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CONSIDERAZIONI DI UN MALATO ESPERTO
Articolo pubblicato sulla rivista “Testimonianze” fondata da Padre Balducci nel 2007.
Io sono un malato esperto e uno scrittore per forza.
Malato esperto lo sono diventato in sette lunghi anni durante i quali ho lottato per guarire da
un cancro scoperto quando ormai era al quarto stadio. Scrittore lo sono diventato dovendo raccontare tutte le avventure che mi sono capitate nel lungo e doloroso cammino che mi ha portato
fino alla guarigione. Potrei descrivere quale processo di maturazione interiore ha determinato
queste mie due carriere inusuali, ma in queste pagine mi soffermerò solo su aspetti pratici come
i difetti del nostro sistema sanitario e la condizione in cui si viene a trovare un cittadino normale
che si ammala di una malattia cronica in questo nostro bellissimo ma caotico paese.
Parlerò della situazione specifica del malato di cancro, quella che ho vissuto personalmente ma
nelle mie parole credo che si riconosceranno tutti i pazienti che hanno a che fare con malattie
altrettanto difficili da guarire e in molti casi più difficili da sopportare: Sclerosi multipla, ictus,
diabete, artrite reumatoide, tanto per citarne alcune. Malattie che impongono scelte di cura
dagli effetti collaterali spesso peggiori della malattia stessa. Un giornalista, Paolo Barnard, ha
definito la malattia cronica “un sequestro di persona” per definire l’impegno totalizzante che
questa comporta per il malato e la sua famiglia durante i lunghi anni spesi nel cercare una cura
o semplicemente per cercare di sopravvivere il più a lungo possibile.
La diagnosi
Dovrebbero competere a medici esperti consegnare e illustrare diagnosi difficili.
La mia diagnosi di cancro mi è stata consegnata da un medico che non avevo mai visto prima e
che, dopo averla affidata alle mie mani tremanti, si è dileguato lasciandomi solo con mia moglie.
Il terribile paradosso della medicina è che descrive “positivo” ciò che è maligno e “negativo”
quello che è benigno. Questo perché parte da una domanda che rispecchia la mentalità della
nostra medicina moderna: il pessimismo. La domanda è: “questo pezzo di paziente che ho prelevato è cancerogeno?”
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Positivo, risponde il patologo. E tu, uomo normale, mai stato ammalato, che ti sei accorto di
avere delle palline sul collo e che hai notato che sei dimagrito 10 chili in sei mesi, leggendo la
parola “positivo” ti trovi improvvisamente protagonista di un incubo. Infilato in un tunnel di
cui nessuno ti mostra una luce alla fine. Ti fai prendere dalla disperazione perchè il cancro, nel
nostro immaginario collettivo, è sinonimo di morte.
Negli anni a venire avrei letto il responso di TAC decisive alla mia sopravvivenza seduto in compagnia di mia moglie su una panchina della piazza prospiciente un laboratorio di analisi.
Mi sarà comunicato di avere una metastasi di 12 centimetri nella tibia sinistra con un fax.
Questi tre episodi sono solo un esempio di quello che sembra essere la prassi nella comunicazione di una diagnosi. Nessuno aiuta il paziente in questi momenti decisivi. Pochi medici si
prendono la responsabilità di aiutare, incoraggiare e guidare i primi passi del malato nel cammino verso la guarigione.
Subito dopo la prima diagnosi di cancro, ho avuto una conversazione fredda e spaventosa con
un dottore cinico e scostante che mi elencava tutti i terribili disagi a cui sarei andato incontro,
la sua diagnosi era piuttosto pessimistica e per finire mi pregò di non disturbarlo durante le
chemioterapie perché aveva molto da fare.
Questo modo di fare, specie con un paziente debole psicologicamente e povero intellettualmente sarebbe stato fatale. Io già malato esperto, scappai e cambiai ospedale.
L’atteggiamento culturale di certi medici incuranti
Nel mio libro racconto di un giovane cardiologo di un piccolo ospedale di provincia che non
era in grado di farmi un ecocardiogramma e il suo unico collega specializzato era in ferie. Invece di confessarmi la sua incompetenza, prima provò a dirmi che l’esame non era urgente, cosa
che contestai perché era obbligatorio prima di intraprendere le chemioterapie, poi diventò
aggressivo. Quando mia moglie, sua collega, intervenne indignata, uscì di corsa dalla stanza
senza spiegazioni.
Non si capisce perché il medico debba mostrarsi come una specie di dio in terra e non come un
essere umano con i limiti professionali dovuti alla vastità di una scienza in continua evoluzione. Se questo mostrarsi sicuro di sé servisse a aumentare le sicurezze psicologiche del paziente
capirei, ma se invece si trasforma in aggressività vuol dire che c’è qualche anello mancante
nell’educazione delle nostre università.
Vuol dire che i primari, girando per le corsie degli ospedali con i giovani praticanti, non insegnano a rispettare la dignità e la centralità del paziente.
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Spesso il medico non dà abbastanza attenzione all’ascolto del paziente. Spesso considera il
caso come una scatola contenente una malattia. La scatola però è un essere umano con quella
complessità di intelligenza, esperienze, ricchezza, povertà, sentimenti e risentimenti. La tecnica
usata da certi medici incuranti è quella di accelerare la visita facendo intendere al paziente che
sta rubando tempo prezioso all’altro che aspetta fuori. D’altronde il tempo che l’azienda sanitaria concede al colloquio non deve superare gli 8 minuti di media e il dottore che allunga questi
tempi sarà punito e non premiato. Questo avviene perché i minuti sono stabiliti in base alle
esigenze economiche dell’azienda e non da quelle umane del malato. Al centro dell’attenzione
è il denaro, non l’umano.
Mi è capitato di dover parlare della mia prima recidiva, inseguendo il mio oncologo nell’ospedale e discutere con lui attraversando corridoi affollati, scansando barelle e fleboclisi.
La mia sopravvivenza veniva discussa… al volo.
Io malato sempre più esperto, cambiai istituto.
Effetti collaterali e cure paraoncologiche
Non esiste negli istituti per la cura del cancro, una assistenza specifica per lenire i terribili effetti collaterali delle chemioterapie e delle radioterapie. I medici sono occupati a combattere la
malattia mortale, a far sopravvivere il paziente il più a lungo possibile, i suoi disturbi appaiono
come secondari mentre al paziente piacerebbe vivere una vita il più normale possibile.
Purtroppo però non esistono specialisti per le cosiddette malattie paraoncologiche (causate
dalla malattia stessa e dalle cure) che sono individuate, classificate, ma non curate. Esistono farmaci antinausea, che a loro volta provocano effetti collaterali che durante la degenza ospedaliera vengono tenuti sotto controllo da altri farmaci, che a loro volta hanno effetti collaterali e così
via. Ma quando il paziente va a casa, si trova solo con la malattia, solo con gli effetti collaterali
della cura e con una montagna di farmaci da prendere.
