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Pasquale Romeo
L’UOMO WINDOWS
ARMANDO
EDITORE
Sommario
Introduzione: Stress e trauma
Effetti del trauma
Disturbo di personalità borderline e trauma
Tempo e trauma
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Capitolo 1: La società dell’uomo windows
1.1 Identità come puzzle
1.2 Vite frenetiche e annoiate
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Capitolo 2: L’identità spazzatura
2.1 Connessione e click
2.2 La pseudodemocrazia
2.3 Pacta sunt servanda
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Capitolo 3: La post-modernità versus l’ultra-modernità
(bricolage e sincretismo)
3.1 Le metanarrazioni
3.2 Il simulacro
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Capitolo 4: Il post-umano: una società traumatica
che aumenta i mondi paralleli
4.1 La verità del mondo
4.2 L’ipertesto
4.3 Gioco o realtà: il cyberspazio
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Capitolo 5: L’inquietudine ultra-moderna
5.1 La scelta diventa paralisi
5.2 L’epoca del perturbante
5.3 Il turista, la figura predominante dell’epoca ultra-moderna
5.4 La società ultra-moderna: il rischio
5.5 L’epoca ultra-moderna versus dono
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Capitolo 6: Il presente non passa mai
6.1 Il tempo
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Capitolo 7: L’identità virtuale
7.1 Senza corpo
7.2 Il piacere
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Capitolo 8: Il pensiero unico (tipico delle tribù) e debole
(relativismo)
8.1 La post-modernità prima dell’ultra-modernità
8.2 L’ultra-modernità
8.3 Senza legami
8.4 Il disagio collettivo
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Capitolo 9: Il funerale dell’altro
9.1 La narratività
9.2 Libertà ed identità
9.3 Obliterazione
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Capitolo 10: La vita liquida senza legami e senza passato
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Capitolo 11: Come vaccinarsi alla ultra-modernità e guarire
dall’uomo windows
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Appendice: Nuove proposte operative dello spettro ansioso
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Introduzione
Stress e trauma
Sembrano aumentare nella società contemporanea i momenti di
angoscia e di separazione, il senso di precarietà, la mancanza di riposo, la difficoltà a provare un senso di identità costante e continuo,
come se aumentasse la percentuale di soggetti che vivono frammentati, proprio come quelli che gli psichiatri chiamano borderline.
Tutto ciò è forse correlato con i traumi ed il modo di viverli,
dove si intende per trauma uno stress non gestibile, sufficientemente
grande per il soggetto che lo vive a cui lo stesso non riesce a dare
un’ottica di senso.
Il trauma, in epoche precedenti, era sufficientemente elaborato,
forse venivano tramandate caratteristiche affettive e cognitive che
aiutavano nell’affrontare lo stress, ora sembra che questo non avvenga più e ogni stress che il soggetto vive come intenso e persistente
assume le caratteristiche di un trauma, riattiva meccanismi antichi
ed ancestrali tanto che un semplice litigio può diventare qualcosa di
universale, innescando vissuti universali e generali tipici di emozioni intense e diffuse.
Un’educazione, quella degli ultimi venti anni, mirata alla rimozione del trauma e non al suo superamento, che è stato accantonato e non vissuto ed elaborato, a causa della mancanza di educatori
(genitori, insegnanti o altro) formati all’uopo, ha creato dei soggetti
incapaci ad affrontare le difficoltà e pronti a entrare in angoscia per
ogni situazione (una delle frasi tipiche della nostra epoca: “Che problemi hai? Divertiti!”).
Alla domanda: sono veramente aumentati traumi o ci sono traumi così rilevanti?, forse la migliore risposta sarebbe quella che vi è
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un’incapacità sempre più diffusa ad elaborare un presunto trauma
che quindi si vive come tale anche se non lo è in maniera oggettiva.
Tali soggetti, sempre più numerosi, assomigliano fenomenologicamente, ovvero nella espressione esteriore del fenomeno, a quelli
affetti da disturbo borderline, ovvero l’incapacità di vivere il trauma
può sviluppare delle condotte che gli psichiatri chiamano borderline, dalla disforia, al discontrollo, alla disorganizzazione. C’è da
chiedersi se è aumentato realmente il numero dei pazienti borderline, oppure vi è solo una diffusione operativa della incapacità di
vivere dei forti stress o che vengono vissuti come tali.
