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Andrea Petrillo
Semin ari_SHOAH 2013 Siena
17 Novembre 2013
È questo quel che pensavo quando ero immerso nel lavoro che mi avrebbe portato ad installare il
film: non finisce, Shoah non è finita e quel dimenticai di Dickens mi risuona nuovo alle orecchie,
quel“quando queste sciagurate cose mi furono entrate in mente, scoprii che ne avevano cacciato fuori
ogn’altra nozione; e allora ricominciando, me le dimenticai di nuovo” è questo ricominciare, questo
rompicapo frastornante è il film che non finisce, come ieri.
Ho sempre avuto timore di manipolare le immagini e i suoni presenti in Shoah, credo sia a causa della
profonda ammirazione che nutro nei confronti dell’operazione di montaggio che è il binario sul quale la
storia si snoda. Cinque lunghi anni di montaggio mi incutono un timore religioso e la paura di rompere,
disperdere quel “precario” equilibrio che è Shoah, mi blocca le mani.
Ma ieri ho rotto con la paura, il tempo che è passato, chi è stato coinvolto: in fondo sono rimasto solo, in
pochi hanno visto tutto il lavoro e quindi posso anche lasciare stare quest’equilibrio, questo timore mi sono
detto e ho cominciato a rimontare qualche frammento di Shoah con altre immagini. Mi sono lasciato
suggestionare, ho seguito il ricordo, l’istinto e ho composto due clip, brevi, ma di buon auspicio. Le salvo ma
contrariamente alla mia abitudine di non cancellare il progetto prima di aver visionato il lavoro, ieri ho
cancellato tutto. Quando ho chiuso il programma di montaggio ho subito aperto la cartella in cui avevo
appena salvato le clip: che succede? Vado alla ricerca dei due file, ma niente, allora vado in un'altra cartella,
i file non ci sono e penso che forse è meglio così, non ci devono essere: trovare un’altra strada?
Troviamo un’altra strada, non possiamo farne a meno. Ricominciamo. “Acquistai un celebre trattato sulla
nobile arte della stenografia e mi tuffai in un mare di oscurità che mi ridusse, in poche settimane, sull’orlo
dell’alienazione mentale. I mutamenti prodotti da puntolini che in una posizione significavano una cosa e in
un’altra un’altra, gli stupefacenti scherzetti giocati dai circoli, le inesplicabili conseguenze risultanti da
segni che parevano zampe di mosca, i terribili effetti di una curva fuori posto, non solamente ossessionavano
le mie ore di veglia, ma mi ricomparivano innanzi nel sonno. Quando mi fui a tentoni aperto una strada in
queste difficoltà e fui padrone dell’alfabeto, che in se stesso era un vero tempio egiziano, ecco che apparve
una nuova processione di mostri, detti caratteri arbitrari; i più dispotici caratteri che ho mai conosciuto; i
quali pretendevano, ad esempio, che un affare, che pareva un principio di ragnatela, significasse attesa …
quando queste sciagurate cose mi furono entrate in mente, scoprii che ne avevano cacciato fuori ogn’altra
nozione; e allora ricominciando, me le dimenticai di nuovo …” Charles Dikens.
A rileggerlo ora è proprio questa processione di mostri, questo mi ricomparivano innanzi nel sonno,
dispotici, me li dimenticai; Shoah è anche tutto questo. Allora bisogna ricapitolare qualche nozione che trarrò
dall’autobiografia di Lanzmann “La lepre della Patagonia”, ma prima due parole sul come sono ritornato qui.
Lo devo dire. Quest’estate è stato ristampato presso Adelphi un romanzo “La famigllia Karnowski” di J.
Singer, non è mia abitudine comprare romanzi appena usciti, ma questo in particolare mi aveva incuriosito
per il fatto che l’autore oltre ad essere morto da tempo (1944), oltre ad essere un autore di un altro secolo,
come piacciono a me, era anche il fratello maggiore di un famoso scrittore della tradizione ebraica, mi
incuriosiva questa storia di fratelli e l’ho ordinato.
