Relazione di Madre M. Mabel Spagnuolo

Transcript

Relazione di Madre M. Mabel Spagnuolo
PICCOLE SUORE MISSIONARIE DELLA CARITÀ
100 anni: “gratitudine, passione, speranza… per svegliare il mondo”
Convegno storico-culturale – Tortona, 27 giugno 2015
Relazione della Superiora generale delle PSMC, Madre Maria Mabel Spagnuolo
INTRODUZIONE
«Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste
queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è
piaciuto a te» (Mt 11,25-26).
Con queste parole di Gesù, credo di interpretare quanto in questo giorno, sentiamo
vibrare nei nostri cuori, come PSMC, nella ricorrenza dei 100 anni di Fondazione. Parole
che, come sappiamo, sgorgarono dalle labbra di Gesù come espressione della Sua
esultanza nello Spirito Santo.
Esperienza di profonda gioia e riconoscenza al Padre per le meraviglie compiute
attraverso la umiltà di San Luigi Orione, e attraverso l’abbandono, la fede e la fiducia
delle prime sorelle che, accogliendo in semplicità il “mistero”, hanno donato la loro vita a
Cristo, sulla scia del Fondatore.
Anche oggi, facendomi eco dei sentimenti delle mie consorelle, voglio ripetere con
esultanza: “ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra”, perché nel tuo infinito
amore e misericordia, hai voluto associare noi, al piano salvifico della tua Divina
Provvidenza! Ti benedico, perché hai rivelato a noi, piccole e fragili creature, una così
grande e bella missione: essere “missionarie della carità”, di quella carità che sei tu
stesso, Padre!
Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te!
Perché anche in noi, come in Maria, la tua umile serva, si realizzasse la tua opera,
Padre: “il mio spirito esulta in Dio… perché ha guardato l’umiltà della sua serva… ha fatto
in me cose grandi… santo è il suo nome” (Lc 1,47-49)”.
La celebrazione del nostro Centenario si vede anche arricchita dalla grazia dell’anno
della Vita consacrata, e facciamo nostre le parole di Papa Francesco all’inizio della
Lettera Apostolica: “Ringraziamo insieme il Padre, che ci ha chiamati a seguire Gesù
nell’adesione piena al suo Vangelo e nel servizio della Chiesa, e ha riversato nei nostri
cuori lo Spirito Santo che ci dà gioia e ci fa rendere testimonianza al mondo intero del suo
amore e della sua misericordia”1.
1. UN INIZIO SECONDO LO STILE DI DIO…
1.1.
Rivivendo l’evento fondazionale
Vorrei qui, trasportarci nel tempo e far memoria di quel 29 giugno 1915, attraverso
un brano dello studio storico realizzato da Don Antonio Lanza sulla Fondazione delle
PSMC, e anche attraverso il bellissimo racconto di Giuseppina Valdettaro, prima
collaboratrice di Don Orione, con cui si sono avviati i nostri primi dieci anni di vita.
Dice Don Lanza: “Il 27 giugno, sempre da Roma, Don Orione, telegrafava alla
Valdettaro, che sappiamo già informata della cosa: “Prenda benedizione Bouvier.
Papa Francesco, Lettera Apostolica a tutti i consacrati, in occasione dell’anno della vita consacrata, Vaticano, 21
novembre 2014.
1
1
Rechisi lunedì Tortona. Passerà festa in casetta San Bernardino, così aprendola
poveramente. Ripartirà trenta giugno con una compagna e due vecchi iniziare
Ameno”.