Le terapie sono standardizzate, così come le cure per gli effetti indesiderati ma i pazienti sono
uno diverso dall’altro, alcuni vomitano ed altri no, alcuni sono stitici ed altri hanno la diarrea
e così avanti in milioni di esempi di effetti collaterali peculiari e personali. Ma nessuno, che io
sappia, e mi auguro di sbagliarmi, si occupa di questo. Qui entrano in gioco le terapie alternative che io definisco più propriamente complementari e il passaparola che si crea nelle sale di
attesa, lo scambio di informazioni fra malati, la solidarietà umana fatta di consigli, di numeri
telefonici di medici umani e di medicine naturali innocue e salutari, di corsi di yoga, di massaggi
ai piedi e di piccole accortezze che fanno dimenticare l’inferno in cui ti sei cacciato.
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Il tam - tam dei malati raggiunge migliaia di persone sparse per il mondo e la frase ricorrente è
spesso: “uso quel prodotto naturale, quella medicina omeopatica, quella tecnica di massaggio,
ma non dico niente al mio oncologo, lui non capirebbe”.
Lui, il medico incurante, sicuro della sua scienza esatta, con dieci penne nel taschino, lo stetoscopio al collo portato come una decorazione, il camice bianco elegante che svolazza fra i
corridoi dell’ospedale, non lo sa, ma i suoi pazienti cercano di farlo fesso, cercano di guarire
nonostante lui. Perché lui guarda nei microscopi e non alza mai gli occhi per guardare quelli
della persona che ha in cura. E forse si comporta così perché obbligato dalle poche risorse
economiche a sua disposizione, perché lavora in corsie fatiscenti, perché non ha un supporto
psicologico adeguato.
Nel mio percorso di malato esperto ho scoperto, per esempio, che il menu di certi reparti che
si occupano di malattie del tratto gastro-intestinale è redatto dall’economato piuttosto che dai
medici curanti che raccomandano diete poi non rispettate nelle loro stesse corsie. Ho ascoltato
racconti di malati a cui erano state negate medicine anti-nausea perché molto costose.
Il pilota di se stesso
Ho passato lunghi periodi della mia vita nelle corsie degli ospedale lì ho conosciuto malati
affetti da ogni genere di tumore, con situazioni familiari diverse come diversa era la loro classe
sociale, il loro lavoro, l’età, la nazionalità, la religione e la consapevolezza a proposito della propria malattia. Alcuni di loro erano raccomandati, altri erano abbandonati a se stessi. Alcuni reagivano con forza e si erano fatti una cultura medica e altri non volevano sapere assolutamente
nulla, si affidavano ai medici quasi fossero meccanici a cui affidare la propria automobile-corpo
che si era guastata.
Nel mio libro parlo del modo di descrivere i diversi tipi di malato secondo la medicina tradizionale indiana, la medicina ayurvedica.
Il malato è diviso in tre categorie principali, il malato inferiore, il medio e il superiore. Il malato
inferiore è quello che si lamenta così tanto da costringere coniuge e familiari ad occuparsi costantemente di lui e a soccorrerlo anche se si ammala di un raffreddore. Questo tipo di malato
guarisce difficilmente. Il malato medio è quello che ha bisogno di un incoraggiamento da parte
del medico e dei familiari, un aiuto psicologico e morale ma è anche capace di affrontare la malattia con un certo coraggio. Ha uguali probabilità sia di guarire che di non guarire. Il malato
superiore ama dire “come mi è venuta mi passerà”. Guarisce sempre. Tastandomi il polso il
medico ayurvedico con cui ho lavorato per anni, mi disse che sarei guarito certamente.
Un medico cinese ed uno tibetano, sempre tastandomi i polsi, confermarono.
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I medici allopatici avevano invece fortissimi dubbi.
Forse sono un malato superiore, non lo so, ma di sicuro sono un malato che si arrabbia quando
vede che le cose non vanno per il verso giusto. Sono una persona che difende i propri diritti e
la propria dignità di uomo con le unghie e coi denti. Dai medici ho sempre richiesto attenzione,
rispetto e onestà. Ho pagato per diagnosi fasulle e non pagato per consigli eccellenti, ma non mi
sono mai fermato alla prima opinione. Quando dovevo decidere se rimettermi nelle mani degli
oncologi dopo tre anni senza cure, ho consultato sette ematologi di fama. Quando quattro di
loro si sono trovati d’accordo, cioè che la migliore cura per me fosse l’autotrapianto del midollo, ho seguito il loro consiglio e mi sono sottoposto con disciplina alle cure, alle chemio ad alte
dosi. Ho sopportato l’isolamento totale, la febbre provocata dalle infezioni che il mio sistema
immunitario ridotto al lumicino non riusciva a combattere e le tante disavventure che racconto
nel mio libro. Ma quando i medici volevano spacciare per cura una improvvisata chemioterapia, prima ho detto no e poi sono scappato un’altra volta.
Mi sono salvato perché non mi sono fidato. Mentre l’aereo della mia vita stava precipitando, ho
preso in mano il volante e sono diventato pilota di me stesso. Sono andato in America, a New
York, dove una dottoressa specializzata nel mio tipo di cancro e solo in quello, si è seduta con
me in un ufficio, ha staccato il telefono, spento il cellulare, ordinato di non essere disturbata
e mi ha ascoltato. Ho riportato in Italia informazioni preziosissime sull’uso di farmaci ancora
poco conosciuti in Italia, sono riuscito a farmeli iniettare, ma ho scatenato il risentimento del
primario del reparto. Per tutta risposta sono stato allontanato dal reparto con mezzi legali ma
poco ortodossi.
Da quando le unità sanitarie locali si sono trasformate in aziende sanitarie locali sembra che il
paziente, specie quello cronico, sia diventato una merce che bisogna conservare perché arreca profitto. Se la merce si ribella o vuole cambiare istituto, i medici si risentono. Se decide di
chiedere un secondo parere sembra che scatti una specie di regola silenziosa e non scritta: mai
contraddire il collega, mai cercare di strappare un paziente ad un altro. Ed io malato esperto
sono andato in USA. Ma subito dopo sono anche andato in Cina da un colonnello dell’armata
rossa figlio di una sciamana. Ho preso le sue erbe e con molte probabilità anch’esse mi hanno
aiutato a guarire.
I pazienti devono arrabbiarsi di più, ribellarsi con i medici incuranti, far valere i propri diritti.
I pazienti devono unirsi in associazioni assieme ai loro familiari anch’essi coinvolti nella catastrofe economica e morale che provoca l’ammalarsi, stimolare le forze politiche, rifiutare le
ingiustizie della sanità, unirsi per far valere quel diritto alla salute che è capitolo fondamentale
dei diritti dell’uomo.
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Le false speranze
Durante il caso Di Bella che noi tutti ricordiamo, molti oncologi gridarono allo scandalo perché, secondo loro, i sostenitori dell’anziano medico modenese infondevano nei pazienti false
speranze.
Non sto qui a dire cosa penso di quell’episodio, lo faccio nel mio libro. Vorrei stigmatizzare
certi articoli, scritti da giornalisti poco coscienti e imboccati da medici ambiziosi alla ricerca di
maggior fama e maggiori finanziamenti per i loro istituti.
