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PROVINCIA DI CASERTA Medaglia d’Oro al Valor Militare Medaglia d’Oro al Merito Civile Mignano Monte Lungo Istantanee nella Storia a cura di GIUSEPPE ANGELONE s.c.a.r.l. SERVIZI ALLA CULTURA © 2011 Comune di Mignano Monte Lungo Per la prima edizione © 2011 WARP - Servizi alla Cultura s.c.a.r.l. TUTTI I DIRITTI RISERVATI È vietata la riproduzione, anche parziale, di testo e immagini. Referenze fotografiche National Archives and Records Administration, College Park (MD., USA) Progetto grafico WARP - Servizi alla Cultura s.c.a.r.l. www.warpcs.com Stampa GRAFICART - Formia ISBN: 978-88-906564-0-8 Giuseppe Angelone GUERRA REALE E GUERRA SIMULATA L a posizione strategica di Mignano era indubbia. La Statale n. 6 Casilina, tangenziale all’abitato, rappresentava, infatti, l’arteria stradale scelta dai comandi alleati per raggiungere Roma dall’entroterra. Una stretta gola, tra Monte Rotondo e Monte Lungo, un paio di chilometri a nord-ovest del paese, era il passaggio obbligato per accedere alla “Valle del Liri” (in realtà, del Rapido), conquistare Cassino, sfondare la linea Gustav e puntare sulla capitale. I tedeschi, intuendo i piani alleati, occuparono il suo territorio già nei giorni successivi alla dichiarazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943. Alla fine di agosto, l’intelligence della Quinta Armata americana aveva segnalato che le truppe di Kesselring stavano allestendo una barriera difensiva proprio sulle alture che circondano Mignano: il massiccio del Camino (con i monti La Defensa, La Remetanea e Maggiore), Monte Lungo, Monte Rotondo; di fronte, Monte Sammucro con San Pietro Infine; sulla destra Monte Cesima 1. Si trattava della linea B e r n h a r d t,avamposto della Gustav il cui centro nevralgico era costituito da Montecassino. Per l’allestimento delle fortificazioni e per sorvegliare i cavi delle linee di comunicazione i tedeschi ricorsero alla manodopera locale. A partire dal 21-22 settembre, in seguito all’emanazione di un’ordinanza del colonnello Schöll, comandante della piazza di Napoli e della sua provincia (che comprendeva anche quella di Caserta, soppressa dal Fascismo nel 1927), con l’obiettivo di evitare di distogliere i soldati dalle operazioni strettamente militari, ebbero inizio i rastrellamenti e le deportazioni degli uomini «abili al lavoro», da utilizzare sia come kabel wachen (guarda fili), sia come operai da inviare sulle colline circostanti e a Cassino, ma anche verso la Germania e l’Austria per essere “sfruttati” nei campi di lavoro e nelle fabbriche di materiale bellico del Reich 2. 1 Per ostacolare la costruzione del baluardo difensivo, gli Alleati pianificarono numerose incursioni aeree: cfr. K. C. CARTER-R. MUELLER (compiled by), U. S. Army Air Forces in World War II, Combat Chronology 1941-45, Center for Air Force History, Washington D.C. 1991, passim. 2 Cfr. F. CORVESE, L’autunno di sangue in Campania, in «Resistenza/Resistoria», Bollettino I.C.S.R. “Vera Lombardi”, n. s., 2/2004, pp. 29-34; IDEM, La guerra nazista contro i civili dell’autunno 1943 nella Campania settentrionale, in «Resistenza/Resistoria», cit., terza serie, 2007-2008, pp. 117-139. 15 Mignano 1943 Monte Lungo «Il soldato tedesco combatte, i civili italiani lavorano per lui», è la “filosofia” che accompagna questa prima forma di ritorsione nei confronti della popolazione italiana, costretta a pagare “colpe” imputabili al re e a Badoglio, a seguito del “tradimento” verso la Germania hitleriana, che rappresentava l’acme di una frattura irreversibile verificatasi in seguito alla destituzione di Mussolini il 25 luglio. I rastrellamenti rappresentarono, senza dubbio, lo stadio iniziale dell’applicazione della «politica del terrore preventivo»3. I tedeschi garantirono la «calma» e l’«ordine» con l’uso delle armi contro i civili che cercarono di difendere, con ogni mezzo, beni, abitazioni, ma, soprattutto, la