Pdf Opera - Penne Matte

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Pdf Opera - Penne Matte
Andrea Cerasuolo
Carlo Conte
iMago
Avviluppata nella coperta, Erika contava le cicatrici sull’avambraccio.
Ripensò alla prima volta, sfiorando la pelle che si increspava come il mare agitato dal vento. I suoi
genitori avevano deciso di divorziare e ci fu l’ennesima lite. La voce di sua madre risuonava ancora nitida
nel ricordo: “Se non ci fossi stata tu di mezzo, lasciare questo fesso di tuo padre sarebbe molto più
semplice!”.
A questo punto le immagini di quel giorno si bagnavano di lacrime, poi Erika si rivide nel parco vicino
casa. Lanciando sassi nello stagno, si chiese quanti cerchi avrebbe generato se fosse annegata. Raccolse
una pietruzza che somigliava all’artiglio di un gatto e miagolò per scherzo. Rise, ma in realtà provava
l’angoscia di un micino sul ramo di un albero da cui non sa più scendere.
Quando rincasò, i suoi dormivano. Papà sul divano, mamma nel lettone. Si rinchiuse in camera e balzò
sul letto. Lesse “Dracula” di Bram Stoker fino a che le palpebre non divennero pesanti. Si voltò sul fianco
per spegnere la luce, ma le chiavi di casa le caddero a terra. Allungò la mano verso il portachiavi e urtò il
sassolino a forma d’artiglio, che le era scivolato dalla tasca assieme al resto.
Lo fissò e capì che si era sbagliata. A dire il vero, somigliava al canino di un vampiro. Pensò che se
fosse stata morsa, il dottor Van Helsing sarebbe venuto a soccorrerla. Strinse quel dente di pietra e incise
lungo il polso una linea sottile. Una gocciolina di sangue affiorò ad una estremità del taglio. Avvertì un
lieve bruciore, poi si rilassò e prese sonno speranzosa. Ad ogni litigio dei genitori, aggiungeva una nuova
riga su quel braccio simile alla pagina di un diario alla portata di tutti eppure ancora segreto, sino a
comporre la parola Bella.
Smise di ferirsi quando aveva i tagli fino ai gomiti e i suoi si incontrarono in tribunale. Né Van Helsing,
né mamma e papà si erano accorti dei segni rossi. Delusa dai sogni letterari e dalla dura realtà, scoprì che
mangiare a sbafo era l’unico modo per occupare più spazio e farsi notare in quel mondo disattento.
Cominciò ad abbuffarsi in piena notte e in breve la lancetta della bilancia si spostò di alcune tacche.
L’immagine di sé nello specchio somigliava sempre più alla figlia di troppo che credeva di essere.
Un giorno a scuola fu Diana, la tipa più ambita del liceo, a notare le cicatrici sul braccio e i chili in più
sui fianchi di Erika. Sporgendosi dal banco, le sussurrò all’orecchio: - Dovresti darti un tono, se vuoi che
qualcuno si accorga di te. Conosci iMago? Io non posso più farne a meno!
Erika ripensava ai mesi passati, quando suo padre fece irruzione in camera.
- Allora? Come ti sembro?
- Come al solito.
- Forza, metti le lentine!
Le trovò nel cassetto del comodino e le indossò. Aprì iMago sullo smartphone e avviò la connessione.
Tornò a guardare papà, un cinquantenne che le appariva in quel momento come un imprenditore di
trent’anni di ritorno dalle Hawaii.
- Vado ad una cena di lavoro. C’è una nuova collega e voglio farle una buona impressione.
- Quella camicia a fiori è orribile.
- Aspetta, la cambio.
Papà mosse le dita sullo smartphone e cambiò aspetto agli occhi di sua figlia.
- Ora?
- Va meglio, ma copriti bene o l’ernia al disco si farà sentire.
- Sei un tesoro, a domani.