Per esempio poche settimane fa un titolo di giornale mi ha riempito il cuore di rabbia:
“FRA DIECI ANNI LA CHEMIOTERAPIA SARÀ SOLO UN BRUTTO RICORDO”
Leggendo l’articolo si apprendeva che in un laboratorio era stato individuato l’ennesima cellula staminale o enzima responsabile del tumore al colon aprendo dunque la strada a terapie
mirate che, avranno forse un ruolo decisivo nella cura di questo cancro che colpisce trentamila
persone ogni anno solo in Italia.
Mi sono immedesimato in quelle decine di migliaia di persone che ogni giorno fanno chemioterapie soffrendo pene indicibili. Mi sono immedesimato in quei trentamila che solo fra dieci
anni, forse, avranno una cura e ai quali nessuno offre questa nuova scoperta perché tutta da
dimostrare.
Capisco che la ricerca, carente di risorse, deve attirare l’attenzione e periodicamente far vedere
risultati eclatanti. Ma l’etica della notizia dove è andata a finire?
In un bellissimo libro scritto da tre illustri medici che si sono ammalati e che hanno provato a
stare “Dall’Altra Parte” (Dall’altra parte di Sandro Bartoccioni, Gianni Bonadonna, Francesco
Sartori - BUR 2006) è scritto a proposito:
“In tal modo si illude il cittadino ammalato con speranze di guarigione irrealistiche e assai dannose. La frustrazione che regolarmente segue all’immancabile scoperta da parte del paziente
che si trattava di novità scientifiche non risolutive o, peggio, proiettate in un futuro ancora
lontano, si riversa sui medici curanti creando difficoltà drammatiche”.
L’aiuto finale
Dopo aver sofferto pene indicibili, terapie devastanti, esami invasivi. Dopo aver vanamente
sperato e creduto nella cura, al malato sfortunato viene detto: “Abbiamo fatto il possibile, non
abbiamo altre armi, non possiamo più far niente per lei”.
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Praticamente: “Vada a casa a morire”. Ecco che si diventa “malati terminali”.
Il cancro in fase terminale provoca forti dolori a cui la scienza medica provvede con antidolorofici, spesso degli oppiacei. Si è coniato per questi farmaci il termine “cure palliative”. Palliativo
vuol dire inutile, ma in questo caso è un termine improprio perché questo aiuto alla morte non
ha niente di inutile.
Luigi Pintor nel suo ultimo libro “Il Nespolo” scrive una lettera mai spedita ad un medico:
“Egregio professore, perdoni questa lettera. Le scrivo perché penso che mia figlia sia vicina
alla morte senza difese né contro il male né contro la sofferenza. La domanda che le rivolgo è
questa: Esiste un modo o un luogo per morire degnamente? Forse è una domanda indebita, ma
esiste un luogo oppure no?”
C’è una associazione a Firenze, si chiama FILE fondazione italiana di Leniterapia che lotta
perché questo luogo esista. Si batte perché il termine lenitivo sostituisca quello improprio di
palliativo. Si batte perché anche in Italia, come già in altri paesi europei, si aprano i cosiddetti
“hospice”. Luoghi dove il malato viene accompagnato alla morte con dolcezza e umanità, magari facendolo immergere in quel lago di tranquillità che è il sonno. L’hospice è un luogo pieno
di dignità, con un assistenza specializzata gestita da bravi medici e infermieri. Permette ai familiari di stare vicini ai loro cari nel momento decisivo liberandoli da quelle enormi responsabilità
e da quelle mansioni che nessuno ha insegnato loro.
Darebbe al malato la serenità della partenza circondato dai propri cari e dalla professionalità
medica. Visto poi che nella nostra società le persone sono sempre più sole, darebbe la possibilità a molti di morire accompagnati da un gesto d’amore.
Abbiamo tutti noi, e in special modo i lettori di questo giornale, la percezione che stiamo
perdendo il legame fra noi e la nostra umanità. Sembra che il filo che ci lega al nostro passato,
all’etica e alla ricerca della giustizia terrena ci stia scorrendo via dalle mani lasciandocele piagate da ferite profonde e piene di sangue. La sofferenza, il dolore e la pietà vengono percepite
come cose fuori moda, di cui vergognarsi. Perché perfino i sentimenti vengono confusi come
cose da consumare. Le cose dominano la nostra vita, l’apparire umilia l’essere. Guardare uno
schermo conta più di vivere. Eppure nel mio cammino sto incontrando persone meravigliose
come quelle che cito in queste righe e che danno vita ad iniziative e associazioni. Persone che
attraverso la sofferenza hanno trovato la chiave per comprendere se stessi e vogliono così dare
qualcosa anche agli altri. Vi invito dunque a fare qualcosa, da soli o tutti insieme, per migliorare
voi stessi e migliorare così la nostra società.
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Discorso per il convegno Conacreis a Firenze - “Il cancro siamo noi”.
Ci sono due modi per essere spirituali, per sentirsi vicini a dio, per avere quel con-tatto di cui
parla il convegno a cui stiamo partecipando. I due modi si chiamano dualista e non dualista.
Il modo dualista è quello che vede dio come essere superiore, che tutto e vede e a tutto provvede, a cui affidarsi totalmente e da cui ricevere ricompense terrene ed extraterrene.
La fede in questo dio è sufficiente per redimere qualsiasi problema. Dio fa e provvede e diventa
inutile operare a qualsiasi livello perché siamo solo pedine di un disegno meraviglioso di cui
non capiamo il senso ma che sicuramente porterà a qualcosa di immensamente buono ed immensamente bello.
C’è poi il modo non dualista di vedere la spiritualità. Dio sta in tutte le cose e dentro di noi.
Lo sentiamo dentro il nostro cuore e gli siamo attaccati e fedeli. Difendendo la sua etica difendiamo l’etica universale. Quando facciamo qualcosa a qualcun altro essa ci ritorna indietro nel
bene come nel male. Tutto è uno e noi facciamo parte di questa universalità e siamo direttamente responsabili di tutto quello che accade intorno a noi. Non possiamo eludere la partecipazione, siamo pedine del grande gioco della vita, siamo attori di questo magnifico spettacolo di cui
la terra in cui viviamo è il palcoscenico. Siamo dunque feriti dalle ferite del mondo, ci sentiamo
responsabili e partecipi e cerchiamo di fare qualcosa.
Il primo modo è quello che porta all’ antropocentrismo. Il dualismo fa distinzione fra il sé e dio,
fra l’uomo animale creato a immagine e somiglianza di dio e il resto degli animali.
La natura è al suo servizio, gli animali pronti a sacrificarsi per la sua sopravvivenza.
Il dualismo giustifica ogni mezzo per la gloria di dio. Sono sue derivazioni l’inquisizione, le
crociate, lo sterminio degli indios in sud america, il genocidio operato dall’islam in africa ed in
asia, il fondamentalismo cristiano e islamico che seminano morte nel mondo.
