondo sulla filosofia taoista e la M.T.C. è impegnato nella
pubblicazione del Grande Dizionario Enciclopedico Ricci della lingua cinese, che è un
ampliamento del procedente dizionario Cinese-Francese, già pubblicato dall’Istituto nel
1976. La fucina culturale che è l’Istituto Ricci vede l’affermazione di un’ altra sinologa:
Elisabeth Rochat de la Vallée (Parigi 1949), che dopo aver appreso il cinese all’istituto di
lingue di Xhinzhu di Taiwan, dal 1976 inizia a collaborare con Larre e Schatz all’Istituto
Ricci. Oltre a tenere corsi su filosofia e medicina cinesi in particolare sui testi canone:
Zhuang Zi e Huangdi Neijing , insegna alla facoltà di medicina di Nantes nel quadro del
Diploma Interuniversitario di Agopuntura. Senza ombra di dubbio si può affermare che
per avere un’ ottima preparazione e comprensione della M.T.C. sarebbe auspicabile aver
letto due testi scritti insieme dai tre ricercatori dell’Istituto Ricci, che sono: Apercus de
medicine chinoise traditionelle, Maisonneuve, Paris,1979 ( tr. it.: Agopuntura, Giunti, Fi.,
1987)
e Les énergies du corps (Ed. So-Wen, Milano, 1979). Una menzione a parte
merita invece il testo scritto da Rochat de la Vallee insieme a Larre dal titolo: Les
mouvements du coeur
50
nel quale gli autori commentano dal Lingshu (il Classico degli
aghi oppure detto Perno spirituale ) l’ottavo capitolo: il Ben Shen letteralmente
“Radicarsi agli spiriti” .
Il Perno spirituale del Lingshu rappresenta il cardine di una porta che permette
l’apertura e la chiusura regolata e alternata come avviene per una porta custodita. Quello
che deve transitarvi è l’influsso celeste che entra ed esce nell’uomo, regolarmente donato
e distribuito proprio con meccanismi di apertura e chiusura. Lo scopo della vita per
l’uomo, secondo il Lingshu, è quello di mantenere presso di sè gli “spiriti” portatori degli
influssi celesti, permettendone la relazione con il Cielo tramite gli stessi spiriti (Hun, Po,
50
Traduzione italiana: Dal Huangdi Neijing Lingshu: la psiche nella tradizione cinese, Jaca Book, 1993.
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79
Yi, Xin e Zhi, rispettivamente insediati in ognuno degli organi dei cinque elementi).
Significativamente il nome dell’ottavo capitolo: Ben Shen, vuol dire appunto radicarsi
agli spiriti e il testo si divide in due parti. Nella prima Huangdi pone due domande a Qi
Bo, la prima: se l’uomo generato dalla virtù del Cielo, si svii dal retto cammino per colpa
sua o per colpa del Cielo. La seconda è una richiesta di spiegazioni sulle “Tredici
Istanze” che portano al Saper fare: viene in questo modo spiegato per gradi successivi
come tredici istanze, ciascuna in modo specifico conducano l’uomo alla realizazzione di
sè. Ed è chiaro che gli autori affrontano il tema della psicologia ( come scienza del
comportamento) cinese, legandola inevitabilmente alla sfera dell’anima o se vogliamo dei
soffi spirituali. Non può esser possibile in questo caso parlare di psicologia come è intesa
in occidente, potremmo definirla invece psico-spiritualità, e siccome sappiamo che gli
spiriti influenzano anche il corpo tramite i meridiani degli organi e dei visceri il termine
giusto è spirito-psico-somatica. Tale è la M.T.C. e tale abbiamo visto esser la naturopatia.
Non si stancano di ripetere gli autori francesi che non è possibile praticare la M.T.C.
senza questa cornice teorica e pratica. Tornando ai cinque spiriti essi albergano nei
cinque organi (zang) che contraddistinguono i cinque elementi nel corpo umano
(fluttuandovi) e se sono intrappolati o se non riescono ad entrare ciò è causa di malattie.
L’entrare e l’uscire nel corpo è paragonabile alla funzione delle cerniere tra il
macrocosmo esterno e il microcosmo interno. Viene ristabilita così quella continuità tra
salute psico-fisica e salute spirituale, basata sulla capacità dell’uomo di adeguarsi
(inevitabilmente) alle leggi che lo legano all’universo in un equilibrio armonico, e non
soltanto all’efficienza della costituzione fisica o ad un comportamento rispettoso della
morale sociale corrente in cui è immerso. L’essere umano non é immerso nella natura per
una sua concezione filosofica, esso vi é parte a priori, che lo voglia o no, tutti i suoi
tentativi per trascendere questa verità e ostinarsi che fa parte solo di un sistema culturale
e sostituire la natura con la civiltà , sono una pia illusione. L’universo così come é non è
una nostra invenzione come può esserlo la cultura, esso sempre viene prima di noi e
sempre sarà anche dopo di noi, nonostante i nostri sforzi o deliri di onnipotente
autosufficienza culturale vogliano negare. Quello che la cultura occidentale vuol proporre
é in realtà un progresso dell’Io, che nella sua accezzione più egocentrica della realta’ non
vuole più neppure riconoscere altre dimensioni che lo supportano; quello attuale é oramai
un uomo totalmente governato da questa porzione della psiche. Come afferma il sinologo
Alan Watts: l’Io oramai in Occidente é una entità, immaginabile tra le orecchie e dietro
gli occhi, contenuto in una sacca di pelle: il corpo, quest’ ultimo totalmente subordinato
79
80
alla psiche. 51
Le leggi dell’universo, dalla sua formazione al suo funzionamento sono
contenute e descritte nel testo taoista cinese: I Ching il “Libro dei Mutamenti”, del quale
dobbiamo la migliore traduzione al sinologo tedesco Richard Wilhelm, e preme anche
assolutamente ricordare che dobbiamo all’appassionato interessamento dello psicanalista
C. G. Jung se esso fu enormemente diffuso in occidente. Memorabile è la prefazione al
testo con cui Jung presenta all’Occidente questo testo, che ne fa un vanto della ricerca
mitteleuropea germanica, tuttavia é sempre a monaci e sinologi francesi che va il merito
di aver tentato nei secoli di introdurre in Europa il Libro dei mutamenti. 52 A Jung va
riconosciuto di aver introdotto nella psicoanalisi tutto un mondo energetico che va oltre le
forze libidiche e la predominanza degli impulsi sessuali della visione freudiana, egli
recuperando tutto il patrimonio filosofico occidentale con accento gnostico e
neoplatonico pone al centro e motore della psiche il concetto di individuazione dell’uomo
come di un percorso di consapevolezza e maturazione che coinvolge progressivamente
con le età della vita il corpo, la mente e lo spirito alla ricerca alchimisticamente
individuale della Via che conduce all’essenza, pur con gli strumenti forniti all’uomo
ovunque da sempre e per sempre dalla natura come immagini indelebili quali sono quelle
che lui definisce gli archetipi. Come sappiamo, Jung pone gli archetipi in un più ampio
modello di inconscio, rispetto a quello istintuale di Freud, che chiamera’: Inconscio
collettivo , situato in un livello intermedio tra la coscienza limitata dell’Io e la coscienza
cosmica. Come se l’uomo non potesse accedere altrimenti a Dio se non nella forma
indiretta delle immagini, che si fanno idee , attraverso l’esperienza che l’uomo fa della
natura. La natura vive in una danza di polarità, anzi di opposti complementari: che a
partire da quelli più eclatanti quali il luminoso e caldo sole del giorno e l’oscura e fredda
luna della notte possono essere racchiusi in due macro-categorie: tutto ciò che è maschile
oppure femminile e che Jung ravvisò esattamente funzionale, come nella visione taoista
dello yin e dello yang contenuta chiaramente a partire dall’antichissimo libro dell’I
Ching. Noi sappiamo che questi concetti, come del Sè e dell’influenza del simbolo sulla
psiche umana li aveva espressi anche Groddeck, ma l’enorme prestigio e autorevolezza
51
A. Watts: Il Tao della filosofia, Red ed., Cap. II: Il mito dell’Io.
In ordine cronologico l’I Ching fu scoperto in Cina da Matteo Ricci nel 1582, la prima pubblicazione il
latino fu del gesuita francese Nicolas Trigault nel 1626, Joachim Bouvet (1659-1730) scrisse due testi:
“Principio generale sullo studio dell’I Ching” e “Riassunto dell’I Ching” paragonandolo alle opere di
Platone e Aristotele, la prima traduzione abbastanza affidabile fu del J.B. Regis nel 1834: “Y Culture of
fear: Risk taking and the Moralità of Low Expectation, London, Cassel King antiquissimus sinarum liber”
riprendendo però una traduzione in francese del 1750 del gesuita francese Antonius Goubil. Nella seconda
metà del 1800 l’inglese James Legge pubblica la prima traduzione corretta del testo che comincia a essere
diffuso in Europa , ma quella del 1924 del sinologo tedesco R. Wilhelm è quella universalmente
riconosciuta come la migliore.
52
80
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che ha avuto Jung , insieme all’influenza della psicoanalisi, sulla società del novecento
hanno oscurato e relegato a fenomeno di nicchia e di ristretti e isolati circoli le idee e i
fermenti di quella che solo oggi chiamiamo naturopatia. Del resto che cosa sarebbe stata
la naturopatia senza quel volano di diffusione che è stato il movimento della New Age,
cui le idee romantiche di Jung, hanno suo malgrado, contribuito a far nascere alla fine
degli anni sessanta. Chi altri se non Jung ha potuto rendere addirittura popolari concetti
quali la Sincronicità: il fenomeno dei nessi acausali e della Coincidentia oppositorum
nell’interconnessione di misteriose forze parallele tra il cosmo e l’individuo e tra lo
spazio e il tempo 53. Chi se non Jung che ci ha reso comprensibili con i suoi saggi i testi:
del Bardo Thodol, del Mistero del Fiore d’ oro e dell’I Ching e ha potuto edificare un
ponte così solido e maestoso tra la cultura e le religioni dell’Oriente e la civiltà
occidentale, tanto che oggi maneggiamo con disinvoltura mandala, consultiamo con
serietà scientifica oracoli e sappiamo finalmente cosa è stato quel mistero secolare che è
stata la nostra alchimia occidentale. Ha dato più dignità a queste cose Jung (suo
malgrado) e gli junghiani poi, di quanto avesse potuto fare la naturopatia da sola e per
questo i naturopati considerano Jung un mito anche per loro e un ponte per il dialogo
proficuo con quella parte più sensibile della psicologia che definiamo umanistica che da
Jung porta a Fromm e a Hillman.