Effetti del trauma
Il trauma o vissuto come tale aumenta la dissociazione e crea dei
meccanismi paralleli come insegnano i film sulle personalità multiple e quelli da patologie meno gravi come le fughe, i sonnambulismi,
le condotte sessuali aberranti (anche il DSM V parla di un disturbo
di ipersessualità a causa di eccesso di stress), le gravidanze isteriche
e altre condotte isteriche similari come le amnesie psicogene (vedi
anche delitti efferati).
Nell’ambito delle dissociazioni, un metodo comune e riconociuto
socialmente è quello di applicare una modalità operativa nuova, innovativa che niente ha a che vedere con quelle di Bowlby, ovvero la
modalità windows che apre nuovi modelli che uniscono e integrano
i precedenti.
Interessante il tema delle finestre dell’uomo windows: mille finestre aperte, mille amici di facebook senza in realtà profondamente
nessuno, una specie di frammentazione dell’esistenza, che significa
vivere contemporaneamente molte strade senza intraprenderne profondamente nessuna. Tutto ciò è una caratteristica che appartiene ad
un noto disturbo di personalità che si chiama in psichiatria disturbo
di personalità borderline.
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Disturbo di personalità borderline e trauma
Dato che questo disturbo può svilupparsi a seguito di importanti
traumi (per esempio chi ha subito un abuso sessuale ripetuto è a rischio di disturbo borderline) si può ipotizzare che l’uomo di oggi è
soggetto a continui stress non gestibili e non elaborabili che prendono la forma di un trauma, contrario allo sviluppo sano della propria
identità.
Un problema individuale oppure sociale?
Dipende da aspetti psicopatologici oppure da input sociali discordanti che frammentano l’Io, che impediscono di essere autenticamente qualcosa o qualcuno, che mettono sempre in discussione il
proprio essere, annullandoci continuamente.
Se ai tempi di Freud ovvero a fine Ottocento il disturbo imperante
era l’isteria ora sembra che è diventato il borderline (non parliamo
del distubro narcisistico nonostante sia così diffuso poiché è stato
derubricato dal manuale diagnostico internazionale).
Come mai questa patomorfosi, ovvero un cambio della patologia
più diffusa almeno nella sua espressione fenomenologica?
Come mai avviene tutto in un momento così incrementale, in
maniera parallella alla tecnologia, al progresso, alle conquiste che
l’uomo stesso ha fatto?
Stiamo assistendo ad una patomorfosi, ritengo che già oggi che
sto scrivendo questo libro, a causa della recessione economica, si sta
già avvicendando un processo di metamorfosi della patologia borderline.
Le patologie cambiano con le epoche e probabilmente fra qualche anno troveremo un nuova forma diversa che sia data da nuovi
input.
È probabile che possano sopravanzare delle forme antisociali,
oggi sempre più diffuse, data la mancanza di regole certe, l’impossibilità di far fronte a alcune situazioni, avendo perso la fiducia nelle
Istituzioni che una volta davano delle risposte economiche, sociali
e politiche.
A chi rivolgerci per evitare la disgregazione del nostro Io, la
frammentazione, la deriva simil psicotica: famiglia, Stato, Istituzioni, servizi sanitari e sociali o altro?
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Esiste qualcuno in cui aver fiducia, oppure stiamo attraversando un’epoca in cui la disavventura sembra emergere, aumentano gli
zingari, i clochard, i buona ventura, coloro che non hanno niente
da perdere, oppure avendocelo non lo considerano, che vivono con
grande temerarietà sempre sull’orlo di un burrone e pur vedendo il
loro precipizio e sapendo di cadere da un momento all’altro sono inconsapevoli di tutto questo? Il borderline per esempio non apprezza
mai ciò che ha e rischia continuamente tutto.
Una società che ci fa vivere continuamente negli abbandoni, nelle
separazioni, nelle angosce stressanti fatte di traumi che non possiamo contenere, elaborare, per tali motivi divengono emergenti e ci
fanno esprimere emozioni fuorvianti, impedendoci di costruire con
continuità e costanza la nostra vita. Troppi abbandoni e separazioni
creano caratteristiche borderline.