Il non dualismo è il buddismo, l’induismo, nella sua forma primitiva e non inquinata, il jainismo, e perché no l’ateismo e l’agnosticismo quando accompagnati da un forte senso etico.
Soprattutto il non dualismo è ascolto delle ragioni degli altri
Premetto che tutto quello che dirò da ora in avanti è stato pubblicato su giornali e riviste internazionali, come Il New York Times, Le Monde, Repubblica, Internazionale, Il Manifesto,
Daily Telegraph, Lancet, Science eccetera eccetera. Posso fornire la fonte di ogni informazione
a chiunque lo richieda sotto forma di articoli pubblicati e mai smentiti.
Guarito dal cancro, mi sono chiesto ma il cancro cos’è, perché mi è venuto?
In tutti gli incontri che ho avuto con i miei lettori ed aspiranti tali, mi sono state fatte le stesse
domande. Potevo dire solo poche parole sull’idea che mi ero fatto del mio cancro.
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Il mio cancro; quello è il punto.
Ognuno prende il suo, personale, unico e peculiare cancro.
E nessuno può pretendere di curare il cancro in una sola maniera, uguale per tutti. Infatti, nella
realtà delle cose; se uno va da nove medici può darsi che ottenga nove pareri diversi sulla cura
e, se fortunato, due o tre combaceranno nei sommi capi. Allora cos’è il cancro? Una malattia
di massa che colpisce selezionando la specie umana? Un castigo divino? Oppure il cancro è la
naturale conseguenza di come ci comportiamo verso il mondo che ci circonda e verso i nostri
simili? I nostri simili, quegli umani lontani per cultura e aspetto fisico e quelli a noi strettamente
vicini, la nostra famiglia. I nostri condizionamenti, le scatole in cui viviamo, ci fanno perdere
la visione dell’insieme, di come va realmente il mondo. Siamo così concentrati su noi stessi che
non ci guardiamo più negli occhi. Il condizionamento del lavoro, dello spostarsi velocemente,
di essere belli e muscolosi, di essere magri,eleganti, abbronzati e perennemente raggiungibili.
La libertà che non ci lascia il tempo di essere liberi.
Siamo obbligati a seguire la religione del crescere, che ci costringe a credere che la realtà è
economia la quale fonda il proprio esistere su una legge unica, dogmatica che non ammette
contraddittorio: l’aumento del PIL.
La ricchezza ci rende miseri.
Noi obesi di tutto, sazi e impigriti. Noi ammalati di troppo, ossessionati dall’abbondanza, forse
perché eredi di generazioni che hanno vissuto la guerra, la carestia, l’estremamente poco.
Noi alla ricerca di una felicità impossibile perché basata sul possesso.
Votati all’accumulo, incoscienti del vivere si lavora per non confrontarsi con la vita vissuta, si
disperde il tempo per poter dire: “Non ho tempo, non ho avuto tempo” eppure il tempo che
abbiamo è lo stesso che avevano Leonardo da Vinci, Einstein, Gandhi, Nelson Mandela.
Ossessionati dalla paura che il posseduto svanisca. Infelici perché il posseduto non basta mai e
più se ne possiede più se ne vorrebbe.
Il posseduto:
La moglie, il marito, i figli. La casa, i mobili, l’auto, la barca, la moto, il cane, la cameriera filippina, la seconda casa. Tutto svanisce con un semplice atto naturale:
Morire. Il cancro fa paura perché uccide perché ci rende nudi alla realtà, ci fa perdere quell’illusione di poter far tutto solo se si ha denaro o potere. Quella smania di denaro e potere che
diventa la vera causa di cancro perché alla fine di tutto il cancro siamo noi!
La scienza dice: siamo ancora nell’età del bronzo della medicina ma sappiamo che dallo studio
del DNA scopriremo il gene del cancro e vivremo tutti duecento anni.
Vengono spesi milioni di euro per la ricerca.
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Gli scienziati sono diventati dei managers assetati di risorse per finanziare i loro laboratori. Una
organizzazione industriale che deve convincere i propri finanziatori della bontà delle scoperte.
Ed ecco che vengono evocati ogni tipo di miracoli, di scoperte decisive per la lotta al cancro.
Dice Kennett M. Weiss un genetista evoluzionista della Penn State university di NewYork, uno
scienziato di fama mondiale.
“ Gli addetti ai lavori nel campo della genetica e delle biotecnologie non esitano a fare roboanti
promesse che a mio parere non potranno essere mantenute. Faccio ricerca da più di quarantanni e sono sicuro che i miei colleghi sono consapevoli delle loro falsità; non lo direbbero mai in
pubblico ma dietro le quinte confessano la verità.”
Ed ancora: “Siamo sicuri che la maniera migliore per salvare vite umane sia investire miliardi
nella lotta al cancro… una malattia sicuramente evitabile con un migliore stile di vita? Sappiamo che i successi della medicina nella storia hanno poco a che vedere con la scienza avanzata e
molto, per esempio, con la disponibilità di acqua potabile e migliori condizioni igieniche”.
Lo stesso discorso vale per gli ospedali italiani. Da quando le USL si sono trasformate in ASL
cioè da unita sanitarie locali a aziende sanitarie locali il paziente è diventato un cliente.
Un cliente da acquisire e ogni nuova cartella clinica un finanziamento.
Per quello la richiesta di un parere diverso diventa un potenziale pericolo di perdita di clientela. Diventa paradossale il fatto che si chiede un parere sulle cure ricevute ad un altro istituto
ci verrà risposto che certamente il sistema ed i protocolli per la cura del cancro sono uguali
dappertutto, ma se il paziente esprimerà il desiderio di cambiare luogo dove ricevere le cure,
l’azienda farà di tutto per impedirne la perdita, anche usando metodi terroristici nei confronti
del proprio assistito e calunniosi nei riguardi di colleghi od altre aziende sanitarie.
So per certezza che certi agenti anticancerogeni molto efficaci non sono usati in certi ospedali
per problemi di bilancio, in altri a fine settembre si accettano solo pazienti provenienti da altre
regioni per non sforare il proprio bilancio annuale.
I nostri ospedali sono diretti per gran parte da persone scelte dai politici, o peggio ancora per
spinte e raccomandazioni di carattere mafioso, come avviene in Sicilia dove la sanità è diventata
un bacino da dove la mafia raccoglie grandi guadagni con l’aiuto dei politici collusi.
Cito un’inchiesta “IL COLLASSO DELLA SANITA’ SICILIANA COSI’ IL BUSISNESS UCCIDE IN CORSIA” del quotidiano Repubblica del 25 settembre 2005:
“Ogni provincia ha un feudo sanitario con i suoi sovrani, deputati della regione Sicilia, manager
nominati per fedeltà politica o affaristica…”
Lo stesso vale per la Calabria e forse chissà anche la grande Milano o la civile Toscana.
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E’ notizia di questi mesi, a Firenze, di un concorso ospedaliero universitario truccato per favorire la giovane amante di un barone universitario. Ogni settimana si legge di scandali che
coinvolgono medici, case farmaceutiche, informatori scientifici.
Il cancro siamo noi.