propria dignità dai soprusi 4 e dalle razzie. Il 23 settembre si annoverò anche la prima uccisione di un civile 5: il contadino 21enne Antonio Zenga, impiegato come sorvegliante dei fili, fu freddato da una raffica di mitra mentre tentava di dileguarsi per evitare ulteriori ritorsioni. Una testimonianza de visu su questo episodio offre dettagli anche sul clima di terrore instaurato dai tedeschi in quei giorni di fine estate: si tratta del verbale d’interrogatorio6 della moglie dello Zenga, Flora Bologna, reso il 12 aprile 1945 presso la Stazione di Mignano della Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di Napoli, in relazione alle indagini istruite per verificare le cause delle uccisioni di civili: […] Il 21 o 22 settembre 1943 venivano requisiti da parte delle autorità tedesche un numero considerevole di uomini per la sorve glianza ai fili telefonici delle truppe germaniche. I fili posti attraverso varie strade del paese e per le campagne e quindi avevano bisogno di sor veglianza in quanto si erano verificati atti di sabotaggio. Tra la lista venne posto anche mio marito ZENGAAntonio di Arcangelo e di Riccio Emilia, nato a Mignano il 18 aprile 1922, ivi resi dente, bracciante. Il mattino del 23 settembre si presentò a casa un carabiniere, che non cono sco, il quale avvertì mio marito che era stato elencato per la sorveglianza ai fili e che alle ore 12 dello stesso giorno doveva presentarsi in servizio ed assegnato sul tratto di via che dal paese scende alla fontana dando così il cambio ad altra persona. Il servizio era fissato dalle 12 alle 16. Mio marito era preoccupato di eventua li rappresaglie e quindi puntualmente alle ore 12 si presentò. Precedentemente lo stesso mio marito mi aveva avvertita di trovarmi alle ore 16 precise dello stesso giorno verso il punto del servizio e mi aveva premunita che era intenzio nato di allontanarsi dalla zona per stabilirci in qualche caverna in campagna. Mi recai, come convenuto, sul posto del servizio e mi accoppiai a mio marito il quale mi indicò il percorso da fare per allontanarci dall’abitato. La prima parte andò tutto bene e cioè senza incidenti. Senonché mentre lasciavamo alle nostre spal le l’abitato di Mignano udii forti rumori e conse - 3 Cfr. P. DE MARCO, La politica del terrore preventivo dei tedeschi in Terra di Lavoro (settembre-dicem - bre 1943), in «La Resistenza nel Sud. Le azioni spontanee partigiane», atti del Congresso Internazionale di studi (21-24.10.2004), Società di Storia Patria di Terra di Lavoro, Caserta 2005, pp. 77-148; G. GRIBAUDI (a cura di), Terra bruciata. Le stragi naziste sul fronte meridionale, Napoli 2003. 4 Nel maggio 1945, i Carabinieri assunsero informazioni su un caso di violenza sessuale, perpetrato da un soldato tedesco il 30 ottobre 1943, a danno di I. M., una 22enne della frazione Caspoli. Cfr. Procura Generale Militare di Roma, Registro Generale [PGM-RG], fasc. 675. 5 Le vittime per cause belliche saranno un centinaio: cfr. ASS. NAZ. VITTIME CIVILI DI GUERRA, Le Vittime Civili di Terra di Lavoro nella Seconda Guerra Mondiale, Caserta 1997, pp. 40-44. 6 PGM-RG, fasc. 674. 16 Istantanee nella Storia guenti fischi di proiettili che cadevano poco distanti da noi. Mio marito accelerò l’andatura per raggiungere un falso pa[glia]io per ivi nascondersi: troppo tardi perché una scarica di proiettili l’aveva raggiunto in varie parti del corpo ed infatti alle ore 16 del 23 settembre detto decedette fra le mie braccia. Mi resi conto che a sparare era stato un soldato tedesco posto di sentinella lungo la sommità di una col lina attaccata all’abitato di Mignano. […] Nonostante questa uccisione a sangue freddo, che avrebbe dovuto dissuadere i pochi uomini rimasti nell’area dal compiere azioni di danneggiamento e di insubordinazione verso le truppe tedesche, furono attuati numerosi sabotaggi alle linee telefoniche, soprattutto nella terza decade di ottobre quando iniziarono a circolare