cinquecento anni di storia

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cinquecento anni di storia
CINQUECENTO ANNI DI STORIA
di Giorgio Oldrini e Miguel Barnet
DAI CONQUISTADORES AL “CONTRAPPUNTO DELLO ZUCCHERO E DEL TABACCO”
di Giorgio Oldrini
Occhio del ciclone attorno a cui da sempre ruotano interessi che coinvolgono tutto il mondo, Cuba è senza
dubbio un'isola straordinaria. E straordinario è il suo ruolo. Cuba è un punto caldo: fin dall'arrivo degli
Europei e per tutta la sua storia. La racconta per noi Giorgio Oldrini, capo-servizio di “Panorama”, per molti
anni corrispondente all'Avana de “l'Unità”; in questa prima parte, dalla “conquista” alle soglie del Settecento.
Attratti dall'oro, i conquistadores arrivano a Cuba.
Nel 1510 Diego Colombo, figlio di Cristoforo, che ha ereditato i diritti del padre e che
risiede . a Hispaniola (nel territorio dell'attuale Haiti) stipula un contratto con Diego
Velázquez. Il conquistador si impegna a prendere possesso di Cuba, “a convertire gli indios
alla religione cattolica, a cercare l'oro e a fondare centri abilitati”.
Velázquez ha già una lunga esperienza militare e politica. Ha partecipato alle guerre
d'Italia e, sbarcato a Hispaniola, ne è diventato l'uomo più ricco. Nell'estate del 1 5 1 0
r a c c o g l i e i t r a c u i H e r n a n C o r t é s , f u turo conquistatore del Messico, e parte
per Cuba. Sbarca sulla costa sudorientale dell'isola, in un porto chiamato Palmas.
Annuncia di essere arrivato per “pacificare Cuba”, secondo una terminologia cara ai
conquistadores; in realtà Cuba non sa neppure cosa sia la guerra.
Proprio l'arrivo degli spagnoli, preceduti dai racconti orribili degli indios fuggiti dalla
vicina e già conquistata Haiti, arma la mano degli indigeni. Ma sono frecce e pietre contro
cavalli, armature e armi da fuoco. Capo della resistenza è l'indio Hatuey, che sa sfruttare la
conoscenza del terreno e muoversi a proprio agio nella fitta vegetazione. Ma dopo pochi
mesi viene catturato e bruciato vivo.
Sconfitta la resistenza degli indios, Velázquez fonda la prima città dell'isola, Baracoa,
proprio di fronte ad Haiti, da dove può ricevere rapidamente aiuti. Quindi manda i suoi due
luogotenenti-a occupare tutta la parte orientale di Cuba: Francisco de Morales a Maniaban (a nord
dell'attuale provincia di Holguín) e Pánfilo de Narváez a Bayamo. Gli indigeni accolgono le
truppe con doni, viveri e centinaia di pappagalli multicolori. Ma ben presto gli spagnoli
obbligano gli indios a lavorare come schiavi. Violenze, stupri e imposizioni sono all'ordine del
giorno. I taínos reagiscono come possono, senza un'organizzazione, senza armi paragonabili a
quelle degli invasori. Il loro destino è segnato. Arrivano in alcuni casi a scegliere, come
ultima, disperata forma di resistenza e di protesta, il suicidio collettivo.
Nel 1513 Diego Velázquez è pronto a partire per la conquista di tutta l'isola. Al centro
marcia una colonna guidata da Panfilo de Narváez con Juan de Grijalva come vicecomandante,
a nord un brigantino naviga al largo della costa; a sud lo stesso Velázquez con una flottiglia di
canoe accompagna e dirige le operazioni.
A Caonao, l'attuale Camagüey, è la strage. Secondo quanto scrive Fernando Portuondo, “i
conquistatori trovarono riuniti circa duemila indios in una piazzetta, tutti accosciati, aspettandoli
con molto pesce e casabe, il pane fatto con la yuca. Cominciò l'ormai consueta distribuzione di
vettovaglie alla truppa, quando uno degli spagnoli estrasse la spada e si lanciò su un indio, subito
imitato da altri soldati. Si produsse una terribile strage”. “Scorreva un torrente di sangue, come se
avessero ucciso molte vacche”, racconta Bartolomé de Las Casas, testimone irato di
quell'inutile carneficina.
Nel 1514 Diego Velázquez porta a termine la conquista dell'isola e inizia la colonizzazione.
Le prime città e il miraggio di favolose ricchezze
Dopo Baracoa e Bayamo (quest'ultima fondata nel 1513 all'inizio della campagna di conquista col
nome di San Salvador) Velázquez fonda altre cinque città. Ai suoi luogotenenti viene affidato il
controllo dei centri scelti per dare il via alla colonizzazione: la Sanctissima Trinidad (oggi
Trinidad), Sancti Spiritus e San Cristobal (L'Avana) nel 1514. L'anno successivo Santa Maria del
Puerto del Principe (oggi Nuevitas) e infine Santiago de Cuba. Quest'ultima viene costruita a lato
di “un porto molto a proposito della navigazione di questi regni” ed è scelta per la sua
vicinanza ai possedimenti di Velázquez a'Hispaniola.
I1 miraggio dell'oro, per quanto fatale alla popolazione indigena, dura poco a Cuba. I
conquistadores costringono gli indios a setacciare le acque dell'isola alla ricerca di pepite e nel
1519 si raggiunge il risultato più brillante: 112.000 pesos, 25.000 dei quali finiscono nelle
casse della Corona. Ma è un fuoco di paglia. Sedici anni dopo, il governatore: Manuel de Rojas,
sommerso dai debiti, chied e d i e s s e r e s o s t i t u i t o n e l l a c a r i c a . L a f i n e d e l l a
c o r s a all'oro, la mancanza di manodopera dovuta alle ripetute stragi di indigeni, la fuga
degli spagnoli disillusi avviano Cuba a una rapida decadenza.
I 100.000 indios che popolavano Cuba al momento della conquista, 40 anni dopo sono
diventati 5000. Gli spagnoli se ne vanno spinti plus ultra dal miraggio di terre ben più
ricche d'oro e d'argento e dall'incoraggiamento di Carlo V. Da qui partono le spedizioni per
la conquista del Messico e della Florida, guidate da spagnoli che spesso portano con sé gli
indios come scudieri o uomini di fatica. I bianchi, che nel 1518 erano quasi 3000, si
sono ridotti nel 1544 a 600. Nel 1517 intanto hanno fatto la loro comparsa, i primi dodici
schiavi neri, avanguardia di quella che diventerà un elemento essenziale della
nazionalità cubana.