Passa l’estate, il libro era lì, tempo qualche mese e una sera, dopo Dickens – affranto per averlo finito – apro
il libro di Singer, con poche speranze che mi catturi, con diffidenza e invece già dalle prime righe mi rendo
conto, un lampo vertiginoso, mi immergo, tempo tre settimane e il libro è finito. “La famiglia Karnowski”:
perché ho comprato questo libro? Come ho detto, la storia dei fratelli – sì! in parte – è che mentre leggevo
Karnowski, Karnowski, era questo nome, mi ricordava qualcosa e la storia del romanzo, più andavo avanti,
più mi rendevo conto che, in un certo modo, faceva parte di Shoah. Era come leggere un prequel, se
vogliamo, in quanto il libro non tratta direttamente della questione, ma di quel che è successo prima, di come
una famiglia scampa allo sterminio senza saperlo. È come se tutto è sottaciuto al testo è come se questa
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famiglia, questa storia di assenza ed ecco che il nome Gawkowski, Eric Gawkowski, il macchinista che
portava gli ebrei all’interno del campo di sterminio in Shoah, l’uomo simbolo del film di Lanzmann con
quella scena memorabile di cui si fa creatore. Sembra lo stesso nome, Karnowski, Gawkowski, ecco perché il
libro mi incuriosiva. Da lì, dall’est, dall’oriente arriva la famiglia, si stabilisce a Berlino è qui che due mondi
ebraici si scontrano, è qui che cresce il protagonista del romanzo e da qui, dalla Germania che partirà alla
volta dell’America.
O almeno è con questo sentimento sullo sfondo che ho letto la storia, in Shoah la Polonia è il centro
geografico dello sterminio, è il luogo dove tutte le comunità ebraiche vengono spazzate via è da qui che
partono i Karnowski. È guardando Shoah che ci si rende ben conto di come un popolo possa essere
cancellato. Non i Karnowski ai quali tocca una sorte diversa, ma questa sarà l’altra storia che dovrò
raccontare.
1973, fare un film che abbraccia la totalità dell’evento. Un film che sia la Shoah. È questa la proposta che
viene fatta a Lanzmann e qualcosa di potente, di violento spinge il neo-regista ad accettare, rinunciare
sarebbe stato un gesto da vigliacchi.
Siamo negli anni ’70, nel 1948 c’era stato Norimberga, nel ’60 Treblinka e il processo Haicmann, in cui
emerge con forza la nozione di Testimone. Lanzmann si domanda cosa sapeva della Shoah e la sua risposta è
una cifra: 6 milioni. Da subito l’autore si rende conto di non sapere nulla, soltanto un numero. Come per me
era soltanto un nome – Auschwitz, non un luogo, non sapere … a differenza di noi, della nostra lontananza
dall’evento (lontananza in cui rischiamo di cadere) Lanzmann è stato contemporaneo, come dice lui stesso
avrebbe potuto essere una vittima (l’identificazione con le vittime anche i carnefici sono uomini dunque
perché no?) VITTIMA-CARNEFICE IDENTIFICAZIONE?
Il TERRORE che lo afferra quando pensa alla Shoah relega l’evento in un'altra EPOCA, in un altro mondo,
AL DI FUORI DEL TEMPO (storico). È il terrore che esige la DISTANZA. Relegare l’evento nel MITO
(eroi) e nella LEGGENDA: questo fuori dal tempo, questa lontananza dall’evento questa distanza sarà
colmata nel progressivo avvicinamento prodotto dal FARE il film (FARE MEMORIA colma la distanza,
memoria attiva che coinvolge in prima persona).
Comincia lo studio Reitlinger, R. Hilberg, gli atti del processo di Treblinka, archivi della biblioteca di Yad
Vashem… prende degli appunti senza ben sapere dove lo avrebbero portato. Il suo Sapere comincia a
formarsi su testi scritti, su fatti, date, nomi, “meccanismi”; schizzava qualcosa che lo avrebbe portato a
DARE FORMA a quella COSA innominabile che stava SCOPRENDO e di cui, convinto di sapere tutto, non
conosceva niente.