voci insistenti sul sopraggiungere degli Alleati dopo i combattimenti lungo il Volturno. Si inserisce proprio in questo contesto il bando di sgombero, emanato il 29 ottobre dal comando del presidio tedesco, con il quale si stabiliva la demolizione dell’abitato nell’intento di fare «terra bruciata», cioè di lasciare un «deserto» all’avversario. Ecco la descrizione di un testimone: Le mine della prima casa in Via Fratte, bril larono mentre gli occupanti si preparavano ad abbandonarla. Un bambino di otto anni, Guido Canzano, perì sotto le macerie. Ho ancora pre - sente davanti agli occhi quella drammatica scena: il padre di Guido con il figlio morto tra le braccia. Avevo 11 anni, la mia casa era a 50 metri e con mia madre ed i miei fratelli scappa vamo verso la campagna insieme a tanta popolazione di Mignano. Il brillamento delle mine continuò sistemati co fino al giorno successivo. Mignano fu rasa al suolo. Fu distrutta ogni altra cosa, furono abbattuti i bellissimi platani di Via Roma e tutti gli alberi, anche nella campagna fino a Monte Lungo 7. Tra gli edifici distrutti si annoverò anche il castello, già dimora dei Fieramosca, un monumento ricco di opere d’arte e di libri antichi. Le vicende legate alla sua distruzione sono descritte in una lettera del 12 gennaio 1944, allegata al fascicolo della Sottocommissione alleata per la tutela e la salvaguardia del patrimonio culturale italiano (MFA&A) 8, nella quale Venanzio Bozzani, tenente di complemento del Genio del Regio Esercito, denunciava alla Duchessa di Tuttavilla Calabritto, Maria Elena Nunziante dei Duchi di Mignano - moglie di Sir Benjamin Seymour Guinness, proprietario della struttura monumentale - non solo i danni subiti ma anche i furti commessi da alcuni militari alleati, rei di aver asportato alcuni oggetti d’arte dalle macerie. Nella parte iniziale della missiva l’ufficiale poneva l’accento sugli eventi convulsi di fine ottobre e dei primi giorni di novembre: 7 G. DE LUCA, Mignano Monte Lungo 1943 “Terra di Libertà”, in «La Resistenza nel Sud. Le azioni spon- tanee partigiane», cit., pp. 159-167: p. 161. 8 NATIONAL ARCHIVES AND RECORDS ADMINISTRATION (NARA), RG331, 10000/145/30. 17 Mignano 1943 Monte Lungo […] Da circa un anno mi trovavo a Mignano: ero tenente di complemento del Genio del fu esercito italiano. Dopo l’armi stizio in seguito alla caccia spietata dei tedeschi, dovetti tenermi nascosto un po’ in paese, un po’ nelle montagne. […] Il giorno 29 [ottobre] cade una bomba di aereo americano nella casa in cui ero rifu giato. Vivo per miracolo, mi rifugio nella grotta del Castello Ducale, dove trovo parecchie altre persone. La sera stessa i tedeschi cominciano a minare e a distrug gere sistematicamente tutte le case di Mignano. Il mattino del 30 arriva la gendarmeria tedesca e obbliga, fucili mitragliatori alla mano, tutti i rifugiati a salire sui camion per essere portati a Cassino. […] Riesco a fuggire e mi rifugio nei boschi. La famiglia Tollo, il podestà, il prete e tutti, dico tutti i rifugiati, sono costretti ad obbedire. Un destino terribile e implacabile! Dalle alture di Mignano assisto, impo tente, alla sistematica distruzione del paese. Vedo, il giorno 31 la torre grande e quasi tutto il castello saltare in aria. Uno spettaco lo terrificante! Persino la torretta di guardia, ai piedi di Cesima, subisce la stessa sorte. Il giorno 6 novembre, all’imbrunire, pas sano i primi carri armati americani. Il giorno più bello della mia vita! Mi dirigo verso il paese, verso il Castello. Spettacolo orribile! Macerie, macerie. Cerco orientarmi e mi dirigo dove il Sig. Turchi [amministratore della duchessa, nda] aveva fatto nascondere i quadri. La forza del l’esplosione aveva fatto crollare la porta murata, parecchie tele erano andate presso ché distrutte e altre si trovavano sparse sulle macerie. Rimetto un po’ di ordine e visito la parte del Castello ancora in piedi. Nelle camere tutto in