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Pasquale Romeo L’UOMO WINDOWS ARMANDO EDITORE Sommario Introduzione: Stress e trauma Effetti del trauma Disturbo di personalità borderline e trauma Tempo e trauma 7 8 9 10 Capitolo 1: La società dell’uomo windows 1.1 Identità come puzzle 1.2 Vite frenetiche e annoiate 11 13 15 Capitolo 2: L’identità spazzatura 2.1 Connessione e click 2.2 La pseudodemocrazia 2.3 Pacta sunt servanda 17 18 20 21 Capitolo 3: La post-modernità versus l’ultra-modernità (bricolage e sincretismo) 3.1 Le metanarrazioni 3.2 Il simulacro 25 27 28 Capitolo 4: Il post-umano: una società traumatica che aumenta i mondi paralleli 4.1 La verità del mondo 4.2 L’ipertesto 4.3 Gioco o realtà: il cyberspazio 33 34 35 36 Capitolo 5: L’inquietudine ultra-moderna 5.1 La scelta diventa paralisi 5.2 L’epoca del perturbante 5.3 Il turista, la figura predominante dell’epoca ultra-moderna 5.4 La società ultra-moderna: il rischio 5.5 L’epoca ultra-moderna versus dono 41 42 44 45 46 48 Capitolo 6: Il presente non passa mai 6.1 Il tempo 51 58 Capitolo 7: L’identità virtuale 7.1 Senza corpo 7.2 Il piacere 67 68 73 Capitolo 8: Il pensiero unico (tipico delle tribù) e debole (relativismo) 8.1 La post-modernità prima dell’ultra-modernità 8.2 L’ultra-modernità 8.3 Senza legami 8.4 Il disagio collettivo 75 76 77 78 82 Capitolo 9: Il funerale dell’altro 9.1 La narratività 9.2 Libertà ed identità 9.3 Obliterazione 83 84 85 86 Capitolo 10: La vita liquida senza legami e senza passato 89 Capitolo 11: Come vaccinarsi alla ultra-modernità e guarire dall’uomo windows 91 Appendice: Nuove proposte operative dello spettro ansioso 93 Introduzione Stress e trauma Sembrano aumentare nella società contemporanea i momenti di angoscia e di separazione, il senso di precarietà, la mancanza di riposo, la difficoltà a provare un senso di identità costante e continuo, come se aumentasse la percentuale di soggetti che vivono frammentati, proprio come quelli che gli psichiatri chiamano borderline. Tutto ciò è forse correlato con i traumi ed il modo di viverli, dove si intende per trauma uno stress non gestibile, sufficientemente grande per il soggetto che lo vive a cui lo stesso non riesce a dare un’ottica di senso. Il trauma, in epoche precedenti, era sufficientemente elaborato, forse venivano tramandate caratteristiche affettive e cognitive che aiutavano nell’affrontare lo stress, ora sembra che questo non avvenga più e ogni stress che il soggetto vive come intenso e persistente assume le caratteristiche di un trauma, riattiva meccanismi antichi ed ancestrali tanto che un semplice litigio può diventare qualcosa di universale, innescando vissuti universali e generali tipici di emozioni intense e diffuse. Un’educazione, quella degli ultimi venti anni, mirata alla rimozione del trauma e non al suo superamento, che è stato accantonato e non vissuto ed elaborato, a causa della mancanza di educatori (genitori, insegnanti o altro) formati all’uopo, ha creato dei soggetti incapaci ad affrontare le difficoltà e pronti a entrare in angoscia per ogni situazione (una delle frasi tipiche della nostra epoca: “Che problemi hai? Divertiti!”). Alla domanda: sono veramente aumentati traumi o ci sono traumi così rilevanti?, forse la migliore risposta sarebbe quella che vi è 7 un’incapacità sempre più diffusa ad elaborare un presunto trauma che quindi si vive come tale anche se non lo è in maniera oggettiva. Tali soggetti, sempre più numerosi, assomigliano fenomenologicamente, ovvero nella espressione esteriore del fenomeno, a quelli affetti da disturbo borderline, ovvero l’incapacità di vivere il trauma può sviluppare delle condotte che gli psichiatri chiamano borderline, dalla disforia, al discontrollo, alla disorganizzazione. C’è da chiedersi se è aumentato realmente il numero dei pazienti borderline, oppure vi è solo una diffusione operativa della incapacità di vivere dei forti stress o che vengono vissuti come tali. Effetti del trauma Il trauma o vissuto come tale aumenta la dissociazione e crea dei meccanismi paralleli come insegnano i