Secondo le disposizioni ricevute, il 29 giugno 1915… don Sterpi benediceva con un
“rametto verde”, in mancanza dell’aspersorio, la cappella della Casetta di San Bernardino
e vi celebrava la S. Messa. Erano presenti, oltre alla Valdettaro, i fratelli Michele e Caterina
Volpini e il chierico Fiori, che servì all’altare. Don Orione dovette passare quel momento
storico in strettissima unione spirituale. Il sentimento di paternità non poté non fargli vivere
intimamente e intensamente l’evento. Era da tanto tempo che lo attendeva! Finalmente
poteva trasmettere ad una nuova Famiglia religiosa il suo spirito e le regole di vita! La
mattina dopo, la piccola comitiva (don Sterpi, Giuseppina Valdettaro e i fratelli Volpini), cui
si aggiunse Giovannino, portinaio del Paterno, partì per Ameno... Giunti ad Ameno, fu dato
inizio, con la massima semplicità all’Asilo per Anziani… G. Valdettaro dovette tornare quasi
subito a Tortona, per accogliere le aspiranti che, nei giorni successivi, si sarebbero
presentate a San Bernardino…”2.
È commuovente riascoltare il racconto di quel “primo” giorno, dalla stessa
Giuseppina Valdettaro: “Arrivai a Tortona la sera del 28 giugno 1915. Giunta al Convitto
Paterno, Don Sterpi mi fece portare un po’ di cena in parlatorio. Mi disse che mi avrebbe
fatto accompagnare a San Bernardino, e intanto egli mi precedette per trovarsi là a
ricevermi. Quando arrivai c’era un chierico con due ragazzi che scopavano. La casa era
appena imbiancata e vuota completamente. Mancavano porte e finestre. Stavano mettendo
su l’altare, con la statuetta del Sacro Cuore di Gesù, che vi è ancora; vi era una statua
dell’Immacolata sulla finestra, e un’immagine di San Giuseppe fissa, con uno spillo, al
muro. Don Sterpi mi fece visitare la casa. Nel piano di sopra, vi era una camera con letto,
sedia e comodino, portacatino e catino, preparata per me; s’era fatto prestare tutto
dall’Istituto San Giuseppe delle Suore Salesiane. In una camera vicina, c’erano alcuni piatti
con posate. In casa si trovavano già la Caterina Volpini ed il fratello Michele…”3.
1.2.
Nel mistero del “granello di senapa”
“In quel tempo diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo
rassomiglierò? E' simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell'orto;
poi è cresciuto e diventato un albero, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami»” (Lc
13,18-19).
Dopo aver riascoltato il racconto degli inizi, credo che queste parole di Gesù, siano
quelle che descrivono più chiaramente la logica di Dio, la dinamica con cui Dio ha
sempre voluto rendere presenti le Sue opere, cioè, la logica del “granello di senapa”, una
logica paradossale: l’onnipotenza si rende presente e feconda, attraverso la piccolezza, la
debolezza, il silenzio ed il nascondimento.
È l’esperienza di San Paolo: “«Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si
manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie
debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo” (2Cor 12,9). È questo il mistero di
grazia che accompagna sempre le opere di Dio, realizzate attraverso strumenti fragili,
insufficienti, precari… ma consapevoli, docili e aperti per lasciarsi “modellare” da Dio
abbandonandosi fiduciosamente alla sua Divina Provvidenza, affinché unicamente sia
lodato ed esaltato il Suo nome e si avveri la sua volontà.
Così siamo nate, noi PSMC, dal cuore umile e docile di Don Orione e nella povertà e
sobrietà di un piccolo gruppo di persone, in una piccola casa, nel piccolo borgo di San
Bernardino…
Don A. Lanza, “Il Beato Luigi Orione e le PSMC – 1900-1940”, Studio storico, Roma 1996, pag. 43;45.
Don Orione alle Piccole Suore Missionarie della Carità (DOPSMC), Umili inizi e prime vestizioni (1915-1917), Il 29
giugno 1915, pag. 16.