ordine, casse, mobili ecc. Le cannonate tedesche continuavano a fioccare sul paese. […] Riesco ad ottenere che giornalmente un M.P. rimanga di guardia al Castello. Io debbo spesso allontanarmi per procurarmi da mangiare. Dopo otto giorni gli americani indietreg giano. Mignano corre il pericolo di ritornare nelle mani tedesche. La polizia scompare. Combattimenti, tiri di artiglieria. Crollano tre stanze del Castello. Gli americani danno la presa di Mignano come avvenuta l’11 Dicembre. Infatti dall’11 novembre all’11 dicembre Mignano era terra neutra. Non c’erano americani, non c’erano tedeschi. […] Ai danni prodotti dalle demolizioni tedesche vanno aggiunti, inoltre, quelli di due incursioni aeree americane, il 28 ed il 29 ottobre. Di quest’ultima si trova traccia anche nei registri giornalieri del Battaglione Genio della divisione Hermann Göring 9, in cui si attesta che un ponte abbattuto nel raid rendeva faticoso il movimento delle truppe: 9 BUNDESARCHIV-MILITÄRARCHIV, RL 32-114, Kriegstagebuch Nr. 1 Pz. Pi. Btl. H.-G. 18 Istantanee nella Storia Il tratto [di ponte] distrutto ammonta a 30 metri. È stata compiuta un’ispezione per il suo ripristino, tuttavia ciò non è possibile coi mezzi del Battaglione, così come trovare una via per aggirarlo. Gli avvenimenti di quei giorni indicavano che l’ubicazione dell’abitato di Mignano proprio a ridosso della linea Bernhardt avrebbe “garantito” la sua rapida trasformazione in un campo di battaglia di primo piano per le strategie militari delle forze contrapposte. Il terreno accidentato, a causa alle abbondanti piogge di metà novembre, l’alternanza di altipiani e di alture collinari e le tattiche difensive germaniche impossibilitavano l’uso dei mezzi corazzati dando luogo a scontri di posizione e di trincea tra fanterie ed artiglierie analoghi a quelli del primo conflitto mondiale: per gli analisti alleati si trattava di «una rabbiosa guerra di logoramento per ogni metro di terreno» 10. Ancor più esaustiva fu la definizione «Zentimeter Krieg» («guerra del centimetro») usata dai tedeschi, che riuscirono ad infliggere numerose perdite agli attaccanti con «un’interminabile susseguirsi di micro-battaglie di cui nessuna ad esito risolutivo» 11. La loro tattica era caratterizzata, infatti, oltre che dall’attestarsi del grosso delle truppe a difesa delle linee di resistenza, anche dall’utilizzo, sui rilievi minori, di piccoli nuclei di soldati contraddistinti da una grande mobilità, armati in genere di mitragliatrici ed artiglieria leggera, nonché di reparti del Genio a cui spettava il compito di distruggere strade ed infrastrutture. Ernie Pyle, uno dei maggiori corrispondenti di guerra, giunse nell’area di Mignano proprio nei primi giorni di novembre, dopo alcune settimane di convalescenza. Alcuni stralci del suo memoriale offrono ulteriori spunti di riflessione sulla complessità del campo di battaglia: «La guerra in Italia era difficile. Territorio e clima erano entrambi contro di noi». Il paesaggio «era di una bellezza sconvolgente e di una difficoltà altrettanto sconvolgente da strappare al nemico» 12. Per gli Alleati, di fatto, il superamento di quest’area assunse sembianze apocalittiche. «Un uomo al metro», infatti, fu il tragico computo delle vittime alla fine degli scontri che si verificarono sulle citate alture che contornano l’abitato di Mignano, alle quali furono attribuiti appellativi che non lasciano dubbio all’interpretazione: il Monte Camino, ad esempio, divenne la «montagna assassina»; La Defensa, fu ribattezzata la «montagna da un milione di dollari», e via dicendo. «Prima ancora della battaglia di Monte Lungo, Mignano era già stato raso al suolo», ha scritto, a ragione, una studiosa locale 13. In effetti, la cittadina, rappresentando la linea del fronte dai primi di novembre fino alla caduta di Monte Lungo e di San Pietro Infine (16-17 dicembre), fu sottoposta ad intensi attacchi di artiglieria delle parti contrapposte che amplificarono i danni già prodotti dai bombardamenti e dalle demolizioni sistematiche. Tutto ciò appare nella sua drammatica evi- 10 E. MORRIS, La guerra inutile. La Campagna d’Italia 1943-45, Milano 1993, p. 255. 