Quaderno CEI n. 12_08 - Chiesa Cattolica Italiana

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Quaderno CEI n. 12_08 - Chiesa Cattolica Italiana
Indice
Notiziario - Servizio Nazionale per l’IRC
n. 2 - Aprile 2008
Convegno dei Direttori IRC di recente Nomina
L’ORGANIZZAZIONE DELL’IRC
TRA SCUOLA E DIOCESI
Campora San Giovanni, 26-28 marzo 2008
Presentazione
a cura di Giordana Cavicchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag.
INTERVENTI
5
INIZIALI
Saluto e Introduzione
Don Vincenzo Annicchiarico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 10
Saluto. Il Responsabile IRC:
una risorsa tra scuola e diocesi
S. E. Mons. Piero Coccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 15
Benvenuto
Don Domenico Cicione Strangis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 23
RELAZIONI
1. Educare nell’attuale contesto culturale
Prof. Francesco Bellino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 26
2. L’IRC come disciplina scolastica:
tra Teologia e Scienze Umane
Prof. Ernesto Diaco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 38
3. L’IRC nella diocesi: organizzazione
e competenze dell’Ufficio
Mons. Giancarlo Brianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 48
4. Aspetti giuridico-amministrativi dell’IRC e dell’IdR
Prof. Nicola Incampo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 62
1
INDICE
5. La mobilità degli IdR di ruolo
Prof. Sergio Cicatelli. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 79
6. L’idoneità: esperienze di discernimento
e dialogo tra diocesi
Prof. Roberto Giuliani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 90
7. Rielaborazione unitaria dei lavori del Convegno
Prof.ssa Rita Minello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 113
Riflessioni conclusive
Don Vincenzo Annicchiarico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 120
Preghiera di inizio e chiusura
Slide di meditazione
a cura di Cristina Carnevale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 122
Programma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 136
2
INDICE
Convegno
L’ORGANIZZAZIONE DELL’IRC
TRA SCUOLA E DIOCESI
Campora San Giovanni, 26-28 marzo 2008
3
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
P
5
resentazione
a cura di GIORDANA CAVICCHI
Docente di Religione cattolica e collaboratrice Servizio Nazionale IRC
Quest’anno il Servizio Nazionale IRC della CEI, nell’intento
di favorire la partecipazione dei Direttori e Responsabili diocesani
per l’IRC al Convegno di Pastorale Scolastica, non ha voluto programmare un convegno generale ma, tenendo conto delle continue
trasformazioni che coinvolgono la scuola e delle sollecitazioni di
molti giovani direttori, ha organizzato un Convegno Nazionale per i
Direttori e Responsabili IRC nominati nell’ultimo quinquennio.
Il convegno è stato organizzato con lo scopo di sostenere i collaboratori più giovani nell’esercizio di questa responsabilità offrendo loro gli strumenti minimi per garantire un servizio competente e
qualificato all’interno della Chiesa e nei confronti delle Istituzioni
scolastiche affinché la disciplina IRC e gli IdR siano pienamente inseriti nella scuola secondo le modalità e le finalità della scuola stessa. Senza un vero coinvolgimento su base diocesana, è infatti molto
difficile che le varie iniziative realizzate a livello nazionale e regionale producano i risultati che il Servizio si augura.
Il convegno, dal titolo: “L’organizzazione dell’IRC tra Scuola e Diocesi” svoltosi nella bella località di Campora San Giovanni
dal 26 al 28 marzo 2008, si è avvalso, naturalmente, della collaborazione di esperti ma anche di esperienze, o “buone pratiche”, condivise per valorizzare e far conoscere quanto già si sta facendo, facilitare la reciproca conoscenza e favorire scambi e collaborazioni
che potranno essere feconde di nuove risorse.
Dopo la preghiera iniziale curata dalla Prof. Cristina Carnevale e guidata dal Vescovo, S. E. Mons. Piero Coccia, membro della
Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, ha aperto il convegno Don Vincenzo Annicchiarico
responsabile del Servizio Nazionale IRC della CEI.
PRESENTAZIONE
Nella relazione introduttiva Don Vincenzo Annicchiarico, dopo aver ringraziato la Conferenza Episcopale Calabra e la Diocesi di
Cosenza-Bisignano per la calda accoglienza e soprattutto il
Responsabile regionale per l’IRC don Domenico Cicione Strangis,
che ha attivamente collaborato per l’organizzazione del convegno, ha
sottolineato come il contesto e l’orizzonte di ogni compito del
Responsabile diocesano per l’IRC sia il mondo dell’educazione. A
questo riguardo Don Vincenzo Annicchiarico ha richiamato la
profonda attenzione e la premura con cui sia il Papa BenedettoXVI
che il Consiglio Permanente della CEI si sono espressi nei loro più
recenti documenti. Don Annicchiarico ha poi fatto notare come i
molteplici compiti dei responsabili diocesani spazino dalla attenzione alla disciplina, alla “cura” degli IdR: nel loro reclutamento, nella
formazione in servizio e nella collaborazione con il mondo ecclesiale da un lato e professionale dall’altro, all’”ascolto” del mondo giovanile e delle loro famiglie e solo con uno stile di riflessione e ricerca comunitaria è possibile trovare risposte adeguate e condivise.
S. E. Mons. Piero Coccia nel suo saluto, a nome anche della
Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, ha ricordato come la Chiesa ritenga il compito dei responsabili diocesani per l’IRC un “servizio-investimento” importantissimo in campo educativo per l’alto numero di giovani a cui si rivolge e per il fatto che spesso, molti di loro, incontrano la fede cristiana solo a scuola. Ha, inoltre, rimarcato la necessità di riflettere
sull’emergenza educativa anche in vista della definizione di una antropologia, da porre alla base del sistema educativo, che comprenda l’uomo nella sua totalità e quindi nelle sue tre dimensioni naturali: la larghezza, l’altezza e la profondità secondo la definizione di
persona che Manuel Mounier ha dato.
Don Domenico Cicione Strangis, responsabile regionale IRC
della Calabria, nel suo indirizzo di benvenuto a tutti i convegnisti si
è augurato che, di fronte alla sfida educativa, sappiamo comportarci
come coloro che non temono di rischiare la propria vita e salgono in
cima alla collina per piantare tanti piccoli alberi che, crescendo, potranno impedire, con le loro radici, una frana altrimenti rovinosa.
La relazione del Prof. Francesco Bellino, Ordinario di Filosofia
Morale e Direttore del Dipartimento di Bioetica dell’Università degli
Studi di Bari, dal titolo: “Educare nell’attuale contesto culturale”,
per l’assenza del docente, è stata letta in alcune sue parti da Don
Vincenzo Annicchiarico, il quale ha messo in evidenza l’evoluzione
del processo educativo che è giunta oggi, dopo diverse tappe, a porre
l’accento sull’importanza della relazione e dell’imparare ad imparare
per una piena e consapevole realizzazione personale.
Il Prof. Ernesto Diaco, docente di Religione cattolica e viceresponsabile del Servizio Nazionale per il Progetto culturale, nella sua
relazione: “L’IRC come disciplina scolastica: tra Teologia e Scien-
6
PRESENTAZIONE
ze umane” dopo aver brevemente esaminato i due aspetti della
sfida educativa e delle riforme scolastiche ha considerato il contributo specifico che l’IRC, come disciplina scolastica, offre alla cultura e alla crescita degli studenti giungendo a darne una definizione
come di “Una disciplina in dialogo” che si potrebbe aggiungere ai titoli: “Una disciplina in cammino”, “Una disciplina al bivio”, “Una
disciplina in evoluzione” con cui sono stati sintetizzati e pubblicati
i risultati delle diverse indagini nazionali sull’insegnamento della
religione cattolica nella scuola.
Alle relazioni è seguito un ampio dibattito che ha dimostrato
non solo l’interesse per i temi trattati ma anche il desiderio di capire e di approfondire il ruolo di responsabili dell’IRC.
I lavori della seconda giornata sono iniziati con il saluto di S.
E. Mons. Antonio Ciliberti, Arcivescovo di Catanzaro-Squilace, delegato della conferenza Episcopale Calabra per l’educazione, la
scuola e l’università, che ha portato, a tutti i convegnisti, i saluti della Conferenza Episcopale Calabra.
Il primo intervento della mattina ha voluto essere una condivisione di una pratica: Mons. Giancarlo Brianti, responsabile regionale IRC del Friuli Venezia Giulia, con la relazione: “L’IRC nella
diocesi: organizzazione e competenze dell’ufficio” non ha inteso
proporre un modello ideale, come egli stesso ha affermato, ma più
semplicemente e realisticamente un’esperienza maturata durante gli
anni nella conduzione dell’Ufficio Scuola della Diocesi di Udine,
anche attraverso il confronto, la condivisione e la collaborazione
con i colleghi Direttori degli Uffici Scuola delle altre Diocesi del
Friuli Venezia Giulia. Le tre parole chiave intorno alle quali Mons.
Brianti ha declinato i compiti organizzativi dell’ufficio per l’IRC sono stati: “complessità, competenza e relazione”.
Il secondo intervento tenuto dal Prof. Nicola Incampo, direttore dell’ufficio diocesano IRC di Tricarico, sul tema: “L’IRC: competenze giuridico-amministrative”, ha posto l’attenzione su questioni
concrete fondamentali, non sempre sufficientemente chiare e spesso
controverse come: i titoli utili per insegnare, il rilascio, la validità e la
revoca dell’idoneità, le nomine e il ruolo e la valutazione nell’IRC.
La seconda giornata si è conclusa con una visita alla cittadina di Tropea che, nonostante la pioggia, ha potuto mostrare, grazie
anche alla competenza della guida, la sua storia, la sua arte, le sue
tradizioni religiose e alcuni magnifici scorci naturali. Alla celebrazione Eucaristica nel duomo dedicata alla “Madonna di Romania”,
protettrice della città, ha partecipato anche la comunità locale proprio nel giorno, il 27 marzo, in cui la popolazione ricorda lo scampato pericolo del terremoto del 1638 grazie all’intervento miracoloso della Madonna apparsa in sogno al Vescovo Ambrogio Cordova.
La terza giornata è iniziata con la celebrazione della Santa
Messa presieduta da don Domenico Cicione Strangis, nella cappel-
7
PRESENTAZIONE
la dell’hotel “La Principessa” che ospitava il convegno, ed è proseguita con una prima relazione dal titolo: “La mobilità degli IdR di
ruolo” tenuta dal Prof. Sergio Cicatelli, dirigente scolastico attualmente in servizio presso il Ministero della Pubblica Istruzione. Il
Prof. Cicatelli ha spiegato, in maniera sistematica e precisa, le nuove disposizioni in materia di mobilità che coinvolgono i docenti di
religione di ruolo confrontandole anche con la posizione dei docenti non di ruolo e con l’intero organico dell’IRC.
La seconda relazione dal titolo: “Idoneità: esperienze di discernimento e dialogo tra diocesi” tenuta dal Prof. Roberto Giuliani,
responsabile regionale IRC del Trentino Alto Adige, ha voluto essere
ancora una condivisione di una esperienza realizzata nella regione
diocesana del Triveneto. Le diverse diocesi, pur nel rispetto delle autonomie e delle diversità locali, hanno concordato e realizzato una
prova preliminare per candidati provenienti da Regioni al di fuori del
Triveneto che richiedevano di svolgere servizio di IRC, con lo scopo
di fondare l’eventuale rilascio dell’idoneità su di una maggiore conoscenza delle capacità e delle attitudini dei docenti stessi.
Dopo il dibattito in assemblea la Prof. Rita Minello, pedagogista esperta di processi e metodologie formative in presenza e a distanza, con particolare riferimento alle problematiche dell’adolescenza e del Cooperative Learning, con la relazione: “Rielaborazione unitaria dei lavori del Convegno”, ha restituito ai convegnisti una lettura dei lavori inquadrandoli nell’ambito della continuità dei vari convegni organizzati dal Servizio Nazionale per l’IRC
della CEI e coniugando i due termini prevalenti del convegno e cioè
la formazione dei docenti di religione cattolica e l’educazione dei
giovani.
Don Vincenzo Annicchiarico, responsabile del Servizio Nazionale IRC della CEI, a conclusione dei lavori, ha richiamato l’attenzione sull’importanza di lavorare insieme sottolineando che anche la
partecipazione al convegno non deve essere vissuta come una esperienza personale ma come un momento di crescita dell’intera comunità ecclesiale. Riprendendo poi uno degli obiettivi dichiarati all’inizio del convegno, e
cioè quello di incoraggiare ciascuno
nel proprio impegno
diocesano in riferimento all’IRC, ha
augurato a tutti di
essere
coraggiosi
perché il Cristo risorto è la grande
speranza nostra e
dell’umanità.
8
PRESENTAZIONE
I
nterventi iniziali
•
Apertura dei lavori e saluti
Don Vincenzo Annicchiarico
S.E. Mons. Piero Coccia
Don Domenico Cicione Strangis
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
S
aluto e introduzione
Don VINCENZO ANNICCHIARICO
Responsabile del Servizio Nazionale IRC
Nel darvi il benvenuto in questa coinvolgente e bella terra di Calabria, mi accingo ad aprire i lavori di questo nostro
Convegno in primo luogo porgendovi un fraterno saluto.
Saluto in particolare il Vescovo S. E.
Mons. Piero Coccia, membro della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica,
la scuola e l’università.
Ringrazio della calda accoglienza la Conferenza Episcopale
Calabra, e in particolare la Diocesi di Cosenza-Bisignano con il
suo Arcivescovo S. E. Mons. Salvatore Nunnari, che ci accoglie, il
Responsabile regionale per l’IRC, don Domenico Cicione Strangis,
che ha attivamente collaborato per l’organizzazione di questo incontro.
Un vivo ringraziamento voglio esprimere ai relatori ed
esperti che in questi giorni accompagneranno i nostri lavori e a
voi, direttori, vicedirettori e collaboratori, per la solerte attenzione all’IRC e la disponibilità a vivere momenti formativi per l’educazione delle nuove generazioni.
Siamo qui per lavorare insieme, per camminare unitamente,
per progettare e condividere azioni sinergiche che ci consentano di
cooperare nell’ottica del servizio e di un servizio che sia sempre
più organizzato, competente ed efficace.
La garanzia di qualità e adeguatezza dell’operare come responsabili diocesani per l’IRC è data anche dalla capacità di autovalutazione e dal desiderio di miglioramento che conduce a ricercare ed individuare criteri partecipati di lavoro, principi guida,
prassi comuni, secondo gli orientamenti contenuti nella Nota della
CEI “Insegnare religione cattolica oggi”1 che traduce gli impegni
derivanti dal Concordato del 1984 e dalle due Intese del 1985 e
del 1990; consapevoli dei mutamenti intervenuti con l’ingresso in
ruolo degli Insegnanti di Religione cattolica e la conseguente normativa sulla mobilità.
1
CEI, Insegnare religione cattolica oggi. Nota pastorale dell’Episcopato Italiano sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, 19 maggio 1991.
10
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
È evidente che sono diversi i compiti del Responsabile diocesano IRC. Ne richiamiamo alcuni in particolare:
– favorire la riflessione sull’IRC;
– contribuire alla sua collocazione sempre chiara e trasparente
nell’ambito della finalità della scuola;
– prestare attenzione al reclutamento e alla formazione continua
degli Idr in servizio;
– curare l’ascolto del mondo giovanile in particolare degli alunni
di tutte le fasce d’età (dalla scuola dell’Infanzia alla Secondaria
di II grado);
– cercare di rispondere sempre meglio al servizio che chiedono le
famiglie che si avvalgono dell’IRC;
– promuovere il confronto culturale facendo in modo che l’IRC e
gli IdR operino in sinergia con la Pastorale della Scuola, con il
variegato mondo delle Associazioni di categoria (AIMC, UCIIM,
Age, AGEeSC, etc) e con le varie espressioni culturali del territorio.
È altrettanto evidente che il contesto e l’orizzonte di ogni
compito del Responsabile diocesano IRC è il mondo dell’educazione. A questo proposito, Benedetto XVI, nell’intervento al
Convegno ecclesiale di Verona, sottolinea che l’educazione della
persona è questione fondamentale e decisiva, per la quale è necessario risvegliare il coraggio delle decisioni definitive. Il definitivo diventa perno dell’educazione in quanto permette la svolta progettuale della propria vita2. Non è con i sogni declamati, ricorda
ancora il Papa, che si costruisce una società nuova e migliore, né
con le requisitorie saccenti o le suggestioni vaghe quanto utopiche, ma con i percorsi educativi, con la serietà e l’assiduità delle
proposte, con la testimonianza dei maestri, con la severità e lo
sforzo diuturno che è proprio di ogni conquista3. Sui temi dell’educazione e sull’urgenza dell’educare si è espresso efficacemente
anche il Cardinal Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza
Episcopale Italiana, nella Prolusione ai lavori del Consiglio
Episcopale Permanente del 10-13 marzo c.m.4 “Su questo sfondo
– si legge nel comunicato finale dello stesso Consiglio Permanente
– si colloca l’impegno educativo della Chiesa, che, se da un lato
2
Cfr. BENEDETTO XVI, Rendete visibile il grande “si” della fede. Discorso al Convegno,
in: Una speranza per l’Italia. Il Diario di Verona, Supplemento ad Avvenire del
02.12.2006, p. 19.
3
Cfr. BENEDETTO XVI, Discorso per la consegna alla diocesi di Roma della Lettera sul
compito urgente dell’educazione, in: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/
speeches/2008/february/documents/hf_ben-xvi_spe_20080223_diocesi-roma_it.html,
(14.03.08).
4
Cfr. BAGNASCO A., Prolusione. Consiglio Permanete della CEI dal 10 al 13 marzo 2008,
in: http://www.chiesacattolica.it/cci_new/news_images/2008-03/10/Prolusionecp100308.doc,
(14.03.08).
11
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
rappresenta una dimensione tradizionale del suo agire, dall’altro
si è fatto quanto mai urgente oggi, a fronte di una società che non
sembra più capace di assicurare riferimenti affidabili per lo sviluppo armonico della persona. Questa urgenza si coglie in particolare tra i giovani e in special modo fra gli adolescenti, che costituiscono la fascia più esposta al disorientamento. Lungi dal cedere alla tentazione della sfiducia i Vescovi hanno condiviso la
convinzione che anche oggi sia possibile educare. Per questo
hanno confermato la scelta dell’evangelizzazione e dell’educazione dei giovani alla fede come argomento principale dell’Assemblea
Generale dei Vescovi italiani, che si terrà a Roma dal 26 al 30
maggio prossimi”5.
Mi pare opportuno annotare come nell’attuale visione della
scuola, anche secondo le nuove indicazioni ministeriali, la persona da educare viene vista nella sua originalità di percorso individuale e aperta ad offerte a partire dalla rete di relazioni che la legano alla famiglia e agli ambiti sociali. Per questo motivo, l’IRC,
oggi, dà un contributo educativo a tutto ciò, prendendo sul serio
l’affermazione delle nuove indicazioni, laddove si dice che “lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi”6. Per questo, oggi, è necessario guardare la persona
nella sua unità; è lo stesso soggetto che, per esempio, è figlio, è appartenente alla Chiesa, è studente e via dicendo. Insomma, c’è bisogno di dedizione e di passione educativa7.
L’IRC, come disciplina scolastica, permette di riflettere sul
senso unitario della vita, facendo guardare con fiducia verso un’esistenza che si sviluppa in senso progettuale, riflettendo anche sul
fatto che nemmeno l’intatta fiducia nella ragione scientifica e tecnologica riesce ad alleviare o a mascherare la crescente difficoltà
di trovare il senso unitario della vita. L’IRC può far riscoprire questa dimensione fondamentale dell’uomo, nella misura in cui, a
partire dal suo punto di vista culturale e secondo un patrimonio
educativo legato al cattolicesimo da duemila anni, offra un superamento all’esasperata settorializzazione dei saperi, facendo diventare vero fattore umanizzante la centralità della persona
umana e la sua dignità, nel concerto dei vari contributi formativi
della scuola italiana, al di là del fascino malato del “pensiero debole” e della erosione valoriale e antropologica che esso si porta
CEI, Comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanete del 10-13 marzo 2008,
Roma 18 marzo 2008.
6
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Indicazioni per il curricolo per la scuola
dell’Infanzia e per il primo ciclo d’istruzione, Roma 2007, p. 17.
7
Cfr. RUINI C., Cattolici “toccati da Dio”, risorsa morale per l’Italia. Intervento conclusivo, in: Una speranza per l’Italia. Il Diario di Verona, Supplemento ad Avvenire
del 02.12.2006, p. 204.
5
12
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
dietro quale inesorabile corollario. In una società connotata sempre più in senso multiculturale, l’IRC avrà così il compito di far
emergere dalle varie culture e dai vari sistemi di significato quegli
elementi che, autentici semina verbi, risplendono per la loro fedeltà all’indole ragionevole dell’uomo ed alla sua dignità irriducibile. Servire la cultura è servire in qualche modo l’uomo redento
che trova in essa il suo humus vitale, lo spazio della sua socialità
auspicabilmente solidale, il presupposto del suo essere cooperatore della creazione8.
Se la persona umana, nel momento delicato della sua crescita e del suo sviluppo, necessita di una speciale cura educativa,
questa deve riguardare, come abbiamo già detto, tutta la persona,
nelle molteplici dimensioni che la riguardano, anche in quella religiosa e spirituale. La proposta educativa dell’IRC consiste, quindi, nell’offrire alle giovani generazioni, con modalità diversificate
secondo la specifica fascia d’età, la caratteristica risposta cristiano-cattolica in relazione alla ricerca identitaria, alla vita relazionale, alle scelte valoriali, alla complessità della vita reale ed alle
più radicali domande di senso, consentendo uno specchio di confronto rispetto al quale la persona può liberamente orientarsi e definirsi.
In questo frangente, ad esempio, siamo chiamati a fare il
punto sull’attuale sperimentazione delle Indicazioni per il curricolo, all’interno della quale, come sapete, anche l’IRC sta elaborando i propri Traguardi di competenza e Obiettivi di apprendimento.
Altro elemento di novità è poi la questione relativa alla mobilità
degli Insegnanti di Religione cattolica di ruolo9.
Accompagnare i cambiamenti, le innovazioni, le trasformazioni cui è continuamente soggetta la scuola, non significa, come
ho già detto, lasciarsi trascinare in una corsa senza fine che impedisce di allargare lo sguardo sulla questione profonda dell’educare nel contesto culturale contemporaneo, problematica molto
A questo proposito a Verona, nell’ambito della Tradizione, Esposito sottolinea che
bisogna riprendere le ragioni della fede, aiutando a dare un giudizio sulla realtà [...],
da non identificare però con una mera analisi della situazione, ma con una disponibilità della ragione e del cuore ad accogliere la sfida degli avvenimenti alla luce della
presenza reale di Cristo nella storia. Pertanto la scuola è vista anche come “scuola
dell’umano”, ovvero dove educare significa anche saper riconoscere la presenza cristiana attraverso tutti i segni quali: le forme espressive dell’arte, della musica, della
scienza, della letteratura, della creazione di forme nuove di civiltà, della stessa creatività sociale e politica, della testimonianza della carità, valorizzando l’attesa ultima
del cuore dell’uomo, il suo bisogno più radicale di senso e di felicità e insieme la risposta che Cristo costituisce per l’umano (Cfr. ESPOSITO C., Quella sorgente di vita che
attraversa i secoli. Tradizione, in: Una speranza per l’Italia. Il Diario di Verona,
Supplemento ad Avvenire del 02.12.2006, p. 149).
9
Cfr. MINISTERO PUBBLICA ISTRUZIONE, Ordinanza Ministeriale n. 27 del 21 febbraio
2008.
8
13
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
sottolineata dal Papa10. Valorizzare la disciplina IRC, sempre da
approfondire, significa dare rilievo alle molteplici sfaccettature e
risorse formativo-culturali, ma anche rilevare davvero le potenzialità educative in tutta la loro portata.
È con questo stile di ricerca e di riflessione comunitaria che
intendiamo, dunque, avviare i lavori di questo Convegno, augurandoci di riscoprire tutta la ricchezza del sostegno reciproco e la
potenzialità feconda della cooperazione in uno stile condiviso.
Grazie e buon Convegno a tutti!
10
Cfr. BENEDETTO XVI, Lettera alla Diocesi e alla Città di Roma sul compito urgente dell’educazione, in: http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/letters/2008/documents/
hf_ben-xvi_let_20080121_educazione_it.html, (14.03.08).
14
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
S
Ringraziamento
15
aluto. Il Responsabile IRC:
una risorsa tra scuola e diocesi
S.E. Mons. PIERO COCCIA
Arcivescovo di Pesaro e membro della Commissione Episcopale
per l’educazione cattolica, la scuola e l’università
Ringrazio sentitamente del saluto che
mi è stato rivolto da Don Vincenzo Annicchiarico. Ho qualche dubbio sulla presentazione così lusinghiera, ma evidentemente
avete capito che c’è un’intesa di fondo che ci
lega soprattutto per il ruolo e per l’ufficio.
Saluto personalmente tutti voi, cari amici, e
il mio saluto viene chiaramente condiviso
dalla Commissione della CEI per l’Educazione Cattolica, la Scuola e
l’Università. Pochi giorni fa la commissione si è riunita per il consueto incontro bimensile. Uno degli argomenti affrontati è stato
quello dell’IRC con particolare riferimento al problema della idoneità e della mobilità dei docenti. Naturalmente con il saluto della
Commissione, porto anche il saluto di tutti i Vescovi Italiani.
Ringrazio il nuovo direttore del Servizio Nazionale dell’IRC
Don Vincenzo Annicchiarico che sta lavorando con molta serietà e
con grande impegno. Ringrazio poi Suor Feliciana Moro che è sempre il ponte della continuità, della stabilità e dell’esperienza necessaria per tutti noi. Insieme con loro ringrazio tutti i componenti del
Servizio Nazionale per l’IRC.
Io noto che questo ufficio ha lavorato e sta lavorando tantissimo, con passione e con competenza, ma anche con una grande attenzione ai temi dell’attualità della vita della scuola. Voglio anche
rilevare che esso da tempo sta facendo un forte investimento nel
campo della formazione. È questo un lavoro che già si era iniziato
negli anni passati e che sta continuando con molta linearità e in
forma progressiva.
Ringrazio anche l’Ufficio Regionale dell’IRC della Calabria
nella persona di Don Domenico e con lui ringrazio il Vescovo locale
ed il Vescovo delegato per il settore dell’Educazione Cattolica, Scuola
ed l’Università Mons. Ciliberti. Infine ringrazio tutti coloro che
hanno dato il proprio contributo per realizzare questo convegno.
Voglio anche sottolineare un’ultima cosa: il nostro ufficio, ora
Servizio Nazionale per l’IRC, si avvale sempre più dell’apporto di
tanti esperti. Esperti veramente qualificati. Si è creata una bella
equipe che lavora molto bene e soprattutto in maniera molto mirata mettendo in campo competenze notevoli.
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Adesso scendo in platea e i saluti li faccio a tutti voi carissimi
convegnisti. Voi siete i Direttori nuovi o seminuovi dell’IRC nelle
vostre diocesi. Io posso solamente sottolineare, confermando ciò
che Don Vincenzo ha detto, che a voi compete un ruolo veramente
importante. Certamente dovete affrontare il nuovo che a volte può
risultare problematico, ma ciò non vi deve spaventare.
Il Direttore
dell’Ufficio Scuola:
un investimento
16
Vi cito la mia esperienza personale. Quando il mio Vescovo,
uomo molto intelligente e deciso, mi chiamò e mi disse: “Guarda
che devi fare anche il direttore dell’Ufficio Scuola”, io garbatamente feci le mie resistenze, avendo già tanti altri incarichi. Perciò dissi
al mio Vescovo: “Sarà il caso che Lei chiami qualcun altro”. Lui mi
guardò e mi disse: “Guarda che io non ti sto chiedendo solamente
un servizio ma faccio un investimento”. Questa frase mi è rimasta
sempre molto impressa. Credo che i vostri vescovi, scegliendovi o
come sacerdoti o come laici, abbiano anche loro fatto un investimento e poiché la scelta è stata fatta da loro, non c’è da preoccuparsi. Il vostro servizio è connesso ad un investimento e ogni investimento deve dare risultato. Pertanto questo è l’augurio che io vi
faccio di tutto cuore: il vostro sia un servizio-investimento vitale,
per la vita della chiesa, per la vita della scuola, per la vita della società, ma ancor di più per la persona. Questa considerazione dobbiamo tenerla sempre all’orizzonte, anche di fronte a qualche ipotetica difficoltà. Non dimenticate che voi state facendo un servizio-investimento di grande rilievo, anche perché con dati alla mano, la
stragrande maggioranza dei nostri giovani ha l’approccio con la fede
cristiana attraverso l’insegnamento dell’IRC e dei suoi docenti. Non
possiamo ignorare che la pastorale giovanile, con tutti gli sforzi
messi in atto, raggiunge una percentuale del tutto limitata di giovani. C’è invece una percentuale veramente notevole che viene lambita dall’esperienza della fede solo attraverso l’insegnamento dell’IRC. Quindi il vostro compito non è solo apprezzabile ma decisivo. Il vostro servizio è un servizio-investimento a cui la Chiesa Italiana tiene in particolar modo. C’è stato un riferimento nella relazione introduttiva, ad alcuni passaggi del magistero di Benedetto
XVI quanto mai appropriati, in merito alla scuola. Ma c’è stato
anche una citazione della recente prolusione del Cardinale Presidente della CEI, nella quale si diceva dell’urgenza educativa della
Chiesa Italiana. Tra l’altro, la prossima assemblea generale della
CEI, avrà come tema centrale il mondo dei giovani con particolare
attenzione all’esperienza educativa che questo richiede.
Detto ciò vengo subito al convegno. Questo convegno è significativo già nella tematica con cui si presenta: “L’Organizzazione
dell’IRC tra la Scuola e la Diocesi”. Va da sé che esso prende in
esame il rapporto sempre da approfondire che l’IRC ha con la dioCONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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SCUOLA
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cesi e con la scuola. Ma non va dimenticato che il convegno è centrato su quell’elemento fondamentale che è la persona umana. Pertanto credo che esso si qualifichi per varie ragioni. Prima di tutto
perché costituisce un confronto costruttivo tra i partecipanti. Quando ci confrontiamo cresciamo tutti. Inoltre in esso ci si dà una panoramica d’insieme delle sfide educative che la scuola di oggi deve
affrontare. Per di più in questo convegno si prende in esame la specificità dell’IRC in dialogo con le altre discipline. Da ultimo il convegno pone un’attenzione costante al quadro della riforma scolastica. Infatti in questi giorni avrete modo di puntualizzare gli elementi normativi della famosa O. M. n. 27 sulla mobilità degli
Insegnanti di religione, come anche la prossima sperimentazione
degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi di competenza
dell’IRC. Quindi siamo nella piena attualità e tutto ciò che è attualità certamente ci interessa. Ma l’attualità ha sempre una sua valenza dentro un contesto. Perciò, fatta questa premessa, io mi permetto di soffermarmi su alcuni elementi posti dalla cosiddetta
“questione educativa”.
La Chiesa Italiana e
il fattore educativo
17
Parto da una prima considerazione. La Chiesa Italiana ha
fortemente a cuore il problema educativo. Qualcuno dice: “Sì voi
Vescovi lo dite, ma poi?”. Noi lo diciamo e cerchiamo anche di
dare attuazione a quanto affermiamo. Tuttavia le modalità e le
forme attuative sono sempre diversificate. Sta di fatto che noi tutti
pastori della Chiesa in Italia sentiamo la necessità di dare priorità
ed investimento al fattore educativo e ciò per varie ragioni.
Innanzitutto perché la Chiesa per sua natura deve insegnare. Il
munus docendi è proprio della Chiesa, insieme agli altri due
munus. Quindi il fattore educativo coinvolge la Chiesa nella sua
realtà costitutiva. Non dimentichiamo che in Italia la Chiesa, in
campo educativo, non ha fatto tanto ma ha fatto tantissimo.
Inoltre questo “ritorno all’educare”, i vescovi italiani, in questa
particolare stagione culturale che stiamo vivendo, lo stanno sentendo in maniera molto forte. Voi sapete che negli anni passati
qualche giornalista-opinionista, ha fatto notare come la Chiesa
Italiana si era troppo sbilanciata sul sociale e poco sul culturale e
sull’educativo. Oggi stiamo riprendendo in mano la questione educativa e la stiamo mettendo al centro della nuova evangelizzazione. Non possiamo dimenticare che a Verona Benedetto XVI nell’intervento rivolto alla Chiesa Italiana, ha sottolineato le tre priorità che l’attendono. La prima priorità indicata dal Papa è quella
dell’educare, insieme alle altre due: la testimonianza della carità e
la formazione civile e sociale dei cattolici italiani. Inoltre va ricordato che Benedetto XVI sul tema dell’educazione è intervenuto in
più occasioni. Sottolineo l’intervento dello scorso giugno rivolto
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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alla Chiesa di Roma riunita, insieme al Cardinal Ruini per riflettere sul proprio piano pastorale. Ma cito anche la sua lettera del 21
gennaio di quest’anno, mandata alla Diocesi e alla città di Roma
avente per oggetto il compito urgente dell’educare da parte della
Chiesa. Il magistero di Benedetto XVI ha delle sue specificità. Una
di queste è anche quella della pressione direi, oltre che della premura, per la problematica educativa. Dunque la Chiesa Italiana
ha a cuore il discorso dell’educare anche grazie alle sollecitazioni
di Benedetto XVI.