Catastrofi naturali sostituite da catastrofi relazionali hanno sconvolto il nostro panorama affettivo, mutando la capacità di vivere
armonicamente, una modalità del vissuto che vive di occasioni, di
“momenti” sempre nuovi ed attuali che ci rivitalizzano senza un progetto.
Il presente senza passato e futuro diventa a lungo termine angosciante ed è la caratteristica di un altro modo di vivere il tempo che
è tipico della patologia borderline.
Tempo e trauma
Anche il modo di vivere il tempo si è modificato e la giornata di 24
ore non è più sufficiente a soddisfare le nostre mille e innumererevoli richieste windows fino a oggi improntate all’attimo (basti pensare
al nostro tempo in discoteca, oppure alle amicizie su facebook, o ancora alle chat prima di Facebook, ai ritmi consumistici ed immediati
dell’essere) e questo potrebbe essere un continuo trauma.
Il tempo si muove indipendentemente da noi, a prescindere, passa
anche se non lo vogliamo, ha degli aspetti obiettivi e trascendenti,
cambia solo il nostro modo di vederlo e se esiste una nostra incapacità di vedere il passato o il futuro o di non godere il presente. Certo
non dipende dal tempo.
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Capitolo 1
La società dell’uomo windows
Da te la “società” vuole soltanto che non lasci il tavolo
da gioco e disponga ancora di fiches sufficienti per continuare a giocare.
Z. Bauman
Possiamo distinguere due fasi della modernità, una precoce in
cui si aveva una percezione precisa dello spazio e del tempo, una
più tardiva post-moderna e poi, una attuale, ultra-moderna, in cui le
dinamiche sono cambiate, il tempo non basta mai, tutto cambia per
rimanere così come è, senza che ce ne accorgiamo.
Nel mutare alcuni aspetti della vita si modificano anche le relazioni affettive, un tempo baluardo della nostra esistenza e pur rimanendo costante il nostro insormontabile bisogno di sicurezza e
di riferimenti, tipico della condizione umana, cambiamo partner o
persone come fossero finestre da aprire e chiudere.
Alle catastrofi naturali si sono sostituite quelle affettive, con
conseguenze windows, ovvero ogni trauma apre nuove finestre fino
all’infinito.
Avete mai visto un computer in default? Apre mille finestre senza
poterlo fermare!
Aprirle è un modo per superare la nostra finitezza, il nostro senso
di solitudine, facendoci accompagnare da Caronti temporanei in un
Acheronte che prima o poi pagherà il suo conto.
Prima l’identità significava continuità, un costante modo di percepirsi e percepire, ora quasi quasi annoia tutto questo, siamo alla
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ricerca dello spettacolo della vita1, dove ognuno recita la sua rappresentazione, il cui scopo principale non è mantenere una coerenza
interna, cosa che non interessa più a nessuno ma invece non annoiare, intrattenere, sedurre, far passare il tempo e la vita, sapendo forse
non in maniera consapevole che è solo un modo per non essere soli e
andare così avanti fino al nostro spettro finale ovvero quel Thanatos
con cui l’Alcesti di Euripide si confronta spesso, ma che l’essere
umano post-moderno cerca in tutti i modi di rifiutare.
Identità, che altro non è che essere uguali a se stessi nel tempo e
nello spazio ed esserlo anche di fronte agli altri, significa inclusione,
ovvero mettere in un contenitore ciò che siamo.
L’inclusione, invece, ha oggi cambiato registro tanto che per esistere la nostra identità è in continuo cambiamento, diventando esclusione (si aprono e si chiudono finestre o a volte si lasciano aperte).
Provate in un computer a lasciare aperte tante finestre, chattando
in msn, con meetic, con le chat, creando un coacervo di incontri
virtuali, utilizzando anche la nostra e-mail o skype e così via, cosa
succede?
Cosa accade se intratteniamo rapporti continui fino allo spasimo,
siamo in compagnia o meglio abbiamo l’apparenza di non essere
soli?
Chiudere una finestra cosa può mai importare se ce ne sono tante
altre aperte, possono forse rappresentare i nostri salvagenti, i nostri
paracaduti contro la solitudine?
Alcuni studi hanno dimostrato che il senso di solitudine diminuisce e scompare con la meditazione.
Sembra paradossale spiegarlo a chi costituisce la nostra società
post-moderna?
Come può essere possibile?