La ripresa comincia per Cuba con una rapida riconversione produttiva:
l'allevamento, praticato ad ampio raggio, consente di esportare pelli in Europa, maiali e
cavalli in Messico e in Perú. Ma la salvezza è soprattutto la scoperta del canale delle
Bahamas, che fa del porto dell'Avana la base di passaggio obbligata per tutte le navi che
portano in Spagna le ricchezze estratte nel nuovo mondo. La nuova situazione viene
sancita dallo spostamento della capitale da Santiago all'Avana, di fatto dal 1553, e
poi ufficialmente dal 1607.
L'Avana è un meraviglioso porto naturale, con un canale di accesso stretto e
profondo che si apre improvvisamente in una grande baia a forma di foglia di
platano. Questo suo nuovo ruolo di “stazione dei tesori” attrae come una calamita i
predatori del mare. Le Antille, e in particolare Cuba, diventano in breve il centro
della pirateria mondiale e l'attuale ' Isla de la Juvcntud, a sud di Cuba, viene scelta come
rifugio ideale dopo le scorrerie, grazie ai fondali bassi che consentono alle veloci e leggere
navi dei pirati di sfuggire a l'in s e g u i m e n t o dei pesanti galeoni spagnoli.
L'Avana, “chiave del nuovo mondo”
Il commercio da e per Cuba è monopolizzato per decreto reale dalla “Casa de Contratación”
di Siviglia, fondata nel 1503 da Isabella la Cattolica. Ma questo monopolio costituisce
un vincolo insopportabile per l'economia cubana; cominciano così a prosperare i
contrabbandieri che promuovono il commercio con altri paesi e con le colonie vicine, al di
fuori del controllo della “Casa de Contratación”.
A partire dal 1526 il re di Spagna obbliga le navi che vanno e vengono dalle Americhe a
procedere in gruppo con una scorta armata. Come spesso accade alle ordinanze dei re di Spagna, anche
questa viene all'inizio rispettata saltuariamente. I commercianti sono restii ad applicarla perché rallenta
notevolmente i traffici, e soprattutto perché questi servigi delle scorte vanno profumatamente pagati.
Ma poiché i corsari francesi costituiscono ormai una minaccia quotidiana, Filippo II interviene
due volte (nel 1561 e nel 1564) con norme precise e severe. Stabilisce che ogni anno
dovranno partite due flotte da Siviglia per l'America Latina: in marzo quella per le Antille e il
Messico, in agosto quella per il Sudamerica. Entrambe devono svernare nel nuovo mondo
e trovarsi a marzo cariche di metalli preziosi e di prodotti nel porto dell'Avana, per
salpare insieme alla volta della madrepatria.
Ai corsari francesi si sostituiscono quelli inglesi, il cui capofila è sir Francis Drake. Per la
Spagna la distruzione dell'Invencible Armada nel canale della Manica ad opera della
Marina di sua maestà britannica, nel 1588, è un colpo decisivo. L'Inghilterra diventa
la prima potenza navale del mondo.
Intanto L'Avana è diventata la “chiave, dal nuovo mondo”, ma una chiave in costante
pericolo e dunque i re spagnoli decidono di fortificarla. A partire dalla seconda metà del
Cinquecento vengono costruite le fortezze della capitale; un secolo dopo si cominciano a
edificare le mura.
Contemporaneamente si rende necessario edificare una serie di infrastrutture civili,
prime fra tutte quelle che riguardano il porto e i cantieri. Qui, dove prima ci si limitava
a riparare le navi, si comincia ora a costruirle. Nel 1592 si inaugura anche il primo
acquedotto, la Zanja di L'Avana. Si aprono alberghi e locande, e tutt'intorno al porto si sviluppa
un'agricoltura destinata soprattutto i rifornire la flotta.
Paradossalmente questo fiorire di L'Avana non porta alcun beneficio all'economia delle altre
province dell'isola. Da una parte, infatti, tutte le merci che le raggiungono sono gravate dalle tasse e
dai costi dei trasporti difficoltosi. Dall'altra, i pochi prodotti destinati all'esportazione (rame,
legno pregiato, pelli) vengono trasportati con piccole e vulnerabili imbarcazioni all'Avana e qui
devono aspettare marzo per sapere se troveranno spazio sulle navi già cariche di tutte le merci
raccolte in Messico e in Perú.
1600: il secolo dei predatori
Il XVII secolo è quindi per Cuba e per la Spagna un continuo stillicidio di assalti, rapine,
saccheggi dovuti al cresc e r e d e i p r e d a t o r i , i n c o r a g g i a t i e p r o t e t t i d a l le potenze
nemiche.
Nel 1628 una flotta olandese guidata dal corsaro Peter Pieters Hayn assalta e depreda i galeoni
che, partiti dal Messico carichi di tesori, stanno per giungere all'Avana. Questo assalto mostra
chiaramente che l'Armada non è più in grado di difendere i convogli e mette in crisi la
strategia elaborata da Filippo II. Dalla Spagna ormai partono sempre più raramente le flotte,
sostituite da convogli ridotti o da piccole navi dal destino incerto.
La crisi economica e militare dell'impero di Madrid ha permesso alle potenze nemiche - Inghilterra,
Francia e Olanda - di conquistare molte colonie nelle Antille e nel Nordamerica e ben presto Cuba si
trova circondata da isole e territori ostili. Gli inglesi stanno costituendo le “Tredici colonie”,
embrione degli Stati Uniti, e conquistano Giamaica, Guyana, Barbados e altre isole minori. La
Francia s i i n s e d i a a l l a T o r t u g a , i n G u a d a l u p e e M a r t i n i c a . G l i o l a n d esi si
appropriano di piccole isole strategicamente importanti tra le Vergini e la Guyana. Tutti questi
territori diventano ben presta basi sicure e accoglienti per i predatori. I più fumosi corsari, pirati,
filibustieri dì quegli anni saccheggiano ogni città, ogni villaggio cubano.