Tuttavia essa non dimentica che la “questione educativa”
chiede una riflessione seria e profonda. Voi sapete che l’educare
viene interpretato nelle sue linee di possibile sviluppo e di progettualità in maniera molto diversa. C’è chi parla di travaglio educativo. Probabilmente questa parola nasconde anche una sfiducia per
quanto riguarda la possibilità dell’educare. Qualcuno parla di urgenza educativa. Qualcuno parla di emergenza educativa. Qualcuno
parla di catastrofe educativa ecc. Sta di fatto che oggi, in merito all’educare, tutti ne cogliamo l’attualità ma nel contempo la diversità
interpretativa di questo processo. Rimane il fatto che la “questione
educativa” presenta alcuni nodi su cui ci dobbiamo confrontare e
sciogliere, attraverso soluzioni condivise.
L’educare, prima di tutto ci pone il problema dei contenuti.
Che significa educare? Qualcuno parla di educazione come pura informazione. Qualcun altro sostiene che l’educare comporti la pura
acquisizione di abilità. Altri ancora affermano che il discorso educativo deve essere confinato nella sfera della neutralità. Allora il
problema sorge profondo: quali sono i contenuti essenziali dell’educare? Visto che l’educare è questione decisiva che comporta
delle scelte definitive, come ci ha ricordato il Papa a Verona, urge
fare chiarezza. Tutti ci rendiamo conto, soprattutto per esperienza,
che l’educare fondamentalmente consiste in un processo di relazione tra una domanda che deve essere intercettata e una proposta
che deve essere fatta. Il tutto nella dinamica della libertà che coinvolge sia chi educa sia chi viene educato. Noi dobbiamo probabilmente sciogliere questo primo nodo: intendere l’educazione come
relazione. In questa relazione va garantita la libertà sia di chi chiede sia di chi propone. Nella lettera del 21 gennaio inviata dal Papa
alla sua diocesi e città di Roma, sul compito urgente dell’educare,
si diceva in un passaggio quanto mai lineare: “Il rapporto educativo è l’incontro di due libertà e l’educazione ben riuscita è la formazione al retto uso della libertà”. È una definizione molto chiara.
Ma essa è carica di responsabilità. Quindi il primo nodo sul quale
ci dobbiamo ritrovare e che dobbiamo sciogliere è proprio quello
del contenuto dell’educare nel suo significato più profondo ed esteso. Educare comporta il mettere in atto una relazione nella quale
giocano un ruolo decisivo la domanda, l’offerta e il retto uso della
libertà.
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Educazione
e antropologia
Un secondo nodo a cui la cosiddetta “questione educativa” ci
rimanda, è quello dell’antropologia. Ormai tutti ci rendiamo conto
che la l’antropologia è decisiva nei vari campi dell’esistere umano
e quindi anche nell’esperienza educativa, poiché la centralità della
persona è il punto di partenza ed il punto di arrivo del fattore educativo. Voi sapete anche però che in merito all’antropologia abbiamo una pluralità di interpretazioni, anche molto diversificate tra di
loro. Certamente se la questione educativa ci pone un problema
che è quello della relazionalità, noi dobbiamo partire da una concezione di antropologia, dove al centro di tutto è la persona vista
nella sua relazionalità. Se così non fosse non avrebbe neppure
senso sciogliere il primo nodo. Per sciogliere il nodo della educazione come relazione tra domanda e offerta, ci troviamo nella condizione di dover affermare che chi chiede e chi offre, sono comunque delle persone e quindi realtà relazionali. Ma in merito alla definizione del soggetto umano come relazione, ci sono diverse posizioni. Noi cristiani abbiamo una visione chiara della persona come
dato relazionale con motivazioni di ordine teologico, a cominciare
dalla categoria dell’Immago Dei della creazione, per poi proseguire
con la categoria della redenzione. Se Cristo ci redime, ci riporta alla
piena comunione e quindi alla relazionalità completa. Sta di fatto
però che sull’antropologia, ci sono posizioni diversificate e a volte
contrastanti.
Una antropologia
che sappia fare i
conti con la realtà
totale
Abbiamo però un terzo nodo da sciogliere. Se educare significa vivere il senso della relazione nel rispetto e nella forma della libertà, e se la relazione presuppone una visione del soggetto inteso
come persona, dobbiamo anche aggiungere che abbiamo bisogno di
una antropologia che sappia fare i conti con la realtà totale. Oggi ci
troviamo di fronte a definizioni del soggetto umano molto dimezzate, che non lasciano spazio alla pienezza della relazionalità. Voi
pensate solamente che W. Safire definisce l’etica come neurotica.
Secondo questo autore l’etica dipenderebbe dal sistema dei nostri
neuroni. Siamo arrivati a questi casi limite. C’è gente che scrive di
queste cose, c’è gente che legge di queste cose e c’è gente che probabilmente si convince di queste cose. Necessita quindi risolvere la
questione educativa, certamente attraverso l’esperienza relazionale
della persona, ma della persona integralmente intesa, e cioè attraverso la cosiddetta antropologia totale. Tutti conosciamo la definizione classica che Manuel Mounier ha dato della persona come relazione in altezza, in larghezza e in profondità. Va da sé quindi che
una antropologia totale deve includere l’elemento trascendente
come elemento essenziale e non opzionale. Se non ci si ritrova nel
definire la persona come relazione sulle tre dimensioni, la sfida educativa non trova soluzione e i rischi che si corrono sono reali. A que-
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sto riguardo non è difficile cogliere i danni prodotti da una mancata antropologia totale anche nella sfera educativa.
Nell’enciclica Spe Salvi Benedetto XVI fa riferimento, almeno
in alcuni passaggi, alla scuola di Francoforte, citando ripetutamente T. Adorno e M. Horkheimer in quel testo famoso scritto da questi
due autori dal titolo: “Dialettica dell’illuminismo”. Benedetto XVI,
che tra l’altro è uno studioso e conosce bene le matrici culturali del
pensiero contemporaneo, riferendosi alla scuola di Francoforte, ci fa
capire come noi in Europa siamo passati negli ultimi due secoli dalla fase della “grande luce”, alla fase del “grande tramonto” per giungere poi a quella della “grande notte” e a quella successiva “dell’incipiente aurora”. Infatti il pensiero dell’illuminismo prima e dell’idealismo poi, sostenendo l’equazione del reale come razionale, ci
ha portati da una aspirazione di totalità ad un effettivo totalitarismo
che gli studiosi della scuola di Francoforte hanno definito “la trionfale sventura”. Il che è accaduto perché una certa antropologia, fondata unicamente sulla forza della ragione, ha avuto la pretesa di
fare a meno della dimensione trascendente di Dio: elemento questo
garante della dignità universale della persona.
Nell’epoca del post moderno si è passati poi dal tramonto
alla notte e cioè dall’utopia al disinganno, dal trionfo della ragione al cosiddetto pensiero debole. Con il pensiero debole si è arrivati alla rinuncia della domanda di senso, all’indifferenza, all’abbandono dei valori forti e al dominio del relativismo e del soggettivismo. È inevitabile che quando c’è il pensiero debole, derivante da una antropologia debole, il relativismo trionfa e definisce
ogni posizione equivalente all’altra. Così dicasi anche per il soggettivismo dove ognuno si crea le proprie posizioni e convinzioni,
anche in campo etico. In questo contesto sono sorte le cosiddette
“folle della solitudine”, si è creato “il trionfo del calcolo”, “l’esaltazione dell’immediato”, ecc.. Ma perché siamo arrivati al “pensiero debole”? La risposta anche qui è chiara: è mancata una antropologia totale con l’esclusione della dimensione trascendente.
Anche il messaggio che Benedetto XVI ha inviato per la Giornata
Mondiale della Pace del primo di gennaio di quest’anno, contiene
un costante riferimento alla necessità di una antropologia totale
per garantire la dignità della persona, della famiglia umana e
quindi la pace duratura.
Ma oggi quale è la situazione in merito all’antropologia? Probabilmente siamo all’inizio dell’aurora. Ci sono segni che manifestano esigenza di recupero. Questi segni vanno colti e accompagnati con una antropologia robusta e completa, come quella di matrice
cristiana. Segni di recupero ce ne sono. Basti pensare a tutto il pensiero di Lèvinas oggi condiviso da tante persone. Un pensiero dove
si valorizza l’altro, dove l’altro diventa motivo per amare e motivo
per vivere. Il che non è poco per recuperare una certa antropologia
in grado di superare il pensiero debole.
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Ma sottolineo un altro segno ancora: l’affacciarsi sulla scena
della cultura di oggi di quel pensiero che invoca “la nostalgia del totalmente Altro” in varie forme. J. Habermans per fondare la sua
etica fa riferimenti ai valori derivanti dalla “ulteriorità”, facendo
così intendere la necessità del ritorno al Trascendente per fondare
la convivenza tra diversi.
Inoltre si nota sull’orizzonte del pensiero contemporaneo la
necessità di un sempre maggior consenso intorno alle cosiddette
“evidenze etiche”. È uscito ultimamente il testo di Charles Taylor
l’“Epoca secolarizzata”. Questo autore, che ha studiato a fondo la
postmodernità, sostiene che bisogna ritrovarsi almeno sull’evidenza
etica per far camminare la storia. Questi sono segni, accennati in
maniera frettolosa, che stanno ad indicarci come oggi, si sente forte
l’esigenza di ricostruire una antropologia dove la dimensione trascendente non sia un elemento aggiuntivo, ma costitutivo per soddisfare la pienezza dell’umano.
Antropologia
e cultura
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Faccio un altro riferimento come ultimo nodo da sciogliere. La
questione educativa presuppone una definizione dei contenuti nel
campo della relazionalità. La relazionalità presuppone a sua volta
una visione di antropologia, dove la persona deve essere intesa come relazione. L’antropologia a sua volta, per essere completa e garante della realtà totale, chiede di includere la dimensione trascendente. Arriviamo così al quarto nodo. L’antropologia totale ha bisogno di cultura, deve avvalersi di cultura, deve formare culturalmente la persona. Per cultura qui non intendiamo solo i livelli alti della
ricerca accademica. Ma con questo termine definiamo quella cifra,
quel codice, quella elaborazione anche simbolica che diventano elementi ermeneutici per interpretare l’esperienza e l’avventura umana
nella sua condizione di totalità. Da qui allora nasce anche quella
necessità di rapportare la questione educativa alla questione culturale, passando attraverso quell’antropologia che definisce la persona relazione completa nelle sue tre dimensioni.
Voi come docenti, come Direttori di Uffici, in maniera diretta
o indiretta, avete la consapevolezza e la responsabilità di fare un lavoro culturale e di farlo dentro quei termini della questione educativa a cui abbiamo fatto riferimento. Qui si tratta di far sì che la cultura diventi presa di coscienza di sé, del mondo, della storia, del
Trascendente. Di quel Trascendente che è garanzia della vera dignità della persona umana. A questo l’IRC, inserito nel quadro della
finalità della scuola, deve tendere.
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Un augurio
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Concludo facendovi un augurio. Voi siete persone impegnate
nel campo della scuola, per quello che vi compete e vi riguarda come direttori degli uffici per l’IRC. Forse qualcuno di voi è anche Docente. Allora la questione educativa vi coinvolga avendo coscienza
che essa chiede chiarezza per il suo contenuto relazionale, che essa
esige una definizione del soggetto come persona e quindi come relazione e che essa reclama una antropologia totale, la quale a sua
volta va tradotta in cultura. In quella cultura con cui interpretare la
propria e l’altrui vita in termini di totalità e di pienezza.
Voglio chiudere con un passaggio della citata lettera di Benedetto XVI, inviata alla chiesa di Roma il 21 gennaio. Il Papa dice
così: “Vorrei infine proporvi un pensiero che ho sviluppato nella recente enciclica Spe salvi sulla speranza cristiana: anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile. Oggi la nostra speranza è insidiata da molte parti e rischiamo di
ridiventare anche noi, come gli antichi pagani, uomini “senza speranza e senza Dio in questo mondo”, come scriveva l’apostolo Paolo
ai cristiani di Efeso (Ef 2,12). Proprio da qui nasce la difficoltà forse
più profonda per una vera opera educativa: alla radice della crisi
dell’educazione c’è infatti una crisi di fiducia nella vita”.
Credo che voi siete chiamati ad operare in questa direzione.
Perciò vi auguro buon lavoro, ma ho anche la certezza che questa
sollecitazione di Benedetto XVI la state già vivendo con intensità,
amando il compito educativo a cui siete stati chiamati dal vostro
servizio-investimento. Vi ringrazio per l’attenzione.
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envenuto
Don DOMENICO CICIONE STRANGIS
Responsabile regionale IRC della Calabria
Ecc.nza Rev.ma Mons. Piero Coccia,
signori Relatori, carissimi don Vincenzo, sr
Feliciana e segretari del Servizio Nazione per
l’IRC, carissimi Direttori e Responsabili IRC,
un cordiale e fraterno benvenuto a tutti e a
ciascuno in Calabria.
Sono sinceramente grato al Signore per
il dono della vostra presenza, e al Servizio
Nazionale per aver scelto questa nostra terra di Calabria per il
Convegno dei Direttori e Responsabili IRC di recente nomina. Spero
per tutti che, fin dai primi istanti, abbiate potuto sperimentare il calore e il valore dell’accoglienza che da sempre caratterizzano la nostra gente, così come anche la bellezza della natura e i documenti architettonici e artistici che testimoniano le radici cristiane della
Calabria, Terra che da sempre ha saputo fare sintesi tra le varie culture, arricchendo così la propria identità. La Calabria, per sua natura, per la sua storia e per la sua posizione geografica nel
Mediterraneo, ha custodito gelosamente la sua vocazione quale
“ponte” tra culture, etnie e fedi diverse ma è per la fede riposta nel
Crocifisso Risorto che è stata capace di fare sintesi e di non smarrire la propria identità.
Ovunque si percepisce uno sguardo, sempre più purificato, rivolto al passato e alle tradizioni, da custodire con la ricchezza dei valori condivisi delle quali sono portatrici, ma anche uno sguardo lucido del presente, con le sue potenzialità e i suoi limiti (spesso, questi
ultimi, esageratamente e ingiustamente evidenziate dai media) e capace di accogliere le sfide dell’oggi e di progettare il suo futuro.
Desidero, all’inizio di questo Convegno, condividere con voi
un’icona nella quale rileggere il servizio che ciascuno di noi è chiamato dalla Chiesa a rendere, nella Chiesa e per il mondo.
Dinanzi ad una collina che rischia di franare, lasciando dietro di sé rovine e morte, gli atteggiamenti possono essere tre. Il primo atteggiamento è quello della fuga, di chi scappa via, allontanandosi, perché timoroso di perdere la propria vita, senza preoccuparsi di coloro che rimangono, e spesso a rimanere sono i più deboli,
coloro che non hanno la forza e i mezzi necessari per fuggire via. Il
secondo atteggiamento è quello di chi decide di non scappare e, dopo un’accurata e razionale analisi della situazione, decide di costruire un muro di contenimento, ma rimane un dubbio, un’incognita: potrà tutto questo ingente sforzo di intelligenze, energie e riCONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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sorse garantire che la collina non crolli? Il terzo atteggiamento è
quello di chi decide di rischiare la propria vita salendo sulla collina
e scavare per piantare tanti piccoli alberi. Inizialmente sembra una
follia, ma non è così, saranno proprio quei piccoli alberi che crescendo, con le loro radici, impediranno alla collina di franare rovinosamente. Questo ultimo atteggiamento non è solo il più ragionevole ma anche l’unico capace di essere risolutivo, anche perché maturato nella consapevolezza che una collina crolla solo se ferita, se
sono state estirpate o fatte morire quelle piante che con le loro radici, quasi abbracciate come delle trame e degli orditi, per millenni
ne hanno saputo e potuto custodire e garantire la stabilità.
Carissimi amici, siamo chiamati, dai nostri Vescovi, a rendere un Servizio all’uomo nella complessità del momento storico che
stiamo vivendo. Educare oggi è una sfida, e noi ci sentiamo in dovere di assumerla. Il IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona ci
ha offerto coordinate preziose, ricollocando l’uomo al centro di tutto
il nostro servizio. Ogni bambino, ragazzo e giovane vive e realizza
la propria esistenza, in ambiti concreti dai quali non vogliamo o
possiamo prendere le distanze, anzi è necessario entrarci con consapevolezza e responsabilità ricordando che la via che la Chiesa è
chiamata a percorrere è quella che passa per l’uomo. Il nostro servizio è reso all’uomo, a tutto l’uomo, al suo bisogno di dischiudersi
alla Verità, a codificare segni per codificare valori condivisi. Siamo
chiamati a rendere un servizio umile e perseverante, con fede, coscienza e competenza. Siamo chiamati a perseverare nel piantare
quotidianamente tanti piccoli alberi che sviluppino le loro radici e
siano capaci di dare Speranza. Sarebbe una mera illusione se pensassimo che l’organizzazione sia la risultante di strategie e analisi
razionali, non certamente risolutive. È la passione per l’uomo, una
passione conformata a quella di Gesù Cristo, è l’alimentare quotidianamente relazioni autentiche e mature che renderanno il nostro
Servizio sempre più fecondo.
A tutti auguro buon lavoro.
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R
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elazioni
•
1. Educare nell’attuale contesto culturale
•
2. L’IRC come disciplina scolastica:
tra Teologia e Scienze Umane
•
3. L’IRC nella diocesi:
organizzazione e competenze dell’Ufficio
•
4. Aspetti giuridico-amministrativi dell’IRC e dell’IdR
•
5. La mobilità degli IdR di ruolo
•
6. L’idoneità: esperienze di discernimento
e dialogo tra diocesi
•
7. Rielaborazione unitaria dei lavori del Convegno
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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1.
1.
La natura
dell’educazione
Educare nell’attuale
contesto culturale *
Prof. FRANCESCO BELLINO - Ordinario di Filosofia Morale e Direttore
del Dipartimento di Bioetica dell’Università degli Studi di Bari
Alla fine del XX secolo, che a buon diritto può essere considerato il secolo della scuola, facendo il bilancio delle riforme scolastiche, ci si trova di fronte, annotiamo con Vertecchi, «a un territorio
per tanti versi inaridito»1. «L’atmosfera che si respira nelle aule –
scrive John Goodlad – non è né dura né punitiva, né calorosa né allegra: è semplicemente scialba, piatta, insipida»2. La crisi di identità,
che interessa sempre più gli insegnanti, come ha dimostrato Bottani3,
finisce col mettere in discussione lo stesso modello di scuola.
Si può dire con Vertecchi che «la logica delle riforme scolastiche sia stata coerente, anziché con un disegno di ampliamento reale
della base sociale dell’istruzione, con un intento di delimitazione
della circolazione effettiva di cultura, perseguito da un lato attraverso l’attenuazione delle implicazioni formative collegate alla fruizione di determinati livelli dei sistemi d’istruzione, dall’altro attraverso la segmentazione delle competenze, in particolare per ciò che
riguarda i canali di studio più connotati in senso scientifico e tecnologico. È come dire che mentre si assicurava a tutti la possibilità
di andare a scuola per un numero consistente di anni si svuotavano progressivamente i curricoli delle implicazioni formative, dando
luogo a un indistinto nel quale è stato sempre più difficile separare
l’essenziale dal superfluo, dall’effimero, dal generico4.
In una società complessa è solo la cultura, e l’intelligenza che
ad essa si collega, ad «assicurare l’educazione: cultura ed intelligenza consentono di scegliere, di valutare, di comprendere le scelte
altrui, di decidere responsabilmente, di acquisire una nozione positiva dei diritti e dei doveri, delle possibilità e dei limiti dell’azione
individuale e di quella collettiva. [...] Se la cultura e l’intelligenza
costituiscono i tratti distintivi della condizione umana e l’educazione il modo in cui esse riescono ad esprimersi attraverso il compor-
* Relazione inserita in cartella e presentata da Don Vincenzo Annicchiarico, non essendo potuto intervenire il relatore di persona.
1
B. VERTECCHI, Riflessioni sul Novecento, in B. VERTECCHI (a cura di), Il secolo della
scuola. L’educazione nel Novecento, Firenze 1995, p. 8.
2
J. GOODLAD, A Place Called School, New York 1984.
3
Cfr. N. BOTTANI, Professoressa addio, Bologna 1986; La ricreazione è finita. Dibattito
sulla qualità dell’istruzione, Bologna 1986.
4
VERTECCHI, Riflessioni sul Novecento, cit., p. 8.
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tamento, il consumismo educativo si risolve in una diminuzione
della stessa condizione umana»5.
In questa situazione di crisi dei sistemi educativi, in questa atmosfera piuttosto apatica e disincantata è fondamentale, per uscire dal
pantano dell’indifferenza e del cinismo, che come ha ammonito
Camus, è «la grande tentazione dell’intelligenza»6, ritrovare le ragioni
e il senso dell’educazione, interrogandosi sulla sua natura e finalità.
L’educazione è «attività intenzionalmente diretta a promuovere lo sviluppo della persona umana e la sua integrazione nella
vita della società». Pur essendo nella sua prima origine omologa,
ma non identica all’allevamento e pur avvalendosi di forme di addestramento, l’educazione propriamente detta è «relazione interpersonale tra soggetti ragionevoli e liberi: essa è pertanto caratterizzata
dall’intenzionalità, dalla collaborazione intellettuale e morale, dalla
socialità e storicità»7.
Indubbiamente il compito dell’educazione non consiste nell’umanizzazione dell’essere umano in sé, astrattamente concepito,
ma di un essere umano appartenente ad un particolare ambiente
socio-culturale e vivente in un preciso momento storico. Se è vero
che il nostro principale dovere consiste nel diventare ciò che siamo
(Pindaro) o meglio nel diventare ciò che siamo nella nostra parte
migliore, nulla è più importante e più difficile per ciascuno di noi
che divenire un uomo, umanarsi8.
L’uomo non è solo un «animale di natura» nel senso che è fermo a ciò che è prefissato per natura, ma è anche un «animale di cultura», che è suscettibile di progresso culturale e può sussistere soltanto con lo sviluppo della società e della civiltà, ed è «un animale
storico: donde la molteplicità dei tipi culturali o etico-storici che diversificano l’umanità». Maritain ci ricorda che la parola educazione
ha tre significati ben distinti, quantunque storicamente si sovrappongano l’uno all’altro, e «si riferisce sia a qualunque processo per
mezzo del quale un uomo è formato e condotto verso la sua perfezione (educazione nel senso più lato), sia all’opera di formazione che
gli adulti intraprendono nei confronti della gioventù, sia (in senso
più stretto) al compito specifico delle scuole e delle università»9.
Da tali premesse scaturisce che il sistema scolastico nella sua
globalità fondamentalmente ha 3 compiti e obiettivi:
1. formazione dell’uomo e del cittadino;
2. socializzazione;
3. trasmissione culturale attraverso l’insegnamento.
Ibid., pp.11-12.
A. CAMUS, Taccuini (1935-1942), tr. it., Milano 1992, p. 106.
7
M. LAENG, I concetti cardine della pedagogia, Appendice a G. REALE-D. ANTISERI-M.
LAENG, Filosofia e pedagogia dalle origini ad oggi, Brescia 1986, vol. 3, pp. 815-16.
8
Cfr. E. DUCCI, L’uomo umano, Brescia 1979; G. ACONE, La filosofia e l’educazione, in
E. AGAZZI (a cura di), Filosofia e filosofia di, Brescia 1992, pp. 133-42.
9
J. MARITAIN, L’educazione al bivio, tr. it., Brescia 1963, p. 14.
5
6
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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I vari gradi di scuola, anche se cambiano i modi e le forme,
hanno in comune questi 3 obiettivi.
Vediamo storicamente quali sono state e quali possono essere oggi le finalità educative e formative.
Il modello storico d’analisi del processo educativo, che sinteticamente presentiamo nello schema I, è uno schema evolutivo e
non evoluzionistico, nel senso che da ogni modello educativo se ne
distacca uno più differenziato che non annulla il precedente, ma lo
specializza (distingue e valorizza) in certe funzioni (compiti, finalità, aree di rilevanza, ecc.)10.
Dall’analisi dell’evoluzione storico-sociale della scuola emergono quali ideali educativi la perfezione umana, la formazione-prestazione, la capacità di apprendere.
L’ideale educativo della perfezione, durato in modo preponderante fino al secolo XVII, è ricerca della perfezione morale della
natura umana, che si attua mediante l’elevazione dello scolaro alla
vita superiore (razionale) attraverso l’esercizio delle virtù. Presupposto di tale modello educativo è che ci sia una natura umana da
realizzare, da trarre fuori, secondo il senso dell’e-ducere, e che essa
sia perfezionabile, cioè che possa raggiungere una sua pienezza e
non sia solo perfettibile, come affermerà Rousseau.
Fino al Cinquecento, l’uomo, anche se ferito dal peccato originale, è una positività indebolita. Con la riforma protestante, l’uomo è considerato una negatività originaria. «L’uomo deve, perciò,
essere denaturato attraverso l’educazione, cosa che può avere luogo
in modo assolutamente naturale. La natura è contemporaneamente
negatività e negazione della negatività. Essa è indeterminatezza, e
questa priorità negativa è la fonte di tutte le perfezioni suddette»11.
Mentre nel modello classico l’uomo che è nel bambino viene
costruito come perfezione di ciò che egli è originariamente, per natura, nel modello moderno dovrà essere de-naturato attraverso l’educazione. Più che un prodotto finito, l’uomo è concepito come un
progetto incompiuto.
Nell’educazione come perfezione il rapporto maestro-scolaro
è interpersonale, si richiama a valori assoluti (vero, buono, bello): è
paideia. La relazione educativa è totalmente inserita nella sfera del
mondo vitale; c’è un rapporto di continuità tra religione, famiglia e
maestro.
Uno schema, diciamo con P. DONATI, dal quale è tratto lo schema 1, che è ispirato
all’analisi condotta da N. LUHMANN e K-E. SCHORR (Il sistema educativo. Problemi di
riflessività, tr. it., Roma 1988, pp. 66-103), è «evoluzionistico allorché pensa per sostituzione di un modello con il precedente, in termini di “successione”, o reputa che
un modello diventi dominante al punto da emarginare progressivamente il precedente» (Teoria relazionale della società, Milano 1992, p. 393).
11
LUHMANN-SCHORR, Il sistema educativo, cit., p. 72. Con lo spostamento concettuale,
nella seconda metà del XVIII secolo, dalla perfezione alla perfettibilità, si formula già
«l’irraggiungibilità di una conclusione e l’aprirsi a possibilità di perfezionamento
sempre nuove» (p. 75).
10
28
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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Soprattutto dal sec. XVIII alla prima metà del sec. XX si afferma l’ideale educativo della formazione per la prestazione, intesa
come preparazione alle prestazioni che la divisione del lavoro esige.
Il modello educativo precedente doveva fare i conti con le esigenze
dell’utile e doveva essere misurato sul metro del cittadino. Il modello formativo di scuola specifica la sua utilità e le sue procedure
(formazione elementare, professionale, classica in vista delle professioni liberali) e diventa un sotto-sistema specializzato della società. L’educazione come formazione-prestazione non presuppone
una personalità già costituita nel bambino, ma tende a generarla socialmente, a plasmarla. La personalità emerge dal ruolo che l’educando è chiamato a ricoprire nella società, più precisamente nella
divisione sociale del lavoro.
Schema 1 – L’evolversi della relazione pedagogica
Nella filosofia kantiana la tesi che la moralità si fonda sull’educazione viene sostituita dalla tesi che l’educazione si basa sulla
moralità. Alla precedente opposizione tra formazione (in quanto
ozio) e lavoro si sostituisce l’opposizione nuova tra formazione e
alienazione, tra realizzazione di se stessi e adattamento alle esigenze della società. La scuola funzionalmente tende a distanziarsi dalla
famiglia.
Il terzo modello educativo è incentrato sull’imparare ad apprendere. La funzione della scuola diventa quella di accrescere la riflessività, intesa «come forma mentis di riflettere sulle azioni nel
senso di applicare le conseguenze di un atto a se stesso»12. L’apprendimento per e dell’apprendimento è l’obiettivo centrale della scuola
12
29
DONATI, Teoria relazionale della società, cit., p. 398.
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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della seconda metà del XX secolo. L’educazione non mira a raggiungere qualcosa che abbia valore in sé, bensì una metodologia
che consenta di apprendere ulteriori apprendimenti di cui si possa
usufruire sempre e dovunque. «L’essenziale di ogni apprendimento
non è l’accumulare conoscenze giuste oppure sviluppare qualità
utili come tali, ma l’abilità contemporaneamente acquisita di usare
quel che è stato appreso come fondamento per un ulteriore apprendimento. Ciò che conta ed è utile sono proprio quella conoscenza e
quell’abilità che in una situazione posteriore permettono di imparare con successo»13. Tale modello è espressione di una società funzionalmente differenziata che «si forma un’opinione sulle proprie
conseguenze e che può solo in una certa misura prendere in pugno
i problemi consequenziali a certe decisioni, altamente rischiose,
sulla struttura»14.
Tale modello risulta essere formale. L’imparare ad apprendere si specifica in una circolarità funzionale, la sua funzione, diciamo con Donati, «è servire delle funzioni». In tal modo «si apre un
vuoto culturale. Questa scuola non ha più cultura, ma solo comunicazione. Almeno così sembra»15.
Luhmann e Schorr sostengono che tale modello sia l’unico
praticabile e vincente in una società complessa.
Con Donati ritengo che oggi l’educazione debba essere pensata e promossa come itinerario di «relazioni dotate di senso».
L’educazione «deve saper usare diversi codici simbolici, quelli della
perfezione umana, della formazione e dell’apprendimento riflessivo,
gestendoli dentro una concezione più ampia della socializzazione
come sviluppo delle capacità di relazione sensata agli altri e al
mondo. I valori non possono più essere “cose” che vengono trasmesse, né pure preferenze. Diventano progetti che devono essere
sottoposti ad un confronto relazionale: da un lato con il senso (significato e intenzionalità) che hanno, dall’altro con gli effetti che
producono. Le norme non possono più essere intese come conformità a ruoli dati, né come puro adattamento reciproco situazionale,
ma come espressione riflessa di una capacità di vita, per la realizzazione di fini che debbono essere sottoposti al tribunale del senso,
personale, intersoggettivo e sistemico. La scuola non può più essere pensata come un’istituzione separata, delegata, o un puro sistema interattivo dove si gioca ad una comunicazione svincolata dai
suoi esiti. Essa diventa un ambito simbolico differenziato, ma anche
maggiormente connesso con la società, secondo la propria distin-
LUHMANN-SCHORR, op. cit., p.95. Una disponibilità illimitata all’apprendimento, annotano Luhmann e Schorr, «diventa un’incontrollata docilità all’adattamento» (p.
99).
14
Ibid., p.103.
15
DONATI, Teoria relazionale della società, cit., p. 400.
13
30
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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zione direttrice: se un ‘azione sia educazione oppure no, se qualcosa possa valer la pena di essere insegnato ed appreso oppure no, in
rapporto ad una vita che è umana o no»16.
Dalle più recenti ricerche sociologiche sul mondo giovanile
emerge che i giovani chiedono, prima di tutto, di intensificare le relazioni intersoggettive significative, di essere trattati da adolescenti
e non semplicemente da studenti. Gli adulti sono quasi scomparsi
dall’orizzonte formativo delle nuove generazioni, sono quasi sempre
figure con ruoli professionali (dal prete al poliziotto, dal poliziotto
all’insegnante). L’unico adulto rimane il genitore. Gli alunni vorrebbero dai loro insegnanti qualcosa in più: maggiore amicizia, esperienza in comune, empatia, autenticità, disponibilità a mettersi in
discussione. I giovani manifestano l’esigenza di rapporti umani più
diretti, meno formali e più pregnanti. «La tautologia dell’apprendere per apprendere infastidirebbe, scrive Bertagna, creerebbe disadattamento: non riuscirebbe ad avere senso l’impegno per qualcosa
che sia fungibile ed indifferente. [...] Nonostante tutti gli inviti e le
pressioni sociali ed ideologiche di segno opposto (enfasi sulla neutralità, sul valore strumentale e puramente tecnico-informativo della
scuola), gli studenti sarebbero, in conclusione, disposti a riconoscere l’essenzialità e l’insostituibilità di conoscenze, valori, oggetti,
procedure a condizione che essi li aiutino non solo ad acquisire
competenze professionali o capacità di riflessività cognitiva neutra
ma soprattutto a costruirsi un progetto di vita che consenta di “prendere posizione” sui problemi di sé, di tutti e del mondo»17.
L’ideale relazionale dell’educazione è incentrato sul «primato
dell’Altro» (Lévinas), sulla regola della reciprocità, non solo negativa (non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te), ma
anche quella positiva (fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a
te). La persona è essere-in-relazione, l’identità personale è riconoscimento dell’altro. La percezione della nostra identità riflette l’immagine che gli altri hanno di noi. L’educazione è co-educazione,
«una comune educazione alle virtù umane e ai fattori di competenza»18.
Ibid., p.416.
G. BERTAGNA, Cultura e pedagogia per la scuola di tutti, Brescia 1992, p. 344.
18
Donati, Teoria relazionale della società, cit., p. 417. Donati non nasconde che «il
carattere relazionale non è semplice, né lineare, né privo di pericoli: anzi, è altamente ambivalente e rischioso, perché ingenera facilmente l’idea che le cose, le azioni, le persone non abbiamo valore “in sé”, ma solo in rapporto ad altro da sé. Se visto
in continuità con la modernità può generare relativismo e alienazione» (p. 412).
È un rischio, però, che si deve correre, perché permette uno straordinario arricchimento della personalità umana. Il moltiplicarsi delle relazioni accresce le determinazioni dell’individuo: «adesso, più di prima, gli è possibile migliorarsi continuamente, conoscendosi e agendosi attraverso l’Altro da sé. Nella misura in cui Ego e Alter
specificano le loro potenzialità latenti nasce un arricchimento senza precedenti nella
individualità. La maggiore precocità odierna delle nuove generazioni sta nel fatto che
16
17
31
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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Per dare, inoltre, una risposta adeguata circa la natura e le finalità dell’educazione, oggi occorre approfondire il rapporto intergenerazionale e il modello culturale di tale rapporto, confrontandolo con quello di altre epoche storiche.