2
3
2
Ma oggi, a 100 anni da quell’evento, ancora ci meravigliamo di fronte al mistero del
volere di Dio e della sua azione nelle sue piccole creature…
In quelle umili origini era contenuta, in potenza, tutta la forza vitale del “granello di
senapa”, che si sarebbe ulteriormente sviluppato, sarebbe cresciuto e diventato un
“albero” i cui rami arriverebbero, lungo questi cento anni, ai quattro Continenti, portando
il “Vangelo della carità” in mille forme diverse, “lasciando posare su di sé gli uccelli del
cielo”, “uccelli” dai colori culturali diversi e che, fino ad oggi hanno continuato ed in
avanti, continueranno ad arricchire e a perfezionare il mosaico carismatico ricevuto da
Don Orione, rendendolo sempre attuale e fecondo.
Possiamo dire che, in questi umili inizi, si stavano già realizzando le parole che il
Sacro Cuore aveva fatto vedere e sentire a Don Orione, in quella stessa casetta: “di qui
partirà la mia misericordia e la mia gloria”! Parole che sono oggi per noi motivo di
rinnovata gioia, ma anche di grande responsabilità.
2. “QUANDO ARRIVÒ LA PIENEZZA DEL TEMPO…”
Sono convinta che le opere di Dio nascono nel tempo e nel modo che Lui, nella sua
Provvidenza, le pensa.
Così, l’inizio della famiglia religiosa femminile, sognata da Don Orione, progettata
più volte anche con alcuni tentativi concreti, doveva nascere nel tempo di Dio, nel tempo
della Provvidenza Divina per la Chiesa e per le necessità dei poveri.
Dice ancora Don Lanza: “La Famiglia si era formata tardi, ma gli anni dell’attesa non
erano trascorsi invano, perché - come osserva don Guido Oliveri - i Fondatori sono “padri
che sentono e che vivono già dentro di sé, come in uno stato di permanente gravidanza e
parturizione, la personalità e la fisionomia di quella loro creatura a cui danno vita e nome”.
L’età più matura e l’esperienza acquisita dovevano aiutare ora Don Orione a trasfondere
nelle Figlie, secondo il carisma ricevuto, il particolare spirito che avrebbe offerto alla
comunità cristiana un nuovo modello di vita religiosa”4.
Possiamo dire, quindi, con le parole di San Paolo: “quando arrivò la pienezza del
tempo” Don Orione diede, finalmente, origine a quella famiglia “a lungo desiderata”.
E, riflettendo su quale sia stata questa “pienezza del tempo” nella quale Dio ci ha
generato e dato alla luce, credo di non sbagliare se la sintetizzo in due brevi frasi:
l’urgenza dei poveri e il bisogno di offrire a loro l’espressione concreta dell’amore
materno di Dio.
2.1.
L’urgenza dei poveri: “piccole suore”
L’urgenza dei poveri; come tutti sappiamo, mi riferisco al contesto storico, con il
quale si era aperto e segnato l’anno 1915, con il terremoto della Marsica e l’inizio della
prima guerra mondiale e, anche se le Suore non si sono impegnate subito direttamente
nell’assistere gli orfani, ma solo qualche mese dopo la fondazione, non ho dubbio che
questi eventi siano stati, per così dire, il “detonante” che ravvivò nel cuore di Don Orione,
la necessità di offrire cuori femminili, cuori di mamme, per coloro che tutto avevano
perso. Don Orione ci ha ripetuto più volte che siamo chiamate ad essere sorelle e madri:
“ogni abbandonato trovi in voi una sorella in Gesù Cristo e una madre”5, cioè, sorelle e
madri dei piccoli, di ogni orfanità, di ogni emarginazione e delle tante solitudini che i
tempi hanno generato lungo questi 100 anni.
In altre parole, se i carismi sono doni che lo Spirito Santo suscita per dare risposta
evangelica alle realtà dei tempi e dei luoghi, noi, le PSMC siamo nate dalla sensibilità
4
5
Don A. Lanza, Cit., pag. 46.
DOPSMC, Magna Charta, dall’Oceano Atlantico, 18 agosto 1921, pag. 163
3
evangelica e storica del Fondatore, che ha saputo leggere i “segni dei tempi” e rispondere
con prontezza, con creatività e con coraggio.