Siamo assillati da un dovere economico che stabilisce che senza crescita il sistema non funziona.
Siamo schiavi del PIL. Prodotto interno lordo.
Qualcuno, fra cui il Dalai lama ha osservato che forse il PIL non è il metro della felicità:
Sua Santità ha affermato davanti ad un pubblico di industriali riuniti questa estate 2005 a Rimini sul tema dell’etica negli affari:
“Vale la pena di riflettere sulle conseguenze di questa rincorsa alla produzione che avviene
spesso a discapito dei più deboli”.
Ed ancora: “Non si può pensare di crescere all’infinito come se fosse un diritto acquisito da
certi paesi del nord del mondo. Cosa accadrebbe se tutti gli abitanti della terra avessero due o
tre automobili per famiglia come qui in occidente?”
Per assurdo la crescita del PIL è legato alla cosiddetta domanda interna. Tutti pensano alla
domanda interna come qualcosa di mistico o di esistenziale del tipo cosa faccio qui, dove sto
andando, esiste dio oppure no? No la domanda interna è quella di noi che domandiamo di
comprare qualcosa e, secondo uno spot televisivo, pagato con le nostre tasse, dovremmo ringraziare tutti quelli che incontriamo per strada con la borsa dello shopping in mano.
E poi c’è l’indice di fiducia che secondo me dovrebbe essere quello di quanto ci fidiamo l’uno
dell’altro. Per esempio noi che lasciamo le chiavi nella toppa della porta di casa, tanto nessuno
ci ruberà nulla. Invece no, è la fiducia nell’economia che ci spinge al consumo aumentando la
domanda interna. Una società meno cancerosa adotterebbe altri parametri di crescita come
quello realizzato dalle nazioni Unite ispirato ai lavori del premio nobel Amartya Sen:
L’Indice di Sviluppo umano ( HDI: Human Development Index) che prende in considerazione, oltre alla ricchezza di uno stato,il grado di istruzione, la situazione sanitaria e la qualità della
vita in generale. Secondo questo HDI non credo che noi italiani saremmo al settimo posto nella
graduatoria mondiale come siamo con il PIL (ci siamo ancora?)
Ma noi siamo liberi, abbiamo il diritto di arricchirci e abbiamo il diritto di comprare quello
che vogliamo e così facendo aumentiamo il PIL. Ecco perché si va in guerra: per la libertà di
poter andare in SUV (quelle auto enormi, mezzi trattori e mezze jeep che si vedono circolare
per le strade da qualche anno.) I SUV fanno 5 chilometri con un litro! Dovrebbero venderli di
color sangue; sangue iracheno, afgano, di mezza africa, indonesiano, venezuelano e di tutti quei
cittadini di paesi che hanno la disgrazia di produrre petrolio.
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Ma ormai non è più valido il “Cogito ergo sum” è valido invece il Rogito ergo SUV oppure più
terra terra ma di grande attualità televisiva il Coito ergo SUV
Riusciamo a sprecare ogni anno 62 miliardi di Euro perché le nostre case sono mal coibentate,
sprechiamo 15 litri di gasolio al metro quadro quando abbiamo la capacità tecnica di costruire
case del tutto autonome dal punto di vista energetico. Un mio amico svizzero sta costruendo
degli appartamenti che possono essere scaldati dal fiato di 8 persone.
Molti pionieri dell’indipendenza energetica, vivono in case che non solo non consumano, ma
che invece producono energia pulita. Questi signori rivendono alla società elettrica il loro surplus. In Italia per ora non si può fare ma in altri paesi si.
Potremmo viaggiare su auto a idrogeno senza inquinare, anzi ;facendo le inalazioni al tubo di
scappamento ( Beppe Grillo lo fa spesso nei suoi spettacoli).
Invece assistiamo alla TV quasi con indifferenza a disastri incredibili, ghiacciai che si sciolgono,
animali che spariscono, foreste grandi come la Svizzera e l’Austria sacrificate al dio PIL ogni
anno. Milioni di capi di bestiame occupare terra sufficiente a sfamare miliardi di persone per
produrre carne sufficiente a obesizzare il popolo del nord del mondo e arricchire i soliti ignoti
nascosti dietro a clowns sorridenti e bugiardi.
Si è calcolato che se gli americani diminuissero il loro consumo di carne del 10% ci sarebbe
terra coltivabile a disposizione capace di produrre cibo per un miliardo di persone.
La terra è sporca di sangue di miliardi di capi di bestiame macellati. Solo negli USA più di sei
miliardi ogni anno. Questi animali inquinano con i loro liquami più delle nostre automobili,
solo le loro scorregge aumentano sensibilmente l’effetto serra. I bovini sono chiusi a centinaia
in enormi stalle, con la testa costretta fra due sbarre e il mangime davanti. Un mangime spesso
pieno di ormoni, anabolizzanti ed altre schifezze per intenerirne la carne.
In molti casi ai vitelli viene iniettato del cortisone negli ultimi tre mesi di vita per aumentarne il
peso di trenta chili. E noi? Mangiamo la carne, senza curarci della provenienza, ci fidiamo degli
organismi di controllo, ce ne infischiamo delle condizioni di allevamento.
Il cancro siamo noi.
Siamo noi quando mangiamo un pollo.
Pochi mesi fa c’era la paura del pollo, perché c’è il virus. Qualcuno ha diffuso la voce che il
virus è letale e si diffonderà al più presto e colpirà milioni di persone. Che c’è bisogno di vaccinarsi che bisogna che gli stati del mondo comprino milioni di vaccini. Quel qualcuno prepara
milioni di dosi di vaccino. Le azioni della Gilead Standard sono passate da 35 a 47 dollari in
pochi giorni è la ditta californiana che distribuisce negli Sati Uniti il Tamiflu, il farmaco della
Roche contro l’influenza aviaria.
Ludovico
Guarneri
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Qualcun altro dice che non è vero che conosce i suoi polli che sono sicuri, che hanno la cresta
alta. Ho sentito dire in TV da un ufficiale dei NAS, incaricato di tranquillizare i consumatori
sulla qualità dei nostri polli, che addirittura esiste la figura del “raccoglitore di uova”, una
persona diplomata. Come non possiamo non fidarci se perfino ci sono i raccoglitori di uova
specializzati?
I nostri parlamentari mangiano pollo per strada per tranquillizzarci.
Chi ha ragione allora?
Hanno ragione quelle milioni di persone che hanno smesso di mangiarli, i polli.
Perché l’unico sistema è eliminare la causa del virus. E torniamo sempre lì: eliminare o ridurre
le cause invece di trovare nuove medicine. Enrico Marconi presidente dell’associazione Veterinari di salute Pubblica ha risposto ad una precisa domanda sulle cause del virus dei polli:
Mucca pazza e virus dei polli. E’ tutta colpa dei maxi allevamenti. Sovraffollamento ed uso di
antibiotici facilitano la mutazione di virus e batteri”. Ogni anno vengono allevati in condizioni
innaturali dai 40 ai settanta miliardi di polli, che crescono in spazi ristretti, venti in un metro
quadrato. In 40,45 giorni si allevano bestie che devono raggiungere i due/tre chili con un petto
gonfio ed appetitoso. Si chiamano Broiler perché destinati ad essere cucinati alla piastra.