Questo è un altro punto: siamo convinti di SAPERE, di CAPIRE, perché siamo abituati a questo, siamo
convinti che a tutto ci sia una spiegazione, che tutto si possa capire. Magari perché abbiamo letto qualche
libro, visto qualche film, magari ci siamo identificati in qualche modo, indignati, arrabbiati (con chi?),
abbiamo pianto anche, ma domandiamoci cosa sappiamo, cosa racconteremo se qualcuno ce lo chiedesse e
forse la risposta sarebbe la stessa che si dava Lanzmann: NIENTE.
Attraverso le letture capisce che nel suo film compariranno anche i carnefici, non sa bene come, non sa cosa
lo aspetta per “rubare” quelle interviste che rendono Shoah … audace, spericolato, un po’ matto.
Shoah è qualcosa che ti rimane ATTACCATO
E sapere anche che non ci sarebbero state immagini di archivio, non ne conosceva il mmotivo, lo avrebbe
capito quando capirò il suo MANDATO di cineasta. Vedremo.
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Guarda i film con le immagini d’archivio, anche quei film di propaganda … continua a guardare, studiare e il
suo film comincia a prendere forma in negativo. Problemi reali di finanziamento … non c’è un solo dollaro
americano in Shoah.
Contesto 6 ottobre 1973 la Guerra del Kippur, l’uscita del primo film di Lanmann a New York: Porquoi
Israel?
Notte e Nebbia
Primo Levi
Antelme
Roussett
Passa ore, giorni con i sopravvissuti: li lascia parlare, si mette in una POSIZIONE DI ASCOLTO. Capisce
che occorre essere preparati per fare le domande: non era ancora pronto.
Tutte le testimonianze si arrestavano sull’orlo di un punto centrale che sfida la capacità di comprensione di
Lanzmann.
ARRESTO
RETATE
TRASPORTO
PROMISCUITÀ
FETORE
SETE
FAME
INGANNO
VIOLENZA
CAMPO
SELEZIONE
MORTE.
Da quel che sentiva mancava la cosa più importante: LE CAMERE A GAS
LA MORTE NELLE CAMERE A GAS
da cui nessuno è mai tornato per raccontare qualcosa.
Capì (per illuminazione, all’improvviso) che il SOGGETTO del suo film sarebbe stato la MORTE. Non la
SOPRAVVIVENZA, contraddizione radicale, poiché in un certo senso sanciva L’IMPOSSIBILITÀ
DI COMPRENDERE
I morti non possono parlare per conto dei morti.
Sostituirsi alle immagini inesistenti della morte nelle camere a gas. Nessuna immagine di
BELZEC
SOBIBÒR
CHELMNO
TREBLINKA
800.000
250.000
400.000
600.000
MORTI
Di Auschwitz ALBUM (vedi clip)
BIRKENAU 3000 persone vengono uccise contemporaneamente in quel che F.Suchomel chiama la
Fabbrica.
Va avanti incontri, persone…
IL CASO Gitta Sereny “In quelle tenebre” Lei capiva tutto, lei capiva troppo (comprendere giustificare)
Anche in questo libro (dice Lanzmann) si parla della morte, ma l’approccio della Sereny è di tipo
psicologico, l’intento era riflettere sul male, comprendere come dei padri di famiglia potessero compiere
stragi di massa.
A L. succede il contrario: fin dall’inizio della ricerca lo sgomento puro fu così grande che mi avvitai con
tutte le mie forze intorno al RIFIUTO di COMPRENDERE.
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I protagonisti saranno i membri del SONDERKOMMANDO
<<UNITÀ SPECIALI>>
soli testimoni della morte
capaci di descrivere in modo dettagliato il funzionamento della macchina della morte (F.Muller R.
Glazar R. Vrba)
Personalità eccezionali capaci di RENDERE CONTO DELLA PROPRIA ESPERIENZA.
Punto
LA LINGUA
LO STANIAMENTO provocato dal fatto che queste personalità parlavano una lingua che Lanzmann non
sapeva è un punto centrale: lo straniamento altro nome di quella distanza che esigeva l’avvicinamento al
TERRORE suscitato dai racconti. Tanto che afferma che un Filip Muller francese non è immaginabile.