film sulle personalità multiple e quelli da patologie meno gravi come le fughe, i sonnambulismi, le condotte sessuali aberranti (anche il DSM V parla di un disturbo di ipersessualità a causa di eccesso di stress), le gravidanze isteriche e altre condotte isteriche similari come le amnesie psicogene (vedi anche delitti efferati). Nell’ambito delle dissociazioni, un metodo comune e riconociuto socialmente è quello di applicare una modalità operativa nuova, innovativa che niente ha a che vedere con quelle di Bowlby, ovvero la modalità windows che apre nuovi modelli che uniscono e integrano i precedenti. Interessante il tema delle finestre dell’uomo windows: mille finestre aperte, mille amici di facebook senza in realtà profondamente nessuno, una specie di frammentazione dell’esistenza, che significa vivere contemporaneamente molte strade senza intraprenderne profondamente nessuna. Tutto ciò è una caratteristica che appartiene ad un noto disturbo di personalità che si chiama in psichiatria disturbo di personalità borderline. 8 Disturbo di personalità borderline e trauma Dato che questo disturbo può svilupparsi a seguito di importanti traumi (per esempio chi ha subito un abuso sessuale ripetuto è a rischio di disturbo borderline) si può ipotizzare che l’uomo di oggi è soggetto a continui stress non gestibili e non elaborabili che prendono la forma di un trauma, contrario allo sviluppo sano della propria identità. Un problema individuale oppure sociale? Dipende da aspetti psicopatologici oppure da input sociali discordanti che frammentano l’Io, che impediscono di essere autenticamente qualcosa o qualcuno, che mettono sempre in discussione il proprio essere, annullandoci continuamente. Se ai tempi di Freud ovvero a fine Ottocento il disturbo imperante era l’isteria ora sembra che è diventato il borderline (non parliamo del distubro narcisistico nonostante sia così diffuso poiché è stato derubricato dal manuale diagnostico internazionale). Come mai questa patomorfosi, ovvero un cambio della patologia più diffusa almeno nella sua espressione fenomenologica? Come mai avviene tutto in un momento così incrementale, in maniera parallella alla tecnologia, al progresso, alle conquiste che l’uomo stesso ha fatto? Stiamo assistendo ad una patomorfosi, ritengo che già oggi che sto scrivendo questo libro, a causa della recessione economica, si sta già avvicendando un processo di metamorfosi della patologia borderline. Le patologie cambiano con le epoche e probabilmente fra qualche anno troveremo un nuova forma diversa che sia data da nuovi input. È probabile che possano sopravanzare delle forme antisociali, oggi sempre più diffuse, data la mancanza di regole certe, l’impossibilità di far fronte a alcune situazioni, avendo perso la fiducia nelle Istituzioni che una volta davano delle risposte economiche, sociali e politiche. A chi rivolgerci per evitare la disgregazione del nostro Io, la frammentazione, la deriva simil psicotica: famiglia, Stato, Istituzioni, servizi sanitari e sociali o altro? 9 Esiste qualcuno in cui aver fiducia, oppure stiamo attraversando un’epoca in cui la disavventura sembra emergere, aumentano gli zingari, i clochard, i buona ventura, coloro che non hanno niente da perdere, oppure avendocelo non lo considerano, che vivono con grande temerarietà sempre sull’orlo di un burrone e pur vedendo il loro precipizio e sapendo di cadere da un momento all’altro sono inconsapevoli di tutto questo? Il borderline per esempio non apprezza mai ciò che ha e rischia continuamente tutto. Una società che ci fa vivere continuamente negli abbandoni, nelle separazioni, nelle angosce stressanti fatte di traumi che non possiamo contenere, elaborare, per tali motivi divengono emergenti e ci fanno esprimere emozioni fuorvianti, impedendoci di costruire con continuità e costanza la nostra vita. Troppi abbandoni e separazioni creano caratteristiche borderline. Catastrofi naturali sostituite da catastrofi relazionali hanno sconvolto il nostro panorama affettivo, mutando la capacità di vivere armonicamente, una modalità del vissuto