Cap. 3 - Lino Carriero
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Cap. 3 - Lino Carriero
Mete e Miti nella storia della Naturopatia Lino Carriero e Carlo Marini 2 Indice Introduzione pag.: 3 pag.: 6 Cap. 1: Cos’è la Naturopatia e chi è il naturopata: Le sue origini le sue mete. pag.: 12 Cap. 2: Il ruolo storico di Paracelso: Dal mito dell’alchimia alla meta dell’omeopatia. Cap. 3: Il concetto di natura: dai lumi a Goethe. pag.: 24 Cap. 4: Il corpo umano in Naturopatia. pag.: 32 Cap. 5: La Naturopatia tedesca del XIX secolo: pag.: 44 Da V. Priessnitz a G. Groddeck. Cap. 6: La Naturopatia: dal mondo germanico alla sua diffusione in Occidente. Par.A:LaNaturopatia in Francia. pag.: 72 La M.T.C. e l’istituto Ricci. Par.B: La Naturopatia in Gran Bretagna e negli U.S.A. pag.: 84 La floriterapia da Bach a Kramer e Orozco. Cap.7: Le ricerche sulla spiritualità in Naturopatia. pag.: 99 Dalla New Age al “Libro dei Mutamenti”. Conclusione pag.: 116 Bibliografia pag.: 117 2 3 INTRODUZIONE L’alba di un nuovo secolo porta sempre con sè lo stimolo di nuove nascite: fu così nel primo Novecento con la Psicoanalisi, i germi della quale emersero da un contesto che, inevitabilmente, come alla fine di ogni secolo, vede esaurite le proprie potenzialità. Il movimento freudiano e poi junghiano spalancarono gli occhi della psicologia, su quella dimensione fino ad allora regno dell’occulto, trasformandola nel regno dell’inconscio; costringendo la ricerca ad uscire fuori dal ristretto mondo dei fenomeni consci oltre, nell’immensità dell’Incoscio: prima personale e poi collettivo. La Psicoanalisi seppe far compiere quel grande salto alla “scienza” psicologica, proiettandone la visione su contesti non più solo positivistici, come appunto fu nell’Ottocento. Certamente, fenomeni quali: S. Freud e C. G. Jung non nacquero dal nulla, essi seppero captare segni e fermenti di novita già in gestazione, e già sbocciati in altre discipline, quali la filosofia, e seppero dar loro forma e sviluppo a concetti e argomenti presi altrove, quali: l’Io, l’Es, l’“interpretazione dei sogni”, la Libido, la Coniunctio oppositorum, gli Archetipi, laddove altre discipline non seppero dare loro l’opportuna forza concettuale e soprattutto terapeutica. Il loro merito principale fu di aver scaraventato la mente umana: il nostro Micro-cosmo, da una ristretta visione organicistica verso un Macro-cosmo esistenzialista e collettivamente simbolico; strada poi percorsa da altri quali Bateson, Hillman, Lacan, Assagioli, ecc. Come essi seppero dare allora lontane mete ai loro miti, così ora, alle soglie della nuova era del terzo millennio, è chiamata proprio la Naturopatia a rilanciare il discorso ri-aperto dalla psicologia, ri-vivificando le sue stesse radici storiche “millenarie”, raccogliendo così la sfida di percorrere quella strada che ufficialmente la Medicina e la Psicologia scientifica non vogliono e non possono percorrere. Ed è questo l’ambizioso percorso che vede i moderni naturopati impegnati in un originale e diverso concetto di “salute e malattia”, che vede alla propria base una visione “altra” del corpo umano, non più solo organismo biologico, ma olistica ed ecologica come lo è la relazione d’ insieme macro e micro-cosmica tra la totalità del creato e le singolarità delle creature. In questo testo si proverà a spiegare come e perchè la Naturopatia possa ora promuovere una visione globale e psico-somatica dell’essere umano, ponendosi come ponte e raccordo tra la psicologia occidentale, in particolare quella junghiana, con tutte le tradizioni olistiche, già patrimonio storicamente collettivo di molte culture a Occidente come a Oriente. 3 4 Tradizioni che da sempre hanno visto l’uomo e il cosmo in sinergica relazione tra loro, come unica entità fisica, psicologica e spirituale: Una e Trina. Nonostante l’enormità dell’impresa, questo tentativo cerca di dimostrare, quanto sia urgente ora evidenziare che il compito della Naturopatia deve essere anche quello di recuperare e sistematizzare tutte quelle tradizioni di medicina e psicologia naturalistiche europee, anti-positivistiche, che vanno dalla floriterapia di E. Bach: eredità degli Herbalists inglesi, alle scuole omeopatiche e antroposofiche: eredi della visione medicospiritualistica germanica, che dall’alchimia spagirica paracelsiana giunge a noi attraverso la natural-philosophy di Goethe , fino ad influenzare la psicologia analitica junghiana (“Studi sull’alchimia” e “Misterium coniunctionis”), ricollegandoci all’oligoterapia francese e alla psicosomatica di Groddeck . L’obiettivo di questa doverosa ricostruzione storica impone oramai la necessità di porre tali comuni radici filosofiche, quale necessarie fondamenta per una corretta forma mentis del moderno naturopata, il quale non opera con la somma di tali discipline ma fonda la sua esperienza pratica con la sintesi di esse, perchè fondate sulle stesse leggi energetiche dell’universo, che sono la cornice concettuale di questa disciplina. Un esempio di ciò ci viene dalla struttura della millenaria M.T.C 1: la quale poste le proprie leggi essenziali, su un fondamento filosofico econaturalistico (così come anche auspicato da G. Bateson in: Ecologia della Mente), fonda le proprie pratiche “salutistiche” sull’insieme di fitoterapia, ginnastiche psico-corporee, massaggio, riflessoterapie manuali e agopunturali e sull’igiene e le corrette pratiche alimentari , sessuali , respiratorie e psicologiche. Ma, così come ogni naturopata dovrebbe sapere almeno l’esistenza dei cinque itinerari medici di Paracelso, il proposito ambizioso che ci si pone con il progetto di questo saggio sarà quello di preparare il moderno naturopata, cominciando a rimarcare il valore e il ruolo storico che la Naturopatia ha avuto, nell’esser sempre stata disciplina psico-somatica per eccellenza, non solo prima dell’attuale Psicosomatica di derivazione medico-psichiatrica, ma anticipando e contenendo in sè i concetti di energia vitale, Io e Es, Inconscio e meccanismi di difesa, fatti poi propri dalla moderna Psicologia. Lo sforzo di indirizzare noi naturopati in un contesto che di fatto, seppur alternativamente, sfiora quello medico, serve a contenere e specificare chiaramente che il compito della Naturopatia non è “curare” le malattie patologiche della Medicina e della Psichiatria, ma “sostenere” naturalmente l’individuo nella sua cosciente volontà di “prendersi cura di Sè ” , rendendolo esperto dell’Arte della propria Individuazione e forte di quella Vis 1 M.T.C.: Medicina Tradizionale Cinese. 4 5 Medicatrix Naturae di cui scoprirà esser stato ampiamente dotato, così come lo è ogni essere vivente partecipe della Natura. Operando sulle dis-armonie energetiche e sui disagi del mal-essere: non in sintonia con le relazioni naturali delle nostre dimensioni: corpo, mente, spirito e utilizzando preparati naturali sarà permesso così alla Natura stessa di recuperarci e inserirci nel suo circuito di equilibri e, con tecniche naturali, riappropriarci di quella solidale unità nella molteplicità cosmica. Ma…… questa ars vivendi naturalis non possiamo indurla in nessuno se prima e durante non vi ci fossimo noi stessi applicati, e non solo razionalmente e saltuariamente, bensì come attitudine spirituale cui spontaneamente, ma continuamente, dobbiamo volgere. Per cui imparare, con fatica, ad ascoltare noi stessi e a saper educare noi stessi viene prima di volgerci agli altri esseri, senza pretendere di dover diventare maestri, ma almeno di poter dar l’esempio, laddove indicare l’inevitabilità e il valore dell’iniziazione alla Via: dell’“Opus Naturalis”. Come accadde al sommo poeta: chi non dovrà prima o poi, trovandosi nel mezzo del cammin , smarrir la diretta via e ritrovarsi dinanzi ad una selva “oscura”? Lao-Tze che della Via era maestro diceva che: “Se principi e re fossero davvero guardiani del Tao, allora tutti gli esseri si sottometterebbero ad essi. Cielo e terra si unirebbero per lasciar cadere una benefica rugiada che il popolo riceverebbe spontaneamente in parti uguali senza che nessuno debba prendersene cura. (….) L’ordine della città infatti, seguirebbe l’ordine del Tao la cui rete si getta su vaste estenzioni, si apre su di esse e, per quanto allentate siano le sue maglie, nulla sfugge ad esse.” Tao Te Ching, XXXVIII, LXXIII “Tutti gli alchimisti sono obbligati ad intraprendere questo pellegrinaggio. Almeno nel senso figurato, perchè si tratta di un viaggio simbolico, e chi desidera trarne profitto non può, fosse anche per un solo istante, abbandonare il laboratorio. Costui deve giorno e notte restare sulla breccia…..Sentiero aspro, gravoso, pieno di imprevisti e di pericoli. Strada lunga e faticosa è quella attraverso la quale il potenziale diventa attuale e l’occulto manifesto.” Fulcanelli: Le dimore filosofali. 5 6 CAP. 1 COS’ E’ LA NATUROPATIA E CHI E’ IL NATUROPATA: Le sue origini e le sue mete. Il termine Naturopatia fu usato per la prima volta già nel 1902 dagli americani John Steel e più tardi da Benedict Lust, per descrivere l’insieme di pratiche basate sul ritorno alla natura mediante alimentazione equilibrata, esercizio fisico, respirazione profonda, cura termale, drenaggi e depurazioni. Oggi per Naturopatia intendiamo anche e sopratutto quel complesso di conoscenze integrate, concernenti il funzionamento energetico del “Sistema Natura”. Perchè non parliamo di Natura ( i singoli oggetti della quale sono già egregiamente studiati dalle moderne scienze naturalistiche: biologia, fisica, chimica, ecc. ), ma di sistema natura ? Perchè la Naturopatia si è sempre data il compito di studiare gli oggetti naturali, tra cui l’uomo oltre alle piante e ai minerali, visti come micro-cosmi compresi in quell’insieme olistico e gestaltico più ampio che è il macro-cosmo naturale. In virtù di ciò gli oggetti primi d’ osservazione sono: la “Relazione” tra i Sistemi Macro- e Micro-cosmici, i sistemi stessi e le leggi che permettono il funzionamento di tali relazioni che sono: energetiche e psico-simboliche. Queste relazioni non sono immediatamente percepibili e osservabili, un esempio ne è la segnatura, che come vedremo vanno infatti “svelate”, a partire dai linguaggi dei sistemi che la non-conoscenza rende ermetici, pensiamo al linguaggio del corpo costretto a parlare per sintomi. Costrizione che portò ad esempio il grande C.G.Jung ad affermare appunto che: “Cosa possono fare gli Dei se non diventare malattie.” La Naturopatia può provare ora a svelare i meta-linguaggi o pseudo-linguaggi che non permettono di distinguere il vero dal falso nella natura, come amava sempre ripetere Paracelso: “Dunque, ecco il motivo per cui devi imparare l’Alchimia, che porta pure il nome di Spagiria e che insegna l’arte di separare il falso dal vero. Cosi’ è la luce della natura.”…..“La natura è un lume che splende molto di piu’ della luce del sole…. Al di sopra di ogni sguardo e di ogni potenza degli occhi. In questa luce, le cose invisibili diventano visibili.” La Naturopatia ora non può ignorare ovviamente le conoscenze delle moderne scienze ma, pur confrontandosi con esse, non può fondare il suo sapere e la propria visione su questo solo approccio. La sua è una conoscenza non acquisita solo per lo studio degli oggetti in sè, ma è data soprattutto come vissuta in primis dal ricercatore 6 7 stesso nella relazione intima, interiore, fisica, energetica, psicologica e soprattutto e non ultima anche spirituale con i Sistemi naturali. Viene così costruito, nella totalità del Sistema, il Laboratorio stesso, di cui il naturopata è soggetto e oggetto allo stesso tempo. L’esatto contrario del moderno metodo sperimentale scientifico, che affronta gli oggetti cercando di scomporli in tutte le loro variabili, isolando il ricercatore stesso per non essere esso stesso un’ altra variabile. Sembrerebbe il nostro metodo molto strano: così pre-scientifico e medioevale. Ma non esiste tutt’oggi un’ altro metodo, anch’ esso riconosciuto ed efficace che e’ quello psicoanalitico? Non fonda esso le sue ricerche proprio sull’unicità della relazione tra due micro-cosmi interagenti fra loro: il paziente e il terapeuta? In questo metodo, per es. l’anamnesi non è importante quanto l’avvento di quelle energie date da quei vissuti transferali e controtransferali evocati nella relazione. Come abbiamo visto nella citazione da Paracelso, il fine è sempre quello di rendere visibile l’invisibile, o perlomeno ciò che abbiamo reso non-visibile. E’ chiaro ormai che la Naturopatia come disciplina, non poteva che essere efficace, se non fosse stato il prodotto di millenari studi e pratiche, che hanno potuto permettere una statistica sui lunghi tempi della propria produzione. Studi compiuti: utilizzando strumenti dati dalla filosofia, dalla spagiria, dall’alchimia e ovviamente dalle antiche medicine naturalistiche etniche e prescientifiche cinese, indiana, araba, greca, pre-colombiana, ecc. ecc. La Naturopatia attuale è una resurrezione aggiornata e riveduta, di quella figura prescientifica e pre-cartesiana, andata quasi dispersa e umiliata negli ultimi due secoli dominati dalle scienze positivistiche. Si impone dunque la ricomposizione di quella frattura storica, tra la antica e la nuova Naturopatia, a partire dai miti originari che hanno portato alle mete raggiunte, affinche’ ne venga compreso il senso e ripristinato il valore e l’autenticità, già a partire da quelle leggi sul funzionamento dei predetti Sistemi naturali. Prenderemo come illuminanti e validi esempi di questa riabilitante conferma : da una parte gli studi sull’Alchimia e la scoperta della radice alchemica operata dalla stessa Psicologia Analitica di C.G.Jung, dall’altra l’attuale validità riconosciuta del Sistema Energetico su cui si è fondata la M.T.C., pratica che come vedremo costituisce la migliore e completa esposizione pervenutaci della Psico-Energo-Somatica, mai sviluppata dalla cultura umana. Così come la Medicina classica deriva in generale da Ippocrate, Avicenna e Galeno, interessante sarà per noi naturopati e occidentali, conoscere e ri-conoscersi a partire dall’eredità del grande Paracelso, che si pone come 7 8 l’antesignano dei padri dell’attuale Naturopatia, tra i quali citiamo: Bach, Hahnemann, Kneipp, Picard, Menetrier, Valnet, Kramer, Dahlke, Stainer e Groddeck, ecc. Detto ciò la Naturopatia si configura come l’insieme delle conoscenze sull’essere naturale della Natura ( intesa come unica vera realtà esistente), avute per esperienza diretta e profonda di tutto ciò che è in Natura. Questa afferma che l’essenza della Natura si esplicita in energie, sul cui funzionamento possiamo trarre per noi umani delle teorie, delle conoscenze appunto (da cui facciamo derivare delle pratiche), ma ciò che le rende vere non è la fondatezza scientifica, semmai è la consapevolezza di stare ad attingere ed essere immersi in quel flusso energetico che tutto vivifica, all’interno del quale, all’interno della Vita, nulla può dirsi dis-armonico, se non la nostra umana volontà di estraniazione da esso. Tuttavia se può essere relativamente facile dire cos’è la Naturopatia, alquanto difficile è affermare chi è il naturopata, se con ciò alludiamo ad una figura professionale. Diciamo che, attingendo al pensiero di E. Bach, poiché la Naturopatia deve essere una pratica di vita, perché di questa si interessa, il naturopata è colui che pratica la vita: la sua, nella più pura accezione naturale. Egli si ammala e guarisce con la natura stessa, al dunque nonostante i rimedi naturali, volendosi porre al servizio degli altri, le migliori pillole che può prescrivere sono quelle della saggezza (personale). Naturopati lo sono stati San Francesco, laddove aveva imparato e proposto agli altri a parlare lo stesso linguaggio della sorella natura, Gesù, Buddha, ecc, e tutti coloro che umilmente e nel silenzio si lasciano sedurre dalla vita naturale, la vivono e ne diffondono il messaggio al prossimo. Personalmente ritengo che il naturopata debba svolgere una qualunque altra professione per “campare” e che dunque il naturopata non debba essere il professionista della Naturopatia , ma colui che esperto di Naturopatia, ne promuove in tutti i campi il benessere naturale. Come tale sarebbe bene che tutti fossimo educati sin da piccoli ad esserlo e promuovere questa visione attraverso tutte le professioni ( come avviene per es. con i professionisti seguaci di R. Steiner ). Molti però credono che rendere la Naturopatia una disciplina rigorosa, con scuole prestigiose e albi professionali sia la garanzia dell’autenticità e della sua efficacia. Forse è vero, ma non dimentichiamo che essa è fatta sì di teorie: le METE, ma come vedremo in questo testo, anche dall’esempio illuminante delle vite saggiamente spese per la Natura dei nostri padri fondatori: i MITI della Naturopatia. Ciò che è efficace in realtà non è la tecnica in assoluto, ma l’insieme di fattori, tra cui anche l’irriducibile soggettività del consultante, che attiva la vera efficacia della Vis Medicatrix Naturae. Perciò non potendo parlare di efficacia , nel senso scientifico, siamo maggiormente svincolati a parlare di 8 9 terapia volta a qualcosa che risolva problemi applicando uno schema riproducibile per chiunque. Il naturopata come il filosofo è colui che socraticamente sa di non sapere poichè ogni sua applicazione sia su un concetto che su un essere umano è sempre una riapplicazione su una nuova e irripetibile realtà, poiché anche in natura ogni filo d’erba ogni granello di sabbia seppur simili non sono mai uguali, come mai sono gli stessi la storia e il destino degli uomini. A dir il vero: il naturopata rivestirebbe due ruoli, riguardo ai quali sembrerebbe più giusto parlare di esperienza piuttosto che di competenze apprese, e che sono: uno quello dell’esperto di pratiche naturalistiche energetiche, che come esecutore ne dispensa la bontà e l’altro quello del consigliere, counselor se vogliamo, della saggia nel senso di corretta, ed equilibrata relazione della propria vita con la natura in termini di rispetto dei ritmi , stagionalità ecc., includendo anche la personale riflessione sul proprio senso dello stare su questa Terra “naturalmente”, e non soltanto in termini sociali. Fatto questo preambolo e considerando quanto sono importanti in quest’ epoca le definizioni nel mondo delle professioni, possiamo affermare che la Naturopatia è tra le altre cose una forma di counseling ? Sappiamo certamente , e qui lo si ribadirà di continuo, che il naturopata che non sia anche medico o psichiatra, non può somministrare sostanze (riconosciute o meno) che siano legate ad una qualunque procedura dalle inconfondibili caratteristiche terapeutiche, conseguente a un’ altra inevitabile operazione di diagnosi. È espressamente vietato dunque strutturare una relazione basata sul modello medico-psichiatrico, dove la richiesta d’ aiuto tecnico del consultante sia rivolta espressamente all’individuazione di patologie riconosciute dalla Medicina ufficiale o dal D.S.M. psichiatrico oppure al procedere alla conseguente terapia, anche dal carattere alternativo, rivolta alla patologia rilevata col fine di curarla . Quello che è legalmente consentito al naturopata tra le sue finalità, si può intendere counseling laddove (soprattutto nei primi incontri) egli chiarisce il quadro di riferimento in cui opera la Naturopatia e che il senso di formulare degli incontri con il consultante sia rivolto a : A) Prendere una maggiore consapevolezza dei propri stati emotivi, dei vissuti nelle personali condizioni ambientali che si stanno sperimentando al momento e che sono fonte di disagio, confusione, preoccupazione, sofferenza dovuti sia a condizioni spirito-soma-psichiche negative o anche estremamente positive come gioie incontrollabili. A tal fine la coscienza può emergere sia razionalmente con i colloqui, sia indirettamente attraverso rilassamenti e 9 10 massaggi, oppure come maturazione psicologica favorita dall’assunzione di composti floriterapici e omeopatici. B) Esternare il desiderio di rendere partecipe qualcuno di fiducia (il naturopata o un gruppo intorno a lui riunito) di una scelta altrimenti maturata in solitudine (sessuale, di separazioni, di salute), così come per comunicare e comunicar-si una gioia o un dolore, una confidenza o un timore, un segreto o un irrisolvibile mistero, laddove le situazioni sociali della vita non consentono un ascolto partecipe e disponibile. C) Poter avere informazioni sulle corrette metodiche per fruire di un ritrovato e rinnovato benessere naturale, usufruendo di servizi dal naturopata e imparando l’uso di strumenti per prendersi cura di sé. D) Concedersi e permettersi dei momenti dove poter riflettere sulle proprie motivazioni e sulla necessità di esser protagonista attivo del proprio star bene, ripensando e riattualizzando il proprio modo di dare senso alla propria vita preservandone l’autentico ben-essere. Sia per il naturopata che per il consultante il vero obiettivo è di star bene e non semplicemente perché non si sta male, affinché la vita di ognuno di noi abbia un senso che svelandosi alla coscienza si compia al di là della mera sopravvivenza. In verità la Naturopatia è da considerarsi un counseling alchemico, nel senso che essa è volta a favorire, stimolare trasformazioni e trasmutazioni e se le sue teorie potessero essere contenute in un unico libro, questo sarebbe un “Libro dei Mutamenti”. Intendiamo sempre trasformazioni non terapeutiche dal male al bene di un sintomo, ma della persona e dell’ambiente stesso in cui è integrata, come avviene nell’insieme naturale. Mentre nella Medicina ci si preoccupa di cambiare uno stato (negativo) nel suo opposto (positivo), riconoscendo solo due condizioni: quello della patologia e quello della salute, la Naturopatia tende di fondo ad avviare un processo dì individuazione della persona, che mai vista genericamente come malata, può compiersi anche attraverso una malattia se tutto ciò ha un senso riconosciuto e riconoscibile come necessario dalla stessa. 2 Certamente essa considera la vita dell’essere umano come un susseguirsi di fasi ontologiche e propedeutiche l’una all’altra e la cura se vogliamo non serve a tutti i costi a eliminare il male ma a comprenderne il suo senso o la sua utilità. La Naturopatia fa sicuramente propri i rapporti che esistono fra i numeri come nelle filosofie esoteriche di 2 Sensa sembrare estremi anche una crocefissione è stata inevitabile per la diffusione del cristianesimo, oppure era un caso di psicosi con deliri di grandezza? 10 11 derivazione pitagorica, dove il numero non è l’espressione della somma di quantità ma soprattutto dell’espansione di qualità. Il counseling alchemico della Naturopatia si può dividere in due tipologie e in due fasi cronologiche durante gli incontri di pratica: la prima tipologia è costituita da un counseling filosofico, nel quale il consultante comincia a prendere consapevolezza dello stato in cui si trova il proprio essere, nell’ambito del proprio destino. Dopo potrà prendere coscienza del proprio modo di riflettere sul proprio pensiero: non fermandosi al solo pensare, ma andando oltre ri-flettendo e ri-elaborando anche sul modo di produrre i pensieri. Riflettere vuol dire elaborare un senso alle cose, ai pensieri, alle emozioni, alla realtà che ci circonda, alla vita e alla morte, fino al corpo e alla propria salute, raccordandoli in un unico senso che non è più il senso delle singole cose, ma dell’insieme che tutto contiene come appunto avviene in natura . Il secondo counseling rientrerebbe nella tipologia delle relazioni di sostegno essendo rivolto all’emersione e all’esplicitazione della propria volontà motivata , dove il naturopata sostiene il proposito motivato consigliando uno stie di vita più equilibrato e naturale e pratiche e prodotti naturali insieme a massaggi, diete, ginnastiche, respirazioni, letture edificanti. Tutto ciò, con la specifica del naturale, è molto simile al counseling terapeutico, solo che qui il sostegno del naturopata seppur richiesto e fornito rimane secondario rispetto a quello degli strumenti citati forniti al consultante, primario è l’aiuto che essi permettono quando l’energia della Vis Medicatrix Naturae in essi contenuta passa a quella evidentemente bloccata del consultante. Come nelle relazioni di sostegno, il rapporto tra il naturopata e il cliente è duale ma esiste un terzo convitato evocato e presente che porta l’efficacia dell’operazione di counseling alchemico, esso è la natura che da la cornice e il campo, la forma e la sostanza a questa nostra forma di setting: naturopatico. In questo setting al naturopata viene riconosciuta l’abilità nell’aver esso messo in pratica l’Opus Naturalis, e non va dimenticato che, come ogni pianta o animale è esperta di se stessa, anche il consultante per quanto smarrito sia è e rimane il vero esperto di sè stesso, e nessuno può esserlo più di lui che conosce intimamete le chiavi storiche del senso del suo destino che, passando anche per una malattia o disgrazia, conosce le risorse per risorgere. 11 12 CAP. 2 IL RUOLO STORICO DI PARACELSO: Dal mito dell’alchimia alla meta dell’omeopatia. Unanimemente riconosciamo ormai che il primo mito, il padre storico dei moderni naturopati, sia stato Paracelso. Sappiamo che prima di lui, prima del Rinascimento, non esisteva una Medicina ufficiale accademica e universitaria , con la nascita della quale in questo periodo, tutte le altre ricerche e pratiche mediche non uniformate a tale organizzazione della conoscenza, furono da allora sistematicamente boicottate e rigettate come superstizioni non conformi al sapere unicamente fondato sul metodo scientifico. La Medicina, e con se altre discipline, racchiuse nelle aule universitarie presero la loro direzione, mentre tutto il resto, costituito dalle tradizioni di medicina erboristica popolare e dalle esperienze del lavoro di ricerca interiore su se stesso (diremmo oggi), mantenute da quelle figure oggi definite stregoni e sciamani, confluì in un sottobosco di emarginazione dal quale come vedremo di tanto in tanto emergevano figure alternative che, come Paracelso, conobbero i fasti di onori a volte tanto esagerati quanto a volte immeritate persecuzioni da parte degli ordini dei medici. Tuttavia è grazie alla caparbietà di questi personaggi nel portare avanti un discorso scomodo e inopportuno che quella che oggi definiamo Naturopatia, la nostra meta è rimasta viva, pur tra alterne vicende che avrete modo di conoscere in questo testo. Philipp Theophrast Bombast von Hohenheim, detto Paracelso in omaggio al grande medico Aulo Cornelio Celso, nato a Einsiedeln, Zurigo nel 1493, e morto a Salisburgo nel 1541, si propose di realizzare di sè stesso la figura del medico perfetto, in quanto esperto di ogni ramo del sapere, ma soprattutto iniziato al segreto ultimo non solo dell’Uomo ma della Natura stessa; particolare questo che lo rese altro dal comune medico proposto della Medicina ortodossa. La ricerca dell’occulta conoscenza dell’arcano segreto, non vede certo Paracelso come primo adepto, egli prende il testimone dal più antico gnosticismo pre-cristiano in grand’ auge nel Rinascimento e appreso da Paracelso da Giovanni Tritemio che lo introdusse all’Occulta Philosophia ( alchimia, qabbalah, astrologia e spagiria). Ma il nostro discorso prende le mosse da Paracelso perchè fu proprio la sua straordinaria, caotica e contraddittoria personalità a lasciare la più grande influenza sui posteri che tennero viva nei secoli, la visione anti-positivistica di una realtà energetica profonda della natura, 12 13 detta: anima mundi, correspondentia, simpatia universale, che ha trovato dopo i secoli bui della ragion pura, una dimensione psicologica e simbolica reintrodotta nella Psicologia del XX° secolo come libido, energia vitale archetipica e il Misterium oppositorum junghiano da una parte ed ecologico-salutistica dall’altra con la naturopatia e l’antroposofia di R. Steiner. Lungi dal fare un’ esauriente esposizione del corpus paracelsiano quindi, è inevitabilmente onesto e doveroso rimarcare questi presupposti estrapolandoli dall’incomparabile saggio di C.G.Jung su Paracelso, contenuto nella sua Opera 13: “Studi sull’Alchimia”. Come sappiamo Paracelso si laureò in medicina a Ferrara, ma nonostante che tra i suoi scritti maggiori: Paragranum, Paramirum e il De vita longa ci siano scritti di chirurgia: Tre libri di chirurgia e La grande chirurgia, Paracelso combattè accanitamente e con furore contro i medici accademici e le loro autorità: Galeno e Avicenna. Così Jung descrive Teofrasto: “Schermisce i medici che esaminano le singole parti del corpo e ne descrivono accuratamente la posizione, la forma, il numero, la natura e via dicendo, trascurando però la cosa principale, e cioè a quale costellazione e a quale regione del firmamento ogni membro appartenga.(….) Egli era principalmente interessato a rintracciare correlazioni con il cosmo, come quelle che trovava nella tradizione astrologica. La teoria dell’astrum in corpore fu la sua idea favorita e centrale, che incontriamo ovunque nei suoi scritti, sia pure in molteplici varianti. Fedele alla concezione dell’uomo come microcosmo, egli pose il “firmamento” nel corpo dell’uomo e lo definì astrum o sydus.” 3 Noi sappiamo dalla concezione della M.T.C. che il corpo umano per i cinesi è un cielo endosomatico agito e composto dall’insieme dei cinque elementi 4 raccolti nella ruota mandalica detta del re: “Wen” o cielo posteriore, i quali disposti diversamente costituiscono la ruota detta: di “Fu Xi” o del cielo anteriore del sistema cosmico. Così anche il medico cinese studia le leggi del corpo umano nel corpo cosmico . 3 4 C.G.Jung: Opera 13, pag.130 e 132 Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua. 13 14 14 15 Jung stesso affermò che se: “ Paracelso fosse vissuto ai giorni nostri , sarebbe senza dubbio un paladino di tutte quelle specialità che la medicina insegnata nelle università non prende in seria considerazione, come l’osteopatia, la magnetoterapia, l’iridologia, varie monomanie dietetiche, le preghiere per le guarigioni e così via.” 5 Ed è proprio alla figura dell’attuale naturopata o dell’antico medico cinese che Paracelso si avvicina quando egli immagina quale debba essere il vero medico, che definisce ingegnoso a differenza della medicina classica da cui si è distanziato ( come fece E. Bach dall’immunologia ). Dal Paragranum possiamo comprendere quale fosse il ruolo del medico per Paracelso: “In che consiste dunque l’ingegnosità di un medico? Nel sapere che cosa è utile e contrario alle cose insensibili ( non percepibili ), che cosa è gradevole e sgradevole ai mostri marini, ai pesci , ai bruti, che cosa è salutare per loro o dannoso alla loro salute. È questa un’ ingegnosita’ che concerne le cose naturali. E che cos’ altro ancora? Le incantazioni vulnerarie e le loro forze, cio’ da cui e per cui esse giungono al loro effetto; che cos’ è melosina, che cosa syrena, che cosa transplantatio e permutatio, e come dovrebbero essere perfettamente intese e comprese. Che cosa è oltre la natura , che cosa oltre la specie, che cosa il visibile e l’invisibile, che cosa da il dolce e l’amaro, che cosa ha quindi questo sapore, che cos’ è quindi la morte, che cosa serve al pescatore, che cosa dovrebbe sapere il cuoiaio, il conciatore, il tintore, il forgiatore di metalli, il carpentiere, che cosa va messo nella cucina, nella cantina, nel giardino, che cosa è dovuto al tempo, che cosa sa un cacciatore, che cosa tocca a un vagabondo, che cosa a un sedentario, che cosa è uso di guerra, che cosa crea la pace……che cosa è Dio, che cos’ è Satana, che cosa è veleno, che cosa è contravveleno, che cosa c’è negli uomini e nelle donne….E come tutte queste cose debbano essere conseguite.” 6 Questa citazione ci introduce piuttosto repentinamente nell’empirismo tipico di Paracelso: lo vediamo in qualita’ di chierico vagante percorrere le strade insieme a ogni sorta di compagni di viaggio, fermarsi presso il fabbro del villaggio che, in quanto autorità medica, conosce tutte le formule di incantesimo per guarire ferite e arrestare emorragie, egli sente cacciatori e pescatori non certo per illusoria e vana avidita’ di conoscenza totale, ma per scoprire e verificare le semplici leggi della natura operanti su molteplici campi oltre all’esclusivo umano, e meno che mai al solo e specialistico corpo organico umano come è ora nelle nostre scienze esatte. Sempre nel Paragranum egli afferma: “ Il medico dovrebbe sapere tutto questo. Dovrebbe conoscere i segreti della natura e la singolare corrispondenza del microcosmo umano con il cosmo, e non solo con l’universo visibile, ma anche con gli arcana invisibili del cosmo, con i misteri…..il medico vede e sa tutte le malattie al di fuori 5 6 Ib.: pag. 131 Ib.: p. 133 15 16 dell’uomo…Dunque il medico deve derivare dal mondo esterno la sua conoscenza e non già dall’uomo egli vede nel cielo esteriore quello interiore. 7 Soltanto le cose esterne ci danno la conoscenza di quelle interne, altrimenti non puo’ essere conosciuta veruna cosa interna. Il mondo esterno insegna e mostra quel che manca all’uomo, mentre l’uomo non può mostrare da sè stesso la sua imperfezione.” E a tal riguardo Jung così commenta: “Questo significa che il medico trae le sue conoscenze sulla malattia non tanto dall’individuo malato, quanto piuttosto dagli altri fenomeni naturali, i quali apparentemente non hanno nulla a che fare con l’uomo….Ecco: il medico riconosce, ad esempio dalle malattie del metallo, che cos’è la malattia dell’uomo. Il medico deve essere in generale un alchimista. Egli deve conoscere la salute e le malattie degli elementi. Le species lignorum , lapidorum, herbarum sono presenti anche nell’uomo, e per tale motivo il medico deve conoscerle tutte. Per esempio, l’oro è nell’uomo un ricostituente naturale…Il medico necessita dunque di conoscenze alchimistiche per diagnosticare, per analogiam , dalle malattie dei minerali le malattie dell’uomo. In definitiva è lui medesimo il subiectum vale a dire l’oggetto del processo alchemico di trasformazione, grazie al quale egli diviene maturo.” 