Ma, dietro a questa espressione “urgenza dei poveri”, si può intravvedere
l’atteggiamento, che darà anche fondamento alla nostra identità, cioè, quello dell’umiltà e
della povertà. Siamo chiamate a servire i poveri da povere, a solidarizzare con i piccoli da
piccole, non come una categoria di sottovalutazione, di ignoranza o semplicismo, ma
come una categoria puramente evangelica e teologica, che trova la sua origine e fonte nel
mistero dell’Incarnazione. Dio è il primo che si è fatto piccolo e povero, per avvicinare
meglio noi, piccoli e poveri; ha voluto sperimentare il bisogno per potersi offrire al
bisognoso e, in questo senso, l’umiltà è anche una categoria “eucaristica” perché rientra
nel mistero del “dono”, della “consegna”, della “kenosis”.
Questa è la piccolezza che Don Orione ha voluto darci come identità e anche come
nome: “piccole suore”, “stracci” nelle mani della Divina Provvidenza, capaci di
sperimentare l’amore, la fiducia e la docilità del bambino nelle braccia del Padre: “se non
diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3).
Quindi, per Don Orione l’essere “piccoli”, l’essere “stracci” ha un significato
assolutamente evangelico e mistico; non significa piccolezza di testa, di cuore, di azione o
di orizzonti, bensì avere uno spirito povero e umile, ma sempre grande e magnanimo:
“…tutto per Dio, tutto per le Anime, tutto e sempre tutto in Domino! Umili e fedeli ai piedi
della S. Chiesa…: come figli, come servi, come stracci. Sempre avanti così, sotto lo sguardo
della Divina Provvidenza, gettandosi sotto i piedi di tutti, per consolare e aiutare tutti con
dolce carità in Domino!”6. E ancora Don Orione: “Niente spirito triste, niente spirito chiuso:
sempre a cuore aperto, in ispirito di umiltà, di bontà, di letizia. Preghiamo, studiamo e
camminiamo”7.
Don Orione stesso disse alle Suore radunate a Tortona per la vestizione religiosa di
due nuove Missionarie della Carità, nell’ottobre 1920: “voi vi chiamate Missionarie della
Carità, non piccole Missionarie, ma grandi Missionarie, perché dovete far tanto bene.
Piccole Suore, sì, ma grandi Missionarie! Andate, spargete, dunque, la Carità
dovunque…”8.
2.2.
L’amore materno di Dio: “missionarie della carità”
La seconda espressione, con la quale si è manifestata la “pienezza del tempo”, è
quella del rendere presente, tangibile e visibile, la “maternità di Dio”.
Don Orione ha intuito che, se Dio è Padre e Madre, anche la sua Opera, per
esprimere in modo più completo l’amore di Dio, avrebbe dovuto completarsi con una
componente femminile, con delle caratteristiche che solo la donna può offrire.
Quindi ci ha chiamato: “Missionarie della carità” che vuol dire missionarie di una
“carità” particolarmente “femminile”, “materna”.
Questa seconda dimensione della nostra identità ci rende, come diceva la carissima
e ricordata, Madre M. Caterina Preto: “sostanza di carità”; una dimensione che dà volto
alla misericordia, che dà cuore alla tenerezza, che dà mani alla delicatezza materna, che
dà piedi alla premura e alla cura della vita fragile… atteggiamenti tipicamente
femminili.
Inoltre, viene così specificata la componente “missionaria femminile” della nostra
identità e del nostro nome: “missionarie della carità” che è, in pratica, l’espressione della
“maternità”, l’espressione del dono totale di sé, è il movimento circolare, doppio e
spontaneo dell’amore: amore ricevuto e amore donato.
6
Scritti 105,30; 16 giugno 1927.
Scritti 62,92;
8
DOPSMC, Il noviziato regolare (1920-1923). “Il Papa sa che ci siete…”, pag. 153.