Erika non aveva più sonno e fece zapping fino a beccare di nuovo quel tizio vestito sempre di nero,
l’amministratore delegato della Immaginottica. Presentava la nuova app iMago, ormai ce l’avevano tutti.
“iMago è la nuova frontiera dell’estetica! Scaricatela sul vostro smartphone, e riceverete un paio di lentine
da collegare alla app. Personalizzate il vostro avatar e, a tutti coloro che indossano le nostre lentine,
apparirete come l’alter ego digitale che voi stessi avrete creato! Con iMago aggiungerete alla realtà un
nuovo livello, non meno genuino. Le imperfezioni saranno solo un vecchio ricordo e nessun pregiudizio
estetico vi sbarrerà la strada. Ricordate: non importa ciò che non si vede!”
Spense la TV e si avvicinò allo specchio. Non si sentiva attraente. Si inquadrò nella fotocamera frontale
dello smartphone e sporse le labbra a mandare un bacio, evidenziando gli zigomi. Scelse un filtro
fotografico e valutò il risultato: bocciato. Poteva mettersi a dieta, ma continuare a ingozzarsi era meglio
che tornare a tagliarsi.
Compose il numero di Diana:
- Stasera ho casa libera, ti va una pizza?
Stravaccate sul divano masticavano snack con il portatile sulle ginocchia, alla ricerca dell’ultimo video
virale.
- Ti piace il mio nuovo avatar?
- Sì, ma non ne avevi bisogno.
- Lo prendo come un complimento. Creiamone uno per te!
- Te l’ho già detto, non mi piace.
- Avanti, piace a tutti! Perché a te no?
- Perché quando ti guardi allo specchio con le lentine vedi il tuo aspetto reale.
- Ti sbagli, da ieri non è più così!
- Sul serio?
- L’app è stata aggiornata! Hanno inserito un algoritmo che riconosce la tua immagine allo specchio
e, prima che il tuo cervello se ne accorga, ti mostra il tuo avatar. Fa qualche difetto con le luci riflesse sui
capelli, ma poco importa! Non devi pettinarli, sono finti!
Diana scoppiò in una risata soddisfatta.
- Cavolo! Allora cambia tutto.
- Dai, riscaricala. Non dovrai più preoccuparti di metterti a dieta!
- Però tu continui ad allenarti tutti i giorni.
- Certo. È importante curare il proprio corpo.
- Ma, se usi iMago, non ne hai più bisogno!
- Perché essere belle una sola volta, se hai la possibilità di esserlo due volte?
Non ci misero molto le due a concertare un nuovo aspetto per Erika.
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CAPELLI, COLORE BASE: CASTANO
CAPELLI, SFUMATURE: RAME
TAGLIO: FRANGETTA CON RASATURA 1MM, LATO DX
IRIDE, COLORE BASE: VERDE
IRIDE, RIFLESSI: GIALLO ORO
- Non è forse meglio verde scuro?
- Non è naturale...
- Cos’è naturale in iMago?! Non abbiamo creato la tecnologia per rispettare la natura, altrimenti ci
saremmo tenuti quella!
- Forse hai ragione! Riflessi verde scuro!
- Ora sei bellissima. Andiamo, ci sono un paio di ragazzi che hanno messo like ad ogni mio post per
tutta la settimana.
- Hai il loro numero?
- No. Ma è molto semplice, guarda qui.
Diana tirò fuori lo smartphone dalla tasca e strinse l’amica a sé. Un’estensione del braccio per riuscire
a inquadrare entrambi i volti e… flash! Sul display apparve una scritta:
 SELFIE: MODALITÀ NATURE / IMAGO
- Ovviamente iMago!
Poi una didascalia accattivante: “Chi vuole farci compagnia stasera e portare altri snack? Qui sono
finiti tutti, ma io ed Erika abbiamo ancora fame! lol”
Centocinquanta commenti e novanta like in meno di dieci minuti.