8 E qui se ci discostiamo dal modello organicista della medicina, possiamo tracciare un parallelo anche tra la Psicoanalisi e la M.T.C., in quanto tutt’ e due, ognuna nella sua specificità, ricercano la causa di effetti interni in campi energetici invisibili esterni: l’una se consideriamo gli effetti archetipici dell’inconscio collettivo o delle relazioni edipiche ( al di là della semplice azione dei neurotrasmettitori), e l’altra perchè come avremo modo di vedere intende la malattia come una disarmonia energetica dei cinque elementi della natura (Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua) che agisce su dodici tra organi e visceri, anche con l’ausilio di spiriti della terra e del cielo (tre dei quali: lo Shen del cuore gli Hun del fegato e i Po del polmone studiati da Jung stesso nel Segreto del fiore d’ oro, e da cui trasse ispirazione per i suoi concetti di Anima e Animus). Quel che a noi naturopati interessa è che esiste una dimensione esterna visibile ai nostri sensi, potremmo dire climatica, e invisibile come una psiche naturale energetica, e una dimensione interna somatica, visibile: come sintomi corporei, e invisibile: allo stesso tempo psicologica e simbolica. Escludendo come abbiamo già affermato un tipo di verifica scientifica a ciò, lo stesso discorso si applica ai trattamenti , i “medicamenta”: i quali sono specifici per la dimensione che ci interessa o per tutto l’insieme , che a questo punto non solo e’ psicosomatico, ma addirittura oltre: elemento-psico-somatico. Anche Jung, a questo punto ne conviene che i nomi medici delle malattie: le patologie, non hanno piu’ lo stesso senso, visto che è il senso stesso di malattia che è diverso per Paracelso e per tutti i posteri che hanno portato oggi alla Naturopatia. 7 8 Vedere le Ruote della M.T.C. p 8 per confrontarvi i concetti espressi in note 7,8,9. Ib.: p. 135-6 16 17 “Riguardo ai nomi delle malattie, egli pensa che dovrebbero venir scelti in base allo zodiaco e ai pianeti, e che dovrebbero essere all’incirca di questo tenore: morbus Leonis, Sagittarii, Martis, ecc.” 9 Seguendo le leggi della M.T.C., anche noi naturopati dovremmo parlare di malattia del Legno, quando ci riferiamo a una dis-funzione energetica che su un soggetto a costituzione Legno debole, ha provocato un disturbo epato-bilare e per es., in coseguenza di una diminuita attitudine all’azione decisa, subisca un attacco di collera. Poichè noi sappiamo che molto lontano dal locus sintomaticus si originano le cause, concordiamo con il senso dell’affermazione di Paracelso, quando dice: “ Orbene, ogni infezione comincia nell’astro, e dall’astro penetra nell’uomo. La qual cosa dunque significa che ciò che nel cielo precede comincia nell’uomo. Ma questo non significa già che il cielo discende nell’uomo. Non bisogna esagerare l’importanza di questo fatto, è invece l’astro nell’uomo che nella mano di Dio è ordinato ad imitare quello che il cielo inizia e genera nell’esterno, ed è questo che in seguito deve accadere nell’uomo, così come il sole splende attraverso un vetro e la luna manda un chiarore sulla terra. Ma tutto ciò non è stato predisposto a danno dell’uomo, per mandare in rovina il corpo con malattie; giacchè gli astri non giungono nell’uomo così come il sole stesso non giunge nel luogo che illumina, e i loro raggi non danno nulla all’uomo….” Del resto anche la psicologia utilizza l’interpretazione dei sogni come strumento diagnostico per illuminare il quadro psico-patologico del paziente. Ma cosa si ricerca se non ciò che “congiunge”, percorrendo tutte le dimensioni in cui la natura si manifesta in tutte le sue derivazioni sub-microcosmiche? Potremmo chiamarla: Libido, Anima mundi, energia vitale o Lumen Naturae , e rintracciarne le sue infinite manifestazioni precoci anche nei sogni appunto, e a proposito del Lumen Naturae, Paracelso afferma nel “De vita longa”, che: “Osserva come Adamo, Mosè e altri abbiano ricercato in sé stessi ciò che era nell’uomo e rivelato questo e tutte le arti cabbalistiche, ed essi non hanno conosciuto nulla di estraneo all’uomo, ne derivato il loro sapere dal Diavolo o dagli spiriti, ma dalla luce della natura; essi l’hanno alimentata in sè stessi…..essa proviene dalla natura; che ha in sé la sua attività; se la luce agisce nel sonno, le cose devono essere usate dormendo, e non da svegli. Dormire vuol dire essere desti per tali arti, per le cose che hanno uno spirito che è attivo per loro nel sonno. Questo spirito innato è presente…..perciò è la luce della natura che lavora nel sonno ed è l’uomo invisibile, tuttavia come quello visibile innato e naturale; ma in esso vi è più da conoscere che non nella carne, poiché è dallo spirito innato che nasce ciò che è visibile, nello stesso spirito innato è presente la luce della natura.” 10 Quanto dei concetti di Io e Inconscio, vi deve aver visto Jung in queste affermazioni? E che cosa altro è il lumen naturae, se non un’ illuminata consapevolezza di sé nei Sé sempre piu’ estesi intorno a noi. 9 Ib.: p. 141 Ib.: p. 153, nota 6. 10 17 18 Il filosofo e pedagogo bulgaro O. M. Aivanhov, contemporaneo di E.Bach e R.Steiner afferma nel suo: “Pensieri quotidiani”: “E’ sorprendente la quantità e la diversità delle malattie che insorgono e che minano l’organismo umano. In realta’ esiste una sola malattia, che si diversifica secondo le piu’ svariate circostanze, dando cosi’ origine a una quantita’ enorme di altre patologie. La malattia è dunque un germe microscopico che, sviluppandosi, riesce a sconvolgere l’intero essere. Questo germe deriva da un pensiero che si aggrappa al piano mentale dell’individuo, estendendosi successivamente ai sentimenti e alle azioni e stabilendo alla fine la propria dimora nel corpo fisico. L’essere umano dovrebbe esserne totalmente consapevole tanto da fermare questo processo prima che appaia sul piano fisico come malattia, e dire a sé stesso: “Non penso nel modo giusto, non valuto bene le cose. Sono geloso, collerico, provo dell’odio dentro di me, del disprezzo e dell’orgoglio, germi questi che sono causa di future malattie. Per impedire che questi stati d’ animo scendano fino al piano fisico, faro’ di tutto per eliminarne le cause nei piani mentale ed emozionale nei quali esse risiedono.” Solo quando comincerete a tenere sotto controllo prima di tutto i vostri pensieri e poi i vostri sentimenti, lavorerete veramente a favore della vostra salute.” Siamo stati abituati a considerare il Medioevo come un secolo buio, regno di superstizioni date dall’attitudine a proiettare tutto il proprio inconscio all’esterno: edificando una realtà fatta di mostri, elfi e quant’ altro di demoniaco e magico. Abbiamo sempre creduto in quell’immagine poco edificante che dipingeva il Medioevo come il contario dei secoli successivi detti dei lumi, ma abbiamo visto che proprio la ricerca del Lumen era la sua caratteristica, e non poteva essere più efficace se non partendo dal buio del profondo. Del resto anche l’avvento della Psicoanalisi fu determinato da questa sentita e ineludibile esigenza, dalla necessità di non poter spiegare tutto con la sola ragione positivistica e materialistica, quella sì che fu un’ enorme operazione di proiezione all’esterno e negazione dell’interno. Si dira’ che non si puo’ ridurre la salute umana a un concetto filosofico, e questo perche’ siamo abituati a vedere la filosofia come a un qualcosa di astratto e astruso, non consono piu' con quel senso pratico e tangibile che contraddistingue la nostra modernita’, tant’è che si tende ad escluderla addirittura dai corsi universitari di Psicologia. 11 “Il medico, tuttavia, non deve essere soltanto alchimista e astrologo, ma anche filosofo. Che cosa intende Paracelso per “filosofia” ? Diro’ subito che la filosofia, quale egli la intende, non ha nulla a che fare con il concetto che di tale materia abbiamo noi oggi. Per lui si tratta di qualcosa, potremmo dire di “occulto”. Non dimentichiamo che Paracelso è alchimista fino al midollo e pratica un’ antica filosofia della natura, che al contrario dell’impostazione moderna, ha molto meno a che fare con il pensiero piuttosto che con l’esperienza….Paracelso si domanda dunque: “Che altro è la natura se non filosofia? Essa è nell’uomo, come pure al di fuori di lui. E come uno specchio formato dai quattro elementi, dato che 11 Universita’ “La Sapienza” di Roma 18 19 negli elementi si riflette il microcosmo….”La filosofia insegna le virtu’ e le proprieta’ delle cose, della terra e dell’acqua.” 12 Adam von Bodenstein, discepolo prediletto di Paracelso, affermava sul Lumen naturae, che: lo spagiro (il filosofo della natura) ha le cose della natura non dall’autorita’, ma dalla propria esperienza. Mentre Jung ribadisce che: “La luce della natura è la quinta essentia, che Dio stesso ha estratto dai quattro elementi e che dimora nel nostro cuore. Infusa dallo Spirito Santo, la luce naturale è una comprensione intuitiva dei fatti, una specie di illuminazione; essa si origina da due fonti diverse: una “mortale” e una immortale, che Paracelso chiama “angelo” . 13 Quella mortale, cioe’ soggetta a cambiamenti e trasformazioni e che si muove all’interno degli elementi del cielo esteriore ( ruota del re Wen ) potremmo chiamarla Io, e quella immortale del cielo interiore ( ruota di Fu Xi ): Non-Io inconsci . 14 Giustamente Paracelso si chiede: “ Iddio Padre ha creato l’uomo dal basso verso l’alto, l’Altro invece il Figlio, dall’alto verso il basso. Se Padre e Figlio sono una cosa sola, come posso onorare due luci? Potrei essere giudicato un idolatra: ma il numero Uno mi sostiene. E se io ne amo due e conferisco a ognuno la sua luce, come Dio ha ordinato di fare per ognuno, come potrei essere un pagano?” . 15 Come diceva Goethe: “ Distinguer devi e poscia unire”, questo è il procedimento arcano che guida al perseguimento di quello che Jung chiama Misterium Coniunctionis , o quello che tiene insieme yin e yang in cio’ che noi occidentali chiamiamo: Sé, e che Paracelso chiamava anche Archeus o Astrum : “L’astro desidera condurre l’uomo a una grande saggezza. Il cielo infatti è l’uomo, e l’uomo è il cielo, e tutti gli uomini sono un cielo, e il cielo nient’ altro e’ che un uomo.” L’uomo è in un rapporto filiale con il cielo interiore, che è il padre e che viene definito da Paracelso come l’homo maximus, il grande uomo”. 16 Lungi dall’affrontare l’operato erboristico di Paracelso , la nostra attenzione storica, come naturopati, deve essere rivolta a un principio, che si è fatto legge nei secoli della Naturopatia, proprio a partire da Paracelso per giungere ad Hahnemann, Steiner e Bach. Cio’ che si configura come un’ operazione di cura è in realta’ un’ opera di progressiva purificazione e trasformazione, 17 alchemica diremo, coadiuvata da medicamenti e sostanze che hanno un’ affinita’ fisico-energetica, psicologica e spirituale 12 Ib.: p. 142-3. Ib.: p. 154. 14 Del tutto simile come vedremo all’Es descritto da G. Groddeck. 15 Ib.: p. 155. 16 Ib.: P. 170. 17 Vedi nota n.4. 13 19 20 con la dimensione in cui si trova il malato; quell’affinita’ che partendo dalla legge della segnatura spagirica, ci ha portato alla legge del simillimum omeopatico. Gia’ Ippocrate prima di Paracelso avevano capito che la malattia e il rimedio corrispondente dovevano presentare evidenti caratteristiche comuni; anche i popoli primitivi erano convinti che gli dei o la natura avevano impresso alle piante e alle pietre dei segni che forniscono un’ indicazione al guaritore: questo metodo di riconoscimento terapeutico fu chiamato “segnatura”. Si credeva che , per esempio piante ricoperte di peli come l’ortica erano buone per i capelli, oppure il salice che affonda i suoi piedi in terreni freddi e umidi e possiede dita elastiche e pieghevoli potesse esser indicato per le artrosi, le erbe amare come la bile, ottime per le epatopatie. Pur tuttavia al pari della stregoneria, anche la segnatura sparì già dal tardo Rinascimento, per essere ripescata casualmente da Hanhemann (1755-1844), non in base alla somiglianza esteriore degli organi, bensì in base ai loro effetti interni. Egli si rese conto che i sintomi provocati da un medicamento in un organismo sano devono essere simili ai sintomi patologici: credeva che la malattia venisse scacciata da un rimedio simile ma non patologico. Ma ancor più interessante era che così scacciati , i sintomi somatici più superficiali, ne comparivano altri più profondi e psicologici: le vere cause; come dire che la malattia segue un percorso discendente: dal superiore all’inferiore, la guarigione è invece un processo a ritroso, che dal basso materiale tende alla progressiva purificazione, utilizzando ad ogni livello superiore un rimedio che presenta il corrispondente grado di raffinazione. Ma, come aveva detto Paracelso: “E’ la dose che fa il veleno” , Hanhemann per attenuare i sintomi talora troppo violenti provocati dai rimedi, ridusse le dosi e le diluì con acqua. La sostanza medicinale veniva così progressivamente smaterializzata, etereizzata : ed elevata ad uno stadio puramente energetico; come sono oggi anche i fiori di Bach. Poichè questo tipo di medicina è spirituale, è superfluo ricordare che va ad agire su cause alberganti su un piano più profondo dell’essere umano, come entrando nei dettagli delle sperimentazioni del dr. Hahnemann si potrà capire. Egli era già dottore quando vidde morire l’imperatore d’ Austria Francesco II sotto le cure dei suoi colleghi: purghe e sanguisughe, vomiti e salassi, come era il costume dell’epoca. Come Paracelso denuncia le colpe di una medicina per lui assurda e sclerotizzata, rifiutando di esserne complice, come più tardi farà E. Bach, chiude lo studio medico, vivendo solo di traduzioni. Ma ecco che un giorno traducendo il testo di Cullen: Materia Medica, lo colpì l’osservazione che i lavoranti della pianta della china vanno abitualmente soggetti a periodiche febbri. Come è possibile 20 21 pensò, dato che proprio dalla lavorazione della stessa si prepara il chinino che è appunto il rimedio per combattere le febbri periodiche? Come può una sostanza febbrifuga provocare la febbre? Per arrivare alla verità Hahnemann cominciò ad assumere dosi di corteccia di china, aumentandole fino al punto di intossicarne l’organismo: constatandone la comparsa dei sintomi delle febbri periodiche. Cambia allora prodotto e con la costanza e il coraggio che contraddistingue chi per la ricerca pone sé stesso al centro del laboratorio, sperimenta con metodo una sessantina di medicamenti somministrandoseli in dosi massicce e prolungate. In tutti i casi il suo corpo sano e robusto arriva tradire precisi sintomi di malattia, a volte così violenti da obbligarlo a interrompere la sperimentazione. Di tutti i passaggi Hanhemann annota ogni dettaglio, arrivando alla scoperta che: “Una sostanza somministrata a dosi tossiche provoca gli stessi sintomi che a dosi tenue è capace di guarire”. Abbiamo già visto che per metà questa verità era già stata colta da Paracelso: “Ogni cosa è veleno, perché nulla è che non abbia qualità venefiche: e però è solo la dose che fa di una cosa un veleno”. Ma Hanhemann ne colse anche la verità inversa e cioè se ciò che cura può dare in dosi tossiche la malattia, anche tutto ciò che provoca i sintomi di una malattia deve per la stessa e inversa ragione, in dosi più piccole, curare quel male. Ora Hanhemann ridiscende la scala, riduce man mano le dosi, annotando ogni dato, verificando che la malattia sparisce non solo per Vis Medicatrix Naturae (cessando la somministrazione tossica), la guarigione è accelerata dalla sostanza che prima ammalava e che poi agisce come rimedio. L’azione farmacologia di una sostanza si inverte secondo le dosi impiegate. Purtroppo tra il dire e il fare per Hanhemann la strada di mettere a punto medicamenti in forma infinitesimale non è tecnicamente facile, mancando ai suoi tempi strumenti per una divisione in parti piccolissime. Hanhemann, con tanta pazienza, escogita una soluzione empirica quanto precisa. Pone davanti a sé un elevato numero di boccette, riempite ognuna con novantanove gocce di un solvente: l’alcol. Prende quindi una goccia del farmaco e la deposita nel primo flaconcino, poi la agita finchè la goccia si amalgami con le altre. Avrà dunque nella boccetta un centesimo del farmaco che egli chiamerà: la prima centesimale. Di seguito prende una goccia di questo liquido e la deposita nel secondo flacone, avendo così: la seconda centesimale. E così via. Pur sperimentando che l’efficacia del farmaco aumentava con le alte diluizioni, egli arriva al limite che non c’è più nulla da diluire: nella boccetta c’è solo alcol ( acqua fresca diranno i suoi detrattori). 21 22 Eppure è convinto dell’esistenza di un metodo per frazionare ulteriormente aumenterebbe l’effetto, ma non disponendo di laboratori moderni e avendo solo (si fa per dire) le sue mani e il suo cervello, comincia a scuotere e agitare il piccolo flacone che conteneva un centesimale ormai non più operante. Quali cambiamenti poteva suggerirgli la sua intuizione operando quelle scosse, che lui chiama successioni e infine dinamizzazioni? Le diluizioniormai tanto attenuate da non contenere più traccia della sostanza originaria, e diventate quindi inerti, con la successica dinamizzazione una più potente azione farmacologia. Il fenomeno era ormai chiaro: la non-materia era più efficace quanto meno era sostanza, quanto più diremmo noi diventava energia. I principi dell’omeopatia apriranno la strada ad altre ricerche di naturopati, quale quella che portò dritta alla scoperta dei vaccini intestinali omeopatici tra cui i nosodi del dr. E. Bach. L’omeopatia, come medicina psicosomatica afferma anche che la malattia è una sola: l’intossicazione psorica, e Bach era convinto di aver trovato la sede della psora hanhemanniana nella tossiemia intestinale, e ancor di più: addirittura una correlazione tra ciascuno dei sette gruppi batterici intestinali e le tipologie psicologiche dei pazienti. In realtà considerazioni del genere sono state fatte dai medici dell’antico Egitto: per i quali la parte più importante della medicina era l’igiene intestinale, e anche Paracelso affermava che la vita è digestione. I sette gruppi batterici di Bach furono poi sostituiti dai sette fiori guaritori, ma quel che conta è che Bach si era inbattuto in un antico principio della medicina, quello della farmacia escrementizia . Già i Sumeri, i Caldei e gli Egiziani credevano che le malattie fossero causate da demoni che volevano divorare il corpo e lo spirito degli umani; tali demoni dovevano essere scoraggiati mediante i ripugnanti odori di veleni animali e soprattutto escrementi, così come le maschere demoniache tibetane raffigurano stati d’ animo e spiriti maligni e nel contempo servono a scacciarli, così come in psicoterapia la cura passa attraverso la presa di coscienza di stati negativi: i “vissuti” rielaborati attraverso l’uso di sogni, ricordi e visualizzazioni indotte. Al pari dell’oscuro e osceno materiale inconscio rimosso , gli alchimisti avevano capito che la pietra filosofale: l’arcano o rimedio universale deve avere il suo principio in una sozzura che, trasforma l’Opus da nero ad aureo, da buio a luminoso, da sostanza ad energia. Paracelso parla in tal senso di: Mumia (in origine la pece impregnata di sostanze balsamiche con la quale gli antichi egizi preparavano le loro mummie). Le mumiae, preparate con sostanze ripugnanti, attirano in base al principio: “l’uguale con l’uguale”, i veleni dai corpi dei malati, come un magnete attira i trucioli del ferro. All’inizio dell’era moderna, la farmacia escrementizia rifiorì sotto il nome di “paullinismo”, il medico Christian Franz 22 23 Paullini pubblico’ infatti nel 1696: “La salutare farmacia escrementizia riveduta e corretta”, con il sottotitolo: “ Come qualmente con feci e urina sono state curate felicemente quasi tutte le malattie, anche le piu’ gravi, da avvelenamento e da incantesimo, dal capo fino ai piedi, esterne ed interne ”. Oggi, nel XX secolo personaggi popolari pubblicizzano le virtù dell’urinoterapia. 23 24 Cap. 3 IL CONCETTO DI NATURA: Dai lumi a J. W. Goethe. “Distinguer devi e poscia unire” Nei secoli successivi al Rinascimento, l’Alchimia si eclissò ancor di più, lasciando solo che alcuni suoi aspetti più operativi influenzassero lo sviluppo dei nuovi saperi scientifici : le moderne scienze naturalistiche. Si emancipò così la Chimica: è del 1660 il “Chimico scettico” di R. Boyle e della Matematica, nel suo intreccio tra Fisica e Filosofia, ne vedremo gli sviluppi maggiori con Leibnitz, Kant e Newton. Queste tre discipline infatti portarono avanti il discorso sull’energia, conducendola dal trascendentale all’immanente e teorizzando le leggi che oggi tutti conosciamo del moto, e delle attrazioni dei corpi nella chimica e nella fisica. Cambia il contesto culturale e con l’avvento della ragion pura cambia il concetto stesso del reale e di ciò che ha senso conoscere, quello che non è indagabile scientificamente diviene trascendente: togliendo a questo termine il valore nobile che l’alchimia gli aveva dato, riducendolo così a trascurabile o puro oggetto delle religioni. In realtà come abbiamo visto la Natura per l’alchimista è trascendentalmente intrinseca nella creatura umana: nella psiche e nel somatico, la realtà stessa, che non ha confini tra l’esterno e l’interno dell’individuo, è contenuta nello spazio della vita e nel tempo dell’individuazione personale. Mentre infatti, l’uomo alchimista costituisce il laboratorio stesso della ricerca, dal settecento in poi la natura è posta invece dall’uomo di scienza nel laboratorio da lui creato: l’alchimista dalla molteplicità, condizione che disdegna, ricava l’unità (distinguer devi e poscia unire…), l’illuminista dall’unità che rende trascendente, quindi inutile, aspira invece alla conoscenza dei particolari. Si va delineando quindi una scissione tra la realtà interna soggettiva e tutto ciò che è esterno oggettivo: l’essere umano si pone a parte dal Tutto unico anzichè essere parte del Tutto. Questa estraniazione dell’uomo era inconcepibile prima, laddove neanche alla divinità era consentita una cosa simile. Dall’interesse per la causa prima si passa al sintomo finale, per rimanere così nel tema della grande differenza tra la Medicina e la Naturopatia. 24 25 Quest’ idea della trascendenza del particolare all’interno dell’unità viene in questo capitolo ribadito, perché l’indissolubile continuità fisica ed energetica degli esseri nella natura è il mito fondante alla base di tutte le teorie naturopatiche. Il naturopata ammette ovviamente il particolare ( Distinguer devi…) ma non l’autonomo, e il suo approccio sia nell’osservazione che nella terapia dell’essere umano è sempre rivolto alla contestualità unitaria con la natura e mai al particolarismo emergente del momento, che è solo e sempre una punta momentanea dell’iceberg reale. Alcune di queste nostre idee tenteranno ancora di sopravvivere come vedremo nella filosofia del XVIII e XIX secolo. Newton stesso, in Principia mathematica (1687), affermò l’esistenza di un universo caratterizzato da uno spazio assoluto e da un tempo vero, infinitamente immutabili e come tali insondabili, la cui esistenza egli prova metafisicamente con la legge gravitazionale . Sono però sondabili le dimensioni spaziotempo relative, e relative soprattutto alle forme sintetiche a priori dei concetti di spazio e tempo e causalità, tipiche della mente umana. Kant, nella Critica alla ragion pura (1781), definisce la mente umana e i suoi limiti, come un carcere dal quale non è possibile uscire. La mente infatti, al pari di un computer e dei suoi programmi, non può pensare se non attraverso le forme a priori di spaziotempo e causalità. Possiamo chiamarle anche archetipi o forme archetipiche prese dalla natura fenomenica come dedussero gli antichi cinesi, (gli otto trigrammi dell’I Ching) che: sulla base della quale, pur riconoscendola non-vera ma reale “fenomenicamente”, fondarono la loro medicina tradizionale. La loro medicina però, al pari della Naturopatia alchemica, non si basa pero’ su un costrutto illusorio, bensì su quelle uniche vere leggi obiettive riguardanti l’energia, la quale sola rende vivo, finito e materiale quell’universo altrimenti indefinibile. E’ utile rilevare la coincidenza delle teorie cinesi sulla formazione dell’universo, con l’ipotesi detta di Kant-Laplace (1796) sull’origine del cosmo. La filosofia taoista contempla un primigenio caos originario, unitario e indefinibile, da esso a partire da un incipit le forze diverse e opposte cominciarono a polarizzarsi, occupando ognuna delle due un lato opposto all’altro. I cinesi diedero ad esse i nomi di Yin e Yang. Poi le due forze agite da un’ energia di repulsione e attrazione cominciarono a rincorrersi tra loro lungo la circonferenza di un cerchio, il cui centro gravitazionale le tiene unite e distinte. L’energia prodotta dalle rotazioni scorre in senso orario, e cambia di forma tras-formando e trasformandosi in otto immagini archetipali, a priori appunto. 25 26 A mò di ciò ogni categoria è formata mentalmente seguendo quest’ iter, di cui l’esempio principe è l’incedere delle stagioni. 18 Nel 1775, uscì La storia universale della natura e teoria del cielo di Kant in cui per mezzo della teoria newtoniana delle forze attrattiva e repulsiva è esposta l’ipotesi della formazione del sistema solare da una nebulosa originaria; ipotesi molto vicina a quella formulata nel 1796 da Laplace. Molti modelli utilizzati da altre discipline per i loro paradigmi teorici generali seguono lo stesso schema archetipico basato su coppie di opposti: confrontate lo schema dello sviluppo ontopsicologico nella topica freudiana, tra 18 C.G.Jung, Op.13, p.36”I poli della luce e dell’oscurita’ si pongono in movimento circolare, nasce cioe’ l’alternanza di giorno e notte. Si muta lume di paradiso in tetra notte profondissima. Il movimento circolare ha quindi anche il significato morale di animazione di tutte le forze chiare e oscure dell’umana natura, e di conseguenza di tutti gli opposti psicologici, di qualsiasi natura possano essere. Questo non significa altro che autoconoscenza mediante un’ incubazione di se’ stessi ( l’indiano tapas ). Un’ analoga rappresentazione archetipica dell’essere umano perfetto è quella dell’uomo platonico completamente sferico, che unifica in sé anche i due sessi.” 26 27 Eros e Thanatos 19 e Io e Es , come forze rispettivamente yang e yin alla ricerca del loro equilibrio dinamico. In molte culture vediamo che il passaggio di energia è rilevabile attraverso diverse colorazioni, gli otto stadi cinesi hanno otto colori, come i sette chakra della medicina ayurvedica. La luce, con le sue variazioni cromatiche ci accompagna durante il quotidiano incedere delle stagioni, quello che accade in natura ci appare fenomenologicamente grazie alla luce. Questa energia simbolizzata costituisce il mezzo e la meta direzionale, così come la Via taoista è situata proprio nel mezzo di yin e yang, laddove anche noi da un lato proiettiamo l’ombra e dall’altro l’immagine chiara. La via dell’individuazione conduce all’illuminazione, navigando fra archetipi dalla natura yin e yang. 20 Le riflessioni di Goethe sulla natura muovono dalla convinzione che nella natura domini un’ energia creativa unitaria, immutabile impulso a una continua metamorfosi, secondo una non casuale armonia, che si rivela anche nella piu’ piccola creatura. Queste idee, riprese da Spinoza, le esporra’ in Sulla morfologia (1820) . La metamorfosi naturale va intesa, come un divenire intimamente spirituale mosso da due tendenze opposte: concentrazione ed espansione e dall’universale legge dell’accrescimento. Essa è formazione e trasformazione di un modello originario, motivo che vedra’ Goethe, nelle sue osservazioni naturalistiche, alla ricerca della pianta e dell’animale originario ( La metamorfosi delle piante, 1790; Formazione e trasformazione della natura organica, 1807). In seguito sotto l’influenza di Schiller, egli concepì il fenomeno originario, non come un’ ente realmente esistito, ma come una idea teleologica kantiana: una forma a priori. Nella sua celebre Teoria dei colori (1810), egli si esprimera’ nella difesa di una 19 Ibidem, p.97: “Nell’acqua divina, di cui viene continuamente sottolineata la natura dualistica si equilibrano due pricipi, uno attivo e uno passivo, uno maschile e uno femminile, che costituiscono l’essenza della forza creativa in una perenne e ritmica alternanza di vita e di morte.” Ibidem, p. 37, Jung riporta una lettera di Ildegarda von Bingen al monaco Viberto di Gembloux (1171): “Sin dalla mia infanzia vedo sempre una luce nella mia anima, ma non con gli occhi esteriori e neppure con i pensieri del cuore; e neanche i cinque sensi esterni partecipano a questa visione (…) la luce che io percepisco non nasce da un luogo preciso, ma è molto piu’ luminosa della nuvola che avvolge il sole. Non posso distinguerne l’altezza, la larghezza o la lunghezza (…) Cio’ che vedo e apprendo in una tale visione mi resta a lungo nella memoria. Io vedo odo e so allo stesso tempo (…) Non riesco a riconoscere a questa luce alcuna forma, talvolta tuttavia vedo in essa un’ altra luce, che mi viene di chiamare luce vivente (..) Mentre mi beo nella contemplazione di questa luce, ogni tristezza e dolore svaniscono dal mio ricordo.” 27 28 visione globale della natura e dell’uomo, fondata sulla vivente esperienza dei cinque sensi del corpo umano (al pari dei cinque elementi della M.T.C.) che egli efficacemente definisce “il piu’ grande ed esatto apparecchio fisico” di cui lo studio della natura possa giovarsi. Sull’aspetto simbolico dell’individuazione nell’albero, ricollegandoci all’alchimia, Jung afferma che: “L’albero corrisponde esattamente all’albero di metallo dell’alchimia, l’arbor philosophica che, se vogliamo trovarvi un significato, rappresenta la crescita spirituale sino all’illuminazione suprema.” 21 La luce, come energia vibrazionale, studiata da Goethe , ascende nella verticale dell’albero così come nella kundalini e nei chakra indiani, e nella grande rivoluzione del Qi Qong cinese . Nella teoria dei colori di Goethe, il colore si pone come un esperienza continua di vita, originato dalla polarità tra luce e oscurità: “ Il colore è figlio di due forze cosmiche” in quanto nasce e si determina dalla tensione della polarità luce-oscurità e non alla loro mescolanza, che darebbe soltanto il grigio. Nell’occhio umano il chiaro richiama l’oscuro e viceversa, così colori di massima luminusità ne richiameranno altri di minima luminosità. Il concetto di opposizione e richiamo, così come il colore fondamentale richiama il suo complementare, dimostra che anche nella visione c’è la tendenza a un intero: ad integrum, infatti un colore complementare rappresenta gli altri due fondamentali. Il giallo, ad esempio richiama il suo complementare viola, che è composto dagli altri due fondamentali: rosso e blu. I sette colori dell’arcobaleno corrispondono ai sei colori di Goethe, tra fondamentali e complementari, più l’aggiunta dell’indaco. Il rapporto tra lunghezza d’ onda ed energia si può raffigurare in una piramide costituita da sette piani vibratori, corrispondenti a sette lunghezze d’ onda , racchiusa nel cerchio del Tao, nel quale si possono ascrivere le sei linee degli esagrammi dell’I Ching. Il colore viola, situato nel punto all’apice della piramide, il più evoluto, corrisponde alla nostra interiorità più spirituale, è la vibrazione del settimo chakra alla sommita’ del capo. Il raggio rosso è il livello piu basso e materiale, è la vibrazione del primo chakra, del legame dell’energia con la terra, a differenza del primo pervaso dall’energia del cielo. I cinesi raffiguravano l’uomo tra il padre cielo e la madre terra, sullo sfondo di un arcobaleno che li congiunge come un drago volante. 21 Ibidem, p.107. 28 29 Le piramidi dei colori La ruota dei colori dei cinque elementi taoista. Ritroviamo la luce solare nel processo d’ estrazione dei fiori di Bach (da lui ripreso dagli herbalist celti)da cui estraiamo l’informazione di una particolare vibrazione energetica. 29 30 La prospettiva che guidò i grandi ricercatori della Naturopatia del XIX e XX secolo fu l’incessante ricerca di quel principio attivo posseduto dalla natura, sotto forma di essenza energetica, per curare se stessa e pro-curare vitalità. Ne ricavarono che l’energia è dunque semplice: pensiamo al rimedio unico omeopatico di Hahnemann, simile: a determinate condizioni si presenta nella stessa forma, universale: segue ovunque le stesse leggi, quindi accessibile. Il metodo terapeutico doveva prevedere solo alti e bassi, vuoti o pieni di energia, tale per cui dove è carente provocando una malattia la si può ricercare semplicemente e universalmente laddove si presenta simile morfologicamente al fenomeno da trattare. Puo’ trattarsi dell’essenza floreale Impatiens per i tipi impazienti , rappresentabile con l’archetipo della divinità di Mercurio sempre in movimento, protettore dei viaggiatori e dei mercanti. L’energia ha dunque effetto sia sul piano fisico che psicologico, perche la natura stessa macrocosmica che vivifica e le singole creature microcosmiche hanno questo duplice aspetto: materiale e spirituale. Vedremo nel prossimo capitolo come al pari di ogni cosa , anche ciò che viene definito malattia ha una duplicità morfologica sia nella causa che nell’effetto e quindi nel rimedio terapeutico, come abbiamo visto con l’essenza di Impatient. Sempre riguardo all’energia , nell’800 alcuni ricercatori proto-psicologi quale Messmer credettero di aver trovato una panacea terapeutica nel cosiddetto flusso energetico che emanato dai corpi si poteva propagarlo esternamente: come la Pranoterapia e il Reiki, il quale ebbe anche una certa risonanza all’epoca, smentita però dalle successive esperienze che portarono in auge l’ipnosi da parte di Charcot e Freud. Per la Psicologia e in particolare per la Psicoanalisi il concetto di energia , pure ampiamente usato, rimase perlopiu’ un modello archetipico per procedere nella teoria, non avendo invece la stessa rilevanza pratica che ha per la Naturopatia. Ricapitolando possiamo affermare che non possiamo parlare di energia prescindendo dal concetto di Natura, vista come un unico organismo vivente. Qualora infatti decidessimo di rapportarci ai singoli esseri siano essi piante, animali ed esseri umani estrapolandoli dalla natura, compiremmo un operazione di mutilazione che non gioverebbe né alla diagnosi né alla terapia. Quello che andrebbe mutilato risulterà proprio l’essenza intrinseca, che abbiamo visto si manifesta in forma energetica. In questo capitolo abbiamo visto che, le scienze esatte predominanti nei secoli a venire a partire dai due secoli che abbiamo preso in esame, hanno sistematicamente teso all’esclusione della natura vista come un unicum solistico, ed anche la filosofia gradualmente diveniva esclusivamente esistenzialista. Ma ci chiediamo come sia 30 31 possibile indagare sul senso dell’esistenza umana, se questa non è strutturata dentro e secondo i ritmi e le forme cui la natura stessa sottostà. È ovvio che avendo indebolito il legame, anche spirituale, con la natura stessa , il fragile essere umano ha dovuto alimentare la speranza (illusoria) di potere usufruire poi integralmente di un Io così potente da trasformarlo da creatura in creatore . Il creatore ovviamente può fare e disfare a suo piacimento la natura considerandola un ammasso inanimato di oggetti plasmabili, come ha fatto poi alimentando un concetto di progresso di cui vediamo ora gli effetti ecologici sul pianeta . L’operazione di esclusione dell’insieme natura ha fatto si che poi questa stessa nei suoi aspetti energetici sull’uomo istintuali e spirituali rimossi per far spazio al grande Io razionale, riemergesse come inconscio minaccioso e disturbante di quell’ordine che avrebbe dovuto stabilizzare l’Io. Per quell’uomo che ostinato continua ad autoescludersi dalla famiglia naturale, ergendosi geloso nella sua agognata solitudine: ecco allora che a tali minacce non accettate come messaggi della natura, non resta altro che manifestarsi come malattie fisiche, disagi psicologici e angosce esistenziali. Riconsiderare la relazione d’ insieme internaturale, secondo i dettami della naturopatia, permette all’individuo di mantenersi in connessione con le forze dell’universo: quella che i medioevali chiamavano la vis medicatrix naturae , e al malato di ritrovare la giusta Via fisica, psicologica e spirituale smarrita al di la dell’organo di turno che continua a nuocere. 