Alla luce di tutto questo, quello che prima poteva apparire disturbo di personalità, oggi non è considerato tale, poiché se la maggior
parte delle persone ne sono affette non può più essere considerato un
disturbo, viene, infatti, percepito come tale solo ciò che può essere
registrato dalla sensibilità comune.
A quanto pare, per esempio, il disturbo narcisistico di personali1
12
G. Debord, La società dello spettacolo, Dalai, Milano, 2008.
tà è stato derubricato forse per l’elevata rilevanza e rappresentanza
nella nostra società, perdendo una delle caratteristiche fondamentali,
ovvero per parlare di disturbo di personalità ci deve essere un modello abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura.
L’identità, perdendo l’inclusione, perde un aspetto importante.
L’identità perde i suoi confini nei suoi aspetti collettivi (gruppi
religiosi, Stato, appartenenza ad altro), per la disintegrazione di tutti
i meccanismi di inclusione che invece continuano ad esistere solo
per l’occasione (siamo partecipanti dello stesso gioco), per la finalità
del momento (condiviamo in quel momento e non oltre uno scopo) e
non hanno un costante riferimento (al di là del momento).
L’identità cambia ovviamente anche dal punto di vista individuale e psicologico modificandosi vertiginosamente.
L’identità si modifica nella comunità windows, cioè ha un senso
solo nel momento in cui stiamo insieme, in cui è aperta quella finestra pronta per chiudersi: «Comunità che prendono corpo, anche se
solo in apparenza, quando si appendono in guardaroba i problemi
individuali, come i cappotti e i giacconi quando si va a teatro»2.
Ogni finestra può essere la conseguenza del livello di angoscia
esistenziale che è aumentato.
La crisi dell’uomo che succede alla ultra-modernità non consente di trovare più un riferimento, tanto che aumentano a dismisura
le dipendenze (sexual addiction, dipendenza affettiva, dipendenza
da droghe, da giochi di ogni tipo), le uniche che sembrano dare un
momentaneo sollievo, in un mondo che a volte ci fa pensare che non
esiste nessuna gratificazione profonda, tranne ciò che può dare una
gratificazione immediata (cibo, sesso, gambling).
1.1 Identità come puzzle
Può valere l’ipotesi suggestiva che la nostra identità è divenuta
come quella di un puzzle, nel senso che cambiamo alcuni pezzi per
mutare la nostra identità in modo variopinto e cangiante.
2 Z.
Bauman, Invervista sull’identità, Laterza, Bari, 2009.
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Apriamo nuove finestre e le mettiamo tutte in parallelo, godendoci contemporaneamente situazioni e ruoli differenti proprio come
nei giochi di ruolo.
L’identità virtuale non è più virtuale ma ha preso piede anche nel
mondo reale.
Il lavoro di un costruttore di identità è un lavoro di bricoleur, che
crea ogni sorta di cose con il materiale a disposizione.
Un inventore di nuove finestre che apre nuovi passaggi in apparenza virtuali per poi diventare presto reali, proprio come in un
embrione, unica cellula totipotente, dove tutto sembra possibile:
Prima che un qualsiasi evento si manifesti nella realtà visibile
tutte le possibilità coesistono in stati quantistici sovrapposti.
È l’interazione/osservazione che determina il collasso della funzione d’onda e l’attuazione dell’unico evento che si rende visibile e
misurabile3.
Il virtuale trasforma il reale come un nuovo vestito trasformando
l’identità:
«Le identità sono vestiti da indossare e mostrare, non da mettere
da parte e tenere al sicuro…»4.
In questo cambiamento anche gli strumenti elettronici e la tecnologia hanno dato un notevole contributo.
Un paradosso: all’inizio dell’epoca di internet l’identità virtuale
era veramente virtuale (vedi la chat fatta con nickname, ovvero nomi
di fantasia), ora l’identità virtuale è divenuta reale, nella sua virtualità. Sembra una contraddizione ma il senso è che ognuno nelle chat
ha spesso un nome che è quello proprio, rimanendo solo il nome
poiché molto spesso l’identità non corrisponde perfettamente (come
su facebook) a quella reale.
Una identità che si muove parallelamente al di fuori di quella fisica e corporea e cammina a ritmi spediti in modo diverso, su mondi distanti da quelli fisici, creando un vero e prorio spazio delle varianti.