Ha conosciuto quasi tutti i membri dei sonderkommando.
Ci sono mille strade per entrare in SHOAH
Né immagini d’archivio né storie individuali … che i vivi si sarebbero fatti portavoce dei morti, che non ci
sarebbe stato nessun IO. Il film sarebbe stato una FORMA rigorosa in grado di raccontare il destino di tutto
un popolo
DOVERE di testimoniare da parte dei REDIVIVI, perché anche loro sarebbero dovuti morire (no capo,
siamo soltanto dei cadaveri in vacanza)
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Ero ABITATO dalla morte
Ero arrivato al punto di immaginare che fossero tutti morti – le vittime come i carnefici – quando ne
scoprivo uno ancora vivo lo sbalordimento era totale, come davanti ad una sorta di
RIESUMAZIONE ARCHEOLOGICA
Lanzmann si lascia guidare dall’intuito, capisce presto quale metodo deve seguire per le interviste: un ascolto
fatto di un’attenzione assorta e complice. Doveva conoscerli bene per aiutarli a ricordare, a raccontare.
Insiste sulla necessità di TESTIMONIARE.
L’esempio di A.Bomba, l’idea del salone da parrucchiere in cui Bomba racconta del taglio dei capelli delle
donne nelle camere a gas. Gli oggetti e i gesti, le forbici soprattutto consentono al testimone di far rivivere il
racconto, sono STAMPELLE per i sentimenti che affiorano lì, in quel momento dove emerge tutta la
difficoltà, l’impossibilità di raccontare, la vanità di comprendere. Scena da molti giudicata CRUDELE.
Lanzmann si difende, la crudeltà di cui lo accusano è un paradigma della pietà, che non vuol dire battere in
ritirata davanti al dolore, ma obbedire all’imperativo categorico della ricerca e della trasmissione della verità.
Quando A.Bomba vede il film capisce che lo sforzo sostenuto in quelle riprese vale la pena: sarebbe stato
ricordato come un EROE.
GLI EROI. Riflessione. I personaggi sono degli eroi, dove si muovono gli eroi? Nel mito.
Ma L. non aveva relegato proprio nel mito l’Evento? Contraddiz
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Lanzmann inizialmente non sentiva la necessità di andare in Polonia, pensava bastassero i racconti dei suoi
personaggi a rievocare … però quando incontra Simon Srebnik, l’approccio cambia, lui non era in grado di
raccontare, non rievocava altro che frammenti di luoghi di tempi di … capisce che se voleva dialogare con
lui doveva VEDERE DOVE quei frammenti si ambientavano. Quando gli racconta del canto sul fiume L. sa
che sarebbe tornato con lui su quel fiume e con questa sequenza apre Shoah. Il come sarà da vedere.
Come filmare la pluralità di questi antichi luoghi di morte? Problema tecnico, diciamo. Filma le strade a
bordo dell’auto e in carrozza.
Capitolo a parte per i tedeschi dall’onestà alla menzogna. Freddezza calma disciplina. Ciò che scopriva lo
inorridiva, ma tenere l’atteggiamento distaccato era necessario, le domande dovevano essere puntuali e di
ordine meramente tecnico. In quest’avventura per la Germania Lanzmann paragone la sua troupe ad un circo
che si sposta di città in città, ad un TEATRO itinerante. Con l’inganno ottiene la verità.
Programma T-4, Berlino, ospedale, eutanasia di tutti i tedeschi con handicap fisici o mentali
Sperimentazione con il gas
Non so quale sia il messaggio di Shoah, non ho mai posto la questione in questi termini
La mini telecamera, gioiello tecnologico: la svolta. Nuova identità, Claude Marie Sorel.
Schubert. EINSATZGRUPPEN. Littel
Polemica IMMAGINI, liquidata con: perché abbiamo bisogno di PROVE
PUNTO. Questione IDENTIFICAZIONE: quando guardi Shoah in cosa ti identifichi? Nella vittima, nel
polacco nel tedesco? In nessuno dei tre. Che sentimento cinematografico suscita Shoah?