31 32 Cap. 4 IL CORPO UMANO IN NATUROPATIA. “Il corpo è un carniere di segni, il segno è un corpo disincantato.” 22 Il corpo è il campo di battaglia dei nostri conflitti interiori. La sua estensione superficiale è la trincea che delimita il corpo interno dal corpo esterno, un dentro e un fuori disseminato di simboli e sintomi: quali oggetti psichici provenienti dalla mente. La sua presenza dona all’Io la percezione dell’esistenza, dona all’anima la realta’ di uno specchio domestico in cui percepirsi attivamente vitale e autonomamente completata. Proviamo a chederci cosa ci viene in mente quando pensiamo ad un corpo ? Forse ad un oggetto materiale: il nostro corpo fisico materiale, che per la medicina sara’ l’organismo, l’insieme delle strutture e delle loro relative funzioni fisiologicamente atte alla nostra sopravvivenza, per la psicologia sara’ l’insieme delle rappresentazioni di noi stessi: corpo-identita’, per la religione sara’ il momentaneo contenitore dell’anima nella porzione di viaggio che ci vede sulla Terra e per la sociologia sara’ l’unita’ fondante la massa: il corpo sociale. E per la Naturopatia il corpo è forse qualcos’ altro ancora? Certamente per il naturopata il corpo umano è qualcosa che non si delimita e finisce con la pelle, quella è solo quella parte del Corpo immanente ai cinque sensi umani. Poichè, come si reputa in Oriente, il naturopata non si riferisce al corpo con l’uso esclusivo della sola mente resa unilateralmente preponderante, bensì (come il ricercatore Paracelso) lo osserva nelle sue relazioni, lo sente nella sua vibrante evoluzione, lo lascia esprimere nei suoi linguaggi e nei suoi tempi “naturali”. Enrico Suso, allievo di Meister Ekhart, affermò che è meglio fare esperienza di Dio, guardandolo nella Natura: esterna e interna, che lasciare affermare alla mente “ingannabile” di conoscere Dio, il quale infinito com’ è, non puo’ che apparire a noi finiti, che nella sua piu’ grande teofania: la Natura, nelle sue leggi universali e nelle loro applicazioni dal sistema solare fino al piccolo atomo. Ma di quale Corpo si parla allora? La naturopatia si riferisce certamente al Corpus naturalis : il Macro-cosmo come insieme dei Micro-cosmi. E di cosa è fatto il Corpus naturalis, se non di energia variamente condensata in variegate forme materiali, le quali non hanno energeticamente 22 J. Baudrillard, L’èchange symbolique et la mort, p. 155 32 33 interruzzione di contiguità, essendo ovunque collegate, come fossero rappresentate su una enorme rete dalle maglie ora larghissime, nelle forme aeree e acquose, ora strettissime in quelle minerali. Per noi occidentali è enormemente difficile, se non impossibile ( visto che siamo stati educati ad essere al o il centro dell’universo e giardinieri del creato, se non proprio ora i creatori stessi ), immaginarci o saperci “oltre” senza il confine corporeo della pelle, che delimita il noi dall’altro, e addirittura interrelati a ciò che ci circonda , che invece siamo abituati a pensare come spazialità : vuoto doverosamente da riempire di oggetti. Non era certo questa la sensazione di completa fusione che si provava nello stato fetale? Certi tipi di massaggi non vogliono, inducendo proprio questo tipo di regressione mnestica, ricomporre l’unità d’ insieme persa? Questo perchè la nostra rappresentazione, prettamente materialistica, si limita a ciò che l’Io rappresenta di noi, quando guardiamo con i soli occhi e il tatto la “nostra” corporeità di superficie . Il concetto di Corpo è diverso tra Oriente e Occidente, così come tra naturopatia e medicina. Se chiedessimo ad un orientale quale è la concezione di sé in quanto essere umano, questi ci potrebbe rispondere con una metafora, di essere uno dei miliardi di granelli di sabbia della spiaggia universale. Viceversa l’occidentale direbbe ciò che il suo Io, come ente attivo nello spazio e nel tempo, ha stabilito, e spesso la rappresentazione sarà di tipo professionale: sono un dottore ,un avvocato, ecc. Il corpo è vieppiu’ solo un appendice, a volte strumento narcisistico, altre volte inutile fardello per l’Io, tant’ è che la massima aspirazione per molte religioni è stata il regno dei cieli: dove le anime-Io vagano libere dal corpo. Il nostro Io occidentale sarebbe quasi l’espressione di un autosufficiente infinità se non fosse legato al corpo, a questo corpo umano, il quale ci ricorda invece, con la sua imperfezione e caducità, il nostro limite (fisico). In oriente l’Io è stato concepito in una versione molto più modesta, meno narcisistica e soprattutto strumento “nel” corpo e non a priori dal corpo. Lo ritroviamo nella M.T.C, dove le funzioni psichiche sono state distribuite fra i sei visceri e i sei organi, compresi nella già citata ruota dei cinque elementi, ma in realtà anche la singola cellula ha la sua qualita’ psichica, che è quella di favorirne la vitale specificità. In verita’ questa distinzione non è sempre stata cosi’ polarizzata: nel nostro Medioevo, per esempio, i Santi venivano raffigurati circondati da una aureola, la quale si presumeva con tale intensità da apparire visibile, e ciò testimonia che si supponesse che l’essere umano oltre al corpo fisico fosse dotato di un corpo aureo o astrale, facente chissà parte di una serie di dimensioni corporee progressivamente più estese , al di là del corpo fisico sub-epidermico. Le agiografie riportano di santi medioevali che, come santoni indiani 33 34 levitanti, volassero in cielo, agiti da misteriose forze energetiche attive a certe condizioni spirituali, come avviene anche con le ginnastiche psicofisiche taoiste Chi Kong e Tai Chi Chuan, e nell’attivazione dei chakra. E’ chiaro che, dire ancora corporeo, a questo punto è solo un modo convenzionale per indicare la porzione biologica, neppure fisica potremmo più dire, perchè l’energetica è pura fisica. Passando dal Medioevo alla odierna Psicoanalisi già G. Bateson definisce il Corpus Naturalis come Mente cibernetica, affermando che: “La mente individuale è immanente, ma non solo nel corpo: essa è immanente anche in canali e messaggi esterni al corpo; e vi è una piu’ vasta Mente di cui la mente individuale è solo un sottosistema. Questa piu’ vasta Mente è paragonabile a Dio, ed è forse cio’ che alcuni intendono per Dio, ma essa è ancora immanente nel sistema sociale totale interconnesso e nell’ecologia planetaria.” 23 Già le teorie sull’Inconscio personale e collettivo riproposero un’ espansione nella profondità della mente, sempre più insospettata, e non più riconducibile alla sola unicità dell’individualità. Ancora da Bateson citiamo: “La psicologia freudiana ha dilatato il concetto di mente verso l’interno, fino ad includervi l’intero sistema di comunicazione all’interno del corpo….cio’ che sto dicendo dilata la mente verso l’esterno. E tutti e due questi cambiamenti riducono l’ambito dell’io conscio.” 24. La stessa legge della Sincronicita’, ri-scoperta da Jung e Pauli, enuncia che tutto ciò che è fisico è in relazione con una dimensione parallela psichica, sia nella dimensione umana psicosomatica che in quella cosmica. E’ interessante notare come nella M.T.C. ogni organo ha una doppia funzionalità complementare psichica e fisica, questo secondo la legge dello Yin e dello Yang. I cinesi rappresentarono la realtà, come l’interazione fenomenica di due forze paritetiche e complementari: la yin e la yang, la psichica e la fisica, e il simbolo del Tao che le raffigura rappresenta proprio la sincronicità nella natura, così come in ogni singola creatura. Nell’antico greco dorico, i termini per indicare il corpo e la scena teatrale derivano dalla stessa radice 25, ci chiediamo quindi : il corpo è una realtà o una rappresentazione? Sicuramente tutte e due , poichè l’essere umano è un’ entità finita e limitata alla propria sensorialità e percezione, non ci è dato di conoscere la Realtà, ma solo di fare esperienza indiretta, e per quasi tutti noi anche inconsapevole della realta’ così come della deità o divinità. Non ci rimane che percepire e rappresentarci secondo le caratteristiche sensoriali di cui siamo dotati e caratterizzati ( e anche queste soggettive e individuali). Per fare un esempio: l’esperienza di un tramonto è una realtà o una rappresentazione? 23 G. Bateson, Verso un’ ecologia della mente, p.479 Ibidem, p.479-0 25 U. Galimberti, Il corpo, Feltrinelli, Mi, 2000, p. 23 24 34 35 Se in un dato luogo e momento vediamo il calar del sole pomeridiano, potremmo affermare che si tratta di un romantico tramonto, ma nello stesso tempo se fossimo agli antipodi potremmo rispondere che sicuramente si tratta di una fresca alba. Questo in realta’ ci puo’ servire per poter riflettere sul concetto di corpo. Per esempio un uomo vecchio è un vecchio corpo, oppure ha un vecchio corpo? Oppure puo’ un giovane essere piu’ vecchio di un vecchio, che si sente piu’ giovane di un giovane ma vecchio? Gli antichi medici taoisti avevano risolto l’ampasse, escludendo sia la modalita’ della rappresentazione, sapendola illusoria, sia quella di un sapere, anche scientifico, creduto come vero, ma non perfetto, cercando e trovando semplici leggi universali, almeno sul funzionamento dell’universo. Direste forse che discorrendo in questo modo tutto diventa relativo? No, si può credere che tutto diventi, invece che solo materialistico, più ampliamente naturalistico e olistico: solo infatti con questa apertura di mente potremmo affrontare le dimensioni di malattia e salute nella specificità della Naturopatia. E’ straordinario come la dimensione della Naturopatia coincida incredibilmente con il concetto di nuova scienza auspicato da G. Bateson nel suo saggio introduttivo a: “L’ecologia della mente”, intitolato: “La scienza della mente e dell’ordine”. Tornando nuovamente al Corpo e uscendo dalle ristrettezze della dimensione organica, e per parlare di esso, sapendo ormai che intendiamo un Corpo cosmico, esploriamolo nelle sue dimensioni superiori e inferiori, rispettivamente: il Macro-cosmo universale e il sub-microcosmo atomico. L’osservazione delle due realtà ci permetterà di estrapolare leggi universali omogenee seppur nelle rispettive diversità, le quali però reggono anche tutti i cosmi intermedi e ad essi compresi. Qualcuno obietterà che, per chi non ha l’obbligo di dimostrare scientificamente le proprie asserzioni, è fin troppo facile fare anche i piu’ affascinanti e pindarici voli filosofici, al fine di costruirci sistemi, i quali piu’ infiniti sono e meglio saranno adattati alla realtà, in fondo è proprio sulle idee di infinito e di indefinibile divinità che si è costruita la più affascinante ipotesi, che ha governato con le religioni la vita dell’uomo, secula seculorum. In verità se la portata di queste teorie fosse così limitata, saremmo noi stessi naturopati a denunciarne l’ingenuità, ma facendo invece seguire gli sviluppi pratici riconosciuti dei principi dell’energetica agopunturale cinese, dell’ayurvedica indiana, e delle Naturopatie storiche occidentali, potremmo dimostrare l’esistenza di una contiguità tra corpo sub-epidermico e trans-epidermico, con la stessa analogia che c’è in psicologia tra inconscio personale e collettivo, tra Io e Non-Io nel 35 36 Corpo del Sé. 26 Le grandi leggi universali trovate dal taoismo ci descrivono un corpo cosmico indefinibile e mutevole, ma globale e sistemico, secondo la descrizione che qui segue. Per esso non esiste niente in natura che abbia una connotazione fissa e statica , tale per cui possiamo dire veramente questo è certamente questo, e quell’altro è la tal cosa, bensì questo in quel determinato spazio appare ai nostri sensi soggettivamente così configurato e, se statisticamente a ciò, tale struttura si manifesta con una certa ricorrenza gli diamo una identità. Abbiamo detto, e non a caso, in relazione alla dimensione dello spazio sensoriale, perchè questa è stata la modalità che l’essere umano trova più congeniale; ma c’ è anche quella del tempo, solo che per noi questa è una dimensione indiretta e meno rilevabile, tanto che esso è stato piu’ un concetto che una realtà tangibile sensorialmente: non viene piu’ spontaneo riferirsi alla dimensione spaziale e dire: io sono un corpo, io mi riconosco specchiandomi nella materia, io mi riconosco così fatto, so il posto che occupo nella spazialità ? Mentre il tempo , che pur ci connota, forse per il fatto di rimandarci alla morte, viene vissuto con un certo timore e imbarazzo. E così anche gli altri corpi, nella loro rassicurante e uniforme presenza, completano l’orizzonte spaziale di cui noi sappiamo di far parte, e man mano che cresciamo l’orizzonte è sempre più ampio e più pieno, ma siamo partiti da un orizzonte fetale dove vigeva l’indistinzione e l’inconscia fusionalità. Con la nascita, infatti, ci sembrava che il mondo fosse solo la dualità filiare e materna, per arrivare poi crescendo a vederci immersi in una crescente moltitudine di presenze diverse da noi ma perfettamente organiche con il sistema spaziale ormai saturo di oggetti e perfettamente contestualizzato dai nostri sensi e dalla coscienza. Anche se ora abbiamo gli strumenti tecnologici per scoprirli, nessuno si chiede mai però se siano presenti oggetti che i nostri sensi non percepiscano: gli infinitamente piccoli e gli immensamente grandi. Nessuno di noi vede i propri batteri, così come nessun batterio vede il corpo umano di cui non sospetta di far parte, ne sospetta affatto di una qualche nostra emanazione oltre lo strato dermico. I nostri sensi sono quindi limitati nelle potenzialità, ma anche imperfetti nella loro finitezza, tanto che qualora non fossero sufficienti, gli oggetti li immaginiamo, li coloriamo affettivamente come si dice in psicologia, ci illudiamo di dargli una identità, e creiamo anche i fantasmi. Immaginiamo, per ipotesi ora, di vedere un bosco: nello spazio è sì un insieme di alberi variegati, ma nel tempo? Che ci importa direte del tempo, se nessun fattore interviene a perturbare l’insieme quel bosco è e sempre sara’ un bosco. Infatti il nostro concetto di 26 G. Bateson, p.448-9. 36 37 tempo è modellato solo dall’alternanza delle stagioni, e noi del bosco vediamo sensorialmente solo le variazioni legate al fattore climatico stagionale, non abbiamo una struttura tale per notare i fatti mentre avvengono: rallentati come alla moviola o accelerati, se così fosse invece di vedere sempre i soliti alberi noteremmo che nessuna creatura sta ferma per un istante: quello che era seme e dopo germoglio, poi è stato virgulto, albero e prima di morire dai suoi frutti caduti sul terreno è rinato. Forse, in nessun attimo nessun oggetto era uguale all’altro, e nessuno ha visto la propria vita come un corpo in continua meta-morfosi. Tutto questo per dire che del corpo possiamo avere un idea, un concetto limitato alle modalità con cui ci relazioniamo alle dimensioni spaziotempo, e sicuramente è veramente obiettiva la legge, detta dell’impermanenza in una forma, ricavata dall’osservazione della natura, quando afferma che nell’universo, come nelle più piccole creature, tutto si crea, si trasforma e si distrugge per rinascere in altre forme e in accordo simpatico con altre trasformazioni interdipendenti senza possibilita’ di interruzione. Poiche’ tutto fa parte di un Unicum globale cibernetico. Controllare le forme stabilizzandole, è l’utopia sempre rincorsa dal genere umano per poter controllare appunto il Tempo e lo Spazio. Ma mai si potrà controllare il Tutto, semmai solo temporanei segmenti e porzioni, operando per giunta distorsioni e disturbi nell’equilibrio del Sistema. Ricercare una dimensione di assenza del male a priori per far emergere un bene assoluto e cristallizato con l’azione immediata sul corpo, da parte delle medicine per esempio, è un modo per rincorrere l’illusione di una onnipotenza divina, l’elisir dell’eterna gioventù della salute paradisiaca. In accordo con le teorie della Naturopatia, oltre alla legge dell’impermanenza, il Taoismo evidenzia una seconda legge, detta dello Yin e dello Yang, ossia delle due forme opposte e complementarie, raffigurate nel noto simbolo del Tao: Tutte le possibili trasformazioni del Corpus naturalis sono racchiuse entro lo spettro rappresentato da queste due categorie. Questo spettro circolare evidenzia, come in un orologium vitae, il percorso energetico tra le forme e le identità momentanee, dell’essenza delle creature il processo d’ individuazione naturale delle cose, l’itinerarium 37 38 cui tutti noi siamo sottoposti. Non ci resta, a noi creature fatte dagli elementi, che stare in armonia con gli elementi stessi, laddove conoscere gli elementi diviene conoscere se stessi nel profondo, trascendendone la rappresentazione. Ogni creatura ha il suo itinerarium da compiere, ma la legge che lo governa è la stessa perfetta per tutte, sia a livello fisico che psicologico, e i suoi enunciati contenuti nel classico cinese Libro dei Mutamenti o “I Ching” sono solitamente descritti utilizzando l’immagine dello scorrere dell’energia nel continuum della creazione dell’universo. Quasi tremila anni fa il filosofo taoista Lao-Tze osservando che le cose nello stato di esistenza fenomenica hanno un inizio, immaginò uno stato primigenio di non-esistenza e lo contemplò nel numero Zero. Doveva esser questo uno stato di quiete assoluta, senza direzioni, differenze e apparenze, assolutamente inimmaginabile per la mente umana, che chiamò: Wu-Chi (Chi=energia ). Ad un certo punto, per assoluta spontaneità, dalla quiete si generò un pensiero, cessò lo stato di vuoto e di non-pensiero, e quel momento lo definì: “Il grande termine” o inizio del “Tai-Chi” , lo stato di pienezza in cui tutto è contenuto, che il filosofo defini’ l’Uno, il corrispettivo del nostro Dio. Si dice che la Via o Tao ha prodotto così l’Uno, l’Uno il Due, il Due ha prodotto il Tre, e il Tre tutti gli esseri. Il Due rappresenta la dualità statica dello yin e dello yang, e il tre la loro interazione per opera del Chi: l’energia che tutto pervade, nelle Quattro direzioni cardinali in cui sono disposti i Cinque elementi: il Legno, il Fuoco, la Terra, il Metallo. 38 39 Nella Genesi sta scritto: “ In principio Dio creò cielo e terra”, fra di loro tutte le restanti creature. Anche lo gnosticismo medioevale, ripreso da Jung nei suoi: “Septem sermones ad muortos”, distingue questi due momenti, e G. Bateson a proposito del testo junghiano afferma che: “Egli osserva che vi sono due mondi. Noi potremmo chiamarli due mondi esplicativi, lui invece li battezza il pleroma e la creatura, che sono termini gnostici. Il pleroma è il mondo in cui gli eventi sono causati da forze e urti e nel quale non vi sono distinzioni, o, come direi io, differenze. Nella creatura, gli effetti sono provocati proprio dalla differenza. In effetti eccoci davanti la solita vecchia dicotomia tra mente e sostanza. Direi che pleroma e creatura sono termini che si potrebbero utilmente adottare; quindi mette conto di considerare i ponti che collegano questi due mondi. Dire che le scienze fisiche si occupano solo del pleroma e che le scienze della mente si occupano solo della creatura è un’ eccessiva semplificazione. Le cose sono un pò più complicate.” 27 La Naturopatia si è sempre ispirata a queste leggi universali, rapportando il proprio concetto di salute e malattia del sistema corpo-mente umano, al modo in cui l’uomo si relaziona all’energia e all’armonia dei cinque elementi, compresi nella ruota del Tao, la quale come abbiamo visto rappresenta sia l’unità psico-somatica della natura che come di tutte le singole creature anche quella umana. Potremmo definirla una medicina ecologica, della relazione e della comunicazione tra le creature e gli elementi del pleroma, in una sola parola: olistica. Paradossalmente, al contrario della Naturopatia, la Psicologia occidentale trae la sua origine dalla cultura greca, e poi cristiana, le quali da Platone ad Agostino pongono la specificita’ dell’uomo non nell’ambivalenza delle sue espressioni corporee, ma in quella unità ideale che è: la psyche. Per tutto l’Occidente sarà questo il luogo di riconoscimento dell’unità dell’essere umano, che ne esprime l’identità: addirittura a immagine e somiglianza del Dio da cui si dice esplicita derivazione terrestre, al contrario degli animali e dei consimili umani primitivi, i quali non si sa perche’ non avrebbero avuto una psyche. Ma, come afferma U. Galimberti ne Il corpo: “Questo luogo di identificazione contiene gia’ il principio della separazione, perche’, come coscienza di sé , la psyche comincia a pensarsi per sé , e quindi a separarsi dalla propria corporeita’. La prima operazione metafisica è stata un operazione psicologica.” 28 Se guardiamo alla nostra tradizione biblica, possiamo osservare che la vita dei nostri progenitori mitici: Adamo ed Eva, scorreva felice e beata senza malattie ne conflitti psicologici, essi dovevano solo vivere in nome di Dio e non del proprio Io. Dio aveva 27 28 Ibidem, p.473 U. Galimberti, p.11 39 40 costruito tutto il giardino come una struttura, un corpus, perfettamente integrata e completa. Chi vuole alterarla lo può fare a rischio di alienarsi da quell’ordine, che le piante e gli altri animali continuano a rispettare. Quello che e’ proibito non è l’acquisizione di una propria coscienza, che semmai è un segno di maturità, bensì la cultura della separazione, dell’unilateralità, della non integrazione nell’unico mondo possibile, che è quello terrestre, dove ogni presenza ha la pari dignità, nell’unità della molteplicità. L’orgoglio di primeggiare produce la voglia di far da solo, il germe dell’egoismo generò lentamente un corpo di malattia, dolore e morte, da un lato e l’aspirazione a una mente perfetta, scissa ovviamente da tale corpo caduco, dall’altra. Che colpa ne avevamo, se vivevamo nell’adorazione dell’onnipotente immagine di un Dio unico e senza corpo! “ L’idea platonica è il modello di questa separazione e contrapposizione, e la psyche, essendo amica delle idee, incomincera’ a considerare il corpo come suo carcere e sua tomba. Una volta che la verita’ è posta come idea, l’opposizione tra ideale e sensibile, tra anima e corpo, diventa l’opposizione tra vero e falso, tra bene e male. Valori logici e valori morali nascono da questa contrapposizione che la metafisica ha creato e la scienza moderna ha mantenuto…. Da questo errore la filosofia si è emancipata con Nietzsche che ha denunciato quel retro-mondo, quell’“al di la’ inventato per meglio calunniare l’al di qua”, ma non la Psicologia, che cosi’ rimane la piu’ occidentale delle scienze e quindi la piu’ metafisica, se per metafisica intendiamo il pensiero della separazione…..Fattasi carico della logica della separazione inaugurata dalla disgiunzione platonica tra corporeo e ideale, la Psicologia, se vuol essere coerente a se stessa, non puo’ parlare del corpo, se non impropriamente , se non per infedelta’ al suo statuto scientifico, a meno che per corpo non intenda l’idea di corpo che come scienza si è data.” 29 Ben più attuale è quindi la millenaria M.T.C., che non riconoscendosi nella separazione tra lo psichico separato e autonomizzato e un corpo meramente anatomizzato, per la quale è semplicemente assurdo parlare della possibilità dell’esistenza della Psicologia così come abbiamo visto esser considerata in occidente. Così come per la Naturopatia può esistere solo una scienza delle leggi universali della natura, dall’omogenea e immutabile applicazione in ogni campo (e anche in quello del comportamento umano), a meno che non vogliamo precostituire un sapere logicamente funzionale e fondato su implicite esigenze storicamente locali e datate. Per questo al corpo, manipolato, inquinato, alter-ato, non resta che parlare per simboli e sintomi, manifestare se stesso con le patologie che il linguaggio scientifico gli ha dato per farsi capire da noi. Con l’avvento delle religioni monoteiste poi, la separazione è ulteriormente esasperata: laddove la semplice mente non basta più, a distanziarci dal 29 Ibidem, p. 12 40 41 reale umano del corporeo, ecco comparire l’anima, vista come quel livello ultrametafisico, ideale meta finale di congiunzione. Congiunzione con chi? Ma con quel divino che crediamo ultra-naturale e che dispettosamente ci avrebbe condotti in questa valle di lacrime e non-senso, una divinita’ tutta per noi, inventata dalla nostra mente, nell’infanzia quando fummo cacciati (dal letto edipico dei genitori…..), e che ci siamo ostinati a non voler riconoscere nella Natura. L’unica dualita’ che l’Occidente ha prodotto e’ un dualismo manicheo, fra antitesi non comunicanti e in conflitto “schizofrenico” fra di esse, al contrario del dualismo tra gli opposti complementari dello Yin e dello Yang in cui è racchiuso il reale per il pensiero orientale. “Se cio’ non accade, se la psicologia non si pensa contro la rappresentazione che si è data a partire da quell’alba greca in cui ha preso avvio l’autonomizzazione della psyche, la Psicologia non solo non giungera’ mai alla comprensione dell’espressivita’ originaria del corpo, ma sara’ costretta ad errare, perche’ ignora l’errore che è alla base della sua espressione epistemica, della sua nascita come scienza. Si tratta di un errore che non investe solo il sapere psicologico ma ogni sapere razionale quando, sottraendosi alla polisemia della realta’ corporea, si afferma come asserzione incontrovertibile su di essa. In questo passaggio dalla verita’ come ambivalenza (n.d.a. Yin-Yang), alla verita’ come decisione sul vero e falso, il sapere razionale dimentica di essere una procedura interpretativa tra le molte possibili per porsi come assoluto principio, dimentica di essere un inganno necessario per dirimere l’enigma dell’ambivalenza, e in questa dimenticanza diviene un inganno perverso.” 30 E’ risaputa l’abilità dei medici cinesi in chirurgia, ciò nonostante non ci è pervenuta nessuna mappa scientificamente e solo anatomica, pur potendolo. La più importante giuntaci è quella detta dello Xiuzhen tu o “Mappa della cultura della perfezione”, del XIX secolo, esposta nel Tempio delle nuvole bianche di Pechino, in cui è rappresentato il simbolismo del corpo umano, cosi’ come trasmesso dal Taoismo, che combinava pratiche di Alchimia interiore e rituali esteriori, affinche’ il praticante potesse agire simultaneamente sul proprio mondo interiore e su quello esteriore. Secondo C. Despeux, dal suo: “Taoismo e corpo umano”, da cui abbiamo tratto la mappa, il corpo, anatomicamente raffigurato, sfuma in una rappresentazione simbolica e magica al tempo stesso. Viene così descritto come se fosse un piccolo mondo, un microcosmo, un paesaggio interiore dimora di molteplici divinità, celesti e telluriche, luogo in cui va operata la trasmutazione per mezzo di pratiche varie, se si vuole avere accesso al Reale. Ora, per la nostra mentalità occidentale può sembrare incomprensibile e assurda questa visione di corpi come componenti del Corpus, in verità sia le nostre religioni monoteiste mediterranee che la psicoanalisi junghiana prevedono platonicamente un processo vitale 30 Ibidem, p.14 41 42 di individuazione basato su quel Distinguer devi e poscia unire goethiano, in cui l’esito finale è il ricongiungimento con quell’altro da cui siamo stati separati nascendo. Pur tuttavia è solo a quella visione delle cose che il moderno naturopata , come l’antico, deve far riferimento, perchè il suo interesse non è volto alla sola idea di corpo come per la Psicologia, né al solo organismo della Medicina, né al solo corpo spirituale della Religione, bensì all’energia vitale universale che incarnandosi nelle creature assume forme diverse nel corpo: fisiche, psicologiche e spirituali appunto, e che l’evoluzione del soggetto mette in luce rispettivamente come sintomo, simbolo e realizzazione naturale del proprio destino naturale. 42 43 MAPPA DELLA CULTURA E DELLA PERFEZIONE 43 44 CAP. 5 LA NATUROPATIA TEDESCA DEL XIX SECOLO: Da V. Priessnetz a G. Groddeck. Sappiamo che tutte le civiltà hanno dato gran rilievo al benessere psico-fisico degli individui, che spesso come per i popoli mediterranei era praticato nelle terme. Purtroppo la nostra cultura cattolica sin dal Medioevo, privilegiando la cura dell’anima, fece cadere in disuso quel concetto di benessere che procede da quello corporeo (come si intende in Naturopatia). Oggi invece, sull’onda del salutismo e dell’attenzione ecologica di sé e dell’ambiente operata dal movimento della New Age, assistiamo a un gran fiorire di centri detti appunto “centri-benessere”, ma pochi sanno che la prima rinascita dei centri benessere fu voluta da personalità vissute nella seconda metà dell’800, espressione di quella cultura mitteleuropea ( così come fu anche per la Psicoanalisi), considerati a pieno titolo i primi moderni naturopati. Si trattava di strutture situate originariamente in luoghi montani, ma in seguito anche urbani, dove la persona e non solo il paziente potevano rigenerare se stessi, e come vedremo, riequilibrare le proprie energie attraverso il “semplice” e immediato contatto con i cinque elementi della natura, e con essi ricontattare quella vis medicatrix naturae necessaria alla guarigione del proprio complesso corpo-mente-spirito. Ritroveremo spesso i cinque elementi nelle terapie da essi messe a punto: il legno-vento nei bagni eolici, il fuoco nei vapori termali, il metallo negli oligoelementi e la terra nei fanghi e nell’argilla, l’acqua nell’idroterapia e nella talassoterapia. La diffusione di centri di cura naturali per il benessere deriverà dall’influenza, già dal 700, del pensiero filosofico naturalista di J-J. Rousseau, ma anche dal movimento dell’Arcadia, che idealizzarono il ritorno alla natura: alla sua semplicità, provvidenza e solidarietà. In Germania viene considerato come il primo naturopata il medico: C. W. Hufeland (1762-1836), il quale fu un convinto sostenitore del potere guaritore della natura, autore del testo di medicina: “Enchiridion Medicum”, dove afferma a proposito: “Tutti i rimedi per le malattie vengono prodotti dalla Natura; la medicina fa solo da assistente alla Natura e cura i malati attraverso di essa”, e rivolto al medico: “Fai il poco che basta e lascia tutto il resto alla Natura”. Hufeland fu il primo sostenitore dell’idroterapia e delle cure termali che spesso prescriveva e fu anche il capostipite degli autori e divulgatori di testi medici per la 44 45 famiglia o per tutti, di cui il più famoso: “La capacità di prolungare la vita umana”, 1796, in cui viene coniato per la prima volta il termine “ macrobiotica”. Il primo a definirsi però medico naturopata: Naturartz, fu Vincent Priessnitz padre dell’idroterapia, nato a Grafenberg, attualmente nella repubblica Ceca, nel 1779. La sua biografia narra che a tredici anni si slogò il polso e mettendolo sotto l’acqua corrente di una pompa si sentì meglio; poi avvolse il polso in una benda bagnata che cambiò non appena asciutta, nacque così quella che divenne famosa come la: “compressa di Priessnitz”. In seguito, dopo esser stato investito da un carro, avendo riportato fratture e contusioni, si ristabilì solo fasciandosi strettamente il costato con delle bende intrise d’ acqua. Quando iniziò pubblicamente le terapie dell’acqua fredda usava anche delle spugne dette: di schwamm o spugne del dottore. Nel 1826 Priessnitz aprì un centro idroterapico, il quale nel 1840 annoverava 1600 pazienti tra cui personaggi del calibro di Chopin, Gogol e Napoleone III. Nel 1838 tanta era la sua fama che il governo austriaco istituì una commissione scientifica per esaminare il suo operato, la quale non rilevando elementi che potessero far pensare a truffa o illegalità, non solo confermò l’autorizzazione ma gli concesse una medaglia d’ oro per meriti civili. Il suo motto era: “Non curo i disturbi, ma il paziente”, e la sua cura completa durava dalle quattro settimane ai due anni, egli non curava mai i pazienti allo stesso modo, ma essendo contrario a una terapia unica pensava che ogni paziente necessitasse di una terapia personalizzata. A Priessnitz va il merito di aver definito alcuni dei principi cardine della Naturopatia, quali: la tossicità quale base del disturbo, la teoria del disturbo cronico come risultato di una cura sopprimente il disturbo acuto, ed infine il concetto di Healing crisis ( crisi di guarigione), base della sua terapia attraverso la quale si fa espellere dal corpo il fluido patogeno attraverso l’acqua fredda che provoca una reazione cutanea. Tramite l’insorgenza di questo disturbo acuto indotto manifestato da febbre ed eruzioni cutanee, egli espelleva sia le affezioni acute che quelle croniche. Il suo operato fu determinante per gli sviluppi successivi dell’idroterapia che, dalla Germania attraverso Kneipp si espanse in America diffusa da Lust e Lindlahr, padri della Naturopatia americana. Il concetto di crisi di guarigione fu alla base dei nuovi metodi terapeutici della psicoanalisi nella catarsi, ma in Naturopatia dobbiamo a Rudiger Dahlke lo sviluppo del tema della crisi di guarigione in crisi di trasformazione, encomiabile è il suo testo: “Crisi personale e crescita interiore”, nel 1995. Anche Sebastian Kneipp (1824-1897), nato in Baviera in una famiglia di tessitori e divenuto in seguito sacerdote, si prese cura di migliaia di pazienti utilizzando rimedi 45 46 naturali quali l’acqua, l’aria, l’esercizio fisico ed erbe e fu uno dei fondatori della Naturopatia esportata poi negli U.S.A. da Lust e Lindlahr. Gli strumenti di cui si servì furono tessuti, compresse, impacchi, bagni e saune, ma la sua più grande invenzione fu la scoperta dei benefici effetti dei getti d’ acqua fredda. Credeva che il disturbo nascesse dal sangue guasto, cioè da un sangue che circolasse male o in cui fossero presenti delle sostanze tossiche. L’acqua guariva perchè dissolveva e rimuoveva le tossine dal sangue, ripristinando la normale circolazione e rinforzando il corpo, agendo come: “ l’olio sulla ruota di una macchina arrugginita”. (come ogni moderno terapeuta sa il sangue trasporta anche il Qi o energia). Contro le tossine Kneipp sviluppò anche l’altra branca della Naturopatia: l’erboristeria, appresa dalla madre erborista di paese, famosissimo tuttora fu il primo vero analgesico universale: il cascet del dr. Kneipp. Visto il successo delle sue terapie, Kneipp