2.
Cultura
postfigurativa,
cofigurativa e
prefigurativa
Il primo dato che emerge circa il rapporto intergenerazionale e
che caratterizza a livello strutturale l’attuale condizione degli educandi nei loro rapporti con gli adulti, nella forma specifica il rapporto tra padri e figli, è il carattere prefigurativo della cultura attuale.
Circa il rapporto e spesso il conflitto tra generazioni, tra padri
e figli, la famosa antropologa Margaret Mead ha individuato tre tipi
di cultura: la cultura postfigurativa, la cofigurativa e quella prefigurativa.
Nella cultura postfigurativa gli anziani e quindi il passato rappresentano il modello di comportamento dei giovani. I giovani accettano l’autorità e i modelli degli anziani, rappresentanti della tradizione.
È cofigurativa la cultura in cui il modello prevalente di comportamento per i membri della società è costituito dal comportamento dei propri contemporanei e quindi dal presente. La cofigurazione inizia per una frattura nel sistema culturale post-figurativo.
Questa frattura può avvenire per molteplici ragioni: in seguito a una
catastrofe naturale che produca la decimazione della popolazione e
in particolare dei vecchi; come risultato della introduzione di nuove
tecnologie in cui gli anziani sono inesperti, a causa di una rivoluzione culturale, politica, che porti all’affermazione di stili di vita per
i giovani diversi da quelli precedenti. Il verificarsi di una frattura fra
le generazioni, per cui i giovani, essendo privi della possibilità di ricorrere alla generazione precedente, devono rivolgersi per avere
consiglio e aiuto ai propri coetanei, ai loro pari, è, come annota la
Mead, «un fenomeno che risale all’antichità e che continua a verificarsi in ogni società come conseguenza di una frattura nella continuità dell’esperienza»19. Nella cultura cofigurativa i genitori perdono il loro predominio educativo sino a a rinunciare a trasmettere ai
giovani il proprio patrimonio culturale, lasciando ad essi il compito
esse già vivono di fatto dentro questa nuova relazionalità, stimolata dai mass media
e da una generale fluttuazione delle relazioni sociali. Far in modo che questo gioco
relazionale porti a una riflessività più profonda e interiore, più inter-umana, anziché
alla dissoluzione della persona è oggi il compito più difficile dell’educatore e lo sarà
sempre di più nei prossimi decenni» (pp. 412-13). Tutto ciò significa il superamento
della socializzazione scolastica come controllo sociale. Socializzazione significa «sviluppare nei soggetti quella coscienza relazionale che li possa rendere capaci di trovare la propria, non individualistica ma relazionale, posizione nel mondo» (p. 413).
19
M. MEAD, Generazioni in conflitto, tr. it., Milano 1972, p. 72.
32
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di scegliere i propri modelli di comportamento. Uno degli effetti
della cofiguratività è ben messo in luce dalla Mead: «Quanto più intensa è l’esperienza del mutamento delle generazioni nell’ambito
della famiglia e del mutamento sociale a causa dell’inserimento in
un altro gruppo, tanto più fragile diviene il sistema sociale e tanto
meno sicuro, verosimilmente, l’individuo»20.
Va sviluppandosi negli ultimi decenni una nuova formazione
culturale, definita dalla Mead con il termine di «prefigurazione».
I bambini e i giovani oggi si trovano di fronte a un futuro che
si prefigura come ignoto, come annota la Mead, «da non poter essere considerato, come siamo comunemente portati a fare, alla stregua di un mutamento cofigurativo tra una generazione e la successiva all’interno di una cultura stabile, controllata dagli anziani e basata sul modello dei genitori in cui sono presenti molti elementi postfigurativi»21.
La «triade rivoluzionaria», come l’ha chiamata Adam Schaff,
costituita dalla microelettronica, dalla microbiologia e dalla energia
nucleare22, ha modificato notevolmente il rapporto delle generazioni tra di loro, l’immagine del futuro, l’idea stessa di educazione, di
esperienza.
Fino a poco tempo fa, annotiamo con la Mead, «gli anziani potevano dire: “Vedi, io sono stato giovane, ma tu non sei mai stato vecchio”23. Oggi però i giovani possono rispondere: “tu non sei mai stato
giovane nel mondo in cui io sono giovane e non lo sarai mai”24. Infatti,
nel passato il mutamento era ancora relativamente lento e questo permetteva sempre a degli adulti di saperne di più di qualsiasi giovane
dal punto di vista dell’esperienza. Oggi, invece, il distacco tra le generazioni è planetario. La rapidità e la continuità del mutamento e l’estendersi di una unica fitta rete di comunicazioni reciproche dovute
all’elettronica hanno portato i giovani a condividere in ogni luogo
della terra un’esperienza mai sperimentata dagli anziani. Le generazioni più anziane non vedranno mai più ripetersi la propria esperienza in quelle più giovani. Non solo oggi nessuno crede più che i giovani debbano soltanto obbedire e gli anziani comandare, ma, come
osserva Nicola Abbagnano, l’accento è posto oggi «sulla maggiore
idoneità dei giovani a rivestire posti di responsabilità che esigono
competenza aggiornata, prontezza ed energia di decisione»25.
Ibid., p. 93.
Ibid., p. 96.
22
A. SCHAFF, Il prossimo Duemila, Rapporto al Club di Roma sulle conseguenze sociali della seconda rivoluzione industriale, tr. it., Roma 1985, p. 27.
23
M. MEAD, Generazioni in conflitto, cit., p. 97.
24
Ivi.
25
N. ABBAGNANO, La saggezza della vita, Milano 1985, p. 212. Per una storia del
mondo giovanile dall’Ancien Régime ai nostri giorni cfr. J. Gillis, I giovani e la storia,
tr. it., Milano 1981; P. ARIÈS, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, Bari 1969;
M. MITTERAUER, I giovani in Europa dal Medioevo a oggi, tr. it, Bari 1991.
20
21
33
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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3.
Dalla cultura del
progetto alla
cultura degli
atteggiamenti
Il fatto che oggi non esistono anziani che sappiano più dei
giovani su ciò che i giovani stanno sperimentando, a causa dell’attuale accelerazione dei mutamenti socio-culturali e tecnologici, contribuisce notevolmente ad aumentare la barriera tra le generazioni.
I giovani stanno diventando sempre più degli estranei agli occhi
degli adulti per la non comparabilità e la non trasferibilità delle particolari esperienze dei soggetti, per la frattura nella continuità dell’esperienza.
Gli anziani non hanno più discendenti, sotto questo aspetto,
così come i giovani non hanno antenati. L’effetto più eclatante è che
«non solo i genitori non rappresentano più una guida, ma non esistono più guide»26. Nessun insegnante o genitore può più illudersi
di comprendere i giovani invocando la propria giovinezza o di educarli invocando il principio di autorità, perché è proprio questo
principio che è messo in discussione non solo intenzionalmente dai
giovani, ma anche strutturalmente dalla realtà oggettiva contemporanea.
Nella cultura prefigurativa «sarà il bambino e non il genitore
o il nonno a impersonare il futuro»27. I modelli educativi propri della
cultura postfigurativa e cofigurativa sono inadeguati alla situazione
odierna e spesso inaspriscono di più il contrasto e l’incomprensione tra le generazioni. Occorre scoprire i metodi di apprendimento e
di educazione prefigurativi che aprono la via al futuro, cominciando col mutare soprattutto il comportamento educativo degli adulti.
Le culture postfigurative, accentrate sugli anziani, erano fondamentalmente dei sistemi chiusi che riproducevano il passato.
Oggi «dobbiamo rivolgerci alla creazione di sistemi aperti accentrati sul futuro e quindi sui bambini che sono le persone le cui capacità sono meno note e le cui scelte devono essere lasciate libere»28.
Si tratta di educare oggi «bambini sconosciuti per un mondo sconosciuto»29. Occorre quindi un dialogo continuo «in cui i giovani, liberi di agire di propria iniziativa possano guidare gli anziani verso
l’ignoto»30. Gli adulti devono acquistare la consapevolezza dei propri limiti e imparare insieme con i giovani.
Poiché va cadendo ogni pretesa storicistica di predeterminare
modelli entro cui inquadrare il futuro e si va diffondendo la consapevolezza della incertezza del domani, anche la cosiddetta cultura
del progetto, che ha sorretto l’educazione e l’agire della società, è
entrata in crisi. Il progettare, come esige la stessa etimologia (da
pro-gettare = gettare avanti), presuppone una precisa e anticipata
26
27
28
29
30
34
M. MEAD, Generazioni in conflitto, cit., p. 116.
Ibid., p. 126.
Ibid., p. 131.
Ibid., p. 135.
Ibid., p. 132.
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idea dell’uomo e della società futura, che la crisi attuale della continuità dell’esperienza non permette più di elaborare con sicurezza.
Quale cultura va prendendo il posto ed occorre che subentri alla
precedente?
La complessità sociale oggi, a mio parere, ha bisogno soprattutto di una cultura degli atteggiamenti, che educhi il soggetto a
saper rispondere agli eventi quotidiani con competenza tecnica e
sulla base di una coerente responsabilità morale. Gli educatori ed i
genitori sempre meno possono e debbono insegnare ai giovani che
cosa imparare, ma come impararlo, né in che cosa impegnarsi, ma il
valore dell’impegno. L’educazione deve essere creatrice, non nel
senso che deve creare l’uomo, ma diciamo con Maurice Debesse,
nel senso che «lo aiuta a crearsi»31, creando l’abito o l’atteggiamento o la virtù che lo stimoli alla ricerca della verità, del bene, del
bello, dell’utile, del semplice, dell’autentico. L’apprendimento di
questi atteggiamenti o performances permetterà al giovani di maturare dei propri criteri di orientamento nel mondo e nelle situazioni
quotidiane e di saper capire il complesso mondo in cui si vive.
La nuova educazione deve essere incentrata sull’etica delle
virtù che, come ci ricorda MacIntyre nella sua denuncia del fallimento dell’educazione moderna di matrice illuministica e individualistica, presuppone non individui separati, ma pratiche sociali,
comunità e tradizioni collettive entro cui la persona conquista una
identità determinata e concreta32.
4.
L’educazione
nell’età
dell’informazione
Essendo caduta l’idea di poter acquisire in gioventù un bagaglio intellettuale o tecnico sufficiente per tutta la vita, l’unica strada
percorribile per dominare il cambiamento è quella non di continuare a rendere i nuovi individui simili ai precedenti, ma di aiutarli ad
essere diversi e aperti all’innovazione. L’educazione, come ha efficacemente ribadito il «Rapporto Faure» nella sua strategia educativa dell’apprendre à étre e dell’educazione permanente, deve soprattutto «insegnare a vivere, insegnare ad imparare, in modo da poter
acquisire nuove conoscenze durante tutta la vita; insegnare a pensare in modo libero e critico; insegnare ad amare il mondo e a renderlo più umano; insegnare a realizzarsi nel lavoro creativo»33.
Il nuovo tipo di uomo, che si impone come necessità dettata
dal rapido mutamento socio-culturale e dalla mobilità del lavoro, è,
per dirla con Adam Schaff, l’homo studiosus, che, dopo aver appre-
M. DEBESSE, Le tappe dell’educazione, tr. it., Firenze 1971, p. 150.
Cfr. A. MACINTYRE, Dopo la virtù. Saggio di filosofia morale, tr. it., Milano 1988.
33
Rapporto sulle strategie dell’educazione, a cura di E. FAURE, tr. it., Roma 1976, p.
141.
31
32
35
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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so ad imparare e acquistato gli atteggiamenti fondamentali per capire il mondo e per sapersi orientare in esso, continua per tutta la
vita ad imparare e ad esercitare responsabilmente il suo mestiere di
uomo nel mondo. L’homo studiosus è la realizzazione di uno dei più
vecchi e ambiti sogni dei grandi umanisti, l’homo universalis, cioè
l’uomo «che è in possesso di una istruzione poliedrica in grado di
fargli cambiare occupazione a seconda delle circostanze e quindi
anche la posizione all’interno della organizzazione sociale del lavoro»34. La realizzazione dell’homo universalis non è più oggi utopistica, ma è una necessità impellente, realizzabile grazie all’educazione continua e a tecniche di informazione sempre più efficienti35. È
la risposta più efficace alle sfide della società complessa36.
Nell’età dell’informazione ogni istituzione educativa non deve
essere più basata sulla pura informazione e sulla trasmissione delle
conoscenze. «Deve, soprattutto, – scrive Castells – comprendere e
adottare la logica intrinseca di Internet»37.
Questo comporta l’abbandono della vecchia struttura verticale e gerarchica del sapere a beneficio di una nuova logica reticolare. I confini delle discipline e delle competenze non sono più rigidi,
ma strategici e transitori. L’individuo ha bisogno non solo di mappe
cognitive ampie e flessibili, ma di strumenti per far evolvere queste
stesse mappe, per allargarle, per ristrutturarle.
Sta mutando l’idea stessa di conoscenza «che non può più definirsi attorno a una norma da trasmettere invariante e si delinea
piuttosto quale rete di esperienze individuali e collettive in perenne
trasformazione»38. L’educazione deve non solo sviluppare nell’individuo le capacità cognitive per apprendere, ma anche quelle metacognitive per apprendere ad apprendere, evolutivamente. Alla scuola e all’università dei nostri giorni spetta un compito enorme: «il
SCHAFF, Il prossimo Duemila, cit., p.116.
Sull’educazione continua cfr. l’interessante saggio di W.K. RICHMOND, il teorema
dell’educazione «continua», tr. it., Roma 1982.
Sottolineiamo le principali istanze della educazione continua, che dovrebbe costituire la prospettiva di fondo di tutta l’opera educativa: 1) L’educazione copre l’intero
ciclo della vita umana; 2) l’educazione continua non implica la necessità di una scolarizzazione continua; 3) l’educazione continua esige l’attiva partecipazione di tutte
le istituzioni e di tutti gli agenti sociali; 4) l’educazione continua implica il riconoscimento di una reciproca interazione tra l’approfondimento formale e quello informale; 5) l’educazione è la continua generazione d’esperienza; 6) l’educazione continua cerca di riequilibrare la bilancia tra l’apprendimento tacito ed intuitivo e quello
relazionale e cognitivo; 7) l’educazione continua affida stabilmente all’individuo la
responsabilità dell’apprendimento; 8) il fine ultimo dell’educazione è l’autorealizzazione. «Conosci te stesso – concludiamo con Richmond – è l’imperativo spirituale,
morale e intellettuale che nessun essere umano può trascurare impunemente» (p.
65).
36
Cfr. F. BELLINO, Etica della solidarietà e società complessa, Bari 1988; F. RAVAGLIOLI,
Fisionomia dell’istruzione attuale, Armando, Roma 1986.
37
M. CASTELLS, Educare nella società dell’informazione, cit., p. 17.
38
G. BOCCHI-M. CERUTI, Educazione e globalizzazione, Milano 2004, p. 28.
34
35
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DELL’IRC TRA
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compito di filtrare e di interconnettere molteplici esperienze eterogenee, squilibrate»39.
Lo sviluppo sociale dipende oggi, concludiamo con Castells,
«dalla capacità di stabilire un’interazione sinergica tra innovazioni
tecnologiche e valori umani che conduca a un nuovo insieme di organizzazioni e di istituzioni in grado di generare un ciclo di feedback positivo tra produttività, flessibilità, solidarietà, sicurezza,
partecipazione e responsabilità, nell’ambito di un nuovo modello di
sviluppo sostenibile per la società e per l’ambiente»40.
Castells denuncia l’abisso «tra la nostra ipertrofia tecnologica
e il nostro sottosviluppo sociale». La nostra economia, la nostra società e la nostra cultura sono fondate su interessi, valori, istituzioni
che limitano la creatività collettiva, confiscano la ricchezza della
tecnologia dell’informazione a vantaggio di pochi e generano lo
scontro autodistruttivo. Questo stato di cose non deve più essere.
Non c’é nulla che non possa essere cambiato da una consapevole e
informata azione sociale, finalizzata e legittimata. «Se la gente è
informata e attiva e può comunicare da una parte all’altra del mondo; – concludiamo con Castells – se l’impresa si assume le sue responsabilità sociali; se i media diventano i messaggeri piuttosto che
il messaggio; se gli attori politici reagiscono al cinismo e ripristinano la fiducia nella democrazia; se la cultura viene ricostruita a partire dall’esperienza; se l’umanità avverte la solidarietà della specie
in tutto il mondo; se asseriamo la solidarietà intergenerazionale vivendo in armonia con la natura; se ci avventuriamo nell’esplorazione del nostro io profondo, avendo fatto pace fra di noi, ebbene, se
tutto ciò si verificherà, finché c’é ancora il tempo, grazie alle nostre
decisioni informate, consapevoli e condivise, allora forse riusciremo
finalmente a vivere e a lasciar vivere, ad amare ed essere amati»41.
39
40
41
37
Ibid., p. 2.
M. CASTELLS, Educare nella società dell’informazione, cit., pp. 21-22.
M. CASTELLS, Volgere di millennio, tr. it., Milano 2003, p. 429.
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2.
L’IRC come disciplina
scolastica: tra Teologia
e Scienze Umane
Prof. ERNESTO DIACO - Docente di Religione cattolica e Viceresponsabile
del Servizio Nazionale per il Progetto culturale
Premessa
“Una disciplina in cammino”. “Una disciplina al bivio”. “Una disciplina in evoluzione”. Sono i titoli con cui sono stati sintetizzati e pubblicati i risultati delle diverse indagini nazionali sull’insegnamento della religione cattolica nella scuola. Rendono bene
l’idea di una realtà fluida, dinamica, sotto osservazione, in cambiamento. Ogni tentativo
di scattare un’istantanea del nostro oggetto – l’IRC – inevitabilmente
porta ad un’immagine mossa, non pienamente definita e precisata.
Ci sono però dei punti di non ritorno, delle acquisizioni frutto di
ormai venticinque anni di riflessione e di lavoro sull’identità dell’IRC,
sul suo statuto epistemologico, sulla didattica, sulla corrispondente figura di insegnante, sullo stesso quadro normativo. Le sperimentazioni
tuttora in corso mirano proprio ad approfondire e verificare tali prospettive. Nessun’altra disciplina può godere oggi di un supporto di ricerca e di innovazione come questo insegnamento. Di un personale formato e motivato, di istituzioni di ricerca, riviste, corsi, associazioni...
Prima di richiamare alcuni aspetti fondamentali dell’IRC
come disciplina scolastica, occorre sia pur brevemente collocare il
tema in un quadro più ampio e complesso. Sarebbe un errore considerare l’IRC a prescindere da almeno due elementi di contesto, tra
loro collegati. Mi riferisco al dibattito in corso sull’educazione, su
cui abbiamo appena sentito un prezioso contributo, e al processo di
cambiamento della scuola nel nostro Paese.
Sfide
dell’educazione
Solo alcune brevi parole sulle sfide dell’educazione nel contesto
culturale odierno. La segnalazione di un forte disagio diffuso a proposito della qualità e dell’efficacia dei processi educativi sta diventando
ormai un luogo comune, che troviamo in bocca a soggetti tra loro indipendenti e di diversa ispirazione. Preso atto della difficoltà di educare
da parte delle famiglie e delle altre “agenzie educative”, compreso lo
stesso sistema scolastico e da cui non è esente la comunità cristiana, è
38
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difficile trovare chi indichi i modi per passare dalla diagnosi alla terapia. Non è solo di soluzioni tecniche che abbiamo bisogno, ma di consolidare le condizioni stesse di possibilità dell’educazione. Occorre un
“ritorno alle questioni di principio”, come le chiama il teologo Giuseppe
Angelini nel suo “Educare si deve ma si può?”1, quali sono l’idea di
uomo (cfr. questione antropologica) l’idea di cultura, il rapporto tra verità e libertà, il senso della generazione. Il tratto distintivo della postmodernità, infatti, è il congedo da ogni fondamento e, al limite, dall’idea stessa di persona, di umanesimo, di educazione. Se il significato
della realtà è negato all’uomo nel senso che su di essa non si può pronunciare un giudizio veritativo, allora diventa impossibile anche l’educazione, se come tale si intende “un progetto totale di vita comprendente le forme culturali, i mezzi e il metodo adatto per attuarlo lungo il
corso dell’età evolutiva al fine di promuovere la maturazione della personalità e l’autonomia della condotta”2. Non è indifferente al modo di
pensare e di attuare l’insegnamento della religione nella scuola il clima
di individualismo e di relativismo in cui ci muoviamo, da cui scaturisce
la sfiducia nell’educazione e talvolta anche la sua messa in discussione come azione arbitraria e nociva per la libertà della persona.
Trasformazioni
della scuola italiana
Per quanto attiene alle trasformazioni della scuola italiana,
per cui spesso si è utilizzata l’immagine del cantiere aperto, i diversi interventi legislativi che si sono succeduti hanno definito non
pochi aspetti di fondo. Tra questi si possono ricordare: la centralità
dell’alunno nel processo di apprendimento; l’apertura della scuola
al territorio e l’interazione con la società; il criterio della personalizzazione e la flessibilità dei percorsi, a partire dalla padronanza
dei saperi essenziali; la responsabilità della scuola nella formazione del cittadino; la necessità di superare le rigide barriere disciplinari (idea di cultura come un ologramma3, recuperare una cultura
G. ANGELINI, Educare si deve ma si può?, Vita e Pensiero, Milano 2002.
UFFICIO NAZIONALE DELLA CEI PER L’EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L’UNIVERSITÀ - SERVIZIO NAZIONALE DELLA CEI PER IL PROGETTO CULTURALE, Le sfide dell’educazione, EDB, Bologna
2007, vol. 2 - La costruzione dell’identità, p. 10.
3
La metafora vuole fare riferimento alla tridimensionalità e alla caratteristica che ogni
parte contiene il tutto (cfr. E. MORIN, La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e
riforma del pensiero, Raffaello Cortina Editore, Milano 2000). Commenta Sergio
Cicatelli: “Da un lato siamo sicuramente invitati a non frantumare l’unità della persona (nel nostro caso l’alunno) in tante prestazioni singole, corrispondenti alle diverse
abilità o intelligenze che vogliamo stimolare. Dall’altro siamo anche sollecitati a tenere presente, nella costruzione di un progetto didattico, l’insieme delle dimensioni esistenziali, dei mondi di vita o delle situazioni contingenti, che appartengono a quell’alunno. L’unitarietà della persona impone l’unitarietà del progetto educativo costruito
per essa. (...) Ciò che i testi ministeriali sembrano raccomandare è il superamento dello
specialismo disciplinare, l’applicazione di un principio sintetico in luogo dell’intento
analitico che ha animato in un recente passato buona parte della didattica contemporanea” (La pedagogia dell’ologramma, in “L’ora di religione” n. 8 (2003-2004), pp. 1-2.
1
2
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DELL’IRC TRA
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condivisa), ecc. Ciononostante non credo si possa dire che per la
scuola italiana sia conclusa la fase del ripensamento e del rinnovamento. Che essa abbia superato il guado e risolto tutti i problemi di
identità (non solo di organizzazione e gestione). Ad esempio, restano tuttora aperte sfide decisive quali il senso e le forme della partecipazione alla vita scolastica da parte degli studenti e delle loro famiglie, le opportunità offerte dall’interculturalità, i problemi legati
alla valutazione, la stessa identità dei docenti, ecc.
Una delle più efficaci, sintetiche, definizioni della scuola per
come oggi si autocomprende è probabilmente quella con cui si apre lo
Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria
(DPR 24 giugno 1998, n. 249): “1. La scuola è luogo di formazione e
di educazione mediante lo studio, l’acquisizione delle conoscenze e lo
sviluppo della coscienza critica. 2. La scuola è una comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici
e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. (...) 3. La
comunità scolastica, interagendo con la più ampia comunità civile e
sociale di cui è parte, fonda il suo progetto e la sua azione educativa
sulla qualità delle relazioni insegnante-studente, contribuisce allo sviluppo della personalità dei giovani, anche attraverso l’educazione alla
consapevolezza e alla valorizzazione dell’identità di genere, del loro
senso di responsabilità e della loro autonomia individuale e persegue
il raggiungimento di obiettivi culturali e professionali adeguati all’evoluzione delle conoscenze e all’inserimento nella vita attiva. 4. La
vita della comunità scolastica si basa sulla libertà di espressione, di
pensiero, di coscienza e di religione, sul rispetto reciproco di tutte le
persone che la compongono, quale che sia la loro età e condizione,
nel ripudio di ogni barriera ideologica, sociale e culturale”.
È importante collocare ogni discorso sull’IRC in questo contesto. Non per giustificare le nostre debolezze o spostare la partita su
altri tavoli, ma perché, se vale la premessa di fondo contenuta nel
titolo stesso dell’intervento – che l’IRC sia una disciplina scolastica
a tutti gli effetti, non potendosi nemmeno pensare se non “nel quadro delle finalità della scuola” – allora essa partecipa al travaglio
dell’istituzione scolastica, e al clima culturale e educativo, ai quali
allo stesso tempo offre il suo contributo peculiare per un’evoluzione positiva delle trasformazioni in atto. Avrebbe altrimenti gioco facile chi accusa il nostro insegnamento di essere quasi un oggetto
estraneo, una presenza esterna, addirittura un privilegio o una rendita di posizione della Chiesa cattolica. A svuotare simili accuse basterebbe vedere con quanta serietà sono stati assunti tutti gli aspetti della riforma scolastica, rispondendo alle sue richieste circa i profili, gli obiettivi specifici, le rielaborazione dei programmi, ecc. Il rischio di essere presenti nella scuola senza un vero inserimento nel
suo progetto educativo e istruttivo resta, ma più che per nostra riluttanza per le resistenze, più o meno esplicite, che ancora si mani-
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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festano nell’accettare la dimensione religiosa come intrinseca al
fatto culturale. Capita ancora che l’IRC sia tollerato, ma questo atteggiamento pare ormai in via di superamento. Ciò che è più frequente e spiacevole è che sia sottovalutato (anche se non dagli studenti o dalle famiglie, che lo scelgono in massa...).
Da queste brevi note introduttive, semplificando all’eccesso,
potremmo dire che ciò verso cui stiamo andando è per sua stessa
ammissione una scuola che, spesso muovendosi controtendenza,
vuole essere una comunità educante e, in essa, un’IRC con piena e
riconosciuta dignità scolastica, ossia educativa e culturale.
Veniamo così a mettere più strettamente a fuoco il tema in oggetto dell’intervento: la valenza dell’IRC come disciplina scolastica
e la sua specificità4.
IRC: una disciplina a
tutti gli effetti
L’IRC è una disciplina a tutti gli effetti. La sua piena curricolarità emerge in primo luogo dalle motivazioni culturali e pedagogiche della sua presenza. Esso si giustifica in nome del fatto che i
principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano; in ragione della rilevanza che il fatto religioso, e cristiano-cattolico in particolare, ha per comprendere non solo il passato ma anche il presente; per il contributo che l’IRC offre nel dare
una risposta specifica al bisogno di significato che la persona porta
in sé e che non lascia certo fuori dalla scuola. Né è indifferente per
il suo apprendimento e inserimento nella comunità civile.
La conformità alla dottrina della Chiesa e l’assunzione delle finalità della scuola, che restano i due pilastri di fondo dell’IRC, non
sono né vanno visti in contrasto, tanto da fare di questa disciplina
un’anomalia. Esiste piuttosto una feconda integrazione fra i fini generali dell’esperienza scolastica e la valenza culturale della fede cristiana nel suo corretto e globale accostamento, nel rispetto anzi nella
promozione-valorizzazione dello spirito critico e della libertà dello
studente. Ancor più evidente è il legame tra il fatto religioso e gli interrogativi fondamentali che la persona si pone nel suo percorso esistenziale e culturale.
Come ogni disciplina, l’IRC è dotato di obiettivi specifici di
apprendimento, di una didattica appropriata, di insegnanti stabili,
di libri di testo. Esso tende a far acquisire conoscenze specifiche, da
Dell’IRC come disciplina scolastica si può parlare seguendo diverse piste, fra loro
intrecciate. Una è certamente quella storica, che ci permette di rileggere la lunga vicenda dell’insegnamento religioso nelle scuole del nostro Paese, registrando il crescente inserimento organico nel quadro del sistema scolastico. Un’altra è quella che
concerne la normativa e l’aspetto giuridico, c’è poi quella che mette in luce l’aspetto
didattico e pedagogico. O si sofferma sull’identità del titolare di tale insegnamento.
4
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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mettere in relazione con altri sistemi di significato, abilitando al
confronto e alla rielaborazione critica. “Decidere di avvalersi dell’insegnamento della Religione Cattolica per un ragazzo non significa dichiararsi cattolico, ma piuttosto scegliere una disciplina scolastica che si ritiene abbia un valore per la crescita della persona e la
comprensione della realtà in cui siamo inseriti”5. L’IRC è una disciplina pertinente in vista della formazione globale della persona, capace di sviluppare il confronto dell’alunno con la propria identità
storica, di condurre a decifrare l’apporto esistenziale e culturale del
cattolicesimo, di favorire il sorgere delle domande di senso e il dialogo con i sistemi religiosi, e non, di significati.
A rendere ancora più chiaro come l’IRC si inserisca pienamente nell’ambito della scuola è lo stesso Profilo educativo, culturale e professionale (Pecup) dello studente, ossia – cito da quello del
primo ciclo d’istruzione (6-14 anni) – “ciò che un ragazzo di 14 anni
dovrebbe sapere e fare per essere l’uomo e il cittadino che è lecito attendersi da lui in questo momento della sua crescita globale”, a 14
anni. Il ragazzo – prosegue il testo – “è riconosciuto competente, infatti, quando, mobilitando tutte le sue capacità intellettuali, estetico-espressive, motorie, operative, sociali, morali, spirituali e religiose e, soprattutto, amplificandole ed ottimizzandole, utilizza le conoscenze e le abilità che apprende e che possiede per arricchire creativamente, in ogni situazione, il personale modo di essere nel
mondo, di interagire e stare con gli altri, di affrontare le situazioni e
risolvere i problemi, di incontrare la complessità dei sistemi simbolici, di gustare il bello e di conferire senso alla vita”.
E ancora, sintetizzando le caratteristiche dei ragazzi al termine del primo ciclo d’istruzione, si dice che essi “sono posti nella condizione di: – avvertire interiormente, sulla base della coscienza personale, la differenza tra il bene e il male ed essere in grado, perciò,
di orientarsi nelle scelte di vita e nei comportamenti sociali e civili;
(...) – porsi le grandi domande sul mondo, sulle cose, su di sé e sugli
altri, sul destino di ogni realtà, nel tentativo di trovare un senso che
dia loro unità e giustificazione, consapevoli tuttavia dei propri limiti
di fronte alla complessità dei problemi sollevati”6. Ugualmente, nelle
nuove Indicazioni per il curricolo della scuola d’infanzia e per il
BOLLIN A. (ed.), L’insegnamento della religione oggi. Compendio sull’IRC per docenti,
operatori pastorali e famiglie, SEI, Leumann 1999, p. 7.
6
Nel Profilo relativo al secondo ciclo, tra gli strumenti culturali si trova anche quello di “Riconoscere in tratti e dimensioni specifiche della cultura e del vivere sociale
contemporanei radici storico-giuridiche, linguistico-letterarie e artistiche che li legano al mondo classico e giudaico-cristiano; riconoscere, inoltre, l’identità spirituale e
materiale dell’Italia e dell’Europa, ma anche l’importanza storica e attuale dei rapporti e dell’interazione con altre culture; collocare in questo contesto la riflessione
sulla dimensione religiosa dell’esperienza umana e, per gli studenti che se ne avvalgono, l’insegnamento della Religione Cattolica impartito secondo gli accordi concordatari e le successive intese”.
5
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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primo ciclo d’istruzione si legge: “La scuola primaria mira all’acquisizione degli apprendimenti di base, come primo esercizio dei diritti
costituzionali. Ai bambini e alle bambine che la frequentano va offerta l’opportunità di sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acquisire i saperi irrinunciabili”. Si tratta di esempi per evidenziare come la dimensione spirituale e religiosa sia parte del profilo personale. L’IRC non
contribuisce solo a promuovere le competenze citate; deve averle
presenti tutte e può contribuire a raggiungere ciascuna di esse. Così
come condivide questi obiettivi con le altre discipline.
Vale la pena ricordare quanto affermava la dott.ssa Mariolina
Moioli, Direttore Generale della Direzione per lo studente del
MIUR, in occasione del primo Meeting degli insegnanti di religione
cattolica nell’ottobre 2005: “L’equivoco della confusione tra catechismo e insegnamento scolastico della religione credo che possa
considerarsi definitivamente superato... il contributo dell’Irc al progetto educativo della scuola italiana è determinante, perché l’identità collettiva, come quella personale individuale è segnata dalla
presenza della Chiesa e, più in generale, della cultura religiosa”7.
Bene afferma la Presidenza della CEI nel messaggio pubblicato in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione
cattolica nell’anno scolastico 2007-2008: “Il nuovo anno scolastico
si caratterizza per taluni cambiamenti, che pur non intervenendo in
maniera diretta sull’insegnamento della religione cattolica, ne confermano la dignità di disciplina autonoma, intorno alla quale promuovere una proposta didattica ed educativa in grado di aiutare gli
alunni a comprendere meglio la storia culturale del nostro Paese,
nonché il rilievo che in esso ha avuto e ha tuttora il cattolicesimo.
Esso costituisce altresì per gli studenti una preziosa occasione per
riflettere sulla “dimensione religiosa dell’uomo”, una risorsa indispensabile per decifrare le attese e i desideri presenti in ciascuno, a
cui le religioni intendono dare una risposta alta, non illusoria e coraggiosa. In particolare il cristianesimo, religione del Figlio di Dio
che si è fatto uomo venendo “ad abitare in mezzo a noi”, si propone come via ragionevole, capace di dare significato alle scelte e al
futuro dei singoli e dell’intera umanità”. La aconfessionalità dell’IRC non è certo una minaccia alla laicità della scuola.