Concludendo questo paragrafo sulla naturopatia francese e riallacciandoci alle
concordanze tra aspetti del macro-cosmo nei micro-cosmi, non possiamo render merito a
questo paese se non parliamo anche dell’impulso che alcuni suoi esponenti hanno dato
alle riflessologie, in particolare la riflessologia auricolare. Per riflessologia si intende la
proiezione somatotopica dell’intero schema corporeo umano in particolari zone
concentrate del corpo che lo riproducono fedelmente in piccolo, secondo il ben noto
principio alchemico: così in alto così in basso e così nel macro dell’universo così nel
micro dell’atomismo. Del resto l’uomo e con sè tutte le singole altre creature cosa sono in
realtà se non altrettanti micro-specchi della grande natura: non abbiamo sempre creduto
di essere stati fatti a immagine somiglianza di Dio!
Non sembrerà così strano se in molte culture anche lo stesso quadro karmico
dell’individuo si è creduto di poter leggere concentrato nel palmo della mano, sulla fronte
o come per gli etruschi su un fegato. Le somatotopie che ci interessano dal punto di vista
terapeutico si trovano in tutte le zone del corpo ad elevata sensorialità: sull’orecchio
53
Sincronicity è stato anche il titolo di una famosa canzone che il popolare gruppo rock inglese The Police
ha dedicato all’opera di Jung.
81
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(auricoloterapia), sul naso (rinoterapia), sull’occhio (iridologia), sulla lingua, sulle mani e
sui piedi. In queste zone sono proiettate delle carte geografiche che riproducono
l’homunculus che ritroviamo anche nelle zone di proiezione della corteccia cerebrale,
nella zona motoria prerolandica e nella zona sensoriale parietale ascendente. Le mappe
agevolano il compito di indirizzare la diagnostica e la terapia stimolante, guidando nella
scelta dei punti più opportuni e funzionano come terminali che ricevono una gamma di
stimolazioni esterne (luce, calore, pressione, elettromagnetismo) e di segnali interni (stato
funzionale degli organi e loro carica energetica); perciò sono utilizzabili sia per
approfondire la conoscenza sullo stato di salute in un determinato momento, sia per
individuare le cure opportune.
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83
Illustrazioni di varie mappe somatotopiche
Noi prenderemo in esame solo la storia dell’auricoloterapia poichè in essa, come
nelle altre, possiamo rilevare l’evoluzione dei concetti che caratterizzano la naturopatia
moderna: i suoi miti e le sue mete. L’orecchio fu preso già in esame nel già citato Libro
canone di medicina dell’Imperatore Giallo ( Huangdi Nei Jing ) più di duemila anni fa, il
primo medico cinese specializzatosi nell’auricoloterapia fu Pian Que (400-310 a.C.) che
fu anche il padre della sfigmologia ( studio diagnostico dei polsi). In seguto le
stimolazioni del padiglione auricolare, utilizzate per influenzare il decorso delle malattie,
furono molto utilizzate sotto la dinastia Tang (618-907 d.C.); tuttavia stranamente in
seguito cadde un pò in disuso nella stessa Cina, per esser poi riscoperta nella Repubblica
Popolare solo in seguito alla sua riscoperta aggiornata da parte del francese P. Nogier,
come si vedrà. Comunque secondo la M.T.C. l’orecchio è considerato l’orifizio dei reni, è
soggetto quindi all’azione dell’energia ancestrale localizzata nei reni considerati il saggio
ancestrale, espressione per ciò che noi intendiamo come trasmissione dei caratteri
ereditari. Oltre ai cinesi, anche gli egizi la praticavano, ne abbiamo conoscenza perchè
Ippocrate ne parla nel suo trattato: Le arie, le acque e i laghi, scritto dopo un suo viaggio
in Egitto. Dobbiamo però attendere il 1637, quando il medico portoghese Zacutus
Lusitanus lasciò documentati rapporti sull’utilità di cauterizzazioni auricolari in caso di
sciatica. Successivamente, nel 1717, Valsalva accenna alle cauterizzazioni sull’orecchio
nel suo De aura humana tractatus, e più tardi, nel 1810 gli italiani Ignazio Colla e
Cecconi fecero importanti osservazioni in merito all’auricoloterapia. Dal 1850 fino al
1950 le sperimentazioni sono ancora alla fase non sistematica, lasciate all’intuizione di
pochi, senza seguito nel mondo scientifico, tra cui il medico corso Lucciani e M.
Malgaigne, fino a quando nella seconda metà del Novecento l’auricoloterapia irrompe
sulla scena francese e poi mondiale grazie agli studi di P. F. M. Nogier e R.J. Bourdiol. In
particolare a Nogier è dovuta l’intuizione di sovrapporre all’orecchio l’immagine
coincidente di un feto rovesciato, evidenziandone la formazione dei tre foglietti
embrionali da cui il feto deriva (ectoderma , mesoderma e endoderma).
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Mappa auricolare secondo Nogier
Mappa cinese
Par. B: La naturopatia in Gran Bretagna e negli U.S.A.
La floriterapia da Bach a Kramer e Orozco.
Henry Lindlahr (1862-1924), è considerato un padre acquisito della naturopatia
americana, giacchè: nato in Germania, emigrò ben presto in America dove si dedicò al
commercio. Purtroppo la salute andò peggiorando, per via di un diabete, ma in quel
periodo leggendo le teorie sulla corretta alimentazione contenute nel libro di Kuhne, La
nuova scienza della guarigione, cominciò a seguirne il regime, migliorando decisamente
il suo stato di salute.
Decise allora di recarsi in Europa, dove consultò Kneipp. Entusiasta di queste
esperienze, seppur già in etaà avanzata, tornato in America decise di diffondere le
pratiche naturopatiche negli States, dove non erano conosciute affatto. Nel 1902, sostenne
con successo l’esame d’ abilitazione ad esercitare come dottore in medicina naturale
nell’Illinois. Nel 1904 si laureò in medicina e iniziò la professione di nutrizionista. Per far
eseguire correttamente le sue diete e controllare costantemente i pazienti fondò una casa
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di cura, che chiamò Lindlahr sanitarium for Nature Cure and Osteopathy .Come per tutti
i medici naturopati europei, la malattia cronica era causata dall’accumulo di sostanze
tossiche e velenose nell’organismo e il cosiddetto disturbo acuto era il risultato dello
sforzo di guarigione interno che stava compiendo la natura. Inoltre secondo Lindlahr ,
tutti i disturbi si manifesterebbero prima in forma acuta per diventare poi cronica, come
risultato della soppressione dell’acuto da parte della medicina ortodossa: “Se i disturbi
acuti fossero trattati in modo naturale, non ci sarebbero disturbi cronici da curare”.
Nella sua terapia per il Ritorno alla natura , basilare fu il concetto di dieta
naturale, utilizzando il cibo come farmaco, limitando fortemente l’uso di grassi animali e
sostenendo la cucina vegetariana. Lindlahr fu il primo a scoprire le intolleranze
alimentari, e il digiuno terapeutico durante le Healing crisis. Centrali nelle sue pratiche
rimanevano comunque: l’idroterapia, l’iridologia, l’elettroterapia, la cromoterapia, il
massaggio e l’osteopatia. Oltre alla casa di cura, l’importanza di Lindlahr è legata alla
fondazione nel 1922 della scuola per l’insegnamento della Naturopatia: il Lindlahr
Health Institute di Chicago, tuttora operativa.
Un’ altro tedesco, Benedict Lust (1872-1945), trasferitosi negli U.S.A. nel 1892,
fu predestinato anch’ egli da una malattia, che curò con successo in Europa da S. Kneipp,
ad intraprendere la carriera di naturopata. Nel 1896 divenne il rappresentante ufficiale di
Kneipp in America, nel 1902 diresse la rivista The Naturopath, fondò un centro di cure
naturali e un college per l’insegnamento. Egli definì la naturopatia:
“ Una scuola terapeutica distinta, che opera attraverso il potere delle forze naturali quali acqua,
aria, luce, sole, terra, erbe, elettricita’, magnetismo, esercizio, riposo, dieta; varie modalita’ manuali,
ovvero massaggio, osteopatia, chiropratica, non che la scienza morale e mentale”.
Lust nella sua scuola e nei suoi cottage di cura che chiamò Jungborn, promosse
l’insegnamento dello yoga in America, e questo fatto è importantissimo perché segna
l’inizio della contaminazione delle discipline orientali nella naturopatia occidentale, che
porterà poi in America all’avvento del fenomeno, divenuto poi mondiale della New Age,
con la grande diffusione delle medicine tradizionali cinese e ayurvedica.
Tuttavia le vere origini della naturopatia gli americani le debbono ai nativi e ai
loro men-medicine, che avevano sviluppato notevoli conoscenze delle loro locali erbe,
apprezzatissimi dall’esercito americano quanto disprezzati dall’ordine dei medici come al
solito. Gli indiani iniziarono i primi coloni bianchi all’uso di molte erbe curative:
cimicifuga e cohosc blu, viburno, eupatoria, cascara sagrada, la preziosissima echinacea,
lobelia, salsapariglia, mahonia, pruno della Virginia e amamelide, sono tuttora fra le più
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importanti erbe dell’erboristeria attuale ormai globalizzata. Il primo naturopata di rilievo
americano infatti studiò erboristeria con dei guaritori indiani, ci riferiamo a Samuel
Thomson (1760-1843) nato ad Alstead nel New Hampshire. Nel 1800 sua figlia si
ammalò gravemente, insicuro delle proprie capacità (non era un medico infatti) chiamò
un medico che le diagnosticò un male incurabile. Allora decise di curarla con le erbe e
con i bagni bollenti, ispirato dalla pratica indiana delle tende da sauna. Guarita la figlia
ben presto si dichiarò medico, continuando a detestare i medici “regolari” che si
affidavano a lassativi, salassi e preparazioni mercuriali. La sua erba preferita era la
lobelia o tabacco indiano, che in quantità elevate causa vomito. Nel 1809 Thomson fu
arrestato per omicidio in seguito a presunta somministrazione di elevata dose di lobelia.