pubblicò alcuni libri tra cui: Le mie cure con l’acqua, (1882) Quindi vivi!, La cura infantile di Kneipp, (1891), Il mio testamento, (1894). Nel 1894, tre anni prima della sua morte venne fondata la Societa’ Internazionale dei Medici di Kneipp, garante dell’apprendimento dei suoi metodi di cura. Tuttora i medici che si rifanno ai suoi insegnamenti sono raccolti nell’Unione dei Medici di Kneipp, nel 1981 è stata fondata la rivista: La Fisioterapia di Kneipp e in Germania esistono circa quattrocento terme e centri salutistici a suo nome. L’arte di curare mediante i bagni: l’idroterapia utilizza acqua dolce o salata (marina), fredda (10-12 gradi) di breve durata, con azione tonica sulle fibre muscolari periferiche (terapia di Priessnitz); o calda alla temperatura di 37-38 gradi che determina un azione rilassante; o ipertermico tra i 37-43 gradi per una durata di 12-15 minuti. Con il bagno ipertermico si mira ad un aumento generale della temperatura corporea atta a creare una febbre artificiale. Mentre quella naturale infettiva obbliga l’organismo a produrre calore complementare, con conseguente dispendio energetico, questa febbre passiva non richiede sforzo al corpo, garantendo comunque la stessa funzione di disgregare i metabolica tossici. La balneoterapia nella sua relazione fluido idrico-flusso ematico ci permette di introdurre un altro dei grandi naturopati dell’800: Alexandre Salmanoff (1875-1964) il cui motto era: “Non esistono malattie senza turbe dei capillari”. La sua visione deriva dall’osservazione che il corpo umano riceva il sangue dalle vene e queste dai capillari, organi contrattili e pulsanti che egli chiama: microcuori. I capillari costituiscono una barriera di cellule endoteliali confinanti da un lato con il sangue e dall’altro con i liquidi extracellulari; il loro diametro è variabile da 5-6 a 20-30 micron, la lunghezza dei soli capillari in un organismo umano raggiunge complessivamente i 46 47 centomila chilometri, se potessimo aprirli la loro superficie si estenderebbe per 6300 metri quadrati. L’uomo è una superficie vivente di sei ettari, irrorata da centomila chilometri di canalizzazioni di capillari, che gli permettono l’assimilazione delle sostanze e l’eliminazione delle scorie tossiche; se per deficit alimentari l’assimilazione rallenta il corpo subisce un calo energetico, se rallenta le eliminazioni l’organismo si avvelena per eccesso di ritenzione di urea, dei Sali e della bile. Se è il cuore il motore della circolazione, per Salmanoff lo lo è grazie al corretto funzionamento della spinta propulsiva dei capillari; se infatti per una qualche lesione dei capillari si determina una asistolia del ritmo capillare, si verifica una diminuizione dell’apporto di ossigeno alle cellule. Nella cellula meno ossigenata che soffre, si riduce la funzione della fagocitosi microbica per diminuito apporto dei leucociti, dei macrofagi. Di conseguenza a differenza della Medicina dell’epoca che crede che la causa della malattie sia l’azione dei batteri, Salmanoff ritenne che il sistema immunitario dell’uomo era strettamente connesso col buon funzionamento capillare. “Ossigenate, devitalizzate, ricanalizzate e l’organismo farà il resto” Si agirà sui capillari per dilatarli quando sono spastici, per vincerne l’atonia quando sono dilatati, per migliorarne la permeabilità quando è insufficiente e frenarla quando è esuberante, facilitando così la nutrizione dei tessuti, l’ossigenazione, il drenaggio, aumentando l’apporto energetico. Si lavora dunque sulla salute e non sulla malattia. “Il medico non deve aver vergogna di lavorare come una lavandaia (con la balneoterapia) o come un bravo idraulico che stura un rubinetto chiuso” Salmanoff ha ideato due formule di bagno che ha chiamato “Scapidar” bianchi e gialli. Lo Scapidar bianco è un bagno con olio di terebentina, canfora, silicato di sodio, la sua azione stimola la ginnastica capillare e fa salire la pressione arteriosa. Lo Scapidar giallo oltre alla terebentina contiene l’acido olefinico: esso dilata i capillari aumentando le combustioni interne e dissolvendo i depositi patologici, abbassando la pressione. Dopo sessantenni di sperimentazioni Salmanoff pubblicherà i due testi che contengono le sue teorie: Segreti e saggezza del corpo e La chiave della salute. Passiamo ora dall’elemento acqua, ad una interessante terapia che vede il sole e l’aria aperta come protagonisti nelle terapie dello svizzero Arnold Rikli (1823-1906), il cosiddetto dottore del sole, che inventò la cura atmosferica. Nel 1865 Rikli cercò nelle cure naturali metodi cui ne sperimentava su se stesso gli effetti, quali l’esposizione all’aria, al vento a tutte le possibili temperature, come descrisse nel suo: “The nature cure 47 48 including the atmospheric cure”. Rikli riteneva che il sole fosse la fonte originale della vita e che l’ambiente naturale per l’uomo fosse l’aria e non l’acqua. “L’uomo è nato senza vestiti ed è destinato a vivere di aria e di luce, come una pianta “mobile”. Queste sono i fluidi della vita piu’ importanti, completamentecompatibili con il nostro organismo, che migliorano la nostra anima e il nostro corpo.” Nel 1869 lanciò la tesi della superiorita’ dell’aria e della luce rispetto all’acqua, esponendola in “Thermodietetics”: “La cura della luce, ed in particolare quella del sole, porta a una piu’ rapida e durevole ripresa della salute dell’essere umano. L’uomo non è un pesce. L’acqua non è il nostro massimo elemento vitale…La luce e l’aria al contrario, sono i nostri elementi essenziali. Tutti gli esseri organici si degraderebbero e morirebbero senza di essi.” La sua fama si diffuse non solo grazie ai suoi testi, ma anche per gli articoli pubblicati dalla prima rivista di Naturopatia: Der Naturartz (Il naturopata) , pensiamo quanto doveva essere all’avanguardia in tali ricerche la cultura mitteleuropea dell’800 ! Sempre nel 1869, Rikli costruì dei capannoni dove venivano applicate le sue terapie, circondati da un grande parco dove si potevano assorbire al meglio la luce e l’aria. Tutto cio’, a distanza dei progressi fatti nei quasi due secoli successivi, potrà sembrare un pò ingenuo, ma pensiamo che proprio dagli effetti della luce siamo arrivati alla cromoterapia. Il primo naturopata ad istituire un centro in città, fu Louis Kuhne , nato a Lossen in Sassonia (1835-1901), nel 1883 aprì infatti a Lipsia l’Istituto Internazionale L. Kuhne per la Salute senza l’ausilio di medicina e operazioni. La causa delle malattie si fondava anche per lui sulla presenza di materiale tossico nel corpo umano, riconducibili in primis ad unica causa i cui disturbi si manifesterebbero per primi nel viso e nel collo, da cui la sua famosa diagnosi facciale fisiognomica descritta nel suo: The Science of Facial Expression (1902) . Nel 1894 pubblicò: The new science of healing (L’arte di guarire), di grande diffusione e tradotto in tante lingue tra cui in inglese per opera di Lust che lo tradusse nel 1917, con il titolo di : Neo-Naturopath: the new science of healing. Un altro naturopata che si interessò alla diagnosi facciale fu in quegli anni Emanuel Felke, nato a Kladen nei pressi di Stendal (1856-1926), ma con una eccezione interessante, in quanto sviluppò quella tecnica diagnostica che va sotto il nome di diagnosi iridologica scoperta dall’ungherese Ignatz von Peczely (1826-1911) e descritta in : “Scoperte nel campo naturale ed Arte della guarigione”. La sua strategia di cura si focalizzò appunto nell’individuare le cause delle malattie nell’iride oculare ancor prima che manifestassero dei sintomi. Nei suoi centri di benessere si praticavano quelle terapie multidisciplinari inventate da Just chiamate Jungborn: fontane della giovinezza, edificati 48 49 nei pressi di sorgenti naturali che permettevano la pratica di bagni in vasche di zinco dove si applicavano le frizioni con acqua fredda, la cura della terra e dei letti di sabbia e soprattutto i rinomatissimi bagni d’ argilla. Il punto di vista di Felke nella definizione di una malattia, era simile a quello dei naturopati dell’epoca, laddove i blocchi funzionali degli organi emuntori: pelle, polmoni, fegato, intestino e reni, causano un accumulo di sostanze tossiche nell’organismo e nel sangue in particolare. I blocchi funzionali erano dovuti ad alimentazione carente e squilibrata, all’uso e abuso di droghe e farmaci e a cattive condizioni igieniche. Attualmente in Germania sono presenti due case di cura di Felke, i suoi preparati fitoterapici sono commercializzati dal dr. Mauch di Goppingen, e a Sobernheim è stato creato un Circolo di medici e naturopati che tengono corsi e seminari sulle sue terapie olistiche. Autentico ed entusiasta dei centri benessere fu Adolf Just (1859-1936), nato nei pressi di Hannover, il quale fedele al concetto di Rousseau del ritorno alla natura ( titolo anche del suo libro) fondò il primo centro in una località sui monti Hartz, dove praticare la sua terapia jungborn esportata in America da Benedict Lust. Il suo pensiero non si concentrava solo sulle cause delle malattie e come guarirle con le terapie naturali, bensì era fondato su una autentica rivoluzione ecologica che andava non solo verso una sana alimentazione naturale, ma condannava già allora tutti quei modi inquinanti e stressanti di condurre la vita che veniva proposta come moderna. I suoi centri non erano solo case di cura ma anche scuole di guarigione e di vita naturali, considerando anche l’istruzione, l’agricoltura e l’architettura come era anche nel pensiero di Rudolf Steiner. La nascente era industriale non portava solo l’inquinamento atmosferico ma anche un progressivo impoverimento e inquinamento degli alimenti, comparendo i primi disturbi dell’alimentazione e quindi le prime diete per il ripristino della salute con l’assunzione corretta dei giusti alimenti. Le diete erano in grande auge presso i famosi centri termali, ne abbiamo un esempio nei trattamenti del dr. Groddeck. 31 Molto in auge era la dieta di Johann Schroth (1798-1856) che, da semplice contadino della Slesia e amante della natura, mise a punto una dieta basata su una drastica riduzione degli alimenti e su degli impacchi (leggendo il trattamento di Groddeck descritto da Ferenczi, citato in nota, sembrerebbe la stessa). Ottenne tali successi che l’imperatore Ferdinando d’ Austria tributò un riconoscimento ufficiale al suo metodo. Controindicata per le affezioni epatiche, risultava efficace per i reumatismi, le cardiopatie, disfunzioni 31 Si può leggerne l’appassionata descrizione del suo famoso paziente Ferenczi, tratta dalla loro “Corrispondenza” pubblicata da Astrolabio, 1985, Roma. 49 50 endocrine, respiratorie fino al glaucoma, era ancora praticata fino agli anni 50 dal dr. H. Brosig. Essa si fonda su tre principi: 1) una drastica riduzione delle proteine, da cui l’eliminazione delle scorie. 2) La preferenza data ai carboidrati, che pur creando acido carbonico, rilasciano meno scorie dei grassi e dei protidi. 3) L’abolizione del sale, il cui potassio il dr Schroth fa recuperare con prugne secche e albicocche. Ridottissima tale dieta fornisce solo 600-800 calorie al giorno, con ovvia eliminazione dei depositi di grasso. In effetti dai racconti dei pazienti di Groddeck, che essendo praticamente reclusi nella sua clinica e quindi dal regime alimentare supercontrollato, si evince che effettivamente dimagrivano a vista d’ occhio. Naturalmente è una dieta d’ urto cui ricorrere solo temporaneamente. L’impacco di Scroth che completa la dieta ha anch’ esso lo scopo di ridurre le scorie; durava due tre ore, surriscaldando il paziente, ma non per provocare perdita di peso (l’impacco non agisce sulla cute ma sui reni) bensì per accelerare i processi metabolici. Anche la terapia di Groddeck prevedeva l’eliminazione di scorie con il famoso energico massaggio alla pancia del dottore e con impacchi localizzati sul corpo a giorni alterni. Il primo storiografo nel movimento della medicina naturopatica fu Alfred Brauchle (1898-1964), il cui testo: “La cura naturale in biografie” resta ancora una pietra miliare della didattica. Nato a Schopfheim, si laureò in medicina a Freiburg , lavorando poi all’ospedale di Berlino conobbe Schonenberger che lo introdusse alla naturopatia. Egli ebbe il merito di introdurre la allora nascente psicologia moderna nelle terapie : studiò le tecniche di suggestione di Emile Couè a Nancy in Francia. “Ho introdotto nelle mie terapie le suggestioni di gruppo che ho visto praticare alla Clinica Universitaria di Idroterapia di Berlino, a cui circa 100 pazienti venivano posti ogni settimana. Per sei anni ho condotto suggestioni di gruppo come primario al Priessnitz Hospital di Berlino……Ho concluso che queste terapie psicologiche sono dei validi strumenti per moltiplicare gli effetti delle terapie fisiche…Considero incompleta la cura naturale senza un supporto psicologico. Quindi ho sempre dato grande enfasi allo sviluppo di una cura naturale psicologica o psicoterapia naturopatica.” . Divenuto direttore dell’Ospedale di Berlino, pubblicò nel 1933 : “Manuale della cura naturale basato su presupposti scientifici”, pur tuttavia avrete sempre difficoltà a distinguere nonostante il tempo passato, il suo pensiero dal pensiero di Paracelso, laddove afferma che: “E’ attraverso la mente che il medico “interno” in noi puo’ rivelarsi ed essere incoraggiato. Percio’ il successo di molte terapie naturali dipende dal medico che le pratica. Infatti il medico ha una 50 51 notevole influenza sul paziente è puo’ ispirarlo alla speranza e alla fiducia, che possono aiutare il funzionamento del meccanismo centrale regolatore. In altre parole il medico interno e quello esterno dovrebbero cooperare in amicizia per raggiungere il pieno successo della cura.” Nel 1934 fu nominato direttore del Dipartimento dei metodi di cura naturale dell’ospedale Johannstader di Dresda. Fu grazie alla sua opera che, dopo la seconda guerra mondiale fu aperto, e lo è tuttora, un reparto di cura naturale presso l’ospedale di Berlino Kreuzberg. Arriviamo ora a una figura veramente affascinante ed emblematica della nostra panoramica, su cui varrà la pena approfondire di più la conoscenza: si tratta di Rudolf Steiner (1861-1925). Possiamo dire che egli non sia stato ne un naturopata in senso stretto ne un medico, ma un teorico anzi come vedremo uno scienziato della filosofia se così si può dire. Egli non fece mai proprio il ruolo di medico o guaritore, ma agì sempre per il tramite di medici qualificati come tali. Sua principale collaboratrice in campo sanitario fu la dottoressa olandese Ita Wegman, con la quale Steiner scrisse: Fisiologia occulta . Allo scopo di mettere in pratica le sue indicazioni, la dr. Wegman fondò una clinica ad Arlesheim nei pressi di Basilea, e quando Steiner fondò a sua volta la “Scuola di scienza spirituale” al Goetheanum di Dornach, essa ne divenne la responsabile della sezione medica. Già da ragazzo, la sua esperienza primaria fu quella del mondo dell’essere trascendente il mondo sensibile; ma ben presto si rese conto che difficilmente poteva condividere questa esperienza con molti e perciò avvertì subito l’esigenza esistenziale di creare un ponte per superare il solitario abisso. La prima occasione a nove anni, Steiner la ebbe in seguito alla lettura di un testo di geometria, attraverso la quale si convinse che la conoscenza del mondo spirituale andava compresa allo stesso modo di un concetto geometrico. Ma noi abbiamo già visto che anche già da Pitagora al Taoismo la filosofia come conoscenza dell’universo si è sempre espressa aritmeticamente: dall’Uno, alla Dualita’, alla Trinita’, alla Quaternita’,…..e così geometricamente dal punto , alla linea al solido e così via. La verità e la realtà di tali ricerche spirituali secondo Steiner dovevano venir sperimentate interiormente anzichè mediante la sola osservazione esteriore e sensoriale. Ricordiamo che già gli alchimisti si erano fatti essi stessi laboratorio, pur se di un sapere esoterico e per tanto non divulgabile alla massa, mentre proprio la divulgazione per la massa dei nessi, delle sinapsi tra mondo spirituale e mondo fisico fu il compito della vita di Steiner. Allo scopo di dare una solida struttura a questa sua opera, egli si dedicò allo studio interdisciplinare della matematica, della filosofia e delle scienze naturali, per far emergere quelle che lui considerava limitazioni del metodo scientifico moderno. All’età 51 52 di ventun’ anni, accettò l’incarico di curare l’edizione delle opere scientifiche di Goethe, il quale ben sappiamo quanto fosse stato consapevole dell’approccio riduzionistico alla natura: “Se è vero che la vita puo’ essere scissa nei suoi elementi, essa non puo’ essere ricostruita e rianimata a partire da essi” Laddove Goethe nella sua opera Metamorfosi delle piante aveva gettato le basi per la creazione di una nuova scienza organica della natura, Steiner fece quello che Goethe non aveva osato fare, ossia riflettere sul proprio pensiero. Nel 1894, Steiner diede alle stampe La filosofia della liberta’, con lo scopo di elaborare e sviluppare una scienza della mente con il rigore del metodo delle scienze naturali, che coinvolgesse allo stesso tempo il mondo naturale e quello spirituale. Sappiamo che con Kant possiamo avere solo percezioni sensoriali soggettive, indagando con le quali mai potremmo attingere alla realtà vera, all’Uno. Stainer rileva così che la realtà che ci viene incontro altro non è che scissa in due modalità: una come percezione sensibile che dall’esterno si fa interna e l’altra interna: l’idea, l’archetipo che si fa esterna. Steiner recupera di fatto la tradizione taoista della realtà immediata come manifestazione dello Yin e dello Yang, gli opposti complementari che riappariranno anche con la psicoanalisi, laddove Freud teorizza le polarità energetico-sessuali di Eros eThanatos, Conscio e Inconscio , e Jung i concetti di Persona e Ombra nell’ambito del “processo d’individuazione”. Tale processo dinamico, compito vitale di ognuno di noi, consapevoli o no che lo siamo, altro non è che il matrimonio alchemico, le nozze mistiche o la “Coniunctio individuazionis” degli aspetti yin e yang che costituiva lo scopo delle ricerche degli alchimisti. Come già Goethe diceva: Distinguer devi e poscia unire, anche per Steiner la libertà umana consisteva nel separare la sensorialità dal concetto per poi reintegrarle, poichè la realtà non ci perviene tutta sensorialmente dall’esterno ma anche dall’interiorità che solo una certa nostra esperienza sa far emergere, procedimento soggettivo anch’ esso ma su cui dobbiamo riflettere sopra. Chi ricerca la conoscenza deve esaminare ciò che ha soggettivamente constatato allo stesso modo oggettivo con cui prende in considerazione le informazioni e i dati fornitegli dalle metodologie scientifiche cui fa ricorso nei suoi esperimenti. Dal punto di vista di Steiner , il progresso nel campo della conoscenza è essenzialmente legato all’allenamento, al raffinamento e alla dilatazione delle capacita’ d’ osservazione. Ma l’osservazione del mondo ad ogni livello della vita fisica, mentale e spirituale non costituisce ancora conoscenza. Questa si ha soltanto in seguito all’intervento del pensiero purgato di ogni elemento soggettivo e non spirituale. 52 53 Steiner si inserì in pieno nel dibattito culturale della sua epoca, con scritti e conferenze, in cui sono formulati i risultati delle sue ricerche spirituali, di cui ricordiamo: Teosofia (1904), L’iniziazione (1904), Memoria cosmica (1904), La scienza occulta nelle sue linee generali (1910), L’educazione del bambino alla luce dell’antroposofia (1921). Nel periodo compreso fra gli anni 1910 e 1916 si dedicò soprattutto all’opera di rinnovamento delle arti, scrivendo quattro misteri drammatici e gettando le indicazioni per una nuova arte basata sul movimento e chiamata Euritmia; nel 1919 venne fondata la prima scuola a Stoccarda di ispirazione antroposofica. Dal 1924 organizza corsi di terapeutica aperti però solo a medici; l’approccio antroposofico alla malattia e alla cura passa inevitabilmente non nel ripristino di ipotetici stati continui di salute, bensì di morte (biologica e psicologica) continua per la trasformazione e la rigenerazione del sistema corpo-mente-anima. Il medico antroposofico mirerà pur sempre alla guarigione di uno stato patologico, ma la cura non potrà mai consistere in una semplice eliminazione della malattia. Questa è vista quale un processo mediante il quale l’individuo può pervenire a maggiore libertà e completezza, ed è compito del medico guidare tale processo nella maniera piu’ idonea, preservando se possibile la vita del corpo, pur tenendo presente che lo sviluppo non s’ arresta con la morte: i frutti della vita terrena , nel pensiero steineriano, sono infatti raccolti dopo il decesso, e diverranno i semi di una vita futura. Il medico antroposofico dovrà tenere conto di tali esperienze vivendole in prima persona oltre che nella realtà dei pazienti. Steiner ha lasciato molte indicazioni per la preparazione di farmaci specifici, ricorrendo a sostanze animali, vegetali e minerali, alcune potenziate omeopaticamente altre con diverse modalità, che attualmente sono preparati da due ditte farmaceutiche antroposofiche tedesche: la Weleda AG con laboratori ad Arlesheim e a Schwabisch Gmund, e la Wala Heilmittelbetriebe presso Stoccarda. Sulla scorta di indicazioni fornite da Steiner, opera anche la Verein fur Krebsforschung (Associazione per le ricerche sul cancro), in cui si va elaborando un trattamento del cancro fondato su preparati ricavati utilizzando diverse specie di vischio (viscum album), il medicamento noto come Iscador sembra essere un forte stimolante dell’organismo. Sin dagli anni sessanta in Germania sono attive due grandi cliniche antroposofiche ed un istituto psichiatrico. Mentre in Germania l’interesse è rivolto alle cure e alle malattie in generale, in Inghilterra è più diffuso l’approccio psico-pedagogico, essendoci scuole steineriane ovvero dette Waldorf per bambini normodotati e trenta scuole che si occupano di bambini handicappati e disturbati psichici. Gli antroposofi sono stati i primi a creare villaggi comunitari per 53 54 adulti handicappati e disturbati mentali chiamati Camphill Village Communities. Come è stato specificato nell’introduzione l’obiettivo preposto a questa ricerca storiografica era di esplicitare alcune ben precise direttrici teoriche, che sin dal più lontano passato e da Paracelso in poi, hanno sviluppato quella che oggi viene definita Naturopatia. Le più importanti direttrici sono sicuramente la concezione del corpo umano come Unicum tripartito nel sistema integrato Corpo-Mente-Spirito. Il concetto di realtà che gli esseri umani percepiscono sensorialmente è quella distribuita nei quattro elementi della tradizione occidentale (e nei cinque della M.T.C.), in cui si esprime la Natura materialmente e psicologicamente, e che tutto ciò è l’aspetto più superficiale e archetipico della vera Realtà assolutamente trascendente l’umana conoscenza. Tutte le singole creature definibili microcosmi, seguono le stesse leggi di creazione e funzionamento dell’universo macrocosmico: in particolare la legge dell’enantiodromia : l’equilibrio nell’alternanza degli opposti complementari Yin e Yang. La nostra analisi storiografica è unicamente volta a far emergere l’evoluzione nei secoli XVII, XVIII, XIX e inizio XX di tali teorie e non a voler stilare una completa antologia di tutti i naturopati famosi e non. L’intento in questo testo era volutamente di fermarci agli inizi del ventesimo secolo, laddove questi principi cominciarono ad essere teorie da tutti i naturopati conosciute, condivise e riconosciute come punti assoluti di riferimento. Soltanto oggi infatti, laddove viene riconosciuta questa cornice, che raccoglie l’insieme delle più disparate discipline olistiche, unificandone intenti e visione, si può parlare di Naturopatia, laddove altrimenti si parlava di singole branche autonome quali l’erboristeria, l’osteopatia, le tecniche di massaggio, la floriterapia, e tutte le medicine etniche alternative a quella ufficiale. Quello che oggi, inquadrate nella Naturopatia, non le rende più discipline alternative ma complementari o altre, è la visione terapeutica da sempre non sintomatica ma evoluzionistica che differenzia la Naturopatia dalla Medicina ufficiale, visione a cui si avvicinano alcune correnti della psicologia ufficiale quale quella di Jung , di Hillman , di Lacan o di Assagioli. Cosa intendiamo per visione evoluzionistica ? Terapeuticamente, è tale una visione che contempla l’utilizzo da parte del paziente della propria coscienza di Sé: del sé corpo-mente-spirito, del proprio momento storico, della propria relazione temporale nella consecuzione di causa ed effetto nella relazione tra passato, presente e futuro. In altre parole la coscienza del proprio destino, karma o processo d’ individuazione che dir si voglia, dove inquadrare il senso di ogni evento positivo o negativo , salutare o patologico. Dal canto suo il terapeuta può offrire gli 54 55 strumenti contemplati all’interno delle discipline naturopatiche per operare sui piani fisico-mentale-spirituale, alla ricerca nel passato della causa, nel presente dei sintomi e nel futuro dei fattori di guarigione. Quella guarigione che, attraverso un processo a ritroso, riapparirà sul piano fisico, salirà su quello mentale e si completerà nel corpo spirituale, risintonizzando il proprio sé con il sé cosmico, centrandosi fra gli elementi. Per specificare alcune cose ancora tratteremo dell’evoluzione della naturopatia anglo-sassone anche nel XX secolo, parlando almeno di quattro figure importantissime: da un lato E. Bach, scopritore della floriterapia e di un suo discepolo tedesco D. Kramer e dall’altro R. Dahlke e T. Dethlefsen che hanno rinvigorito la naturopatia moderna con il loro approccio filosofico e spirituale. Continueremo poi il percorso iniziato dalla Naturopatia in Germania per seguirne le tracce in America, in Inghilterra e in Francia. Nel XX secolo la Naturopatia è diventata più matura, perdendo quei tratti di ingenuità e folklore che spesso l’hanno accompagnata e per cui è stata denigrata dagli ambienti scientifici. Basti pensare a quanto la psicologia vi ha attinto per le proprie terapie rinominandole bioenergetiche, o arte-terapie, o addirittura proponendo la mandala-terapia nelle A.S.L., o la Medicina che dopo aver fatto fiamme e fuoco contro le medicine etniche come l’ayurvedica e la cinese o l’omeopatia, alla fine anche per motivi non scientifici….., sta riconoscendo quasi tutto e tutto per sè ovviamente. Si provi a immaginare con quale approccio possa proporre i fiori di Bach uno psicologo, non essendo previsto nel proprio bagaglio culturale il concetto di corpo tripartito ne di sintomi spirituali o di percorsi spirituali come fu la vita e l’esempio di vita del dottor Bach insegnano, e diverso è lo stesso il concetto di malattia, laddove questa può essere per noi una possibile compagna e palestra di vita e non solo una patologia contenuta nel D.S.M.. Si pensi ad un medico, che vuole approcciare alla M.T.C., alle prese con uno spirito Hun che, insinuandosi nel meridiano, mina le certezze del fegato di un suo paziente, alimentando le sue paure inconsce. Tuttavia per essere onesti, e fuor di polemica, il confronto con le discipline scientifiche ha anche enormemente arricchito la Naturopatia, nel metodo e nella sostanza, e per questo che parleremo anche di tre terapeuti tedeschi che si sono confrontati interdisciplinariamente e che ci permetteranno di sviluppare alcuni temi a noi cari. Si tratta di Reudiger Dahlke e Thorwald Dethlefsen per quanto attiene alla psicosomatica e di Dietmar Kramer per i meccanismi di difesa (il quale verrà affrontato dopo aver citato la floriterapia del dottor Bach). 55 56 R. Dahlke è nato a Monaco nel 1951, dove si laurea in medicina con una tesi di psicosomatica riguardo all’asma bronchiale infantile, si specializzerà poi in medicina naturale e diventerà psicoterapeuta. Insieme a Dethlefsen ha scritto il diffusissimo Malattia e destino, da solo lo ricordiamo per Malattia linguaggio dell’anima, Il viaggio interiore, Crisi personale e crescita interiore e Terapia con i mandala. Oggi Dahlke organizza corsi di meditazione e digiuno terapeutico, oltre i seminari di medicina psicosomatica; nel 1990 ha fondato insieme alla moglie il Centro Terapeutico di Johanniskirchen dove esercita la sua attività. Molti centri in Europa tra cui uno a Milano si rifanno a i suoi insegnamenti. La figura di Dahlke è per noi così importante che non possiamo non porre in gran risalto il suo contributo e riconoscerne i meriti. Come si evince dal suo percorso professionale e dalle sue pubblicazioni, si tratta di un medico divenuto naturopata per poter sviluppare in pieno l’ottica psicosomatica delle malattie, spingendo la psicosomatica medica, considerata dalla medicina ufficiale come una branca chimera, relegata a non ben provate relazioni corpo-mente dovute per lo più a stress o forti traumi. Sappiamo tutti che è la concezione stessa della Medicina che non può essere psicosomatica, in quanto la malattia non può essere quel linguaggio dell’anima quale è fondamentalmente per la Naturopatia, e neppure quel linguaggio del corpo inteso come campo di battaglia di simboli, laddove invece si ricerca solo l’autonomo operato di virus e batteri che trovano organismi variamente deficitari e quasi sempre per cause genetiche. Magari fosse anche quel linguaggio del corpo come è inteso da U. Galimberti nel suo “Il corpo” , visto come quella dimensione somatica dimenticata, travisata e alterata, uso e consumo della dimensione mentale dominata dal narcisismo onnipotente dell’Io. Anche Il corpo è un testo importantissimo per ogni naturopata, perche’ vi è contenuta quella critica alla psicologia, che pretende di essere scientifica, che pur pretendendo di conoscere la Psiche, l’ha completamente alterata e staccata dal corpo, conferendo a questa cosa da essa creata una superiorita’ nell’ambito del sistema corpo-mente-spirito, quale era detenuta nei secoli pre-scientifici dal concetto di anima delle religioni. Anche se Dahlke, Dethlefsen e Galimberti provengono da ambiti diversi provate a comparare, quì di seguito, queste loro osservazioni in merito all’operato della Medicina e della Psicologia ufficiali. 32 Con Dahlke stesso, noi naturopati cogliamo l’occasione di rivendicare la primogenitura di una visione psicosomatica, di stampo più autentico, completo e 32 T. Dethlefsen: “Vita dopo vita”, cap.:11, 12, 13, 14. U. Galimberti: “Il corpo”, Introduzione e cap. 1 R. Dahlke: “Malattia linguaggio dell’anima”, cap.: 1 56 57 complesso, poichè interessa le tre dimensioni dell’unicum umano, nelle loro interazioni dinamiche. Sarebbe tempo ormai che si parlasse solo di Spirito-Mente-Somatica. Sia ben chiaro però, che non è facile, ne è mai stato chiaro parlare della dimensione spirituale, che corrisponde alla poco tangibile dimensione dell’amore universale, intesa come energia che dà e mantiene in vita l’universo, universo che noi vediamo fra gli elementi nella loro armonia. Ci si perderà di meno se non cadessimo nella superficialità di occuparci dell’uomo come specialisti di una sola delle tre dimensioni di esso e non dell’insieme: del tutto umano nel Tutto cosmico. Ma se vogliamo, come Dahlke e Dethlefsen , parlare di malattia non possiamo prescindere dal collocarne le cause nel piano spirituale, laddove si determinano i destini di ognuno di noi. Come è spiegato in Malattia e destino, parlare di terapia vorrà dire permettere all’individuo di riconnettersi con il senso del proprio destino, attraverso l’autoconsapevolezza giungere all’autodeterminazione, all’autoindividuazione , come ci viene spiegato anche in Crisi personale e in Viaggio interiore. Un’ altro dei meriti di Dahlke è che nessun naturopata può prescindere dalla conoscenza (almeno nei principi base) delle teorie della medicina cinese tradizionale (M.T.C.), della medicina indiana ayurvedica e tibetana, perchè proprio nei loro mandala, (dei cinque elementi-movimenti per quella cinese, e dei tre dosha e dei chakra per quella indiana) sta la chiave della conoscenza filosofica, psicologica, medica che supporta la Naturopatia moderna. Esemplare è il lavoro terapeutico di Dahlke con i mandala, considerati come un vero campo gestaltico rappresentante il Sé, all’interno della quale: come “superficie” spazio-temporale la mente umana è presa da quella danza degli archetipi, fondamentali al processo di evoluzione psico-spirituale dell’essere umano. Ora anche in psicologia si fa strada questa ipotesi archetipica, laddove Lacan afferma che la coscienza si produce tutte le volte che è data una superficie tale che possa produrre un’ immagine, e privilegia il primato dell’ordine simbolico secondo cui l’individuo è attraversato da un impersonale trama di simboli e di significati che lo costituiscono e che egli non ha creato, ma nella quale è piuttosto preso dentro come nel retaggio della propria cultura: “Se l’uomo arriva a pensare l’ordine simbolico è perche’ vi è anzitutto preso nel suo essere”, 33 E ancora: “ Tutti gli esseri umani partecipano all’universo dei simboli, vi sono inclusi e lo subiscono molto piu’ che non lo costituiscano, ne sono molto piu’ i supporti che gli agenti”. 34 33 34 Lacan: Scritti, 1966, Einaudi, To., 1974 p.49. Lacan: La troisieme in “Lettres de l’ecole freudienne » , 1975 p. 198. 