Ma verso la fine del secolo la fortuna dei predatori comincia a declinare per diverse ragioni. La
Spagina, per esempio, decide di rispondere ai corsari. Cuba impara a esportare pirateria: corsari
spagnoli partono ora dall'isola per assaltare a lord volta. navi e città nemiche. Inoltre con il passare degli
anni l'impero spagnolo, più debole economicamente, non è in grado di fornire alle sue colonie i
prodotti di cui queste hanno bisogno, cosi i nove decimi delle mercanzie trasportate in America
Latina dalla flotta spagnola sono ora prodotte in Francia, Inghilterra, Olanda e in altre nazioni
europee. Quindi la pirateria rischia di ritorcersi contro chi l'ha organizzata, danneggiando il commercio delle nazioni che avevano promosso gli assalti. Per questo, nel 1697 viene stipulata la
“pace di Ryswick”: la condanna a morte dei predatori viene sottoscritta dalla Spagna e dalle nazioni
che per più di 150 anni avevano incoraggiato e finanziato la pirateria:
Il “contrappunto del tabacco e dello zucchero”
II Seicento é il secolo dello zucchero e del tabacco. Dal 1614 la coltivazione del tabacco,
inizialmente proibita a Cuba perché “tentazione del demonio”, viene liberalizzata e la “Casa de
Contratación” di Siviglia comincia a compare tutta la produzione, grezza o in polvere da annusare.
Alla fine del secolo il successo del tabacco è decretato. Quello cubano è di una qualità
nettamente superiore, al punto che il fiscale del Consiglio delle Indie raccomanda “di
sorvegliare affinché i nativi non vendano il tabacco agli stranieri per mescolarlo, come fanno,
con quello della Virginia e della Varina”. La canna da zucchero invece arriva a Cuba da
Santo Domingo, dove era giunta dal Pacifico meridionale. Per buona, parte del XVI secolo la
mancanza di sovvenzioni da parte della Corona, di manodopera e di capitali per acquistare gli
schiavi hanno impedito lo sviluppo di questa attività. Verso la fine del secolo ci. sono solo
alcuni trapiches, zuccherifici molto rudimentali che utilizzano il lavoro dei buoi, e pochi
ingenios, più moderni, che utilizzano l'energia idraulica. Quando, nei primi anni del Seicento,
giunge il sospirato finanziamento, nel giro di pochi anni nascono 37 nuovi ingenios. Però, ancora
a fine secolo, la maggior parte degli zuccherifici si trova attorno all'Avana e pochi nei pressi
di Santiago e di Bayamo; tutti producono quasi esclusivamente per il consumo interno o
per rifornire la flotta che fa capo al porto della capitale.
Cuba diventa un'isola mulatta
Nonostante le epidemie, nel corso del XVII secolo la popolazione di Cuba raddoppia. A fine secolo
vivono, stabilmente nell'isola circa 50.000 abitanti, metà dei quali sono neri o mulatti. La
popolazione indigena è quasi del tutto scomparsa: sopravvivono piccolissime colonie, a
Guanabacoa e nella zona di Bayamo. Ancora oggi tratti somatici particolari degli abitanti di
questa città (occhi chiari, pelle color cannella, corpo meno massiccio della, media) riflettono
questa antica eredità india.
I bianchi aumentano già all'inizio del XVII secolo, con l'espansione dell’economia legata alla
costruzione delle fortificazioni e al passaggio delle flotte. Altri spagnoli nel 1655 fuggono dalla
Giamaica, conquistata dagli inglesi, e si rifugiano a Cuba.
La popolazione nera cresce in modo massiccio: da poche centinaia di individui a 25.000 in un
tempo relativamente breve. Le condizioni di vita e di lavoro degli schiavi, comunque,
peggiorano notevolmente. Molti neri fuggono dai loro padroni e cercano la libertà nei
paIenques, villaggi rudimentali nascosti sui monti o nei luoghi più inaccessibili. Per
catturarli, vivi o morti, appaiono i rancheadores, veri e propri cacciatori di cimarrones (così
si chiamano gli schiavi fuggiti).
Proprio nel XVII secolo si comincia a definire la nazionalità cubana con i primi criollos, i
figli degli spagnoli nati nell'isola. Nascono le prime contraddizioni tra i peninsulares, cioè
gli spagnoli arrivati da oltreoceano, e i criollos, che tutte le relazioni dei governatori
descrivono come ribelli, dediti al contrabbando con le isole vicine e con navi estranee alla Casa
di Siviglia.
La nazione cubana comincia a unificarsi anche nelle poche scuole, gestite da sacerdoti o
monache, giunti in gran numero a Cuba. Si calcola che agli inizi del Seicento vi siano
nell'isola circa 100 suore e più di 200 tra sacerdoti e frati.
Le processioni e le messe sono l'attività sociale di gran lunga più importante nella Cuba
del XVII secolo, e prima della festa religiosa di San Pietro e Paolo i cubani escono in
maschera, spesso a cavallo, in una sorta di carnevale ante litteram. Mostrano già chiaramente
quella disinvoltura nel mescolare le tradizioni spagnole e quelle africane, quel sincretismo
che nei secoli seguenti sarà la base della cultura cubana.
DAL SETTECENTO ALLA CUBA DELLA RIVOLUZIONE
di Giorgio Oldrini
Gli spagnoli, gli inglesi, ancora gli spagnoli. Le sommosse, le, guerre di indipendenza, poi la rivoluzione:
il grande entusiasmo e un cammino difficile fino alla svolta politica degli anni Settanta.
I Borboni di Spagna, e il monopolio del tabacco
Agli inizi del Settecento scoppia in Spagna la “Guerra di successione” che porta sul trono i Borboni.
Per quel che riguarda le colonie, e Cuba in particolare, questo si traduce in un aumento della
militarizzazione e del controllo. I Borboni impongono nel 1717 il monopolio del tabacco,
ormai diventato uno dei prodotti più richiesti sul mercato europeo. Viene aperto all'Avana un
ufficio che ne cura il commercio in nome del re, la Factoría. I vegueros, i produttori
di tabacco,.si ribellano a più riprese e mostrano una coesione e una coscienza di gruppo
sconosciuto a Cuba. In realtà si tratta di piccoli produttori che si sono installati sulle terre
improduttive lasciate libere dai grandi allevatori, e che le coltivano con l'aiuto di
quell'esperienza e di quel bagaglio di conoscenze totalmente estranea gli schiavi importati
dall'Africa.
Nasce allora” e si sviluppa poi, il “contrappunto dei tabacco e dello zucchero”, che segna la
storia di Cuba. Il primo ha bisogno di un lavoro raffinato, da intenditori appassionati e sensibili; il
secondo di un impegno basato sulla quantità di braccia, sulla forza fisica e sullo sfruttamento
intenso sia degli schiavi che delle piantagioni. Le sommosse dei vegueros allentano la pressione
del monopolio e permettono di ridare fiato a una produzione ormai
in decadenza.