In una recente inchiesta del “Salvagente” un giornale che si occupa della difesa dei consumatori ; su dieci polli acquistati quattro sono stati trovati con presenza in eccesso di antibiotici ed
uno con presenza in eccesso di Doxyciclyne un antibiotico usato per curare infezioni batteriche
con diverse controindicazioni per l’uomo. Come dire, hai un ascesso, ti fa male il dente? Il dentista ti prescrive… una coscia di pollo fritto.
Una donna danese è recentemente morta di salmonella perché l’antibiotico usato per salvarla,
la Ciprofoxalina non produceva alcun effetto su quella salmonella proveniente da un allevamento i cui animali erano stati trattati con antibiotici della stessa famiglia.
E attenzione non è finita qui, anche i suini allevati in batteria stanno per darci una bella sorpresa. In Cina sono morti 38 maiali in due mesi per colpa del virus suis.
La soluzione non sono i vaccini, la soluzione è: facciamo fare i polli ai polli, i suini ai suini, lasciamo che le mucche facciano le mucche e mangiamo meno carne o meglio ancora: diventiamo
vegetariani!
Il cancro siamo noi e chi è incaricato di curarci dal cancro dovrebbe darci informazioni corrette su quello che succede. Ed infatti pochi mesi fa Umberto Veronesi, nostro oncologo di fama
internazionale se n’è uscito con un formidabile annuncio. La polenta ed il pesto provocano il
cancro, i fumi delle auto invece no. La faccenda è più articolata naturalmente ma la sostanza era
questa. Beppe Grillo che ha notato la cosa ha detto che l’istituto oncologico europeo è finanziato da diverse ditte produttrici di auto e idrocarburi. Ma la polenta e il pesto cosa c’entrano?
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Sembra che il mais ed il basilico producano, nelle loro forme naturali dei flavonoidi che sarebbero responsabili dell’insorgere del cancro. Giornalisti seri hanno preso alla lettera le parole
di Veronesi che diceva “ flavonoidi presenti in piante di basilico inferiori ai 12 centimetri di
altezza”. Sono andati nei mercati ortofrutticoli ed hanno misurato le piante scoprendo che tutte
quelle in vendita erano ben superiori ai 12 cm.
Ma allora perché questo allarmismo su due piatti di largo consumo come il pesto e la polenta?
Perché si vuole inculcare nella popolazione l’idea che soltanto con vegetali OGM si ha la sicurezza di non prendere il cancro?
Perché si vuole mettere in dubbio la decisione prudente della Unione Europea di non immettere sul mercato prodotti OGM senza averne prima verificato i rischi?
E’ una decisione largamente osteggiata dalle multinazionali produttrici di semi OGM che guarda caso sono anche case farmaceutiche e guarda caso anche case produttrici di auto. In quell’intreccio che nel mondo globalizzato fa sì che le grandi società, le corporation, si vendano e si
inglobino a vicenda grazie a manager super pagati che sono diventati i veri padroni del mondo,
influenzando la politica senza avere quei doveri morali e civili che la politica dovrebbe avere.
Come dice il bel film “The Corporation” questi manager votati alla crescita dell’azienda ad ogni
costo, hanno la stessa levatura morale di uno psicopatico.
Ma torniamo agli OGM chi ci assicura che siano innocui?
Lo scienziato Arpad Putzai biologo di chiara fama con 12 libri e 300 articoli scientifici pubblicati era stato incaricato di fare esperimenti su patate perché sviluppassero un pesticida interno.
I risultati furono che i topi di laboratorio alimentati con questo tipo di patata mostravano danni al sistema immunitario, i globuli bianchi rispondevano più lentamente e il timo e la milza,
organi immunitari, erano danneggiati. Comparati con topi alimentati normalmente avevano il
cervello ed i testicoli meno sviluppati, altri i tessuti ingrossati inclusi fegato e pancreas. Mutazioni cellulari in fegato ed intestino mostravano possibilità mutogene cancerogene.
La relazione fu modificata e i dati che mettevano in dubbio l’innocuità degli OGM omessi
La rivista Lancet pubblicò la ricerca e da allora in Inghilterra gli alimenti con più dell’1% di
OGM sono venduti solo se etichettati come tali.
Altre ricerche su pomodori transgenici che provocavano danni allo stomaco, sono state occultate. e dal 1994 questi pomodori sono stati ammessi al mercato negli Stati Uniti.
Ma la cosa più inquietante è che i semi OGM diverrebbero di esclusiva proprietà delle case
produttrici, perché ibridi cioè le piante non si possono riprodurre da sole con i propri semi.
I contadini di tutto il mondo sarebbero costretti a comprare i semi ogni anno dalle case produttrici.
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Indebitando il terzo mondo ancora di più per sostenere la concorrenza con i nostri allevatori
super sovvenzionati dallo stato. In più esiste l’aggravante che una volta seminati gli OGM contaminano anche i semi naturali innescando un processo di non ritorno.
Dunque prudenza signori prima di abbracciare gli OGM valutiamone attentamente i pro e i
contro. Non possiamo correre sempre dietro al profitto. Gli errori si pagano specie se non si
può tornare indietro. Lo dico io? No lo dice il protocollo di precauzione firmato nel 1992 al
vertice sul pianeta voluto dall’ONU.
Ma se Veronesi dice queste cose, avrà delle prove scientifiche, no?
Certo le prove vengono dalla Sitox, una società scientifica che ha ammesso nero su bianco di
ricevere finanziamenti anzi dei “contributi educazionali” dalla Monsanto.
Ma la Monsanto non è stata il primo produttore di semi OGM resistenti al suo diserbante
Roundup?
Si ma la Sitox riceve contributi anche da altri: Agrofarma, Bayer, Bracco, Dupont e Novartis.
Le Monde il quotidiano parigino insensibile alle dichiarazioni di Veronesi pubblica un articolo
in cui rivela che il benzene provoca la leucemia nei bambini. Lui che aveva detto che preferiva
far passeggiare i suoi figli nel traffico di Milano piuttosto che far loro mangiare la polenta…..
biologica
E poi c’è quello che io considero il crimine più osceno e brutale che mai l’umanità abbia compiuto contro se stessa. Il 6 agosto 1945 è stata lanciata su una città indifesa del Giappone una
bomba atomica che ha ucciso, subito, centinaia di migliaia di persone e che ha ucciso, poi, milioni di persone scatenando una reazione a catena di carattere sanitario e di carattere politico.