57 58 Il medico guaritore e alchimista, nostro progenitore altro non era che un terapeuta che operando sulle imago primordiali: gli archetipi base (che ora noi conosciamo bene) degli elementi , permetteva la centratura, la quadratura del cerchio, di se stesso e di chi lo consultava, onde permettere di passare a cicli di trasformazione evolutiva. Trans-forma-azione tra le formae naturalis , fattesi formae mentis era anche il pensiero di un altro grande naturopata tedesco: Georg Groddeck. Lavorare sul piano spirituale, contattando l’armonia fra gli elementi e il destino, è uno degli scopi delle nostre ricerche, soprattutto per chi opera con quello straordinario strumento cinese che è il “ Libro dei Mutamenti” o I Ching. La distanza quindi che passa tra la dualita’ MALATTIA e SALUTE è colmabile dal particolare senso della GUARIGIONE, intesa esotericamente come fattibilità del proprio e unico destino. Ma chi lavora con questo rinnovato concetto di destino, avendolo riportato alla ribalta sulla scena della Naturopatia è Thorwald Dethlefsen psicologo e psicoterapeuta tedesco noto per quei suoi libri considerati eretici dalla psicologia: Vita dopo vita, L’esperienza della rinascita, Il destino come scelta e Malattia e destino insieme a Dahlke. Egli dirige attualmente a Monaco l’Istituto privato di psicologia straordinaria, da lui fondato e nel quale mette in atto le sue particolari terapie attraverso la reincarnazione e di psicologia esoterica. In questo caso non parliamo ne di un naturopata puro, ne di un medico voltosi al naturale ma di uno psicologo di fatto fuoriuscito e approdato alla Naturopatia laddove questa si interessa dei livelli più alti mentali e spirituali. Non solo per necessità patologiche, sia esse somatiche o mentali, ma per dispiegarci un altro concetto di salute legato alla salvezza , intesa questa come riflesso dell’autenticità del proprio percorso personale di vita. In altri termini salute, in antitesi alla malattia, è scegliere di rimanere salvi nella propria via tracciata dal destino, laddove malattia è rifiuto, blocco, incomprensione, girare a vuoto fuori dalla Via. Quello che quì appare di estremo interesse è il superamento della condizione di paziente. Ovviamente tutti siamo obbligatoriamente destinati, durante la vita, a vivere come partecipi agenti e agiti dall’ineluttabilità delle caratteristiche di questo universo. Possono essere imprevisti o possibilità, il senso delle cose danza per noi in un destino delle dualità: bene o male come abbiamo visto (yin e yang). Il destino per essere compreso ci chiede di essere trascendenti la dualità. Dethlefsen ci dice che il nostro destino si rivela, si apre attraverso un percorso di consapevolezza , scegliendo di essere liberi di scegliere di essere consapevoli o 58 59 inconsapevoli. Inevitabilmente l’uomo, a differenza degli animali, si fà ricercatore di sè stesso per sè stesso, si fà laboratorio alchemico. “A un numero sempre piu’ grande di persone diviene chiaro il fatto che il senso della vita non puo’ esaurirsi in mangiare, bere, dormire, attivita’ sessuale e sete di possesso. Dove si trova allora questo significato? L’uomo potra’ mai trovarlo? Bisogna tornare alla chiesa, che avevamo trascurato nel primo zelo dell’espansione intellettuale? Oppure la risposta è da ricercarsi nelle dottrine e nelle religioni orientali? Tutte queste domande aperte fanno dell’uomo un ricercatore. La ricerca puo’ del resto essere piu’ importante della scoperta stessa. Perche’ cercare vuol dire “mettere in discussione”, rinunciare a tutte le posizioni acquisite, significa diventare flessibili. Ricercando l’uomo si apre.” 35 L’apertura ci consente di vivere la vita come una continua iniziazione per l’evoluzione e la dilatazione della coscienza. Per cui la psicologia, non più solo sintomaticamente comportamentista, sposata ad una visione esoterica, integrale nel senso esistenziale cui noi siamo usi intenderla, ci educa a compier-ci verso e nel verso della Via. “L’esoterismo porta a una meta che si puo’ raggiungere solo se ci si mette personalmente in cammino. Questo è l’errore piu’ frequente che commettono coloro che a parole scelgono l’esoterismo, ma evitano di fare un solo passo per quella via. Percorrere la via significa trasferire subito nella realta’ tutte le conoscenze, per piccole che siano, significa modificare costantemente la propria vita e la propria esperienza il proprio comportamento, diventare sempre diversi, essere sempre nuovi: in breve, esoterismo significa evoluzione……Le cose sono totalmente diverse quando abbiamo a che fare con una “scoperta” esoterica, anche minima. Essa ha influssi diretti in tutti i campi dell’essere, induce ad assumere un altro atteggiamento nei confronti del mondo, rende immediatamente impossibili tutte le abitudini acquisite fino a quel momento.” 36 Secondo l’autore l’esoterismo come via si pone come scopo: “Il perfezionamento dell’uomo, la saggezza, il superamento della polarita’, l’unione con Dio, la Unio mystica, le nozze alchemiche, la coscienza cosmica. Tutte queste espressioni sono tentativi di descrivere lo scopo finale del cammino umano….Per raggiungere la meta, è necessario conoscere le leggi esoteriche di questo universo e imparare anche a capirle” 37 Se Freud iniziò le sue ricerche sull’energia inconscia attraverso l’ipnosi allora tanto di moda da Mesmer a Charcot , Dethlefsen studiò l’ipnosi per evidenziare l’illusorietà delle realtà umane e in questo concorda con Freud che possiamo solo parlare di realtà psichiche. Abbandonò anch’ egli questo strumento per uso terapeutico: “L’importanza dell’ipnosi non consiste nella sua applicazione terapeutica o sperimentale. Per la via esoterica l’ipnosi è anzi pericolosa, perche’ contiene un aspetto di forza che si oppone alle nostre intenzioni. Tuttavia l’attenta osservazione dei fenomeni ipnotici ci consente alcune conoscenze, a 35 Dethlefsen: Il destino come scelta, premessa. Ibidem, p. 17. 37 Ibidem, p. 19. 36 59 60 condizione di intenderle come paragoni. L’ipnosi non produce niente di veramente nuovo, ma delinea semplicemente i rapporti reali. Essa ci da una caricatura della realta’. Le caricature, come tutte le esagerazioni, hanno il vantaggio di far riconoscere piu’ rapidamente e meglio l’essenziale. L’ipnosi per esempio ci mostra la relativita’ della percezione sensoriale. La percezione umana non dipende tanto dal mondo esteriore, quanto dai propri programmi personali….Per questo gli indiani definiscono questo mondo “maya”, mondo delle illusioni; gli antichi egizi parlavano del velo di Iside. Platone , col suo paragone della caverna, cerco’ di spiegare agli uomini che essi non vedono realta’, ma solo ombre…La via esoterica vuol far uscire dal sonno collettivo e condurre alla coscienza vigile dell’umanita’ autentica. L’esoterismo desta coloro che non dormono piu’ cosi’ profondamente e sono disposti ad aprire gli occhi. Come potrebbe allora l’essoterismo servirsi dell’ipnosi? Come assumersi la responsabilita’ di suggerire all’uomo un’ ulteriore sonno? Chi vuol seguire la via esoterica, non ha bisogno di credere a niente: deve solo svegliarsi e imparare a guardare e a vedere; perche’ la verita’ è ovunque.” 38 Cominciamo a vivere il nostro destino e non a farci vivere da esso: essere o non essere, questo è il problema come afferma Dethlefsen: “ Ogni persona vive nel suo “mondo”. Di questi mondi ce n’è tanti quanti sono gli uomini. Tutti questi mondi sono solo parziali aspetti del mondo reale, che segue leggi ferree e non si fa influenzare dalle pretese umane di cambiamento. Il mondo esterno è la piu’ fidata fonte di informazioni sulla propria personale situazione, quella nella quale ci si trova. Se l’uomo impara a chiedersi il senso di tutto cio’ che gli capita, non solo imparera’ a conoscere meglio se stesso e i propri problemi, ma scoprira’ anche le possibilita’ di cambiamento. Ogni volta che gli capita qualcosa dovrebbe chiedersi subito: “Perche’ questo succede proprio a me, proprio adesso?”. Finche’ non ci si abitua a queste domande, sara’ difficile darsi una risposta. Anche qui’ pero’ è l’esercizio che fa il maestro, e presto si impara a individuare il senso degli eventi e a porli in rapporto con se stessi. La psicopatologia conosce il fenomeno per cui specie gli schizofrenici tendono erroneamente a riferire a se stessi tutto cio’ che accade al mondo. Questo polo negativo ha un suo polo positivo: tutto cio’ che avviene ha un valore per chi lo vive. Piu’ consapevole diviene l’uomo, piu’ impara a dare un ordine alle cose, a chiedersi quali informazioni esse possono fornire. Di importanza fondamentale è restare in armonia con tutto cio’ che è. Se questo non riesce, se ne cerchi il motivo in se stessi. L’uomo è il microcosmo e di conseguenza un’ immagine esatta del macrocosmo. Tutto cio’ che percepisco all’esterno, lo ritrovo anche in me. Se dentro di me sono in armonia coi diversi aspetti della realta’, anche i loro rappresentanti nel mondo esterno non possono turbarmi. Se avviene qualcosa che per me è sgradevole, devo considerarlo una sollecitazione e considerare dentro di me anche questo aspetto. Tutte le persone cattive e gli eventi sgradevoli sono in realta’ solo messaggeri, mezzi per rendere visibile l’invisibile. Chi capisce questo ed è disponibile ad assumersi personalmente la responsabilita’ del proprio destino, perde ogni paura del caso che lo minaccia…… Chi modifica se stesso, modifica il mondo. In questo mondo non c’è niente da migliorare, molto invece c’è da migliorare in se stessi. La via esoterica è una via di continua trasformazione, di nobilitazione del piombo in oro. Il saggio è in armonia con tutti i piani dell’essere e vive quindi nel migliore di tutti i mondi 38 Ibidem, p. 44, 45, 47. 60 61 possibili. Egli vede la realta’ e riconosce che tutto cio’ che è , è buono. Non cerca piu’ la felicita’, perche’ la trovata in se stesso.” 39 Il metodo esoterico come diversa via alla conoscenza rispetto alla scienza, per cui ognuno diviene conoscitore di sè e contemporaneamente di una saggezza ancestralmente collettiva, non ha bisogno per noi di ulteriori delucidazioni, essendo già chiarissimo in tutti i secoli precedenti. Necessario è però vederne l’evoluzione nei secoli XIX eXX, in relazione al metodo scientifico totalmente egemone su tutti i saperi, oggi che le scienze si definiscono sempre più esatte, e che si crede di non aver lasciato più niente di non indagato come poteva essere per i secoli scorsi, che spazio può esserci per un tal metodo che non può dimostrare nulla pubblicamente, perchè le realtà che indaga risultano spesso intangibili ? Alla fine dell’800 e all’inizio del 900, ebbero grande risonanza le teorie del filosofo estone Hermann Keyserling (1880-1946), che dopo essersi laureato in filosofia e scienze naturali, nel 1920 fondò a Darmstadt una “Scuola della Saggezza” per diffondere praticamente la sua concezione del sapere e della filosofia, profondamente antiaccademica. Fu poi costretto dal regime nazista a chiudere la scuola per trasferirsi in Austria; la sua bibliografia non lascia dubbi sulla molteplicità degli ambiti da lui indagati, e che vanno dalla scienza: Conoscenza creatrice, alla religione: Immortalità, all’arte: Filosofia come arte, alla politica: Presagi di un mondo nuovo, e che lo pone al pari di ricercatori come Rudolf Steiner. L’opera di Keyserling si articola intorno al concetto centrale che la filosofia non è scienza, nel senso di sapere astratto e dogmatico ma è la vita stessa nella forma del sapere. Egli oppone alle teorie oggettivanti del sapere tecnicoscientifico, una visione speculativa che non ricerca tanto i principi astratti del mondo, ma del mondo ne ricava una comprensione intuitiva del suo senso. Solo con la rinascita dello spirito antico della saggezza si potrà comunicare al mondo un impulso spirituale nuovo, differente dall’arido intellettualismo razionalista che attualmente lo domina, e più aperto rispetto alla saggezza elitaria esoterica medioevale, chiusa ermeticamente alle masse. Il suo pensiero, così come quello di Steiner, ebbe un certo influsso presso un nuovo ampio ceto culturale e fuori dagli ambienti accademici, che potremmo far corrispondere oggi a quella parte ampia della popolazione culturalmente aperta, pronta e progressista che ha determinato il diffondersi del cosiddetto fenomeno culturale e spirituale della New Age. 39 Ibidem, p. 62, 64. 61 62 L’aver parlato di Keyserling ci permette di introdurre un altro mostro sacro della Naturopatia tedesca quale è: Georg Groddeck, la cui opera più famosa: Il libro dell’Es è splendidamente commentata proprio da Keyserling. Georg Groddeck nacque in Germania, (Bad Kosen 1866, Zurigo 1934) quarto e ultimo figlio di un medico e nipote di Koberstein che fu maestro di Nietzsche. Laureatosi a Berlino in medicina, manifestò subito un’ insofferenza prima per le rigidità accademiche e poi un atteggiamento critico se non proprio eretico verso la classe medica, egli stesso ne darà un’ interpretazione nella prima lettera del Libro dell’Es , riconducendone la causa alle prime vicende della sua infanzia. A Berlino fece l’incontro che cambiò la sua vita professionale e culturale, conoscendo Ernst Schweninger un naturopata famoso per le sue terapie strutturate con diete e massaggi ( abbiamo visto la larga diffusione di queste terapie in Germania in quegli anni), famoso per essere il medico personale del cancelliere Otto Bismark. Poi passò otto anni nell’esercito come ufficiale medico, finche’ nel 1897 si trasferì a Baden-Baden per dirigere la clinica di Schweninger, incarico che lasciò dopo tre anni , per la libera professione e per fondare lui stesso una piccola clinica. Nel 1905 pubblicò il Libro dell’Es, nel 1910 un saggio sulle opere teatrali di Ibsen, nel 1913 scrive un saggio sulle terapie di Schweninger, dal titolo “Nasamecu” ricavato dalle iniziali della frase latina: Natura sanat, medicus curat. Nel 1917 scrive a S. Freud per comunicargli la sua completa adesione alle teorie della psicoanalisi , cui seguì una calorosa risposta nella quale Freud supplicò vivamente Groddeck di aderire al movimento psicoanalitico. Groddeck declinò l’offerta , ma rimase tra loro una forte amicizia, come testimonia la lunga e fitta corrispondenza tra i due, e il fatto che Freud caldeggiò fortemente la pubblicazione di un romanzo psicoanalitico di Groddeck, uscito nel 1921, dal titolo: Lo scrutatore d’ anime. In una lettera Freud rendeva merito a Groddeck e riconosceva il valore del Libro dell’Es , affermando che: “Questo piccolo libro mi è molto caro. Ritengo sia una azione meritoria mettere continuamente sotto il naso delle persone i fondamenti della analisi, da cui esse tanto volentieri si discostano. Oltre a cio’ l’opera sostiene il punto di vista, teoricamente importante, che io ho affrontato nel mio libro, che sta per essere pubblicato, Ich und Es”, ( L’Io e l’Es). Effettivamente Freud riconobbe che egli doveva il termine “Es” a Groddeck, il quale a sua volta l’aveva tratto dal filosofo Nietzsche. Se però con il termine Es Freud intende il luogo psichico del rimosso, per Groddek tale parola, che in tedesco indica il pronome neutro di terza persona singolare, simile al latino id , identifica non solo il luogo del rimosso ma anche e soprattutto l’infinito mondo simbolico, simile all’inconscio collettivo archetipico prospettato poi da Jung . L’Es lo si può conoscere entro certi limiti, più che 62 63 altro possiamo tentare di rilevarne la trama irrazionale facendone di essa l’esperienza simbolica (archetipica), meno che mai con un sapere di tipo scientifico, semmai con una spontanea saggezza e purezza che caratterizza ad esempio il metodo fantasioso dell’infanzia, attraversando la vita in quel volo che chiamiamo destino. Per Groddeck l’Es rimane l’imperscrutato imperscrutabile dalla coscienza umana, la quale è una delle manifestazioni dell’Es e non un suo opposto, come tale l’Es sfugge alla pretesa umana di essere ridotto a oggetto della scienza come s’ illuse Freud. Dopo anni di relazioni i due debbono ammettere l’inconciliabilità delle loro visioni sull’Es e quindi il fallimento del loro percorso parallelo. Cosi’ il nostro autore definisce l’Es: “ Io ritengo che l’uomo sia vissuto da qualcosa d’ ignoto: vi è in lui un Es, un’ entita’ prodigiosa che dirige tutto cio’ che egli fa e tutto cio’ che gli accade. L’espressione “io vivo” è vera solo in un certo senso, in quanto esprime solo un aspetto parziale e superficiale di questa verita’ fondamentale: l’uomo è vissuto dall’Es. Di questo Es si occuperanno dunque le mie lettere: d’ accordo? Una cosa ancora: dell’Es noi conosciamo soltanto cio’ che sta dentro alla nostra coscienza, ma di gran lunga la maggior parte di esso è territorio inaccessibile. Con un faticoso lavoro di ricerca noi possiamo tuttavia allargare i confini della coscienza, e inoltre possiamo penetrare profondamente nell’inconscio se solo ci decidiamo non piu’ a voler sapere, ma a seguir la nostra fantasia. Coraggio dunque, mio bel dottor Faust, il mantello è pronto per il volo; si parte per l’inconscio….”. 40 Il libro dell’Es ci parla dello stesso volo contenuto nel Libro dei Mutamenti, lo spirito Shen del testo cinese è lo stesso spirito mercurialis che anima con le sue ali tutta la tradizione esoterica alchimistica occidentale e i destini inconsci delle nostre stesse vite, è lo stesso Daimon vissuto da Hillman e dall’Uomo totale di E. Fromm. Pur non essendo Il libro dell Es un saggio, l’Es è l’oggetto di cui Groddeck parla ampiamente nelle lettere indirizzate alla sua paziente, tuttavia è nello Scrutatore d’ anime che egli ci introdurrà al grande segreto dell’Es e del suo potere di “contagio interiore”, in tutti noi come nelle dinamiche psichiche apparentemente strampalate del protagonista Muller-Weltlein, alla ricerca del suo più alto senso della vita e del suo destino . “dove io ……ho scoperto il contagio interiore, il segreto dei segreti, il grande mistero che nessuno deve chiamare per nome, dal momento che io stesso non oso chiamarlo che Es.” 41 Nella sua clinica, che chiamò Sanatorium, Groddeck si riuniva con personaggi legati al mondo delle ricerche umanistiche dell’epoca, oscillanti tra la psiche e lo spirito, e tra i quali alcuni futuri noti psicoanalisti quali: Ferenczi e Fromm, e forse per questo 40 41 G. Groddek: Il libro dell’Es, p. 14-15. G. Groddeck: Lo scrutatore d’ anime, p.397 63 64 scherzosamente detta: Satanarium ( fu Freud stesso però, nella risposta alla prima lettera di Groddeck a Freud, a definire gli psicoanalisti: adepti della schiera dannata). Purtroppo il Satanarium era anche uno dei centri di cura durante la grande guerra dei reduci dal fronte, che avevano subito devastanti traumi psichici. La visione di tanto dolore e tormento poteva ricordare l’immagine di un girone infernale. 42E siccome era per essi liberatorio urlare il proprio tormento (come solo all’inferno può evidentemente esprimersi, considerando che negli anni bui della guerra l’Europa era realmente sprofondata in un abisso infernale) egli fondò una rivista interna alla casa di cura dove potessero liberamente esprimere e raccontare le proprie fantasie o tormenti, che chiamò appunto Satanarium. La rivista esce con il primo numero il 6 febbraio del 1918, fino al 23° numero del 10 luglio 1918. Tornando al Satanarium, cenacolo di ricercatori della psiche, esistono conferme anche dal carteggio con Ferenczi, da cui si sa quanto loro tenessero in gran considerazione la persona e l’operato di Groddeck; Ferenczi e Groddeck facevano una analisi reciproca, e Ferenczi stesso con la moglie e la figlia trascorrevano al Sanatorium un periodo di trattamenti nel mese di agosto, per le terapie naturopatiche, quelle descritte nel Nasamecu , cui venivano inviati spesso anche i suoi pazienti ungheresi. 43 Ma si era ancora in anni in cui la psicoanalisi non aveva ancora codificato definitivamente le proprie teorie, e non si erano ancora verificate le note scissioni, per cui l’approccio con il paziente ancora chiaramente non neutrale anzi direttivo di Groddeck sicuramente attraeva alcuni di loro. Infatti più che per le impostazioni teoriche, peraltro pochissimo citate nelle opere di Ferenczi e di Fromm, era la personalità di Groddeck, così affascinante e travolgente a lasciare un forte segno in loro, così come del resto nei suoi pazienti. Un esempio della forza travolgente della sua personalità e del suo pensiero sempre di molto sotto la superficie delle cose e delle ipocrisie della società lo possiamo ricavare da quella personalità del protagonista dello Scrutatore d’ anime, scandalosa e irriverente ma sempre volta all’autentico, in cui molti hanno riconosciuto lo stesso Groddeck. Per la psicoanalisi il limite teorico del pensiero di Groddeck si rivelava nel non aver abbandonato quel vitalismo naturale romantico e neo-platonico, ereditato dalla filosofia di Carus e Bachofen, salvo poi esser reinterpretato meglio alcuni anni dopo da C.G.Jung. Secondo la Naturopatia Groddeck è fra i miti più rilevanti per numerosi motivi come vedremo, ma la fama di cui tuttavia questo personaggio gode nell’altro mondo: 42 43 Satanarium: G.Groddeck Nr. 1, p. 15. Ferenczi e Groddeck: corrispondenze. 64 65 quello della scienza medicina e psicologica è francamente esagerata. Chissa perchè viene considerato da queste il padre della psicosomatica? Sappiamo noi che le sue terapie per il corpo e la mente erano a base di diete , colloqui psicologici e soprattutto massaggi , ne più ne meno di quelle che hanno caratterizzato gli altri naturopati tedeschi dell’800. Sappiamo che ha lo stesso concetto di realtà umana profondamente simbolica, subalterna alla vera realtà che si affaccia nell’Io proveniente dall’Es. Egli neanche è sfiorato dall’idea che corpo e mente siano separate, se non dal fatto che le abbia separate la scienza , di cui non vuol far parte. Sicuramente tanta fama è dovuta al riflesso dell’amicizia di Freud, e per tanto come un “unto dal signore” nessun altro uomo di scienza può permettersi di ignorare Groddeck; salvo poi ribadire che, per carità, avrà pur scritto Il libro dell’Es , ma come psicologo , pur avendo rifiutato la prestigiosa promozione sul campo dallo stesso Freud, è da considerare negativamente un cosiddetto “selvaggio”, come vengono definiti da quel momento in poi i non allineati accademicamente, come anche i non riconosciuti naturopati quando si permettono di disquisire sulla psiche e sull’anima, competenza resa esclusiva di questa giovane disciplina che é la Psicologia. Si dimentica troppo spesso però, che prima della psicoanalisi non è vero che c’ era il deserto nella conoscenza del mondo psichico: non solo Groddeck anticipò Freud con il suo Libro dell’Es, ma che anche la dinamica del mondo simbolico emergente nei sogni non è stata scoperta da Freud nella sua Interpretazione dei sogni. Fu infatti proprio lo studio dei sogni ad interessare il movimento dei romantici per tutto l’800, l’attività onirica era l’altra faccia di quella diurna , una ermetica e l’altra cosciente, specchio della dualità sole-luna. Sappiamo che per i romantici, indagare sulla realtà superiore significa fare prima esperienza delle realta’ duali, per poi trascenderne l’unità. Jones , biografo di Freud, ha osservato che i concetti di Freud sulla vita psichica erano dominati da polarità (dualismo degli istinti: eros e tanathos , piacere-dispiacere, attivopassivo, soggetto-oggetto); anche l’integrazione del maschile e del femminile nell’androgeno bisessuale compare nei sistemi psichici di Freud e di Jung (anima e animus). H. Ellemberger afferma che: “Non c’è quasi nessun concetto di Freud e di Jung che non sia stato anticipato dalla filosofia della natura o dalla medicina romantica”. 44 Fra i romantici, già ampiamente menzionati, possiamo citare Gotthlif Heinrich von Schubert, il quale distingueva, le ormai note, tre parti dell’essere umano: leib (corpo 44 H. F. Ellemberger: La scoperta dell’inconscio, p.240. 65 66 vivente), anima e spirito, e affermava che queste parti attraversano un processo dinamico che insieme permettono le trasformazioni dell’essere individuale. Ma molti anni dopo, grazie a Jung, sentiremmo parlare di Processo d’ individuazione. La vita umana, secondo la visione romantica, si svolgeva attraverso una serie di metamorfosi, importante è quella di mezza età. L’uomo è una “stella doppia”, che ha un secondo centro, il suo Selbstbewusstsein (coscienza di se’), che emerge gradualmente nella sua anima. La comprensione del destino assume cosi’ un aspetto essenziale su uno sfondo trascendentemente naturale. Von Schubert afferma anche nel suo Il simbolismo dei sogni, che nel sonno la mente comincia a pensare in un linguaggio per immagini, in contrasto con il linguaggio verbale dell’attività di veglia. Il movimento romantico produsse ricercatori, che analizzarono le leggi del simbolismo sui propri sogni, e che pubblicarono numerosi testi, i quali fecero da sfondo ispiratore a Jung e Freud, di cui ricordiamo quello che passa per il piu’ importante testo sui sogni: “L’interpretazione dei sogni”. Sempre Ellemberger a riguardo afferma che: “Si puo’ scorgere come coloro che condussero ricerche sui sogni dal 1860 al 1899 avessero gia’ scoperto quasi tutti quei concetti che sarebbero stati poi uniti in una sintesi complessiva da Freud e da Jung, e come avessero scoperto anche taluni concetti cui non sono state ancora dedicate sufficienti attenzioni. Nelle teorie di Freud si possono ravvisare influssi di Maury, di Scherner, di Strumpell, di Volkelt e di Delage. Per quanto invece riguarda Jung, la sua teoria dei sogni ricorda piuttosto Von Schubert e Harvey de Saint-Denis.” 45 Groddeck, come i suoi predecessori, aveva scoperto che il linguaggio della natura era basato su immagini che a secondo di ognuno dei livelli umani si traduceva nella forza energetica di sintomi somatici e simboli psichici, facce della stessa medaglia. Uno dei suoi più famosi pazienti: Hermann Keyserling, fondatore della Scuola della Saggezza , nell’epitaffio in memoria di Groddeck in coda al Libro dell’Es, oltre a descriverne la personalità, traccia una breve analisi del suo metodo di cura. Egli riporta che Groddeck guariva cercando di risvegliare le forze risanatrici del paziente, adoperandosi sui tre livelli con una combinazione di psicoanalisi, diete e massaggi. Una parte essenziale era l’infliggere dolore fisico: dalla reazione di difesa contro il dolore sorgeva nei suoi pazienti la volontà di guarire, canalizzata verbalmente attraverso incalzanti e mirate domande, (abbiamo già visto la tecnica dell’Healing crisis). Egli si rifiutava di accettare una separazione di corpo e anima, e per questo non pote’ diventare uno specialista della mente, e delle cosiddette malattie mentali. La malattia è sempre la stessa, l’uomo produce solo sintomi e simboli per far parlare i suoi tre livelli: nello spazio corporeo e nel tempo 45 Ibidem, p. 366. 66 67 diurno cosciente e notturno onirico. Sempre perseguendo l’idea di diffondere una conoscenza esperienzale e non scientifica, obiettivo già tentato da Steiner, Groddeck amava rivolgersi al grande pubblico con i suoi romanzi psicologici e ai suoi pazienti pubblicando e diffondendo nella sua clinica una rivista , “Die Arche”, con articoli pedagogici ma divertenti secondo lo stile del Libro dell’Es. Premesso che: “Fondamentalmente, tutto cio’ che accade nell’uomo è opera dell’Es. Ed è bene che sia così, ed è anche bene, almeno una volta nella vita, mettersi lì tranquilli a riflettere, il meglio che si può, a come tutte le cose si svolgano totalmente al di fuori della nostra conoscenza e della nostra volonta’.” e quindi: “Dire che ogni forma di trattamento è quella giusta per il malato, sembra assurdo, eppure è vero: egli viene sempre curato bene, in ogni circostanza, sia che si seguano le regole della scienza, sia che ci si affidi alle arti di qualche guaritore di campagna: il successo non dipende dal fatto che le nostre prescrizioni si conformano a determinati principi, ma dal modo in cui l’Es del paziente si serve di tali prescrizioni. Se così non fosse, qualsiasi frattura correttamente trattata e ingessata dovrebbe guarire, ma cio’ non avviene.” 46 Laddove succede che, osservava Groddeck: “Mi trovai dunque a un tratto di fronte a una strana situazione; non ero io a curare il malato, ma il malato a curare me; o, per dirla nel mio linguaggio, l’Es del mio prossimo cercava di trasformare il mio Es, anzi lo trasformava effettivamente, in modo da potersene servire per i suoi scopi…non si trattava piu’ di dargli delle prescrizioni, di ordinargli delle cose che io ritenevo utili, ma di trasformare me stesso in modo da potergli essere utile” 47 Ma a quale concetto di malattia faceva riferimento Groddeck, quindi? “Ma prima dobbiamo metterci d’accordo su cio’ che vogliamo chiamare malattia. Credo che non dobbiamo preoccuparci di cio’ che intendano gli altri con questo termine, ma solo di definire bene il nostro concetto. Propongo quindi di enunciare chiaramente che “la malattia è una manifestazione vitale dell’organismo umano”….Per me curare una malattia sarebbe altrettanto assurdo che cercare di correggere il suo atteggiamento beffardo,…Dall’istante in cui mi sono reso conto che la malattia è una creazione del malato, essa si è posta sullo stesso piano del suo modo di camminare, di parlare..un simbolo significativo delle forze che lo dominano e sulle quali io cerco di influire, se mi sembra il caso…. La malattia , allora non è piu’ qualcosa di anormale, ma qualcosa che è determinato dalla natura di questa persona, che è malata e che vuol essere curata da me….Ma tutto cio’, dacche’ il mio Es mi ha fatto diventare medico, non mi esime dalla necessita’ di ascoltare, se si è in tempo, i motivi che spingono l’Es del mio prossimo verso la malattia, per poi valutarli e, se necessario e possibile, confutarli.” 48 Malattia, quindi, strumento del linguaggio dell’Es, e mezzo alternativo di connessione transferale fra più destini coinvolti: in questo caso medico-paziente, ma sappiamo che la malattia è uno dei linguaggi della relazione interfamiliare, pensiamo 46 Ibidem, p.327. Ibidem, p. 331. 48 Ibidem, p. 338-9. 47 67 68 all’anoressia per esempio. Se la malattia è uno strumento dell’Es, come dice Groddeck, è logico che sia una manifestazione vitale in quanto espressione di una finalità, addirittura può costituire una paradossale via per la guarigione, in virtù di una necessità seppur inconsapevole. Groddeck, nel suo romanzo psicoanalitico: Lo scrutatore d’ anime, lascia passare l’idea che la nostra anima per compiere il suo incessante destino si possa al dunque servire di un contagio esteriore corporeo (la scarlattina per es.), per arrivare al suo intento del contagio interiore per l’evoluzione psicologica. Giustamente Groddeck, non si fa strumento passivo dei capricci altrui, ( forte delle nuove teorie freudiane sul tranfert e controtranfert ), il suo successo è quello di permettere al prossimo di non dover rischiare la vita giocando con le malattie per comunicare cose che possono esser dette o vissute altrimenti in modo più sano ed equilibrato. Questo concetto ci permette di introdurre la novità essenziale che introduce Groddeck nel sistema corpo-mente-spirito, che fa immettere la Naturopatia nella modernità del XX secolo, dandogli una veste un pò scientifica e non solo filosofica: tra l’alchimia e la teosofia come era fino all’800. La novità è rappresentata dalla scoperta di nuovi linguaggi dell’energia all’interno dei tre livelli corpo-mente-spirito, ovvero manifestazioni dell’energia che si veicola con l’attività simbolica nel livello mentale che è psicologico e con la sessualità nel corporeo. Simbolo e sintomo, rappresentazione mentale e sessualità diventano le relazioni base del comportamento umano, nel suo stato di salute come in quello di malattia. Per Groddeck non è quindi, solo la malattia ad essere psico-somatica, ma lo è anche la realtà umana per come l’uomo se la rappresenta facendo una mediazione tra lo psichico e il sensoriale e tra l’Io e l’Es. Ma di questo ne parleremo nel prossimo capitolo. Detto ciò, come fece Groddeck, dobbiamo sempre attribuire a Freud, con forza e onestà, l’enorme merito di aver dato una visione profondamente sistematica delle dinamiche psichiche (per alcuni tra scienza e non-scienza). Dall’avvento della sua psicoanalisi nessun naturopata può esimersi dal conoscerne le teorie, ne può più evitare di confrontarsi con tale metodo per quello che per noi è il livello mentale della triplice unità umana. Tuttavia così come la Psicologia ha misconosciuto e disconosciuto la Naturopatia, anche alcuni famosi naturopati del XX secolo, come Eduard Bach non hanno mai sentito la necessità di far riferimento alla psicodinamica freudiana, quasi questa non esistesse. Bisogna arrivare alla fine del 900, a personaggi come Dahlke e Detlefsen, che oltre ad essere naturopati sono “anche” psicoterapeuti, o a post-bachiani quali Kramer o Orozco: 68 69 che impostano i loro percorsi terapeutici sui meccanismi di difesa, per usare un termine della psicologia. Come abbiamo visto la naturopatia ha da sempre prodotto personalità geniali caratterizzate dal fatto di spaziare in una visione delle cose amplia a volte metafisica, a volte ermeticamente inaccessibile e sconfinata, oppure ha dato asilo a transfughi cacciati o autoespulsi da altre discipline per la loro impossibilità ad accettare rigorose regole e precisi limiti teorici e pratici. La psicologia pur con le sue vaste differenze è sempre stata gelosa della sua ortodossia per esempio, ed è costretta a difendere la propria prassi da attacchi esterni da parte di chi, e a volte anche naturopati, confonde i suoi pur limiti inevitabili con la rigidità intellettuale. Parlare spesso di fallimento attuale della psicoanalisi a favore di nuove e rivoluzionarie teorie che la dovrebbero sostituire, e non integrare come noi auspichiamo che le discipline facciano, non ci sembra costruttivo. Questo preambolo infatti serve ad introdurre un ambito presente nella Naturopatia che è il counseling alla persona; ben sappiamo che professionalmente il naturopata può svolgere solo un operazione di counseling e non di cura: egli si prende cura del consultante consigliandolo a prendersi cura di sé con gli strumenti a disposizione della naturopatia. Ma chiunque esperto di qualcosa può dirsi counselor di quella cosa. Nel 1981 è nata una nuova stella nel firmamento delle pratiche di counseling proveniente dalla filosofia tedesca: Gerd B. Achenbach. Nel suo primo testo: “Philosophische Praxis” (1987), esponendo i concetti guida di quello che viene da lui definito: Counseling filosofico, egli introduce, secondo lui, per la prima volta il filosofo al servizio della persona per i suoi bisogni esistenziali. La peculiarità della neonata consulenza filosofica è quella di porsi come luogo ideale per riflettere razionalmente su sé stessi, rispettando la propria filosofia di vita, senza che necessariamente il counselor si ponga su una cattedra con le sue regole, teorie e terapie predefinite che, per Achenbach non fanno altro che “trattare” la persona che così diviene inevitabilmente “paziente”. Egli afferma che non è la persona a dover essere trattata terapeuticamente come un oggetto, perché questi è un unico universo inetichettabile, al quale non può essere affibiato un unico concetto di felicità che corrisponde alla salute come assenza della malattia. Quello che semmai si tratta è il soggettivo metodo di auto rappresentare sé e sé stesso nel mondo, attraverso la riflessione nello spazio e nel tempo del tutto originale e senza regole della consulenza. La dichiarata assenza di regole e schematismi, le quali bloccherebbero il naturale fluire del pensiero, deviandolo su soluzioni preconfezionate e preconcette, caratterizzante invece la psicologia secondo Achenbach, è da intendersi piuttosto come garanzia per la specificità 69 70 e singolarità dell’individuo. Tra l’altro questa pratica risponderebbe all’urgente necessità per il filosofo moderno di uscire dalla riflessione solo teorica e puramente accademica (pretendendo di scoprire verità sui massimi sistemi) che non interessando più nessuno in questa società materialista, precluderebbe qualunque senso professionale al filosofo e al suo decadente isolamento, riportando così in auge la antica arte socratica della maieutica cui prende ispirazione. Socrate appunto non volle legarsi a nessuna teoria da lui scoperta, la sua ricerca incessantemente lo conduce alla verità di “sapere di non sapere”, cioè che le verità essenziali dell’uomo non si lasciano dogmaticamente ricondursi in via definitiva. Prendendo spunto dalla professione di levatrice della madre: Fenarete, Socrate volle chiamare il proprio metodo Maieutica: letteralmente arte dell’ostetricia. Il filosofo infatti è un ostetrico d’ anime, pur essendo egli stesso sterile come una levatrice (vuoto di sapienza), e conduce l’interlocutore a partorire la propria verità, che è sempre una conquista personale. Qualcosa di simile al dialogo socratico lo si può scorgere nel pensiero di Gregory Bateson nell’ormai suo famoso dialogo, anzi meta-dialogo, sui perché, con sua figlia, contenuto nel suo: “Verso un’ ecologia della mente”. Il dialogo maieutico vuole ri-vivificare, de-flemmatizzare la mente, al contrario della stasi in cui la conduce la presunta sicurezza delle parole, delle affermazioni e delle teorie rigorose degli altri. Se Freud ri-vivificò la mente togliendogli la stasi della sessualità, se la naturopatia con la vitalità della natura: fatta di emozioni (vedi E. Bach) e fatta di istinto (vedi Groddeck), Achenbach risveglia l’attitudine a pensare senza imporre il proprio pensiero: “La questione, adesso, non è più se io vivo ciò che penso, ma se penso ciò che vivo. Ma pensando ciò che so, che faccio e che spero, prendendo coscienza di chi sono, metto in discussione la mia vita. Ed essa, in tal modo, va avanti e si ravviva”….”Non è il pensiero che preme sulla vita, fino a quando essa si salva attraverso il rifiuto del pensiero, ma è la vita che preme sul pensiero e indica la giusta strada.” Pur non essendo egli un naturopata dichiarato, ma del resto neppure il naturopata è un filosofo dichiarato, il counseling filosofico ha pieno accesso alla naturopatia per il suo modo dolce e naturale di servire l’uomo, e per questa fiducia che ripone in quella che possiamo chiamare: Vis ( psicologica ) medicatrix naturae, naturale perché non è quella delle teorie universalmente positivistiche buone per tutti. Possiamo dire che ogni teoria è buona se si lascia integrare, se per Groddeck quella vera Vis psicologica ci viene incontro dall’Es ( che è parte della natura) e ci salva, perché l’Io è occupato a fronteggiare la sua limitatezza con una razionalità rigidamente difensiva, per Freud al contrario è un Io che sempre più espanso nelle terre dell’inconscio diviene garanzia di forza strutturata ed equilibrata, per il naturopata sta nel sano e forte equilibrio della Natura a disposizione di 70 71 chiunque non voglia negarsi di beneficiarne, per il filosofo della consulenza il segreto sta nella libertà di destrutturate e riformulare non cadendo nella trappola del pensiero unico, che è sempre quello di qualcun’ altro o delle organizzazioni a tutela del pensieri ortodossi. A tal proposito, val la pena di citare i contributi di tre ricercatori che hanno fatto propri sia la Naturopatia che il counseling filosofico: Steffen Graefe, Alexander Dill e Gunther Witzany. La Graefe nel 1983 aprì ad Amburgo il suo Kleine Atelier fur Philosophische Praxis dove contribuiva alla liberazione dei blocchi del pensiero dell’ospite con esercizi di visualizzazione, interpretazione dei sogni, meditazione e rilassamento, anche con ginnastiche orientali, del resto il pensiero è una forma di energia e come tale ella lo considera. Del resto anche la Naturopatia non può considerare specialisticamente i singoli aspetti energetici: la mente, il pensiero, l’anima e il corpo, come fossero isolati della realtà unica e universale che è l’energia della Natura. A. Dill si serve degli strumenti del pensiero orientale, lo Zen in particolare, così come coloro che anche in Italia si servono dell’I Ching per la loro forma di counseling (gruppo di ricerche Io Sono ). G. Witzany attivo dal 1985 è anche musicoterapeuta impegnato politicamente e socialmente nell’ecologismo, filosoficamente legato al pensiero di Apel e Habermas dai forti contenuti critici verso l’ipertecnologizazzione della società a scapito del legame dell’uomo con la natura. Gli incontri della sua personale praxis , oltre agli argomenti più legati alla persona, sono finalizzati alla formazione di uomini in armonia con la loro natura: interna ed esterna. Per esser corretti va ricordato che per Achenbach e la sua associazione qualunque finalità o teoria sia che supporti o che predefinisca gli incontri non è accettabile e non può da essi essere riconosciuta; pertanto queste tre figure sopracitate non sono state accolte dall’associazione achenbachiana. Achenbach si riferisce sempre al pensiero che socraticamente non si è già strutturato né viene dato gia preconfezionato all’ospite: egli intende la parte più creativa libera del pensiero e a riguardo cita una frase da: “Lettere di uno sconosciuto” del filosofo Alexander von Villiers, nella qual si afferma che: “Io credo superstiziosamente nell’entità che sta tra gli uomini….Non sono Io e non sei Tu, ma tra di Noi si forma un qualcuno….. che per me si chiama “Tu”, per l’altro sono “Io”, esso però pensa, sente e parla, esso è l’elemento interumano e a lui appartengono i pensieri…..ciò che ci rende liberi.” 