Un controllo assoluto di tutto il commercio da e per Cuba, compresi quello del tabacco e dello
zucchero, viene istituito nei 1740, così la fondazione della “Real Compañia de la Habana” che ha tra
i suoi principali azionisti nientemeno che il re e la regina di Spagna. La compagnia, per favorire la
speculazione, limita notevolmente le importazioni e le esportazioni e apre uno dei capitoli peggiori
nella storia dell'isola. I commercianti e i finanzieri dell'Avana legati alla “Compañia” sono gli
unici a trarre beneficio da questo controllo artificioso del commercio. Per sopravvivere,
l'economia cubana ricorre dunque sempre più spesso al contrabbando.
Gli inglesi di lord Abemarle sbarcano all'Avana
Le pesanti strutture che ingabbiano l'economia di Cuba vengono infrante dall'arrivo degli inglesi nel
1762. Il loro intervento è una chiave di volta per l'isola, che finora è stata utilizzata dagli spagnoli
solo come colonia .di servizio e come porto per le loro flotte.
Quando Carlo III sale al trono di Spagna, Francia e Inghilterra sono in guerra e quest'ultima ha
appena strappato ai nemici Canada e India. Il nuovo sovrano spagnolo si allea con i francesi e per
tutta risposta gli inglesi decidono di tentare la conquista dell'Avana, impresa che non era riuscita a
Francis Drake.
Il 5 marzo 1702 parte da Portsmouth una flotta comandata da lord Abemarle, che riceve ulteriori
rinforzi nelle acque della Giamaica: in tutto sono 50 navi di linea e fregate, 150 navi da trasporto,
2000 cannoni e 10.000 uomini. Il porto dell'Avana è imprendibile da un attacco dir e t t o , m a
l o r d A b e m a r l e s b a r c a a u n a v e n t i n a di chilometri a est della capitale e
attraversa con le sue truppe la collina affacciata sul porto.
La resistenza più efficace non é quella offerta dagli spagnoli, ma da una milizia
popolare guidata dal leggendario Pepe Antonio. Gli spagnoli tuttavia lo allontanano dal comando
e L'Avana, decimata più dalle malattie che dalle battaglie, l’11 agosto si arrende agli
inglesi. Anche per lord Abemarle il bilancio è pesante: 746 uomini perduti in battaglia e 6008 per
dissenteria e febbri tropicali.
Gli inglesi trovano un'isola in gran. parte disabitata e ancora vergine. Nonostante il disboscamento
operato dagli spagnoli per costruire navi e per inviare legni pregiati alla madrepatria, ci. sono ancora
grandi boschi di mogani, cedri, alberi da frutta, palme reali. La coltivazione del. tabacco e della
canna da zucchero e l'allevamento del bestiame, limitati dalla mancanza di crediti e di manodopera,
non sono molto estesi. La popolazione è perciò soprattutto concentrata all'Avana, “il boulevard del
mondo”, come scrive Reynal.
L'arrivo degli inglesi rompe naturalmente il monopolio della “Real Compañia” e il commercio
britannico. negli 11 mesi di occupazione dell'Avana prorompe come un torrente in piena. Circa
mille navi inglesi attraccano al porto della capitale tra l'agosto del 1762 e il giugno successivo,
scaricando un mare di mercanzie e reimbarcando zucchero e tabacco.
Non si sa con precisione quanti schiavi vengano venduti, a Cuba quell'anno, ma .le cifre, pur
discordanti (dai 4000 agli 11.000) sottolineano un'espansione senza precedenti. Quando poi la
Spagna, in seguito alla “pace di Versailles”, torna padrona dell'isola, è costretta a eliminare ogni
vincolo sull'importazione di schiavi. Così, alla fine del secolo, Cuba diventa uno dei mercati
negrieri più ricchi del mondo.'
Dal mutamento della situazione trae particolare vantaggio l'industria dello zucchero,
che adesso può importare schiavi in abbondanza, e che riceve prestiti dagli inglesi.
Nel 1770 sono già chiari i risultati di questo mutamento: 10.000 tonnellate di zucchero
esportate in un solo anno, 5 volte la quantità esportata dieci anni prima.
In un tempo molto breve una serie di avvenimenti nazionali e internazionali trasformano
l'isola nel maggior produttore mondiale di zucchero.
Gli spagnoli tornano a controllare l'isola
Quando tornano gli spagnoli, nel 1763, il porto dell'Avana ha perso il suo ruolo di stazione della
flotta: il sistema di trasporti verso la Spagna, infatti, fa capo ormai a Porto Rico. I cantieri
costruiscono sempre meno navi e sempre più macchine per gli zuccherifici. Carlo III
rompe il monopolio dei porti di Siviglia e di Cadice e apre altri sette porti spagnoli ai ,
commerci con Cuba. La Spagna offre allo zucchero dell'isola un mercato in espansione e a
prezzi stabili. Ma il grosso delle esportazioni (legali e illegali) di zucchero cubano comincia a
dirigersi verso gli Stati Uniti che dal 1776, con la loro dichiarazione d'indipendenza, si
presentano come un mercato libero in rapida espansione. Fino al 1960 proprio gli Usa
assorbiranno quasi tutta la produzione di zucchero cubano. Infine, nel 1791 la violenta
rivolta dei neri di Haiti, illusi dalla rivoluzione francese, cancella dalla mappa economica
quello che fino ad allora era stato il maggior produttore di zucchero del mondo. Ormai Cuba non ha
rivali ed eredita, anzi, il mercato e la tecnologia di Haiti. Molti ricchi proprietari di zuccherifici haitiani, infatti, fuggono a Cuba e ben presto diventano i tecnici o i padroni di
moderni ingenios Il vertiginoso aumento del prezzo dello zucchero, che tra il 1788 e il 1795
raddoppia, consente guadagni enormi. Nel 1792 Francisco Arango, Luis de las Casas e altri
proprietari fondano la “Sociedad economica amigos del país” che diventa lo strumento della
rivoluzione economica e il primo embrione di una borghesia produttiva criolla. La “Sociedad”
propugna un liberalismo assoluto, basato su una concentrazione economica e produttiva in
grandi zuccherifici capaci di fare riferimento al mercato mondiale dello zucchero e degli
schiavi. Un liberalismo, però, che poggia le sue basi sullo sfruttamento sistematico della
schiavitù. Nel 1830 Cuba è la prima produttrice mondiale di zucchero. A 70 anni dall'arrivo degli
inglesi l'isola non è più una colonia di servizio, ma una ricca colonia di produzione.