Fu però assolto per mancanza di prove sulla tossicità della lobelia. Dopo l’assoluzione di
Thomson, i medici regolari del New Hampshire continuarono a considerarlo una
minaccia, ed esercitarono le loro pressioni affinché fosse diffidato dal praticare la
medicina in quello stato. Ma fu allora che la notorietà di Thomson assunse portata
nazionale, infatti nel 1839, al culmine della sua popolarità, si riteneva che la metà della
popolazione dell’Ohio praticava la sua fitoterapia. Alla sua morte nel 1843, sulla base del
suo sistema terapeutico si erano formati molti naturopati tra cui ne ricordiamo uno: John
Kellog di Battle Creek nel Michigan, che inventò il primo alimento dietetico americano,
il fiocco di granturco (cornflake) e fondò la Kellog cereali. Tuttavia la medicina
thomsoniana fu largamente sostituita poi dall’omeopatia e dall’erboristeria eclettica. Però
ancora nel 1820 un gruppo di terapeuti thomsoniani formatisi con gli indiani e dei medici
regolari pentiti crearono la Reformed Medical Society, con lo scopo di promuovere tale
medicina largamente ancora erboristica. Nel 1830 l’associazione riunitasi a New York
decise di fondare una sua scuola medica riformata. Ne fondarono poi un’ altra
a
Cincinnati nell’Ohio (Eclectic Medical Institute), più vicini alla grande frontiera con gli
indiani, dove era popolarissima e definirorono il loro approccio all’erboristeria eclettico,
che combinava le tradizioni europea, asiatica, indina e slava, e fu la prima scola di
medicina americana ad ammettere le donne. Gli eclettici erano erboristi con una
impostazione scientifica, essi conducevano esperimenti sulle erbe, le analizzavano dal
punto di vista chimico, estraevano i loro principi attivi, pubblicavano le loro ricerche in
riviste scientifiche ed ebbero un ruolo di primo piano nelle prime industrie farmaceutiche.
Gli anni tra il 1880 e il 1900 segnarono l’apogeo della medicina eclettica, con circa 8000
medici aderenti. La popolarità degli eclettici, tuttavia, prese a declinare nel XX secolo
finchè nel 1939 l’istituto laureò la sua ultima classe. L’eredità degli eclettici sopravvive
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ancora oggi nei programmi di medicina erboristica delle due scuole nazionali americane
di naturopatia: il National College of Naturophatic Medicine of Portland (Oregon), e il
John Bastir College di Seattle, (Washington).
La naturopatia inglese invece, vanta sicuramente tre personaggi di fama : James
Thomson, Stanley Lief e Eduard Bach padre della floriterapia da lui scoperta.
Thomson nacque in Scozia nel 1887, la sua adolescenza fu minata dalla tubercolosi,
arrivando fino al punto di arrivare ad una prognosi di tre mesi di vita. Fortemente
determinato andò a curarsi in Michigan, nella clinica naturopatica di B. Macfadden, dove
per la prima volta veniva praticata l’idrocolonterapia insieme alla digiunoterapia.
Conobbe poi Lindlahr, per conto del quale per un certo periodo diresse la sua clinica, in
seguito si dedicò solo alla libera professione. Nel 1921 ritornò in Scozia, dove fondò una
rivista, che chiamò Rude Health (Salute grezza), e dove importò la prima lampada al
mercurio a vapore per la terapia dei raggi ultravioletti. Nel 1913 Thomson fondò la
Edimburgh School of Natural Therapeutics (Scuola di terapie naturali di Edimburgo). Nel
1927, dopo aver fondato insieme a Lief l’Associazione di terapie naturali, aprì quello che
di fatto divenne il primo ordine professionale dei naturopati inglesi: la Society of
Registered Naturopaths. Stanley Lief nacque in Lituania (1891-1963), ma si trasferì
presto con la famiglia in Sudafrica. Era anche egli di salute cagionevole, per cui divenne
sensibile al mondo della medicina, soprattutto quando osservava i nativi che si curavano
con forme di digiuno terapeutico. Informatosi delle terapie sul digiuno dalla rivista di
Macfadden si trasferi in America, dove studiò naturopatia. Trasferitosi ancora in
Inghilterra, diresse a Brighton un centro di salute Macfadden. Dopo la guerra aprì un suo
centro nei pressi di Londra. Lief credeva nel potere terapeutico della febbre, che se
guidata, poteva purificare lì organismo e ciò era possibile seguendo cinque strategie:
digiuno, regolarità intestinale, bagni caldi, aria fresca e riposo. Nel 1938 riuscì ad aprire
un college di naturopatia, tuttora funzionante, il Brithish College of Naturopathy and
Ostheopathy, i cui corsi sono parte dell’ordinamento della London Westminster
University . La sua casa di cura di Champneys continuò ad operare anche dopo la sua
morte nel 1963, ma chiuse nel 1972, e fu trasformata in un Centro di salute che
funzionava secondo i principi di medicina preventiva.
Come abbiamo visto molti
degli autori presi in considerazione, sono stati importanti perloppiù perchè hanno fatto
evolvere la naturopatia nella teoria e nella pratica. Solo le idee di alcuni di essi però sono
sopravvissute al tempo e rimaste attuali, tra i quali potremmo citare sicuramente
Hahnemann, Kneipp, Steiner e Bach; ciò è dovuto soprattutto al fatto i loro insegnamenti
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sono stati tenuti vivi, diffusi e perfezionati nel tempo da una struttura di allievi validi
diffusa in tutto il mondo , come vedremo nel caso della diffusissima e attualissima
floriterapia del dr. Bach. La biografia di Edward Bach ci permette di evidenziare alcune
costanti , già viste in altri naturopati, necessarie per poter acquisire quella particolare
sensibilità tipicamente diversa da quella del
medico. Ci riferiamo all’aver fatto
esperienza della patologia in età infantile e adolescenziale, all’aver visto le difficoltà dei
ceti meno abbienti a fruire di cure complete da parte dello stato o dalla classe medica, e
all’aver intuito che l’essere umano non ha bisogno solo di medicine per prendersi cura dei
suoi stati patologici ma magari anche di un sostegno spirituale (parliamo di un epoca
dove la psicoanalisi ancora non si conosceva), e infine l’aspirazione di trovare un sistema
semplice di diagnosi e cura per riequilibrare se stessi con la natura.
Edward Bach nasce a Moseley , nei pressi di Birmingham, nel 1866, primo di tre figli.
Nonostante la sua costituzione fisica delicata, il giovane Bach già ebbe modo di riflettere
confrontarsi con la condizione umana, facendo l’apprendista nella fonderia di ottone che
la sua famiglia gestiva. L’osservazione delle malattie fisiche e dei conseguenti conflitti
psicologici e spirituali tra i suoi operai che non potevano permettersi una assistenza
medica adeguata e il desiderio di aiutarli ad aiutare se stessi furono il punto di partenza
della sua attività futura di medico e naturopata. Tra il 1906 e il 1913 si laurea in medicina
prende l’abilitazione all’esercizio medico, diviene responsabile del pronto soccorso
dell’ospedale dell’University College, in seguito assistente del reparto di batteriologia e
immunologia. Grazie a questa attività riconosce le connessioni tra i ceppi batteriologici
nell’intestino umano e la comparsa delle malattie croniche e comincia a preparare una
serie di vaccini da ceppi batterici intestinali. Nel 1922, in seguito a gravi problemi di
salute, viene operato per un tumore alla milza, ma purtroppo con una prognosi di tre mesi
di vita. Tuttavia fortemente in sintonia con il suo destino, vivrà ancora altri ventiquattro
anni , fermamente convinto di dover continuare le sue originali ricerche. Nel 1918 passa
dalla medicina allopatica a quella omeopatica lavorando presso il London Homeopathic
Hospital, dove ipotizza che la tossiemia intestinale da lui osservata sia identica al
concetto di psora di Hahnemann . Continua a preparare vaccini come nosodi omeopatici,
i cosiddetti nosodi di Bach, che egli classifica in sette gruppi a seconda della
fermentazione sullo zucchero. Dopo aver trattato con successo centinaia di pazienti, Bach
comincia ad associare ogni ceppo batterico a un determinato stato d’ animo, intuizione
che fa di lui un autentico padre della psicosomatica. Il suo vero obiettivo sara quello di
arrivare ad emettere diagnosi esclusivamente in base alle caratteristiche emotive e
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temperamentali. Dal 1920 al 1930 a Londra apre un laboratorio a Crescent Park, uno
studio in Harley Street e un consultorio per bisognosi a Nottingham Place.
L’osservazione approfondita delle componenti psichiche porta al riconoscimento intuitivo
di determinate tipologie spirituali e modalita’ di reazione della natura umana: Bach
ipotizza che gli uomini reagiscano alla comparsa delle malattie, a seconda della loro
appartenenza a queste tipologie, in modo sempre uguale o perlomeno simile. Comincia a
testare in modo omeopatico tre piante: Impatient, Mimulus e Clematis. Nel 1930,
all’apice della sua carriera di medico omeopata, Bach decide di vendere il suo studio
londinese per dedicarsi completamente allo studio dei diversi tipi di personalità e alla
ricerca delle corrispondenti piante curative. Si trasferì quindi nell’intatto paesaggio del
natio Galles, dove insieme alla sua assistente Nora Weeks comincia a scoprire dapprima
quelle piante che chiama i dodici guaritori: dodici tipologie psicologiche anche
corrispondenti alle caratteristiche psicologiche dei 12 segni zodiacali,
poi i quattro
aiutanti e in seguito i restanti ventidue degli ormai famosi fiori di Bach. Abbandona
anche il procedimento d’ estrazione omeopatico per postulare il nuovo metodo del sole; la
formulazione del metodo da lui scoperto viene contenuta con una semplicità unica nel
testo da lui scritto: Guarisci te stesso. Il metodo vuole che l’energia dei fiori raccolta
nella rugiada del primo mattino passi attraverso il calore solare nell’acqua di raccolta così
energizzata. Ma tale metodo era già in uso presso gli alchimisti come questa illustrazione
tratta dal Mutus Liber testimonia.
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L’illustrazione mostra l’operazione (alchemica) dell’estrazione della sostanza strizzando
un panno intriso della rugiada primaverile: la presenza dell’ariete e del toro segni
primaverili lo testimonia, il tutto all’interno delle inevitabili polarità macrocosmiche: il
sole e la luna, e microcosmiche: l’uomo e la donna.
Completata la serie delle essenze necessarie, a cinquant’anni nel 1936, tenne la prima
conferenza a Wellinford, il 27 novembre dello stesso anno si spegne nel sonno.
