Il viaggio Sia in qualità di esperienza concreta che di categoria dello
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Il viaggio Sia in qualità di esperienza concreta che di categoria dello
Il viaggio Sia in qualità di esperienza concreta che di categoria dello spirito, il viaggio è da sempre una delle forme più profonde e pregnanti della storia umana e in special modo della cultura occidentale, capace com'è di coinvolgere a pieno lo spazio e il tempo, vale a dire quelle che Immanuel Kant chiamava le "categorie a priori dell'intelletto". Destinate a una sorta di conflitto, quando dopo la rivoluzione industriale il tempo scandirà i ritmi costrittivi della produzione e di quella laboriosa e ordinata vita borghese a cui da Rimbaud in avanti volteranno le spalle i ribelli dei secoli a venire. Da sempre il viaggio è uno dei grandi protagonisti della letteratura, proprio in quanto è già in sé materia di narrazione, storia che rende visibile l'intreccio di moltissime altre storie, attraversandole. Si fondano sul viaggio i poemi antichi (Odisseo, Enea), come i classici della letteratura italiana, dalla Commedia dantesca a Boccaccio e all’Ariosto. Nel XIX secolo poi, come già accennato, il viaggio viene declinato come fuga dalla realtà e dalla società occidentale, per divenire tema dominante con autori come Stevenson, Melville, Conrad, e restarlo anche nel XX secolo, con le grandi opere della narrativa americana, da Mark Twain alla beat generation, fino alla contemporaneità, con importanti riscontri e sviluppi anche nella narrativa italiana. Di qui il grande mito dell’on the road, per cui nel viaggio non conta tanto la meta, quanto il viaggio stesso, come ricerca delle proprie ragioni di vita. Nella sterminata letteratura che ruota intorno al tema del viaggio si è scelta una serie di libri che ne rappresentino almeno in parte la varietà di accezioni e motivazioni, oltreché le diversità di stile e di scrittura. I libri scelti per il percorso sono: Joseph Conrad, La linea d’ombra Saul Bellow, Il re della pioggia Melania Mazzucco, Vita Cormac McCarthy, La strada Antonio Tabucchi, Notturno indiano Punto di partenza potrebbe essere un classico della letteratura incentrata sul tema del viaggio, quale è La linea d’ombra, di Joseph Conrad (pseudonimo di Jozef T. K. N. Korzeniowski, nato in Ucraina nel 1857). In questo celebre romanzo breve, uscito nel 1917, Conrad prende spunto da un’esperienza realmente vissuta, vale a dire il suo primo comando sul vapore Vidar, a bordo del quale, a trent’anni, fa rotta verso l’arcipelago malese. Ma la vicenda va molto aldilà del resoconto di viaggio, e la “linea d’ombra” diventa simbolicamente quella della fine della giovinezza e del difficile passaggio all’età adulta. La scrittura, densa e pregnante, richiede impegno ma lo ripaga generosamente. Il re della pioggia, che esce nel 1959, ha come protagonista Eugene Henderson, cinquantacinquenne americano che improvvisamente trova insopportabile la vita di agi e privilegi che ha condotto fino a quel momento e sente il bisogno di un altrove che lo salvi dalla minaccia dell’alienazione. Decide perciò di puntare verso l’Africa, compiendo un viaggio alla ricerca del senso del mondo e di se stesso. Romanzo originalissimo, denso e ricco di significati profondi, eppure nel contempo divertente e divertito, attraversato da una vena di umorismo e di bizzarria che ne rende la lettura ancora più godibile. Fra i tanti motivi che in particolare negli ultimi due secoli hanno spinto le persone a mettersi in viaggio c’è quello dell’emigrazione, un fenomeno che ha visto anche gli italiani protagonisti, in diverse stagioni e verso varie mete. Vita di Melania Mazzucco (Premio Strega 2003), romanzo biografico e, in qualche misura, autobiografico, racconta la vicenda di due giovanissimi emigranti che approdano agli Stati Uniti all’inizio del ‘900. La storia assume inevitabilmente anche aspetti drammatici, dando conto di sacrifici, umiliazioni e patimenti che non venivano risparmiati agli emigranti una volta raggiunta la “terra promessa” aldilà dell’oceano. Ma in una vita sospesa fra sopravvivenza e sogno, c’è spazio anche per il sorriso, per una speranza, che trova proprio nelle parole, nella parola, il suo alimento. Con alle spalle gli straordinari romanzi che compongono la cosiddetta “trilogia di confine” (Cavalli selvaggi, Oltre il confine e Città della pianura), nel 2006 Cormac McCarthy pubblica il romanzo destinato ad allargare a livello mondiale la sua fama. La strada è la narrazione del viaggio che un padre e un figlio compiono in una sorta di day-after, attraverso un mondo devastato e riportato a una dimensione primitiva. La meta del viaggio è incerta, ma la scrittura di McCarthy risulta come e più di sempre precisa, spietata, capace di mettere a nudo l’anima delle cose, fino a un finale da cui trapela una irriducibile speranza di vita. E’ sembrato giusto rendere infine omaggio a un importante scrittore italiano, recentemente scomparso, per cui la dimensione del viaggio è stata sempre molto presente. Parliamo di Antonio Tabucchi, che con Notturno indiano, pubblicato nel 1984, racconta del viaggio compiuto da un uomo alla ricerca di un amico. Il percorso si snoda fra luoghi noti e meno noti dell’India contemporanea, e ruota intorno al disvelamento di un enigma, elemento tipico e ricorrente in Tabucchi, per il quale ogni persona è un enigma anche per se stesso. E qui, fra inseguitore e inseguito, si scoprirà che forse i segreti coincidono.