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Le novità per il futuro di ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement)
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DIRITTO DELL’INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE
Le novità per il futuro di ACTA (AntiCounterfeiting Trade Agreement)
Oreste Pollicino, Professore di diritto dell’informazione e della comunicazione, Università Bocconi, Of Counsel
Portolano Colella Cavallo Studio Legale
A CURA DELLA REDAZIONE DI LEX24
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Novità in vista per il destino di ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), l’Accordo commerciale
plurilaterale che ha, tra i suoi obiettivi, anche quello di raggiungere, a libello globale, uno standard di
protezione più uniforme in materia di copyright, proprietà intellettuale e brevetti su beni, servizi e attività
legati alla rete al fine di poter più efficientemente contrastare la contraffazione e la pirateria informatica.
Si tratta, a ben vedere, di una novità assai rilevante. Il 22 Febbraio scorso la Commissione europea ha
deciso di chiedere alla Corte di giustizia dell’Unione di pronunciarsi sulla conformità di ACTA con i principi
e le libertà fondamentali dell’ordinamento comunitario. La decisione dell’esecutivo comunitario è arrivata
dopo che, nelle ultime settimane, le proteste del “popolo del web” nei confronti dei contenuti dell’Accordo e
della poca trasparenza con cui sono stati i condotti negoziati che hanno condotto alla sua approvazione
erano montate al punto da sfociare nella organizzazione di una giornata internazionale contro ACTA, l’11
febbraio scorso, e di una petizione al parlamento europeo a fine Febbraio.
Ricordiamo che l’Accordo in questione è stato sottoscritto a Tokio il 26 Gennaio scorso da 22 dei 27 Paesi
dell’Unione europea insieme ad Australia, Canada, Giappone, Corea, Messico, Marocco, Nuova Zelanda,
Singapore, Svizzera e Stati Uniti. Il percorso per l’entrata in vigore dell’accordo sulla sponda europea è
però ancora assai tortuoso, in quanto alcuni parlamenti degli Stati membri dell’Unione europea hanno
espresso perplessità sull’opportunità di ratificare il testo e il parlamento europeo dovrà pronunciarsi a
giugno del 2012 sulla stessa questione. Nel processo di ratifica sono coinvolti tanto i parlamenti nazionali
quanto il parlamento europeo perché ACTA, cosa non comune per gli accordi internazionali, è stato
negoziato, proprio per la delicatezza della materia trattata, sia dall’Unione europea sia dai singoli Stati
membri.
E’ evidente come questa situazione di stallo non potrà sbloccarsi prima della decisione della Corte di
giustizia sul quesito di cui si è detto in apertura proposto dalla Commissione europea. Cosa deciderà la
Corte? Difficile fare pronostici, ma per potersi sbilanciare è necessario provare a capire se effettivamente i
diritti fondamentali che l’Unione europea, anche in forza della sua Carta dei diritti fondamentali, è obbligata
a rispettare, e primi tra tutti libertà di espressione e la privacy, sono messi in pericolo dalle disposizioni di
ACTA. Se forse la risposta poteva essere positiva guardando al primo draft dell’Accordo, leggendo il testo
finale, che è stato di molto migliorato grazie all’intervento decisivo di Commissione e Parlamento, non si
rintraccia alcuna disposizione in grado di modificare in peius l’esercizio delle libertà fondamentali parti
dell’acquis comunitario.