Resta quanto mai vero, comunque, ciò che già nel 1991 affermava la Nota pastorale della CEI su: “Insegnare religione cattolica
oggi”, al n. 17: “La comprensione del carattere scolastico dell’inse-
Cfr. NOTIZIARIO DEL SERVIZIO NAZIONALE PER L’IRC, n. 1-aprile 2006, pp. 17-23. Continua la Moioli: “È proprio il pluralismo religioso che costringe ad attribuire all’Irc un
rinnovato significato scolastico e formativo: se è vero che questo insegnamento contribuisce a ricostruire il patrimonio storico del popolo italiano, allora il confronto interculturale passa anche per l’Irc perché l’identità nazionale passa per l’Irc”.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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gnamento della religione cattolica chiede di maturare ulteriormente
nella società italiana. Una simile maturazione dipenderà anche da
come questa disciplina si attua concretamente nella scuola e da
come i docenti di religione la sanno proporre, sviluppandone in
modo adeguato i programmi e servendosi di libri di testo appropriati. L’insegnamento della religione cattolica non può essere ridotto a una serie di informazioni neutre sul dato religioso e nemmeno può essere legato solo agli interessi momentanei e diversi dei
giovani”.
Apporto specifico
dell’IRC
44
Alla luce di tutto ciò, messo in evidenza ciò che è comune
all’IRC e alla scuola italiana nelle sue finalità e obiettivi, qual è allora l’apporto specifico di tale disciplina? È quello che più attiene alla
seconda parte del titolo di questo intervento: “tra Teologia e Scienze
Umane”. Va riconosciuto che talvolta sembra più facile delineare l’identità dell’IRC in chiave negativa, riconoscendo cioè cosa essa non
è. Non è un’ora di teologia in senso stretto, né di dibattito sull’attualità o sul senso della vita. Non è la storia comparata delle religioni,
né un condensato di psicologia o sociologia religiosa. Anche se questi ingredienti, in un modo o nell’altro incrociano il suo oggetto e la
prassi didattica. C’è una complessità legata alla disciplina dell’IRC
con cui si deve fare i conti e che la espone al rischio di debolezza,
specialmente davanti ad altre proposte culturali e materie di studio,
ma che costituisce anche la sua forza (e l’aspetto più affascinante: cfr
inchiesta sulle motivazioni degli insegnanti di religione).
Credo che una delle espressioni più efficaci per esprimere
tutto ciò sia uno slogan, spesso utilizzato nella dialettica cui forzatamente almeno una volta all’anno siamo trascinati sull’onda di allarmismi ingiustificati o polemiche pretestuose. Mi riferisco alla
semplice definizione dell’IRC come “un’ora di cultura”, senza ulteriori aggettivi. E sgomberiamo subito il campo da letture riduttive o
parziali, quale sarebbe l’identificazione della cultura con un bagaglio di nozioni, un deposito tendenzialmente statico, il cui unico sviluppo può venire da un accrescimento in senso quantitativo, mediante aggiunta di ulteriori concetti e conoscenze.
Una simile limitata concezione di cultura, quand’anche venga
qualificata come “cultura religiosa” per la specifica connotazione
dei suoi contenuti, è quella responsabile dell’idea di trasmissione
culturale – un’idea molto vicina se non sovrapponibile con l’insegnamento – intesa come travaso di conoscenze e di modelli etici di
comportamento da un soggetto ad un altro. L’ora di religione serve
sì a colmare lacune di conoscenza e a fornire gli studenti di elementi
religiosi fondamentali, riguardanti le fonti, il linguaggio religioso, i
valori etici e religiosi, con cui avventurarsi in ogni campo del sapere. Ma ciò non basta. L’IRC punta più in alto. Anche attraverso le
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DELL’IRC TRA
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conoscenze (ricordiamo la lezione della filosofia classica che solo
dalla meraviglia nasce la conoscenza), esso mira a far acquisire
strumenti di comprensione e interpretazione della realtà, competenze di sintesi non meno che di analisi dei fenomeni esterni e del proprio vissuto, categorie utili all’individuazione e alla produzione di
senso.
Perché questa è cultura: “non una ‘cosa’ definita a lato rispetto alla coscienza, che dunque possa essere trasmessa alla coscienza soltanto in seconda battuta. La cultura è forma originaria
della coscienza; senza cultura non è possibile coscienza. La ‘trasmissione’ della cultura assume, in tal senso, consistenza radicale
di momento della formazione della coscienza”8 (cfr. categoria tedesca di Bildung). La nozione classica di cultura quale cultura animi
appare assai vicina al concetto di educazione: nella lingua greca il
termine paideia descrive sia l’arte che presiede alla cura del bambino che “la forma bella e buona della vita umana. Il termine latino,
cultura, descrive la cura dell’anima ricorrendo alla metafora della
coltivazione dei campi... Per realizzare tale cultura appare necessario distinguere ciò che è prezioso da ciò che è vile”9. Ma “la coscienza per prendere forma ha bisogno essenziale di un popolo, di
una lingua, e di tutti quei significati che soltanto attraverso la vita
di un popolo possono prendere forma”10: quindi ha bisogno di storia, di simboli, di comunità. Nell’educazione è dunque necessaria,
prosegue Angelini, non solo la via della dialettica, dell’argomentazione razionale, ma molto più della testimonianza: “Soltanto la
presa di posizione personale di altri in favore di quella verità dispone le condizioni propizie perché anche il minore possa riconoscerla... Non conduce alla sapienza un accertamento critico e razionale della realtà effettiva, ma solo la confessione del mistero arcano, che sta al principio stesso della vita”11. Siamo partiti dalla cultura per arrivare alla sua necessaria valenza educativa e in ultima
analisi a riferirci a una sapienza. D’altra parte, lo stesso Morin riconosce che “si tratta, nell’educazione, di trasformare le informazioni in conoscenza, di trasformare la conoscenza in sapienza”12.
Queste sono le finalità della scuola.
Solo così la “scuola delle competenze” non si riduce a luogo di
apprendistato di processi, ma in cui si apprende a vivere. Tutto ciò è
chiaro nella prospettiva della scuola in riforma e dell’IRC in essa. E
lo si ritrova infatti negli Obiettivi specifici di apprendimento della disciplina, tra cui troviamo anche: “confrontare aspetti della propria
G. ANGELINI, op. cit., p.189.
Ivi, p. 191.
10
Ivi, p. 199.
11
Ivi, pp. 182-184.
12
E. MORIN, op. cit., pp. 45-46.
8
9
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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identità con modelli di vita cristiana”; “argomentare una risposta a
critiche ed obiezioni formulate sulla credibilità della religione cristiana”; “riconoscere in situazioni e vicende contemporanee modi
concreti con cui la Chiesa realizza il comandamento dell’amore”, ecc.
L’IRC presenta il cristianesimo nel suo specifico contenuto
dottrinale e nella sua realtà storica, ma non si ferma qui. Lo fa secondo una modalità culturale, ossia con l’obiettivo di suscitare (non
la fede ma) il pensiero critico, il giudizio etico, il coinvolgimento affettivo ed esistenziale. Indica sentieri che vengono da lontano e percorribili oggi. Non perché sia compito della scuola scegliere al posto
dei propri allievi, bensì per mettere ciascuno di loro in grado di scegliere coscienziosamente. Da qui la necessità – in un contesto culturale e sociale come l’attuale – di indicare sentieri e percorsi capaci di condurre verso un senso, attraverso una personale e libera elaborazione culturale.
Con ciò voglio soprattutto sottolineare come oggetto dell’IRC
non sia una realtà “morta” (il passato, anche se nobilissimo), ma la
perenne attualità e provocatorietà di un fattore, quello religioso, che
ha trovato e trova forme particolari di espressione, orientamenti morali, strutture e trasformazioni di tipo storico. Altrimenti, rassegniamoci al ruolo di tappabuchi della preparazione storico-letteraria-artistica da una parte, confacente all’ambiente scolastico, e della formazione catechistica dall’altra, propria dell’istituzione religiosa.
All’IRC appartengono, non giustapposti in sequenza ma integrati sapientemente, il momento biblico-teologico, quello storico-esperienziale, quello ecumenico-interreligioso, quello della ricerca personale e comune, quello del confronto e del dialogo culturale. In questo
modo si evita il rischio di orientare lo studio dell’IRC esclusivamente all’aspetto storico-fenomenologico della religione, ma verso
uno studio critico dei fenomeni religiosi e una riflessione critica
sulle questioni che stanno alla base di questi stessi fenomeni.
L’insegnamento della religione – ripeto: mediante l’approccio
al dato oggettivo e alle fonti storiche, teologiche, ecc. – stimola l’approfondimento dei grandi interrogativi relativi al senso della vita, al
significato del mondo che ci circonda e agli impegni concreti che
rendono ogni uomo veramente tale. Scorrendo ancora gli Obiettivi
specifici di apprendimento della disciplina nei diversi cicli scolastici ci si trova davanti a verbi quali: osservare, percepire segni, scoprire, riconoscere, connettere, elaborare, confrontare criticamente,
motivare, cogliere l’originalità. È questo il “saper fare”, le abilità cui
l’IRC mira e che si riflettono di conseguenza anche sulla didattica
della disciplina. Credo sia l’unico modo per tradurre quel carattere
“olografico” di cui parla la riforma (unità del sapere e della persona) e anche che sia una forte provocazione per la formazione e l’aggiornamento dei docenti stessi (che dovrebbe far sperimentare a
loro stessi in prima persona questa dinamica culturale).
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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L’IRC in questo modo si configura anche come un laboratorio
culturale, ossia di umanità e di umanesimo, e un luogo di sintesi.
È la definizione che i vescovi italiani, nella Nota del 1991 già citata, danno dell’insegnante di religione: “uomo e donna della sintesi”.
Non è un compito facile, vista la condizione di frantumazione culturale che domina lo scenario del nostro tempo. Ogni allievo deve
conoscere le proprie radici, facendole diventare memoria viva per la
propria vita, giungendo – attraverso i momenti dell’analisi – a una
sintesi personale, libera e responsabile, capace di proiettarsi verso
il futuro. La domanda di sintesi, di unità, trova facile accoglienza
nel cristianesimo, che è la sintesi tra umano e divino, corpo e
anima, naturale e soprannaturale.
Conclusione
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Potremmo concludere dunque aggiungendo alle definizioni citate in apertura quella dell’IRC come una disciplina in dialogo. In
dialogo tra fede e ragione, teologia e scienze umane, storia e attualità, “Bibbia e giornale”. In dialogo con le domande di significato e
con gli altri. Fa parte della specifica competenza disciplinare l’aiutare ciascuno a cercare il proprio orizzonte di senso. Certamente,
tale impostazione, strettamente legata alle dimensioni spirituali del
conoscere, del ricercare, dell’educare, richiede l’attivazione di un
insieme di processi, che coinvolgono il cosa e il come insegnare, la
didattica e l’insegnante. Inoltre, presuppone condizioni di interdisciplinarietà: ciascun sapere disciplinare, in realtà, acquista senso
nel collegamento con gli altri. Sono questioni che riguardano la
scuola in quanto tale, come istituzione educativa e culturale, cui
l’IRC non si sottrae, anzi porta un contributo essenziale. Una vera
relazione educativa non solo cambia la scuola, ma anche la vita.
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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3.
L’IRC nella diocesi:
organizzazione
e competenze dell’Ufficio
Mons. GIANCARLO BRIANTI
Responsabile regionale IRC del Friuli Venezia Giulia
Premessa
Non ho un modello ideale da proporre,
ma più semplicemente e realisticamente
un’esperienza maturata durante gli anni
nella conduzione dell’Ufficio Scuola della
Diocesi di Udine, anche attraverso il confronto, la condivisione e la collaborazione
con i colleghi Direttori degli Uffici Scuola
delle altre Diocesi del Friuli Venezia Giulia.
Il mio intervento, perciò, cerca di teorizzare quell’esperienza,
così da condividerla con voi quest’oggi.
Complessità,
competenza e
relazione: i cardini
dell’organizzazione
funzionale
3 parole chiave possono costituire lo sfondo, l’orizzonte di riferimento nell’illustrare l’organizzazione dell’Ufficio diocesano per
l’IRC.
• COMPLESSITÀ
• COMPETENZA
• RELAZIONE
La complessità, paradigma della vita moderna, è condizione
da cui non è estraneo l’ambito che stiamo trattando. Complessità
descrive sia la presenza di elementi numerosi e diversi tra loro, sia
le loro molte interconnessioni. L’assunzione della complessità comporta tanto mentalità aperta al cambiamento quanto adattamento
flessibile alle situazioni e modificazioni, entrambe derivanti dall’esperienza concreta e quotidiana.
La competenza. La buona volontà non è più sufficiente, non è
strategicamente efficace affidarsi al pressapochismo, all’intuizione,
all’improvvisazione. È indispensabile la professionalità. E la professionalità è frutto di studio dei documenti giuridici e di materiali pedagogico-didattici, letture d’approfondimento diversificate, analisi e
riflessione sull’esperienza dell’IRC nella varietà dei contesti scolastici, condivisione di idee, ipotesi, progetti, attività di aggiornamento e formazione.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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La relazione. Relazione quale capacità di costituirsi in team,
di lavorare insieme su progetti condivisi ciascuno investendovi le
proprie competenze e sensibilità personali, di creare climi relazionali sereni, costruttivi, positivi. Ed anche come cultura della rete:
ciò si traduce nel superamento dell’autoreferenzialità, nella capacità di creare sinergia e interazione.
Lo Staff
Diverse ragioni motivano la creazione di uno staff all’interno
dell’Ufficio per l’IRC:
– la natura complessa dell’Ufficio, che richiede competenze diversificate;
– la riduzione diocesana dei sacerdoti, con il relativo aumento per
loro degli incarichi pastorali;
– la valorizzazione del servizio laicale nel campo educativo-scolastico, non solo in termini di collaborazione ma anche di corresponsabilità.
Si tratta di realizzare all’interno dell’Ufficio una CABINA DI
REGIA composta da:
– il DIRETTORE
– la SEGRETARIA
– il referente diocesano per i problemi GIURIDICO-AMMINISTRATIVI relativi all’IRC
– il referente diocesano per la FORMAZIONE degli IdR
Questi soggetti sono chiamati ad operare in sintonia di intenti, evitando il rischio di recare danno all’efficienza dell’Ufficio.
Conseguentemente la relazione tra loro deve improntarsi a
stima e fiducia reciproca, sensibilità verso le situazioni più delicate,
stile comportamentale definito da correttezza e sincerità, apertura
ed attenzione sollecita.
Settore della DIREZIONE
Il Direttore ha il compito di organizzare le attività dell’Ufficio
secondo criteri di Competenza, Continuità e Collaborazione al fine
di rendere il lavoro EFFICACE.
a. Criterio di COMPETENZA
Le categorie di competenze richieste ad un Responsabile dell’Ufficio IRC sono:
– competenze tecniche: conoscenze specifiche del settore in cui si
opera (documenti scolastici ed ecclesiali, normative giuridico-amministrative, modelli gestionali della formazione);
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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– competenze relazionali: disponibilità all’ascolto e al dialogo, capacità di creare spirito di coesione e promuovere collaborazioni
efficaci a livello interpersonale e di gruppo, gestione dei conflitti;
– competenze gestionali: capacità decisionale, gestione delle risorse umane in termini di selezione, sviluppo e valutazione, motivazione delle persone coinvolte, utilizzazione di strumenti di qualità
per l’accreditamento della struttura.
b. Criterio di CONTINUITÀ
Intesa sia come progettualità prolungata nel tempo che come
investimento sulle persone, soprattutto laici. L’efficienza dei processi e l’efficacia delle soluzioni si avvantaggia della possibilità per le
persone costituenti il team di ricoprire il ruolo per un arco temporale significativo: è così che è loro consentito acquisire l’esperienza,
che rende più rapida e facile la risoluzione dei problemi; dare coerenza ed evitare inutili ripetizioni nelle attività; scegliere le strategie
migliori di intervento nei diversi ambiti. Il tempo è anche la variabile entro la quale è indispensabile offrire ai soggetti dello staff occasioni di formazione e, nel contempo, individuare altre persone
che possano affiancarsi per un apprendistato finalizzato all’assunzione nel futuro di quello stesso ruolo.
c. Criterio di COLLABORAZIONE
I diversi responsabili di area (i 4 soggetti della cabina di regia)
collaborano in alcuni momenti all’interno dell’Ufficio, ad esempio
nella stesura dello scadenzario dell’Ufficio, mettendo in forma sinottica i loro adempimenti, allo scopo di pianificare gli impegni
dell’Ufficio così da rendere efficiente il servizio ed inserire i compiti
di ciascuno all’interno di un quadro unitario e condiviso di responsabilità. Ci sono poi le relazioni esterne con le scuole, l’Ufficio
Scolastico Provinciale, l’Ufficio Scolastico Regionale, le Associazioni
Sindacali, gli altri Uffici Diocesani.
Settore della SEGRETERIA
Si rende necessaria una segreteria, visti i notevoli adempimenti anche di natura burocratica e amministrativa che sono richiesti per una funzionale e corretta esecuzione delle pratiche scolastiche e gestionali (nomine dei docenti e dei supplenti, documentazione di partecipazione all’aggiornamento, controllo delle disponibilità e verifica delle idoneità dei titolari di classe e sezione, ecc.).
Sarebbe opportuno che il rapporto di lavoro fosse quantificato in
prestazioni orarie e giornaliere stabili e retribuite, seppur in una logica di volontariato.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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Settore della FORMAZIONE
Non può poi mancare il referente diocesano della formazione
degli insegnanti di religione (il cui impegno, soprattutto nelle realtà
diocesane più ampie, può avvalersi della collaborazione di un referente per grado scolastico), dato che occorre investire molto sulla
qualificazione degli stessi, su progetti pluriennali di aggiornamento,
su attività di laboratorio (meglio se organizzate in forma territoriale)
quale autoformazione, su esperienze di tutoraggio per i nuovi insegnanti o i supplenti all’interno delle facoltà teologiche o meno, ecc.
Settore dei problemi GIURIDICO-AMMINISTRATIVI
Occorre poi dotare l’Ufficio di un referente per i problemi giuridici, in considerazione del fatto che le scuole con l’autonomia
spesso tengono dei comportamenti molto diversi tra di loro, non
sempre supportati dalla conoscenza delle normative specifiche per
quanto riguarda l’IRC. C’è ancora l’impegno dell’Ufficio nel seguire
il processo dell’immissione in ruolo degli IdR, materia nuova su cui
tenersi continuamente informati e aggiornati.
La presenza in Ufficio, poi, di un IdR esperto in normativa testimonia agli insegnanti l’attenzione alla tutela di diritti dei docenti
e della dignità della materia; serve a creare e consolidare con
l’Ufficio un rapporto di fiducia da parte degli idR e ad evitare fughe
“libere” degli insegnanti nella soluzione dei loro specifici problemi,
soluzione che invece va trovata all’interno di una linea e strategia
generali.
L’Ufficio Scuola,
mediatore tra
Scuola e Chiesa
UN DOPPIO RIFERIMENTO
La natura concordataria dell’IRC informa anche l’Ufficio Scuola: ciò significa rapportarsi
• alla Scuola, nel rispetto delle sue finalità e della sua autonomia ed
in un clima di dialogo e collaborazione tra istituzioni che svolgono un ruolo educativo;
• alla Chiesa, nella fedeltà all’evangelica missione di “umanizzare”
il mondo.
L’Ufficio Scuola, nei confronti della Scuola, è garante di un
IRC insieme confessionale e laico e di docenti professionisti – non
dilettanti allo sbaraglio – preparati culturalmente, sensibili a livello
relazionale, consapevoli dei propri doveri e del proprio ministero,
responsabili del proprio ruolo educativo nel contesto scolastico segnato da pluralismo culturale e religioso. Da ciò deriva la capacità
di assumersi l’onere – ed il dovere etico – della cura nella formazio-
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
ne del personale e la scelta di stabilire relazioni costruttive e di collaborazione con le singole ed autonome realtà scolastiche.
Al di là della denominazione, l’Ufficio Scuola è un Ufficio
Pastorale: esprime un servizio della Chiesa al mondo della scuola e
della educazione; ha una natura pastorale, non burocratica; manifesta il suo aspetto testimoniale, non solo funzionale.
L’affermazione permette di dedurre alcune indicazioni pratiche.
• Tutti gli operatori, dal Direttore ai suoi collaboratori sono chiamati al lavoro adottando una mentalità di servizio, non di potere. Il
direttore sceglierà i suoi collaboratori sia per le abilità professionali che per quelle sociali. Tra i collaboratori come detto, ci deve
essere rispetto, stima, fiducia, spirito di collaborazione e condivisione. Il loro lavorare è per il bene comune, per un progetto condiviso e dunque non possono esservi individualismi o ricerca di affermazione personale o indisponibilità alle critiche costruttive.
• Nella gestione delle diverse situazioni, sono da evitare tanto la deriva gerarchica quanto quella burocratica o produttivistica o efficientista. La consapevolezza che essere autorevoli è altro dall’essere autoritari e che solo con l’autorevolezza si costruiscono relazioni positive e si danno reali possibilità di crescita e di autonomia personali, deve guidare le scelte che l’Ufficio è chiamato a
compiere, a tutti i livelli. Il compito delicato ed importante del
Direttore dell’Ufficio Scuola, inoltre, non può e non deve essere
pensato in termini padronali né tradursi in un atteggiamento paternalistico, ma essere guidato dalla saggezza che nota e promuove le qualità e le capacità personali e nel contempo interviene a
correggere gli errori e le scelte inadeguate. La burocrazia, è esperienza sociale, il più delle volte demotiva e contrasta con la produttività; l’eccesso di attenzione e di attesa ai risultati fa dimenticare l’importanza dei processi; l’efficientismo sposta tutto il baricentro dell’azione sul fare, dimenticando che la riflessione è necessaria ad un’azione efficace.
• La logica del servizio sottende anche l’adozione di criteri di TRASPARENZA nella comunicazione, che deve essere aperta, chiara,
e nelle decisioni, che non devono essere nascoste e creare il sospetto di favoritismi o ingiustizie.
COMPETENZE ISTITUZIONALI
L’Ufficio Scuola costruisce le sue competenze istituzionali su
più livelli.
• Un primo livello potrebbe essere quello della gestione del personale docente. L’Ufficio si propone come referente prima di tutto
52
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
•
•
•
•
53
agli occhi del singolo docente di religione, che deve vedere nell’impegno dell’Ufficio e, quindi, di chi lo gestisce un punto di riferimento costante e imprescindibile secondo le competenze e gli
ambiti che l’Ufficio ricopre. In questo caso l’Ufficio svolge una
funzione di servizio alla persona del docente che si trova a vivere
una esperienza professionale inserita in un contesto complesso e
articolato come quello della scuola e della scuola dell’autonomia
in particolare.
Altro livello istituzionale è quello che si evidenzia nel rapporto
con le istituzioni scolastiche, vale a dire con le singole scuole fino
alle istituzioni più complesse presenti sul territorio provinciale e
regionale, come gli USP e l’USR. In questo caso il ruolo dell’Ufficio sarà quello di costruire rapporti di collaborazione con gli uffici competenti con lo scopo di interpretare le norme, di applicarle
nel modo corretto e di stabilire procedure efficaci che permettano
di costruire itinerari idonei a rendere le norme veramente fruibili
per l’utenza alla quale si rivolgono. Lo spirito deve essere quello
della COLLABORAZIONE, che vuol dire cura dei rapporti personali, rispetto delle sfere di competenza e autonomia, apertura al
dialogo e al confronto, ricerca di soluzioni condivise, ...
Ulteriore livello istituzionale è quello che colloca l’Ufficio come
ente attivo nell’ambito della formazione docente. L’Ufficio Scuola
ha il compito di promuovere un IRC di qualità, che sia in grado di
inserirsi pienamente nella realtà scolastica e sappia offrirsi quale
reale opportunità educativa per gli alunni e le loro famiglie. Ciò è
possibile, soprattutto, puntando sulla professionalità degli Idr.
Ne deriva la scelta di assegnare particolare cura alla formazione
pedagogico-didattica degli insegnanti. Le proposte di aggiornamento e di autoaggiornamento, durante tutto l’arco dell’anno scolastico, mirano ad ampliare il bagaglio delle conoscenze dell’insegnante e a dotarlo degli strumenti necessari per attivare un IRC significativo, che sappia essere occasione di crescita integrale per
l’alunno. Accanto ad esse si dovrebbero collocare momenti nei
quali ai docenti è data l’occasione di sviluppare le proprie abilità
relazionali, considerando sia il ruolo educativo svolto dall’insegnane, sia quello di mediatore dell’apprendimento.
Un aspetto delicato è rappresentato dalla valutazione dell’operato
dell’IdR. L’importanza del compito educativo e la consapevolezza
dell’esistenza del limite, motivano l’Ufficio Scuola a seguire ed accompagnare l’insegnante. Non si tratta di un controllo burocratico sull’efficienza ed efficacia dell’insegnante, quanto di una discreta osservazione sulle modalità ed atteggiamenti tenuti nella
sua attività d’aula. Il colloquio sollecito e la promozione di una
cultura dell’autoverifica, possibile attraverso processi di riflessione sulla propria prassi didattica, sono strategia non solo adeguate ma anche proficue.
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
• Si tratta, infine, di attivare strategie con realtà presenti sul territorio (Università, Enti di ricerca, Circoli culturali, Mondo del volontariato, ecc....), che consentano di predisporre percorsi formativi
per i docenti che siano in grado di fornire un servizio rivolto alla
crescita culturale del personale e di rispondere alle esigenze di
una scuola al servizio del cittadino.
COMPETENZE PASTORALI
Non bisogna dimenticare che l’Ufficio Scuola è un Ufficio inserito nella struttura organizzativa diocesana, al quale il Vescovo attribuisce incarichi ben precisi con lo scopo di costruire interventi
che siano prima di tutto pastorali, cioè espressione dell’azione della
Chiesa nel mondo della scuola nel rispetto dell’autonomia e della
laicità dello stesso.
• Questa attenzione va tenuta presente nelle responsabilità dell’Ufficio al momento dell’attribuzione degli incarichi e delle supplenze (colloqui, scelta delle persone), al momento della scelta dei percorsi formativi che vanno costruiti secondo esigenze anche di carattere pastorale, non puramente tecniche ma attente alle dinamiche ecclesiali, di una chiesa anche locale inserita in un preciso
momento storico e sociale, dal quale la scuola e l’IRC non sono
avulsi.
• All’Ufficio Scuola spetta anche l’impegno di orientare e sostenere
nel suo compito educativo l’Idr, nella consapevolezza che i mutamenti sociali e generazionali richiedono non solo l’esercizio delle
competenze culturali e pedagogico-didattiche, ma anche la capacità di infondere “anima” al proprio insegnamento, così da renderlo occasione privilegiata di testimonianza cristiana. Le difficoltà che, a vari livelli, gli IdR incontrano ogni giorno rischiano di
demotivarli e inaridirli, ad evidente detrimento non solo dell’IRC,
ma anche del valore della cultura cristiana che esso veicola.
• I momenti di spiritualità, pertanto, non dovrebbero mancare nel
piano delle attività annuali definite dall’Ufficio Scuola. L’esperienza millenaria dei credenti nella Chiesa testimonia di come l’autenticità dell’opera nasca dalla frequentazione della Parola di Dio
e dalla continuità della preghiera, poiché di esse si nutre una fede
che ama e spera.
• L’attenzione alla spiritualità, inoltre, rende manifesto e consolida
il rapporto ecclesiale. L’IdR deve sempre avere piena consapevolezza e responsabilità del proprio munus, della propria “vocazione missionaria” nella scuola, che altro è dall’essere catechisti.
Come tutti coloro che operano nel mondo ma non sono del
mondo, gli IdR debbono sentirsi chiamati a testimoniare i valori
cristiani, pur nel rispetto di tutte le visioni della vita e delle diver-
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
se fedi, perché consapevoli del contributo che essi recano nello
sviluppo pieno dell’umanità e della società. La prossimità pastorale della Chiesa, attraverso l’Ufficio, è importante proprio per
evitare che il cammino difficile diventi impossibile.
• Altro aspetto pastorale dovrebbe vedere l’Ufficio attento nel filtrare iniziative ecclesiali che vanno portate nella scuola con attenzione ai momenti, ai contenuti e alle modalità delle stesse, valorizzando l’idea di una chiesa attenta e al servizio dell’uomo e del
cittadino e non invece impegnata ad occupare spazi senza ricerca
di collaborazioni, ascolto e dialogo.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
“L’IRC NELLA DIOCESI:
ORGANIZZAZIONE E
COMPETENZE
DELL’UFFICIO”
Don Giancarlo Brianti
Responsabile regionale IRC del Friuli
I CARDINI
DELL’ORGANIZZAZIONE
FUNZIONALE
COMPLESSITÀ
mentalità aperta al cambiamento
adattamento flessibile alle situazioni e modificazioni
COMPETENZA
professionalità
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studio, approfondimento, analisi e riflessione, condivisione,
aggiornamento e formazione
RELAZIONE
capacità di costituirsi in team
creare climi relazionali sereni, costruttivi, positivi
cultura della rete
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Lo STAFF
il DIRETTORE
la SEGRETARIA
il referente diocesano per i problemi
GIURIDICO-AMMINISTRATIVI relativi
all’IRC
il referente diocesano per la FORMAZIONE
degli Idr
Settore della DIREZIONE
Organizzazione secondo criteri di
COMPETENZA: competenze tecniche, relazionali,
gestionali
CONTINUITÀ: progettualità prolungata nel tempo,
investimento sulle persone (acquisizione e valorizzazione
dell’esperienza, formazione continua)
COLLABORAZIONE: all’interno (tra i diversi responsabili
di area per pianificare gli impegni), all’esterno (con scuole,
Ufficio Scolastico Provinciale e Regionale, Associazioni
Sindacali, altri Uffici Diocesani)
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Settore della SEGRETERIA
per gli ADEMPIMENTI di natura burocratica
e amministrativa richiesti per una
funzionale e corretta esecuzione delle
pratiche scolastiche e gestionali
con un rapporto di lavoro quantificato in
prestazioni orarie e giornaliere stabili e
retribuite, seppur in una logica di
volontariato
Settore dei problemi
GIURIDICO-AMMINISTRATIVI
Referente per i PROBLEMI GIURIDICI
a fronte della diversità di comportamento delle
scuole, non sempre a conoscenza delle
normative specifiche relative all’IRC
per seguire il processo dell’immissione in ruolo
degli Idr
per testimoniare l’attenzione alla tutela di diritti
dei docenti e della dignità della materia, creare e
consolidare con l’Ufficio un rapporto fiduciario
anche per trovare soluzioni a problemi specifici
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Settore della FORMAZIONE
Referente diocesano della formazione degli
insegnanti di religione per rendere concreto
l’investimento sulla QUALIFICAZIONE
DEGLI IDR
progetti pluriennali di aggiornamento
attività di laboratorio quale autoformazione
esperienze di tutoraggio per i nuovi
insegnanti o i supplenti
L’UFFICIO SCUOLA,
MEDIATORE TRA SCUOLA E
CHIESA
Doppio riferimento
alla SCUOLA
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a garanzia di un IRC insieme confessionale e
laico, di docenti professionisti
con il “dovere etico” della cura nella formazione
del personale e di relazioni costruttive e di
collaborazione instaurate con le singole ed
autonome realtà scolastiche
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
L’UFFICIO SCUOLA,
MEDIATORE TRA SCUOLA E
CHIESA
Doppio riferimento
alla CHIESA
Ufficio Pastorale, che esprime un servizio della
Chiesa al mondo della scuola e dell’educazione
mentalità di servizio da parte degli operatori
poiché il loro lavorare è per il bene comune
nella gestione delle diverse situazioni sono da
evitare la deriva gerarchica o burocratica o
produttivistica o efficientista
adozione di criteri di trasparenza nella
comunicazione e nelle decisioni
COMPETENZE ISTITUZIONALI
GESTIONE DEL PERSONALE DOCENTE: l’Ufficio è punto di
riferimento costante e imprescindibile per l’Idr poiché svolge una
funzione di servizio alla persona del docente
RAPPORTO CON LE ISTITUZIONI SCOLASTICHE: dalle singole
scuole agli USP e USR, l’Ufficio costruisce rapporti di collaborazione
con gli uffici competenti per interpretare ed applicare le norme nel
modo corretto e stabilire procedure efficaci
FORMAZIONE DOCENTE: l’Ufficio ha il compito di promuovere un
IRC di qualità puntando sulla professionalità degli Idr
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formazione pedagogico-didattica
abilità relazionali
valutazione dell’operato dell’Idr
strategie con realtà presenti sul territorio
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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DIOCESI
COMPETENZE PASTORALI
L’Ufficio è espressione dell’AZIONE DELLA
CHIESA NEL MONDO DELLA SCUOLA pur
rispettandone autonomia e laicità
RESPONSABILITÀ al momento dell’attribuzione degli
incarichi e delle supplenze, della scelta dei percorsi
formativi
IMPEGNO ad orientare e sostenere nel suo compito
educativo l’Idr
momenti di spiritualità nel piano delle attività annuali
per consolidare il rapporto ecclesiale nella consapevolezza
d’essere chiamati a testimoniare i valori cristiani
ATTENZIONE nel proporre iniziative ecclesiali alla scuola
al fine di valorizzare l’idea di una chiesa attenta e al
servizio dell’uomo e del cittadino
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
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4.
Schema essenziale
Aspetti giuridico-amministrativi
dell’IRC e dell’IdR
Prof. NICOLA INCAMPO - Direttore dell’Ufficio diocesano IRC di Tricarico
1. Titoli professionali: dal Concordato del
1929 alla revisione dello stesso nel 1984. I
titoli tuttora necessari per l’IRC. Gli Istituti
di Scienze Religiose e gli Istituti Superiori di
Scienze Religiose affiliati alle facoltà teologiche. I titoli conseguiti presso le Facoltà:
Baccalaureati – Licenza – Dottorato.