I suoi collaboratori: Nora Weeks e Victor Bullen continuarono il suo lavoro fino al 1978
e nominano a loro volta gli attuali amministratori e custodi dell’opera di Bach nel Bach
Centre. Chiunque voglia spiegare il pensiero di Bach, rischia di commettere l’errore di
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complicarlo nel tentativo di spiegare e dimostrare cose che solo la purezza dell’animo di
Bach hanno concepito. E’ sufficiente infatti leggere il breve testo Guarisci te stesso per
spazzare via qualunque velleità di ricondurre Bach in alvei vicini ad ambienti scientifici.
Molti medici e psicologi pur attratti dal suo operato si affannano a voler dimostrare cose
che solo l’esperienza delle altezze spirituali possono far comprendere. La semplicità di
Bach è veramente disarmante, egli esprime il linguaggio della natura e delle emozioni.
Invece assistiamo oggi, per effetto della grande moda della floriterapia, a un proliferare di
medici e psicologi che vogliono inquadrare per forza i fiori rigidamente in specifiche
patologie. Dimenticano essi, semmai l’avessero letto il motto di Bach:
“ Guarisci l’individuo e non la malattia”
Riproporre il seguente passo sul concetto di malattia, tratto dall’opera Guarisci te stesso,
ci permetterà di non aggiungere altro alla comprensione piu’ profonda della floriterapia di
Bach.
“La malattia non potra’ mai essere curata ne alleviata con i metodi materiali finora adottati
perche’ la sua origine non risiede nel materiale. Infatti cio’ che definiamo malattia è solo il risultato finale,
a livello organico, dell’azione bloccante di forze interne profonde. Anche quando una cura materiale da in
apparenza dei buoni risultati, la sua azione non sara’ che di sollievo momentaneo se non verranno
identificate ed eliminate le vere cause. L’attuale tendenza della scienza medica ha enormemente aumentato
la potenza della malattia, perche’ ha erroneamente interpretato la sua vera essenza e l’ha ridotta a
manifestazioni organiche percepibili solo materialmente. Dato che quindi viene distolta l’attenzione dalle
vere cause della malattia, non vengono neanche intrapresi adeguati sforzi per eliminarle. Limitandosi a
considerare la malattia in modo meramente organico viene diminuita la speranza di una guarigione
definitiva, e anzi viene creato un eccessivo potenziale di paura della malattia. Poiche’ la malattia è per
essenza il risultato di un conflitto tra il nostro Io Superiore e la nostra personalita’ verra’ veramente e
definitivamente sbaragliata solo attraverso uno sforzo mentale e spirituale. Cure dirette esclusivamente
alla sfera organica possono dare come esito solo un’ aggiustamento superficiale del danno, ma non la
guarigione, poiche’ le cause della malattia permangono e possono tornare a manifestarsi in qualsiasi
momento. Una guarigione apparente puo’ addirittura essere dannosa, poiché nasconde alla vista la vera
causa della malattia. E mentre il paziente è felice della salute apparentemente ritrovata, la causa della
malattia, non considerata, puo’ aggravarsi”.
Secondo Bach il naturopata del futuro saprà di non possedere di per sé la forza
guaritrice, ma se dedicherà la sua vita al servizio del suo prossimo e studierà la natura
umana così a fondo da comprenderne almeno il senso, gli si potrà svelare la vera sapienza
che sola può guarire le persone. Comprenderà che la salute, così come la vita, proviene da
Dio come affermava Paracelso; il medico, infatti, e i mezzi di cui dispone sono solo
strumenti del piano divino, o del Sé come direbbe Groddeck, e servono a riportare il
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malato nell’ordine della legge universale. Le terapie dovranno trasmettere al malato
essenzialmente la fede e la speranza di una Via trascendente alla guarigione intesa come
via di salvezza per non persistere nella confusione e nel disordine dell’ignoranza e del
dolore.
Una via tutta particolare è stata quella intrapresa dal tedesco Dietmar Kramer, al
quale va riconosciuto il merito di aver formulato un ambizioso piano teorico per la
floriterapia, fondendo la visione energetica della medicina tradizionale cinese e la visione
spirituale della naturopatia con la psico-dinamica della moderna psicologia. Ne risulta di
conseguenza una nuova logica terapeutica che coinvolge l’agopuntura, la cromoterapia e
l’astrologia come egli spiega nei suoi tre volumi che compongono il suo testo base:
Nuove Terapie con i Fiori di Bach.
Kramer nasce in Germania nel 1957, il suo rapporto con l’essere umano emerge fin da
giovane con potenti doti di sensitività. Pur avendo intrapreso un corso di fisica, lo
abbandonò desideroso di aiutare il prossimo divenendo naturopata. Dal 1983 al 1989 è
stato docente alle scuole di naturopatia di Wurzburg e di Francoforte. Attualmente tiene
seminari sul suo metodo, e oltre al testo gia’ citato ha pubblicato nel 1989 Omeopatia.
La grande originalità teorica di Kramer sta principalmente nell’aver abbinato dodici fiori
di Bach: i dodici guaritori, che chiamerà: Fiori di comunicazione, con i dodici meridiani
dell’agopuntura. Ai suddetti fiori ha legato i restanti in triplette creando così dodici
binari, che possiamo distribuire nella ruota mandalica detta del Re Wen dei cinque
movimenti-elementi. Nelle tabelle seguenti si possono vedere le corrispondenze tra i fiori
e i binari e tra i binari e i cinque elementi.
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Tabella dei binari denominati dal rispettivo fiore di comunicazione.
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Relazione tra i binari e gli elementi.
Queste particolari connessioni di fiori ricalcano il tracciato di percorsi psichici legati ai
vissuti emotivi partendo dalle superfici più sintomatiche per arrivare alle profondità
causali. Vengono così fatti risaltare con estrema precisione quei meccanismi di difesa che
nascondono le vere cause e che possono governare negativamente tali percorsi o
attitudini. Questi meccanismi vengono analizzati nella loro dinamica energetica di
rimbalzi ciclici tra forze in conflitto di tipo yin e yang. L’originalità terapeutica sta
nell’intervento su tali meccanismi, rappresentati dai fiori detti di compensazione e
decompensazione, per poi approdare all’autentico stato profondo e causale dello
squilibrio delle polarità. Perchè per Kramer , in perfetto accordo con l’energetica cinese,
la malattia è il prodotto dello stato alterato della Via equilibrata tra le polari mutazioni dei
cinque elementi, vissute all’interno e all’esterno dell’essere umano.
L’interdipendenza, anzi la continuità tra ciò che chiamiamo interno ed esterno al corpo,
sia in senso biologico che psicologico è il presupposto irrinunciabile per la logica del
pensiero di Kramer, che da senso anche alla necessità dell’intervento astrologico. Ma
questa è la vera dimostrazione di come si possa fare della moderna naturopatia, con
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arricchimenti interdisciplinari, pur utilizzando teorie e strumenti antichi come il senso
del destino e l’astrologia, come ci ha insegnato Paracelso e abbiamo fatto e continueremo
a fare per millenni perchè questa è la nostra ricchezza (se la si vuol comprendere), sensa
complessi d’ inferiorità con altre discipline, perchè diversamente non può essere
concepita la Naturopatia.
Kramer estrapola dai 38 fiori di Bach cinque essenze che
chiamerà fiori esteriori, che determinano quegli atteggiamenti negativi dinamicamente
causati da fattori esterni ( traumi, iperinfluenze, stress, situazioni fortemente
responsabilizzanti), rispetto ai 33 rimanenti che chiamerà fiori interiori. I fiori esteriori
che sono: Star of Bethelem, Walnut, Aspen, Elm e Gorse agiscono come gli spiriti cinesi
Hun, Po, ecc. che gli corrispondono e caratterizzano l’esterno dei cinque mutamentielementi. I fiori interni sono raggruppati per triplette in binari che prendono il nome dal
fiore di comunicazione. Tale fiore di base della personalità corrisponde al modo con cui
facciamo esprimere le nostre qualità tra il Sé da un lato e il mondo esterno dall’altro,
quali: la gioia , il coraggio, l’umiltà, la volontà, ecc. o invece reagiamo al mondo se la
comunicazione con il Sé è bloccata esprimendoci con paura, confusione, indecisione,
sfiducia, tristezza, ecc. Poichè queste negatività ci impongono un faticoso lavoro sulla
nostra consapevolezza, ecco che spesso è più allettante illusoriamente compensare con un
atteggiamento opposto, seguendo la legge dello yin e dello yang, tipo obbedienza vissuta
come servilismo (fiore di comunicazione yin: Centaury), rimossa poi con ribelle
animosità (fiore di compensazione yang: Holly). Se infatti la persona non ha imparato
l’insegnamento dell’esperienza del fiore di comunicazione, può preferire alla
consapevolezza una compensazione parzialmente efficace della sua specifica carenza. Ma
un tale stato dopo aver per un pò alleviato il sintomo energetico, il disagio psicologico,
muta in direzione decompensante opposta; in questo caso nel senso di colpa, (fiore di
decompensazione yin: Pine) per la ribellione espressa con lo stato Holly. Poiché nessuno
di questi stati esprime una vera sintonia con il Sé , qualora il destino avesse previsto per
noi una vita al servizio del prossimo, tutto ciò rappresenta solo una vana e circolare fuga
della persona in balia di eventi che non vivrà mai come propri e da cui sarà impegnato
energeticamente a difendersene come appunto si fa con i fantasmi.
Il pensiero di Kramer non va assolutamente confuso con una qualunque teoria
comportamentista e relazionale, poichè la disfunzione si esprime nel comportamento e a
carico dei territori corporei percorsi da meridiano corrispondente, e l’obiettivo terapeutico
non si limita a un miglioramento solo sull’asse orizzontale delle relazioni interno-esterno,
individuo-società, ma anche e soprattutto in quello verticale della consapevolezza Io-Sé.