- Che ti avevo detto? Eccoli lì i due di cui ti ho parlato.
“Indirizzo?”
“One Hip n°7 baby ;-)”
Una settimana dopo Erika partecipava alla sua prima lezione di autodifesa. Era stata Diana a convincerla.
L’incontro coi misteriosi ammiratori non era andato come si aspettavano. Erano arrivati già ubriachi e,
quando uno dei due aveva provato ad allungare le mani, Diana lo aveva messo KO con tre semplici mosse.
- È Krav Maga, dovresti seguire il corso insieme a me.
A suo agio nel nuovo aspetto, Erika aveva deciso di provarci. Il riscaldamento era stato estenuante,
eppure apparentemente non una goccia di sudore le scivolava sulla fronte. I lunghi specchi della palestra
riflettevano corpi asciutti e tonici, ed era possibile intuire chi fosse davvero fuori forma soltanto dalla
pesantezza dei movimenti.
Prima di cominciare, l’istruttore ripeté a tutte i principi del Krav Maga:
- È fondamentale imparare a riconoscere i punti vulnerabili di chi avete davanti e colpirli in modo
preciso. Il Krav Maga non è un’arte marziale, l’unica regola è evitare danni fisici a se stessi. Stasera
abbiamo una nuova allieva, diamole il benvenuto. Io mi chiamo Leo, vieni Erika. Simuleremo un
aggressione con coltello.
Erika gli si avvicinò a passi incerti e finse di colpirlo. Leo parò il timido attacco con la mano sinistra,
immobilizzò l’avambraccio con la destra e le colpì l’interno coscia.
- In alternativa, potete ricorrere ad una ginocchiata… lì…
Ci fu una fragorosa risata ed Erika arrossì. Toccava a lei ripetere la tecnica.
Imitò la sequenza di movimenti ma, al momento di calciare, si fermò.
Interno coscia oppure…?
L’indecisione la rese goffa ed inciampò nei suoi stessi piedi, rovinando sul parquet.
Un’altra risata.
- Come dicevo: l’unica regola è evitare danni fisici a se stessi! Forza riproviamo!
Al termine della lezione le ragazze si riunirono nello spogliatoio. Diana ammiccò ad Erika:
- Ti sei presa una cotta!
- Non è vero.
- Fossi in te ci proverei, io uno così lo stenderei volentieri!
- Smettila.
- I sentimenti non mentono, a differenza del nostro aspetto.
- Sì, lo ammetto. È stato così carino prima… Ma forse dovrei lasciar perdere.
- Perché mai?
- Lo hai detto tu, il nostro aspetto è una menzogna.
- Certo, ma non dicevamo lo stesso delle protesi al seno e delle labbra al silicone.
- Non erano solo iniezioni di silicone, ma di fiducia.
- Senza iMago a quest’ora staresti sotto le coperte! È l’evoluzione del botulino! Grazie a questa app
ognuno può essere se stesso, senza preoccuparsi di come appare. Stiamo solo chiudendo un occhio.
- Cosa vuoi dire? Che occorre essere bugiardi per dire la verità?
- Bingo. “Non importa ciò che non si vede” perché nessuno ci guarderebbe mai dentro, se prima non
fossimo di suo gradimento. Perché un libro non si giudica dalla copertina, eppure continuiamo a comprare
le edizioni con le copertine più accattivanti.
- Tu non leggi.
- Ma tu sì.
- Tutto questo è sleale. Forse dovremmo imparare ad accettarci, invece che coprire la realtà con un
“nuovo livello, non meno genuino”.
- Guardati intorno! Nessuno è contento di ciò che è. Credi che questi fondoschiena siano autentici?
Andiamo, una colpa non è più tale se viene condivisa dal mondo intero!
- E se lui non usasse iMago? Se fosse diverso?
- Aspetta, controllo nel database degli iscritti. Eccolo, visto? Ora non perdere tempo, Capodanno si
avvicina.