49 49 Achenbach: Lettera citata in “Io e Tu” , Martin Buber, 1923. 71 72 Cap. 6 LA NATUROPATIA: DAL MONDO GERMANICO ALLA SUA DIFFUSIONE IN OCCIDENTE. Par. A: La Naturopatia in Francia. La Francia va citata per la sua grande apertura culturale, legata anche al contatto culturale con i popoli più diversi dovuto al suo passato coloniale. Pensiamo alla sua funzione di ponte per la diffusione diffusione della M.T.C e la sua applicazione nella digitopressione e nell’auricoloterapia, dovuta alle relazioni avute con medici indocinesi. Ma tre sono le terapie che hanno fatto grande la naturopatia francese: l’oligoterapia e l’uso terapeutico degli oli essenziali e la gemmoterapia. Il termine oligoterapia, dal greco oligos = poco, indica un metodo terapeutico basato sulla somministrazione di oligoelementi a dosi deboli, dell’ordine di un milionesimo di grammo; esistono due indirizzi in oligoterapia: la catalitica e la nutrizionale. Fin dall’antichità e pressochè ovunque, vennero intuite le benefiche o tossiche proprietà degli elementi minerali; presso i Caldei venne introdotto l’uso di portare braccialetti di rame al polso, per le sue proprietà antifungine e antisettiche, ma anche quella antidepressiva dell’oro, sedativa del magnesio e antinfettive dell’argento. È di Gabriel Bertrand l’intuizione, alla fine dell’800, dell’essenziale ruolo svolto dagli oligoelementi come catalizzatori, cioè come acceleratori delle reazioni chimiche nella biologia animale e vegetale . Le prime applicazioni sono dovute ad un medico francese: il dott. J. Suter, che prima della guerra del 1914 propose un medicamento basato su estratti ghiandolari e soluzioni di oligoelementi ionizzati a dosi deboli. Queste soluzioni a base di manganese e rame furono prescritte con successo per la cura delle artriti e della tubercolosi. Un rapporto redatto nel 1919 dal dott. Guilly, grande chirurgo dei campi di battaglia, recita testualmente: “La guerra mi ha messo in grado di applicare il metodo Suter su migliaia di feriti, non ho mai constatato infezioni di alcuna natura sui nuovi feriti, e quelli che mi arrivavano gia’ infettati hanno avuto un immediato e profondo miglioramento nel loro stato locale e generale. Ho potuto constatare in loro, dodici ore dopo l’applicazione di questo metodo terapeutico, l’abbassamento della temperatura e la disinfezione delle piaghe. Il fatto notevole e che la ricostruzione cellulare avviene con tessuto proprio e normalmente disposto. E sono in grado di dimostrare con delle foto alcune guarigioni sensazionali da ferite da guerra.” Nel 1932 Suter dirigeva una clinica privata a Meudon, chiamata Villa Blanche de Castille, e in quegli anni esistevano già sul mercato una ventina di farmaci prodotti dai 72 73 Laboratoires des Hormometalion, sotto la direzione di M. Levassor. Agli inizi il dott. Suter prescriveva rame e manganese a tutti i tubercolotici, tuttavia se una metà guarivano, ad altrettanti la terapia era del tutto indifferente. Mènètrier avendo osservato il lavoro di Suter, decise di applicarlo ai suoi pazienti ma con i concetti di terreno e diatesi da lui descritti nella sua tesi di laurea. Egli intuì che i malati guariti con manganese-rame appartenevano alla diatesi ipostenica , per cui gli altri andavano curati con altri oligoelementi. Dopo sperimentazioni su grande scala scoprì che il manganese da solo migliorava il terreno “artritico-allergico”, il manganese-cobalto i distonici, il rame e più tardi l’oro-argento-rame gli anergici. La sua intuizione fu che gli oligoelementi non curavano i sintomi, bensì rafforzavano le nature rese deboli, le carenza del terreno, dando al malato l’impressione reale di guarire da sé, riprendendo il sopravvento sulla malattia. Con i termini diatesi e terreno, Mènètrier intendeva: “Una diatesi si situa tra la salute e la malattia, essa traduce uno stato di squilibrio che subentra all’equilibrio naturale e precede la lesione. Si tratta di una disfunzione che altera il funzionamento organico e che conduce progressivamente alla degenerazione organica.” La terapia di Mènètrier è chiamata oligoterapia catalitica, per i disturbi non lesionali, ma funzionali. Nei decenni seguenti, la scienza dell’alimentazione ha portato alla luce il secondo indirizzo definito: nutrizionale, basato sulla determinazione del loro fabbisogno, delle loro carenze o eccessi nell’integrazione alimentare. In base all’osservazione clinica quindi, Mènètrier individuò quattro grandi tendenze morbose che chiamò appunto diatesi, cui corrispondono caratteristiche cliniche e psicologiche e determinati oligoelementi. Le quattro diatesi sono divise nelle prime due dette di nascita, che potremmo definire con caratteristiche Yin l’una e Yang l’altra, e di involuzione la terza e la quarta come loro evoluzione patologica nel corso della vita. Quello che più ci preme evidenziare è il raffinato concetto di evoluzione patologica alla base di questa terapia perfettamente psicosomatica. Con il termine aromaterapia invece viene indicato l’impiego di sostanze aromatiche, dette anche oli essenziali, per assicurare il pieno benessere, per prevenire la malattia o curare alcune affezioni. Gli oli essenziali sono essenze non oleose, particolarmente concentrate in alcune parti della pianta: fiori, resina, corteccia, radice, buccia, foglie o frutti, ottenute dalle piante mediante distillazione a corrente di vapore.. Anche in questo caso il suo utilizzo a scopo alimentare cosmetico e terapeutico si perde nella notte dei tempi : dalla mummificazione dell’antico Egitto, ai rituali religiosi ebraici. Il termine aromaterapia compare per la prima volta in un testo del 1937, del chimico 73 74 francese Renè Gattefossè, relativo all’applicazione degli oli in dermatologia e nella cosmesi. L’autore intuì il potenziale terapeutico quando casualmente verificò su se stesso la capacità della lavanda di guarire senza esiti una grave ustione della mano. Il medico francese Jean Valnet ha riassunto in un testo di aromaterapia del 1964, i preziosi studi sull’impiego degli oli essenziali nel trattamento delle varie affezioni. Ma molto importante è la classificazione delle sostanze fatta nell’800 dal profumiere Presse, in base ad una scala di note: alta, media e bassa, oppure detta di testa, di cuore e di base. Le associazioni che si possono fare tra le diverse note e i livelli corporeo, mentale e spirituale e con la chakraterapia sono qui evidentissime per ogni naturopata. La gemmoterapia invece è un metodo elaborato da Pol Henry, che prevede della stessa pianta l’utilizzo: di gemme, germogli, scorza interna delle radici ed estratti di tessuti vegetali freschi. Fu egli a intuire che il potere curativo delle parti più giovani delle piante risiede nella loro energia embrionale (meristemi). Tuttavia l’utilizzo delle gemme a scopo terapeutico non è un’ idea propriamente recente: nelle antiche medicine ayurvedica e cinese la gemmoterapia è ampiamente citata nei loro testi sacri, quali: l’ottavo Libro dell’Atharvaveda e il Canone dell’Imperatore Giallo. In occidente, già nel II secolo, Galeno preparava il famosissimo balsamo denominato: Acopon, ricavato da germogli di pioppo in olio d’ oliva. Nicolas de Myrepse, medico greco medioevale, recuperò questa idea per formulare l’altrettanto rinomato Unguento Populeum. Come sappiamo il medioevo lasciò tali eredità nella prima rinascimentale alchimia, gli erboristi alchimisti erano soliti preparare l’Elisir di primavera con le gemme, e l’elisir d’ autunno con semi e radici. È facile comprenderne in tale scelta delle parti della pianta anche l’indispensabile azione psicologica della loro simbologia. Spesso il solvente di questi preparati era la rugiada del mattino ( ricordarsi della preparazione dei fiori di Bach). Paracelso amava ribadire che: “Ci sono forze diverse nelle gemme, nelle foglie, nei bocci, nei frutti acerbi, nei frutti maturi,…quindi si deve rivolgere la propria attenzione dal primo germoglio sopravvenuto all’ultimo, poiche’ così è la natura…così vi è una maturazione per i piccoli germogli, una per le fronde, una per i fiori, una per le fibre, una per i succhi, una per le foglie, una per i frutti.” Pol Henry fu dunque il primo a dedicarsi in modo sistematico allo studio e alla sperimentazione dei meristemi, utilizzando i germogli delle piante, elaborando quello che propose come metodo fito-embrio-terapico . Negli anni ’50 egli indirizzò la propria ricerca sullo studio delle variazioni del profilo proteico, espresse tramite l’elettroforesi, riuscendo a stabilire, per ogni tessuto embrionale esaminato, l’attività sull’uomo e la 74 75 relativa risposta alla flogosi. I suoi studi e la sua metodologia furono approfonditi e proseguiti dal prof. Netien dell’Università di Lione, dai dott. Didry e Bergeret che hanno sviluppato la gemmoterapia clinica. Come già sappiamo, la meta principale della naturopatia è quella di porsi come obiettivo non tanto la salute umana, come controparte della malattia (compito oramai della medicina), quanto il flessibile mantenimento di un costante equilibrio dell’armonia bio-psico-spirituale dell’essere con gli elementi della natura, di cui è prodotto e parte. Non si confonda però questo equilibrio con le sole funzioni fisiologiche degli organismi, aspetto quest’ ultimo di cui comunque è parte e di cui si occupa la medicina, noi naturopati parliamo di equilibrio di ritmi, energie e elementi. Questo discorso ora non si può più fare senza introdurre la madre di tutte le pratiche della naturopatie, la grande medicina tradizionale cinese: l’unica pervenutaci dall’antichità in forma così completa, nella sua specificificità di medicina energetica e universalmente adattabile alle culture nella sua riscoperta attualità. Infatti, per comprendere la teoria dell’energia trans-element-are non possiamo esimerci dal rilevare che gli elementi sono un’ idea costante di tutte le medicine, fanno parte diremmo dell’inconscio collettivo di chi nel tempo si è sempre occupato di salute e malattia. In virtù dei poteri dell’inconscio collettivo si può comprendere la teoria degli elementi tanto cara alla M.T.C. anche parlando della storia di questi nell’alveo mediterraneo, sin dai tempi in cui la medicina veniva praticata nei templi del leggendario Esculapio, figlio di Apollo, dove i sacerdoti diagnosticavano, massaggiavano, mescolavano farmaci e fornivano asistenza spirituale e diletto musicale al corpo e all’anima. Fu l’ascetica confraternita pitagorica ad introdurvi il concetto dell’armonia fisiologica, dove il corpo era visto come un tutt’ uno con l’ambiente a cui lo univa un flusso continuo, un ritmo naturale che scorre con forme a-ritmetiche tanto simili ai ritmi numerici taoisti per esempio. Nell’antica Grecia l’ambiente e l’universo stesso, era composto dalle combinazioni degli elementi fondamentali: terra, aria, fuoco e acqua, di contro nella lontana Cina l’ideogramma che rappresenta elemento indica anche mutamento: esattamente forma e ritmo. In tutte e due le culture le malattie erano provocate dal prevalere dell’uno sull’altro degli elementi: l’igneo ( calore), l’acqueo ( fluido), il terrestre (solido) e l’aereo (gassoso). Le medicine, provenendo da un equilibrio esterno, hanno il potere di ristabilire l’equilibrio interno, alcune per esempio restituendo al corpo il calore o la compattezza, altre di drenare l’eccesso di umidità. Ripresi da Aristotele i quattro elementi giunsero fino al Rinascimento, in realtà già Ippocrate corresse i quattro elementi giudicandoli insufficienti e introdusse il concetto di umori : sangue, flegma, bile 75 76 gialla e bile nera, la cui diversa proporzione determina anche il temperamento dell’individuo. La malattia insorgeva quando gli umori erano spinti o dispersi fuori fase rispetto alla costituzione naturale della persona. E poichè il corpo era la causa delle proprie malattie, poteva anche risanare se stesso mediante un processo interno di rigenerazione attingendo alla ben nota vis medicatrix naturae. Per cui Ippocrate somministrava farmaci ma consigliava anche una cura autogena volta all’autoguarigione intesa come ripristino degli equilibri generali utilizzando percorsi terapeutici sinergici, quali diete, massaggio, esercizio fisico, relax e non ultimo un atteggiamento spirituale, come del resto ritroviamo nei cinque percorsi terapeutici di Paracelso, ed anche nelle pratiche di medicina cinese: moxa, agopuntura, qi-qong, tui-na e fitoterapia. Dopo Ippocrate, con Galeno e Dioscoride il concetto di equilibrio delle energie (phisis e pneuma) all’interno del corpo privilegiò la circolazione della forza vitale più secondo modelli di tipo idraulici all’interno del corpo, visto come un meccanismo. Questa concezione più pragmatica ereditata dagli arabi Averroè e Avicenna, fu tradotta nel Rinascimento europeo e diede impulso alla moderna medicina fin dalla prestigiosa scuola di Salerno. Ma la scissione di questa con gli elementi metafisici e vitalistici lascia all’alchimia, come abbiamo già visto, le relazioni trascendenti lo specifico dell’energia strettamente fisiologica. A latitudini opposte invece l’equilibrio fu sempre sinonimo di armonia, l’antico sistema terapeutico taoista insegnava che l’attività principale dovrebbe essere quella di stabilire l’armonia in modo da evitare la malattia, solo in secondo luogo si potevano trattare le malattie. Come per l’attuale naturopatia, l’arte di prevenire le malattie era perciò sviluppata fino ad un grado altrove ineguagliato, avendo strutturato un sistema di visualizzazione dell’energia vitale attraverso i famosi canali o meridiani. Dai medici si esigeva prima di ogni altra cosa, che conservassero la buona salute dei loro “pazienti”, e per questo venivano pagati . “Somministrare medicine per malattie che si sono già sviluppate è paragonabile al comportamento di chi comincia a scavare un pozzo dopo che gli è venuta sete, e di chi comincia a fabbricare armi dopo che la battaglia è cominciata!” Il medico cinese era, e rimane tuttora, un maestro di vita, perché salute e malattia dipendono da una adeguata o inadeguata modus vivendi. Laddove il medico occidentale è specializzato nell’esame dei sintomi patologici, il medico cinese è esperto nel valutare se esistano o meno le condizioni per l’avvento di una malattia. Egli studia le cause prime del dis-equilibrio per cui la sua sensibilità si sintonizza sulle caratteristiche e sulle qualità basilari del paziente, poiché ogni individuo è la registrazione vivente della propria 76 77 evoluzione. Ma egli deve mettere in pratica quello che predica, essere cioè lui stesso in equilibrio. Per esempio nella medicina cinese lo stato di salute di un individuo può in parte esser valutato misurando il ritmo e il tono della respirazione e raffrontandolo con il ritmo e il tono del battito cardiaco, e poiché in tempi antichi non esistevano orologi per misurare, il medico misurava la respirazione del paziente raffrontandola con la propria. Ma se il medico stesso non fosse stato completamente sano la sua respirazione sarebbe stata inadeguata, con il rischio di giudicare sano il malato e ammalato il sano. Nell’ottocento l’aver incontrato un sistema terapeutico così particolare ed efficace, stupì e affascinò molto alcuni medici e orientalisti francesi frequentatori delle corti imperiali cinese, khmer e vietnamita; tuttora tranne alcuni vaghi resoconti di gesuiti ( padre Amiot e Matteo Ricci) in missione in Cina, la M.T.C. rimase pressoché sconosciuta in Europa fino al XVIII secolo. Il primo resoconto dettagliato delle metodiche terapeutiche orientali lo si deve appunto al francese Dabry De Thiersant, ma bisogna aspettare i primi del novecento per esser pubblicato un testo sull’agopuntura da parte del sinologo non medico Souliè De Morant. Qualche anno più tardi vede la luce il primo testo medico da parte del medico militare Chamfrault, cui si deve insieme a Ung Kang Sam la traduzione dei testi base della medicina cinese il So Ouenn e il Ta Tchreng. Queste due opere compaiono tra il 1950 e il 1955 ed è a partire da queste date che un ristretto gruppo di medici francesi prende ad interessarsi a tale medicina sotto l’egida di Souliè De Morant che insieme al medico Leriche cominciano a sperimentare in strutture ospedaliere pubbliche francesi. I primi successi terapeutici dei dottori: Martiny, Feyrerolles, Koubesserian, Labrousse e De La Fuye sorprendono il pubblico. Compaiono in seguito le opere di Niboyet, Goux e Nguyen Van Nghi, tuttavia l’ostilità del mondo accademico sarà feroce verso questa forma di medicina che cura con le forze immaginarie tra il cielo e la terra, ciò nonostante cominciarono a sorgere le prime società di agopuntura solo rivolte ai medici. I primi lavori volti a ricercare le modalità di funzionamento dell’agopuntura vedono coinvolti nel 1948 il medico tedesco Cantoni e l’ingegnere francese Dumortier che con un piccolo ohmmetro ricercarono la bassa resistenza all’elettricità dei punti dell’agopuntura. In seguito il metodo fu perfezionato dalle ricerche di Grall e Brunet e da allora i punti cinesi uscirono dall’ombra per divenire entità elettriche. Nel 1967 grazie ai lavori del professor Becher dell’università americana di Syracuse e del dottor Cantoni del laboratorio di medicina aerospaziale ci si rende conto che delle linee isopotenziali solcano il corpo umano, proprio dove passano i meridiani dell’agopuntura. Alla Francia va dato il merito d’ esser stata protagonista di feconde 77 78 collaborazioni interdisciplinari tra filosofia, medicina e psicologia di cui una straordinaria figura di spicco è Claude Larre, fondatore dell’istituto M. Ricci. Larre è nato nel 1919 e, divenuto gesuita, si è laureato in lettere per divenire un eminente filosofo e sinologo presso l’università di Parigi, dopo aver studiato il cinese a Pechino e Shanghai tra il 1947 e il 1956 (gli anni più difficili della rivoluzione maoista). Viene poi mandato in Vietnam come direttore della scuola dei gesuiti e a ricoprire la cattedra di filosofia dell’università di Saigon; la sua opera principale Les Chinois, lo pone tra i più eminenti sinologi viventi, insieme a quella di Marcel Granet: La pensée chinoise ( tr. It.: Il pensiero cinese). Nel 1966 torna a Parigi e nel 1971 fonda l’Istituto Ricci per gli studi sinologici, e con il dottor Jean Schatz fonda la Scuola Europea di Agopuntura, attualmente oltre a tenere corsi e seminari in tutto il mondo sulla filosofia taoista e la M.T.C. è impegnato nella pubblicazione del Grande Dizionario Enciclopedico Ricci della lingua cinese, che è un ampliamento del procedente dizionario Cinese-Francese, già pubblicato dall’Istituto nel 1976. La fucina culturale che è l’Istituto Ricci vede l’affermazione di un’ altra sinologa: Elisabeth Rochat de la Vallée (Parigi 1949), che dopo aver appreso il cinese all’istituto di lingue di Xhinzhu di Taiwan, dal 1976 inizia a collaborare con Larre e Schatz all’Istituto Ricci. Oltre a tenere corsi su filosofia e medicina cinesi in particolare sui testi canone: Zhuang Zi e Huangdi Neijing , insegna alla facoltà di medicina di Nantes nel quadro del Diploma Interuniversitario di Agopuntura. Senza ombra di dubbio si può affermare che per avere un’ ottima preparazione e comprensione della M.T.C. sarebbe auspicabile aver letto due testi scritti insieme dai tre ricercatori dell’Istituto Ricci, che sono: Apercus de medicine chinoise traditionelle, Maisonneuve, Paris,1979 ( tr. it.: Agopuntura, Giunti, Fi., 1987) e Les énergies du corps (Ed. So-Wen, Milano, 1979). Una menzione a parte merita invece il testo scritto da Rochat de la Vallee insieme a Larre dal titolo: Les mouvements du coeur 50 nel quale gli autori commentano dal Lingshu (il Classico degli aghi oppure detto Perno spirituale ) l’ottavo capitolo: il Ben Shen letteralmente “Radicarsi agli spiriti” . Il Perno spirituale del Lingshu rappresenta il cardine di una porta che permette l’apertura e la chiusura regolata e alternata come avviene per una porta custodita. Quello che deve transitarvi è l’influsso celeste che entra ed esce nell’uomo, regolarmente donato e distribuito proprio con meccanismi di apertura e chiusura. Lo scopo della vita per l’uomo, secondo il Lingshu, è quello di mantenere presso di sè gli “spiriti” portatori degli influssi celesti, permettendone la relazione con il Cielo tramite gli stessi spiriti (Hun, Po, 50 Traduzione italiana: Dal Huangdi Neijing Lingshu: la psiche nella tradizione cinese, Jaca Book, 1993. 78 79 Yi, Xin e Zhi, rispettivamente insediati in ognuno degli organi dei cinque elementi). Significativamente il nome dell’ottavo capitolo: Ben Shen, vuol dire appunto radicarsi agli spiriti e il testo si divide in due parti. Nella prima Huangdi pone due domande a Qi Bo, la prima: se l’uomo generato dalla virtù del Cielo, si svii dal retto cammino per colpa sua o per colpa del Cielo. La seconda è una richiesta di spiegazioni sulle “Tredici Istanze” che portano al Saper fare: viene in questo modo spiegato per gradi successivi come tredici istanze, ciascuna in modo specifico conducano l’uomo alla realizazzione di sè. Ed è chiaro che gli autori affrontano il tema della psicologia ( come scienza del comportamento) cinese, legandola inevitabilmente alla sfera dell’anima o se vogliamo dei soffi spirituali. Non può esser possibile in questo caso parlare di psicologia come è intesa in occidente, potremmo definirla invece psico-spiritualità, e siccome sappiamo che gli spiriti influenzano anche il corpo tramite i meridiani degli organi e dei visceri il termine giusto è spirito-psico-somatica. Tale è la M.T.C. e tale abbiamo visto esser la naturopatia. Non si stancano di ripetere gli autori francesi che non è possibile praticare la M.T.C. senza questa cornice teorica e pratica. Tornando ai cinque spiriti essi albergano nei cinque organi (zang) che contraddistinguono i cinque elementi nel corpo umano (fluttuandovi) e se sono intrappolati o se non riescono ad entrare ciò è causa di malattie. L’entrare e l’uscire nel corpo è paragonabile alla funzione delle cerniere tra il macrocosmo esterno e il microcosmo interno. Viene ristabilita così quella continuità tra salute psico-fisica e salute spirituale, basata sulla capacità dell’uomo di adeguarsi (inevitabilmente) alle leggi che lo legano all’universo in un equilibrio armonico, e non soltanto all’efficienza della costituzione fisica o ad un comportamento rispettoso della morale sociale corrente in cui è immerso. L’essere umano non é immerso nella natura per una sua concezione filosofica, esso vi é parte a priori, che lo voglia o no, tutti i suoi tentativi per trascendere questa verità e ostinarsi che fa parte solo di un sistema culturale e sostituire la natura con la civiltà , sono una pia illusione. L’universo così come é non è una nostra invenzione come può esserlo la cultura, esso sempre viene prima di noi e sempre sarà anche dopo di noi, nonostante i nostri sforzi o deliri di onnipotente autosufficienza culturale vogliano negare. Quello che la cultura occidentale vuol proporre é in realtà un progresso dell’Io, che nella sua accezzione più egocentrica della realta’ non vuole più neppure riconoscere altre dimensioni che lo supportano; quello attuale é oramai un uomo totalmente governato da questa porzione della psiche. Come afferma il sinologo Alan Watts: l’Io oramai in Occidente é una entità, immaginabile tra le orecchie e dietro gli occhi, contenuto in una sacca di pelle: il corpo, quest’ ultimo totalmente subordinato 79 80 alla psiche. 51 Le leggi dell’universo, dalla sua formazione al suo funzionamento sono contenute e descritte nel testo taoista cinese: I Ching il “Libro dei Mutamenti”, del quale dobbiamo la migliore traduzione al sinologo tedesco Richard Wilhelm, e preme anche assolutamente ricordare che dobbiamo all’appassionato interessamento dello psicanalista C. G. Jung se esso fu enormemente diffuso in occidente. Memorabile è la prefazione al testo con cui Jung presenta all’Occidente questo testo, che ne fa un vanto della ricerca mitteleuropea germanica, tuttavia é sempre a monaci e sinologi francesi che va il merito di aver tentato nei secoli di introdurre in Europa il Libro dei mutamenti. 52 A Jung va riconosciuto di aver introdotto nella psicoanalisi tutto un mondo energetico che va oltre le forze libidiche e la predominanza degli impulsi sessuali della visione freudiana, egli recuperando tutto il patrimonio filosofico occidentale con accento gnostico e neoplatonico pone al centro e motore della psiche il concetto di individuazione dell’uomo come di un percorso di consapevolezza e maturazione che coinvolge progressivamente con le età della vita il corpo, la mente e lo spirito alla ricerca alchimisticamente individuale della Via che conduce all’essenza, pur con gli strumenti forniti all’uomo ovunque da sempre e per sempre dalla natura come immagini indelebili quali sono quelle che lui definisce gli archetipi. Come sappiamo, Jung pone gli archetipi in un più ampio modello di inconscio, rispetto a quello istintuale di Freud, che chiamera’: Inconscio collettivo , situato in un livello intermedio tra la coscienza limitata dell’Io e la coscienza cosmica. Come se l’uomo non potesse accedere altrimenti a Dio se non nella forma indiretta delle immagini, che si fanno idee , attraverso l’esperienza che l’uomo fa della natura. La natura vive in una danza di polarità, anzi di opposti complementari: che a partire da quelli più eclatanti quali il luminoso e caldo sole del giorno e l’oscura e fredda luna della notte possono essere racchiusi in due macro-categorie: tutto ciò che è maschile oppure femminile e che Jung ravvisò esattamente funzionale, come nella visione taoista dello yin e dello yang contenuta chiaramente a partire dall’antichissimo libro dell’I Ching. Noi sappiamo che questi concetti, come del Sè e dell’influenza del simbolo sulla psiche umana li aveva espressi anche Groddeck, ma l’enorme prestigio e autorevolezza 51 A. Watts: Il Tao della filosofia, Red ed., Cap. II: Il mito dell’Io. In ordine cronologico l’I Ching fu scoperto in Cina da Matteo Ricci nel 1582, la prima pubblicazione il latino fu del gesuita francese Nicolas Trigault nel 1626, Joachim Bouvet (1659-1730) scrisse due testi: “Principio generale sullo studio dell’I Ching” e “Riassunto dell’I Ching” paragonandolo alle opere di Platone e Aristotele, la prima traduzione abbastanza affidabile fu del J.B. Regis nel 1834: “Y Culture of fear: Risk taking and the Moralità of Low Expectation, London, Cassel King antiquissimus sinarum liber” riprendendo però una traduzione in francese del 1750 del gesuita francese Antonius Goubil. Nella seconda metà del 1800 l’inglese James Legge pubblica la prima traduzione corretta del testo che comincia a essere diffuso in Europa , ma quella del 1924 del sinologo tedesco R. Wilhelm è quella universalmente riconosciuta come la migliore. 52 80 81 che ha avuto Jung , insieme all’influenza della psicoanalisi, sulla società del novecento hanno oscurato e relegato a fenomeno di nicchia e di ristretti e isolati circoli le idee e i fermenti di quella che solo oggi chiamiamo naturopatia. Del resto che cosa sarebbe stata la naturopatia senza quel volano di diffusione che è stato il movimento della New Age, cui le idee romantiche di Jung, hanno suo malgrado, contribuito a far nascere alla fine degli anni sessanta. Chi altri se non Jung ha potuto rendere addirittura popolari concetti quali la Sincronicità: il fenomeno dei nessi acausali e della Coincidentia oppositorum nell’interconnessione di misteriose forze parallele tra il cosmo e l’individuo e tra lo spazio e il tempo 53. Chi se non Jung che ci ha reso comprensibili con i suoi saggi i testi: del Bardo Thodol, del Mistero del Fiore d’ oro e dell’I Ching e ha potuto edificare un ponte così solido e maestoso tra la cultura e le religioni dell’Oriente e la civiltà occidentale, tanto che oggi maneggiamo con disinvoltura mandala, consultiamo con serietà scientifica oracoli e sappiamo finalmente cosa è stato quel mistero secolare che è stata la nostra alchimia occidentale. Ha dato più dignità a queste cose Jung (suo malgrado) e gli junghiani poi, di quanto avesse potuto fare la naturopatia da sola e per questo i naturopati considerano Jung un mito anche per loro e un ponte per il dialogo proficuo con quella parte più sensibile della psicologia che definiamo umanistica che da Jung porta a Fromm e a Hillman. Concludendo questo paragrafo sulla naturopatia francese e riallacciandoci alle concordanze tra aspetti del macro-cosmo nei micro-cosmi, non possiamo render merito a questo paese se non parliamo anche dell’impulso che alcuni suoi esponenti hanno dato alle riflessologie, in particolare la riflessologia auricolare. Per riflessologia si intende la proiezione somatotopica dell’intero schema corporeo umano in particolari zone concentrate del corpo che lo riproducono fedelmente in piccolo, secondo il ben noto principio alchemico: così in alto così in basso e così nel macro dell’universo così nel micro dell’atomismo. Del resto l’uomo e con sè tutte le singole altre creature cosa sono in realtà se non altrettanti micro-specchi della grande natura: non abbiamo sempre creduto di essere stati fatti a immagine somiglianza di Dio! Non sembrerà così strano se in molte culture anche lo stesso quadro karmico dell’individuo si è creduto di poter leggere concentrato nel palmo della mano, sulla fronte o come per gli etruschi su un fegato. Le somatotopie che ci interessano dal punto di vista terapeutico si trovano in tutte le zone del corpo ad elevata sensorialità: sull’orecchio 53 Sincronicity è stato anche il titolo di una famosa canzone che il popolare gruppo rock inglese The Police ha dedicato all’opera di Jung. 81 82 (auricoloterapia), sul naso (rinoterapia), sull’occhio (iridologia), sulla lingua, sulle mani e sui piedi. In queste zone sono proiettate delle carte geografiche che riproducono l’homunculus che ritroviamo anche nelle zone di proiezione della corteccia cerebrale, nella zona motoria prerolandica e nella zona sensoriale parietale ascendente. Le mappe agevolano il compito di indirizzare la diagnostica e la terapia stimolante, guidando nella scelta dei punti più opportuni e funzionano come terminali che ricevono una gamma di stimolazioni esterne (luce, calore, pressione, elettromagnetismo) e di segnali interni (stato funzionale degli organi e loro carica energetica); perciò sono utilizzabili sia per approfondire la conoscenza sullo stato di salute in un determinato momento, sia per individuare le cure opportune. 