Bisogna infatti chiarire che in nessun modo l’accordo in questione andrà a stravolgere le garanzie che, a
questo riguardo, emergono dalla legislazione comunitaria rilevante, né in tema di privacy, né in tema di
bilanciamento tra proprietà intellettuale e libertà di espressione. Al contrario ACTA protegge,
paradossalmente, il diritto d’autore in modo meno incisivo rispetto ad alcune disposizioni della normativa
comunitaria già in vigore. Si aggiunga inoltre che ACTA prevede misure meno restrittive della libertà di
espressione per tutelare il copyright rispetto a quelle adottate da molte legislazioni nazionali in
Europa. Basti pensare alla regola cd. 3 strikes rule, risposta graduata alla violazioni del copyright digitale
che, come ultima ratio, contempla la sanzione della disconnessione dell’utente. Ebbene questa regola,
prevista nel draft originario dell’Accordo ma non più presente nel testo definitivo, è invece espressamente
contemplata da molte legislazioni interne di Paesi dell’Unione europea, come, a titolo esemplificativo,
http://www.diritto24.ilsole24ore.com/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2012/03/le-novi... 01/03/2012
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l’Hadopi francese, il Digital Economic Act inglese, la normativa svedese e, per certi versi, la legislazione
spagnola.
Quanto affermato non può però esimere dall’avanzare delle critiche ad ACTA in relazione al metodo di
negoziazione adottato, con particolare riferimento alla poca trasparenza ed allo scarso coinvolgimento
dell’opinione pubblica che ha caratterizzato tutto il procedimento decisionale. È vero che a questo
riguardo si potrebbe sostenere che è prassi comune che le negoziazioni di accordi internazionali,
soprattutto nell’ambito del commercio internazionale, rimangano, fino a un certo punto, riservate, per
garantire un certo margine di negoziazione in capo a ciascuna parte contraente. E’ anche vero però che,
in questo caso, vista la peculiarità delle implicazioni dell’Accordo in questione sull’esercizio dei diritti
fondamentali degli utenti, poteva essere negoziato e discusso con maggiore trasparenza.
Detto questo non può sottolinearsi come un esplicito riferimento alla necessità di garantire il rispetto dei
diritti fondamentali degli utenti della rete nell’ambito della regolamentazione internazionale concernente il
rispetto dei diritti di proprietà intellettuale emerga del quarto comma dell’art. 27 di ACTA, laddove si
sottolinea che tutte le misure finalizzate alla protezione del diritto d’autore devono essere applicate in
modo tale da “tutelare i principi fondamentali quali libertà di espressione, equo trattamento e privacy
conformemente alla normativa delle parti”.
Seppur nella genericità del riferimento, si sottolinea, in sostanza, in accordo con la più recente
giurisprudenza della Corte di giustizia sul punto, la necessità di contemperare i diversi interessi in gioco,
avendo cura di offrire agli utenti adeguate garanzie procedurali al fine di tutelare diritti fondamentali quali
la libertà di espressione, il diritto ad un equo processo e, naturalmente, la riservatezza degli utenti
interessati. Genericità che, peraltro, riceve una significativa concretizzazione nell’esempio che la stessa
normativa fa di un’ipotesi di misura applicativa che sarebbe vietata in quanto contraria a diritti
fondamentali, vale a dire, nel caso in cui sia adottato o mantenuto “un regime che dispone limitazioni sulla
responsabilità di o sui rimedi disponibili contro fornitori di servizi on-line, pur tutelando gli interessi legittimi
del titolare del diritto”. In questo senso, lo spettro, riproposto con forza dai detrattori, non sempre
disinteressati, di ACTA, di una possibile deroga in peius alla normativa europea che prevede delle
esenzioni, in determinate circostanze, alla responsabilità degli ISP è scacciato dallo stesso testo
dell’accordo.
In conclusione sembra evidente che la ragione strategica alla base dell'iniziativa della Commissione sia
quella di ricevere un "certificato" di conformità comunitaria del Trattato da parte del Giudice di
Lussemburgo. Certificato che molto probabilmente la Commissione otterrà. In forza delle osservazioni
che si sono fatte, infatti, non sembrano esserci nè i presupposti nè gli elementi, anche alla luce
dell'estrema ritrosia con cui la Corte di giustizia ha annullato per violazione dei diritti fondamentali una
normativa adottata o ratificata dalle istituzioni europee, per una dichiarazione di illegittimità comunitaria di
ACTA.
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