Alla festa arrivarono in taxi. La discoteca era già stracolma di esseri umani, eppure mancavano diverse
ore alla mezzanotte.
- Vi lascio qui, signorine?
- A meno che non si possa fare la fila in auto.
Sogghignò Diana.
- Tutto è possibile, ma vi toccherebbe una sovrattassa!
- Preferisco investire i miei soldi al bancone del bar.
- Sono centoventi.
- Centoventi da One Hip al FNV?
- È la notte di Capodanno, signorina. Sovrattassa.
- Vengo in questa discoteca da quando ho dodici anni e non ho mai sentito nulla di simile!
- Avanti, Diana. Cerchiamo di goderci la serata. Ecco qui i centoventi.
- Assurdo!
- La smetti?
Diana tirò fuori uno specchietto dalla pochette cromata e, prima di mettersi in fila, con estrema abilità
indossò le lentine per attivare iMago.
- Non avevi le lentine?
- No, devo tenerle fino a domattina e mi ritroverei con la sabbia tagliente negli occhi!
- Non ci avevo pensato. Ma dimmi, com’era il tassista?
- Anonimo. Brunetto. Tentava di coprire le cicatrici dei brufoli con la barba.
- Pensa... io lo vedevo biondo cenere e completamente sbarbato!
Il megalocale era galattico. Luci stroboscopiche si mescolavano ad effetti laser. Batteri bioluminescenti
ricreavano figure su pareti cosparse di disegni micronutrienti. Ologrammi danzanti al centro della pista si
mescolavano alle immagini corrotte dalle lentine di iMago. L’unico modo per capire con chi stessi
ballando era toccare. Solo toccando si poteva essere certi di non avere a che fare con una proiezione. Da
un paio d’anni si era diffusa la touchless, uno stile di ballo a distanza, il cui obiettivo principale era di
contorcersi il più possibile con ogni parte del corpo riuscendo a non toccare la persona vicina. Toccarsi
inavvertitamente costituiva un buon motivo per cambiare partner. In una discoteca affollata si cambiava
persona almeno una ventina di volte. La regola non scritta del nuovo stile lanciato dal video di Aga
consisteva nel fatto che le donne, porgendo la mano agli uomini, accettavano di buon grado il touch. Nella
maggior parte dei casi ciò equivaleva a sesso nei privet, per i meno poveri, e nei bagni del locale per i più
poveri. Erano dunque buone le possibilità nelle discoteche più tecnologiche di ingaggiare un loop con un
ologramma e scoprire, solo dopo avergli porto la mano, di volere scopare con il nulla.
- Diana, quando credi che arriverà?
- Non preoccuparti, Erika. Leo è un bravo ragazzo, bevici su, sarà fuori a fare la fila. Che prendi?
- Melon Daiquiri!
- Così leggera?
- Sì! Voglio essere lucida quando arriverà.
Erika controllava insistentemente lo smartphone per ricevere notizie di Leo. Finalmente un messaggio
vocale. Si allontanò dalla musica Minimal per sentirlo meglio.
- Ho avuto un contrattempo, non aspettarmi sobria
Amareggiata decise di accettare il consiglio e ricominciare a bere con Diana. Credeva di trovarla vicina
al bancone, ma non era lì. Nel frattempo l’attenzione di Erika venne dirottata su uno spettacolo a sorpresa
chiamato Cymatics Pool, organizzato dalla SEBO, azienda leader nel settore degli impianti audio. Sul fondo
di una piscina venivano installate delle casse ultrapotenti che emettevano suoni a varie frequenze che
facevano assumere all’acqua delle forme fluide, simili ai cristalli di ghiaccio visti al microscopio. Diana era
a bordo vasca, ma non fissava l’incantevole gioco d’acqua. Il suo sguardo incrociava gli occhi dorati di un
uomo sulla trentina. Era ben vestito, e ballava la touchless con eleganza. Non poteva essere un ologramma
perché la galanteria non era programmabile. L’abbigliamento lasciava immaginare fosse un imprenditore
o un manager. Chissà se Diana pensò a questo quando gli porse la mano e si avviarono verso il privet.