2. Idoneità: come viene presentata nel Diritto Canonico – Gli elementi che ne costituiscono l’essere secondo
il Diritto Canonico.
Validità: tempo – luogo.
Revoca: cause che la mettono in essere.
3. Intesa: anche per questo istituto vale la pena di ricordare alcuni
elementi storici.
Motivi dell’Intesa: competenza dell’Ordinario diocesano.
Estensione dell’intesa: ore – sede – scelte dell’IdR.
4. Scrutini ed esami: Vademecum per l’IdR
Credo sia il caso di fare un discorso chiaro su questa ormai
tanto famosa e contestata “ora di religione” e sull’insegnamento di
tale disciplina nella scuola con particolare riferimento, ai contenuti, alla sua metodologia, alla preparazione dei suoi insegnanti, al
rapporto con le altre discipline e, non ultimo all’inserimento in ruolo degli insegnanti di religione cattolica (IdR).
Il polverone si è alzato quando è stata approvata le legge sullo
stato giuridico degli IdR.
Ma lasciamo per ora da parte tale problema che, per quanto importante, non è che logica conseguenza della riflessione sulla necessità
dell’insegnamento della religione cattolica (IRC): è da questa asserita
importanza che consegue la presenza nella scuola italiana di tale insegnamento, il suo rapporto di piena attuazione delle finalità della scuola e quindi il suo necessario e pieno inserimento nel sistema scolastico
di cui deve condividere e servire le finalità e le metodologie.
L’IRC non “dipende dalla revisione del Concordato” come
qualcuno dice, ma dallo stesso Concordato del 1929 che così recita
all’articolo 36: “L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la
forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’inse-
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
gnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari
abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da
stabilirsi d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato”.
L’Accordo di revisione dello stesso Concordato sancito con
legge 121 del 25 marzo 1985 nell’articolo 9.2 stabilisce, a mio avviso, una continuità ed un orientamento nuovo, quando dice: “La
Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare nel quadro
delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”.
Più che evidente la continuità con il passato (la sottolineatura della parola continuità è mia), ma anche da evidenziare il nuovo
assetto dell’IRC che viene messo in relazione non con l’istruzione
pubblica, ma con il patrimonio culturale del popolo italiano e sempre in rapporto con le finalità della scuola.
Sono due le sottolineature che vanno bene evidenziate: da
una parte per chiarire le caratteristiche di un insegnamento che si
inserisce nella formazione culturale dell’alunno e dall’altra per distinguere l’IRC dalla catechesi che ha come finalità di formare il credente.
Ma valore culturale del cattolicesimo non significa insegnamento dimezzato o di un generico cattolicesimo che non conosca i
suoi aspetti caratteristici e individualizzanti, ma conoscenza precisa nella sua interezza, che comprende fonti, contenuti della fede,
aspetti di vita, espressioni di culto e quant’altro è necessario per
apprenderlo. E il tutto orientato alle finalità scolastiche che sono di
conoscenze di quella specifica cultura italiana, e oggi dovremmo
dire europea ed occidentale, che non è possibile spiegare e conoscere in tutte le sue forme (letteratura, arte, musica ...) senza il cattolicesimo.
Non pare che un insegnante che voglia veramente svolgere il
suo compito con dignità e rispetto della sua funzione docente e attenzione a quella scelta (“nel rispetto della libertà di coscienza e della
responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto
di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento” articolo 9.2), debba essere sensibile verso la sua funzione docente e seguire quei corsi di formazione che la CEI ha già indicato alle diocesi di svolgere?
E veniamo ad un altro punto.
Molti sono convinti che dipende dalla revisione del Concordato il giudizio di idoneità da parte dell’Ordinario”.
Non è esatto, perché già il Concordato del ’29 diceva, sempre
all’articolo 36 comma 2:
“Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori,
sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica e sussidia-
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
riamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine
muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano”.
Nel protocollo addizionale alla revisione del Concordato, in
relazione in relazione all’articolo 9, viene ribadito che “l’insegnamento della religione cattolica è impartito da insegnanti riconosciuti
idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica” e lo stesso si dice degli insegnanti delle scuole materne ed elementari.
E passiamo al
rapporto che c’è tra
idoneità e
abilitazione
64
“....Gli insegnanti di religione non sono soltanto insegnanti incaricati in via generica e di fatto, ma sono in possesso di una speciale abilitazione .....Dunque non semplici incaricati, ma incaricati che
sono in possesso di un particolare titolo di abilitazione all’insegnamento religioso....”
È la prima, e l’unica, volta che la parola abilitazione, riferita
all’insegnante di religione, si trova in un parere del Consiglio di
Stato, parere del 4 marzo 1958 a proposito di elettorato attivo e passivo per il consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Infatti con
CM n. 301 del 30.11.1974 si afferma che “ .....Ai fini della partecipazione alle elezioni dei rappresentati del personale docente, gli insegnanti di religione, stante la particolare natura del loro rapporto di
impiego, sono da considerare come incaricati a tempo indeterminato
e pertanto possono esercitare l’elettorato attivo e passivo per l’elezione degli organi collegiali di qualsiasi durata...”.
Come si può notare, per esigenze molto concrete, si stabilisce
un’analogia tra l’abilitazione, che si consegue in occasione di un
concorso, e l’idoneità all’insegnamento della religione cattolica conferita da un Ordinario Diocesano. Il decreto di idoneità creava l’insegnante di religione, nel senso che era l’unica condizione richiesta
dall’autorità scolastica per poter insegnare religione fino all’a.s.
1985/86. Solo a partire dall’a.s. 1986/87 sarà obbligatorio altre al
decreto di idoneità anche il titolo di qualificazione professionale, infatti per il rilascio del decreto di idoneità da parte dell’Ordinario
Diocesano, la delibera n. 41 della CEI, prevede espressamente il
possesso del titolo di qualificazione professionale da parte dell’aspirante. A questo punto è logico porsi le seguenti domande: l’istituto dell’idoneità perché esiste solo per gli insegnanti di religione?
Quali esigenze deve difendere? Per chiarire meglio la risposta a queste domande, mi sembra opportuno richiamare prima la norma. Il
Codice di Diritto Canonico impone all’Ordinario Diocesano di accertarsi che gli aspiranti all’insegnamento della religione cattolica
“... siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica” (Can. 804). Non leggiamo però anCONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
cora la parola idoneità che troviamo però per la prima volta nel protocollo addizionale dell’Accordo di revisione del Concordato (Legge
121 del 23.3.1985) “...L’insegnamento della religione cattolica .... è
impartito.... Da insegnanti riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica” e al punto 2.5 del DPR n. 751 del 16.12.1985 che afferma
“l’insegnamento della religione cattolica è impartito da insegnanti in
possesso di idoneità riconosciuta dall’ordinario diocesano e da esso
non revocata”. A questo punto la risposta alle domande si può formulare in questi termini: l’istituto dell’idoneità permette di realizzare il principio che è la Chiesa il soggetto cui compete l’insegnamento della religione cattolica, per cui si ha effettivamente tale insegnamento solo quando il docente è in particolare rapporto di comunione e di identità con la comunità ecclesiale. L’insegnante di religione cattolica non solo deve insegnare correttamente il contenuto
della religione cattolica, ma deve essere coinvolto in questo contenuto. Questa esigenza sta alla base non solo dell’idoneità, ma anche
dell’eventuale revoca, perché il canone 805 prevede espressamente
che “È diritto dell’Ordinario Diocesano del luogo per la propria diocesi di nominare o di approvare gli insegnanti di religione, e parimenti, se lo richiedano motivi di religione o di costumi, di rimuoverli
oppure di esigere che siano rimossi”.
I parametri
dell’intesa
65
L’insegnamento della religione cattolica è presente nella scuola italiana in virtù del Concordato tra lo Stato Italiano e la Santa
Sede.
Il protocollo addizionale, n. 5 in relazione all’articolo 9 della
Legge 121 del 25.3.1985 al comma a) recita testualmente “L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane indicate al n.2 è impartito ......... da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall’autorità
ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa dall’autorità scolastica”.
Nella successiva Intesa tra il Ministero della Pubblica Istruzione e la Conferenza Episcopale Italiana, DPR n. 751 del 16.12.1985,
al punto 2.5. viene descritta la procedura da seguire per giungere, attraverso l’intesa tra le due autorità, alla nomina dell’insegnante di religione e viene ulteriormente riaffermato che “L’insegnamento della religione cattolica è impartito da insegnanti in possesso di idoneità riconosciuta dall’ordinario diocesano e da esso non revocata, nominati,
d’intesa con l’ordinario diocesano, dalle competenti autorità scolastiche
ai sensi della normativa statale”.
La legge 186/03 ha come pietra angolare il Concordato e precisamente il punto 5 del Protocollo addizionale relativo all’articolo
9 che recita così: “L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole indicate al n. 2 è impartito in conformità alla dottrina della Chiesa
e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni da insegnanti che
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
siano riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati, d’intesa con essa, dall’autorità scolastica” (Cfr. Legge 121 del 25 marzo
1985).
Questo significa che tutte le nomine degli insegnanti di religione devono essere fatte “d’intesa”, sia quelle al trenta per cento
che quelle al settanta per cento.
Ma che cosa significa essere nominati d’intesa?
Cerchiamo di capirlo insieme: i parametri dell’intesa tra Ordinario diocesano e Autorità scolastica sono tre:
1. La fissazione delle ore.
2. L’individuazione dell’insegnante.
3. La scelta della scuola.
Sul primo parametro, la fissazione delle ore, il discorso è andato sempre più affinandosi, nel senso che le regole statali hanno
obbligato l’Ordinario diocesano a tendere sempre più verso l’orario
cattedra.
Il secondo e il terzo parametro sono di esclusiva competenza dell’Ordinario diocesano: cioè è, e sarà, l’Ordinario a individuare il docente che manderà in una determinata scuola.
Infatti la Circolare Ministeriale numero 158 del 26.4.1996 tra
l’altro afferma “In attuazione al citato articolo 47, comma 7 CCNL,
Capi d’istituto nel segnalare – entro il 15 giugno di ogni anno – esigenze orario ciascuna scuola propria competenza, ai fini prescritta
intesa con Ordinario diocesano ..”
Quindi il primo passo è dell’Autorità scolastica che allo stato
attuale comunica le ore di religione; successivamente l’Ordinario
invia in quella determinata scuola l’insegnate che lui ritiene idoneo.
Con le legge 186/03 ormai a regime, la scuola continuerà ad
inviare agli uffici scuola diocesani le ore ricadenti nel 30%; mentre
per le ore ricadenti nel 70% verrà comunicato solo l’eventuale variazione del numero delle cattedre.
Tale punto qualificante dell’Intesa ha avuto conferme anche
da parte del TAR Sicilia numero 55 del 5 marzo 1991 “L’ordinamento italiano ha infatti autolimitato il proprio potere di imperio in ordine all’insegnamento della religione cattolica demandando all’ordinario diocesano la scelta degli insegnanti..” e del Consiglio Giustizia
Amministrativa per la Sicilia n 356 del 16 settembre 1991 “L’autorità scolastica non può quindi adottare scelte discrezionali, ma può
solo limitarsi a controllare il possesso dei requisiti generali per l’accesso al pubblico impiego del docente designato”
È chiaro che è competenza dell’Autorità scolastica la nomina
del docente designato che viene così ad inserirsi con tutti i diritti e
doveri nell’ordinamento scolastico.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Titoli di
qualificazione
professionale per
poter insegnare
religione cattolica
67
I titoli di qualificazione professione vengono definiti dal punto 4 del DPR 751/85
Profili della qualificazione professionale degli insegnanti di
religione
4.1. Premesso che:
a) l’insegnamento della religione cattolica, impartito nel quadro delle finalità della scuola, deve avere dignità formativa e culturale pari a quella delle altre discipline;
b) detto insegnamento deve essere impartito in conformità alla
dottrina della Chiesa da insegnanti riconosciuti idonei dall’autorità
ecclesiastica e in possesso di qualificazione professionale adeguata;
i profili della qualificazione professionale sono determinati come
segue:
4.2. Per l’insegnamento della religione cattolica si richiede il
possesso di uno dei titoli di qualificazione professionale di seguito
indicati:
4.3. Nelle scuole secondarie di primo e secondo grado l’insegnamento della religione cattolica può essere affidato a chi abbia almeno uno dei seguenti titoli:
a) titolo accademico (baccalaureato, licenza o dottorato) in
teologia o nelle altre discipline ecclesiastiche, conferito da una facoltà approvata dalla Santa Sede;
b) attestato di compimento del regolare corso di studi teologici in un seminario maggiore;
c) diploma accademico di magistero in scienze religiose, rilasciato da un istituto di scienze religiose approvato dalla Santa Sede;
d) diploma di laurea valido nell’ordinamento italiano, unitamente a un diploma rilasciato da un istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana.
4.4. Nella scuola materna ed elementare l’insegnamento della religione cattolica può essere impartito, ai sensi del punto 2.6.,
dagli insegnanti del circolo didattico che abbiano frequentato nel
corso degli studi secondari superiori l’insegnamento della religione cattolica, o comunque siano riconosciuti idonei dall’ordinario
diocesano.
Nel caso in cui l’insegnamento della religione cattolica non
venga impartito da un insegnante del circolo didattico, esso può essere affidato:
a) a sacerdoti e diaconi, oppure a religiosi in possesso di qualificazione riconosciuta dalla Conferenza Episcopale Italiana in attuazione del can. 804, par. 1, del Codice di Diritto Canonico e attestata dall’ordinario diocesano;
b) a chi, fornito di titolo di studio valido per l’insegnamento
nelle scuole materne ed elementari, sia in possesso dei requisiti di
cui al primo comma del presente punto 4.4.; oppure a chi, fornito di
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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altro diploma di scuola secondaria superiore, abbia conseguito almeno un diploma rilasciato da un istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana.
4.5. La Conferenza Episcopale Italiana comunica al Ministero
della Pubblica Istruzione l’elenco delle facoltà e degli istituti che rilasciano i titoli di cui ai punti 4.3. e 4.4. nonché delle discipline ecclesiastiche di cui al punto 4.3., lettera a).
4.6. I titoli di qualificazione professionale indicati ai punti
4.3. e 4.4. sono richiesti a partire dall’anno scolastico 1990-91.
I docenti di religione cattolica in servizio nell’anno scolastico
1989-90, già in possesso del diploma rilasciato da un istituto di scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza Episcopale Italiana, possono conseguire nelle sessioni dell’anno accademico 1989-90 il titolo
prescritto.
4.6.1. Sino a tale data l’insegnamento della religione cattolica
può essere affidato a chi non è ancora in possesso dei titoli richiesti, purché abbia conseguito un diploma di scuola secondaria superiore e sia iscritto alle facoltà o agli istituti di cui al punto 4.5.
4.6.2. Sono in ogni caso da ritenere dotati della qualificazione necessaria per l’insegnamento della religione cattolica:
a) gli insegnanti della scuola materna e della scuola elementare in servizio nell’anno scolastico 1985-86;
b) gli insegnanti di religione cattolica delle scuole secondarie
e quelli incaricati di sostituire nell’insegnamento della religione cattolica l’insegnante di classe nelle scuole elementari, che con l’anno
scolastico 1985-86 abbiano cinque anni di servizio.
N.B. Questi titoli sono tuttora validi, ma la situazione è in
evoluzione, almeno per quanto riguarda i titoli conferiti da ISR
e ISSR. Infatti, per iniziativa della Congregazione per l’Educazione Cattolica e della Conferenza Episcopale Italiana è stato avviato un processo di riordino delle istituzioni preposte alla formazione teologica dei laici, che ha portato alla soppressione
degli ISR, come Istituti idonei al rilascio di titoli validi per l’IRC,
e ad una più articolata configurazione degli ISSR, che conferiranno titoli validi per l’IRC, ma con dicitura diversa rispetto a
quella indicata dall’Intesa.
Scrutini ed esami:
Vademecum per
l’IdR
68
Guida per gli scrutini:
L’intelaiatura della struttura scolastica dell’ora di religione
nelle scuole pubbliche è ancora regolata dalla legge n. 824 del 5 giugno 1930, in cui l’art. n. 4 recita testualmente: “Per l’insegnamento
religioso, in luogo di voti e di esami viene redatta a cura dell’insegnante e comunicata alla famiglia una speciale nota, da inserire nella
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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pagella scolastica, riguardante l’interesse con il quale l’alunno segue
l’insegnamento e il profitto che ne ritrae” .
Nella CM n. 117 del 23 settembre 1930 applicativa della suddetta legge, a proposito dell’art. 4, si dice “Per l’insegnamento religioso, date le sue speciali finalità, non si assegnano voti, né si danno
esami, e del profitto che gli alunni ne ritraggono l’insegnante di religione informerà le rispettive famiglie mediante apposita nota da inserire nella pagella o negli altri simili documenti scolastici, nei quali
si attesta il profitto di ogni altro insegnamento (art. 4)”.
La CM n. 11 del 21 gennaio 1987 ricorda che il pagellino di
religione “....oltre a recare per ciascun trimestre o quadrimestre firma
insegnante et timbro scuola, debent essere vistate da capo di istituto
aut docente delegato..”.
Ed ancora la CM n. 156 del 23 maggio 1987 nel rispondere a
quesiti pervenuti al Ministero precisa “che in scuola istruzione secondaria superiore prospetti relativi at risultati scrutini finali da affiggere in albo istituti debent contenere apposito spazio, dopo quello
riservato at disciplina religione, per attività.....”.
Quindi il giudizio dell’insegnante di religione va trascritto sul
registrone, sul pagellino e sui prospetti da affiggere all’albo della
scuola.
È inutile ricordare che la mancata partecipazione dei docenti
di religione cattolica alla valutazione degli alunni che si sono avvalsi dell’ora di religione invalida lo scrutinio, così come previsto dagli
articoli 1, 3 e 31 dell’O.M. n. 80 del 9 marzo 1995 integrata dall’O.M. n. 117 del 22 marzo 1996 che io non riporto per mancanza di
spazio, dai quali tra l’altro si evince che il consiglio di classe è perfetto solo con la presenza di tutti gli insegnanti, compreso naturalmente l’insegnante di religione.
In riferimento ad una eventuale votazione in seno al consiglio
di classe, cioè se l’insegnante di religione deve votare o no e se il
suo voto è valido o meno, l’ultimo comma del punto 2.7 del DPR
202 del 23 giugno 1990 con molta chiarezza afferma che “Nello
scrutinio finale, ............, il voto espresso dall’insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a
verbale” quindi vota, ora cerchiamo di capire se il voto vale o non
vale.
Il TAR di Puglia-Lecce con sentenza n. 5 del 5 gennaio 1994,
il TAR Sicilia-Catania con ordinanza n. 2307 del 19.9.1995 e il
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Sicilia con ordinanza n. 130 del 14.2.1996 e la sentenza numero 1089/99 del
TAR Toscana hanno affermato che il voto espresso dall’insegnante
di religione vale “nel senso che il voto del docente di religione, ove
determinante, si trasforma in giudizio motivato, ma senza perciò
perdere il suo carattere decisionale e costitutivo della maggioranza”, è necessario quindi, solo in questo caso che l’insegnante di re-
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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ligione trascriva sul registro dei verbali il suo giudizio in modo articolato.
Se qualche capo d’istituto non si comporta come la norma
prevede, è sufficiente che l’insegnante di religione faccia mettere a
verbale che lui si dissocia dalla decisione adottata dal consiglio di
classe e che quindi impugnerà l’atto del consiglio di classe per vizio
di legittimità.
Nel malaugurato caso che tutto questo dovesse avvenire, l’insegnante di religione dovrà avvisare tempestivamente il Direttore
dell’Ufficio Scolastico Regionale, l’Ufficio Scuola Diocesano competente e, relativamente alla eventuale contestazione giuridica, l’Organizzazione Sindacale a cui appartiene il docente, perché lo scrutinio
verrà sicuramente rifatto.
Guida per quando il voto dell’IdR è determinante
Quando il Consiglio di classe (C. d. C.) non è unanime nel deliberare il passaggio o meno alla classe successiva, o magari l’ammissione agli esami, è obbligato a deliberare votando in modo palese e
non segretamente. Il C. d. C può essere formato da un numero di docenti pari o da un numero di docenti dispari. Immaginiamo un C. d.
C formato da otto insegnanti, compreso naturalmente anche il
Preside, quindi un C.d.C. pari. Immaginiamo che 4 votano per la
l’ammissione alla classe successiva e 4 votano per la non ammissione alla classe successiva. Siccome la norma prevede che in caso di parità il voto del Preside vale doppio se il Preside ha votato per l’ammissione alla classe successiva, l’alunno verrà ammesso alla classe
successiva, perché il risultato non è più 4 e 4, bensì 5 per l’ammissione alla classe successiva e 4 per la non ammissione alla classe successiva. Chiaramente solo nei casi di parità il voto del Preside vale
doppio. Quindi in tutti i C.d.C. pari il voto dell’insegnante di religione non è mai determinante. Immaginiamo adesso un C.d.C. formato
da nove persone, compreso sempre il Preside, quindi dispari. Continuiamo ad immaginare che questo consiglio voti nel modo seguente:
5 per l’ammissione alla classe successiva, 4 per la non ammissione
alla classe successiva e l’insegnante di religione voti per la non ammissione alla classe successiva; il voto dell’insegnante di religione è
ancora non determinate e quindi non succede ancora niente. Continuiamo ancora ad immaginare ad un C.d.C. formato da 9 persone e
la votazione dia il seguente risultato: 5 per l’ammissione alla classe
successiva e 4 per la non ammissione alla classe successiva, però l’insegnante di religione ha votato per l’ammissione alla classe successiva. È facile a questo punto intuire che il voto dell’insegnante di religione è determinante, perché aldilà del fatto se sia stato il primo o
l’ultimo a votare, con il suo voto si è avuto il risultato. A questo punto
entra in gioco il comma 2.7 del DPR numero 202 del 23 giugno 1990
che recita: “ Gli insegnanti incaricati di religione cattolica fanno parte
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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SCUOLA
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della componente docenti negli organi scolastici con gli stessi diritti e
doveri degli altri insegnanti ma partecipano alle valutazioni periodiche
e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell’insegnamento della religione cattolica, fermo quanto previsto dalla normativa statale in ordine al profitto e alla valutazione per tale insegnamento.
Nello scrutinio finale, nel caso in cui la normativa statale
richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto
espresso dall’insegnante di religione cattolica, se determinante,
diviene un giudizio motivato iscritto a verbale. E quindi solo in
questo caso l’insegnante di religione dovrà motivare a verbale il giudizio dell’alunno in questione. E questa è la giusta interpretazione
della norma sopracitata. Alcuni interpretano tale norma nel senso di
escludere dal computo dei voti quello dell’insegnante di religione.
La norma richiede solo che il voto dell’insegnante di religione sia
motivato con un giudizio che viene trascritto a verbale. A conferma
di ciò si ricorda che tutta la giurisprudenza ha affermato che il voto
dell’insegnante di religione vale sempre, solo che quando è determinante va motivato a verbale.
Guida per gli esami di Stato della scuola secondaria di primo grado
Per l’esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione
nelle scuole statali e paritarie, dall’anno scorso qualcosa è cambiato.
Cerchiamo di evidenziare le novità più rilevanti.
Con la Circolare Ministeriale numero 28 del 15 marzo 2007 il
Ministero della Pubblica Istruzione ha emanato disposizioni in merito ai nuovi esami di Stato.
Detta Circolare, oltre a confermare quanto già detto con la
nota del 31 agosto 2005 e con la nota del 10 novembre 2006, rende
noto che la prevista predisposizione di prove da parte dell’Invalsi
per l’esame conclusivo del primo ciclo, di cui all’art. 3, comma 1,
lettera b) del decreto legislativo n. 286/2004 è stata infatti annullata dall’art. 3 della legge 11 gennaio 2007, n. 1.
Questo significa che è stata confermata l’esclusiva competenza delle commissioni esaminatrici nel predisporre tutte le prove di
esame.
Però prima di procedere ad analizzare le novità previste dalla
Circolare Ministeriale numero 28/07 a proposito degli esami di
Stato, vorrei riprendere quanto detto dal Ministero con la nota del
10 novembre 2006.
Infatti con questa Nota viene precisato come procedere per la
certificazione e per la definizione delle competenze da certificare.
Mi piace evidenziare, prima di tutto, come con la suddetta
Nota, il Collegio dei Docenti ritorni ad essere parte attiva nella definizione delle competenze da certificare.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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Il Collegio, quindi non più destinatario di soluzioni venute da
lontano, ma promotore di percorsi educativi e didattici.
La centralità di quest’organo collegiale, da tutti invocata negli
anni passati, ci permette di affrontare il tema della valutazione, e
soprattutto della certificazione delle competenze, con molta libertà
e con molto realismo.
Per la valutazione la Nota chiarisce come predisporre la scheda di valutazione, infatti leggiamo: “Pertanto, le istituzioni scolastiche del primo ciclo, nel rispetto e nell’esercizio della loro autonomia,
previa delibera del collegio dei docenti, provvederanno, nel corrente
anno scolastico, a predisporre la scheda di valutazione garantendo,
comunque, pur nella flessibilità del modello adottato, la valutazione
degli apprendimenti conseguiti nelle diverse discipline, ivi compresi gli
insegnamenti o attività facoltativo-opzionali, e del comportamento
degli alunni.”
La scheda di valutazione che ogni scuola dovrà predisporre,
avrà almeno tre caratteristiche:
1. Verrà deliberata dal Collegio dei docenti;
2. Dovrà tener presente gli apprendimenti di tutte le discipline e di
tutte le attività facoltative opzionali;
3. Dovrà obbligatoriamente tener presente il comportamento degli
alunni.
La scheda, che ogni Collegio predisporrà, dovrà obbligatoriamente contenere spazi per la valutazione degli insegnamenti facoltativi e/o opzionali, e dovrà inoltre contenere spazi anche per il
comportamento.
Il Collegio quindi dovrà deliberare necessariamente su come
la scheda verrà articolata, affinché essa contenga la valutazione di
tutti gli apprendimenti conseguiti dagli alunni sia in tutte discipline
che nelle varie attività scelte.
Ad evitare ogni equivoco si vuole anche qui ricordare che per
la privacy il MIUR, con nota 16 giugno 2004 – prot. n. 10642, ha affermato che “...la materia “religione cattolica”, dal momento in cui ne
viene richiesto l’insegnamento, assurge al medesimo rango delle altre
discipline e concorre, quindi, sebbene mediante formulazione di giudizio e non di voto, alla valutazione globale e finale del profitto degli
alunni...”.
Si aggiunga a tutto questo che il Garante della privacy in data
3 dicembre 2004 ha così dichiarato: “Non è vero che i voti scolastici
devono restare segreti, non è vero che gli studenti devono nascondere
la propria fede religiosa, non è vero che i risultati degli scrutini devono rimanere clandestini .... Il necessario rispetto della volontà di ciascuno di mantenere riservato alcune informazioni sulla propria persona infatti non va confuso con la libertà, costituzionalmente protetta, di ognuno di manifestare liberamente le proprie convinzioni, anche
in natura religiosa”.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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Sintetizzando, e esprimendo una logica conseguenza, in conclusione si può dire questo: ogni Collegio ha la possibilità di articolare gli spazi della scheda nel modo che ognuno ritiene più opportuno, inserendo nella stessa tutte le discipline: sia quelle curriculari, non esclusa quindi l’IRC, ed anche quelle facoltative opzionali.
Passiamo ora ad analizzare le novità previste dalla Circolare
Ministeriale numero 28 del 15 marzo 2007 a proposito degli esami
di Stato.
A scanso di equivoci la Circolare afferma con chiarezza che
“Per tale adempimento il computo della frequenza dovrà essere, pertanto, attuato con riferimento all’orario complessivo delle attività e
degli insegnamenti obbligatori e facoltativo-opzionali”.
Questo significa che l’alunno potrà essere scrutinato solo se
“la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato
di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 10”.
Ma che cosa dicono il comma 1 e 2 dell’articolo 10 del Decreto Legislativo numero 59 del 10 febbraio 2004?
Leggiamoli insieme:
1. Al fine di garantire l’esercizio del diritto-dovere di cui all’articolo 4,
comma 1, l’orario annuale delle lezioni nella scuola secondaria di
primo grado, comprensivo della quota riservata alle regioni, alle
istituzioni scolastiche autonome e all’insegnamento della religione
cattolica in conformità alle norme concordatarie, di cui all’articolo 3, comma 1, ed alle conseguenti intese, è di 891 ore, oltre a
quanto previsto al comma 2.
2. Le istituzioni scolastiche, al fine di realizzare la personalizzazione
del piano di studi, organizzano, nell’ambito del piano dell’offerta
formativa, tenendo conto delle prevalenti richieste delle famiglie,
attività e insegnamenti, coerenti con il profilo educativo, e con la
prosecuzione degli studi del secondo ciclo, per ulteriori 198 ore
annue, la cui scelta è facoltativa e opzionale per gli allievi e la cui
frequenza è gratuita. Gli allievi sono tenuti alla frequenza delle attività facoltative per le quali le rispettive famiglie hanno esercitato
l’opzione. Le predette richieste sono formulate all’atto dell’iscrizione. Al fine di ampliare e razionalizzare la scelta delle famiglie, le
istituzioni scolastiche possono, nella loro autonomia, organizzarsi
anche in rete.
Questo significa che l’orario annuale che l’alunno dovrà frequentare è comprensivo anche delle ore di religione.
Ricordo che il monte ore annuale da quest’anno non è più
891, ma 957, perché si è aggiunta la terza ora di “Lingua Inglese” e
la seconda ora di “Tecnologia”.
È su questo parametro, cioè su 957, che si calcola la percentuale delle ore che l’alunno dovrà frequentare per essere scrutinato,
infatti il comma 1 dell’articolo 11 del Decreto Legislativo numero 59
del 19 febbraio 2004 così recita: “Ai fini della validità dell’anno, per
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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la valutazione degli allievi è richiestala frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 10”.
Quindi l’alunno, dovrà frequentare la scuola per almeno 718
ore all’anno, perché 718 ore equivalgono precisamente a tre quarti
di 957.
Si badi bene: non si parla di giorni, ma di ore.
Vediamo ora la ricaduta di questa nuova organizzazione sulla
scelta dell’ora di religione cattolica.
L’alunno che sceglie di avvalersi dell’ora di religione ha come
monte ore annuale 957 ore.
Chi non si avvale dell’ora di religione può scegliere seconda
la Circolare Ministeriale numero 122 del 9 maggio 1991, le seguenti possibilità
1. Attività didattiche e formative;
2. Attività di studio e/o di ricerca individuale con assistenza di personale docente;
3. Libera attività di studio e/o di ricerca senza assistenza di personale docente;
4. Uscita dalla scuola.
Questo significa che chi ha scelto la possibilità numero 1 (Attività didattiche e formative), la possibilità numero 2 (Attività di studio e/o di ricerca individuale con assistenza di personale docente),
la possibilità numero 3 (Libera attività di studio e/o di ricerca senza
assistenza di personale docente), avrà come monte ore annuale 957
ore.
Chi invece sceglie l’uscita dalla scuola non avrebbe un monte
ore annuale di 957, bensì di 924, perché 957 meno 33 è uguale esattamente a 924.
È questa possibilità che farebbe abbassare il mote ore annuale dell’alunno che ha scelto di uscire dalla scuola portando il monte
ore annuale minimo a 924 e quindi a questo alunno sarebbero sufficiente solo 693 ore annuali per essere scrutinato, perché 693 ore
sono i tre quarti di 924 ore.
Però questa interpretazione, secondo il mio modesto parere,
si scontrerebbe con il Decreto legislativo che stabilisce come monte
ore annuale il parametro di 957 ore.
Questo significa che in caso di scelta di uscita dalla scuola
da parte dei non avvalentesi, questi devono comunque raggiungere il numero delle ore mancanti, cioè 957 annuali con ore disciplinari anche obbligatorie.
In conclusione il consiglio di classe disporrà l’ammissione
agli esami di tutti quegli alunni che hanno raggiunto un monte ore
annuale 693 ore.
Inoltre la Circolare al punto 3 del paragrafo “ATTIVITÀ PRELIMINARI ALL’ESAME” “... confermata l’importanza della relazione
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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finale del consiglio di classe, in cui sono presentati le attività e gli insegnamenti effettivamente svolti, le linee didattiche seguite, gli interventi effettuati – compresi quelli eventuali di sostegno e di integrazione – e la sintesi di quanto la programmazione educativa e didattica,
impostata nel triennio, ha via via ipotizzato, verificato e vagliato.”
Questo significa che l’insegnante di religione si preoccuperà
di consegnare al coordinatore di classe la sua relazione finale disciplinare, affinché questa venga poi tenuta in considerazione per la
stesura della “relazione finale del consiglio di classe”.
Guida per gli esami di Stato:
Con l’Ordinanza Ministeriale numero 26 del 15 marzo 2007,
protocollo numero 2578, – confermata dall’Ordinanza ministeriale
numero 30 del 10 marzo 2008, finalmente si fa chiarezza sul ruolo
e sul compito degli insegnanti di religione nell’attribuzione del credito scolastico.
Infatti al comma 13 dell’articolo 8, intitolato credito scolastico di detta Ordinanza leggiamo: “I docenti che svolgono l’insegnamento della Religione cattolica partecipano a pieno titolo alle deliberazione del Consiglio di Classe concernenti l’attribuzione del credito
scolastico agli alunni che si avvalgono di tale insegnamento. Analoga
posizione compete, in sede di attribuzione del credito scolastico, ai docenti delle attività didattiche e formative alternative all’insegnamento
della religione cattolica, limitatamente agli alunni che abbiano seguito le attività medesime.”