Una seconda bomba scoppierà su Nagasaki pochi giorni dopo, e poi per decenni tutte le nazioni potenti del mondo faranno scoppiare bombe sperimentali ancora più potenti, sottoterra,
negli oceani, nell’atmosfera. Si immetteranno nel nostro ambiente radiazioni di cui allora non si
conosceva la pericolosità e che hanno cambiato la natura di questo mondo. Il cancro da allora
è diventato una vera pandemia. La grande vittoria della medicina con la sconfitta della tubercolosi sarà vanificata dall’insorgere del cancro in tutte le categorie umane di tutte le età. Fermi, lo
scienziato italiano che inventò insieme ad altri la bomba a Los Alamos, scongiurò il presidente
Truman di non proseguire negli studi per la bomba H e nel 1949 scriveva:
Il fatto che non ci siano limiti al potere distruttivo di quest’arma rende la sua stessa esistenza e
la conoscenza del modo di produrla un pericolo per l’umanità intera.
E’ certamente una cosa malvagia da qualsiasi punto la si guardi
Fu ascoltato Fermi?
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No, ed ecco i risultati.
Ad oggi sulla terra esistono:
- Stati Uniti: 9.170 testate nucleari strategiche e 1.225 non strategiche
- Russia: 7.622 strategiche e 1.225 non strategiche
- Gran Bretagna: 260, Francia 450, Cina 400, Israele 100 o 150, India 50-100, Pakistan 25-50
Totale circa 24 mila testate nucleari a cui vanno aggiunte altre 15 mila inattive in Usa e Russia.
La nascita delle centrali nucleari farà il resto.
In questi giorni è stata riaperta l’Ansaldo nucleare. Una azienda che non aveva ragione di esistere dopo il referendum che ha sancito che in Italia non si può fare centrali nucleari. Si dice
che agirà solo in paesi esteri ma già molti hanno cominciato a parlare di riaprire le centrali con
motivazioni di carattere economico che suonano ragionevoli e moderate come quelle che affermano che gli altri paesi europei hanno le centrali ai nostri confini e che ormai sono sicure, e che
la benzina scarseggia eccetera eccetera.
Le centrali nucleari uccidono in due modi: direttamente come a Cernobyl, indirettamente come
nel caso delle numerose misteriose morti per linfoma e leucemia dei soldati in missione nelle
zone dove le bombe all’uranio impoverito sono state usate.
L’uranio impoverito è la spazzatura prodotta dalle centrali elettriche nucleari, nessuno lo vuole
in discarica ed allora ci si fanno le bombe perché dicono che hanno più potere penetrante.
Così ci si sbarazza di rifiuti e ci si sbarazza di nemici in una volta sola.
Quindi teoricamente accendendo la luce, si provoca oggi il cancro a un serbo o a un croato ad
un Iracheno ad un afgano, domani ad un iraniano ed a un siriano, ieri a un paracadutista italiano o a un carabiniere che quelle bombe hanno maneggiato senza protezioni adeguate.
Qualcuno obbietterà: le centrali nucleari in Italia non ci sono.
Infatti sono durate pochi anni ma sono passati decenni e ancora i nostri governanti sono alla
ricerca di un posto dove mettere i rifiuti nucleari prodotti in quei pochi anni.
I rifiuti delle centrali nucleari sono roba buona, resistente, si disintegreranno fra i trecento e i
cinque mila anni (ancora non è chiaro quanto ci mettono) dipende dalla qualità.
Intanto mentre intere regioni si ribellano contro la discarica a casa loro, queste scorie, vere e
proprie pandemie potenziali di cancro, sono stoccate in magazzini fatiscenti dove colano per
terra i loro liquami venefici. Ora sembra che siamo riusciti a smaltirli grazie alla nostra amicizia con la Russia, li hanno presi loro i nostri rifiuti, forse li metteranno in Cecenia, prendendo
un’altra volta due piccioni con una fava.
Gli americani che le centrali atomiche ce l’hanno, hanno trovato un sito per le scorie nel deserto
del Nevada.
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Lo stanno costruendo e sarà pronto nel 2008.Conterrà 50 milioni di tonnellate di rifiuti nucleari. Peccato che nel 2008 ci vorrà un’altra discarica perché le tonnellate stoccate saranno molte
di più. I romani e i greci hanno fatto la guerra in continuazione e ci hanno lasciato monumenti
ed opere d’arte bellissime ed immortali.
Noi lasceremo ai posteri un patrimonio immortale di schifezze. Ve lo immaginate cosa dirà fra
trecento anni uno che trova un immondezzaio atomico sotto il sedere?
“Questo me lo ha lasciato il mio trisnonno”. E ve lo immaginate l’uomo che fra tremila anni
sarà costretto a custodire la roba che è radioattiva per cinquemila?
Di chi dovremmo fidarci per la custodia dei rifiuti radioattivi per i prossimi cinquemila anni?
O cinque milioni? Dei produttori naturalmente.
Gli stessi signori delle industrie chimiche ed energetiche immagino. Certo.
L’Enichem di Porto Marghera per almeno trent’anni ha emesso in atmosfera del cloruro di vinile (CVM). Una sostanza nota ( ma non ufficialmente) fin dagli anni ’40 come cancerogena. In
un processo che ha visto il suo epilogo il 2 novembre 2003. I responsabili della fabbrica chimica
sono stati assolti dall’accusa di aver provocato la morte per cancro, di 157 operai che avevano
lavorato per anni fra i fumi delle sostanze tossiche, senza protezione.
La motivazione è che fino al 1973 non si conoscevano le conseguenze cancerogene del CVM.
Poco dopo la sentenza,viene scoperta una lettera segreta, un accordo firmato da tutte le industrie chimiche del mondo, che nel 1972 riconosce la cancerosità del CVM, ma ritiene congruo
aspettare un anno per dare la notizia. In un anno si sarebbe potuto rimediare al danno economico. Ci dovremmo fidare di gente che per motivi economici continua a far lavorare altri esseri
umani in condizioni di pericolo di morte?
Ma non ci sembra assurdo solo “pensare” di usare l’energia atomica?
Il cancro siamo noi.
Nel luglio 2004 il Public Health Journal una rivista medica inglese pubblica un rapporto su
una ricerca scientifica nella quale si scopre che l’Alzheimer, il Parkinson e molti altri disordini
neurali sono aumentati in modo allarmante negli ultimi vent’anni.
Sono aumentati del 50%. La causa? Sostanze chimiche,gas di scarico, reflui industriali e residui
di pesticidi nel cibo.
Insomma, noi, le nostre industrie alla continua ricerca dell’aumento del PIL.
Diceva Einstein: “Ci sono due cose infinite a questo mondo; la stupidità umana e l’universo.
Sull’universo ho qualche dubbio”.
Tutti i presidenti americani degli ultimi decenni hanno detto che l’“American Way of life” il
modo di vivere e consumare americano, non si tocca, non si mette in discussione.
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Chiunque è stato in America ha potuto constatare le tonnellate di plastica che vengono usate
come piatti e posate per mangiare. Nei locali pubblici si deve indossare una giacca d’estate e
spogliarsi in camicia estiva d’inverno. L’aria condizionata a temperature freddissime d’estate e
riscaldamenti al massimo d’inverno. Un’ossessione di consumo a tutti i costi.
Per potersi permettere di prendere una polmonite d’agosto si costruiscono centrali nucleari.