L'America Latina è in rivolta e Cuba sta a guardare
All'inizio dell'Ottocento scoppiano in America Latina le guerre di indipendenza dal dominio
spagnolo, concluse dalle vittorie del libertador Simón Bolívar. Cuba non prende parte attiva a
queste guerre per diverse ragioni, sia interne che internazionali.
La prima è probabilmente il timore che una lotta per l'indipendenza nazionale possa essere la
scintilla per una rivolta dei neri, come ad Haiti. La seconda è la divisione tra criollos e
peninsulares. I primi sono sostanzialmente produttori, padroni degli zuccherifici, delle fattorie,
delle vegas di tabacco. I secondi sono soprattutto commercianti che hanno approfittato del
monopolio per arricchirsi.
La posizione di questi gruppi oscilla insieme alle alterne vicende della madrepatria, indecisa sul
piano economico tra il liberismo e un rigido regime monopolistico. Sostanzialmente i peninsulares
sono per l'unione con la Spagna, mentre tra i criollos le posizioni sono diversificate: alcuni
vagheggiano una dipendenza dalla Spagna, ma meno stretta; altri l'annessione agli Stati Uniti,
che sono schiavisti e che costituiscono un probabile mercato in netta espansione.
Altri motivi, questa volta internazionali, spiegano poi l'esclusione di Cuba dai movimenti
indipendentisti. La liberazione del Messico porta all'Avana molti esuli e l'isola diventa, negli anni
seguenti, la base militare per il tentativo spagnolo, di riconquistare le colonie perdute. Grandi
eserciti realisti dunque si installano a Cuba, bloccando qualsiasi possibilità di ribellione.
Infine si stanno affermando come potenza in rapida ascesa gli Stati Uniti. La loro strategia
politica, riassunta nella “dottrina Monroe” (L'America agli americani), è disturbata dalla
presenza degli spagnoli. Cuba è un tassello vitale per il mosaico: gli Usa aspettano
impazienti il momento in cui l'isola passerà sotto il loro controllo e diventerà una stella in più
sulla loro bandiera,
Il nuovo zuccherificio non ha più bisogno di schiavi
Nei primi decenni dell'Ottocento su 700.000 abitanti dell'isola il 50% è costituito da neri,
schiavi o liberi. Nel 1821 l'Inghilterra, preoccupata per i bassi costi di produzione che Cuba
può permettersi grazie all'impiego di schiavi, impone alla Spagna di dichiarare fuori legge la
tratta. Ma il fenomeno non cessa, anzi si amplia a causa di 'un intenso contrabbando che
può contare sull'appoggio e sulla complicità delle autorità spagnole. Continua ad aumentare la popolazione bianca, per la costante immigrazione di coloni dai paesi
latinoamericani, e continua a crescere la popolazione nera, per il traffico, ora illegale, di
schiavi. Così nel 1841, quando per la prima volta Cuba raggiunge il milione di abitanti, la
percentuale di neri e mulatti è addirittura salita al 58%.
L'Inghilterra preme sempre perché la Spagna ponga fine alla tratta e alla schiavitù, ma quando
i bianchi cubani se ne convincono, i motivi sono due e non precisamente umanitari. Il
primo è di nuovo la paura di un'insurrezione, magari incoraggiata dagli inglesi. Il secondo è
la rapida meccanizzazione dell'industria dello zucchero, dovuta all'introduzione della
macchina a vapore e della ferrovia. La ferrovia arriva a Cuba nel 1837, prima che in qualsiasi
altra nazione dell'America Latina e prima che nella stessa Spagna. Unisce la zona di Guines,
ricca di zuccherifici, e il porto dell'Avana. A questa ne seguono molte altre, soprattutto per
agevolare il trasporto della canna. Grazie. ai rinnovamenti tecnologici, intorno al 1840 uno
zuccherificio che solo una ventina di anni prima aveva bisogno di 300 schiavi, ora funziona
perfettamente con 80.
1850: rivolte e sommosse scuotono l'isola
Intorno al 1850 Cuba è scossa da una serie di congiure e di sommosse volte a staccarla
dalla Spagna. Tutte però falliscono, sia perché il benessere economico di quegli anni frena
molti cubani, sin perché il progetto politico che sta dietro a queste rivolte è che Cuba deve
entrare a far parto degli Usa: in questo modo i bianchi saranno an co r a p i ù l i b e ri d i g es t i r e i
l o r o a ff a ri a l l 'i n t e rn o d el l a democrazia statunitense.
Il Club dell'Avana formato da ricchi criollos: il generale Narciso López, lo scrittore
Cirillo Villaverde e vari altri illustri personaggi - tenta di convincere gli Stati Uniti ad
acquistare Cuba dalla Spagna; in alternativa, cerca anche di pagare un generale
nordamericano perché invada. l'isola e la dichiari statunitense. Ma, gli Stati Uniti temono una
dura reazione dell'Inghilterra e della Francia in caso di annessione, e comunque cercano
soluzioni meno traumatiche e che non prevedano un intervento diretto dei cubani.
Del resto, tra le voci che si levano contro la nordamericanizzazione dell'isola c'è quella di
uno dei suoi cittadini più colti e progressisti, J.A. Saco, che fa coincidere l'annessione con la
fine di Cuba. E’ sicuro infatti che migliaia di anglosassoni invaderebbero l'isola, forti
della loro potenza finanziaria e delle nuove opportunità politiche, e nel giro di poco
tempo, emarginerebbero criollos e peninsulares.
“L’annessione non sarebbe tale”, scrive Saco, “ma un assorbimento di Cuba da parte
degli Stati Uniti. E io desidero che Cuba sia cubana, non angloamericana.” Saco sostiene
poi che lo scontro tra schiavisti e antischiavisti è ormai inevitabile anche negli Stati
Uniti e che quella dello schiavismo sarà tra breve e ovunque una battaglia persa.
Nasce il Partito riformista, che ha come dirigenti i nobili criollos José Ricordo
O’Farrill e Miguel Aldama e che riesce a imporre la creazione in Spagna di una “Giunta
di informazioni”, per studiare e applicare le riforme necessarie a garantire una maggiore
indipendenza e un'ulteriore crescita economica di Cuba.
Fine delle barriere doganali, sostituzione delle imposte indirette con quelle dirette, proibizione
definitiva e totale della tratta dei neri, parità di diritti politici tra abitanti di Cuba e della
Spagna., sono le richieste avanzate dalla delegazione cubana. Ma dopo mesi di lavori e di rinvii il
governo spagnolo concorda solo sull'imposizione di imposte dirette, senza peraltro togliere
quelle indirette.
