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La diversità è una
ricchezza
12 DICEMBRE 2014 | di Fausto Giunchiglia
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La diversità è una ricchezza. Ce lo insegna la
natura, che ha popolato il mondo di così tante
forme di vita che i biologi non riescono
enumerarle con precisione, limitandosi a delle
stime. Per esempio, esiste un milione di
specie di insetti, di cui circa un terzo sono
coleotteri di ogni tipo. La biodiversità, la
straordinaria diversità della vita sulla Terra, è
l’essenza stessa della vita. Non a caso oggi,
mentre infuria una vera e propria estinzione
causata dalle attività degli esseri umani,
biologi, ecologi e ambientalisti di tutto il
mondo lanciano il loro grido di allarme: la
crescente riduzione della biodiversità è una
minaccia catastrofica per tutti, esseri umani
inclusi; se si continua così il collasso ecologico
è dietro l’angolo. Perché la vitalità di un
ecosistema dipende, in primo luogo, anche
dalla sua biodiversità.
Personalmente, io ritengo che anche per le
società umane la diversità sia una ricchezza.
Un’enorme ricchezza. Certo, non si tratta di
un’idea molto popolare in tempi come questi.
Eppure la storia, altra grande maestra di vita,
lo dimostra: le civiltà e gli imperi più vitali
sono sempre stati quelli caratterizzati da
grande varietà culturale, etnica, religiosa.
Pensiamo, per esempio, alla straordinaria
fioritura tecno-scientifica dei regni ellenistici
nati dopo la morte di Alessandro il Macedone:
essa scaturì dall’incontro tra la cultura greca,
antidogmatica e razionalista, e
l’ultramillenario patrimonio di sapere egizio,
persiano ecc…
Le vette della civiltà ellenistica furono
raggiunte nell’Egitto dei Tolomei, e in
particolare nella capitale Alessandria: città
mediterranea con un porto di prim’ordine (e
una splendida biblioteca con testi di tutto il
mondo), ospitava egizi e greci, siciliani e
illirici, ebrei e fenici. Vero crogiuolo di lingue e
religioni, tra il IV e il III secolo a.C. Alessandria
fu la casa di geni come Euclide, forse il più
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grande matematico della storia; Ctesibio,
fondatore della pneumatica; Erofilo, padre
dell’anatomia; Eratostene, che misurò per
primo le dimensioni della Terra; infine, ad
Alessandria (ma a cavallo tra il IV e il V secolo
d.C.) nacque e morì l’ultima grande filosofa
del mondo pagano, Ipazia.
In tempi più recenti, il boom scientifico,
culturale e tecnologico dei Paesi Bassi nel XVII
secolo fu dovuto anche a una politica di
tolleranza capace di attirare ad Amsterdam
mercanti ebrei e artigiani ugonotti, dissidenti
inglesi ed eretici italiani, scienziati svedesi e
studenti tedeschi; e oggi chiunque visiti la
Silicon Valley non può che rimanere colpito
dal melting pot in cui ribolliscono talento e
creatività. In un caffè di San Jose capita che il
venture capitalist newyorkese di origini
indiane sorseggi il suo mokaccino tra una
ricercatrice cinese di Berkeley e un artista
vegetariano del Maine… chissà cosa potrebbe
succedere se tutti e tre iniziassero a mettersi a
parlare tra loro. Non a caso un battitore libero
come Richard Florida dice che i tre ingredienti
per una città di successo, capace di attirare la
cosiddetta “classe creativa”, sono la
Tecnologia, il Talento e… la Tolleranza. Che ci
permette non soltanto di accettare chi è
diverso, altro da noi, ma di vederlo, anziché
come una possibile minaccia (l’ignoto tende a
spaventare), come un’opportunità di crescita,
intellettuale, culturale e pure morale. Come il
portatore di idee, esperienze e valori che
magari non conosciamo, ma che potrebbero
arricchirci, aiutandoci a capire qualcosa in più
del mondo.
L’innovazione, che è il grande motore dei
nostri giorni, nasce spesso dal confronto tra
chi pensa A e chi pensa A1. O A+. O Z.
l’innovazione è soprattutto creare nuovi
servizi; a questo scopo, dunque, le nuove idee
sono essenziali, e spesso le nuove idee sono
tali solo perché non le conosciamo, e non le
conosciamo soltanto perché sono le idee degli
altri, e quindi non rientrano nel ristrettissimo
perimetro della nostra (vaga) conoscenza.
L’ho già detto, ma voglio ripetermi: ogni
ecosistema dell’innovazione che si rispetti trae
la sua linfa proprio dal pensiero critico e
libero, dalla diversità di vedute, dalla
mescolanza delle idee e da un uso creativo ma
concreto del sapere astratto. Se “la guerra è la
madre di tutte le cose” , il confronto è spesso
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il padre di tutte le idee. Persino i geni solitari,
quelli che immaginiamo chiusi nei loro
studioli a pensare, si nutrono delle idee degli
altri, divorando libri, ricerche e articoli
scientifici scritti da altri.
Certo, il confronto può essere lungo,
stancante, sfibrante. Talvolta può trasformarsi
in scontro. Ma come dicono i rapper
americani, no pain no gain. È attraverso la
diversità che si arriva alla conoscenza.
Ciascuno di noi contribuisce con la sua tessera
al grande mosaico (in perenne estensione) del
sapere umano. Pensare che la tessera sia il
mosaico sarebbe assurdo. Ma senza quella
tessera, per quanto piccola e inconsistente, il
mosaico sarebbe incompleto. Le tessere del
mosaico hanno varie forme, colori e
dimensioni. Proprio per questo il mosaico alla
fine è così bello.
Tag: dibattito, Giunchiglia, innovazione
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