3
4
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Collasso della funzione d’onda di Schrödinger.
Z. Bauman, Invervista sull’identità, cit.
L’identità si avvale di una revisione fondamentale, fatta di una
domanda essenziale: chi sono io?
Durante la mia vita professionale incontro molte persone che non
si sono mai fatte questa domanda perché la danno per scontata, banale, inutile, ma è realmente così?
Oggi sappiamo chi siamo?
Una volta a causa dei legami soprattutto affettivi, che erano stabili ed immutabili, essere significava stare incardinato in precisi legami, ed oggi?
Anche il sentimento di trascendenza, tutto ciò che consentiva di
dare un senso alla nostra esistenza, al di là di noi ed esprimere la nostra identità anche con regole che si muovevano in modo superumano, ora è morto con la ormai nota frase di Nietzsche: “Dio è morto”.
1.2 Vite frenetiche e annoiate
Vite di corsa, parafrasando il titolo di un libro di Bauman, l’autore che ci lascia intendere che tutto oggi si svolge a velocità e ritmi
differenti da quello che poteva accadere una volta.
La vecchia e usuale frase quando avrò 50 anni metà della mia
vita si è svolta in un mondo che non c’è più non è più valida, poiché
i cambiamenti sono addirittura molto più repentini e veloci.
Anche le patologie si stanno modificando e soprattutto cambiano
gli sviluppi della persona che non possono essere uguali, modificando interamente l’humus dove ci si sviluppa e si cresce.
Prevale un non senso che a volte pervade l’esistenza della vita
attuale e ci impedisce di entrare nel flusso della cose, garantendo
e cronicizzando un sentimento che oggi sembra molto più comune
ovvero la noia.
In effetti la noia dal punto di vista psicologico è proprio la incapacità di entrare nel flusso della vita.
Il non senso ci avvicina al nichilismo5 che in questo testo verrà
ampliato e sviluppato. L’incapacità di dare un senso e il sentimento
5
P. Romeo, Il nichilismo contemporaneo nella società contemporanea, in C.
Lorè, Tra scienza e società, Giuffrè, Milano, 2009.
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della noia creano una specie di cortina che distrugge i progetti e sviluppa un senso di precarietà.
Ogni idea o ideologia per questo diventa inutile e foriera di cattivi
risultati.
Per poter portare avanti dei progetti bisogna crederci, la fiducia
è un elemento indispensabile per trasformare ed indirizzare i cambiamenti.
La trascendenza, il desiderio di eternità dei poeti romantici sono
scomparsi e sembrano sostituiti da un riciclaggio continuo delle
identità come in un grande centro di bricolage, un fai-da-te che permette di incollare, segare, cambiare e trasformare tutto ciò che abbiamo, anche quello più aderente alla nostra pelle, come la camicia
di Nesso.
Sembra che si è detto “basta” con tutto ciò che richiede impegno
e sacrificio, anche perché tutto è così breve e fugace, figuriamoci i
partiti, le ideologie, i progetti ed anche il lavoro che a contratto va
di tre mesi in tre mesi, figuriamoci se possiamo avere un’identità
e poi perché? Sembra quasi che avere una identità ben definita sia
divenuto disfunzionale.
Dal punto di vista evolutivo è più comodo non avercela, per vivere in una società che ci chiede profondi e continui cambiamenti.
Sembra quasi che l’unica continuità è la mancanza di continuità.
Ecco la nuova identità, quella che non ha sussistenza, che esiste
solo per il momento, che sembra seguire nuove diete più efficaci, tenersi in forma, cambiare le pareti di casa, sostituire l’auto, la t-shirt,
il copridivano, ecc.
Alla domanda che cosa significhi essere individui, chiunque – dai
filosofi fino a coloro che non si sono mai chiesti che mestiere faccia
il filosofo – darebbe più o meno una risposta del genere: essere individui significa essere unici e diversi da chiunque altro.
“Io sono colui che sono”, che significa: sono un essere unico, una
creatura unica, fatta in modo peculiare. Questa definizione si riferisce a ciò che siamo dentro e non a ciò che abbiamo fuori, a ciò che
siamo e conosciamo e non a ciò che possediamo, vecchia e annosa
questione di Erich Fromm, dal libro Avere o essere.
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