82 83 Illustrazioni di varie mappe somatotopiche Noi prenderemo in esame solo la storia dell’auricoloterapia poichè in essa, come nelle altre, possiamo rilevare l’evoluzione dei concetti che caratterizzano la naturopatia moderna: i suoi miti e le sue mete. L’orecchio fu preso già in esame nel già citato Libro canone di medicina dell’Imperatore Giallo ( Huangdi Nei Jing ) più di duemila anni fa, il primo medico cinese specializzatosi nell’auricoloterapia fu Pian Que (400-310 a.C.) che fu anche il padre della sfigmologia ( studio diagnostico dei polsi). In seguto le stimolazioni del padiglione auricolare, utilizzate per influenzare il decorso delle malattie, furono molto utilizzate sotto la dinastia Tang (618-907 d.C.); tuttavia stranamente in seguito cadde un pò in disuso nella stessa Cina, per esser poi riscoperta nella Repubblica Popolare solo in seguito alla sua riscoperta aggiornata da parte del francese P. Nogier, come si vedrà. Comunque secondo la M.T.C. l’orecchio è considerato l’orifizio dei reni, è soggetto quindi all’azione dell’energia ancestrale localizzata nei reni considerati il saggio ancestrale, espressione per ciò che noi intendiamo come trasmissione dei caratteri ereditari. Oltre ai cinesi, anche gli egizi la praticavano, ne abbiamo conoscenza perchè Ippocrate ne parla nel suo trattato: Le arie, le acque e i laghi, scritto dopo un suo viaggio in Egitto. Dobbiamo però attendere il 1637, quando il medico portoghese Zacutus Lusitanus lasciò documentati rapporti sull’utilità di cauterizzazioni auricolari in caso di sciatica. Successivamente, nel 1717, Valsalva accenna alle cauterizzazioni sull’orecchio nel suo De aura humana tractatus, e più tardi, nel 1810 gli italiani Ignazio Colla e Cecconi fecero importanti osservazioni in merito all’auricoloterapia. Dal 1850 fino al 1950 le sperimentazioni sono ancora alla fase non sistematica, lasciate all’intuizione di pochi, senza seguito nel mondo scientifico, tra cui il medico corso Lucciani e M. Malgaigne, fino a quando nella seconda metà del Novecento l’auricoloterapia irrompe sulla scena francese e poi mondiale grazie agli studi di P. F. M. Nogier e R.J. Bourdiol. In particolare a Nogier è dovuta l’intuizione di sovrapporre all’orecchio l’immagine coincidente di un feto rovesciato, evidenziandone la formazione dei tre foglietti embrionali da cui il feto deriva (ectoderma , mesoderma e endoderma). 83 84 Mappa auricolare secondo Nogier Mappa cinese Par. B: La naturopatia in Gran Bretagna e negli U.S.A. La floriterapia da Bach a Kramer e Orozco. Henry Lindlahr (1862-1924), è considerato un padre acquisito della naturopatia americana, giacchè: nato in Germania, emigrò ben presto in America dove si dedicò al commercio. Purtroppo la salute andò peggiorando, per via di un diabete, ma in quel periodo leggendo le teorie sulla corretta alimentazione contenute nel libro di Kuhne, La nuova scienza della guarigione, cominciò a seguirne il regime, migliorando decisamente il suo stato di salute. Decise allora di recarsi in Europa, dove consultò Kneipp. Entusiasta di queste esperienze, seppur già in etaà avanzata, tornato in America decise di diffondere le pratiche naturopatiche negli States, dove non erano conosciute affatto. Nel 1902, sostenne con successo l’esame d’ abilitazione ad esercitare come dottore in medicina naturale nell’Illinois. Nel 1904 si laureò in medicina e iniziò la professione di nutrizionista. Per far eseguire correttamente le sue diete e controllare costantemente i pazienti fondò una casa 84 85 di cura, che chiamò Lindlahr sanitarium for Nature Cure and Osteopathy .Come per tutti i medici naturopati europei, la malattia cronica era causata dall’accumulo di sostanze tossiche e velenose nell’organismo e il cosiddetto disturbo acuto era il risultato dello sforzo di guarigione interno che stava compiendo la natura. Inoltre secondo Lindlahr , tutti i disturbi si manifesterebbero prima in forma acuta per diventare poi cronica, come risultato della soppressione dell’acuto da parte della medicina ortodossa: “Se i disturbi acuti fossero trattati in modo naturale, non ci sarebbero disturbi cronici da curare”. Nella sua terapia per il Ritorno alla natura , basilare fu il concetto di dieta naturale, utilizzando il cibo come farmaco, limitando fortemente l’uso di grassi animali e sostenendo la cucina vegetariana. Lindlahr fu il primo a scoprire le intolleranze alimentari, e il digiuno terapeutico durante le Healing crisis. Centrali nelle sue pratiche rimanevano comunque: l’idroterapia, l’iridologia, l’elettroterapia, la cromoterapia, il massaggio e l’osteopatia. Oltre alla casa di cura, l’importanza di Lindlahr è legata alla fondazione nel 1922 della scuola per l’insegnamento della Naturopatia: il Lindlahr Health Institute di Chicago, tuttora operativa. Un’ altro tedesco, Benedict Lust (1872-1945), trasferitosi negli U.S.A. nel 1892, fu predestinato anch’ egli da una malattia, che curò con successo in Europa da S. Kneipp, ad intraprendere la carriera di naturopata. Nel 1896 divenne il rappresentante ufficiale di Kneipp in America, nel 1902 diresse la rivista The Naturopath, fondò un centro di cure naturali e un college per l’insegnamento. Egli definì la naturopatia: “ Una scuola terapeutica distinta, che opera attraverso il potere delle forze naturali quali acqua, aria, luce, sole, terra, erbe, elettricita’, magnetismo, esercizio, riposo, dieta; varie modalita’ manuali, ovvero massaggio, osteopatia, chiropratica, non che la scienza morale e mentale”. Lust nella sua scuola e nei suoi cottage di cura che chiamò Jungborn, promosse l’insegnamento dello yoga in America, e questo fatto è importantissimo perché segna l’inizio della contaminazione delle discipline orientali nella naturopatia occidentale, che porterà poi in America all’avvento del fenomeno, divenuto poi mondiale della New Age, con la grande diffusione delle medicine tradizionali cinese e ayurvedica. Tuttavia le vere origini della naturopatia gli americani le debbono ai nativi e ai loro men-medicine, che avevano sviluppato notevoli conoscenze delle loro locali erbe, apprezzatissimi dall’esercito americano quanto disprezzati dall’ordine dei medici come al solito. Gli indiani iniziarono i primi coloni bianchi all’uso di molte erbe curative: cimicifuga e cohosc blu, viburno, eupatoria, cascara sagrada, la preziosissima echinacea, lobelia, salsapariglia, mahonia, pruno della Virginia e amamelide, sono tuttora fra le più 85 86 importanti erbe dell’erboristeria attuale ormai globalizzata. Il primo naturopata di rilievo americano infatti studiò erboristeria con dei guaritori indiani, ci riferiamo a Samuel Thomson (1760-1843) nato ad Alstead nel New Hampshire. Nel 1800 sua figlia si ammalò gravemente, insicuro delle proprie capacità (non era un medico infatti) chiamò un medico che le diagnosticò un male incurabile. Allora decise di curarla con le erbe e con i bagni bollenti, ispirato dalla pratica indiana delle tende da sauna. Guarita la figlia ben presto si dichiarò medico, continuando a detestare i medici “regolari” che si affidavano a lassativi, salassi e preparazioni mercuriali. La sua erba preferita era la lobelia o tabacco indiano, che in quantità elevate causa vomito. Nel 1809 Thomson fu arrestato per omicidio in seguito a presunta somministrazione di elevata dose di lobelia. Fu però assolto per mancanza di prove sulla tossicità della lobelia. Dopo l’assoluzione di Thomson, i medici regolari del New Hampshire continuarono a considerarlo una minaccia, ed esercitarono le loro pressioni affinché fosse diffidato dal praticare la medicina in quello stato. Ma fu allora che la notorietà di Thomson assunse portata nazionale, infatti nel 1839, al culmine della sua popolarità, si riteneva che la metà della popolazione dell’Ohio praticava la sua fitoterapia. Alla sua morte nel 1843, sulla base del suo sistema terapeutico si erano formati molti naturopati tra cui ne ricordiamo uno: John Kellog di Battle Creek nel Michigan, che inventò il primo alimento dietetico americano, il fiocco di granturco (cornflake) e fondò la Kellog cereali. Tuttavia la medicina thomsoniana fu largamente sostituita poi dall’omeopatia e dall’erboristeria eclettica. Però ancora nel 1820 un gruppo di terapeuti thomsoniani formatisi con gli indiani e dei medici regolari pentiti crearono la Reformed Medical Society, con lo scopo di promuovere tale medicina largamente ancora erboristica. Nel 1830 l’associazione riunitasi a New York decise di fondare una sua scuola medica riformata. Ne fondarono poi un’ altra a Cincinnati nell’Ohio (Eclectic Medical Institute), più vicini alla grande frontiera con gli indiani, dove era popolarissima e definirorono il loro approccio all’erboristeria eclettico, che combinava le tradizioni europea, asiatica, indina e slava, e fu la prima scola di medicina americana ad ammettere le donne. Gli eclettici erano erboristi con una impostazione scientifica, essi conducevano esperimenti sulle erbe, le analizzavano dal punto di vista chimico, estraevano i loro principi attivi, pubblicavano le loro ricerche in riviste scientifiche ed ebbero un ruolo di primo piano nelle prime industrie farmaceutiche. Gli anni tra il 1880 e il 1900 segnarono l’apogeo della medicina eclettica, con circa 8000 medici aderenti. La popolarità degli eclettici, tuttavia, prese a declinare nel XX secolo finchè nel 1939 l’istituto laureò la sua ultima classe. L’eredità degli eclettici sopravvive 86 87 ancora oggi nei programmi di medicina erboristica delle due scuole nazionali americane di naturopatia: il National College of Naturophatic Medicine of Portland (Oregon), e il John Bastir College di Seattle, (Washington). La naturopatia inglese invece, vanta sicuramente tre personaggi di fama : James Thomson, Stanley Lief e Eduard Bach padre della floriterapia da lui scoperta. Thomson nacque in Scozia nel 1887, la sua adolescenza fu minata dalla tubercolosi, arrivando fino al punto di arrivare ad una prognosi di tre mesi di vita. Fortemente determinato andò a curarsi in Michigan, nella clinica naturopatica di B. Macfadden, dove per la prima volta veniva praticata l’idrocolonterapia insieme alla digiunoterapia. Conobbe poi Lindlahr, per conto del quale per un certo periodo diresse la sua clinica, in seguito si dedicò solo alla libera professione. Nel 1921 ritornò in Scozia, dove fondò una rivista, che chiamò Rude Health (Salute grezza), e dove importò la prima lampada al mercurio a vapore per la terapia dei raggi ultravioletti. Nel 1913 Thomson fondò la Edimburgh School of Natural Therapeutics (Scuola di terapie naturali di Edimburgo). Nel 1927, dopo aver fondato insieme a Lief l’Associazione di terapie naturali, aprì quello che di fatto divenne il primo ordine professionale dei naturopati inglesi: la Society of Registered Naturopaths. Stanley Lief nacque in Lituania (1891-1963), ma si trasferì presto con la famiglia in Sudafrica. Era anche egli di salute cagionevole, per cui divenne sensibile al mondo della medicina, soprattutto quando osservava i nativi che si curavano con forme di digiuno terapeutico. Informatosi delle terapie sul digiuno dalla rivista di Macfadden si trasferi in America, dove studiò naturopatia. Trasferitosi ancora in Inghilterra, diresse a Brighton un centro di salute Macfadden. Dopo la guerra aprì un suo centro nei pressi di Londra. Lief credeva nel potere terapeutico della febbre, che se guidata, poteva purificare lì organismo e ciò era possibile seguendo cinque strategie: digiuno, regolarità intestinale, bagni caldi, aria fresca e riposo. Nel 1938 riuscì ad aprire un college di naturopatia, tuttora funzionante, il Brithish College of Naturopathy and Ostheopathy, i cui corsi sono parte dell’ordinamento della London Westminster University . La sua casa di cura di Champneys continuò ad operare anche dopo la sua morte nel 1963, ma chiuse nel 1972, e fu trasformata in un Centro di salute che funzionava secondo i principi di medicina preventiva. Come abbiamo visto molti degli autori presi in considerazione, sono stati importanti perloppiù perchè hanno fatto evolvere la naturopatia nella teoria e nella pratica. Solo le idee di alcuni di essi però sono sopravvissute al tempo e rimaste attuali, tra i quali potremmo citare sicuramente Hahnemann, Kneipp, Steiner e Bach; ciò è dovuto soprattutto al fatto i loro insegnamenti 87 88 sono stati tenuti vivi, diffusi e perfezionati nel tempo da una struttura di allievi validi diffusa in tutto il mondo , come vedremo nel caso della diffusissima e attualissima floriterapia del dr. Bach. La biografia di Edward Bach ci permette di evidenziare alcune costanti , già viste in altri naturopati, necessarie per poter acquisire quella particolare sensibilità tipicamente diversa da quella del medico. Ci riferiamo all’aver fatto esperienza della patologia in età infantile e adolescenziale, all’aver visto le difficoltà dei ceti meno abbienti a fruire di cure complete da parte dello stato o dalla classe medica, e all’aver intuito che l’essere umano non ha bisogno solo di medicine per prendersi cura dei suoi stati patologici ma magari anche di un sostegno spirituale (parliamo di un epoca dove la psicoanalisi ancora non si conosceva), e infine l’aspirazione di trovare un sistema semplice di diagnosi e cura per riequilibrare se stessi con la natura. Edward Bach nasce a Moseley , nei pressi di Birmingham, nel 1866, primo di tre figli. Nonostante la sua costituzione fisica delicata, il giovane Bach già ebbe modo di riflettere confrontarsi con la condizione umana, facendo l’apprendista nella fonderia di ottone che la sua famiglia gestiva. L’osservazione delle malattie fisiche e dei conseguenti conflitti psicologici e spirituali tra i suoi operai che non potevano permettersi una assistenza medica adeguata e il desiderio di aiutarli ad aiutare se stessi furono il punto di partenza della sua attività futura di medico e naturopata. Tra il 1906 e il 1913 si laurea in medicina prende l’abilitazione all’esercizio medico, diviene responsabile del pronto soccorso dell’ospedale dell’University College, in seguito assistente del reparto di batteriologia e immunologia. Grazie a questa attività riconosce le connessioni tra i ceppi batteriologici nell’intestino umano e la comparsa delle malattie croniche e comincia a preparare una serie di vaccini da ceppi batterici intestinali. Nel 1922, in seguito a gravi problemi di salute, viene operato per un tumore alla milza, ma purtroppo con una prognosi di tre mesi di vita. Tuttavia fortemente in sintonia con il suo destino, vivrà ancora altri ventiquattro anni , fermamente convinto di dover continuare le sue originali ricerche. Nel 1918 passa dalla medicina allopatica a quella omeopatica lavorando presso il London Homeopathic Hospital, dove ipotizza che la tossiemia intestinale da lui osservata sia identica al concetto di psora di Hahnemann . Continua a preparare vaccini come nosodi omeopatici, i cosiddetti nosodi di Bach, che egli classifica in sette gruppi a seconda della fermentazione sullo zucchero. Dopo aver trattato con successo centinaia di pazienti, Bach comincia ad associare ogni ceppo batterico a un determinato stato d’ animo, intuizione che fa di lui un autentico padre della psicosomatica. Il suo vero obiettivo sara quello di arrivare ad emettere diagnosi esclusivamente in base alle caratteristiche emotive e 88 89 temperamentali. Dal 1920 al 1930 a Londra apre un laboratorio a Crescent Park, uno studio in Harley Street e un consultorio per bisognosi a Nottingham Place. L’osservazione approfondita delle componenti psichiche porta al riconoscimento intuitivo di determinate tipologie spirituali e modalita’ di reazione della natura umana: Bach ipotizza che gli uomini reagiscano alla comparsa delle malattie, a seconda della loro appartenenza a queste tipologie, in modo sempre uguale o perlomeno simile. Comincia a testare in modo omeopatico tre piante: Impatient, Mimulus e Clematis. Nel 1930, all’apice della sua carriera di medico omeopata, Bach decide di vendere il suo studio londinese per dedicarsi completamente allo studio dei diversi tipi di personalità e alla ricerca delle corrispondenti piante curative. Si trasferì quindi nell’intatto paesaggio del natio Galles, dove insieme alla sua assistente Nora Weeks comincia a scoprire dapprima quelle piante che chiama i dodici guaritori: dodici tipologie psicologiche anche corrispondenti alle caratteristiche psicologiche dei 12 segni zodiacali, poi i quattro aiutanti e in seguito i restanti ventidue degli ormai famosi fiori di Bach. Abbandona anche il procedimento d’ estrazione omeopatico per postulare il nuovo metodo del sole; la formulazione del metodo da lui scoperto viene contenuta con una semplicità unica nel testo da lui scritto: Guarisci te stesso. Il metodo vuole che l’energia dei fiori raccolta nella rugiada del primo mattino passi attraverso il calore solare nell’acqua di raccolta così energizzata. Ma tale metodo era già in uso presso gli alchimisti come questa illustrazione tratta dal Mutus Liber testimonia. 89 90 L’illustrazione mostra l’operazione (alchemica) dell’estrazione della sostanza strizzando un panno intriso della rugiada primaverile: la presenza dell’ariete e del toro segni primaverili lo testimonia, il tutto all’interno delle inevitabili polarità macrocosmiche: il sole e la luna, e microcosmiche: l’uomo e la donna. Completata la serie delle essenze necessarie, a cinquant’anni nel 1936, tenne la prima conferenza a Wellinford, il 27 novembre dello stesso anno si spegne nel sonno. I suoi collaboratori: Nora Weeks e Victor Bullen continuarono il suo lavoro fino al 1978 e nominano a loro volta gli attuali amministratori e custodi dell’opera di Bach nel Bach Centre. Chiunque voglia spiegare il pensiero di Bach, rischia di commettere l’errore di 90 91 complicarlo nel tentativo di spiegare e dimostrare cose che solo la purezza dell’animo di Bach hanno concepito. E’ sufficiente infatti leggere il breve testo Guarisci te stesso per spazzare via qualunque velleità di ricondurre Bach in alvei vicini ad ambienti scientifici. Molti medici e psicologi pur attratti dal suo operato si affannano a voler dimostrare cose che solo l’esperienza delle altezze spirituali possono far comprendere. La semplicità di Bach è veramente disarmante, egli esprime il linguaggio della natura e delle emozioni. Invece assistiamo oggi, per effetto della grande moda della floriterapia, a un proliferare di medici e psicologi che vogliono inquadrare per forza i fiori rigidamente in specifiche patologie. Dimenticano essi, semmai l’avessero letto il motto di Bach: “ Guarisci l’individuo e non la malattia” Riproporre il seguente passo sul concetto di malattia, tratto dall’opera Guarisci te stesso, ci permetterà di non aggiungere altro alla comprensione piu’ profonda della floriterapia di Bach. “La malattia non potra’ mai essere curata ne alleviata con i metodi materiali finora adottati perche’ la sua origine non risiede nel materiale. Infatti cio’ che definiamo malattia è solo il risultato finale, a livello organico, dell’azione bloccante di forze interne profonde. Anche quando una cura materiale da in apparenza dei buoni risultati, la sua azione non sara’ che di sollievo momentaneo se non verranno identificate ed eliminate le vere cause. L’attuale tendenza della scienza medica ha enormemente aumentato la potenza della malattia, perche’ ha erroneamente interpretato la sua vera essenza e l’ha ridotta a manifestazioni organiche percepibili solo materialmente. Dato che quindi viene distolta l’attenzione dalle vere cause della malattia, non vengono neanche intrapresi adeguati sforzi per eliminarle. Limitandosi a considerare la malattia in modo meramente organico viene diminuita la speranza di una guarigione definitiva, e anzi viene creato un eccessivo potenziale di paura della malattia. Poiche’ la malattia è per essenza il risultato di un conflitto tra il nostro Io Superiore e la nostra personalita’ verra’ veramente e definitivamente sbaragliata solo attraverso uno sforzo mentale e spirituale. Cure dirette esclusivamente alla sfera organica possono dare come esito solo un’ aggiustamento superficiale del danno, ma non la guarigione, poiche’ le cause della malattia permangono e possono tornare a manifestarsi in qualsiasi momento. Una guarigione apparente puo’ addirittura essere dannosa, poiché nasconde alla vista la vera causa della malattia. E mentre il paziente è felice della salute apparentemente ritrovata, la causa della malattia, non considerata, puo’ aggravarsi”. Secondo Bach il naturopata del futuro saprà di non possedere di per sé la forza guaritrice, ma se dedicherà la sua vita al servizio del suo prossimo e studierà la natura umana così a fondo da comprenderne almeno il senso, gli si potrà svelare la vera sapienza che sola può guarire le persone. Comprenderà che la salute, così come la vita, proviene da Dio come affermava Paracelso; il medico, infatti, e i mezzi di cui dispone sono solo strumenti del piano divino, o del Sé come direbbe Groddeck, e servono a riportare il 91 92 malato nell’ordine della legge universale. Le terapie dovranno trasmettere al malato essenzialmente la fede e la speranza di una Via trascendente alla guarigione intesa come via di salvezza per non persistere nella confusione e nel disordine dell’ignoranza e del dolore. Una via tutta particolare è stata quella intrapresa dal tedesco Dietmar Kramer, al quale va riconosciuto il merito di aver formulato un ambizioso piano teorico per la floriterapia, fondendo la visione energetica della medicina tradizionale cinese e la visione spirituale della naturopatia con la psico-dinamica della moderna psicologia. Ne risulta di conseguenza una nuova logica terapeutica che coinvolge l’agopuntura, la cromoterapia e l’astrologia come egli spiega nei suoi tre volumi che compongono il suo testo base: Nuove Terapie con i Fiori di Bach. Kramer nasce in Germania nel 1957, il suo rapporto con l’essere umano emerge fin da giovane con potenti doti di sensitività. Pur avendo intrapreso un corso di fisica, lo abbandonò desideroso di aiutare il prossimo divenendo naturopata. Dal 1983 al 1989 è stato docente alle scuole di naturopatia di Wurzburg e di Francoforte. Attualmente tiene seminari sul suo metodo, e oltre al testo gia’ citato ha pubblicato nel 1989 Omeopatia. La grande originalità teorica di Kramer sta principalmente nell’aver abbinato dodici fiori di Bach: i dodici guaritori, che chiamerà: Fiori di comunicazione, con i dodici meridiani dell’agopuntura. Ai suddetti fiori ha legato i restanti in triplette creando così dodici binari, che possiamo distribuire nella ruota mandalica detta del Re Wen dei cinque movimenti-elementi. Nelle tabelle seguenti si possono vedere le corrispondenze tra i fiori e i binari e tra i binari e i cinque elementi. 92 93 Tabella dei binari denominati dal rispettivo fiore di comunicazione. 93 94 Relazione tra i binari e gli elementi. Queste particolari connessioni di fiori ricalcano il tracciato di percorsi psichici legati ai vissuti emotivi partendo dalle superfici più sintomatiche per arrivare alle profondità causali. Vengono così fatti risaltare con estrema precisione quei meccanismi di difesa che nascondono le vere cause e che possono governare negativamente tali percorsi o attitudini. Questi meccanismi vengono analizzati nella loro dinamica energetica di rimbalzi ciclici tra forze in conflitto di tipo yin e yang. L’originalità terapeutica sta nell’intervento su tali meccanismi, rappresentati dai fiori detti di compensazione e decompensazione, per poi approdare all’autentico stato profondo e causale dello squilibrio delle polarità. Perchè per Kramer , in perfetto accordo con l’energetica cinese, la malattia è il prodotto dello stato alterato della Via equilibrata tra le polari mutazioni dei cinque elementi, vissute all’interno e all’esterno dell’essere umano. L’interdipendenza, anzi la continuità tra ciò che chiamiamo interno ed esterno al corpo, sia in senso biologico che psicologico è il presupposto irrinunciabile per la logica del pensiero di Kramer, che da senso anche alla necessità dell’intervento astrologico. Ma questa è la vera dimostrazione di come si possa fare della moderna naturopatia, con 94 95 arricchimenti interdisciplinari, pur utilizzando teorie e strumenti antichi come il senso del destino e l’astrologia, come ci ha insegnato Paracelso e abbiamo fatto e continueremo a fare per millenni perchè questa è la nostra ricchezza (se la si vuol comprendere), sensa complessi d’ inferiorità con altre discipline, perchè diversamente non può essere concepita la Naturopatia. Kramer estrapola dai 38 fiori di Bach cinque essenze che chiamerà fiori esteriori, che determinano quegli atteggiamenti negativi dinamicamente causati da fattori esterni ( traumi, iperinfluenze, stress, situazioni fortemente responsabilizzanti), rispetto ai 33 rimanenti che chiamerà fiori interiori. I fiori esteriori che sono: Star of Bethelem, Walnut, Aspen, Elm e Gorse agiscono come gli spiriti cinesi Hun, Po, ecc. che gli corrispondono e caratterizzano l’esterno dei cinque mutamentielementi. I fiori interni sono raggruppati per triplette in binari che prendono il nome dal fiore di comunicazione. Tale fiore di base della personalità corrisponde al modo con cui facciamo esprimere le nostre qualità tra il Sé da un lato e il mondo esterno dall’altro, quali: la gioia , il coraggio, l’umiltà, la volontà, ecc. o invece reagiamo al mondo se la comunicazione con il Sé è bloccata esprimendoci con paura, confusione, indecisione, sfiducia, tristezza, ecc. Poichè queste negatività ci impongono un faticoso lavoro sulla nostra consapevolezza, ecco che spesso è più allettante illusoriamente compensare con un atteggiamento opposto, seguendo la legge dello yin e dello yang, tipo obbedienza vissuta come servilismo (fiore di comunicazione yin: Centaury), rimossa poi con ribelle animosità (fiore di compensazione yang: Holly). Se infatti la persona non ha imparato l’insegnamento dell’esperienza del fiore di comunicazione, può preferire alla consapevolezza una compensazione parzialmente efficace della sua specifica carenza. Ma un tale stato dopo aver per un pò alleviato il sintomo energetico, il disagio psicologico, muta in direzione decompensante opposta; in questo caso nel senso di colpa, (fiore di decompensazione yin: Pine) per la ribellione espressa con lo stato Holly. Poiché nessuno di questi stati esprime una vera sintonia con il Sé , qualora il destino avesse previsto per noi una vita al servizio del prossimo, tutto ciò rappresenta solo una vana e circolare fuga della persona in balia di eventi che non vivrà mai come propri e da cui sarà impegnato energeticamente a difendersene come appunto si fa con i fantasmi. Il pensiero di Kramer non va assolutamente confuso con una qualunque teoria comportamentista e relazionale, poichè la disfunzione si esprime nel comportamento e a carico dei territori corporei percorsi da meridiano corrispondente, e l’obiettivo terapeutico non si limita a un miglioramento solo sull’asse orizzontale delle relazioni interno-esterno, individuo-società, ma anche e soprattutto in quello verticale della consapevolezza Io-Sé. 95 96 Un altro buon esempio che evidenzia come un binario di fiori possa ricalcare l’azione dinamica tipica di uno stato agito da un cosiddetto meccanismo di difesa: in questo caso la negazione, può essere quello rappresentato dal binario del fiore Schlerantus. Sul mandala cinese degli elementi-movimenti, Kramer posiziona il fiore di comunicazione Schlerantus (insieme al binario di Impatient) nell’elemento Legno. Questo elemento nella M.T.C. viene chiamato il generale, perché rappresenta la capacità d’azione e la decisione rapida. Nello stato negativo Schlerantus esprime appunto l’indecisione tra possibilità anche e soprattutto opposte. Lo stallo decisionale che ne consegue ( con ricadute fisiche sui territori attraversati dal meridiano del fegato) può far emergere i meccanismi di difesa della rimozione e della negazione del problema, restringendo la realtà ad una porzione sicura e limitata ma allo stesso tempo rigidamente mantenuta. Posizione questa tipica dello stato successivo a Schlerantus determinata dal fiore di compensazione di Rock Water vissuto negativamente. In realtà il problema non tarderà molto a riemergere in tutta la sua urgenza, ricomparendo all’inizio in altri ambiti: in quello spirituale attraverso simboli onirici, in quello mentale con fobie ossessive e sul piano fisico con sintomi ipocondriaci (spesso allergie cutanee ). Queste manifestazioni ci indicano chiaramente che siamo passati allo stato del terzo fiore del binario: il fiore di decompensazione di Crabe Apple. L’oggetto così rimosso riemergerà simbolicamente come materiale inaccettabile ma apparentemente controllabile, come lo sono le fobie con i loro investimente oggettuali sulla polvere, lo sporco, gli insetti, ecc. La situazione andrà così avanti, secondo Kramer, finquando il soggetto non sarà costretto a ritornare a capo del binario, e riesaminare la problematica per far evolvere la situazione e la consapevolezza, e per evitare di rimanere invischiato nella coazione a ripetere il processo del binario. Il disturbo osservato va quindi trattato come la chiave per aprire la porta del senso del nostro destino, ma anche per evitare che l’elemento disturbato danneggi altri elementi secondo le leggi del ciclo di distruzione della M.T.C., non si tratta quindi di un intervento di psicoterapia come potrebbe apparire, ma di moderna Naturopatia. Molti psicologi e medici comunque hanno voluto intersecare la floriterapia nelle psicoterapie e molto diffusi sono i manuali diagnostici dei fiori legati alle patologie, un’ esponente molto famoso di questa tendenza meno ortodossa è il medico spagnolo Ricardo Orozco . Orozco, laureatosi in medicina nel 1982, ha scelto di seguire la strada della Naturopatia specializzandosi nella chiropratica , nello shiatzu e nella M.T.C. Occupandosi dal 1990 di floriterapia, insieme ad un gruppo di terapeuti fonda un centro: il Sedibach di Barcellona. 96 97 Ad Orozco si da il merito di aver esplorato nuovi orizzonti terapeutici con i fiori di Bach, soprattutto sull’uso esplicitamente più sintomatico dei rimedi, miscelati in creme per l’uso topico. Sulla scorta di pur stringate indicazioni terapeutiche dello stesso Bach, il quale ricordiamo preparò l’unica sua crema detta: Rescue Cream, egli prepara due nuove creme, e da le indicazioni per preparazioni personalizzate. Dobbiamo ricordare che anche Kramer ha sviluppato l’uso delle creme e delle compresse cutanee da applicare sul corpo che egli ha compreso in una mappa zonale cutanea. Anche Orozco riprende i dodici guaritori che chiama Fiori Tipo, cui fa seguire delle possibili catene di più fiori che chiama Estensioni, che possono sembrare forse più fluide delle triplette krameriane, come si potrà osservare nella seguente tabella . 97 98 Schema delle estenzioni di Orozco. 98 99 Cap. 7 LE RICERCHE SULLA SPIRITUALITA’ IN NATUROPATIA. Negli ultimi decenni del XX secolo abbiamo assistito ad un’ enorme bisogno di recupero del rapporto con il divino che ha alimentato è reso attuali perfino le più antiche ed estranee pratiche religiose e filosofiche rispetto alla nostra cultura. Si potrebbe non essere molto d’accordo nell’omologare tutti i popoli dell’occidente in una sola cultura come si tende a fare, contrapponendola a quella dell’oriente. Infatti, per quanto è vero che tutto l’occidente è variamente cristiano e quindi potrebbe recuperare le sue radici religiose senza scomodare spiritualità dell’altro emisfero orientale, tuttavia siccome è stata proprio questa la richiesta sul “mercato” delle religioni, dobbiamo ora interrogarci su più aspetti della questione, perchè il fenomeno dell’orientalismo ha investito in pieno come vedremo anche la Naturopatia. Come abbiamo detto esiste in occidente, mai come adesso, un grosso bisogno di spiritualità, alimentato (suo malgrado) da quello che ora si può identificare come l’unica, vera e certa cornice unificante di questa parte dell’umanità che è l’ideologia capitalista. E’ innegabile che con questa ideologia si è voluto perseguire un’ idea di progresso contraddistinta e motivata dalla ricerca della felicità o del benessere ricercandola nel successo economico e materiale, spendibile nell’immediato qui e ora terreno. Il guaio è che, oltre ad un’ indubbia diffusione di migliori condizioni di vita e più omogenee distribuzioni di beni e servizi alla persona, come non si era mai visto nei secoli passati, il capitalismo ha generato una perversa corsa ad alimentare senza sosta sè stesso e non più il benessere spirituale delle persone, le quali ne sono divenute inconsapevoli schiave. La necessità a questo punto di alimentare la macchina capitalistica si fonda totalmente sull’incessante competitizione fra le singole economie nazionali a produrre prodotti sempre più nuovi che devono essere assolutamente venduti, e con il profitto ricavato incrementare senza fine il meccanismo, bruciando senza sosta limiti e risorse. L’essere umano occidentale potrebbe ora vivere sicuramente con meno di quello che il mercato gli propone, ma se si accontentasse di ciò fermerebbe la corsa del cosiddetto progresso, e perciò con il consumismo è costretto a credere che i bisogni dell’economia siano i suoi unici bisogni personali (e a ricordarcelo ci pensa la pubblicità), e con l’egoismo individualista è costretto a dar sfogo al suo imposto impulso all’accumulazione di beni materiali che lo dovrebbero far sentire appagato e che scambia per libertà. Ma il prezzo pagato alla società dell’economia con il consumismo e l’individualismo non è solo 99 100 la perdita della libertà dall’attaccamento e dall’ignoranza (nel senso di smarrimento della consapevolezza), ma al dunque perdita della stessa identità umana che è fatta anche di anima, cui non si può rinunciare neanche se lo volessimo, perchè la dimensione spirituale è una insopprimibile componente strutturale di ogni singola creatura come lo è per la Natura stessa. A meno di non volerci trasformare in androidi, il perseguire questo tipo di ideologia è volto proprio a scardinare uno dei cardini della filosofia della Naturopatia, quello che vede nella coscienza del limite una qualità della saggezza umana. La vera ricchezza infatti è la liberazione dal falso , dal superfluo: dal non essenz-iale che ci distoglie e ci fa perdere tempo prezioso e vita al conseguimento del nostro vero scopo che chiamiamo destino naturale. Destino che si rivela solo trascendendo il non essenziale e dando spazio trascendentale all’essenziale che nell’universo è presente come essenza divina o appunto spirituale. L’egoismo e l’avidità volute da un Io pervaso di delirio onnipotente altro non hanno creato in quei popoli che l’hanno perseguito illusioni e miserie e malattie come sintomi di una pericolosa involuzione psicologica ( non è un caso che la psicoanalisi e la Naturopatia siano nate nella Germania che tanti dolori procurò e provò essa stessa). Per curare poi questi profondi mali non basta più poi ricercare il proprio vero destino o vocazione, alleviando l’angoscia esistenziale e la depressione con la psicologia, serve allora un disperato appello al Dio che nella sua infinita misericordia ci perdoni, ci guidi e ci salvi. Volgerci ad un orizzonte spirituale è anche un modo per sottrarci alla cultura della paura e della terapia, come teorizzato da F. Furedi, 54in cui si è cacciata la società attuale con il suo angoscioso sospetto aleggiante nell’aria, come una minacciosa spada di Damocle, tale che ogni male, anche il semplice disagio esistenziale, con la sua funzione per una sana evoluzione, è per forza patologia. In una cultura positivista che si fonda sul perfezionismo a ciò che è patologico necessariamente deve corrispondere prontamente la terapia dello specialista, del terapeuta che ci guarisce. La cultura della patologia è l’ultima forma attiva di ideologia del dominio: “Sei malato! Ti curo e ti controllo”. Proprio per questa ragione, è oggi molto difficile per il naturopata parlare di una attività rivolta a persone portatrici di problemi esistenziali senza ritrovarsi ad avere a che fare, quasi fosse un ingombrante convitato di pietra, con la psicopatologia, se appunto ogni qual volta si stia male, ipso facto si sia malati. C’è da aggiungere che oggi ormai la dimensione psicologica legata all’emozionalità dell’individualità soprassiede a tutte le altre realtà: problemi che una volta erano considerati culturali, religiosi, economici e 54 Frank Furedi,Culture of Fear: Risk Taking and the Morality of Low Expectation, London , Cassel , 1997. 