7
4
La centralità di Cristo, la vitale e fondamentale esperienza dell’amore di Cristo nella
vita della PSMC è la forza che spinge all’annuncio, alla missione, alla donazione: “Caritas
Christi urget nos!”. La “missionarietà” è, quindi, l’espressione della fecondità dell’amore di
Dio in noi; è essere donne, essere madri che “generano vita, che danno vita, dando la
vita”, e “mentre sanano i dolori del corpo, donano alle anime la luce e il conforto di Dio”9.
Ma, anche qui bisogna dire che la categoria della “carità materna”, non significa
assolutamente debolezza, sentimentalismo o buonismo, timidezza o maternalismo, ma
significa essere, come Maria, donne forti, libere, decise, tenere e ferme, di fede soda e di
speranza incrollabile, ma realistiche, speditive e propositive. Don Orione stesso scriverà
ancora nella Magna Charta: “ad ogni passo trasfondete fede e purezza, dolcezza e amore
di Dio! Donatevi tutte a Dio, per essere tutte del prossimo, e non lasciate di istruirvi per
rendervi capaci di illuminare le menti, per acquistare le anime”10.
La “carità materna” è una carità intelligente, una carità creativa, una carità
dinamica, una carità concreta, audace, coraggiosa, forte!
È questa la nostra identità di Piccole Suore Missionarie della Carità, nel piano di
Dio, manifestato attraverso Don Orione: essere nella Chiesa e nel mondo il “volto”
misericordioso di Dio, l’espressione tangibile della maternità della Chiesa, essere
“profezia della carità”, in mezzo alle periferie dell’umanità. Come ha detto
ripetutamente Papa Francesco alle consacrate: essere icona di Maria e icona della Chiesa
madre.
3. LA NOSTRA MISSIONE, DI FRONTE ALLE SFIDE DI PAPA FRANCESCO
3.1.
“SVEGLIARE” IL MONDO, CON LA PROFEZIA DELLA CARITÀ
Il forte appello di Papa Francesco è per noi tutto un programma che ci arriva
provvidenziale in questo anno del Centenario: “uscite, per svegliare il mondo!”.
Non possiamo rimanere nella teoria della frase o nello “slogan”; deve essere una
sfida e un invito a rivedere tutta la nostra vita, il nostro “stile di vita”, il nostro stile di
relazioni fra di noi e con i laici, con “tutti” i laici, il nostro stile apostolico e la
significatività evangelizzatrice delle nostre opere, delle nostre strutture, di tutte le nostre
azioni.
È giustamente l’amore al carisma ricevuto che ci deve spingere a valutare tutto alla
luce della “profezia”, con grande libertà, con fedeltà, ma con creatività, superando la
tentazione dell’efficienza umana, dello spirito di “conservazione” o della paura del nuovo.
Il Papa attende dalla vita consacrata questo “risveglio profetico”!
“Mi attendo che “svegliate il mondo”, perché la nota che caratterizza la vita
consacrata è la profezia… Il profeta riceve da Dio la capacità di scrutare la storia nella
quale vive e di interpretare gli avvenimenti: è come una sentinella che veglia durante la
notte e sa quando arriva l’aurora… Mi attendo dunque non che teniate vive delle “utopie”,
ma che sappiate creare “altri luoghi”, dove si viva la logica evangelica del dono, della
fraternità, dell’accoglienza della diversità, dell’amore reciproco... diventare sempre più il
lievito per una società ispirata al Vangelo, la “città sul monte” che dice la verità e la
potenza delle parole di Gesù”11.
Questo “anno del Centenario di Fondazione”, è per noi “l’anno della profezia”,
“l’anno del risveglio profetico” del nostro carisma e della nostra identità orionina
femminile, “l’anno dell’uscire”, “l’anno per scomodarci”, “l’anno del dinamismo e
della carità creativa”. Significa, con parole di Don Orione: “Niente rimpianto d'una età
9
DOPSMC, Magna Charta, dall’Oceano Atlantico, 18 agosto 1921, pag. 163.