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Un altro buon esempio che evidenzia come un binario di fiori possa ricalcare l’azione
dinamica tipica di uno stato agito da un cosiddetto meccanismo di difesa: in questo caso
la negazione, può essere quello rappresentato dal binario del fiore Schlerantus. Sul
mandala cinese degli elementi-movimenti, Kramer posiziona il fiore di comunicazione
Schlerantus (insieme al binario di Impatient) nell’elemento Legno. Questo elemento nella
M.T.C. viene chiamato il generale, perché rappresenta la capacità d’azione e la decisione
rapida. Nello stato negativo Schlerantus esprime appunto l’indecisione tra possibilità
anche e soprattutto opposte. Lo stallo decisionale che ne consegue ( con ricadute fisiche
sui territori attraversati dal meridiano del fegato) può far emergere i meccanismi di difesa
della rimozione e della negazione del problema, restringendo la realtà ad una porzione
sicura e limitata ma allo stesso tempo rigidamente mantenuta. Posizione questa tipica
dello stato successivo a Schlerantus determinata dal fiore di compensazione di Rock
Water vissuto negativamente. In realtà il problema non tarderà molto a riemergere in tutta
la sua urgenza, ricomparendo all’inizio in altri ambiti: in quello spirituale attraverso
simboli onirici, in quello mentale con fobie ossessive e sul piano fisico con sintomi
ipocondriaci (spesso allergie cutanee ). Queste manifestazioni ci indicano chiaramente
che siamo passati allo stato del terzo fiore del binario: il fiore di decompensazione di
Crabe Apple. L’oggetto così rimosso riemergerà simbolicamente come materiale
inaccettabile ma apparentemente controllabile, come lo sono le fobie con i loro
investimente oggettuali sulla polvere, lo sporco, gli insetti, ecc. La situazione andrà così
avanti, secondo Kramer, finquando il soggetto non sarà costretto a ritornare a capo del
binario, e riesaminare la problematica per far evolvere la situazione e la consapevolezza,
e per evitare di rimanere invischiato nella coazione a ripetere il processo del binario. Il
disturbo osservato va quindi trattato come la chiave per aprire la porta del senso del
nostro destino, ma anche per evitare che l’elemento disturbato danneggi altri elementi
secondo le leggi del ciclo di distruzione della M.T.C., non si tratta quindi di un
intervento di psicoterapia come potrebbe apparire, ma di moderna Naturopatia.
Molti psicologi e medici comunque hanno voluto intersecare la floriterapia nelle
psicoterapie e molto diffusi sono i manuali diagnostici dei fiori legati alle patologie, un’
esponente molto famoso di questa tendenza meno ortodossa è il medico spagnolo Ricardo
Orozco .
Orozco, laureatosi in medicina nel 1982, ha scelto di seguire la strada della Naturopatia
specializzandosi nella chiropratica , nello shiatzu e nella M.T.C. Occupandosi dal 1990 di
floriterapia, insieme ad un gruppo di terapeuti fonda un centro: il Sedibach di Barcellona.
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Ad Orozco si da il merito di aver esplorato nuovi orizzonti terapeutici con i fiori di Bach,
soprattutto sull’uso esplicitamente più sintomatico dei rimedi, miscelati in creme per
l’uso topico. Sulla scorta di pur stringate indicazioni terapeutiche dello stesso Bach, il
quale ricordiamo preparò l’unica sua crema detta: Rescue Cream, egli prepara due nuove
creme, e da le indicazioni per preparazioni personalizzate. Dobbiamo ricordare che anche
Kramer ha sviluppato l’uso delle creme e delle compresse cutanee da applicare sul corpo
che egli ha compreso in una mappa zonale cutanea.
Anche Orozco riprende i dodici guaritori che chiama Fiori Tipo, cui fa seguire delle
possibili catene di più fiori che chiama Estensioni, che possono sembrare forse più fluide
delle triplette krameriane, come si potrà osservare nella seguente tabella .
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Schema delle estenzioni di Orozco.
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Cap. 7
LE RICERCHE SULLA SPIRITUALITA’ IN NATUROPATIA.
Negli ultimi decenni del XX secolo abbiamo assistito ad un’ enorme bisogno di
recupero del rapporto con il divino che ha alimentato è reso attuali perfino le più antiche
ed estranee pratiche religiose e filosofiche rispetto alla nostra cultura. Si potrebbe non
essere molto d’accordo nell’omologare tutti i popoli dell’occidente in una sola cultura
come si tende a fare, contrapponendola a quella dell’oriente. Infatti, per quanto è vero che
tutto l’occidente è variamente cristiano e quindi potrebbe recuperare le sue radici
religiose senza scomodare spiritualità dell’altro emisfero orientale, tuttavia siccome è
stata proprio questa la richiesta sul “mercato” delle religioni, dobbiamo ora interrogarci
su più aspetti della questione, perchè il fenomeno dell’orientalismo ha investito in pieno
come vedremo anche la Naturopatia. Come abbiamo detto esiste in occidente, mai come
adesso, un grosso bisogno di spiritualità, alimentato (suo malgrado) da quello che ora si
può identificare come l’unica, vera e certa cornice unificante di questa parte dell’umanità
che è l’ideologia capitalista. E’ innegabile che con questa ideologia si è voluto perseguire
un’ idea di progresso contraddistinta e motivata dalla ricerca della felicità o del benessere
ricercandola nel successo economico e materiale, spendibile nell’immediato qui e ora
terreno. Il guaio è che, oltre ad un’ indubbia diffusione di migliori condizioni di vita e più
omogenee distribuzioni di beni e servizi alla persona, come non si era mai visto nei secoli
passati, il capitalismo ha generato una perversa corsa ad alimentare senza sosta sè stesso e
non più il benessere spirituale delle persone, le quali ne sono divenute inconsapevoli
schiave. La necessità a questo punto di alimentare la macchina capitalistica si fonda
totalmente sull’incessante competitizione fra le singole economie nazionali a produrre
prodotti sempre più nuovi che devono essere assolutamente venduti, e con il profitto
ricavato incrementare senza fine il meccanismo, bruciando senza sosta limiti e risorse.
L’essere umano occidentale potrebbe ora vivere sicuramente con meno di quello che il
mercato gli propone, ma se si accontentasse di ciò fermerebbe la corsa del cosiddetto
progresso, e perciò con il consumismo è costretto a credere che i bisogni dell’economia
siano i suoi unici bisogni personali (e a ricordarcelo ci pensa la pubblicità), e con
l’egoismo individualista è costretto a dar sfogo al suo imposto impulso all’accumulazione
di beni materiali che lo dovrebbero far sentire appagato e che scambia per libertà. Ma il
prezzo pagato alla società dell’economia con il consumismo e l’individualismo non è solo
99
100
la perdita della libertà dall’attaccamento e dall’ignoranza (nel senso di smarrimento della
consapevolezza), ma al dunque perdita della stessa identità umana che è fatta anche di
anima, cui non si può rinunciare neanche se lo volessimo, perchè la dimensione spirituale
è una insopprimibile componente strutturale di ogni singola creatura come lo è per la
Natura stessa.
A meno di non volerci trasformare in androidi, il perseguire questo tipo di ideologia è
volto proprio a scardinare uno dei cardini della filosofia della Naturopatia, quello che
vede nella coscienza del limite una qualità della saggezza umana. La vera ricchezza
infatti è la liberazione dal falso , dal superfluo: dal non essenz-iale che ci distoglie e ci fa
perdere tempo prezioso e vita al conseguimento del nostro vero scopo che chiamiamo
destino naturale. Destino che si rivela solo trascendendo il non essenziale e dando spazio
trascendentale all’essenziale che nell’universo è presente come essenza divina o appunto
spirituale. L’egoismo e l’avidità volute da un Io pervaso di delirio onnipotente altro non
hanno creato in quei popoli che l’hanno perseguito illusioni e miserie e malattie come
sintomi di una pericolosa involuzione psicologica ( non è un caso che la psicoanalisi e la
Naturopatia siano nate nella Germania che tanti dolori procurò e provò essa stessa). Per
curare poi questi profondi mali non basta più poi ricercare il proprio vero destino o
vocazione, alleviando l’angoscia esistenziale e la depressione con la psicologia, serve
allora un disperato appello al Dio che nella sua infinita misericordia ci perdoni, ci guidi e
ci salvi. Volgerci ad un orizzonte spirituale è anche un modo per sottrarci alla cultura
della paura e della terapia, come teorizzato da F. Furedi, 54in cui si è cacciata la società
attuale con il suo angoscioso sospetto aleggiante nell’aria, come una minacciosa spada di
Damocle, tale che ogni male, anche il semplice disagio esistenziale, con la sua funzione
per una sana evoluzione, è per forza patologia. In una cultura positivista che si fonda sul
perfezionismo a ciò che è patologico necessariamente deve corrispondere prontamente la
terapia dello specialista, del terapeuta che ci guarisce. La cultura della patologia è
l’ultima forma attiva di ideologia del dominio: “Sei malato! Ti curo e ti controllo”.
Proprio per questa ragione, è oggi molto difficile per il naturopata parlare di una
attività rivolta a persone portatrici di problemi esistenziali senza ritrovarsi ad avere a che
fare, quasi fosse un ingombrante convitato di pietra, con la psicopatologia, se appunto
ogni qual volta si stia male, ipso facto si sia malati. C’è da aggiungere che oggi ormai la
dimensione psicologica legata all’emozionalità dell’individualità soprassiede a tutte le
altre realtà: problemi che una volta erano considerati culturali, religiosi, economici e
54
Frank Furedi,Culture of Fear: Risk Taking and the Morality of Low Expectation, London , Cassel , 1997.
100
101
educativi sono oggi ritenuti psicologici. Giustamente Furedi afferma che:
“Le
esperienze dolorose erano interpretate come parte di un sistema di significati delle comunità piuttosto che
come sintomo di un problema emozionale individuale. Il venir meno di quel sistema di valori e del legame
sociale che rendeva coesa una comunità, da un lato ha fatto perdere il senso delle esperienze di dolore e
perciò la capacità di affrontarle, dall’altro ha reso più difficile per gli individui definire una propria
identità; conseguentemente, sempre più persone si identificano attraverso le proprie dipendenze, sindromi
e malattie fisiche. Quest’ ultimo fatto spiega perché si assista a quel paradossale fenomeno mediatico di
ostentazione delle proprie fragilità, particolarmente vistoso in alcune trasmissioni televisive: mostrare ogni
personale “patologia” è diventata una virtù pubblica che ha sostituito antiche qualità come
l’autocontrollo, l’intelligenza, l’autonomia morale, la maturità, la responsabilità.” 55
Oggi che viviamo nell’era innaturale della cultura virtuale mediatica dove l’identità degli
individui non sono lasciate al caso o alla libera scelta, ma anzi vengono subliminalmente
finalizzate, manipolate e pre-confezionate, quanta angoscia e depressione quindi può dare
l’esser naturalmente sani o lo star bene, se un tempo questo significava esser
creativamente liberi di esprimere la nostra originalità.