11 M. COLTRINARI, Le operazioni militari in Puglia nel settembre 1943. Italiani, Alleati, Tedeschi, in «Il Secondo Risorgimento d’Italia», 2010, p. 54. 12 E. PYLE, Brave men, New York 1944, p. 141; cfr. anche R. ATKINSON, Il giorno della battaglia. Gli Alleati in Italia 1943-1944, ediz. it., Milano 2008, p. 308. 13 L. MAIELLO, Mignano Monte Lungo. Storia, tradizioni e immagini, Napoli 1984, p. 71. 19 Mignano 1943 Monte Lungo denza proprio nelle immagini realizzate nei giorni successivi a quegli scontri, dalle quali è possibile cogliere “visivamente”, e quasi in real time, l’entità dei danni. Nei primi giorni di gennaio 1944, con il superamento dell’area San Vittore-Cervaro e l’avanzamento del fronte verso nord-ovest, i civili tornarono a Mignano. Un paesaggio “spettrale” si apriva innanzi ai loro occhi: l’abitato, infatti, era stato quasi completamente raso al suolo. Dopo San Pietro Infine, distrutta per il 98%, Mignano sarà considerato, infatti, il secondo abitato maggiormente danneggiato dalla guerra in provincia di Caserta, con una percentuale di distruzione dell’85%. Una prima stima dei danni fu effettuata il 23 agosto 1944 dall’Ufficio di Caserta del Corpo Reale del Genio Civile: risultavano abbattuti 100 fabbricati urbani per un totale di ben 1000 vani abitativi14. Nelle settimane successive, con estrema fatica si cercò di ritornare ad una relativa “normalità ”, con la ripresa delle attività quotidiane, la rimozione delle macerie ed il recupero di suppellettili, biancherie e beni di vario genere dalle abitazioni distrutte. Tuttavia, agli inizi della primavera 1944, pure se la prima linea del fronte si era ormai stabilizzata nel cassinate, la tragedia della gente di Mignano non si era affatto conclusa. Difatti, appare opportuno segnalare un avvenimento singolare ed imprevedibile al tempo stesso, documentabile con un filmato ritrovato presso l’Imperial War Museum di Londra. Agli inizi di aprile 1944, le truppe neozelandesi ricostruiranno nell’abitato alcune fasi della battaglia di Cassino, provocando nuove demolizioni ed ulteriori danni al castello e alle opere d’arte in esso conservate. L’8 aprile, tra le macerie della location scelta dai cineoperatori, verranno simulate le azioni svoltesi il 17 marzo precedente, quando la compagnia B della 6ª brigata neozelandese aveva attaccato, senza successo, la cittadina laziale. Le scene saranno filmate dal sergente Elvin 15 e fotografate dal sergente C. H. Hewitt 16, entrambi dell’Army Film and Photographic Unit britannica, ma anche dal fotografo ufficiale della 2ª Divisione neozelandese, il sergente George Frederick “Kaye” 17. Oltre ai danni già prodotti, quindi, l’abitato dovette subirne altri proprio a causa di questa ricostruzione filmica, per la quale fu utilizzato, addirittura, un carro armato Sherman del 19° reggimento della 4ª brigata corazzata che provocò ulteriori guasti, soprattutto alle parti superstiti del castello 18. In conclusione, se si medita sul fatto che taluni frammenti di questo filmato rappresentano, per la documentaristica italiana, alcune tra le scene più emblematiche della battaglia di Cassino, soprattutto perché ritenute girate in real time nella cittadina laziale, con il camera man sottoposto direttamente al fuoco tedesco, possiamo senza dubbio affermare che Mignano, dopo il danno, continua a subire anche la beffa! 14 ARCHIVIO DI STATO DI CASERTA, Genio Civile, Cat. 10, fasc. 1696. 15 IMPERIAL WAR MUSEUM (IWM), AYY702/2/1. 16 IWM, NA13790-13812. 17 ARCHIVES NEW ZEALAND, DA60/15/08. 18 IWM, AYY702/2/1, cit., original dope sheet, in cui è annotato «Reconstruction of Battle for Cassino […] Location: Mignano». Una copia della prima parte di questo filmato è in NARA, 111-ADC-1052. 20