E dunque, cancro, cioè noi. Noi imitiamo, negozi gelidi con le porte aperte sull’afa estiva, o
afosi con le porte aperte sul gelo invernale. Luci scintillanti, spreco, spreco, rifiuti a tonnellate,
plastica, sacchetti, confezioni sempre più ingombranti. Case pulite dentro e mani furtive che
buttano spazzatura dai finestrini delle auto.
Un congresso che riuniva i più importanti scienziati dell’ambiente nel mondo, ha lanciato un
allarme: se continuiamo ancora per cinquant’anni così, non potremo tornare indietro.
La terra sarà quasi tutta sommersa dalle acque, per effetto dello scioglimento dei ghiacciai
provocato dall’aumento di temperatura. Sommersi per colpa dell’effetto serra provocato dalle
nostre metifiche industrie, automobili eccetera…
Quasi tutti i paesi del mondo si sono impegnati a ridurre le emissioni che lo provocano di una
cifra ridicola, ma gli Stati Uniti no. Hanno ritirato l’adesione al trattato di Kioto, perché avrebbe rallentato la loro economia. Il PIL non si tocca, l’obeso deve crescere.
Ma quanto potrà resistere l’obeso alle conseguenze della sua ingordigia?
Questa obesità richiede la produzione di tonnellate di rifiuti di ogni genere ogni giorno. Rifiuti
che spesso sfuggono al controllo degli organismi preposti. E’ il caso della provincia di Napoli
dove ci sono circa mille discariche clandestine e il raddoppio dei casi di cancro e l’impennata
di malformazioni genetiche nella stessa area.
Ai nostri bambini ammalati della sindrome di iper attività, disattenzione e incapacità di apprendimento. Una nuova malattia chiamata con un nuovo altisonante acronimo: ADHD che
sembra coglierli in tenera età potremo dare i farmaci di ultima generazione a base di anfetamina
e potremo dargliela a partire dai tre anni.
Dice che l’anfetamina se eccita gli adulti calma i bambini, si dice anche che non ha effetti collaterali e che i bambini si sentono subito meglio. Ma allora se abbiamo un bambino moscio
diamogli l’oppio.
Ma se invece di dare l’anfetamina ai nostri bambini (e poi lamentarci se da adolescenti si drogano) gli facessimo guardare meno la televisione e venire influenzati da programmi sempre più
violenti, sempre meno adatti alla loro età?
Non sarebbe il caso di proibire l’uso di giochini stressanti al computer e di farli tornare a giocare a pallone per le piazze liberate dal traffico?
Ludovico
Guarneri
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Un mio amico Enzo Brogi, sindaco di un paesino della toscana, famoso per la qualità della vita
ha convinto 75 famiglie a rinunciare alla televisione per una settimana. Il risultato è rimbalzato
su tutti i media del mondo. Dalle analisi delle urine dei bambini senza televisione risultava un
aumento del 30% di produzione di melatonina in soli sette giorni. Con conseguente riequilibrio del sonno e minor stress. Gli scienziati hanno dato una ulteriore prova che alla produzione
ridotta di Melatonina corrisponde una accelerazione della pubertà che è anticipata di circa un
anno rispetto agli anni 50.
Altra soluzione, dedichiamo più tempo ai nostri bambini, leggiamo loro le favole, giochiamo
con loro, viziamoli meno, insegnamo loro il rispetto della natura, buttiamo la TV fuori della
finestra. Oppure non li facciamo i bambini.
E noi Italiani con la nostra favolosa cucina mediterranea, con i nostri sapori, l’olio di oliva, il
vino e tutto il resto che il mondo ci invidia siamo costretti a mangiare il fast food, una invenzione deleteria per l’ambiente e per lo stomaco, una sintesi di tutto il peggior cibo ingeribile. Dalla
carne di mucca allevata con antibiotici e cortisone, all’olio di soia transgenico fritto e rifritto,
alle patatine congelate mangiate con kechup e mostarda fatte chissà come? Ma non c’è tempo
per cucinare, perché dopo il lavoro c’è la palestra e dopo la palestra, trovare il parcheggio e
dopo il parcheggio …eccetera eccetera. E allora inventiamo anche la fast pasta, precotta e congelata. Quattro salti in Barella la chiamo io.
La natura è paziente, la madre terra, Pacha Mama per gli indigeni superstiti del sud america
continua a darci i suoi frutti, si agita un po’ coi terremoti, qualche ciclone, ma come sempre. Bisogna essere investiti da una una catastrofe naturale come lo Tsunami di fine 2004 per accorgersi della terribile potenza di Pacha Mama. Gli americani dopo New Orleans hanno cominciato
a dare timidi segni di ravvedimento sul loro modello di sviluppo. Troppo timidi.
Gli elefanti, gli animali considerati a ragione i più forti, i più saggi. Il simbolo della grandezza
della natura nella sua evoluzione millenaria sono sterminati ancora oggi per il valore dell’avorio
delle loro zanne. Avorio il cui commercio è vietato; ma con un fiorente mercato nero, specie in
Asia. Gli Elefanti dello Zimbawe, stanchi di essere falcidiati dai bracconieri, hanno attraversato
il fiume Niger per andare in una riserva protetta della Nigeria. Tutti insieme, in branco, grandi
e piccini uno attaccato alla coda dell’altro, hanno attraversato un fiume grandissimo il Niger.
Da una riva non si vede l’altra.
Hanno scelto la libertà, con la non violenza, se ne sono andati.
In Sud Africa ho visitato un parco: Itala Park.
In una conca di montagne quasi perfettamente circolare che circondano una savana ricchissima, non trasformata dall’uomo, si apre una valle da vero Eden piena di fiumi ed alberi, lasciati
al loro sviluppo naturale. Fra queste fronde migliaia di animali liberi.
Ludovico
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Gli animali del parco sono assolutamente rilassati.
Non devono temere il leone che è bandito dal parco.
Zebre, Impala, Gazzelle ti guardano curiosi a pochi metri dall’auto, ma fuggono al minimo
movimento.
La natura, senza uomo non lascia tracce di sé. I deboli vengono finiti dai carnivori e i carnivori
dagli avvoltoi. Il cerchio della vita che dà morte e dalla morte ritorna la vita.
La danza di Shiva Ratanaya, il creatore, il conservatore e il distruttore
Scusate questo sfogo da Cassandra, ma poi Cassandra aveva ragione e dentro il cavallo c’erano
gli Ateniesi e Troia fu distrutta.
Salgado, un grande fotografo, forse il più grande vivente sta facendo un nuovo libro sui luoghi
ancora selvaggi ed incontaminati del pianeta. E’ arrivato alla conclusione che in fondo l’unica
soluzione forse è l’estinzione della razza umana.
Io ho ancora fede perché amo questa terra ed i suoi abitanti e credo fermamente nella pace e la
solidarietà umana. Sarei dovuto morire, estinguermi, e sono ancora vivo.
La mia seconda vita la dedico a tutti noi.
Ma come diceva Tiziano Terzani: questi sono ancora giorni in cui è possibile fare qualcosa.
Facciamolo. A volte ognuno per conto suo, a volte tutti insieme.
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