Non si sa più chi siamo, all’alienazione si preferisce una bella diagnosi e una terapia
interminabile, abdicando: qualcuno si prenda cura di noi! Che sia medico, psichiatra o
papa diteci voi come volete che viviamo! Possibile che per star bene non ci resta che star
male? La spiritualità dunque non essendo stata ancora condannata dalla psicopatologia,
rimane quella vetta ancora sufficientemente alta dove riparare, riparar-si guardando l’alto
non inquinati da un tale basso ( compito della Naturopatia è combattere questo vero e
proprio inquinamento della mente e dell’anima umana). Ecco dunque l’esplosione della
domanda del sacro cui abbiamo assistito in questi anni, che ha debordato tracimando su
filosofie esistenzialiste, coniugando zen e San Francesco,
Buddha e Padre Pio e
quant’altro compreso nel calderone sincretistico della New Age.
Questa società ancora chiede disperata alla medicina ufficiale di rimettere in sesto
velocemente corpi malati dallo stress e dall’inquinamento per rimettere nel circolo
economico preziosi produttori e consumatori. Alla psicologia viene chiesto di rianimare
menti devastate dal non-senso esistenziale, perché non ricadano con i loro comportamenti
deviati come pubblico fallimento del sogno di una società candida come quella di un
certo famoso “mulino bianco”. Affinchè questa domanda di spiritualità non sia una pura
espressione di una regressione proiettiva su figure divine antropomorfiche (genitoriali),
come lo sono state quelle delle religioni monoteiste del passato e che per questo sono
condannate alla decadenza, la Naturopatia prova ad offrire puntuale il suo modello di
55
Farudi, citato da Neri Pollastri in Il pensiero e la vita, pag. 92
101
102
spiritualità più attuale e moderno e che è stato frutto delle riflessioni e delle esperienze di
nostri maestri quali Steiner, Bach, Gurdijef e il grande Groddeck.
Abbiamo visto che imperterrita e solitaria per tutto l’ottocento romantico la
Naturopatia si ostinava a rappresentare l’essere umano non come un corpo, ne come un
sistema psichico, ma come un sistema integrato tridimensionale corpo-mente-spirito,
legge che tuttora è il nostro cardine. Tuttavia è sempre stato assodato, visto che lo si è
sempre dato per scontato, che le tre dimensioni fossero tre facce della stessa medaglia,
ossia che l’energia che anima l’universo e anima le creature nella natura, si trasformasse
in tre forme funzionali autoalimentando un triangolo dinamico. Il triangolo è
rappresentabile con l’archetipo della sacra unità trina, come la conosciamo nella religione
cristiana, ma anche nella cultura taoista che vede l’uomo-creatura al centro tra la madre
terra: l’energia materiale yin e il padre cielo: l’energia spirituale yang.
In Naturopatia questo lo si da come un dato scontato perchè da sempre è considerato un
assunto esperienzalmente inoppugnabile: le creature nascendo vanno in alto,
invecchiando e morendo volgono al basso, seguendo un destino energetico
indubbiamente fisso. Mai nessuno però aveva scandagliato le caratteristiche dei tre livelli
energetici nelle loro sinapsi di collegamento e trasformazione, ai fini della diagnosi delle
malattie, coinvolgendo il livello spirituale. Quest’ ultimo era stato ipotizzato sconfinando
con il pensiero nel trascendentale e quindi è stato monopolizzato dalle religioni. In realtà
all’inizio del novecento proprio Groddeck irrompe con una grande rivoluzione nel
panorama della Naturopatia, purtroppo passata poi in ombra anzi sottrattaci dall’allora
nascente psicoanalisi. A Groddeck va il merito di aver tolto un pesante velo su ciò che è
il livello corporeo, sulla sua energia fondamentale: l’energia sessuale. Egli denudò il
corpo da tutte le ipocrite sovrastrutture in cui la sua società puritana l’aveva costretto e
castrato, scoperchiando un mondo di energie di cui si era sempre ipocritamente taciuto,
facendone del corpo la casa della vergogna e proiettando sugli altri due livelli un eccesso
di idealizzazione con conseguente squilibrio del sistema stesso. L’essere umano, represso
il livello corporeo nella sua qualità sessuale, ha finito per rigonfiare il livello mentale
identificandosi con un Io potenzialmente onnipotente tanto da illudersi con un certo
positivismo prossimo alle vicinanze di Dio, compiendo una abnorme proiezione, e
alterando quello che è l’umanamente spirituale: ossia l’estatica comunione d’amore con
l’universo, all’interno dell’universo. Come spiegherà il personaggio dello Scrutatore d’
anime e l’autore stesso nelle lettere del Libro dell’Es , Groddeck cercherà di far voltare
lo sguardo all’uomo della sua epoca facendogli prendere coscienza dell’enorme
102
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rimozione che ha fatto subire al corpo disconoscendo l’importanza della sessualità nelle
sue forme di Eros e Thanatos. E, avendo tale uomo reso la forma corporea in forma
morbosa, Groddeck compirà l’operazione inversa, ridonando la consapevolezza delle
dinamiche della sessualità, svelando tabù quali il rapporto edipico, la relazione madrefiglio e la masturbazione. A tal fine l’uomo smetterà di scrutare morbosamente il piccolo
mondo dei suoi genitali e scruterà invece l’immensità dell’anima stessa, che egli
identifica con la gioia e l’amore della e nella Natura. Ed è per questo che Groddeck farà
compiere alla Naturopatia la piu’ grande delle rivoluzioni dopo millenni di staticità,
ripresa e ampliata poi da S. Freud secondo gli scopi e la prospettiva della psicopatologia.
Ad un suo lettore che lo criticava per l’eccessivo e pornografico peso che lui e poi Freud
stesso con la psicoanalisi davano alla sessualità, Groddeck ne Lo Scrutatore d’ anime
afferma che: “…..l’odio contro la psicoanalisi e contro Freud, e forse anche contro di me e miei libri,
non si basa sul fatto che noi introduciamo ovunque la sessualità nella nostra concezione del mondo –
poiché noi non siamo come l’uomo che sta seduto sul mondo perché esso non lo disturbi mentre è intento
alla contemplazione delle bellezze femminili -, ma deriva piuttosto dal fatto che noi disturbiamo costoro
che voltano le spalle al mondo per contemplare i genitali, e di questi ce ne sono milioni, li disturbiamo nel
piacere segreto della loro lasciva abitudine di isolare tutto ciò che è sessuale dal resto del mondo, per
guardarlo con la lente d’ ingrandimento. 56Che noi smascheriamo l’uomo del secolo diciannovesimo e
affidiamo all’ilarità delle generazioni future la sua sciocca impresa, è questo che non ci viene perdonato. E
perciò non ci resta altro da fare che consegnare anche noi stessi all’irrisione dei nostri contemporanei.
L’insegnamento di Freud non ha nulla a che vedere con ciò che si usa chiamare erotismo, e altrettanto
poco noi,……Non è stato Freud a mettere l’uomo con il di dietro voltato al mondo, sedeva già così prima
che Freud venisse al mondo; non è stato Freud che ha messo in mano all’uomo la figurina e la lente d’
ingrandimento, egli gliela toglie da affettuoso maestro e con mano gentile lo volge a guardare il mondo:
guarda, vedi come è grande la terra e come è piccola quella cosina che ti appare tanto importante;
guardati intorno, quel pò di gioia che la sessualità ti da, la puoi trovare dappertutto. Il mondo ne è intriso.
Non so se il mio avversario si sia vergognato : non gliel’ho chiesto.” 57
Il corpo, come il mondo, è intriso d’ energia sessuale: è la sua energia, che nella
visione di Groddeck alimenta il livello mentale, come si configura nel secondo schema
che qui viene proposto. Nel mentale l’energia si trasforma nella creazione di
rappresentazioni simboliche: gli archetipi. L’uomo è la creatura più disposta a vedere la
realtà del mondo come una rappresentazione di simboli, per il quale il sole, ad esempio
che illuminando il mondo, alimenta con la sua chiarezza, diviene il Padre che indica la
direzione dell’azione. Energia che nello spirituale, nel sacro, abbandonate le guide
56
Il riferimento è all’immagine riprodotta in copertina al testo, raffigurante un uomo seduto sul mondo cui
volta le spalle , tutto intento invece ad osservare con una lente d’ ingrandimento una figurina di donna.
57
G. Groddeck: Lo scrutatore d’ anime, p. 446.
103
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simboliche, si trasforma, si riduce all’essenza percepibile nel trasporto dell’estasi e
dell’amore profondo per la natura e della natura per noi, nelle esperienze di totale
comunione, svelando il senso esistenziale per antonomasia. Nel percorso causale, a
ritroso di quello effettuale, siamo concordi con U. Galimberti quando afferma che la
creatività viene dal sacro: il mondo delle Idee, e da questo livello, se non incontra blocchi
delle forme energetiche, si struttura simbolicamente nel successivo livello mentale per
esplicitarsi nel terzo livello corporeo-materiale. Sostanzialmente, lo schema del sistema
integrato delle creature cui fa riferimento la Naturopatia rimase inalterato fino alla fine
dell’ottocento, con l’avvento di Groddeck esso subisce il potente influsso delle idee fatte
proprie dell’allora nascente psicoanalisi. Fino ad allora l’idea che vede l’energia
intersecante i tre livelli, come mostra il primo schema di seguito rappresentato, era frutto
di indagini filosofiche: per l’eredità platonica, e religiose per l’esperienza dei monaci
medioevali che ce le tramandarono fino a quella fusione delle due discipline che fu la
teosofia di Steiner, avvenuta all’inizio del novecento. Come possiamo vedere dal primo
schema l’energia è dal lato filosofico l’anima mundi o energia vitale, dal lato religioso è
la virtù cristiana che nobilitando l’individuo lo innalza fino a scorgere l’energia celeste o
divina che discende come grazia. L’avvento della psicoanalisi vede la sovrapposizione ai
tre livelli di diverse dimensioni psichiche, laddove per esempio abbiamo visto che al
corporeo spetta l’energia sessuale, al mentale, come luogo dell’Io, quella della
simbolizzazione e allo spirituale, luogo dell’indefinibile Es, quella della comunione
estatica d’amore. Anche queste nuove energie circolarmente attraversano i livelli,
portando in basso dal sacro luogo delle idee, quelle energie che forma-lizzate in
simbologie archetipiche attraverso la sessualità rendono possibile la produzione creativa
idealizzata e dunque oggettualizzata. In tutti e due i sistemi è evidente l’importanza della
dimensione intermedia del mentale come luogo della coscienza e dell’Io, come cerniera
fra il corpo e l’anima, fra cielo e terra. Va da se che un blocco energetico nel corpo può
essere a questo punto un blocco sessuale, che va a riflettersi in un alterazione energetica
del mentale con alterate produzioni simboliche. Ma il blocco energetico corporeo
sessuale può esser stato originato da una disfunzione spirituale e non solo da una
disfunzione psicologica. Il simbolo dell’insetto, non già l’insetto per sé, diventa l’oscuro
persecutore dei celati desideri sessuali, che impedisce il salutare e vitale senso d’ amore e
comunione con il prossimo. La consapevolezza del destino ed esso stesso ne vengono
alterati e il senso di nullità o di persecuzione da parte di una natura vista come costante
minaccia alimenta quella sessualità negativa che si esprime con la repressione e
104
105
l’aggressività e l’istinto di morte: thanatos. È l’equilibrio stesso delle energie a saltare: è
il disequilibrio che si esprime nelle malattie non é solo psico-somatico, ma spirito-somapsichico.