che vive di occasioni, di “momenti” sempre nuovi ed attuali che ci rivitalizzano senza un progetto. Il presente senza passato e futuro diventa a lungo termine angosciante ed è la caratteristica di un altro modo di vivere il tempo che è tipico della patologia borderline. Tempo e trauma Anche il modo di vivere il tempo si è modificato e la giornata di 24 ore non è più sufficiente a soddisfare le nostre mille e innumererevoli richieste windows fino a oggi improntate all’attimo (basti pensare al nostro tempo in discoteca, oppure alle amicizie su facebook, o ancora alle chat prima di Facebook, ai ritmi consumistici ed immediati dell’essere) e questo potrebbe essere un continuo trauma. Il tempo si muove indipendentemente da noi, a prescindere, passa anche se non lo vogliamo, ha degli aspetti obiettivi e trascendenti, cambia solo il nostro modo di vederlo e se esiste una nostra incapacità di vedere il passato o il futuro o di non godere il presente. Certo non dipende dal tempo. 10 Capitolo 1 La società dell’uomo windows Da te la “società” vuole soltanto che non lasci il tavolo da gioco e disponga ancora di fiches sufficienti per continuare a giocare. Z. Bauman Possiamo distinguere due fasi della modernità, una precoce in cui si aveva una percezione precisa dello spazio e del tempo, una più tardiva post-moderna e poi, una attuale, ultra-moderna, in cui le dinamiche sono cambiate, il tempo non basta mai, tutto cambia per rimanere così come è, senza che ce ne accorgiamo. Nel mutare alcuni aspetti della vita si modificano anche le relazioni affettive, un tempo baluardo della nostra esistenza e pur rimanendo costante il nostro insormontabile bisogno di sicurezza e di riferimenti, tipico della condizione umana, cambiamo partner o persone come fossero finestre da aprire e chiudere. Alle catastrofi naturali si sono sostituite quelle affettive, con conseguenze windows, ovvero ogni trauma apre nuove finestre fino all’infinito. Avete mai visto un computer in default? Apre mille finestre senza poterlo fermare! Aprirle è un modo per superare la nostra finitezza, il nostro senso di solitudine, facendoci accompagnare da Caronti temporanei in un Acheronte che prima o poi pagherà il suo conto. Prima l’identità significava continuità, un costante modo di percepirsi e percepire, ora quasi quasi annoia tutto questo, siamo alla 11 ricerca dello spettacolo della vita1, dove ognuno recita la sua rappresentazione, il cui scopo principale non è mantenere una coerenza interna, cosa che non interessa più a nessuno ma invece non annoiare, intrattenere, sedurre, far passare il tempo e la vita, sapendo forse non in maniera consapevole che è solo un modo per non essere soli e andare così avanti fino al nostro spettro finale ovvero quel Thanatos con cui l’Alcesti di Euripide si confronta spesso, ma che l’essere umano post-moderno cerca in tutti i modi di rifiutare. Identità, che altro non è che essere uguali a se stessi nel tempo e nello spazio ed esserlo anche di fronte agli altri, significa inclusione, ovvero mettere in un contenitore ciò che siamo. L’inclusione, invece, ha oggi cambiato registro tanto che per esistere la nostra identità è in continuo cambiamento, diventando esclusione (si aprono e si chiudono finestre o a volte si lasciano aperte). Provate in un computer a lasciare aperte tante finestre, chattando in msn, con meetic, con le chat, creando un coacervo di incontri virtuali, utilizzando anche la nostra e-mail o skype e così via, cosa succede? Cosa accade se intratteniamo rapporti continui fino allo spasimo, siamo in compagnia o meglio abbiamo l’apparenza di non essere soli? Chiudere una finestra cosa può mai importare se ce ne sono tante altre aperte, possono forse rappresentare i nostri salvagenti, i nostri paracaduti contro la solitudine? Alcuni studi hanno dimostrato che il senso di solitudine diminuisce e scompare con la meditazione. Sembra paradossale spiegarlo a chi costituisce la nostra società post-moderna? Come può essere possibile? Alla luce di tutto questo, quello che prima poteva apparire disturbo di