100 101 educativi sono oggi ritenuti psicologici. Giustamente Furedi afferma che: “Le esperienze dolorose erano interpretate come parte di un sistema di significati delle comunità piuttosto che come sintomo di un problema emozionale individuale. Il venir meno di quel sistema di valori e del legame sociale che rendeva coesa una comunità, da un lato ha fatto perdere il senso delle esperienze di dolore e perciò la capacità di affrontarle, dall’altro ha reso più difficile per gli individui definire una propria identità; conseguentemente, sempre più persone si identificano attraverso le proprie dipendenze, sindromi e malattie fisiche. Quest’ ultimo fatto spiega perché si assista a quel paradossale fenomeno mediatico di ostentazione delle proprie fragilità, particolarmente vistoso in alcune trasmissioni televisive: mostrare ogni personale “patologia” è diventata una virtù pubblica che ha sostituito antiche qualità come l’autocontrollo, l’intelligenza, l’autonomia morale, la maturità, la responsabilità.” 55 Oggi che viviamo nell’era innaturale della cultura virtuale mediatica dove l’identità degli individui non sono lasciate al caso o alla libera scelta, ma anzi vengono subliminalmente finalizzate, manipolate e pre-confezionate, quanta angoscia e depressione quindi può dare l’esser naturalmente sani o lo star bene, se un tempo questo significava esser creativamente liberi di esprimere la nostra originalità. Non si sa più chi siamo, all’alienazione si preferisce una bella diagnosi e una terapia interminabile, abdicando: qualcuno si prenda cura di noi! Che sia medico, psichiatra o papa diteci voi come volete che viviamo! Possibile che per star bene non ci resta che star male? La spiritualità dunque non essendo stata ancora condannata dalla psicopatologia, rimane quella vetta ancora sufficientemente alta dove riparare, riparar-si guardando l’alto non inquinati da un tale basso ( compito della Naturopatia è combattere questo vero e proprio inquinamento della mente e dell’anima umana). Ecco dunque l’esplosione della domanda del sacro cui abbiamo assistito in questi anni, che ha debordato tracimando su filosofie esistenzialiste, coniugando zen e San Francesco, Buddha e Padre Pio e quant’altro compreso nel calderone sincretistico della New Age. Questa società ancora chiede disperata alla medicina ufficiale di rimettere in sesto velocemente corpi malati dallo stress e dall’inquinamento per rimettere nel circolo economico preziosi produttori e consumatori. Alla psicologia viene chiesto di rianimare menti devastate dal non-senso esistenziale, perché non ricadano con i loro comportamenti deviati come pubblico fallimento del sogno di una società candida come quella di un certo famoso “mulino bianco”. Affinchè questa domanda di spiritualità non sia una pura espressione di una regressione proiettiva su figure divine antropomorfiche (genitoriali), come lo sono state quelle delle religioni monoteiste del passato e che per questo sono condannate alla decadenza, la Naturopatia prova ad offrire puntuale il suo modello di 55 Farudi, citato da Neri Pollastri in Il pensiero e la vita, pag. 92 101 102 spiritualità più attuale e moderno e che è stato frutto delle riflessioni e delle esperienze di nostri maestri quali Steiner, Bach, Gurdijef e il grande Groddeck. Abbiamo visto che imperterrita e solitaria per tutto l’ottocento romantico la Naturopatia si ostinava a rappresentare l’essere umano non come un corpo, ne come un sistema psichico, ma come un sistema integrato tridimensionale corpo-mente-spirito, legge che tuttora è il nostro cardine. Tuttavia è sempre stato assodato, visto che lo si è sempre dato per scontato, che le tre dimensioni fossero tre facce della stessa medaglia, ossia che l’energia che anima l’universo e anima le creature nella natura, si trasformasse in tre forme funzionali autoalimentando un triangolo dinamico. Il triangolo è rappresentabile con l’archetipo della sacra unità trina, come la conosciamo nella religione cristiana, ma anche nella cultura taoista che vede l’uomo-creatura al centro tra la madre terra: l’energia materiale yin e il padre cielo: l’energia spirituale yang. In Naturopatia questo lo si da come un dato scontato perchè da sempre è considerato un assunto esperienzalmente inoppugnabile: le creature nascendo vanno in alto, invecchiando e morendo volgono al basso, seguendo un destino energetico indubbiamente fisso. Mai nessuno però aveva scandagliato le caratteristiche dei tre livelli energetici nelle loro sinapsi di collegamento e trasformazione, ai fini della diagnosi delle malattie, coinvolgendo il livello spirituale. Quest’ ultimo era stato ipotizzato sconfinando con il pensiero nel trascendentale e quindi è stato monopolizzato dalle religioni. In realtà all’inizio del novecento proprio Groddeck irrompe con una grande rivoluzione nel panorama della Naturopatia, purtroppo passata poi in ombra anzi sottrattaci dall’allora nascente psicoanalisi. A Groddeck va il merito di aver tolto un pesante velo su ciò che è il livello corporeo, sulla sua energia fondamentale: l’energia sessuale. Egli denudò il corpo da tutte le ipocrite sovrastrutture in cui la sua società puritana l’aveva costretto e castrato, scoperchiando un mondo di energie di cui si era sempre ipocritamente taciuto, facendone del corpo la casa della vergogna e proiettando sugli altri due livelli un eccesso di idealizzazione con conseguente squilibrio del sistema stesso. L’essere umano, represso il livello corporeo nella sua qualità sessuale, ha finito per rigonfiare il livello mentale identificandosi con un Io potenzialmente onnipotente tanto da illudersi con un certo positivismo prossimo alle vicinanze di Dio, compiendo una abnorme proiezione, e alterando quello che è l’umanamente spirituale: ossia l’estatica comunione d’amore con l’universo, all’interno dell’universo. Come spiegherà il personaggio dello Scrutatore d’ anime e l’autore stesso nelle lettere del Libro dell’Es , Groddeck cercherà di far voltare lo sguardo all’uomo della sua epoca facendogli prendere coscienza dell’enorme 102 103 rimozione che ha fatto subire al corpo disconoscendo l’importanza della sessualità nelle sue forme di Eros e Thanatos. E, avendo tale uomo reso la forma corporea in forma morbosa, Groddeck compirà l’operazione inversa, ridonando la consapevolezza delle dinamiche della sessualità, svelando tabù quali il rapporto edipico, la relazione madrefiglio e la masturbazione. A tal fine l’uomo smetterà di scrutare morbosamente il piccolo mondo dei suoi genitali e scruterà invece l’immensità dell’anima stessa, che egli identifica con la gioia e l’amore della e nella Natura. Ed è per questo che Groddeck farà compiere alla Naturopatia la piu’ grande delle rivoluzioni dopo millenni di staticità, ripresa e ampliata poi da S. Freud secondo gli scopi e la prospettiva della psicopatologia. Ad un suo lettore che lo criticava per l’eccessivo e pornografico peso che lui e poi Freud stesso con la psicoanalisi davano alla sessualità, Groddeck ne Lo Scrutatore d’ anime afferma che: “…..l’odio contro la psicoanalisi e contro Freud, e forse anche contro di me e miei libri, non si basa sul fatto che noi introduciamo ovunque la sessualità nella nostra concezione del mondo – poiché noi non siamo come l’uomo che sta seduto sul mondo perché esso non lo disturbi mentre è intento alla contemplazione delle bellezze femminili -, ma deriva piuttosto dal fatto che noi disturbiamo costoro che voltano le spalle al mondo per contemplare i genitali, e di questi ce ne sono milioni, li disturbiamo nel piacere segreto della loro lasciva abitudine di isolare tutto ciò che è sessuale dal resto del mondo, per guardarlo con la lente d’ ingrandimento. 56Che noi smascheriamo l’uomo del secolo diciannovesimo e affidiamo all’ilarità delle generazioni future la sua sciocca impresa, è questo che non ci viene perdonato. E perciò non ci resta altro da fare che consegnare anche noi stessi all’irrisione dei nostri contemporanei. L’insegnamento di Freud non ha nulla a che vedere con ciò che si usa chiamare erotismo, e altrettanto poco noi,……Non è stato Freud a mettere l’uomo con il di dietro voltato al mondo, sedeva già così prima che Freud venisse al mondo; non è stato Freud che ha messo in mano all’uomo la figurina e la lente d’ ingrandimento, egli gliela toglie da affettuoso maestro e con mano gentile lo volge a guardare il mondo: guarda, vedi come è grande la terra e come è piccola quella cosina che ti appare tanto importante; guardati intorno, quel pò di gioia che la sessualità ti da, la puoi trovare dappertutto. Il mondo ne è intriso. Non so se il mio avversario si sia vergognato : non gliel’ho chiesto.” 57 Il corpo, come il mondo, è intriso d’ energia sessuale: è la sua energia, che nella visione di Groddeck alimenta il livello mentale, come si configura nel secondo schema che qui viene proposto. Nel mentale l’energia si trasforma nella creazione di rappresentazioni simboliche: gli archetipi. L’uomo è la creatura più disposta a vedere la realtà del mondo come una rappresentazione di simboli, per il quale il sole, ad esempio che illuminando il mondo, alimenta con la sua chiarezza, diviene il Padre che indica la direzione dell’azione. Energia che nello spirituale, nel sacro, abbandonate le guide 56 Il riferimento è all’immagine riprodotta in copertina al testo, raffigurante un uomo seduto sul mondo cui volta le spalle , tutto intento invece ad osservare con una lente d’ ingrandimento una figurina di donna. 57 G. Groddeck: Lo scrutatore d’ anime, p. 446. 103 104 simboliche, si trasforma, si riduce all’essenza percepibile nel trasporto dell’estasi e dell’amore profondo per la natura e della natura per noi, nelle esperienze di totale comunione, svelando il senso esistenziale per antonomasia. Nel percorso causale, a ritroso di quello effettuale, siamo concordi con U. Galimberti quando afferma che la creatività viene dal sacro: il mondo delle Idee, e da questo livello, se non incontra blocchi delle forme energetiche, si struttura simbolicamente nel successivo livello mentale per esplicitarsi nel terzo livello corporeo-materiale. Sostanzialmente, lo schema del sistema integrato delle creature cui fa riferimento la Naturopatia rimase inalterato fino alla fine dell’ottocento, con l’avvento di Groddeck esso subisce il potente influsso delle idee fatte proprie dell’allora nascente psicoanalisi. Fino ad allora l’idea che vede l’energia intersecante i tre livelli, come mostra il primo schema di seguito rappresentato, era frutto di indagini filosofiche: per l’eredità platonica, e religiose per l’esperienza dei monaci medioevali che ce le tramandarono fino a quella fusione delle due discipline che fu la teosofia di Steiner, avvenuta all’inizio del novecento. Come possiamo vedere dal primo schema l’energia è dal lato filosofico l’anima mundi o energia vitale, dal lato religioso è la virtù cristiana che nobilitando l’individuo lo innalza fino a scorgere l’energia celeste o divina che discende come grazia. L’avvento della psicoanalisi vede la sovrapposizione ai tre livelli di diverse dimensioni psichiche, laddove per esempio abbiamo visto che al corporeo spetta l’energia sessuale, al mentale, come luogo dell’Io, quella della simbolizzazione e allo spirituale, luogo dell’indefinibile Es, quella della comunione estatica d’amore. Anche queste nuove energie circolarmente attraversano i livelli, portando in basso dal sacro luogo delle idee, quelle energie che forma-lizzate in simbologie archetipiche attraverso la sessualità rendono possibile la produzione creativa idealizzata e dunque oggettualizzata. In tutti e due i sistemi è evidente l’importanza della dimensione intermedia del mentale come luogo della coscienza e dell’Io, come cerniera fra il corpo e l’anima, fra cielo e terra. Va da se che un blocco energetico nel corpo può essere a questo punto un blocco sessuale, che va a riflettersi in un alterazione energetica del mentale con alterate produzioni simboliche. Ma il blocco energetico corporeo sessuale può esser stato originato da una disfunzione spirituale e non solo da una disfunzione psicologica. Il simbolo dell’insetto, non già l’insetto per sé, diventa l’oscuro persecutore dei celati desideri sessuali, che impedisce il salutare e vitale senso d’ amore e comunione con il prossimo. La consapevolezza del destino ed esso stesso ne vengono alterati e il senso di nullità o di persecuzione da parte di una natura vista come costante minaccia alimenta quella sessualità negativa che si esprime con la repressione e 104 105 l’aggressività e l’istinto di morte: thanatos. È l’equilibrio stesso delle energie a saltare: è il disequilibrio che si esprime nelle malattie non é solo psico-somatico, ma spirito-somapsichico. STRUTTURA SISTEMA INTEGRATO antecedente l’approccio filosofico e religioso. 105 106 STRUTTURA SISTEMA INTEGRATO con approccio psicologico. La visione energetica tridimensionale della creatura umana e della natura è derivata al naturopata dalla pratica naturalistica e al monaco medioevale dalle sue esperienze mistiche, una tipica figura che potrebbe abbracciarle entrambe può essere quella di San Francesco d’ Assisi in occidente. Ma ad onor del vero anche esperienze fortissime ed estreme, come quella capitata al popolo ebraico con l’olocausto nazista dei lager, ha prodotto paradossalmente un’ ulteriore via d’ accesso alla ricerca del senso esistenziale dell’essere umano e dello stesso mondo messo così spesso incomprensibilmente a dura prova. Si dovrebbe citare l’opera di due personaggi assolutamente non ortodossi della psicologia, quali furono Victor Frankl e Roberto Assagioli; ebrei perseguitati entrambi, il primo addirittura sopravvissuto alle atrocità del lager, che hanno teorizzato la 106 107 tridimensionalità dell’essere con particolare rilievo alla dimensione spirituale del singolo che confluisce in quella cosmica e ad un trattamento che ponga come obiettivo finale proprio le potenzialità spirituali. Victor Frankl (Vienna 1905-1997) psichiatra e psicoterapeuta, insegnò Psichiatria e Neurologia all’Università di Vienna; giovanissimo intrattenne anche una corrispondenza con S. Freud. Entrò poi a far parte della Società Psicoanalitica Adleriana da cui però venne espulso. Durante la seconda guerra lui e la sua famiglia vissero la tremenda esperienza del lager, da cui solo lui sopravvisse. Immediatamente dopo la liberazione scrisse di getto quello che divenne il suo best seller: Lo psicologo nel lager (1946), gettando le basi per il suo originale approccio psicoterapeutetico chiamato Logoterapia, in cui fa convergere elementi di filosofia esistenzialista e una sua rielaborazione della psicoanalisi che andrebbe a completare. Elemento centrale della sua visione è la convinzione che in ogni uomo vi sia un impulso profondo e centrale alla volontà di dare un proprio senso alla vita. È proprio questa dimensione a permettere all’individuo di confrontarsi con le situazioni più estreme, assurde e tremende, come le malattie incurabili, i lutti familiari, le guerre o l’internamento in un campo di concentramento, ed è su di essa che vuol far leva la sua psicoterapia volta a riscoprire o a recuperare il significato della propria esistenza. Per sottolineare ciò Frankl amava ripetere la celebre frase di Nietzsche: “Chi ha un perché per vivere, può sopportare quasi ogni come.” Come accennato pocanzi Frankl sosteneva che la psicoanalisi di Freud era troppo biologica (somatica) così centrata sulla soddisfazione di piaceri istintuali, mentre quella di Jung e di Adler (psicologica) troppo secondo lui centrata sulla volontà di potenza. Mentre la sua concezione prevede per l’uomo un anelito costante alla ricerca del proprio senso proprio laddove l’io con i suoi limiti non è in grado di trovare. In quell’altrove dove spesso la vita con la sua estrema bontà imperscrutabile rivela i suoi scopi là dove appare matrigna. E per questo la sua concezione dell’uomo va oltre il biologico-soma, oltre il comportamentismo-psiche per includere la terza e più importante dimensione: la spirituale che chiamerà noetica. Tale dimensione conferirebbe all’uomo la capacità di trascendere dal determinismo della fisica, al quale soggiace per il suo aspetto somatico, e dal condizionamento psichico, proiettandolo oltre l’appagamento pulsionale di stampo freudiano verso ciò che Frankl denomina: volontà di significato o significato appagante . La sua concezione di “Unità tridimensionale Somato-psico-noetica” molto si avvicinerebbe a quella della Naturopatia se non fosse che quest’ ultima non prevede un 107 108 significato ultimo alieno dal rapporto di relazione con la Natura. Può però coincidervi perché è alquanto difficile immaginare un così profondo senso spirituale tutto centrato su sé stessi, anche laddove si intendesse religiosamente Dio con la natura il senso non sarebbe di una relazione con la divinità individualmente ed egoisticamente intesa. La stessa considerazione vale per il concetto espresso da Assagioli per la sua dimensione spirituale rappresentata dal Sé superiore, come si vedrà fra poco. Tuttavia, sia per la Naturopatia che per queste visioni dell’uomo in Psicologia, la concezione tridimensionale apre la via alla “terapia esistenziale”, approccio più logico quando l’appagamento noetico, di significato o spirituale che si intenda, entri in contrasto con il piacere somatico: il suo opposto inferiore. La Logoterapia, questo è il nome della terapia frankliana, sarà prevista per coloro che abbiano orientamenti confusi, unilaterali o bipolari fra le polarità, comunque poco ricchi nei confronti dei significati e dei valori della loro vita, e pertanto maggiormente soggetti a cadere in quelle forme patologiche che Frankl chiama: depressione noogena e nevrosi noogena. Egli va comunque oltre lo schema classico delle patologie psichiche, costruisce infatti un modello, qui raffigurato, in cui sono rappresentate tute le forme di disturbo a partire dal locus dimensionale d’ origine fino a quello sintomatico. La suddetta duplice tripartizione produce così nuove categorie di patologie, a seconda che esse si originino e manifestino sui tre piani da sempre ben evidenziati dalla Naturopatia: somatico, psichico e spirituale. 108 109 MODELLO ONTOGENETICO DI V. FRANKL Lo psicoanalista italiano Roberto Assagioli (Venezia 1888- Capolona, Arezzo 1974) distaccandosi assai presto dall’ortodossia freudiana nel 1914, in opposizione alla Società Italiana di Psicologia, fu tra i soci fondatori dell’Associazione di Studi Psicologici, per fondare egli stesso nel 1926 a Roma l’Istituto di Psicosintesi, il quale osteggiato dal regime fascista fu costretto a chiudere per riaprirlo dopo la caduta del regime. Come descrive nei suoi scritti: Psicoanalisi e Psicosintesi (1931), Psicosintesi: per l’armonia della vita (1966) e Principi e metodi della psicosintesi terapeutica, anche l’orientamento della Psicosintesi concepisce l’individuo come inscindibile unità data dalle tre componenti somatica, psicologica e spirituale; l’essere umano è visto come originariamente incompleto e volto perciò alla completezza: sempre teso alla ricerca della propria realizzazione lungo un cammino esistenziale di continua maturazione e di continua sintesi delle potenzialità emerse dalle esperienze. Per amor di completezza è giusto dire che nell’ambito delle psicologie non ortodosse esistono esponenti forse anche più prestigiosi dei due che strumentalmente abbiamo preso in esame per la similitudine con la visione naturopatica dell’uomo uno e trino. Come non citare tutti quegli autori che tenendo in gran conto l’apporto necessario della filosofia nella psicologia, si rifanno alle varie forme di esistenzialismi: tedesco da Kierkegaard, Heidegger e Jaspers e francese di Merleau-Ponty e J.P. Sartre che pongono l’accento sull’irriducibilità dell’essere umano al metodo scientifico della psichiatria, sulla solitudine dell’uomo e il suo rapporto tra la coscienza e il nulla, e l’infinita originalità e potenzialità dell’essere. Negli U.S.A. 109 110 contemporaneamente si tenta di coniugare l’Esistenzialismo con la psicoterapia, e citiamo a partire da William James figlio del filosofo Henry Sr. James e fratello del romanziere Henry Jr., la Terapia centrata sul cliente di Carl Roger , La Psicologia dell’Individualità di Gordon Allport, la Psicologia Esistenziale di Rollo May e la Psicologia Umanistica di Abrahm Maslow, nonché le teorie orientaleggianti di Eric Fromm e Alan Watts. Tuttavia nonostante l’importanza di esplicitare queste terre confinanti tra la Psicologia Umanistico-esistenziale e la Naturopatia, se da un lato il filosofo esistenziale MerleauPonty giunge ad affermare in Fenomenologia della Percezione, che: “Io sono gettato in una natura e la natura non appare solamente fuori di me, negli scritti senza storia, essa è visibile al centro della soggettività” nella Naturopatia, oltre a rimarcare l’originalità della persona e la sua irriducibilità per il metodo scientifico, ci si differenzia dall’esistenzialismo laddove non pone l’accento sulla centralità della persona, bensì sul primato della natura dove gli esseri tutti non: appaiono o sono gettati, ma sono tutti insieme la: Natura. Laddove W. James dichiara che: “Il mondo reale è incoerente, non determinato e i termini logici indicano solo le posizioni statiche in un fluire che non è affatto statico.” 58 la Naturopatia, andando oltre ciò, afferma invece che il mondo e quindi la Natura essendo l’unica realtà oggettiva è per sua qualità “coerentissima”, quella che può essere incoerente e illogica è solo la realtà dell’uomo che si crede individuale o peggio alieno dalla Natura. Il fluire della realtà naturale, così come del cinese Tao che ben conosciamo, non è affatto e giustamente statico essendo energia, ma soggiace alla sua cornice di circolarità, come il Tao è compreso nel fluire dello Yin e dello Yang. In un certo qual modo e pur comprendendo il fenomeno per la Naturopatia non avrebbero ragion d’ esistere tutte quelle patologie legate alla mancanza di senso esistenziale e di vuoto o nullità. E quando parliamo di Natura non intendiamo un tragico e immutabile determinismo come quello degli istinti (che pur è presente), ma soprattutto l’eterna catena d’ appagante amore tra le creature che è l’immagine e la sostanza della sua perfezione, Homo Sapiens permettendo. 58 Cit. da May R., Psicologia Esistenziale, Astrolabio, Ubaldini Ed., Roma 1970, pag. 13. 110 111 111 112 UOVO PSICOSINTETICO DI R. ASSAGIOLI Ora, proprio con la stessa purezza di spirito di Groddeck, per il quale l’impresa di addentrarsi nei meandri dell’inconscio e quindi della spiritualità non può compiersi con un’ operazione razionale (quindi scientifica), ma soltanto con l’approccio che è tipico dell’arte e della poesia (le quali si esprimono con i simboli ), proviamo a spiegare cos’è lo 112 113 spirito seguendo il più riuscito dei linguaggi simbolici elaborato dall’Es attraverso gli antichi saggi autori dell’I Ching, riportando alcuni esagrammi che l’oracolo interrogato sulla spiritualità ha fatto emergere. Qualcuno storcerà il naso ad un ipotesi del genere, non certo quelli che credono che la Sacra Bibbia si stata inspirata se non proprio scritta dallo Spirito Santo, il quale ancora oggi guida l’infallibilità del pensiero papale. Per chi non sa cos’è un esagramma dell’I Ching, diremmo che questo è la massima espressione scritta della comunicazione tra le dimensioni umana e cosmica mai diversamente e meglio rappresentata. Jung che tanto studiò l’opera, potrebbe affermare che l’I Ching è il codice, collettivo per l’umanità, con cui la sincronicità lascia svelare l’arcano senso delle vicende umane. Per comprendere l’oracolo cinese bisogna essere in grado di vedere senza occhi, sentire senza orecchie e saper di non sapere, esso è il linguaggio dell’Es che l’Io non comprende, ma il cui senso il cuore intende immediatamente. Del resto, anche un’ altro linguaggio simile: quello del sogno, non va compreso nella logica razionale delle parole, bensì nell’esperienza della sintesi simultanea di differenti aspetti paralleli della stessa realtà che si manifesta come una rivelazione, autentica però solo per chi si dispone ad accettarla e ad integrarla con la propria storia, e a fare della propria “individuazione” personale il suo destino cosmico. L’esagramma che risulta dopo aver interrogato l’oracolo , e qui ne riportiamo uno a caso per vedere di cosa si sta parlando: __ __ __ _____ _____ _____ __ __ è una struttura data da un insieme non casuale di sei linee, date dalla combinazione tra linee yin (dette spezzate): __ __ e yang (dette intere): _____ , variabilmente ordinata entro possibili 64 combinazioni . Dalla sua decifrazione è possibile evidenziare il senso “essenziale” di una realtà ( la realtà che ci interessa sapere interrogando l’oracolo) facendo una sintesi dei tre livelli, sufficienti e necessari, con cui una realtà si compie nella sua esistenza in natura. A livello materiale il responso dell’I Ching si evidenzia con 113 114 un corpo grafico: l’“esagramma”, identificabile con un numero da 1 a 64 e un suo “ideogramma”, per il livello mentale con la cosiddetta “Sentenza” (che anticipa al cuore: la sede dell’Io superiore, il senso) e per lo spirituale con l’“Immagine” che permette al simbolismo dei due elementi che compongono l’esagramma di connettere l’inconscio personale con l’Io, attingendo dal patrimonio simbolico dell’Inconscio collettivo. Pur essendoci abbastanza dilungati sull’I Ching, non può essere questa la sede deputata per approfondire il Libro dei Mutamenti, rimandiamo dunque il lettore a testi più appropriati, consigliando però di cominciare con la lettura della prefazione fornita da Jung alla traduzione più accreditata: quella di R. Willhelm, nella quale lo psicoanalista parla dello spirito “Shen” contenuto nel Libro in relazione con la sincronicità. Alla domanda che ci siamo posti su quale sia il ruolo della spiritualità nella vita umana il Libro rispose con l’esagramma n.50: “Il crogiolo” con la 3° e 6° linea mobile. I simboli di questo esagramma sono il fuoco sul legno che suggeriscono l’immagine di una fiamma atta a cuocere gli elementi contenuti in un crogiolo. Lo spirito igneo è dunque il carburante essenziale per ridurre i molteplici grezzi elementi dell’essere umano, durante l’opera della sua individuazione, ad una sintesi preziosa ridotta ad essenza. Lo spirito è l’elemento primo che produce l’alimento finale, in principio e alla fine dell’opera. La lettura di tutte e sei le singole linee, e non solo delle due mobili uscite, mostra la necessarietà per l’uomo di attingere alla spiritualità se vuol far compiere alla sua evoluzione grandi risultati: se vuol seguir virtute e conoscenza e non la vana accidentalità o l’impellente soddisfazione degli impulsi coattivi dei bruti. “Al di sopra del legno vi è il fuoco: l’immagine del crogiolo. Così il nobile assestando la sua posizione consolida il suo destino”. Confucio spiega nella “Sentenza” che: “Tutto ciò che è visibile, deve superare se stesso e continuare nell’invisibile. Così ottiene la vera consacrazione e la vera chiarezza, e mette saldamente radici nel cosmo. Qui si mostra dunque come la civiltà abbia il suo culmine nella religione. Il crogiolo serve per sacrificare a Dio. La più eccelsa cosa terrena deve essere sacrificata al divino. Ma ciò che è veramente divino non si mostra avulso dall’umano. La più eccelsa rivelazione di Dio sta nei profeti e nei santi” Se per Freud dove era l’Es lì ci sarà l’Io, prosciugando l’inconscio con la coscienza, qui è richiesta invece proprio l’umile subordinazione dell’Io all’Es, che non vuol dire il sacrificio della coscienza , nessuno chiede cose avulse dall’umano, i santi lo dimostrano: “La volontà divina da loro rivelata deve essere accolta con umilà, e nascono allora l’illuminazione interiore e la vera comprensione del mondo che conducono a grande salute e successo.” 114 115 L’umiltà è la vera forza dei santi che sanno di avere tutto in quello spirito pur non avendo niente: “…..Anche nell’uomo c’ è un destino che conferisce la forza alla sua vita. E quando si riesce ad assegnare alla vita e al destino la forza che loro compete, si consolida il destino, poichè allora vi è una diretta consonanza tra vita e destino….” Non ce ne voglia l’oracolo se aggiungiamo un’ altro concetto per spiegare che mentre l’inconscio freudiano è un’ enorme incognito buco nero, l’Es descritto da Groddeck cui noi facciamo riferimento (e che coincide con la divina dimensione cui fa cenno Confucio quando spiega le sentenze e le immagini degli esagrammi del Libro dei Mutamenti) è una materna risorsa se lo vogliamo. Come non rilevarlo nella chiosa confuciana alla sentenza dell’es. 25: “L’innocenza”. “L’uomo ha ricevuto dal cielo la sua natura originariamente buona, affinché essa lo guidi in ogni suo movimento. Nell’abbandonarsi a questo influsso divino che è in lui, l’uomo acquista una genuina innocenza, la quale, senza secondi fini di compenso e vantaggio, agisce solo nel giusto con istintiva sicurezza. Questa sicurezza istintiva opera sublime riuscita ed è propizia per perseveranza. Ma non tutto ciò che è istintivo è natura in questo significato superiore della parola, bensì soltanto ciò che è retto, ciò che coincide con la volontà del cielo. Senza questa rettitudine un modo di agire istintivo, sconsiderato, produce solo disgrazia. Confucio dice in proposito: “Chi devia dall’innocenza, dove va a finire? La volontà e la benedizione del cielo non accompagnano i suoi atti”. 115 116 CONCLUSIONE Questo nostro viaggio nel tempo sta per concludersi e chissà se sia sorto il sospetto nel lettore di esser stato sommerso in queste poche pagine da tanti o troppi concetti di difficile comprensione, meritando sicuramente le scuse se lo stile e la chiarezza spesso sono state incerte. Tuttavia chiunque faccia della ricerca, e seguendo la propria strada e le proprie esperienze vuole esporsi al giudizio critico del lettore, deve comunicare alla società che cosa ha scoperto nel suo viaggio di esplorazione, sia che si tratti di acqua fresca per l’assetato o di un deserto sabbioso frutto di sterile errore, l’uno aiuta e l’altro ammonisce. Tuttavia noi naturopati siamo fermamente consapevoli che non sono state le feroci critiche del passato e ne quelle dei contemporanei, a decidere della verità o dell’errore delle nostre antiche e sempre più che mai attuali scoperte. D'altronde la paziente diffusione capillare della Naturopatia e la pratica consolidata hanno già dimostrato le cose e le idee in cui noi per primi crediamo, ostinarsi a propugnare l’acqua fresca non darebbe gli stessi risultati. Tuttavia siamo obbligati al confronto serio con il mutare della realtà che ci circonda, ma la nostra apertura deve coincidere con quella degli altri e se vogliamo esser compresi dobbiamo noi parlare un linguaggio condiviso, non può più accadere che la superficialità e la confusione vengano coperte troppo spesso da un certo linguaggio furbescamente o superficialmente esoterico. Purtroppo spesso le cose di cui ci occupiamo non possono esser dimostrate con il metodo scientifico, il che non vuol dire che non siano vere, se le cause e gli effetti delle cose osservate da secoli sono sempre presenti nella Natura come nella natura umana, nonostante il variare delle culture. Chiunque abbia in sorte di percorrere questa ostacolata propria strada, lo deve fare armato di semplice e onesta speranza e con la consapevolezza della sua solitudine e dei pericoli che essa cela nei suoi abissi nebbiosi. L’intenzione e il compito divulgativo di ripercorrere pubblicamente la Naturopatia, ri-partendo dalla fonte dei suoi “miti”, sono stati portati a termine se si è descritto, per quanto si può fare il cammino esperienziale che ci porta da quelle fonti alle “mete” raggiunte, vissute e quindi descritte. Le grida di coloro che non percorrono questa strada esperienzale lasciano il tempo che trovano oltre al fastidio di doverle continuamente udire, il naturopata però è tenuto a razzolare ciò che va predicando è ciò è più insicuro e difficile che per altri che non sono mai esposti al rogo del fuoco e dell’ironia. 116 117 BIBLIOGRAFIA A Achenbach Gerd:2004, La consulenza filosofica, Apogeo, Mi. Andrei Gilles: 1997, La medicina tradizionale, Ed. Mediterranee, Roma. Aa. Vv.: 1980, Enciclopedia della medicina alternativa, Gr. Ed. Fabbri, Mi. Ambrosi Fabio: 1999, Naturopatia, Edizioni GB. B Bach Edward: 2000, Tutte le opere, Macro ed., Sv. 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