Questo significa che nessuno può mettere a tacere gli IdR nei
Consigli di Classe quando bisognerà attribuire il credito agli alunni
che si sono avvalesi dell’Insegnamento della Religione Cattolica,
anzi questi sono obbligati a dare il proprio contributo.
Ma chiarezza maggiore è stata fatta al comma numero 14 che
così recita: “L’attribuzione del punteggio, nell’ambito della banda di
oscillazione, tiene conto, oltre che degli elementi di cui all’art. 11,
comma 2, del DPR n. 323 del 23.7.1998, del giudizio formulato dai
docenti di cui al precedente comma 13 riguardante l’interesse con il
quale l’alunno ha seguito l’insegnamento della religione cattolica ovvero l’attività alternativa e il profitto che ne ha tratto, ovvero di altre
attività, ivi compreso lo studio individuale che si sia tradotto in un arricchimento culturale o disciplinare specifico, purché certificato e valutato dalla scuola secondo modalità deliberate dalla istituzione scolastica medesima. Nel caso in cui l’alunno abbia scelto di assentarsi
dalla scuola per partecipare ad iniziative formative in ambito extrascolastico, potrà far valere tali attività come crediti formativi se presentino i requisiti previsti dal D.M. n. 49 del 24-2-2000”.
Questo significa che il Consiglio di Classe, al fine di stabilire
il credito scolastico, deve prendere in considerazione oltre “l’assi-
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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duità della frequenza scolastica, l’interesse e l’impegno nella partecipazione al dialogo educativo e alle attività complementari ed integrative ed eventuali crediti formativi” (Cfr. comma 2 dell’articolo 11, del
DPR n. 323 del 23.7.1998) anche il giudizio formulato dal docente
di religione cattolica, riguardante non solo l’interesse con il quale
l’alunno ha seguito questa disciplina, ma anche il profitto che ne ha
tratto.
Come si nota chiaramente il Consiglio di Classe dovrà attribuire il credito scolastico non solo agli avvalentesi e a chi ha scelto
l’attività alternativa, ma anche a chi ha scelto lo studio individuale
assistito e non.
Ma il fatto nuovo è che per lo studente che ha scelto “l’ora del
nulla”, cioè di uscire fuori dall’edificio scolastico durante l’ora di religione, il Consiglio di Classe può attribuire il credito formativo e
non il credito scolastico, se l’attività presentata dall’alunno ha tutti
i requisiti previsti per ottenere tale riconoscimento.
Vediamo quanto il Regolamento dice a proposito del “Credito
Scolastico” e del “Credito Formativo”.
Per il credito scolastico (D.P.R. 23 luglio 1998, n. 323) l’articolo 11 chiarisce che “Il consiglio di classe attribuisce ad ogni alunno che ne sia meritevole, nello scrutinio finale di ciascuno degli ultimi
tre anni della scuola secondaria superiore, un apposito punteggio per
l’andamento degli studi, denominato credito scolastico. La somma
dei punteggi ottenuti nei tre anni costituisce il credito scolastico che
[...] si aggiunge ai punteggi riportati dai candidati nelle prove d’esame scritte e orali. [...] Il punteggio di cui al comma 1 esprime la valutazione del grado di preparazione complessiva raggiunta da ciascun alunno nell’anno scolastico in corso, con riguardo al profitto e
tenendo in considerazione anche l’assiduità della frequenza scolastica, [...] l’interesse e l’impegno nella partecipazione al dialogo
educativo, alle attività complementari ed integrative ed eventuali
crediti formativi.”
Mentre per il Credito Formativo l’articolo 12 prevede che “Ai
fini previsti dal presente regolamento, il credito formativo consiste in
ogni qualificata esperienza, debitamente documentata, dalla quale
derivino competenze coerenti con il tipo di corso cui si riferisce l’esame di Stato; la coerenza, che può essere individuata nell’omogeneità
con i contenuti tematici del corso, nel loro approfondimento, nel loro
ampliamento, nella loro concreta attuazione, è accertata per i candidati interni e per i candidati esterni, rispettivamente, dai consigli di
classe e dalle commissioni d’esame”.
Detto questo vorrei richiamare alcune norme che prevedono
passaggi importanti prima dell’attribuzione del credito scolastico.
Lo scrutinio finale fino all’anno scolastico 1993/94 è stato
normato dall’Ordinanza Ministeriale numero 395 del 23.12.1991. A
partire dall’a.s. 1994/95 questo atto importantissimo di fine anno è
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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stato regolato da un nuovo ordinamento giuridico e precisamente
dall’Ordinanza Ministeriale numero 80 del 9 marzo 1995 e successive integrazioni. Le innovazioni non sono state poche e di poco
conto. I poteri del consiglio di classe, ad esempio, risultano sensibilmente affievoliti, perché “il collegio dei docenti determina i criteri da
seguire per lo svolgimento degli scrutini, al fine di assicurare omogeneità di comportamento dei singoli consigli di classe” (Cfr. articolo 12
comma 2 Ordinanza Ministeriale 80/95).
Ritenendo di fare cosa utile a tutti gli insegnanti di religione
cattolica, mi permetto di stilare un promemoria, affinché tutto avvenga come norma prevede.
1. Il primo momento è dato dalla convocazione del collegio dei docenti che dovrà stabilire i criteri generali e gli indici che permetteranno di definire una “insufficienza grave”. I parametri valutativi per gli scrutini dovranno essere deliberati da ogni consiglio
di classe.
2. Durante lo scrutinio, il consiglio di classe, dopo aver preso in
esame la posizione dei singoli alunni, valuterà se vi siano situazioni di apprendimento sufficiente o meno.
3. Per gli alunni che presentino sufficienza in tutte le discipline il
consiglio di classe delibererà il passaggio alla classe successiva,
assegnando un voto, per ogni disciplina, non inferiore a 6/10.
4. Il consiglio di classe prenderà in esame gli alunni che presentino
insufficienze “non gravi in una o più discipline” e se li terrà in
condizioni di seguire proficuamente gli studi, delibererà il passaggio alla classe successiva. Solo a questo punto il Consiglio di
Classe assegnerà il voto, che, comunque, non dovrà essere inferiore ai 6/10 per ogni singola disciplina.
5. Il consiglio di classe delibererà il non passaggio alla classe successiva solo per gli alunni che si trovino nelle seguenti condizioni:
• Chi presenta sufficienze “gravi” anche soltanto in una materia;
• L’alunno che presenti insufficienze “non gravi” in più discipline e il consiglio di classe non lo ritenga in condizione di seguire proficuamente gli studi.
6. In ultimo ricordo che quando la deliberazione per il passaggio
alla classe successiva non viene adottata all’unanimità ma a
maggioranza, il voto dell’insegnante di religione cattolica ha la
stessa efficacia di quello degli altri insegnanti (cfr. TAR Puglia
sentenza n. 5/94; ordinanza n. 230/95 TAR Sicilia; C.G.A. ordinanza n. 130/96; TAR Lombardia sospensiva del 26.7.1996).
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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Con l’Ordinanza Ministeriale numero 26 del 15 marzo 2007 e con
il comma 13 e 14 dell’articolo 8 in modo particolare vengono
precisate le modalità con cui l’insegnamento della religione
cattolica partecipa alla determinazione del credito scolastico.
Le possiamo così sintetizzare:
1. Elaborazione della media aritmetica calcolata sulla base dei voti
conseguiti dall’alunno in tutte le discipline, tranne l’IRC;
2. Individuazione e collocazione in una delle bande di oscillazione
indicate nella tabelle allegate al Regolamento;
3. Il consiglio di classe, al fine di stabilire il credito scolastico prende in considerazione “l’assiduità della frequenza scolastica, l’interesse e l’impegno nella partecipazione al dialogo educativo e alle
attività complementari ed integrative ed eventuali crediti formativi” (Cfr. Regolamento) e il giudizio formulato dal docente di religione cattolica, riguardante non solo l’interesse con il quale l’alunno ha seguito questa disciplina, ma anche il profitto che ne ha
tratto
4. Infine si propone un facsimile di tabella del credito scolastico.
Cognome
alunno
Media
aritmetica
dei voti
78
Assiduità
alla
frequenza
Dialogo
educativo
Attività
complementari
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
Insegnamento
della religione
cattolica
DELL’IRC TRA
Credito
formativo
SCUOLA
Eventuale
debito
scolastico
E
DIOCESI
TOTALE
credito
scolastico
5.
Fonti normative
79
La mobilità degli IdR di ruolo
Prof. SERGIO CICATELLI - Dirigente Scolastico Liceo B. Croce di Roma
Attualmente in servizio presso il Ministero della Pubblica Istruzione
Dopo l’assunzione in ruolo degli Idr gli
Uffici diocesani devono oggi imparare a misurarsi con una serie di disposizioni nuove, tra le
quali quelle relative alla mobilità costituiscono
forse il terreno più complesso e vincolante.
Il primo dato che risulta evidente è la rigidità di gran lunga superiore per la mobilità
degli Idr di ruolo rispetto a quelli non di ruolo.
È questo uno dei motivi che a suo tempo sconsigliava la partecipazione al concorso a quegli insegnanti che potevano avere particolari esigenze di mobilità (soprattutto sacerdoti e religiosi/e), che nella
condizione di incaricati possono essere spostati da una sede all’altra con maggiore facilità.
Vediamo però di procedere con una certa sistematicità per
esaminare tutto il settore, a partire in primo luogo dalle fonti normative, che sono le seguenti:
1. il Contratto Collettivo Nazionale Integrativo (CCNI) sottoscritto
ogni anno (generalmente in giugno) per le assegnazioni provvisorie e le utilizzazioni, che regola già da un paio d’anni la mobilità degli Idr di ruolo all’interno della stessa diocesi;
2. l’Ordinanza Ministeriale applicativa di detto CCNI, che fornisce
istruzioni per assegnazione e utilizzazione (per gli Idr di ruolo
sempre limitatamente alla mobilità intradiocesana);
3. il CCNI del 20-12-2007, concernente la mobilità del personale
docente, che ha inserito quest’anno un art. 37-bis specificamente dedicato alla mobilità interdiocesana degli Idr;
4. l’Ordinanza Ministeriale n. 27 del 21-2-2008, interamente dedicata a regolamentare la mobilità degli Idr di ruolo;
5. la Nota esplicativa ultimamente diramata dal Ministero per chiarire alcuni aspetti legati all’applicazione dell’OM 27/08;
6. le Linee guida predisposte dal Servizio Nazionale Irc, che propriamente non sono una fonte normativa ma costituiscono un
punto di riferimento per orientare l’azione degli Uffici.
Come si vede, occorre preliminarmente distinguere tra mobilità intradiocesana (la più semplice e regolata fin dal primo anno
successivo all’immissione in ruolo) e mobilità interdiocesana (e interregionale), che è la novità di quest’anno. È ovvio che la conoCONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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DIOCESI
scenza di tutta questa documentazione è indispensabile e costituisce la premessa di tutte le considerazioni che seguiranno.
Premesse
terminologiche e
formali
80
Per mobilità si intende il movimento di un insegnante, sia
come trasferimento da una sede all’altra per lo stesso servizio didattico (mobilità territoriale), sia come passaggio a un diverso servizio didattico (mobilità professionale) nella stessa o in altra sede.
La procedura di mobilità può essere attivata per soddisfare le
legittime esigenze dell’insegnante (mobilità a domanda) o per soddisfare le necessità organizzative dell’amministrazione (mobilità
d’ufficio).
Agli Idr si applica, con le precisazioni che diremo, la normativa prevista in materia di mobilità territoriale per il restante personale di ruolo, ma praticamente non si applicano (o si applicano in
misura estremamente limitata) le norme relative alla mobilità professionale.
Gli Idr compaiono solo oggi nelle disposizioni sulla mobilità
perché i DD.MM. che hanno autorizzato l’assunzione dei tre distinti contingenti di vincitori di concorso (DM 24-3-2005, n. 42,
per l’assunzione nell’a.s. 2004-05; DM 13-4-2006, n. 37, per l’assunzione nell’a.s. 2005-06; DM 13-7-2007, n. 61, per l’assunzione nell’a.s. 2006-07) ricordavano ogni volta che gli Idr non potevano chiedere trasferimento in altra regione prima di tre anni scolastici dall’assunzione in ruolo. Tale possibilità si presenta adesso
per la prima volta per coloro che sono stati assunti con decorrenza giuridica dal 1-9-2005, cioè gli appartenenti al primo e secondo contingente dei vincitori di concorso (poiché il secondo contingente ha goduto di una retrodatazione della decorrenza giuridica
della nomina). Il terzo contingente, entrato in ruolo dal 1-9-2007
(con identica decorrenza giuridica ed economica), potrà presentare domanda di mobilità interregionale solo nell’anno scolastico
2009-10.
Dal momento che la titolarità regionale degli Idr è di fatto circoscritta ad una specifica diocesi per effetto del certificato di idoneità
ecclesiastica che vale esclusivamente entro i confini di una singola
diocesi, in analogia con il restante personale docente, che ha facoltà
di presentare domanda di mobilità all’interno della medesima provincia solo dopo un biennio di permanenza nella stessa sede (DLgs
297/94, art. 399, c. 3, come modificato dall’art. 1 della legge 124/99),
agli Idr è consentito presentare domanda di mobilità per altre diocesi della medesima regione di titolarità dopo due anni dall’assunzione
in ruolo. Pertanto, anche di questa opportunità potranno fruire gli
Idr assunti con il primo e secondo contingente, in quanto entrambi
hanno compiuto almeno un biennio di permanenza nella medesima
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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DIOCESI
diocesi. Il terzo contingente potrà presentare la sua domanda solo
nell’anno scolastico 2008-09 per farla valere dal 1-9-2009.
La titolarità
degli Idr
81
La mobilità territoriale presuppone ovviamente il requisito
preliminare di una titolarità da modificare. Per gli Idr questa titolarità è regionale, con semplice utilizzazione sulla sede di servizio.
Non esiste cioè una titolarità sulla scuola.
La titolarità regionale diventa di fatto diocesana, dal momento che l’idoneità ecclesiastica vincola l’Idr al solo territorio della sua
diocesi. Pertanto la mobilità territoriale si realizza al livello più
ampio come passaggio da una regione a un’altra, ma anche all’interno della stessa regione come passaggio da una diocesi a un’altra.
All’interno della stessa diocesi, invece, già in precedenza i trasferimenti erano consentiti dai contratti e dalle ordinanze in materia
di utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, che escono in giugno e riguardano operazioni aventi durata limitata ad un anno. Quantunque
annuali, però, le utilizzazioni degli Idr di ruolo sono automaticamente confermate da un anno all’altro ove permangano i requisiti
originari (cioè la disponibilità oraria nella sede e l’idoneità ecclesiastica). L’assegnazione alla singola istituzione scolastica avviene infatti mediante utilizzazione che, come ricordava già la nota ministeriale 9-6-2005, n. 983, «si intende confermata automaticamente di
anno in anno qualora permangano le condizioni e i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge», estendendo perciò agli Idr
di ruolo le condizioni di stabilità previste dall’art. 37, c. 5, del CCNL
24-7-2003 per gli Idr incaricati e confermate oggi dall’art. 40, c. 5,
del CCNL 29-11-2007: diversamente gli Idr di ruolo avrebbero una
precarietà nella sede addirittura maggiore di quella dei colleghi incaricati. Si può quindi dire che, pur in mancanza di una titolarità di
diritto nella sede di servizio, gli Idr di ruolo godano di una titolarità
di fatto (o quanto meno di una stabilità) nella scuola loro assegnata.
Ordinariamente, per il personale della scuola, si parla di utilizzazione nel caso di destinazione a tempo determinato di un dipendente in una sede diversa da quella di titolarità giuridica a seguito di variazioni nella composizione dell’organico di fatto all’interno della medesima provincia. Per l’Irc si fa ricorso all’istituto dell’utilizzazione solo per analogia, in quanto gli Idr di ruolo non hanno una sede di titolarità ma sono tutti ugualmente titolari su un organico regionale ed utilizzati di fatto nella sede in cui prestano servizio. Agli Idr non si applica la ripartizione amministrativa per province ma quella per diocesi (senza che abbia importanza l’eventuale distribuzione di una diocesi sul territorio di più province).
Nell’amministrazione scolastica si parla invece di assegnazione provvisoria nel caso di destinazione, di durata annuale, in
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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una sede diversa di altra provincia, dovuta a speciali ragioni contemplate dal CCNI (ricongiungimento al coniuge, ai figli o ai genitori; gravi motivi di salute). Stante l’equivalenza tra provincia e diocesi, per gli Idr si applica l’istituto dell’assegnazione provvisoria nei
casi di destinazione in altra diocesi (anche di altra regione), potendosi comunque presentare domanda per una sola diocesi e allegando ovviamente il certificato di idoneità dell’ordinario della diocesi
richiesta.
Questa complessa situazione è il risultato dell’applicazione
della normativa concordataria agli Idr di ruolo, per i quali devono
ovviamente valere i requisiti dell’idoneità e della nomina d’intesa. La
prima è preliminare a qualsiasi procedura di assunzione nell’Irc, la
seconda non riguarda solo l’assunzione iniziale ma deve accompagnare ogni passaggio della vita professionale dell’Idr, altrimenti nel
giro di poco tempo tutto il sistema non sarebbe più gestito anche
dall’autorità ecclesiastica ma dalla sola amministrazione scolastica
e dalle volontà dei diretti interessati.
La normativa concordataria priva pertanto gli Idr del diritto
soggettivo alla scelta della sede, ma non li riduce a un’impropria
condizione di precarietà permanente, in quanto la sede assegnata
deve considerarsi modificabile solo per situazioni oggettive (mobilità d’ufficio dovuta a contrazione oraria) o per diretta iniziativa
dell’interessato (mobilità a domanda per esigenze personali). È
ovvio che la stabilità di un Idr nella sua sede di servizio deve essere considerata un principio fondamentale, data la debolezza
della disciplina che con un ridotto orario di lezione ha bisogno di
continuità didattica da un anno all’altro per assicurare un servizio
di qualità.
Mobilità e organico
dell’Irc
82
Tutte le operazioni di mobilità sono strettamente condizionate dalla particolare natura dell’organico di Irc, che è distinto
dalla legge 186/03 tra un 70% riservato al personale di ruolo e un
30% riservato al personale assunto con incarico annuale.
Ovviamente, gli Uffici diocesani operano tenendo presente il
100% dei posti, perché l’insegnamento è assolutamente identico a
prescindere dallo stato giuridico dell’insegnante. Però le attese
degli Idr sono comprensibilmente diverse a seconda del loro essere di ruolo o non di ruolo.
Il principio della separazione dei due organici (70% + 30%)
deve comunque essere accuratamente salvaguardato. Va soprattutto ricordato che i due organici sono calcolati sulla base di un
parametro proporzionale: la percentuale non è un valore assoluto
ma relativo. Se le ore nella diocesi aumentano, aumentano sia per
il 70% che per il 30%; se diminuiscono, diminuiscono per entramCONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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DIOCESI
bi. Non è assolutamente pensabile che l’esubero di Idr di ruolo
possa essere scaricato sui posti non di ruolo. Proprio l’OM 27/08,
con la graduatoria regionale, ha introdotto lo strumento che dovrebbe regolare tali esuberi, anche se di fatto è da ritenere che il
problema di una soprannumerarietà di Idr per quest’anno non dovrebbe porsi.
Per quanto riguarda la mobilità degli Idr di ruolo, quindi, i
posti disponibili per le operazioni di mobilità sono solo quelli appartenenti alla quota riservata al personale di ruolo (70%) e consistono nei posti vacanti a seguito di decadenza, trasferimento o
mancata nomina dei titolari. Sulla quota del 30% riservata al personale non di ruolo non possono in alcun modo essere operati trasferimenti di Idr di ruolo. Naturalmente, si parla di identificazione solo quantitativa dei posti, in quanto l’identificazione qualitativa (la scuola in cui effettivamente ogni insegnante presta servizio) è il risultato dell’intesa sulla nomina; in altre parole, fermo restando che i posti per gli incaricati devono sempre essere pari al
30% del totale, la destinazione di ogni insegnante può essere modificata d’intesa, per esempio spostando un Idr incaricato su un
posto prima occupato da un Idr di ruolo (e resosi libero per pensionamento) o, viceversa, spostando un Idr di ruolo su un posto
prima occupato da un incaricato (che sarà ovviamente sistemato
altrove, per esempio sul posto precedente del collega di ruolo, ma
senza che l’Idr di ruolo possa pretendere una precedenza sugli incaricati).
È appena il caso di ricordare che nella scuola dell’infanzia e
primaria il calcolo dei posti riservati agli Idr di ruolo va fatto dopo
aver sottratto i posti che, ai sensi della normativa concordataria, risultano coperti da insegnanti di classe o sezione disponibili e idonei all’Irc. La parallela gestione di due distinte tipologie di personale di ruolo per il medesimo insegnamento (Idr specialisti e insegnanti comuni idonei e disponibili all’Irc) impone oggi particolare
attenzione nel definire il fabbisogno orario di ciascun territorio.
Pertanto la dichiarazione di disponibilità all’Irc (o la modifica di
una dichiarazione precedente), come prescritto dalla CM 374/98,
deve essere rilasciata dagli insegnanti interessati entro il 15 marzo
di ciascun anno scolastico per essere inviata all’ordinario diocesano competente entro il successivo 30 marzo e avere riscontro nel riconoscimento di idoneità da parte sua con effetto nell’anno scolastico successivo unicamente nel caso in cui gli insegnanti si trovino
ad iniziare in detto anno scolastico un nuovo ciclo didattico (primo
anno di scuola dell’infanzia, primo o quarto anno di scuola primaria), dovendosi assicurare la necessaria continuità didattica alle
classi o sezioni che hanno iniziato un percorso didattico nell’Irc con
l’insegnante specialista. Ciò vale anche per l’individuazione delle
disponibilità orarie per gli Idr incaricati.
83
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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SCUOLA
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La mobilità
intradiocesana
In realtà, la mobilità che ora si apre con l’OM 27/08 dovrebbe costituire una fetta piuttosto ridotta delle complessive operazioni di mobilità degli Idr. Il grosso corrisponde infatti alla mobilità intradiocesana, relativa a quegli Idr che cercano di avvicinarsi progressivamente ad una sede più gradita e che rientrano nelle operazioni governate dal CCNI e dall’Ordinanza Ministeriale sulle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, emanata ogni anno in giugno. Le
prime istruzioni relative agli Idr risalgono al CCNI sottoscritto in
merito il 6 giugno 2006 per l’a.s. 2006-07 e ripetute nel CCNI dell’anno dopo (verosimilmente saranno ulteriormente ribadite nel
prossimo giugno per l’a.s. 2008-09).
L’operazione più importante in tale contesto è quella relativa
all’individuazione dei posti da rendere disponibili per queste operazioni di mobilità interna alla diocesi. L’art. 3-bis dei CCNI relativi
alle utilizzazioni e assegnazioni riconosce la competenza degli ordinari diocesani a raggiungere una specifica intesa con il direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale. Per garantire anche gli Idr
non di ruolo, l’operazione andrà condotta tenendo presente l’intera
disponibilità dei posti sul territorio diocesano (70% + 30%). In altre
parole, è l’ordinario diocesano a decidere – nell’esercizio di un attento discernimento – quali posti siano disponibili per eventuali
operazioni di mobilità, potendo egli liberamente escludere o includere posti occupati da Idr incaricati (a seconda che essi siano o non
siano pastoralmente necessari in quella sede). Ovviamente, non
possono essere considerati disponibili per operazioni di mobilità i
posti occupati da Idr di ruolo che non facciano richiesta di diversa
utilizzazione.
La mobilità d’ufficio
Accanto ai casi di mobilità a domanda, si può porre l’esigenza
di soddisfare richieste di mobilità d’ufficio, dovute principalmente
alla riduzione di ore all’interno di una sede scolastica. In questi casi
è la stessa amministrazione scolastica a disporre la diversa utilizzazione dell’insegnante e sembra opportuno che da parte dell’autorità
ecclesiastica si cerchi di collaborare con l’amministrazione per soddisfare oggettive esigenze organizzative. D’altra parte, la riduzione di
ore è in genere piuttosto limitata e comporta la destinazione in altra
sede per completamento orario per un numero altrettanto limitato di
ore; solo in pochi casi si potrà presentare la necessità di modificare
la sede di “titolarità” per via di una riduzione che incide proprio sulla
sede principale di servizio. È comunque da escludere che un Idr possa
rimanere con ore a disposizione.
Da un punto di vista formale, il principio della nomina d’intesa deve intervenire anche su queste minime sistemazioni orarie,
ma il buon senso induce a dedicare minore attenzione a queste ope-
84
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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razioni di completamento, che generalmente sono destinate a variare ogni anno col mutare degli organici scolastici. A livello locale
potrà esserci maggiore o minore disponibilità da parte degli Uffici
scolastici regionali (o provinciali delegati): potrà essere lasciato
tutto alla proposta dell’autorità ecclesiastica o potrà essere formulata una proposta sostanzialmente definitiva da parte dell’autorità
scolastica. Solo in casi di assoluta incompatibilità di un insegnante
su una particolare sede, sembra opportuno far valere le prerogative
ecclesiastiche.
Nel caso di contrazione oraria potranno presentarsi almeno
tre diversi casi.
1. In una scuola in cui sia presente solo un Idr di ruolo con 18 ore
è evidente che la riduzione oraria dovrà interessare quell’unico
docente.
2. In una scuola in cui siano presenti due Idr, uno di ruolo e uno non
di ruolo (con orario completo o parziale), sembra logico che sia
il docente non di ruolo a perdere le ore, ma l’ordinario diocesano ha la facoltà, per quanto detto al paragrafo precedente, di individuare come disponibile per la mobilità solo il posto corrispondente alle ore occupate dall’Idr di ruolo e quindi mandare in
mobilità quest’ultimo.
3. In una scuola in cui siano presenti due o più Idr di ruolo si potrà
fare riferimento alla specifica graduatoria ora prevista dall’OM
27/08 per individuare l’eventuale perdente ore, che dovrà andare a completare l’orario in altra sede. Nel quadro dell’intesa sulla
nomina l’ordinario diocesano potrebbe decidere diversamente da
quanto suggerisce la posizione in graduatoria, ma il progressivo
adeguamento dell’autorità ecclesiastica alle regole dell’amministrazione scolastica suggerisce che si rispettino, per quanto possibile, le precedenze stabilite dalla graduatoria.
L’iter dell’OM 27/08
85
Veniamo ora alle specifiche novità introdotte dall’OM 27/08.
Come si è detto, il primo passo è stato compiuto con l’inserimento
dell’art. 37-bis nel testo del CCNI sulla mobilità del personale per
l’a.s. 2008-09, sottoscritto il 20-12-2007. In esso, per la prima volta,
sono state contrattate con le organizzazioni sindacali disposizioni
specifiche per la mobilità degli Idr di ruolo. Al CCNI, che ha validità
annuale, segue ogni anno una OM sulla mobilità, che quest’anno è
stata la n. 2 del 4-1-2008. In un primo tempo si pensava di poter inserire all’interno di questa ordinanza comune i riferimenti agli Idr,
ma l’urgenza di far uscire il testo in tempo utile per le domande di
trasferimento di tutto il personale della scuola (centinaia di migliaia
di domande da presentare entro i primi di febbraio per consentire il
loro trattamento meccanizzato) ha suggerito di dedicare una speciCONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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DIOCESI
fica ordinanza agli Idr, sia per la quantità di disposizioni specifiche
da prevedere, sia per la tempistica che poteva e doveva essere diversa da quella degli altri insegnanti.
A differenza del restante personale della scuola, la mobilità
degli Idr di ruolo non sarà gestita con procedure meccanizzate ma
sarà trattata manualmente, almeno in questo primo anno di applicazione. Ciò è reso possibile dall’esiguo numero di domande che si
prevede di trattare (gli Idr coinvolti sono in tutto circa 12.000, ma
solo una minoranza è realmente interessata alla mobilità interdiocesana) e che ha consentito di procrastinare le scadenze anche per
favorire l’acquisizione delle attestazioni di idoneità relative alla
nuova destinazione degli interessati. È realistico immaginare che gli
Idr interessati a questa mobilità siano piuttosto pochi, in quanto la
maggioranza di essi è radicata nella propria diocesi; potranno puntare al trasferimento coloro che provengono da altra diocesi e aspirano a rientrarvi dopo un periodo più o meno lungo di distacco dovuto probabilmente alla necessità di trovare una sede di lavoro; potrebbe essere il caso di improvvise esigenze familiari, eventualmente tutelate da specifiche disposizioni su cui ci soffermeremo più
avanti.
Come tutte le ordinanze, anche l’OM 27/08 è stata discussa
con i sindacati, ma l’elaborazione è stata tutta interna al Ministero,
previo confronto anche con la Cei attraverso lo specifico Tavolo di
lavoro allo scopo di accertare che tutte le prerogative concordatarie
fossero rispettate.
Il punto più delicato era costituito dai punteggi relativi ai titoli di studio, dato che per gli Idr valgono solo i titoli di qualificazione previsti dall’Intesa. Non è stato possibile adottare una specifica tabella di valutazione dei titoli in quanto detta tabella fa parte
del CCNI e quindi una nuova tabella avrebbe richiesto una apposita contrattazione con i sindacati, prolungando inevitabilmente i
tempi. Si è perciò adottata la tabella comune, rispetto alla quale
sono state fornite alcune precisazioni per i necessari adattamenti
con l’ultima nota ministeriale che contiene anche le correzioni ad
alcuni errori materiali sfuggiti nella fase di prima elaborazione di
tutto il testo e della modulistica. A questa nota si rinvia per ogni dettaglio.
La mobilità
professionale
86
Un caso particolare di mobilità è quella professionale, che per
gli Idr si presenta piuttosto limitata. Mentre tutti gli altri insegnanti
hanno infatti la possibilità di passare ad altro insegnamento (anche
in altro ordine e grado di scuola), se in possesso dei prescritti titoli
di qualificazione (laurea e abilitazione), agli Idr ciò è precluso dall’art. 4, c. 1, della legge 186/03, che testualmente recita: «Agli inseCONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
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DIOCESI
gnanti di religione cattolica inseriti nei ruoli di cui all’articolo 1,
comma 1, si applicano le disposizioni vigenti in materia di mobilità
professionale nel comparto del personale della scuola limitatamente ai passaggi, per il medesimo insegnamento, da un ciclo ad altro
di scuola. Tale mobilità professionale è subordinata all’inclusione
nell’elenco di cui all’articolo 3, comma 7, relativo al ciclo di scuola
richiesto, al riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano competente per territorio ed all’intesa con il medesimo ordinario».
Francamente, sembra trattarsi di una clausola vessatoria di
dubbia legittimità costituzionale, dato che potrebbero esserci Idr in
possesso di titoli di studio (lauree) e professionali (abilitazioni) che
li mettono in grado di insegnare anche altre discipline, ma per ora
l’eventualità è loro preclusa come passaggio di ruolo: se vogliono
passare ad altro insegnamento devono ripartire da capo con la partecipazione a concorsi ordinari, come qualsiasi altro neolaureato.
Gli Idr di ruolo possono solo passare da un ruolo all’altro
del medesimo Irc (o meglio, da un settore formativo all’altro), a
condizione che siano in possesso della doppia idoneità concorsuale ed ecclesiastica. Essi cioè devono aver superato entrambi i concorsi ed essere riconosciuti idonei all’Irc dall’ordinario diocesano
anche nell’ordine e grado di scuola richiesto. Ciò riduce di molto
la quantità di Idr che potranno accedere a questa mobilità professionale, dato che la maggior parte di essi ha partecipato ad un solo
concorso e quindi è priva del requisito di accesso all’altro ruolo
(almeno finché non sarà bandito un secondo concorso). Va poi
sempre ricordato che il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla
primaria (o viceversa) e dalla scuola secondaria di I grado a quella di II grado (o viceversa) non si configura come passaggio di
ruolo poiché il ruolo è unico e quindi tali passaggi sono gestiti in
sede di utilizzazione.
L’idoneità
ecclesiastica
87
A proposito degli Idr di ruolo occorre tenere presente che si
parla di due idoneità: da un lato l’idoneità concorsuale, che si consegue con il superamento del concorso per il ruolo (a prescindere
dalla effettiva assunzione in ruolo), dall’altro l’idoneità ecclesiastica, che è da sempre il requisito canonico fondamentale per accedere all’Irc.
Dal momento che l’idoneità ecclesiastica è rilasciata dall’ordinario diocesano, essa ha valore solo all’interno della giurisdizione del medesimo ordinario, cioè il territorio della diocesi. Ciò
determina l’appartenenza degli Idr ad un organico diocesano all’interno del comune organico regionale e rende l’Idr inamovibile
dalla diocesi se privo dell’idoneità riconosciuta da altro vescovo.
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
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Ogni diocesi ha proprie regole per il rilascio dell’idoneità
all’Irc e prevede procedure più o meno complesse (da un semplice
colloquio a una serie di prove strutturate). L’idoneità deriva comunque dall’insieme dei tre requisiti canonici – retta dottrina, testimonianza di vita cristiana, abilità pedagogica – che solo in parte possono essere accertati mediante esami o documentazione. In ogni caso,
l’idoneità non è acquisita una volta per tutte ma ha una dimensione dinamica che può e deve essere verificata costantemente nel
tempo. Infatti, il nodo fondamentale non è tanto il rilascio dell’idoneità quanto la sua revoca.