personalità, oggi non è considerato tale, poiché se la maggior parte delle persone ne sono affette non può più essere considerato un disturbo, viene, infatti, percepito come tale solo ciò che può essere registrato dalla sensibilità comune. A quanto pare, per esempio, il disturbo narcisistico di personali1 12 G. Debord, La società dello spettacolo, Dalai, Milano, 2008. tà è stato derubricato forse per l’elevata rilevanza e rappresentanza nella nostra società, perdendo una delle caratteristiche fondamentali, ovvero per parlare di disturbo di personalità ci deve essere un modello abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla cultura. L’identità, perdendo l’inclusione, perde un aspetto importante. L’identità perde i suoi confini nei suoi aspetti collettivi (gruppi religiosi, Stato, appartenenza ad altro), per la disintegrazione di tutti i meccanismi di inclusione che invece continuano ad esistere solo per l’occasione (siamo partecipanti dello stesso gioco), per la finalità del momento (condiviamo in quel momento e non oltre uno scopo) e non hanno un costante riferimento (al di là del momento). L’identità cambia ovviamente anche dal punto di vista individuale e psicologico modificandosi vertiginosamente. L’identità si modifica nella comunità windows, cioè ha un senso solo nel momento in cui stiamo insieme, in cui è aperta quella finestra pronta per chiudersi: «Comunità che prendono corpo, anche se solo in apparenza, quando si appendono in guardaroba i problemi individuali, come i cappotti e i giacconi quando si va a teatro»2. Ogni finestra può essere la conseguenza del livello di angoscia esistenziale che è aumentato. La crisi dell’uomo che succede alla ultra-modernità non consente di trovare più un riferimento, tanto che aumentano a dismisura le dipendenze (sexual addiction, dipendenza affettiva, dipendenza da droghe, da giochi di ogni tipo), le uniche che sembrano dare un momentaneo sollievo, in un mondo che a volte ci fa pensare che non esiste nessuna gratificazione profonda, tranne ciò che può dare una gratificazione immediata (cibo, sesso, gambling). 1.1 Identità come puzzle Può valere l’ipotesi suggestiva che la nostra identità è divenuta come quella di un puzzle, nel senso che cambiamo alcuni pezzi per mutare la nostra identità in modo variopinto e cangiante. 2 Z. Bauman, Invervista sull’identità, Laterza, Bari, 2009. 13 Apriamo nuove finestre e le mettiamo tutte in parallelo, godendoci contemporaneamente situazioni e ruoli differenti proprio come nei giochi di ruolo. L’identità virtuale non è più virtuale ma ha preso piede anche nel mondo reale. Il lavoro di un costruttore di identità è un lavoro di bricoleur, che crea ogni sorta di cose con il materiale a disposizione. Un inventore di nuove finestre che apre nuovi passaggi in apparenza virtuali per poi diventare presto reali, proprio come in un embrione, unica cellula totipotente, dove tutto sembra possibile: Prima che un qualsiasi evento si manifesti nella realtà visibile tutte le possibilità coesistono in stati quantistici sovrapposti. È l’interazione/osservazione che determina il collasso della funzione d’onda e l’attuazione dell’unico evento che si rende visibile e misurabile3. Il virtuale trasforma il reale come un nuovo vestito trasformando l’identità: «Le identità sono vestiti da indossare e mostrare, non da mettere da parte e tenere al sicuro…»4. In questo cambiamento anche gli strumenti elettronici e la tecnologia hanno dato un notevole contributo. Un paradosso: all’inizio dell’epoca di internet l’identità virtuale era veramente virtuale (vedi la chat fatta con nickname, ovvero nomi di fantasia), ora l’identità virtuale è divenuta reale, nella sua virtualità. Sembra una contraddizione ma il senso è che ognuno nelle chat ha spesso un nome che è quello proprio, rimanendo solo il nome poiché molto spesso l’identità non corrisponde perfettamente (come su facebook) a quella reale. Una identità che si muove parallelamente al di fuori di quella fisica e corporea e cammina a ritmi spediti in modo diverso, su mondi distanti da quelli fisici, creando un vero e prorio spazio delle varianti. 