La prima guerra per l'indipendenza
Dopo il fallimento della Giunta, è chiaro ormai che l'unica possibilità rimane la guerra, ma i
diversi gruppi di rivoluzionari, che si riuniscono nelle logge massoniche, sono divisi sulla
scelta del momento. Il 10 ottobre del 1868, nella fattoria La Demajagua, Carlos Manuel de
Céspedes , un ricco proprietario terriero, rompe gli indugi: suona la campana che di solito
chiama gli schiavi al lavoro e dichiara che tutti sono liberi. La guerra per l'indipendenza di
Cuba comincia qui.
Il manifesto politico che ispira la rivolta è diviso in tre parti. Nella prima si traccia un
quadro sintetico e tragico della realtà: “Situazione politica: oppressione., Situazione economica:
sfruttamento rovinoso. Situazione sociale: arretramento”. Nella seconda parte si indicano gli
obiettivi della lotta: “Tutti gli uomini sono uguali, vogliamo costruire una nazione
indipendente”. L'accenno alla schiavitù è abbastanza prudente: il documento auspica una
libertà degli schiavi graduale e compensata da un risarcimento. Infine nella terza parte
viene nominato capo de Céspedes e vengono abolite le imposte da pagare alla Spagna.
Ciascuno però deve contribuire alla causa con il 5% delle proprie ricchezze.'
Nei primi mesi di lotta i successi sono molti e tra i capi rivoluzionari si distinguono il
dominicano Máximo Gómez, che guida la prima “carica al machete”, e il camagueiano
Ignacio Agramonte. I patrioti subiscono la prima pesante sconfitta a Sabadillo; dopo la battaglia gli
spagnoli puntano su Bayamo, da mesi in mano agli insorti. Gli abitanti, per non lasciare la città in
mano ai nemici, la incendiano: è il 12 gennaio 1869.
La guerra dura dieci anni. Gli insorti sono divisi da regionalismi e da concezioni politiche diverse.
La principale contraddizione é quella tra il gruppo di Oriente, moderato, che vuole un unico
comando politico militare, e. il cui leader Carlos Manuel de Céspedes verrà presto eletto
presidente della repubblica; e il gruppo dei camagueiani, democratico, guidato da
Ignacio Agramonte, che, vuole imporre una guida collegiale sia in tempo di guerra che in
tempo di pace. L'assemblea di Guaimaro da cui esce nel 1869 la prima Costituzione della,
repubblica di Cuba, gli darà ragione.
Dopo la morte dei due leader, la divisione si acuisce, nonostante le vittorie militari di Máximo
Gómez, del mulatto Antonio Maceo e di Calixto García. Nel 1876 la Spagna assegna il comando
dell'isola al generale Arsenio Martínez Campos, che unisce un'efficace tattica militare a una grande
abilità politica. Il 10 febbraio del 1878 il generale firma con i capi degli insorti il “patto del
Zanjon”, che è in pratica la resa dei patrioti. Solo Antonio Maceo rifiuta di arrendersi e
nella sua “protesta di Baraguá” annuncia che continuerà a lottare. Ma ormai è solo. Nel
maggio di . quello stesso anno la prima guerra d'indipendenza ha termine.
Gli anni del “riposo turbolento”
Tra la fine della guerra dei dieci anni e l'inizio di quella del 1895 Cuba vive un “riposo
turbolento” (sono parole di José Martí: un riposo agitato da frequenti sommosse e da una
seconda guerra d'indipendenza durata qualche mese, la “guerra chica”. Ma in questi anni si
bruciano soprattutto le illusioni di una soluzione pacifica ai problemi di Cuba, mentre l'isola
muta sostanzialmente sul piano politico, economico e sociale. Nello stesso 1878 nasce il
Partito liberale autonomista, che aspira a una maggiore indipendenza dell'isola, mentre subito
dopo i peninsulares danno vita all'Unione costituzionale.
In questi anni, ufficialmente dal 1886, viene finalmente abolita la schiavitù nell'isola. I
neri hanno pagato duramente la “guerra dei dieci anni”: infatti la popolazione di colore, che
prima della guerra rappresentava il 43%, a guerra finita è scesa al 32.
Si sviluppa l'associazionismo: si moltiplicano i casinos, club dove si riuniscono i peninsulares; i
licei, frequentati dai criollos; le logge massoniche. Nascono le prime organizzazioni operaie e i
lavoratori del tabacco conquistano il curioso diritto al lector, un lettore che durante. le ore
di lavoro legga loro romanzi, poesie, articoli di giornali. Il 16 gennaio del 1892 si svolge
all'Avana il primo congresso regionale operaio che lancia la campagna per le otto ore di
lavoro e che per la prima volta dichiara di aderire al “socialismo rivoluzionario”. Ma le lotte
sociali vengono ben presto assorbite da quelle per l'indipendenza nazionale. In questi anni
l'industria dello zucchero, che ha dovuto far fronte alle distruzioni della lunga guerra e alla
rinnovata concorrenza internazionale, si concentra.- I vecchi ingenios vengono sostituiti dal
central, un complesso moderno che utilizza macchine anziché schiavi. Gli investimenti devono
essere massicci e molti produttori locali falliscono. Nel 1883 i proprietari dello zuccherificio
Soledad di Cienfuegos non riescono a pagare i debiti contratti con un finanziere statunitense, e
questo si impadronisce della fabbrica. È il via a un vertiginoso intervento del “grande
vicino del Nord” nell'economia dell'isola.
Nel 1881 il console statunitense all’Avana scrive
c h e “ c o m m e r c i a l m e n t e Cuba si è trasformata in una dependance degli Usa,
anche se continua a dipendere politicamente dalla Spagna”, Ed effettivamente nel 1884
1'85%, di tutte le esportazioni dell'isola viaggia in direzione degli Stati Uniti. Anche il 94%
dello zucchero cubano finisce qui.
Quando nel 1890, gli Stati Uniti minacciano con “l’imposta McKinley” di bloccarne l'importazione
se la Spagna non toglierà le imposte sui prodotti nordamericani dir e t t i a l l ' i s o l a , C u b a
r e a g i s c e . N a s c e i l “ m o v i m e n t o e c o n o m i c o ”, che per la prima volta vede uniti criollos e
peninsulares in difesa dell'economia nazionale.