Erika si preparava a passare la sua mezzanotte da sola quando...
L’acqua precipitò al suolo nella sua forma più comune, amorfa. I laser si spensero, i batteri si
sparpagliarono sotto la luce ultravioletta. Calò il silenzio. Il minimalismo toccò la sua vetta. La folla restò
sbigottita. Forse un black out. Non se ne avevano da decenni. Un urlo disumano: “Porco!”. Un altro
ancora: “Chi cazzo sei?”.
Il panico.
Qualcuno impietrito, qualcun’altro indietreggiava, un paio svennero sul posto. Le lentine si erano
disattivate. Come se la vista avesse illuso temporaneamente anche l’olfatto, emerse il puzzo di sudore e
alcol che emanava da persone sporche, mal vestite e fuori forma che inondavano la discoteca. Persino il
direttore della SEBO si era presentato in pigiama bordeaux bucato all’altezza delle ascelle. Il DJ era magro
e pallido, anziché nero e muscoloso come nei suoi video musicali. Gli uomini erano più vecchi di quel
che sembravano e le ragazze più giovani di quel che volevano apparire. Di colpo il Friday Night Village
si era palesato in un harem di porci e sgualdrine. Un generatore di ologrammi si orientò verso la Cymatic
Pool per proiettare l’immagine in tre dimensioni di una maschera dalle orecchie a punta. “Un attacco!”
gridarono i più scaltri, mentre i più paurosi scappavano verso le porte chiuse preventivamente dal sistema
informatico.
“I miei più sentiti auguri, signori! Avete capite bene, siete sotto attacco informatico. Le porte del FNV
sono chiuse e si riapriranno solo allo scoccare della mezzanotte. Niente paura, siamo qui a fin di bene.
Siamo qui per squarciare il velo di Maya! Abbiamo disattivato iMago nei cinque continenti. Nessuno può
utilizzare alcuna forma di tecnologia se non lo decidiamo noi. Il governo ci sta già ostacolando, ma non
sprechi troppe energie. Il nostro messaggio sarà chiaro e breve per i giusti, lungo e tedioso per gli stolti.”
Un’altra proiezione.
“Mostrate la vostra essenza umana e abolite la forma. Questi i vostri volti. Questo il vostro aspetto e viso.
Da qui ricomincia la Verità. Avete preferito l’illusione e l’avete sommata alla natura, che è illusione essa
stessa. Vi sentite belli come dei, e degli dei portate tutti i vizi e nessuno dei loro pregi. La tecnologia vi
annebbia e vi distorce e vi rende soli. Soli con voi stessi e con la vostra verità, che spingete sotto il fango.
E lei vi supplica con gli occhi lucidi e languidi di un re tenuto a bada con la spada fra le ciglia. È il
momento del risveglio. Sveglia! Sveglia! Rialzatevi dalla penombra ed entrate nell’azzurrità che fu.
Dall’attacco parte lo zero. E chi non parte affogherà il re per sempre. E la coscienza cadrà nell’anarchia
così come il cuore. Cuore debole, ansimante d’amore. È colui che manca, l’amore. È colui che muove,
l’amore. È colui che ama. Amatevi, signori. Amate voi stessi prima ancora degli altri e sarete felici. Noi
siamo gli Albiz e vi invitiamo a riflettere. I mouse le nostre frecce, i nostri archi le tastiere e la saggezza
per faretra. Non è consono il paragone di questi tempi, ma d’altronde cosa è consono di questi tempi?
Le porte si riapriranno fra 3... 2...1... Buon anno dagli hacker con le orecchie a punta!”