DOPSMC, Cit., cfr. pag. 163.
11
Papa Francesco, ibidem.
10
5
passata e chiusa per sempre. Non ostiniamoci nell'amore del vecchio e nel chiudere
sdegnosamente le porte a qualunque soffio di sano rinnovamento e di vita venisse dal di
fuori. Niente astio, niente dispetti crucciosi. Tutto muta intorno, non fossilizziamoci. I popoli
camminano, camminiamo anche noi. Niente spirito triste, niente spirito chiuso. Preghiamo e
studiamo e profittiamo degli studi altrui e dell'altrui esperienza, a promuovere le feconde
iniziative e l'azione e la vita. Avanti con serena e imperturbabile operosità”12.
Quindi, con la Celebrazione dei 100 anni di Fondazione, noi PSMC, siamo chiamate,
non solo a “ricordare e ringraziare”, ma soprattutto, siamo chiamate, a “rinascere” e a
“rifondarci”, attraverso il discernimento, per fare scelte carismatiche nuove e inedite,
“segni profetici di carità e di misericordia” concreti, visibili e luminosi, in ogni
Provincia, in ogni Chiesa locale, in ogni missione, in ogni comunità, in ognuna
personalmente. Ogni PSMC dovrebbe, in questo anno, diventare come una “sveglia di
carità”, capace di destare dal sonno e dall’indifferenza l’ambiente nel quale vive e lavora.
3.2. “CON PASSIONE REDENTRICE…”!
Come abbiamo già detto, questa “memoria riconoscente” non rimane ferma,
fissata nel “passato”, ma diventa fonte e sorgente di nuovo impulso, di rinnovato slancio,
di ardente e coraggiosa “passione” missionaria e apostolica.
Se il “passato” è il luogo del “Deo gratias”, il “presente” è il luogo dell’“eccomi!
Manda me”! perché dalla gratitudine nasce la passione!
Il Signore continua ad affidare oggi a noi, orionine, la sua Chiesa, i suoi poveri! La
celebrazione di 100 anni di vita non possono lasciare “tranquillo” il nostro cuore
missionario orionino. Gesù oggi ci richiama a “uscire” verso le nuove “terre” di missione,
che troviamo nelle nuove povertà del nostro tempo storico, nell’oggi del nostro essere
PSMC.
La celebrazione del nostro Centenario sarà offerta gradita al Signore e alla Chiesa,
se riusciamo, specialmente in questo anno, a rinnovare la nostra “passione”, ad
avvicinare “i poveri” con il “balsamo della carità”, a renderci vicine alle varie “prigionie”
generate dall’emarginazione, dall’indifferenza, dai sistemi escludenti e settari, dalle
ingiustizie e dalle nuove solitudini e orfanità, in cui si trovano tanti fratelli e sorelle di
tutte le culture, età e condizioni. Celebreremo veramente il Centenario se riproviamo a
toccare la “carne di Cristo” nei “ciechi" di oggi: coloro che non vedono il senso della vita,
che non vedono la luce della fede, della pace, dell’amore, della dignità umana, della
libertà… a loro ci “invia” di nuovo Gesù oggi.
La “passione redentrice” presente in ogni battito del cuore di Don Orione, è e deve
essere oggi e sempre la nostra “passione”, se intendiamo essere vere figlie sue e tenere
vivo lo spirito del nostro Istituto e la nostra ragion d’essere nella Chiesa.
Questo è il modo più bello e più giusto di “celebrare” il nostro Centenario: “amare
in tutti Cristo; servire a Cristo nei poveri; rinnovare in noi Cristo e tutto restaurare in Cristo;
salvare sempre, salvare tutti, salvare a costo di ogni sacrificio, con passione redentrice e
olocausto redentore… non dobbiamo avere il tempo di “volgere il capo a mirare l'aratro”,
tanto la nostra missione di carità ci spinge e c'incalza, tanto l'amore del prossimo ci arde,
tanto il divino cocente foco di Cristo ci consuma. Noi siamo gli inebriati della carità e i pazzi
della croce di Cristo crocifisso”13.