3 4 14 Collasso della funzione d’onda di Schrödinger. Z. Bauman, Invervista sull’identità, cit. L’identità si avvale di una revisione fondamentale, fatta di una domanda essenziale: chi sono io? Durante la mia vita professionale incontro molte persone che non si sono mai fatte questa domanda perché la danno per scontata, banale, inutile, ma è realmente così? Oggi sappiamo chi siamo? Una volta a causa dei legami soprattutto affettivi, che erano stabili ed immutabili, essere significava stare incardinato in precisi legami, ed oggi? Anche il sentimento di trascendenza, tutto ciò che consentiva di dare un senso alla nostra esistenza, al di là di noi ed esprimere la nostra identità anche con regole che si muovevano in modo superumano, ora è morto con la ormai nota frase di Nietzsche: “Dio è morto”. 1.2 Vite frenetiche e annoiate Vite di corsa, parafrasando il titolo di un libro di Bauman, l’autore che ci lascia intendere che tutto oggi si svolge a velocità e ritmi differenti da quello che poteva accadere una volta. La vecchia e usuale frase quando avrò 50 anni metà della mia vita si è svolta in un mondo che non c’è più non è più valida, poiché i cambiamenti sono addirittura molto più repentini e veloci. Anche le patologie si stanno modificando e soprattutto cambiano gli sviluppi della persona che non possono essere uguali, modificando interamente l’humus dove ci si sviluppa e si cresce. Prevale un non senso che a volte pervade l’esistenza della vita attuale e ci impedisce di entrare nel flusso della cose, garantendo e cronicizzando un sentimento che oggi sembra molto più comune ovvero la noia. In effetti la noia dal punto di vista psicologico è proprio la incapacità di entrare nel flusso della vita. Il non senso ci avvicina al nichilismo5 che in questo testo verrà ampliato e sviluppato. L’incapacità di dare un senso e il sentimento 5 P. Romeo, Il nichilismo contemporaneo nella società contemporanea, in C. Lorè, Tra scienza e società, Giuffrè, Milano, 2009. 15 della noia creano una specie di cortina che distrugge i progetti e sviluppa un senso di precarietà. Ogni idea o ideologia per questo diventa inutile e foriera di cattivi risultati. Per poter portare avanti dei progetti bisogna crederci, la fiducia è un elemento indispensabile per trasformare ed indirizzare i cambiamenti. La trascendenza, il desiderio di eternità dei poeti romantici sono scomparsi e sembrano sostituiti da un riciclaggio continuo delle identità come in un grande centro di bricolage, un fai-da-te che permette di incollare, segare, cambiare e trasformare tutto ciò che abbiamo, anche quello più aderente alla nostra pelle, come la camicia di Nesso. Sembra che si è detto “basta” con tutto ciò che richiede impegno e sacrificio, anche perché tutto è così breve e fugace, figuriamoci i partiti, le ideologie, i progetti ed anche il lavoro che a contratto va di tre mesi in tre mesi, figuriamoci se possiamo avere un’identità e poi perché? Sembra quasi che avere una identità ben definita sia divenuto disfunzionale. Dal punto di vista evolutivo è più comodo non avercela, per vivere in una società che ci chiede profondi e continui cambiamenti. Sembra quasi che l’unica continuità è la mancanza di continuità. Ecco la nuova identità, quella che non ha sussistenza, che esiste solo per il momento, che sembra seguire nuove diete più efficaci, tenersi in forma, cambiare le pareti di casa, sostituire l’auto, la t-shirt, il copridivano, ecc. Alla domanda che cosa significhi essere individui, chiunque – dai filosofi fino a coloro che non si sono mai chiesti che mestiere faccia il filosofo – darebbe più o meno una risposta del genere: essere individui significa essere unici e diversi da chiunque altro. “Io sono colui che sono”, che significa: sono un essere unico, una creatura unica, fatta in modo peculiare. Questa definizione si riferisce a ciò che siamo dentro e non a ciò che abbiamo fuori, a ciò che siamo e conosciamo e non a ciò che possediamo, vecchia e annosa questione di Erich Fromm, dal libro Avere o essere. 16