STRUTTURA SISTEMA INTEGRATO
antecedente l’approccio filosofico e religioso.
105
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STRUTTURA SISTEMA INTEGRATO
con approccio psicologico.
La visione energetica tridimensionale della creatura umana e della natura è derivata al
naturopata dalla pratica naturalistica e al monaco medioevale dalle sue esperienze
mistiche, una tipica figura che potrebbe abbracciarle entrambe può essere quella di San
Francesco d’ Assisi in occidente. Ma ad onor del vero anche esperienze fortissime ed
estreme, come quella capitata al popolo ebraico con l’olocausto nazista dei lager, ha
prodotto paradossalmente un’ ulteriore via d’ accesso alla ricerca del senso esistenziale
dell’essere umano e dello stesso mondo messo così spesso incomprensibilmente a dura
prova. Si dovrebbe citare l’opera di due personaggi assolutamente non ortodossi della
psicologia, quali furono Victor Frankl e Roberto Assagioli; ebrei perseguitati entrambi, il
primo addirittura sopravvissuto alle atrocità del lager, che hanno teorizzato la
106
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tridimensionalità dell’essere con particolare rilievo alla dimensione spirituale del singolo
che confluisce in quella cosmica e ad un trattamento che ponga come obiettivo finale
proprio le potenzialità spirituali.
Victor Frankl (Vienna 1905-1997) psichiatra e psicoterapeuta, insegnò Psichiatria e
Neurologia all’Università di Vienna; giovanissimo intrattenne anche una corrispondenza
con S. Freud. Entrò poi a far parte della Società Psicoanalitica Adleriana da cui però
venne espulso. Durante la seconda guerra lui e la sua famiglia vissero la tremenda
esperienza del lager, da cui solo lui sopravvisse. Immediatamente dopo la liberazione
scrisse di getto quello che divenne il suo best seller: Lo psicologo nel lager (1946),
gettando le basi per il suo originale approccio psicoterapeutetico chiamato Logoterapia,
in cui fa convergere elementi di filosofia esistenzialista e una sua rielaborazione della
psicoanalisi che andrebbe a completare. Elemento centrale della sua visione è la
convinzione che in ogni uomo vi sia un impulso profondo e centrale alla volontà di dare
un proprio senso alla vita. È proprio questa dimensione a permettere all’individuo di
confrontarsi con le situazioni più estreme, assurde e tremende, come le malattie
incurabili, i lutti familiari, le guerre o l’internamento in un campo di concentramento, ed
è su di essa che vuol far leva la sua psicoterapia volta a riscoprire o a recuperare il
significato della propria esistenza. Per sottolineare ciò Frankl amava ripetere la celebre
frase di Nietzsche:
“Chi ha un perché per vivere, può sopportare quasi ogni come.”
Come accennato pocanzi Frankl sosteneva che la psicoanalisi di Freud era troppo
biologica (somatica) così centrata sulla soddisfazione di piaceri istintuali, mentre quella
di Jung e di Adler (psicologica) troppo secondo lui centrata sulla volontà di potenza.
Mentre la sua concezione prevede per l’uomo un anelito costante alla ricerca del proprio
senso proprio laddove l’io con i suoi limiti non è in grado di trovare. In quell’altrove dove
spesso la vita con la sua estrema bontà imperscrutabile rivela i suoi scopi là dove appare
matrigna. E per questo la sua concezione dell’uomo va oltre il biologico-soma, oltre il
comportamentismo-psiche per includere la terza e più importante dimensione: la
spirituale che chiamerà noetica. Tale dimensione conferirebbe all’uomo la capacità di
trascendere dal determinismo della fisica, al quale soggiace per il suo aspetto somatico, e
dal condizionamento psichico, proiettandolo oltre l’appagamento pulsionale di stampo
freudiano verso ciò che Frankl denomina: volontà di significato o significato appagante .
La sua concezione di “Unità tridimensionale Somato-psico-noetica” molto si
avvicinerebbe a quella della Naturopatia se non fosse che quest’ ultima non prevede un
107
108
significato ultimo alieno dal rapporto di relazione con la Natura. Può però coincidervi
perché è alquanto difficile immaginare un così profondo senso spirituale tutto centrato su
sé stessi, anche laddove si intendesse religiosamente Dio con la natura il senso non
sarebbe di una relazione con la divinità individualmente ed egoisticamente intesa. La
stessa considerazione vale per il concetto espresso da Assagioli per la sua dimensione
spirituale rappresentata dal Sé superiore, come si vedrà fra poco.
Tuttavia, sia per la Naturopatia che per queste visioni dell’uomo in Psicologia, la
concezione tridimensionale apre la via alla “terapia esistenziale”, approccio più logico
quando l’appagamento noetico, di significato o spirituale che si intenda,
entri in
contrasto con il piacere somatico: il suo opposto inferiore. La Logoterapia, questo è il
nome della terapia frankliana, sarà prevista per coloro che abbiano orientamenti confusi,
unilaterali o bipolari fra le polarità, comunque poco ricchi nei confronti dei significati e
dei valori della loro vita, e pertanto maggiormente soggetti a cadere in quelle forme
patologiche che Frankl chiama: depressione noogena e nevrosi noogena. Egli va
comunque oltre lo schema classico delle patologie psichiche, costruisce infatti un
modello, qui raffigurato, in cui sono rappresentate tute le forme di disturbo a partire dal
locus dimensionale d’ origine fino a quello sintomatico. La suddetta duplice tripartizione
produce così nuove categorie di patologie, a seconda che esse si originino e manifestino
sui tre piani da sempre ben evidenziati dalla Naturopatia: somatico, psichico e spirituale.
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MODELLO ONTOGENETICO DI V. FRANKL
Lo psicoanalista italiano Roberto Assagioli (Venezia 1888- Capolona, Arezzo 1974)
distaccandosi assai presto dall’ortodossia freudiana nel 1914, in opposizione alla Società
Italiana di Psicologia, fu tra i soci fondatori dell’Associazione di Studi Psicologici, per
fondare egli stesso nel 1926 a Roma l’Istituto di Psicosintesi, il quale osteggiato dal
regime fascista fu costretto a chiudere per riaprirlo dopo la caduta del regime. Come
descrive nei suoi scritti: Psicoanalisi e Psicosintesi (1931), Psicosintesi: per l’armonia
della vita (1966) e Principi e metodi della psicosintesi terapeutica, anche l’orientamento
della Psicosintesi concepisce l’individuo come inscindibile unità data dalle tre
componenti somatica, psicologica e spirituale; l’essere umano è visto come
originariamente incompleto e volto perciò alla completezza: sempre teso alla ricerca della
propria realizzazione lungo un cammino esistenziale di continua maturazione e di
continua sintesi delle potenzialità emerse dalle esperienze. Per amor di completezza è
giusto dire che nell’ambito delle psicologie non ortodosse esistono esponenti forse anche
più prestigiosi dei due che strumentalmente abbiamo preso in esame per la similitudine
con la visione naturopatica dell’uomo uno e trino. Come non citare tutti quegli autori che
tenendo in gran conto l’apporto necessario della filosofia nella psicologia, si rifanno alle
varie forme di esistenzialismi: tedesco da Kierkegaard, Heidegger e Jaspers e francese di
Merleau-Ponty e J.P. Sartre che pongono l’accento sull’irriducibilità dell’essere umano al
metodo scientifico della psichiatria, sulla solitudine dell’uomo e il suo rapporto tra la
coscienza e il nulla, e l’infinita originalità e potenzialità dell’essere. Negli U.S.A.
109
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contemporaneamente si tenta di coniugare l’Esistenzialismo con
la psicoterapia, e
citiamo a partire da William James figlio del filosofo Henry Sr. James e fratello del
romanziere Henry Jr., la Terapia centrata sul cliente di Carl Roger , La Psicologia
dell’Individualità
di Gordon Allport, la Psicologia Esistenziale di Rollo May e la
Psicologia Umanistica di Abrahm Maslow, nonché le teorie orientaleggianti di Eric
Fromm e Alan Watts.
Tuttavia nonostante l’importanza di esplicitare queste terre confinanti tra la Psicologia
Umanistico-esistenziale e la Naturopatia, se da un lato il filosofo esistenziale MerleauPonty giunge ad affermare in Fenomenologia della Percezione, che:
“Io sono gettato in una natura e la natura non appare solamente fuori di me,
negli scritti senza storia, essa è visibile al centro della soggettività”
nella Naturopatia, oltre a rimarcare l’originalità della persona e la sua irriducibilità per il
metodo scientifico, ci si differenzia dall’esistenzialismo laddove non pone l’accento sulla
centralità della persona, bensì sul primato della natura dove gli esseri tutti non: appaiono
o sono gettati, ma sono tutti insieme la: Natura.
Laddove W. James dichiara che:
“Il mondo reale è incoerente, non determinato e i termini logici indicano solo le
posizioni statiche in un fluire che non è affatto statico.” 58
la Naturopatia, andando oltre ciò, afferma invece che il mondo e quindi la Natura essendo
l’unica realtà oggettiva è per sua qualità “coerentissima”, quella che può essere
incoerente e illogica è solo la realtà dell’uomo che si crede individuale o peggio alieno
dalla Natura. Il fluire della realtà naturale, così come del cinese Tao che ben conosciamo,
non è affatto e giustamente statico essendo energia, ma soggiace alla sua cornice di
circolarità, come il Tao è compreso nel fluire dello Yin e dello Yang.
In un certo qual modo e pur comprendendo il fenomeno per la Naturopatia non avrebbero
ragion d’ esistere tutte quelle patologie legate alla mancanza di senso esistenziale e di
vuoto o nullità. E quando parliamo di Natura non intendiamo un tragico e immutabile
determinismo come quello degli istinti (che pur è presente), ma soprattutto l’eterna catena
d’ appagante amore tra le creature che è l’immagine e la sostanza della sua perfezione,
Homo Sapiens permettendo.