È ovvio che le scadenze poste dall’OM 27/08 impongono ora
una tempistica rapida per riconoscere un’idoneità agli Idr che chiedano eventualmente di entrare in diocesi. È una situazione nuova
alla quale si deve far fronte in maniera nuova. Tra l’altro, potrebbe
essere riconosciuta l’idoneità a Idr che poi non riusciranno ad ottenere il trasferimento e che potrebbero comunque rimanere in possesso di tale riconoscimento a tempo indeterminato (stante la disposizione dell’Intesa riveduta nel 1990). La situazione suggerisce
quindi almeno due settori di intervento: da un lato sarà opportuno
immaginare procedure snelle per il rilascio del riconoscimento in
tempo utile per la presentazione della domanda di trasferimento,
senza costringere gli Idr a ripetute trasferte per prove di verifica o
presentazione di documenti; dall’altro si potrebbe immaginare una
sorta di idoneità “temporanea”, finalizzata alla partecipazione alle
operazioni di mobilità, che poi si trasforma automaticamente in definitiva una volta ottenuto il trasferimento o perde efficacia dopo la
conclusione di tutte le operazioni di mobilità. Una modulistica coordinata a livello nazionale potrebbe aiutare.
Un’ultima questione riguarda la formulazione del riconoscimento di idoneità in relazione all’ordine e grado di scuola. L’attenzione canonica alla “abilità pedagogica” implica che sia opportunamente valutata la capacità di impartire l’Irc in un certo livello scolastico e non in tutti. I comportamenti delle diocesi sono però difformi, e spesso viene rilasciata un’idoneità generica, che ora il Ministero ha dichiarato di riconoscere – in mancanza di precisazioni –
come idoneità a tutti gli ordini e gradi di scuola. Ove si ritenga opportuno circoscrivere la professionalità dell’Idr (e la sua mobilità),
sarà quindi necessario fornire tale precisazione nei certificati di idoneità all’Irc.
Come rilevato già nella nota del Servizio Nazionale Irc, «saranno gli Uffici diocesani a regolare il flusso delle domande di mobilità, rilasciando riconoscimenti di idoneità solo agli Idr che effettivamente intendono accogliere nel loro territorio». La delicatezza
dell’operazione, affidata alla discrezionalità e al discernimento dei
responsabili locali, suggerisce qualche riflessione supplementare
immaginando i possibili scenari che andranno a crearsi.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
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Non è possibile fornire orientamenti generali per tutte le diocesi, dato che la situazione locale richiede soluzioni differenziate,
ma è comunque necessaria una attenta riflessione. In particolare, si
richiama l’attenzione su quei casi particolarmente delicati di persone che godono di specifica tutela grazie a leggi dello stato. È il caso
dei portatori di handicap (o familiari di disabili), ai quali la Chiesa
non può far mancare il necessario ascolto. In particolare, si ricorda
che i titolari di questi benefici possono trovare soddisfazione solo se
c’è disponibilità di posti nella diocesi e se viene loro riconosciuta l’idoneità ecclesiastica, ma l’accoglimento della domanda riguarda
solo l’ingresso in diocesi e non anche la destinazione ad una specifica sede scolastica. Quest’ultima è oggetto dell’intesa sulla utilizzazione e l’ordinario diocesano potrà soddisfare le legittime attese di
persone in particolari difficoltà compatibilmente con l’intera situazione diocesana, senza essere in ciò condizionato da graduatorie o
precedenze fissate dall’amministrazione, ma seguendo solo il proprio discernimento e la propria sensibilità di pastore.
In parte diverso è il discorso relativo ai coniugi di militari, che
hanno un diritto assoluto alla sistemazione, anche in eccedenza rispetto agli organici. Ciò vuol dire che il richiedente potrebbe essere
soddisfatto anche in assenza di idoneità o di posti (ovviamente in
servizio diverso dall’IRC), ma sembra equo che l’autorità ecclesiastica debba mostrarsi attenta alle necessità dell’amministrazione
pubblica, favorendo finché possibile la sistemazione di questo personale attraverso un riconoscimento di idoneità (che peraltro potrebbe durare poco, vista la mobilità continua del personale militare) o l’individuazione di posti anche in esubero rispetto all’organico del 70% (quando ciò non comporti il licenziamento di Idr non di
ruolo da tempo in servizio).
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6.
L’idoneità:
esperienze di discernimento
e dialogo tra diocesi
Prof. ROBERTO GIULIANI
Responsabile regionale IRC del Trentino Alto Adige
Traccia per la
comunicazione
1. IDONEITÀ FA RIMA CON
PROFESSIONALITÀ
Il riconoscimento di idoneità come conferma e
rinforzo della professionalità del docente di
RC
2. REALTÀ E SITUAZIONI DIVERSE, MA
ESIGENZE COMUNI
3 Regioni civili, 13 Province, 15 Diocesi: tra orientamenti comuni e valorizzazione di autonomie e specificità
3. L’UNIONE FA LA FORZA
Il progetto Triveneto 2007
Prova preliminare per candidati provenienti da Regioni al di
fuori del Triveneto
che richiedono di svolgere servizio di IRC
– Finalità
– Strumenti e modalità di svolgimento
– Osservazioni
Materiali allegati
ALLEGATO 1 Schema di sintesi su strumenti e modalità di svolgimento della prova
ALLEGATO 2 Il modulo per la domanda
ALLEGATO 3 Il questionario sul profilo professionale
ALLEGATO 4 Le schede per la valutazione
4a. Scheda di valutazione del Questionario sul profilo professionale
4b. Scheda di valutazione del profilo motivazionale-ecclesiale
4c. Scheda di valutazione sintetica conclusiva
90
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
ALLEGATO 1: Schema di sintesi su strumenti e modalità di svolgimento
della prova
• La domanda (allegato 2)
Dati anagrafici
Recapito
Termini di disponibilità
• La documentazione da allegare
- Titoli di studio
- Servizi di insegnamento
- NOTA personale descrittiva del percorso ecclesiale, di eventuali esperienze
educative nella comunità cristiana e delle
motivazioni personali alla base della richiesta di insegnamento
- LETTERA di presentazione del Parroco
o di altro Sacerdote di riferimento
• La prova preliminare
STRUMENTI
INDICATORI DI
VERIFICA
Questionario
sul profilo
psico
attitudinale
Verifica dei
risultati e stesura
di un profilo
sintetico
Questionario
sul profilo
professionale
(allegato 3)
Verifica dei
risultati per
ciascuna sezione e
valutazione
complessiva con
punteggio su max
40 punti
NOTA
personale da
allegare alla
domanda
LETTERA di
presentazione
del Parroco o
di altro
Sacerdote di
riferimento
Colloquio
individuale
91
Verifica rispetto
alla forma e al
contenuto e
valutazione con
punteggio su max
10
Verifica del livello
di adesione e delle
argomentazioni
espresse e
valutazione con
punteggio su max
5
Verifica del livello
motivazionale e
della sensibilità
ecclesiale e
valutazione con
punteggio su max
10
SCHEDE DI VALUTAZIONE
Profilo
psico/attitudinale
Profilo sintetico
Scheda di
valutazione
con punteggio
per sezione e
complessivo
(allegato 4a)
Profilo professionale
Scheda di
valutazione
con la sintesi
del risultato
conclusivo ed
eventuali note
(allegato 4c)
Profilo
motivazionale/ecclesiale
Scheda di
valutazione
con punteggio
per ciascun
strumento e
complessivo
(allegato 4b )
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
ALLEGATO 2: Il modulo per la domanda
MODULO DOMANDA
E RELATIVA DOCUMENTAZIONE
PER LA PROVA PRELIMINARE RISERVATA A CANDIDATI CHE
RICHIEDONO SUPPLENZE COME IdRC PROVENIENTI DA
REGIONI AL DI FUORI DEL TRIVENETO
DATI ANAGRAFICI
Il/la sottoscritto/a
nato/a a
il
e residente a (specificare via, numero civico, comune)
Diocesi di appartenenza
Codice Fiscale
Recapito telefonico (fisso e cellulare)
E-mail
DISPONIBILITÀ ed EVENTUALE DOMICILIO DI RIFERIMENTO
Con la presente domanda chiede di candidarsi all’IdRC nella scuola
PRIMARIA
SECONDARIA
Dichiara la effettiva disponibilità ad accettare servizi di supplenza
per periodi brevi (fino ad un mese)
per periodi medio-lunghi
Automunito/a
SI
NO
Indica come eventuale domicilio di appoggio nelle Regioni
interessate alla selezione il seguente indirizzo:
92
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
DOCUMENTAZIONE in autocertificazione
Dichiara di essere in possesso della seguente documentazione
relativa a titoli di studio e certificati vari. Specificare la corretta
denominazione.
(Non si richiede al momento fotocopia dei documenti.
Sarà esibita dal candidato nel caso di convocazione per assegnazione
di supplenze)
diploma di scuola superiore
eventuali titoli di studio conseguiti a carattere universitario
abilitazioni acquisite
esiti di concorsi scolastici
altri titoli di studio pertinenti
titolo di studio di Istituti o Facoltà Teologiche
titolo di studio rilasciato da un Istituto Superiore di Scienze
Religiose
• diploma triennale,
con voto
su
• magistero,
con voto
su
ELENCO DEGLI EVENTUALI SERVIZI PRESTATI DI
INSEGNAMENTO NELLA SCUOLA
DOCUMENTI DA ALLEGARE ALLA DOMANDA
una NOTA PERSONALE (massimo 2 cartelle) descrittiva del
proprio percorso ecclesiale, di eventuali esperienze educative
assicurate nella comunità cristiana e delle motivazioni personali
alla base della richiesta di insegnamento
LETTERA DI PRESENTAZIONE del Parroco o di altro Sacerdote
di riferimento
2 FOTOTESSERE
data
93
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
firma
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
ALLEGATO 3: Il questionario sul profilo professionale
Uffici Scuola
DIOCESI DEL TRIVENETO
Verona, 29 giugno 2007
PROVA PRELIMINARE
RISERVATA AI CANDIDATI CHE RICHIEDONO
SUPPLENZE COME IdRC PROVENIENTI DA REGIONI
AL DI FUORI DEL TRIVENETO
Questionario sul profilo professionale
CANDIDATO/A
Compilare in stampatello:
COGNOME:
NOME:
94
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
1. IRC: NATURA, FINALITÀ E MOTIVAZIONI
Le seguenti frasi si riferiscono a che cosa è l’IRC (1.1), a che cosa serve
(1.2) e a quali sono le ragioni che legittimano la sua presenza nella scuola
(1.3). Leggi le frasi e segna, barrando la casella, se le ritieni Vere o False:
1.1. L’insegnamento della religione cattolica nella Scuola:
È un’attività didattica offerta a tutti indipendentemente
dall’appartenenza religiosa di ciascuno.
V
F
È un’attività specificamente ecclesiale svolta in ambito
scolastico.
V
F
È un’occasione per confrontarsi con la storia,
la cultura e le espressioni religiose delle comunità locali.
V
F
È un’occasione per promuovere l’accoglienza,
e il dialogo tra persone e gruppi di diversa etnia e religione
V
F
È un’attività che ha come finalità principale la crescita
nella fede.
V
F
È l’offerta di un orizzonte di senso alla vita.
V
F
È la presentazione dei vari modi di esprimersi
del sentimento religioso nei popoli.
V
F
È un momento per introdurre e praticare la preghiera.
V
F
È un aspetto dell’intervento educativo.
V
F
È un’attività che ha il compito essenziale
di dare indicazioni etiche.
V
F
È una risposta al bisogno religioso proprio del bambino
e del giovane.
V
F
1.2. L’insegnamento della religione cattolica nella Scuola serve a:
95
Esporre il messaggio cristiano
V
F
Portare alunni e studenti a credere al Cristianesimo
V
F
Orientare i comportamenti secondo i principi del Vangelo
V
F
Educare alla ricerca del senso della vita.
V
F
Esortare alla pratica religiosa
V
F
Rappresentare la Chiesa nella Scuola
V
F
Affrontare la religione nei suoi aspetti culturali
V
F
Educare al senso religioso dell’esistenza
V
F
Dare precisi orientamenti morali ai bambini
V
F
Cogliere e interpretare i segni religiosi nell’ambiente
V
F
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
1.3. L’insegnamento della religione cattolica trova una collocazione
nella Scuola:
Perché rappresenta un contributo al raggiungimento
delle finalità che la scuola si pone
V
F
Perché l’educazione religiosa può contribuire al dialogo
e alla comprensione reciproca
V
F
Perché il Cristianesimo cattolico è religione di Stato
V
F
Per un doveroso riconoscimento dell’autorità
della Chiesa cattolica
V
F
Perché offre un contributo alla conoscenza della cultura
della nostra comunità
V
F
Perché alunni e studenti sono per la maggior parte
di famiglie credenti
V
F
Perché gli alunni sono portatori di domande
sul senso religioso dell’esistenza
V
F
Perché la volontà delle famiglie è il criterio principale
nelle scelte di politica scolastica
V
F
2. I CONTENUTI IRC
Dove non altrimenti indicato, segnare con un cerchietto V se la frase è
vera, F se la frase è falsa, oppure contrassegnare con una crocetta (⌧)
l’opzione corretta.
2.1. Sacra scrittura
1 Il libro della Sapienza è stato composto in greco nel
I secolo a.C. ed è un libro deuterocanonico
V
F
2 Gesù è ebreo e lo è per sempre
V
F
3 Uno scritto è canonico se riconosciuto come ispirato
V
F
4 Per la composizione dei libri sacri, Dio scelse degli
uomini di cui si servì nel possesso delle loro facoltà
e capacità perché scrivessero come veri autori.
V
F
5 L’Antico Testamento, in una prospettiva cristiana,
perde il valore suo proprio di rivelazione e deve essere
compreso solo come “preparazione del Nuovo”.
V
F
6 L’evangelista Matteo è quello che, più di ogni altro,
mette in rilievo che in Gesù trovano compimento
tutte le profezie dell’Antico Testamento.
V
F
Abbinare i seguenti libri biblici ai contenuti elencati
nella colonna di destra:
7 A. Geremia
il sacerdozio eterno di Cristo
8 B. Genesi
le benedizioni di Giacobbe
9 C. Ebrei
le lettere alle sette chiese
10 D. Apocalisse
96
veri e falsi profeti
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
2.2. Teologia fondamentale
1 Coloro che vivono secondo coscienza possono salvarsi
anche se non fanno parte della Chiesa
2 Tutti i dogmi della fede possono essere compresi
e dimostrati dalla ragione debitamente coltivata per
mezzo dei principi naturali
3 Dio si è rivelato all’uomo comunicandogli gradualmente
il suo mistero
4 Secondo le attuali indicazioni della teologia della
missione, l’evangelizzazione deve cedere gradualmente
il posto al dialogo interreligioso.
5 Anche se Cristo è il rivelatore del Padre, la sua
rivelazione non è ancora definitiva; pertanto le rivelazioni
cosiddette “private” hanno il compito di manifestare alla
Chiesa i misteri rimasti ancora nascosti.
6 Il “depositum fidei” è conservato integralmente anche
nella sola Sacra Scrittura, sebbene la Tradizione possa
aiutare alla retta interpretazione.
7 Gli scritti dell’Antico Testamento sono divinamente
ispirati, ma non hanno il valore perenne che si deve
attribuire invece al Nuovo Testamento.
8 Il nome teologicamente più corretto per indicare
il dialogo tra il cristianesimo e le altre religioni
è ecumenismo.
9 Dio è infinito, e dunque non può mai rivelarsi pienamente
in una sola religione; per questo le altre religioni completano
ciò che rimane parziale ed incompleto nel cristianesimo
10 Abbiamo attestazione dell’esistenza storica di Gesù
di Nazareth solo grazie ai vangeli canonici e apocrifi.
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
V
F
V
V
F
F
V
F
V
F
V
3)
F
V
V
F
F
V
F
V
F
2.3. TEOLOGIA DOGMATICA
1 Le tre persone divine sono realmente distinte tra loro
2 Gesù aveva una volontà umana e una divina
3 La Chiesa è la definitiva realizzazione del Regno
di Dio annunciato da Gesù
4 La morte di Gesù non fu pienamente uguale a quella
di ogni uomo
5 Non tutte le affermazioni del Papa godono del carisma
dell’infallibilità
6 I sacramenti dell’iniziazione sono: 1)
2)
7 I sacramenti sono stati tutti istituiti da Gesù,
direttamente o indirettamente
8 La Madre di Dio deve essere venerata, ma non adorata
9 L’articolo del simbolo apostolico «credo la risurrezione
della carne» vuol dire che dopo la morte non ci sarà
soltanto la vita dell’anima immortale, ma anche
che i nostri «corpi mortali» (Rm 8,11) davvero
riprenderanno vita.
10 La provvidenza divina agisce non solo direttamente,
ma anche attraverso le creature e la libera
collaborazione dell’uomo.
97
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
2.4. TEOLOGIA MORALE
1 Per giudicare la bontà di un atto umano è sufficiente
valutarne la intenzione
V
F
2 La morale cristiana riconosce la legittimità del principio
di legittima difesa
V
F
3 Le persone con inclinazioni omosessuali possono
e devono ugualmente tendere alla santità cristiana
V
F
4 Gli interventi che mirano a favorire la fecondazione
senza sostituire l’atto coniugale sono moralmente leciti
V
F
5 La nozione di “guerra preventiva” come legittimo
strumento per la promozione della pace è affermata
e difesa anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica
V
F
6 Anche se la morte di un paziente è considerata
imminente, non è moralmente lecito interrompere
le cure ordinarie al fine di abbreviargli le sofferenze.
V
F
7 L’abuso di sostanze stupefacenti e droghe è una
colpa grave.
V
F
8 La donazione di organi dopo la morte è moralmente
accettabile, ma non è una pratica da incoraggiare.
V
F
9 Contraccezione e aborto dal punto di vista morale
sono mali specificamente diversi.
V
F
10 La collaborazione ad un aborto è moralmente lecita
per il cristiano, se lo fa per rispetto della libertà della
donna e secondo le procedure consentite dalla
legge civile.
V
F
2.5. STORIA DELLA CHIESA E DELLA TEOLOGIA
1 I lapsi sono: i pagani che volevano farsi cristiani senza sottomettersi
alla circoncisione
espressioni che involontariamente tradiscono il vero
pensiero di chi parla
i cristiani che durante le persecuzioni rinnegarono la
loro fede
2 Il termine cesaropapismo indica:
la dottrina che attribuisce funzioni di governo religioso al
sovrano
il principio evangelico secondo cui si deve «dare a Cesare
quel che è di Cesare, e a Dio quel che è Dio»
il primato del vescovo di Roma sugli altri vescovi
Elencare i 4 documenti fondamentali (costituzioni) promulgati dal
Concilio Vaticano II
3 1)
4 2)
5 3)
6 4)
98
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
7 Nella Chiesa dei primi secoli è attestata l’esistenza
di un diaconato femminile.
V
F
8 Quale documento pontificio decretò la condanna
di M. Lutero?
Quanta cura Exurge Domine Rerum novarum
Laborem exercens
Indicare con una croce un documento, tra i seguenti,
che venne promulgato al Concilio Vaticano II:
9 Rerum novarum Unitatis redintegratio
Dei Filius Humani generis Mater et magistra
Pastor Aeternus Humanae vitae
10 Il Concilio di Costantinopoli (381):
condannò definitivamente il manicheismo.
affermò la consostanzialità dello Spirito Santo
con il Padre e il Figlio.
condannò per la prima volta il pelagianesimo.
3. CONTENUTI IRC E ADEGUATEZZA PEDAGOGICA
Leggi le seguenti abilità e, barrando la casella, attribuiscile al livello
scolastico per cui risultano adeguate e per cui sono previste:
SCUOLA MATERNA
e
SCUOLA PRIMARIA
SCUOLA SECONDARIA
di
1° e 2° grado
Individuare il rapporto fra coscienza,
verità e libertà nelle scelte morali dei
cattolici.
Identificare tra le espressioni delle
religioni la “preghiera” e, nel “Padre
Nostro”, la specificità della preghiera
cristiana.
Confrontare spiegazioni religiose
e scientifiche del mondo e della vita.
Argomentare una risposta a critiche
ed obiezioni formulate sulla credibilità
della religione cristiana.
Scoprire la persona di Gesù di
Nazaret come viene presentata dai
Vangeli e come viene celebrata nelle
feste cristiane.
99
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
SCUOLA MATERNA
e
SCUOLA PRIMARIA
SCUOLA SECONDARIA
di
1° e 2° grado
Descrivere l’ambiente di vita di Gesù
nei suoi aspetti quotidiani, familiari,
sociali e religiosi.
Individuare il messaggio centrale di
alcuni testi biblici, utilizzando
informazioni storico-letterarie e
seguendo metodi diversi di lettura.
Osservare il mondo che viene
riconosciuto dai cristiani e da tanti
uomini religiosi dono di Dio Creatore.
Riconoscere diversi atteggiamenti
dell’uomo nei confronti di Dio e le
caratteristiche della fede matura.
Descrivere l’insegnamento cristiano
sui rapporti interpersonali, l’affettività
e la sessualità.
Scoprire nell’ambiente i segni che
richiamano ai cristiani e ai tanti
credenti la presenza di Dio Creatore
e Padre.
Specificare l’interpretazione della vita
e del tempo nel cristianesimo,
confrontandola con quella di altre
religioni.
Applicare criteri ermeneutici adeguati
ad alcuni testi biblici, in particolare a
quelli relativi agli eventi principali della
vita di Gesù.
Riconoscere nella fede e nei
sacramenti di iniziazione (battesimoconfermazione-eucaristia) gli elementi
che costituiscono la comunità cristiana.
100
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
4. LE CATEGORIE PEDAGOGICHE/DIDATTICHE DELLA RIFORMA
La conoscenza e la comprensione dei termini
Leggi le seguenti definizioni e completa con il termine giusto scegliendo tra
quelli elencati a fondo pagina:
individuano l’argomento da promuovere,
precisano gli obiettivi formativi e sviluppano l’itinerario educativo e didattico
ritenuto necessario per raggiungerli.
rappresentano il sapere che costituisce il
patrimonio di una cultura; sono un insieme di informazioni, nozioni, dati, principi,
regole di comportamento, teorie, concetti codificati e conservati perché ritenuti
degni di essere trasmessi alle nuove generazioni. Sono riportate, nelle Indicazioni
nazionali, per “discipline” costituiscono, con esse, gli “obiettivi specifici di
apprendimento” che i docenti trasformano in obiettivi formativi.
indicano le conoscenze (il sapere) e le
abilità (il saper fare) che tutte le scuole del territorio nazionale sono tenute ad
utilizzare per progettare e organizzare autonomamente i piani di studio
personalizzati che aiutino a trasformare le capacità di ciascun alunno in
competenze.
sono l’insieme delle Unità di apprendimento
concretamente realizzate nel tempo scuola e rappresentano il progetto realizzato
dall’équipe pedagogica, in cooperazione con le famiglie e gli stessi alunni, per
l’educazione di ciascuno. Hanno come punto di riferimento obbligato le
competenze espresse nel Profilo educativo, culturale e professionale dello
studente, che vengono promosse a partire dalle capacità di quegli alunni, in quel
determinato contesto, modellando in obiettivi formativi gli obiettivi specifici di
apprendimento elencati nelle Indicazioni nazionali.
sono l’agire personale di ciascuno adeguato,
in un determinato contesto, in modo soddisfacente e socialmente riconosciuto, a
rispondere ad un bisogno, a risolvere un problema, a eseguire un compito, a
realizzare un progetto. Non sono mai un agire semplice, astratto, ma sono
sempre un agire complesso che coinvolge tutta la persona e che connette in
maniera unitaria e inseparabile i saperi e i saper fare, i comportamenti individuali
e relazionali, gli atteggiamenti emotivi, le scelte valoriali, le motivazioni e i fini. Per
questo, nascono da una continua interazione tra persona, ambiente e società, e
tra significati personali e sociali, impliciti ed espliciti.
rappresentano il saper fare che una cultura
reputa importante trasmettere alle nuove generazioni, per realizzare opere o
conseguire scopi. Le raggiunge colui che non solo produce qualcosa o risolve
problemi, ma colui che conosce anche le ragioni di questo “fare”, sa perché,
operando in un certo modo e rispettando determinate procedure, si ottengono
determinati risultati. Sono espresse, nelle Indicazioni nazionali, per “discipline” e
costituiscono, con esse, gli “obiettivi specifici di apprendimento” che i docenti
trasformano in obiettivi formativi.
Completa le frasi utilizzando i termini sotto riportati:
Conoscenze – Piano di studio personalizzato – Competenze – Unità di
apprendimento – Abilità – Obiettivi specifici di apprendimento
101
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
5. CONTENUTI IRC E METODOLOGIA
Tra quelli sotto elencati scegli un argomento in vista della progettazione di
una Unità di Apprendimento e trascrivilo al punto 5.1.
L’esperienza umana e religiosa della festa.
L’identità storica di Gesù
La Chiesa, comunità dei cristiani aperta a tutti i popoli
Origine e fine dell’uomo secondo la religione cristiana
La Bibbia come documento fonte della religione cristiana
I segni religiosi nell’ambiente che ci circonda
Gesù nei Vangeli
5.1. Argomento scelto
Scegli, barrando le caselle, l’ordine di scuola e il livello scolastico in cui
vuoi svolgere l’argomento scelto:
5.2. Ordine di scuola e classe
SCUOLA PRIMARIA
DI 1° GRADO
SCUOLA SECONDARIA
DI 2° GRADO
SCUOLA SECONDARIA
1a 2a 3a
classe
4a 5a
classe
1a 2a
classe
3a
classe
biennio
triennio
5.3. L’obiettivo dell’Unità di Apprendimento
Formula una ipotesi di Obiettivo Formativo per una Unità di Apprendimento
esprimendo ciò che ti aspetti che gli alunni sappiano al termine del
percorso didattico relativamente all’argomento scelto:
102
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
5.4. L’itinerario didattico
Prova a tracciare in termini schematici ed essenziali (con una sequenza di
contenuti, oppure di obiettivi, oppure di fasi di lavoro ...segnalando
eventualmente anche metodologie che ritieni adeguate) un percorso
didattico che favorisca il raggiungimento dell’Obiettivo Formativo sopra
espresso:
103
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
6. IRC E SCUOLA
6.1. Secondo te come si potrebbe sviluppare il rapporto tra l’ insegnamento
della religione cattolica e le altre discipline scolastiche?
6.2. In un contesto scolastico caratterizzato dal pluralismo culturale e
religioso quali attenzioni metteresti in campo nello svolgere il servizio di
insegnamento della religione cattolica?
104
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
QUESTIONARIO: sezione 2 CON CORRETTORE
Dove non altrimenti indicato, segnare con un cerchietto V se la frase è
vera, F se la frase è falsa, oppure contrassegnare con una crocetta (⌧)
l’opzione corretta.
SACRA SCRITTURA
1 Il libro della Sapienza è stato composto in greco
nel I secolo a.C. ed è un libro deuterocanonico
V
F
2 Gesù è ebreo e lo è per sempre
V
F
3 Uno scritto è canonico se riconosciuto come ispirato
V
F
4 Per la composizione dei libri sacri, Dio scelse degli
uomini di cui si servì nel possesso delle loro facoltà
e capacità perché scrivessero come veri autori.
V
F
5 L’Antico Testamento, in una prospettiva cristiana,
perde il valore suo proprio di rivelazione e deve essere
compreso solo come “preparazione del Nuovo”.
V
F
6 L’evangelista Matteo è quello che, più di ogni altro,
mette in rilievo che in Gesù trovano compimento
tutte le profezie dell’Antico Testamento.
V
F
Abbinare i seguenti libri biblici ai contenuti
elencati nella colonna di destra:
7 A. Geremia
il sacerdozio eterno di Cristo
________C
8 B. Genesi
le benedizioni di Giacobbe
________B
9 C. Ebrei
le lettere alle sette chiese
________D
veri e falsi profeti
________A
10 D. Apocalisse
TEOLOGIA FONDAMENTALE
105
1 Coloro che vivono secondo coscienza possono salvarsi
anche se non fanno parte della Chiesa
V
F
2 Tutti i dogmi della fede possono essere compresi e
dimostrati dalla ragione debitamente coltivata per
mezzo dei principi naturali
V
F
3 Dio si è rivelato all’uomo comunicandogli gradualmente
il suo mistero
V
F
4 Secondo le attuali indicazioni della teologia della
missione, l’evangelizzazione deve cedere gradualmente
il posto al dialogo interreligioso.
V
F
5 Anche se Cristo è il rivelatore del Padre, la sua
rivelazione non è ancora definitiva; pertanto le
rivelazioni cosiddette “private” hanno il compito di
manifestare alla Chiesa i misteri rimasti ancora nascosti.
V
F
6 Il “depositum fidei” è conservato integralmente anche
nella sola Sacra Scrittura, sebbene la Tradizione possa
aiutare alla retta interpretazione.
V
F
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
7 Gli scritti dell’Antico Testamento sono divinamente
ispirati, ma non hanno il valore perenne che si deve
attribuire invece al Nuovo Testamento.
V
F
8 Il nome teologicamente più corretto per indicare il
dialogo tra il cristianesimo e le altre religioni è
ecumenismo.
V
F
9 Dio è infinito, e dunque non può mai rivelarsi
pienamente in una sola religione; per questo le altre
religioni completano ciò che rimane parziale ed
incompleto nel cristianesimo
V
F
10 Abbiamo attestazione dell’esistenza storica di Gesù
di Nazareth solo grazie ai vangeli canonici e apocrifi.
V
F
1 Le tre persone divine sono realmente distinte tra loro
V
F
2 Gesù aveva una volontà umana e una divina
V
F
3 La Chiesa è la definitiva realizzazione del Regno di
Dio annunciato da Gesù
V
F
4 La morte di Gesù non fu pienamente uguale a quella
di ogni uomo
V
F
5 Non tutte le affermazioni del Papa godono del carisma
dell’infallibilità
V
F
7 I sacramenti sono stati tutti istituiti da Gesù,
direttamente o indirettamente
V
F
8 La Madre di Dio deve essere venerata, ma non adorata
V
F
9 L’articolo del simbolo apostolico «credo la risurrezione
della carne» vuol dire che dopo la morte non ci sarà
soltanto la vita dell’anima immortale, ma anche
che i nostri «corpi mortali» (Rm 8,11) davvero
riprenderanno vita.
V
F
V
F
TEOLOGIA DOGMATICA
6 I sacramenti dell’iniziazione sono:
1) Battesimo
2) Cresima
3) Eucaristia
10 La provvidenza divina agisce non solo direttamente,
ma anche attraverso le creature e la libera
collaborazione dell’uomo.
106
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
TEOLOGIA MORALE
1 Per giudicare la bontà di un atto umano è sufficiente
valutarne la intenzione
V
F
2 La morale cristiana riconosce la legittimità del principio
di legittima difesa
V
F
3 Le persone con inclinazioni omosessuali possono e
devono ugualmente tendere alla santità cristiana
V
F
4 Gli interventi che mirano a favorire la fecondazione
senza sostituire l’atto coniugale sono moralmente leciti
V
F
5 La nozione di “guerra preventiva” come legittimo
strumento per la promozione della pace è affermata
e difesa anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica
V
F
6 Anche se la morte di un paziente è considerata
imminente, non è moralmente lecito interrompere le
cure ordinarie al fine di abbreviargli le sofferenze.
V
F
7 L’abuso di sostanze stupefacenti e droghe
è una colpa grave.
V
F
8 La donazione di organi dopo la morte è moralmente
accettabile, ma non è una pratica da incoraggiare.
V
F
9 Contraccezione e aborto dal punto di vista morale
sono mali specificamente diversi.
V
F
V
F
10 La collaborazione ad un aborto è moralmente lecita
per il cristiano, se lo fa per rispetto della libertà della
donna e secondo le procedure consentite dalla legge
civile.
STORIA DELLA CHIESA E DELLA TEOLOGIA
1 I lapsi sono: i pagani che volevano farsi cristiani senza sottomettersi
alla circoncisione
espressioni che involontariamente tradiscono il vero
pensiero di chi parla
⌧ i cristiani che durante le persecuzioni rinnegarono la
loro fede
2 Il termine cesaropapismo indica:
⌧ la dottrina che attribuisce funzioni di governo religioso al
sovrano
il principio evangelico secondo cui si deve «dare a Cesare
quel che è di Cesare, e a Dio quel che è Dio»
il primato del vescovo di Roma sugli altri vescovi
Elencare i 4 documenti fondamentali (costituzioni) promulgati
dal Concilio Vaticano II
3 1) Lumen Gentium _____________________
4 2) Gaudium et spes ____________________
5 3) Sacrosanctum concilium ______________
6 4) Dei Verbum _________________________
107
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
7 Nella Chiesa dei primi secoli è attestata l’esistenza
di un diaconato femminile.
V
F
8 Quale documento pontificio decretò la condanna
di M. Lutero?
Quanta cura ⌧ Exurge Domine Rerum novarum
Laborem exercens
Indicare con una croce un documento, tra i seguenti, che venne
promulgato al Concilio Vaticano II:
9 Rerum novarum
⌧ Unitatis redintegratio Dei Filius
Humani generis
Mater et magistra
Pastor Aeternus
Humanae vitae
10 Il Concilio di Costantinopoli (381):
condannò definitivamente il manicheismo.
⌧ affermò la consostanzialità dello Spirito Santo
con il Padre e il Figlio.
condannò per la prima volta il pelagianesimo.