Poco prima che gli Albiz inattivassero le lentine, Diana prendeva la sbronza più intensa della sua vita nel
privet del FNV. Sedeva cavalcioni sulle cosce dell’uomo incontrato in pista. Il mago della touchless
dimostrò di saper usare le mani meglio di quanto non lasciasse intendere ballando. Abbassò la zip dei
pantaloni, la afferrò per i fianchi e la accomodò sul proprio sesso. Diana emise un gemito stordito, inarcò
la schiena e chiuse gli occhi. Il divanetto di velluto viola ammortizzava i morbidi saltelli dei corpi.
D’un tratto la musica si zittì e Diana restò sospesa come una bandiera a mezz’asta.
Quando riaprì le palpebre, scoprì che l’aspetto dell’elegante manager sotto di sé era cambiato.
In una boccata di lucidità, si alzò impacciata e gli urlò contro.
- E tu da dove vieni fuori?
Affumicato dall’alcol, l’uomo realizzò lentamente cos’era accaduto.
- Oh, maledetta tecnologia. Dai, non andare, in fondo anche tu sei diversa…
- Ma ti vedi? Sei calvo, grasso e potresti avere l’età di mio padre. Fai schifo!
Gli lanciò uno sputo e, malferma sui tacchi vertiginosi barcollò verso l’uscita. L’uomo la raggiunse con
le braghe calate e la tirò a sé per il braccio. Diana abbozzò la tecnica di Krav Maga che le riusciva meglio
ma, ubriaca, ebbe un capogiro e cadde sulle gambe flaccide.
Fu un attimo e la tempia le batté sullo spigolo di un tavolino di vetro. Il sangue si mescolò alla vodka.
L’attacco al FNV aveva shockato il mondo intero. Se ne parlava ovunque e gli esperti governativi di
informatica erano alla ricerca del gruppo di hacker.
Al funerale di Diana nessuno indossò le lentine, la cerimonia fu breve e toccante. Le ceneri furono
raccolte in una Bio-urna e avrebbero nutrito un seme di margherita posto alla sua sommità. Erika fu
l’ultima ad andar via ingoiando la disperazione. Di ritorno a casa, crollò a letto. Fu risvegliata dal ronzio
incessante della vibrazione del cellulare. Aveva la vista annebbiata e lo cercò a tentoni. Provò a leggere,
ma era tutto sfocato.
Si strofinò gli occhi. Niente.
Sul display la notifica di un messaggio.
Ciao, scusa per l’altra sera.
Incontriamoci e ti spiegherò tutto. Sai, mi piaci
davvero e non ho avuto bisogno di indossare
quelle stupide lentine per capirlo.
Leo
Il papà di Erika aprì la porta della cameretta, in preda al panico:
- Tesoro, hai sentito cosa dicono al TG? Ecco il perché della macchia nera che vedo in alto a destra!
Il notiziario trasmetteva l’ultima intervista al CEO della Immaginottica:
- Cosa penso dei casi di cecità? Siamo molto dispiaciuti, ma non ci riteniamo responsabili. Gli utenti
registrati ad iMago hanno accettato i termini di utilizzo dell’applicazione. C’è scritto chiaramente che
l’uso continuativo delle lentine può causare problemi alla vista o, nei casi più gravi, epilessia. L’attacco
hacker? Ci ha causato non pochi problemi. Abbiamo perso molti iscritti, ma lavoreremo sodo per
ricominciare a crescere. Tornare indietro è impossibile.
- Papà... non leggo il messaggio, è tutto sfocato.
La vista si annebbiava ulteriormente con un velo di lacrime.
- Erika, tranquilla. Non è nulla.
Si avvicinò a sua figlia con le braccia aperte, mancandola di qualche centimetro.
- Papà, sono qui. Mi vedi?
- Certo che ti vedo, amore.
La macchia nera si era allargata nelle ultime ore.
- Papà, mi vedi?
- Sì, amore. Ti vedo, sei bellissima.
- Bugiardo, guardami! Io esisto, io ESISTO!