POLONIA. TREBLINKA.
Arriva a Treblinka … steli commemorative degli shtetl e delle comunità ebraiche annientate, L. si preoccupa
per l’assenza di emozioni che questo luogo gli dà: aspettavo una reazione a quel luogo, a quelle vestigia di
catastrofe, mi dicevo che non potevano lasciarmi indifferente … ciò che vedevo intorno a me era distante
anni luce da ciò che avevo imparato … imputando l’assenza di emozioni all’aridità del mio cuore comincia
a guidare con lentezza percorrendo le vie dei villaggi vicini al campo.
Un EVIDENZA LO FUMINÒ: mentre là si assassinavano 600.000 ebrei quei villaggi esistevano
Scoperta sconvolgente
Scandalo logico
Il terrore della Shoah aveva collocato l’evento in un tempo diverso da quello in cui viveva e
improvvisamente prendeva coscienza che quei contadini della Polonia ne erano stati CONTEMPORANEI.
Come per me il nome Auschwitz, per Lanzmann, insensibile a quel paesaggio, un altro nome, un cartello
<<Treblinka>>, scatenò un emozione violenta: Treblinka aveva l’impudenza di esistere torniamo alla
parola scritta.
La maledizione per me associata a quel nome, lo avviluppava in un interdetto assoluto … e mi accorgevo di
averlo relegato nel versante del mito, della leggenda … il confronto tra lo scialbo villaggio e il suo
significato nella memoria degli uomini aveva la potenza di una DETONAZIONE. L’ESPLOSIONE avvenne
qualche istante dopo quando si imbattè nei vagoni merci: IL TRENO.
Qui ritrova LO SGUARDO di quelli che non ci sono più, qui capisce anche come filmare. Resta pietrificato
sul binario mentre cercava di metabolizzare la portata della sua scoperta … passano i treni, QUEI TRENI.
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Ero una bomba, Treblinka accese la miccia, quel pomeriggio esplosi con una violenza inattesa e devastante,
l’incontro con quel NOME, con quel LUOGO fece tabula rasa di tutto ciò che sapeva: ricominciare da zero,
ancora.
La Polonia, CENTRO GEOGRAFICO DELLO STERMINIO, avrà un ruolo centrale e inaspettato (le vie
della creazione sono sconosciute alle volte) nell’idea di film che Lanzmann andava FACENDO, metteva in
essere … un’URGENZA si impadronisce di lui: comincia le riprese 1978-1981.
I racconti polacchi Czeslaw Borowi Eric Gawkowski anche per lui sarà un tornare indietro: creatore di una
delle scene cardine del film, totalmente inaspettata: la vita si fonde con l’arte. Dice il regista: ero in uno stato
di IPNOSI, soggiogato dalla verità che mi si dispiegava davanti.
Anche i polacchi rievocano il passato in modo leggendario, ma è un PASSATO-PRESENTE inciso per
sempre dentro di loro.
Così con le riprese Lanzmann cerca di ABITARE lo SGUARDO di coloro che andavano incontro alla morte
Campo
Stazioni
Strade
Camion a gas
Una sorta di travelling allucinato: giungevo di fronte alle fosse e ai roghi
MONTAGGIO 5 anni
È la costruzione del film a costituire la chiave e il motore della sua intelligibilità, a consentire al racconto di
snodarsi in modo comprensibile per lo spettatore. Aspetta anche 10 giorni per trovare la scena idonea, per
questo lavoro durato 5 anni.
1985 aprile Parigi
1986
Berlino: se c’è stata la Shoah non possono esserci degli ebrei in Germania
TITOLO, SHOAH: che nessuno capisca.
Reazioni
Questo film senza cadaveri, senza avventure individuali, che ha per soggetto la messa a morte di un popolo,
anziché la sua sopravvivenza era probabilmente uno SCANDALO
La Shoah deve rimanere seppellita in un silenzio di morte
INCAPACI DI LASCIARSI RIGUARDARE DA UN FILM COME SHOAH
C’è chi si è sentito NEGATO da Shoah
Problemi con la Polonia
Le camere a gas: il non-luogo della morte.
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