12
13
Scritti 79,291; Minuta, Genova 9 marzo 1934 (data del timbro postale)
Lo spirito di Don Orione, Vol. 1, La nostra spiritualità.
6
CONCLUSIONE
Ho iniziato questa riflessione con le parole di Gesù: “Ti benedico, Padre!”. E vorrei
concluderla ancora benedicendo e lodando il Padre, perché oltre alle infinite grazie che la
sua Provvidenza ha riversato sulle PSMC in questi 100 anni di vita, ci ha donato anche la
vicinanza, il sostegno e la materna protezione di Maria, nostra Celeste Fondatrice, la
Mater Dei.
“Ti benedico, Padre, a nome di tutte le PSMC, perché ci hai dato Maria!”
Maria ha sempre accompagnato la vita di ogni PSMC lungo questi 100 anni, ha
sempre ispirato le nostre opere, ha camminato accanto a noi sostenendo la nostra
fraternità, orientando il nostro cuore verso il Cuore del suo Figlio Gesù.
È stata sempre Maria la madre e il modello, la consolazione e la forza nel dubbio e
nella prova. Maria ha ricevuto i nostri voti, i nostri migliori propositi e desideri di santità
e di bontà; Maria ha custodito la nostra fedeltà e il nostro “sì”, ha accolto le nostre gioie e
asciugato le nostre lacrime. Noi PSMC non potremmo essere tali, senza Maria!
Con Don Orione possiamo ripetere: “Tutto è grazia di Maria!”: “Leggete sulla mia
fronte, leggete sul mio cuore, leggete nell’anima mia; non vedete che dappertutto sta scritto:
Grazie ricevute da Maria! Siate dunque sempre lodata e benedetta mia celeste Benefattrice,
e permettete che per ciascuno di questi doni vi dica: Vi ringrazio, Vi ringrazio, o Maria!”14.
A te, Maria, dolce e tenera Madre nostra, consacriamo ancora una volta tutta la
nostra vita e la nostra piccola Congregazione. Sappiamo che fra le tue mani e sul tuo
cuore siamo al sicuro. Fra le tue mani e sul tuo cuore hanno camminato e servito il
Signore tutte le consorelle che ci hanno preceduto; anche noi, ci affidiamo oggi a te e ti
chiediamo di presentarci al tuo Figlio Gesù, di presentare oggi a Lui, attraverso le tue
mani e il tuo cuore purissimo e immacolato, la nostra gioia e il nostro ringraziamento per
questo Centenario.
Attraverso le tue mani, Madre dolcissima, ti chiediamo di presentare a Gesù tutte
noi, e insieme a noi, tutti coloro che sono parte viva oggi della nostra vocazione e
missione: i nostri laici, i nostri confratelli, i nostri poveri, le nostre famiglie, gli amici, i
benefattori… tutti Maria, unisci al tuo Magnificat e consegnali a Gesù, come l’omaggio
più prezioso che noi, PSMC, possiamo offrire al Cuore di Cristo in questo giorno.
Aiutaci tu, Maria, a curare questa tua “pianta”, questo tuo “arbusto centenario” che
è la Famiglia delle PSMC, a custodire la nostra vocazione e la nostra missione, a
custodire la comunione con la Chiesa, la nostra complementarietà con tutta la Famiglia
orionina, affinché la “misericordia e la gloria” del Cuore di Cristo, continuino a
diffondersi e fecondare il mondo, perché attraverso la vita di ogni PSMC il “Vangelo
della carità” arrivi fino ai confini della terra, e “si compia il disegno del Padre: fare di
Cristo il cuore del mondo” per Instaurare omnia in Christo” in attesa della sua venuta.
Deo gratias! Et Mariae!
14
Scritti 71,171; 1° maggio 1908.
7