ALLEGATO 4: Le schede per la valutazione
4a Scheda di valutazione del Questionario sul profilo professionale
4b Scheda di valutazione del profilo motivazionale-ecclesiale
4c Scheda di valutazione sintetica conclusiva
Allegato 4a
VALUTAZIONE Questionario sul profilo professionale
Verona, 29 giugno 2007
CANDIDATO/A:
SEZIONE 1. IRC: NATURA, FINALITÀ E MOTIVAZIONI
Massimo risposte giuste n. 29 Valutazione espressa con scala da 1 a 5
Da
Da
Da
Da
Da
Punteggio sezione 1
25 a 29 risposte giuste
19 a 24 risposte giuste
13 a 18 risposte giuste
7 a 12 risposte giuste
1 a 6 risposte giuste
5
4
3
2
1
su max 5
SEZIONE 2. I CONTENUTI IRC
Massimo risposte giuste n. Valutazione espressa con scala da 1 a 5
Da
Da
Da
Da
Da
Punteggio sezione 2
108
41 a 50 risposte giuste
31 a 40 risposte giuste
21 a 30 risposte giuste
11 a 20 risposte giuste
1 a 10 risposte giuste
5
4
3
2
1
su max 5
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
SEZIONE 3. CONTENUTI IRC E ADEGUATEZZA PEDAGOGICA
Massimo risposte giuste n. 14 Valutazione espressa con scala da 1 a 5
Da
Da
Da
Da
Da
Punteggio sezione 3
13 a 14 risposte giuste
10 a 12 risposte giuste
7 a 9 risposte giuste
4 a 6 risposte giuste
1 a 3 risposte giuste
5
4
3
2
1
su max 5
SEZIONE 4. LE CATEGORIE PEDAGOGICHE/DIDATTICHE DELLA
RIFORMA
Massimo risposte giuste n. 6 Valutazione espressa con scala di 1 3 5
Da 5 a 6 risposte giuste
Da 3 a 4 risposte giuste
Da 1 a 2 risposte giuste
Punteggio sezione 4
5
3
1
su max 5
SEZIONE 5. CONTENUTI IRC E METODOLOGIA
5.3. Obiettivo Formativo
Adeguatezza al livello scolastico scelto
min
1
2
3
max
Chiarezza rispetto all’espressione delle attese formative/educative
min
1
2
3
max
5.4. Percorso didattico
Coerenza rispetto all’Obiettivo Formativo
min
1
2
3
max
Completezza rispetto alle dimensioni formative da considerare
(antropologica – teologica – biblica – del dialogo e del confronto)
min
1
2
3
max
Adeguatezza e ricchezza rispetto alle ipotesi metodologiche
min
Punteggio sezione 5
109
1
2
3
max
su max 15
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
SEZIONE 6. IRC E SCUOLA
6.1. Irc e altre discipline
Adeguatezza della risposta
min
0,5
1
2,5
max
6.2. Irc e pluralismo culturale/religioso
Adeguatezza della risposta
min
0,5
1
2,5
max
Punteggio sezione 6su max 5
TOTALE PUNTEGGIO:
Punt.
Punt.
Punt.
Punt.
Punt.
Punt.
sezione
sezione
sezione
sezione
sezione
sezione
1
2
3
4
5
6
Irc:natura finalità motivazioni
Su max
I contenuti irc
Su max
Contenuti irc e adeguatezza pedagogica
Su max
Le categorie pedagogiche/didattiche della riforma Su max
Contenuti irc e metodologia
Su max
Irc e scuola
Su max
Punteggio TOTALE
5
5
5
5
15
5
Su max 40
Allegato 4b
VALUTAZIONE DEL profilo motivazionale-ecclesiale
Verona, 29 giugno 2007
CANDIDATO/A
1. NOTA PERSONALE descrittiva del proprio percorso ecclesiale, di
eventuali esperienze educative assicurate nella comunità cristiana e delle
motivazioni personali alla base della richiesta di insegnamento:
Forma:
livello di qualità
min
1
2
3
4
5
max
5
max
Contenuto:
livello esperienze e argomentazioni
min
110
1
2
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
3
DELL’IRC TRA
4
SCUOLA
E
DIOCESI
2. LETTERA DI PRESENTAZIONE del Parroco o di altro sacerdote di
riferimento:
Livello di adesione e argomentazioni espressi dal Sacerdote
min
1
2
3
4
5
max
4
5
max
4
5
max
3. COLLOQUIO:
Motivazioni al servizio IRC
Livello motivazioni
min
1
2
3
Sensibilità ecclesiale
Sensibilità ecclesiale
min
1
2
3
Valutazione Nota personale
Valutazione Lettera di presentazione
Valutazione Colloquio
TOTALE
111
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
Su max 10
Su max 5
Su max 10
Su max 25
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Allegato 4c
Uffici Scuola DIOCESI DEL TRIVENETO
Verona, 29 giugno 2007
PROVA PRELIMINARE RISERVATA AI CANDIDATI CHE RICHIEDONO
SUPPLENZE COME IdRC PROVENIENTI DA REGIONI
AL DI FUORI DEL TRIVENETO
Candidato/a:
SINTESI RISULTATO CONCLUSIVO
• PROFILO PSICO-ATTITUDINALE
(Vedi scheda specifica)
• PROFILO PROFESSIONALE
Punt.
Punt.
Punt.
Punt.
Punt.
Punt.
sezione
sezione
sezione
sezione
sezione
sezione
1
2
3
4
5
6
Irc:natura finalità motivazioni
Su max
I contenuti irc
Su max
Contenuti irc e adeguatezza pedagogica
Su max
Le categorie pedagogiche/didattiche della riforma Su max
Contenuti irc e metodologia
Su max
Irc e scuola
Su max
TOTALE
5
5
5
5
15
5
Su max 40
• PROFILO MOTIVAZIONALE – ECCLESIALE
Valutazione Nota personale
Valutazione Lettera di presentazione
Valutazione Colloquio
Su max 10
Su max 5
Su max 10
TOTALE
Su max 25
Eventuali note:
112
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
7.
Introduzione
Rielaborazione unitaria
dei lavori del Convegno
Prof.ssa RITA MINELLO - Pedagogista esperta di processi e metodologie
formative in presenza e a distanza, con particolare riferimento alle
problematiche dell’adolescenza e del Cooperative Learning
In realtà, ciò che rende unitari i nostri
convegni IRC non è tanto la presenza di un
feedback finale come questo, ma la volontà,
sempre presente nei partecipanti, di vivere davvero i convegni nazionali come momento di comunità, senza discontinuità tra momenti ufficiali in cui vengono presentate alcune relazioni
e momenti di scambio informali, altrettanto validi e significativi.
Lo spunto che mi ha offerto la chiave per interpretare la continuità dei lavori del convegno sull’organizzazione dell’IRC, infatti,
è nato in occasione del pranzo che ha preceduto l’apertura dei lavori, quando, su sollecitazione di Mons. Franco Taccardi, abbiamo
discusso dell’idea di formazione e dell’idea di educazione, due termini – educazione e formazione – che nel corso del tempo hanno subito veri e propri slittamenti semantici che molto hanno a che vedere con il contesto formativo e culturale in cui è immerso l’IdR.
Un primo elemento di differenziazione è certamente il venir
meno di un orizzonte unitario di riferimento ideale o storico (come
era la polis greca, l’humanitas latina, la kultur moderna, ma anche
lo Spirito o la Professione). La crisi degli universalismi etici e culturali nel Novecento ha costretto la formazione, quale processo di
realizzazione compiuta di una forma, quella dell’uomo, a fare i conti
con la molteplicità e la contraddittorietà dell’evoluzione sociale e individuale. Un modello univoco di “uomo”, modello di forma “buona”, sembra negato dalla variabilità degli ideali e dei sistemi di significato; i luoghi della sua costruzione (la Verità, il Bene, la
Trascendenza, lo Stato, la Società, la Persona, la Scienza, la Libertà,
...) non sembrano così autoevidenti; i “diritti” dell’uomo non appaiono così cogenti. E si fa sempre più difficile, nelle scuole come
nella vita, quel “Vivere da Risorti”, in riferimento alla Grande Speranza, rievocato nella preghiera iniziale. La Formazione, come processo di partecipazione ai saperi, si trova a fare i conti con la frammentazione e gli specialismi, le gerarchie della sua organizzazione
contemporanea, le procedure della sua legittimazione.
113
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Ancor più importante, dunque, la prospettiva di lettura del
servizio IRC offerta in sede introduttiva da Don Vincenzo Annicchiarico, intesa come “disponibilità a vivere momenti formativi per
l’educazione delle nuove generazioni”: “Siamo qui per lavorare insieme, per camminare unitamente, per progettare e condividere
azioni sinergiche che ci consentano di cooperare nell’ottica del servizio e di un servizio che sia sempre più organizzato, competente ed
efficace”. In un convegno da cui dovevano emergere i compiti del
Responsabile diocesano IRC, e mi pare proprio che siano emersi, in
particolare nell’inquadramento di sintesi offerto da Mons. Giancarlo Brianti per gli aspetti organizzativi, dal Prof. Roberto Giuliani per
alcune componenti valutative, dal Prof. Nicola Incampo e dal Prof.
Sergio Cicatelli per quelli giuridico-amministrativi, si rivela fondamentale agire all’interno di quell’orizzonte educativo che è stato
identificato, con le parole di Benedetto XVI, nel risvegliare nel giovane il coraggio delle decisioni definitive: dove “Il definitivo diventa perno dell’educazione in quanto permette la svolta progettuale
della propria vita”. Fra le priorità della Chiesa Cattolica, riemerge
oggi con forza la Questione Educativa, la quale sostiene oggi sfide
che possono diventare opportunità solo se affrontate attraverso soluzioni condivise, secondo la lucida individuazione di Mons. Piero
Coccia. E si noti che, col termine “sfida” ci si riferisce alla riconfigurazione dei ruoli e delle responsabilità dell’insegnamento. Sfide di
senso: cosa significa educare, sul versante ermeneutico, in un contesto che è soprattutto relazione e incontro di due libertà (dell’offerente e di colui che chiede)? Sfide antropologiche: il dono relazionale ha infatti bisogni di ridefinire l’identità del soggetto da educare;
abbiamo perciò bisogno di un’antropologia condivisa che faccia i
conti con la totalità. Sfide etiche: se alla radice della crisi educativa
c’è una crisi di fiducia nella vita, è necessario diventare costruttori
e operatori di cultura per ritrovarci almeno sulle “evidenze etiche”.
In ultima analisi, sfide per un insegnamento che serva a qualcosa.
Perché la scuola deve pensare a sistemi formativi e scolastici complessi, cioè aperti e provvisori (la realtà muta sempre).
Il livello di negoziazione, nel tessuto sociale, deve andare
verso l’alto. I fautori della nuova scuola non accettano più le vecchie credenze didattiche, insomma scuola di stampo enciclopedista
prima (scuola per concetti), comportamentista e strutturalista dopo
(scuola per obiettivi).
Attualmente si parla della “società delle conoscenze” sia nell’ambito economico, sia nell’ambito dell’apprendimento: in tale contesto si crede al potere illimitato dell’informazione. Non si tiene
conto però che i dati non sono di per sé informazione se non c’è una
mente umana che assegni significato ad essi: la scuola sviluppa in
modo elettivo la formazione di talenti capaci di selezionare informazione dal rumore e auto-organizzarsi in piena responsabilità.
114
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Ma un’ulteriore sfida è nata dagli interventi della seconda e
della terza giornata: imparare a convivere con le contraddizioni della
qualità. L’istruzione e la formazione sono condizioni fondamentali
che si calano nel sociale e a sua volta attingono da esso.
Bisogna ridefinire i rapporti dei Direttori IRC con il sistema di
istruzione e formazione: sono piani che si intersecano potenziandosi a vicenda (sinergia) non comparti separati. Ma non sarà possibile raggiungere questo traguardo senza prima aver lavorato per la
formazione di un insegnante di religione di qualità, attraverso la
promozione delle sue competenze professionali. A formare insegnanti di religione cattolica di qualità mirano tutte le azioni, organizzative, giuridiche e formative, dei Direttori diocesani IRC, nella
convinzione che essi sono la chiave per raggiungere i giovani e attivare la disponibilità delle famiglie alla collaborazione per la formazione integrale dei figli, a cui ha fatto riferimento Mons. Antonio
Ciliberti. Ecco perché, l’invito rivolto ai Direttori, anche dal responsabile regionale della Calabria, Don Domenico Cicione Strangis, è
stato quello di non restare imbrigliati in questioni organizzative, ma
pensare a largo raggio.
Fra i punti di riflessività emersi dai lavori del Convegno, ne
sceglierò alcuni sui quali soffermarmi.
1.
Formazione IRC
come progetto che
dà forma all’azione
Se la formazione è concepibile come progetto che dà forma
all’azione, in quanto azione del formare, essa rinvia alle nozioni di intenzione, motivazione, scopo, scelta, suppone cioè una dimensione
teleologica. È proprio in quest’ottica che la relazione del Prof.
Francesco Bellino ha inteso la natura dell’educazione e l’evolversi
della relazione pedagogica dalla cultura del progetto, verso la cultura
degli atteggiamenti. Cultura, cioè, che “educhi il soggetto – nel nostro
caso l’IdR – a saper rispondere agli eventi quotidiani con competenza
tecnica e sulla base di una coerente responsabilità morale.
Struttura teleologica e produzione di effetti diventano tuttavia
anche nodi problematici (vedi relazione Coccia), data la circolarità dello statuto del discorso sull’azione, che è un atto di dire su
un fare.
2.
Formazione IRC
come azione
complessa e azione
nella complessità
La formazione é anche denominabile come azione complessa cioè producente effetti su altri, generatrice di cambiamenti, e,
contemporaneamente, è denominabile come azione nella complessità. Un punto che emerge con particolare forza tanto nella relazione del Prof. Ernesto Diaco, quanto in quella di Don Giancarlo
Brianti.
115
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Azione complessa: la stessa che svolge il mare che così generoso ci ha accolto, con i suoi colori in dissolvenza, e ci ha cullato ogni notte con la risacca, mista di suoni e linguaggi ancestrali. La
stessa azione complessa che svolge la vita: chi si trova tra la risacca dei linguaggi, dove le onde s’infrangono tra gli scogli, – luoghi di
turbolenza – vive una condizione di frammentarietà esistenziale. In
quelle parti della mente perturbate da variabili assai complesse ed
insidiose, la comprensione non può essere mai lineare, poiché i contenuti rischiano di essere travolti nell’indeterminatezza del caos. I
significati che attraversano l’uomo si presentano spesso come frange d’onda, fluttuazioni, sbavature molecolari sovrapposte, dove i
paradossi si scontrano sommandosi ed annullandosi nella mente.
La realtà umana apre nuove considerazioni, poiché molto della sua
oggettività resta incomputabile, segue altre logiche da quelle incastonate nel presunto sapere post-moderno. Logiche, diceva il Prof.
Diaco, citando Angelini, per distinguere “ciò che è prezioso da ciò
che è vile”. Ecco dunque l’importanza di configurare l’IRC “come un
laboratorio culturale, ossia di umanesimo, e un luogo di sintesi”,
per una disciplina in dialogo.
Si tratta di fornire anche agli insegnanti di religione la possibilità di formarsi in condizioni laboratoriali, per attivare percorsi di
creazione, diffusione e scambio di processi cognitivi di diverso tipo.
Tra questi processi un ruolo di rilievo è affidato alle metacompetenze, intese come risorse in grado di fornire agli individui plasticità e
flessibilità conoscitiva. (Alessandrini, 1998)
Azione nella complessità: per passare da un’ottica formativa
che si rapporta all’universo, ad un’ottica formativa che si rapporta
al pluriverso, dove, a differenza delle società tradizionali in cui la
conoscenza era collettiva, condivisa, sacralizzata, le pratiche cognitive, pur orientate alla collettività, sono connotate dalla singolarità
e dall’unicità. Si pone dunque il problema di sintonizzare e di far comunicare queste singolarità, perché l’esperienza individuale non rimanga ‘navigazione’, personale dove prevale la dimensione del possibile su quella del reale.
In questa nuova prospettiva offerta dai linguaggi che abbiamo
introdotto, l’IRC, quando non usurato, può offrire l’opportunità di
una rilettura delle trame profonde della vita, aiutando l’altro a sgomitolare i nodi di una matassa di parole, di suoni e gradazioni per
superare le incoerenze dei linguaggi paradossali, stratificati nella
memoria da una cultura ambigua ed incongrua. L’incontro con l’altro non può che avvenire nelle stanze della vita e l’incontro tra più
linguaggi che si compendiano, può offrire l’opportunità di fronteggiare il dolore, la rabbia e l’angoscia.
116
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
3.
Formazione IRC
come rete di
significati
Uno degli equivoci di fondo dell’istruzione sta nell’inferenza
arbitraria che l’efficacia dell’apprendimento dipenda prevalentemente dai contenuti trasmessi e che la metodologia utilizzata sia
funzionale solo a questi e a null’altro. Nulla di più errato: dal punto
di vista del follow-up, che apprendere a nuotare “per corrispondenza”, come tra nuotare in una vasca e nuotare in mare, ne corre di
differenza.
Formare per una società globale e complessa quale è quella
presente, entro una prospettiva obbligata, che è quella della longlife education significa porre attenzione alla rete di significati, di
manifestazioni e di referenze istituzionali, simboliche ed organizzative: non a caso proprio l’intervento sull’organizzazione di Brianti
chiamava in causa il principio dell’operare in rete e in team.
Secondo l’accentuazione dei paradigmi egemoni nelle diverse culture, i cambiamenti organizzativi e sociali sono correlati allo sviluppo
dei grandi movimenti epocali che segnano l’evoluzione culturale e
globale della coesistenza umana. È così che la storia dei popoli e
delle mentalità, la microfisica dei poteri, si fanno storia formativa.
Ma è appunto per questa via che il significato della formazione sottolinea di volta in volta il sapere, la relazione con l’altro, il
contesto sociale di referenza, il dar forma all’azione. È una forza che
supera le singole categorie soggettive, nella pluralità delle diverse
intenzionalità operanti, e che apre alla reciprocità e alla coesistenza plurale di diversi universi di significato, cooperanti allo sviluppo
della vita di tutti.
L’emergere di nuove opportunità, anche tecnologiche, di apprendimento in rete, ma anche la crescita di competitività e la crisi
del lavoro tradizionalmente inteso, ridisegnano un profondo mutamento dei modelli organizzativi e progettuali della formazione, che
i Direttori devono tener presente. Il principio dell’organizzazione
senza confini è, appunto, un concetto-chiave che sta alla base della
learning organization in cui si inquadra la dimensione conoscitiva
della società del futuro.
L’asse del cambiamento organizzativo si rivela oggi più importante del cambiamento individuale. La concezione del cambiamento individuale è di marca prettamente illuministica: i soggetti apprendono e mutano, crescono e progrediscono attraverso la conoscenza; e tale appropriazione individuale del sapere fa procedere
i singoli e la Storia verso il progresso. Questa idea è alla base di
molte attività formative odierne; dall’aggiornamento degli insegnanti, ai corsi interaziendali, ai seminari di “crescita personale” di ispirazione californiana ed orientale. La seconda impostazione, quella
del cambiamento organizzativo suggerita da Brianti, è strutturalistica o sistemica. Essa ipotizza che il cambiamento dei soggetti non
117
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
può che essere affiancato dallo sviluppo delle organizzazioni nei
quali i singoli operano.
4.
La domanda
relativa al “perché
formare”
E tuttavia, ciò che interessa maggiormente, è la domanda relativa al “perché formare?”.
È questa, infatti, la domanda che obbliga ad una risistemazione complessiva non solo dell’IdR, ma di tutto il mondo educativo-formativo, perché obbliga a ritematizzare in tutti i campi il rapporto fecondo tra saperi teorici e saperi d’azione.
Solo così è possibile riaprire un nuovo dialogo interdisciplinare, per comprendere che formare è attivare nuovi processi di co-generazione di valore. È accogliere nuove sfide dove i valori determinano il senso delle priorità nella combinazione personale dei percorsi formativi.
E proprio al principio di dialogo fa riferimento l’intervento del
Prof. Roberto Giuliani, a proposito delle esperienze di discernimento dei vari fattori riguardanti l’idoneità. Dialogo tra diocesi, che ha
come sfondo la necessità di dialogo tra culture diverse dell’organizzazione e del servizio.
Il dialogo tra le culture organizzative e di servizio non è solo
una necessità etica, ma è irrinunciabile per entrare nelle logiche dell’accoglienza dell’IdR e della considerazione di ogni individuo come
persona, salvaguardata nella dignità, che ha bisogni propri, derivanti dalla storia soggettiva.
È necessario tener conto del modo in cui ognuno vive il tempo
e lo spazio (trasferimenti, ecc.), perché queste sono le dimensioni
essenziali in cui viene costruita la relazione con sé, con l’ambiente,
con gli altri, a cui l’IdR è sollecitato in qualità di attore.
5.
La valutazione della
formazione
Nel definire i requisiti per l’idoneità, la valutazione non può
configurarsi come controllo dei risultati del servizio svolto o tutt’al più
come analisi del profitto, che equivale alla differenza tra una prima
serie di risultati e le successive. Nella delicata definizione dell’idoneità, invece, la valutazione assume caratteri processuali e sistemici: in altre parole, indaga non solo il che cosa l’IdR realizza, ma soprattutto il come, entro un contesto relazionale complesso, preoccupandosi particolarmente dell’espansibilità delle capacità nel contesto
formativo reale, della competenza di trasferibilità delle conoscenze e
delle procedure, e della loro applicazione in situazioni differenti, dell’acquisizione di una forma mentis equilibrata ed elastica.
Ciò significa che la valutazione non può risolversi in un controllo conclusivo e neppure in artificiosi controlli periodici che non
118
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
modificano i processi di insegnamento/apprendimento: la valutazione è un processo costante che accompagna tutti i momenti formativi in cui l’IdR è coinvolto, dall’ideazione alla progettazione, dall’applicazione alla ricaduta operativa.
Soprattutto quando orientata all’idoneità, la valutazione
punta all’auto-trasformazione del docente mediante regolazione
(feedback). Deve servire a) per capire quello che sta succedendo, b)
per dare spiegazioni dotate di senso, c) per prendere decisioni sul
da farsi e d) per orientare e dirigere il cambiamento.
Conclusione
119
Ma tutto questo presuppone l’incontro delle due libertà a cui
si è fatto cenno nell’introduzione, quella dell’offerente e quella di
colui che chiede.
Già Tommaso d’Aquino distingueva gli “atti dell’uomo” dagli
“atti umani”, vale a dire gli atti fatti dall’uomo, così a casaccio, meccanicamente, rispetto a quelli in cui si mostra chiaramente, almeno
un poco, la qualità specificamente umana dell’agire, per lui consistente nella razionalità e volontarietà di un qualche bene da perseguire coscientemente ed impegnativamente. Se quindi non sempre
siamo umani nel nostro comportamento, se è vero che spesso combiniamo guai “grandi come una casa”, “è pur vero che è possibile e
ha senso agire con libertà in vista di qualcosa che “valga la pena”.
(Inizio di I-II della Summa teologica).
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
R
120
iflessioni conclusive
di Don VINCENZO ANNICCHIARICO
Responsabile del Servizio Nazionale IRC
Desidero, anzitutto, riprendere uno degli obiettivi dichiarati all’inizio di questo convegno e cioè quello di incoraggiare ciascuno nel
proprio impegno diocesano in riferimento all’IRC. Credo che questo
obiettivo sia stato raggiunto, non solo per l’attenzione e la dedizione
che voi partecipanti avete dimostrato durante questo incontro, ma
anche perché è emersa l’importanza di testimoniare la passione educativa. Se quest’ultima caratterizza davvero la nostra testimonianza,
ed essa varrebbe per ogni ambito di vita, se vedere persone che si
spendono per l’altro, è certamente motivo di speranza, colui che
rende testimonianza diventa un “testimone credibile”. Mi rendo conto
che, a volte, il servizio per l’IRC è anche caratterizzato da pazienza e
fatica, un po’ come tutta l’educazione, ma se ciò è espressione di passione educativa, esso diventa manifestazione di speranza per un futuro sempre migliore a favore delle giovani generazioni in crescita.
Certo, bisogna evidenziare che la passione educativa è fortificata dalla competenza professionale anche da parte di chi gestisce
gli uffici diocesani. In questi giorni abbiamo ascoltato che non si
può essere “tuttologi”, è evidente che non si può avere competenza
a trecentosessanta gradi, però è altrettanto evidente che un direttore, un vicedirettore, un collaboratore, può coltivare un interesse culturale specifico inerente all’educazione e, lavorando poi in team, faranno entrare in circolo le diverse competenze, favorendo così la
realizzazione del progetto generale riguardante l’IRC.
L’organizzazione dell’IRC come disciplina scolastica deve
sempre tenere a fuoco due aspetti fondamentali: quello dell’essere
disciplina scolastica e quello del riferimento alla Chiesa. Come disciplina scolastica non va mai dimenticato che è un insegnamento
caratterizzato dal linguaggio della scuola, con contenuti, riferiti al
Cattolicesimo, che vanno dalla Bibbia, alla Teologia, all’Antropologia, alla Storia ed alla Storia della Chiesa, all’ermeneutica, alla pedagogia ed alla didattica. Questa disciplina diventa occasione seria
di riflessione per quello studente che, costruendo la sua personalità
anche all’interno della scuola, trova in essa risposte importanti alle
sue domande di senso. Come collegamento con la Chiesa locale, significherebbe favorire il dialogo Scuola-territorio e quindi ScuolaChiesa, nel rispetto delle specificità di ciascuno, ma nell’incontro di
finalità comuni, quali il bene dei giovani, perché crescano in una società davvero civile; qui, certamente, il patrimonio educativo dell’esperienza bimillenaria della Chiesa potrà offrire occasioni di dialogo e di sinergia.
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Un altro elemento molto importante da tener presente è certamente l’orizzonte educativo. Esso dovrà evincersi in ogni iniziativa dell’Ufficio, soprattutto nell’organizzazione dei momenti formativi a livello diocesano. È altrettanto evidente che la formazione in
servizio degli Insegnanti di religione cattolica può essere organizzata valorizzando la Facoltà teologica o l’Istituto Superiore di Scienze
Religiose presente su territorio perché si creino quelle sinergie che
possono essere molto fruttuose non solo a livello di aggiornamento
professionale, ma anche perché si crei un “sistema formativo” permanente.
Infine, è emersa in questi giorni la necessità di tener sempre
desto il dialogo tra i direttori della stessa regione ecclesiastica, coordinati dal responsabile regionale dell’IRC, si potrebbe affermare che
non è più pensabile oggi, in questa situazione, che i singoli direttori agiscano da soli, ma è più proficuo favorire una prassi comune ed
un’intesa che vada dalla formazione al discernimento dei futuri insegnanti, dalla proposta di nomina alla spiritualità.
Desidero, ora, salutare ciascuno di voi dicendo che è importante lavorare insieme. Non siete venuti qui per vivere un momento individuale, bensì siete venuti, sì come persone, ma espressione
di una comunità viva, che qui, insieme, è espressione della Chiesa
italiana.
Mi sembra doveroso concludere con alcuni ringraziamenti.
Anzitutto alla cara Sr. Feliciana Moro vice responsabile ed al prezioso personale di segreteria, ovvero Giuseppina Matera, Gianluca
Sabatini, Manuela Nicoletti, insieme alle due insegnanti Cristina
Carnevale e Giordana Cavicchi, le quali danno un aiuto competente ed efficace all’interno del Servizio Nazionale. Ringrazio l’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano che ci ha accolti e la Diocesi di Lamezia
Terme che ci offre un ricordo di questa bella terra, quindi ringrazio
la Regione ecclesiastica della Calabria, gli esperti e i relatori, e soprattutto un
grande grazie a voi
convegnisti.
A tutti
l’augurio di
essere coraggiosi
perché
il
Cristo risorto è la grande speranza
nostra
e
dell’umanità.
121
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
P
reghiera di inizio e chiusura
Slide di meditazione a cura di Cristina Carnevale
Docente di Religione cattolica e collaboratrice Servizio Nazionale IRC
PREGHIERA INIZIALE
All’inizio di questi giorni di studio e condivisione, disponiamo sin da ora il nostro cuore all’espressione partecipata e consapevole della preghiera, vivendo un momento di meditazione. Ci lasceremo sollecitare dalla musica e da alcune immagini, aprendoci all’ampiezza e alla profondità di senso delle parole che insieme pronunceremo.
122
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Mercoledì , 26 marzo 2008
PREGHIERA DI INIZIO
Vivere d a r i s o r t i …
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Pasqua di Cristo Salvatore!
Egli regna vittorioso
l’amore ha trionfato
Le braccia di Gesù
spalancate sulla croce…
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
… portano
verso Dio
l’angoscia
della vita
e innalzano
a Lui
i nostri cuori
Vivere d a r i s o r t i
per Dio
nella luce nuova
125
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
…
aurora della gioia!
Gli uomini si ergeranno
alla grande speranza
che sale dai loro corpi
all’alba di questo giorno
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Popolo di battezzati
segnati con il sigillo
della Promessa,
testimoni
di Gesù Cristo…
… venite
a mangiare
la carne
e a bere
il sangue
del Figlio
amato di Dio
per vivere
del suo Spirito
127
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
E’ giunta l’ora: vegliate!
Perché Dio imbandisce la tavola
per le nozze dell’Agnello
il Maestro e Salvatore
viene a servirci il vino
del suo ritorno:
vittoria dell’amore!
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
PREGHIERA CONCLUSIVA
Giunti al termine di queste intense e belle giornate di comunione fraterna, affidiamo al Signore i frutti della nostra riflessione,
aprendo il cuore alla preghiera con una breve esperienza di contemplazione in cui immagini e melodia si fonderanno, lasciando risuonare la ricchezza di significato delle espressioni di invocazione
che reciteremo insieme.
129
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Venerdì, 28 marzo 2008
Ottava di Pasqua
PREGHIERA CONCLUSIVA
Prendici per mano …
130
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Prendici per mano, o Dio nostro Padre.
Tu solo puoi guidarci nel nostro cammino
aiutarci a superare ogni difficoltà …
Tu sei la nostra unica speranza:
ciò che è impossibile a noi,
è facilissimo nelle tue mani.
131
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Tu sei un Dio vicino
e ricco di misericordia
… rendici attenti alla tua presenza,
docili alla tua parola,
disponibili al tuo progetto di vita.
132
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Trasforma
con il tuo spirito
le nostre persone
rendici più trasparenti e generosi,
capaci di ascoltare e di rispondere sempre,
capaci di pregare.
133
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Fa che maggiormente uniti a te e tra di noi
siamo segno della tua carità verso tutti
Alimenta la tua speranza
con la certezza che …
non una lacrima
uno sforzo, una fatica sarà inutile,
se vissuta con amore verso te e i fratelli.
134
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Tu solo
puoi dare la luce
alla nostra mente,
consolazione al cuore,
pace allo spirito.
Fa che ti sappiamo riconoscere nell’istante,
nel quotidiano,
nella condizione concreta che viviamo
per fare bene e con amore … ogni cosa.
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
P
rogramma
Conferenza Episcopale Italiana
SERVIZIO NAZIONALE PER L’INSEGNAMENTO
DELLA RELIGIONE CATTOLICA
“L’organizzazione dell’IRC tra Scuola e Diocesi”
CONVEGNO DEI DIRETTORI IRC DI RECENTE NOMINA
Campora San Giovanni
Hotel Village “La Principessa”
26-28 marzo 2008
Mercoledì 26 Marzo 2008
Ore 15.30 Arrivi e sistemazioni
Ore 16.30 Preghiera di inizio – Saluti – Introduzione ai lavori
Saluto e introduzione
Don Vincenzo ANNICCHIARICO
Responsabile del Servizio Nazionale IRC
Saluto di S.E. Mons. Piero COCCIA
Arcivescovo di Pesaro – Membro della Commissione
Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e
l’università
Benvenuto a cura di Don Domenico CICIONE STRANGIS
Responsabile regionale IRC della Calabria
Ore 17.15 “Educare nell’attuale contesto culturale”
Prof. Francesco BELLINO
Ordinario di Filosofia Morale e Direttore del
Dipartimento di Bioetica dell’Università degli Studi di
Bari
136
CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Ore 17.50 “L’IRC come disciplina scolastica: tra Teologia e Scienze
umane”
Prof. Ernesto DIACO
Docente di Religione cattolica e Viceresponsabile del
Servizio Nazionale per il Progetto culturale
Ore 18.30 Coffee break
Ore 19.00 Dibattito in aula
Ore 20.30 Cena
Giovedì 27 Marzo 2008
Ore 08.00 Colazione
Ore 09.00 Saluto di S.E. Mons. Antonio CILIBERTI
Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Delegato della
Conferenza Episcopale Calabra per l’educazione, la
scuola e l’università
Ore 9.30
“L’IRC nella diocesi: organizzazione e competenze
dell’Ufficio”
Mons. Giancarlo BRIANTI
Responsabile regionale IRC del Friuli Venezia Giulia
Ore 10.15 “L’IRC: competenze giuridico-amministrative”
Prof. Nicola INCAMPO
Direttore dell’Ufficio diocesano IRC di Tricarico
Ore 11.00 Coffee break
Ore 11.30 Dibattito in aula
Ore 13.00 Pranzo
Ore 15.00 Irc e Territorio: la via storico-culturale (itinerario
guidato da un docente del posto)
Ore 19.00 Concelebrazione Eucaristica presieduta da S.E. Mons.
Luigi RENZO, Vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea
Ore 20.00 Cena
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI
Venerdì 28 Marzo 2008
Ore 07.30 Concelebrazione Eucaristica
Ore 08.00 Colazione
Ore 09.00 “La mobilità degli Idr di ruolo”
Prof. Sergio CICATELLI
Dirigente scolastico Liceo B. Croce di Roma -Attualmente
in servizio presso il Ministero della Pubblica Istruzione
Ore 9.45
“Idoneità: esperienze di discernimento e dialogo tra
diocesi”
Prof. Roberto GIULIANI Responsabile regionale IRC del
Trentino Alto Adige
Ore 10.30 Dibattito in aula
Ore 11.00 Coffee break
Ore 11.20 “Rielaborazione unitaria dei lavori del Convegno”
Prof.ssa Rita MINELLO
Pedagogista esperta di processi e metodologie formative
in presenza e a distanza, con particolare riferimento alle
problematiche dell’adolescenza e del Cooperative Learning
Ore 12.00 “Conclusioni e prospettive”
Don Vincenzo ANNICCHIARICO
Ore 13.00 Pranzo e partenze
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CONVEGNO: L’ORGANIZZAZIONE
DELL’IRC TRA
SCUOLA
E
DIOCESI