L’Unione costituzionale si spacca e la Spagna è costretta a stipulare nel 1891 un trattato
commerciale con gli Stati Uniti. Ma la crisi ha intanto incrinato ulteriormente i rapporti tra
madrepatria e colonia e qui lo spirito di indipendenza si è fatto più forte. Si prepara il terreno,
insomma, per una nuova guerra il cui apostolo sarà José Martí.
Martí lo scrittore, il poeta, il rivoluzionario
Nei suoi 42 anni di vita Martí è scrittore, poeta, giornalista, ma soprattutto organizzatore
politico dell'indipendenza cubana: da una Spagna ormai in declino, ma anche .e soprattutto
dagli Stati Uniti, che Martí individua come una grande potenza imperialista. E ancora poche
ore prima di cadere in battaglia, scrive: “Lotto per impedire che gli Stati Uniti si approprino
delle Antille e con questo. peso in più cadano sulla nostra America”. Ma l'indipendenza
cubana per José Martí è solo una parte del progetto di liberazione di tutta l'America Latina,
“nuestra America”, come la chiama, nella quale avrebbero avuto pari dignità tutte le razze, gli
indios, i bianchi, i neri.
Nato nel 1853, Martí ha solo 15 anni quando, durante la prima guerra di indipendenza, viene
condannato a sei anni d'esilio in Spagna. Poi va in Messico e in Guatemala e nel 1879 torna
a Cuba, in tempo per partecipare alla “guerra chica” ed essere esiliato una seconda volta:
prima a New York, poi in Venezuela, poi ancora a New York, dove riannoda i fili della sua
strategia. Comprende che per vincere contro la Spagna e arginare le mire espansionistiche degli
Stati Uniti, occorre dare unità nazionale e politica al movimento. Nel 1892 fonda a New York il
Partito rivoluzionario cubano e riesce a mettere insieme i vecchi capi delle guerre del 1868 e
del '79 e i giovani esiliati. Máximo Gómez, che si trova a Santo Domingo, viene nominato
comandante capo; Antonio Maceo, che è in Costa Rica, capo della regione d'Oriente. È il 1895:
l'insurrezione viene decisa per il 24 febbraio, ma per quel giorno né Martí, né Gómez, né Maceo
sono ancora giunti a Cuba. Le truppe si muovono allora al comando di Guillermon
Moncada, Bartolomé Masó, Manuel Sanguily.
I primi giorni di aprile, finalmente, i tre leader sbarcano a Cuba e il 5 maggio si riuniscono nello
zuccherificio La Majorana, senza tuttavia raggiungere un accordo. completo. Il 17 maggio si
incontrano ancora, poi Martí e Gómez partono per un'azione militare verso occidente, ma a Dos
Rios, in uno scontro con le truppe spagnole, José Martí viene ucciso: la guerra è appena iniziata e
Cuba già sconta un grande lutto e un tremendo vuoto politico e organizzativo.
Dicembre 1895: è di nuovo la guerra
La situazione delle forze in campo apparentemente sempre favorevole agli spagnoli, che nel
giugno del 1895 mantengono a Cuba 52.000 soldati, 19 navi da guerra, un armamento molto
avanzato e controllano tutta la rete delle comunicazioni. Maceo e Gómez, invece,
possono contare su 7000 uomini armati sommariamente e senza artiglieria, eppure la campagna
comincia con una serie di vittorie degli insorti in Oriente. Poi il 22 ottobre parte
l'operazione: che tutti i rivoluzionari cubani hanno sognato: il passaggio da Oriente a
Occidente, la cosiddetta invasione. 3600 uomini oltrepassano la linea fortificata della
Trocha, con la quale gli spagnoli si erano illusi di tagliare in due l'isola e si scontrano con i
nemici a Mal Tiempo, nei centro di Cuba. Quella mattina, il 15 dicembre, Máximo Gómez
passa In rassegna i suoi uomini: il loro parco munizioni consiste in due cartucce a testa. Poche
ore dopo, 400 mambí, i militanti dell'esercito rivoluzionarlo, attaccano le forze spagnole, ingenti e
ben armate, nella più leggendaria “carica al machete” della storia cubana. 200 spagnoli
vengono uccisi e la colonna viene dispersa e messa in fuga. Nel giro di tre mesi Gómez e
Maceo raggiungono le province dell'Avana e di Pinar del Río: l'invasione può dirsi completata.
L'operazione ha tre obiettivi: dimostrare che l'esercito spagnolo si può battere; rendere evidente
anche all'estero che non si tratta dell'insurrezione di pochi ribelli, come pretende la
propaganda spagnola, ma della guerra di un popolo per la sua indipendenza; distruggere le.
fonti di ricchezza che permettono alla Spagna di finanziare la guerra. A questo punto Madrid
sostituisce Martínez Campos con il generale Valeriano Weyler, l'uomo adatto a condurre una
guerra di sterminio. Weyler, promulga pesantissime leggi di emergenza e fa terra bruciata
attorno agli insorti. Ma in Oriente Calixto García, che con un'artiglieria rudimentale ha già
conquistato grandi centri fortificati, nell'agosto del 1897 espugna anche Vittoria de Las Tunas. La
guerra continua con netto predominio, degli insorti in Oriente e a Camagüey; con esiti più alterni a
Las Villas e in Occidente. Sempre in agosto viene assassinato in Spagna il Primo ministro
Canovas. Lo sostituisce il liberale Sagasta, che ritira Weyler e invia a Cuba il moderato
Ramón Bianco. È ormai chiaro che la guerra ha avuto una svolta importante, nonostante
le divisioni tra civili e militari serpeggiate tra gli insorti e la morte, sul campo di battaglia
di San Pedro, il 7 dicembre, di Maceo e del suo aiutante Panchito Gómez, figlio di Máximo.
Alla fine dell'anno la Spagna promulga una Costituzione coloniale che concede a Cuba e Porto
Rico una moderatissima autonomia. Ma ormai è tardi.
Primi anni del '900: la pace vale 200 milioni di dollari
Il 15.febbraio. 1898 l'incrociatore Maine della marina statunitense esplode nella baia dell'Avana:
muoiono 266 marinai. Gli Usa l'hanno inviato da tre settimane in acque cubane, formalmente per
proteggere gli statunitensi che si trovano nell'isola e per impedire eccessi nella guerra; in realtà per
partecipare alle trattative di pace sostituendosi agli spagnoli nel dominio dell'isola. Non è
chiaro se i l Maine s i a s t at o o g get t o d i u n at t en t at o o p i u t t o s t o d i un autoattentato.