58
Cit. da May R., Psicologia Esistenziale, Astrolabio, Ubaldini Ed., Roma 1970, pag. 13.
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111
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UOVO PSICOSINTETICO DI R. ASSAGIOLI
Ora, proprio con la stessa purezza di spirito di Groddeck, per il quale l’impresa di
addentrarsi nei meandri dell’inconscio e quindi della spiritualità non può compiersi con
un’ operazione razionale (quindi scientifica), ma soltanto con l’approccio che è tipico
dell’arte e della poesia (le quali si esprimono con i simboli ), proviamo a spiegare cos’è lo
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spirito seguendo il più riuscito dei linguaggi simbolici elaborato dall’Es attraverso gli
antichi saggi autori dell’I Ching, riportando alcuni esagrammi che l’oracolo interrogato
sulla spiritualità ha fatto emergere. Qualcuno storcerà il naso ad un ipotesi del genere,
non certo quelli che credono che la Sacra Bibbia si stata inspirata se non proprio scritta
dallo Spirito Santo, il quale ancora oggi guida l’infallibilità del pensiero papale.
Per chi non sa cos’è un esagramma dell’I Ching, diremmo che questo è la massima
espressione scritta della comunicazione tra le dimensioni umana e cosmica mai
diversamente e meglio rappresentata. Jung che tanto studiò l’opera, potrebbe affermare
che l’I Ching è il codice, collettivo per l’umanità, con cui la sincronicità lascia svelare
l’arcano senso delle vicende umane. Per comprendere l’oracolo cinese bisogna essere in
grado di vedere senza occhi, sentire senza orecchie e saper di non sapere, esso è il
linguaggio dell’Es che l’Io non comprende, ma il cui senso il cuore intende
immediatamente. Del resto, anche un’ altro linguaggio simile: quello del sogno, non va
compreso nella logica razionale delle parole, bensì nell’esperienza della sintesi
simultanea di differenti aspetti paralleli della stessa realtà che si manifesta come una
rivelazione, autentica però solo per chi si dispone ad accettarla e ad integrarla con la
propria storia, e a fare della propria “individuazione” personale il suo destino cosmico.
L’esagramma che risulta dopo aver interrogato l’oracolo , e qui ne riportiamo uno
a caso per vedere di cosa si sta parlando:
__
__ __
_____
_____
_____
__ __
è una struttura data da un insieme non casuale di sei linee, date dalla combinazione tra
linee yin (dette spezzate): __ __ e yang (dette intere): _____ , variabilmente ordinata
entro possibili 64 combinazioni . Dalla sua decifrazione è possibile evidenziare il senso
“essenziale” di una realtà ( la realtà che ci interessa sapere interrogando l’oracolo)
facendo una sintesi dei tre livelli, sufficienti e necessari, con cui una realtà si compie
nella sua esistenza in natura. A livello materiale il responso dell’I Ching si evidenzia con
113
114
un corpo grafico: l’“esagramma”, identificabile con un numero da 1 a 64 e un suo
“ideogramma”, per il livello mentale con la cosiddetta “Sentenza” (che anticipa al cuore:
la sede dell’Io superiore, il senso) e per lo spirituale con l’“Immagine” che permette al
simbolismo dei due elementi che compongono l’esagramma di connettere l’inconscio
personale con l’Io, attingendo dal patrimonio simbolico dell’Inconscio collettivo.
Pur essendoci abbastanza dilungati sull’I Ching, non può essere questa la sede deputata
per approfondire il Libro dei Mutamenti, rimandiamo dunque il lettore a testi più
appropriati, consigliando però di cominciare con la lettura della prefazione fornita da
Jung alla traduzione più accreditata: quella di R. Willhelm, nella quale lo psicoanalista
parla dello spirito “Shen” contenuto nel Libro in relazione con la sincronicità.
Alla domanda che ci siamo posti su quale sia il ruolo della spiritualità nella vita
umana il Libro rispose con l’esagramma n.50: “Il crogiolo” con la 3° e 6° linea mobile. I
simboli di questo esagramma sono il fuoco sul legno che suggeriscono l’immagine di una
fiamma atta a cuocere gli elementi contenuti in un crogiolo. Lo spirito igneo è dunque il
carburante essenziale per ridurre i molteplici grezzi elementi dell’essere umano, durante
l’opera della sua individuazione, ad una sintesi preziosa ridotta ad essenza. Lo spirito è
l’elemento primo che produce l’alimento finale, in principio e alla fine dell’opera. La
lettura di tutte e sei le singole linee, e non solo delle due mobili uscite, mostra la
necessarietà per l’uomo di attingere alla spiritualità se vuol far compiere alla sua
evoluzione grandi risultati: se vuol seguir virtute e conoscenza e non la vana accidentalità
o l’impellente soddisfazione degli impulsi coattivi dei bruti.
“Al di sopra del legno vi è il fuoco: l’immagine del crogiolo. Così il nobile assestando la sua
posizione consolida il suo destino”.
Confucio spiega nella “Sentenza” che:
“Tutto ciò che è visibile, deve superare se stesso e continuare nell’invisibile. Così ottiene la vera
consacrazione e la vera chiarezza, e mette saldamente radici nel cosmo. Qui si mostra dunque come la
civiltà abbia il suo culmine nella religione. Il crogiolo serve per sacrificare a Dio. La più eccelsa cosa
terrena deve essere sacrificata al divino. Ma ciò che è veramente divino non si mostra avulso dall’umano.
La più eccelsa rivelazione di Dio sta nei profeti e nei santi”
Se per Freud dove era l’Es lì ci sarà l’Io, prosciugando l’inconscio con la
coscienza, qui è richiesta invece proprio l’umile subordinazione dell’Io all’Es, che non
vuol dire il sacrificio della coscienza , nessuno chiede cose avulse dall’umano, i santi lo
dimostrano:
“La volontà divina da loro rivelata deve essere accolta con umilà, e nascono allora
l’illuminazione interiore e la vera comprensione del mondo che conducono a grande salute e successo.”
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L’umiltà è la vera forza dei santi che sanno di avere tutto in quello spirito pur non
avendo niente:
“…..Anche nell’uomo c’ è un destino che conferisce la forza alla sua vita. E quando si riesce ad
assegnare alla vita e al destino la forza che loro compete, si consolida il destino, poichè allora vi è una
diretta consonanza tra vita e destino….”
Non ce ne voglia l’oracolo se aggiungiamo un’ altro concetto per spiegare che
mentre l’inconscio freudiano è un’ enorme incognito buco nero, l’Es descritto da
Groddeck cui noi facciamo riferimento (e che coincide con la divina dimensione cui fa
cenno Confucio quando spiega le sentenze e le immagini degli esagrammi del Libro dei
Mutamenti) è una materna risorsa se lo vogliamo. Come non rilevarlo nella chiosa
confuciana alla sentenza dell’es. 25: “L’innocenza”.
“L’uomo ha ricevuto dal cielo la sua natura originariamente buona, affinché essa lo
guidi in ogni suo movimento. Nell’abbandonarsi a questo influsso divino che è in lui, l’uomo acquista una
genuina innocenza, la quale, senza secondi fini di compenso e vantaggio, agisce solo nel giusto con
istintiva sicurezza. Questa sicurezza istintiva opera sublime riuscita ed è propizia per perseveranza. Ma
non tutto ciò che è istintivo è natura in questo significato superiore della parola, bensì soltanto ciò che è
retto, ciò che coincide con la volontà del cielo. Senza questa rettitudine un modo di agire istintivo,
sconsiderato, produce solo disgrazia. Confucio dice in proposito: “Chi devia dall’innocenza, dove va a
finire? La volontà e la benedizione del cielo non accompagnano i suoi atti”.
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CONCLUSIONE
Questo nostro viaggio nel tempo sta per concludersi e chissà se sia sorto il
sospetto nel lettore di esser stato sommerso in queste poche pagine da tanti o troppi
concetti di difficile comprensione, meritando sicuramente le scuse se lo stile e la
chiarezza spesso sono state incerte. Tuttavia chiunque faccia della ricerca, e seguendo la
propria strada e le proprie esperienze vuole esporsi al giudizio critico del lettore, deve
comunicare alla società che cosa ha scoperto nel suo viaggio di esplorazione, sia che si
tratti di acqua fresca per l’assetato o di un deserto sabbioso frutto di sterile errore, l’uno
aiuta e l’altro ammonisce. Tuttavia noi naturopati siamo fermamente consapevoli che non
sono state le feroci critiche del passato e ne quelle dei contemporanei, a decidere della
verità o dell’errore delle nostre antiche e sempre più che mai attuali scoperte. D'altronde
la paziente diffusione capillare della Naturopatia e la pratica consolidata hanno già
dimostrato le cose e le idee in cui noi per primi crediamo, ostinarsi a propugnare l’acqua
fresca non darebbe gli stessi risultati. Tuttavia siamo obbligati al confronto serio con il
mutare della realtà che ci circonda, ma la nostra apertura deve coincidere con quella degli
altri e se vogliamo esser compresi dobbiamo noi parlare un linguaggio condiviso, non
può più accadere che la superficialità e la confusione vengano coperte troppo spesso da
un certo linguaggio furbescamente o superficialmente esoterico. Purtroppo spesso le cose
di cui ci occupiamo non possono esser dimostrate con il metodo scientifico, il che non
vuol dire che non siano vere, se le cause e gli effetti delle cose osservate da secoli sono
sempre presenti nella Natura come nella natura umana, nonostante il variare delle culture.
Chiunque abbia in sorte di percorrere questa ostacolata propria strada, lo deve fare armato
di semplice e onesta speranza e con la consapevolezza della sua solitudine e dei pericoli
che essa cela nei suoi abissi nebbiosi. L’intenzione e il compito divulgativo di
ripercorrere pubblicamente la Naturopatia, ri-partendo dalla fonte dei suoi “miti”, sono
stati portati a termine se si è descritto, per quanto si può fare il cammino esperienziale che
ci porta da quelle fonti alle “mete” raggiunte, vissute e quindi descritte. Le grida di
coloro che non percorrono questa strada esperienzale lasciano il tempo che trovano oltre
al fastidio di doverle continuamente udire, il naturopata però è tenuto a razzolare ciò che
va predicando è ciò è più insicuro e difficile che per altri che non sono mai esposti al rogo
del fuoco e dell’ironia.
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