Quello che è certo é che gli Stati Uniti ne approfittano per aprire ufficialmente le ostilità contro la
Spagna. Anche se i patrioti cubani hanno già vinto la guerra, il 3 luglio la flotta statunitense
distrugge quella spagnola davanti a Santiago in una battaglia in cui, secondo uno storico, “gli uni
avevano le armi e gli altri fungevano da bersaglio”.
La vittoria dei mambí diventa quindi un successo degli Stati Uniti, che il 10 dicembre impongono
alla Spagna la “pace di Parigi” e a Cuba sostituiscono al dominio coloniale classico una forma più
moderna e giuridicamente raffinata di colonialismo. Il 1° gennaio 1899, all'Avana, il generale Brooke
riceve solennemente le chiavi della città dall'ultimo capitano generale spagnolo, Jiménez y
Castellanos e avvia i primi passi della republica mediatizada, strettamente dipendente dagli Usa.
Capolavoro giuridico e strumento della nuova dominazione è l’emendamento proposto dal senatore
Platt e approvato dal Senato di Washington il 25 febbraio 1901 come appendice al bilancio militare
degli Stati Uniti. “Cuba acconsente che gli Usa si riservino e mantengano il diritto di intervento per
la conservazione dell’indipendenza cubana e il mantenimento di un governo solido” dice in uno dei
suoi passi fondamentali l’emendamento. Vieta inoltre al governo di Cuba di stipulare trattati
internazionali o di contrattare prestiti senza l’approvazione nordamericana e concede agli Stati
Uniti la possibilità di installare alcune basi militari, tra cui quella di Guantánamo, occupata ancora
oggi. Nonostante l'opposizione di parte dei. legislatori cubani, l’emendamento Platt viene
addirittura introdotto nella Costituzione dell'isola, sotto la minaccia di un'occupazione, indeterminata
delle truppe nordamericane. Il primo presidente della republica mediatizada è un maestro protestante
che ha vissuto lunghi anni negli Stati Uniti, don Tomás Estrada Palma. È proprio lui, per sedare
alcuno rivolto, a richiedere il primo intervento dei marines a Cuba in base all'emendamento Platt. Il
29 settembre 1906 duemila soldati sbarcano all'accampamento Columbia dell'Avana. Il Ministro della
guerra nordamericano Taft scrive alla moglie: “Se non assicuriamo la pace, qualcosa come 200
milioni di dollari di proprietà nordamericana andranno in fumo”
Cuba si veste di stelle e strisce
L'occupazione militare affianca una precisa politica di penetrazione economica. Nel 1909 sono in
funzione a Cuba 170 zuccherifici: il 34% dello zucchero proviene da fabbriche di proprietà
statunitense, il 35% da fabbriche spagnole o europee e il 31% da fabbriche cubane per lo più ipotecate
da banche nordamericane.
Si scatenano speculazione e corruzione. All'Avana, si costruisce dappertutto: anche in quella parte
della città che fino ad ora era stata vietata alle costruzioni, il Vedado, e che nel giro di pochi anni
diventa il centro residenziale della capitale, dove si trasferiscono gli statunitensi e i politici cubani
più ricchi, legati agli Usa. L'antico cuore della capitale, Habana Vieja, si trasforma in un centro
commerciale circondato dai quartieri più poveri. Cuba dipende completamente dagli Usa: è negli Stati
Uniti che si vendono tutto lo zucchero e il tabacco cubani ed è dagli Stati Uniti che arrivano tutti i
prodotti di importazione.
La situazione interna è segnata anche da una forte discriminazione razziale: il 55% della popolazione
nera è analfabeta (contro il 26% di quella bianca) e nessun nero possiede uno zuccherificio o una
piantagione di qualche importanza. Il Partito indipendente di colore, sorto nel 1907 per pretendere
parità di condizioni di vita. e di lavoro tra bianchi e neri, nel giro di cinque anni è in grado di
presentarsi alle elezioni. Si rifà agli insegnamenti di Martí, un bianco, e all'esempio del generale
Antonio Maceo, un mulatto. Ma nonostante questo il governo dichiara fuorilegge tutti i partiti che
fanno propaganda di separazione razziale, emanando un decreto fatto apposta per mettere fuori
gioco un partito che pure ha presentato la piattaforma politica più avanzata della storia di Cuba. La
risposta al divieto è una protesta armata che viene sanguinosamente repressa dall'esercito. Nel giro
di due mesi le truppe uccidono tremila militanti neri e ne incarcerano altre migliaia.
Prende risalto, a questo punto, la figura di Carlos Baliño, che fa da ponte tra le lotte,per
l'indipendenza nazionale del secolo scorso e le lotte rivoluzionarie di questo secolo. Baliño infatti è
un operaio che ha collaborato strettamente con Martí nella guerra del '98 e che poi è stato, nel
1925, tra i fondatori del primo Partito comunista cubano, insieme a Julio Antonio Mella.
Quest'ultimo, che aveva aderito alle idee socialiste cubanizzandole e a soli 20 anni aveva fondato la
rivista “Juventud” considera l'unità razziale e la centralità della classe operaia basi indispensabili
della nazionalità cubana e auspica una forte unità tra movimento studentesco e movimento operaio.
Scrive: “Cuba ha bisogno di una rivoluzione democratica, liberale, nazionalista. Se no si produrrà nel
giro di due o tre anni, Cuba sarà sotto il giogo dell'imperialismo fino all'epoca delle rivoluzioni
proletarie del continente”. La sua non comune capacità di iniziativa politica lo rende estremamente
pericoloso: nel novembre del 1925 Mella viene arrestato. ma in carcere inizia uno sciopero della
fame. Dopo 20 giorni Gerardo Machado, eletto presidente quello stesso anno, è costretto a
rilasciarlo; ma meno di due mesi dopo lo fa assassinare a città del Messico dove viveva in esilio.
La dittatura di Gerardo Machado
Machado instaura una gestione dittatoriale del potere e stringe legami ancora più intensi con. gli Stati
Uniti. La corruzione dilaga e la repressione del movimento operaio e democratico è feroce.
L'assassinio è all'ordine dei giorno; molti dirigenti politici o sindacali vengono torturati, fatti sparire,
oppure gettati in pasto ai pescecani dal castello del Morro.
Machado sfrutta con grande abilità la divisione tra i suoi oppositori, alternando la repressione dei più
combattivi alla corruzione dei più opportunisti. Poi, con un programma faraonico di opere pubbliche, tra
cui la costruzione del Campidoglio e della Carretera central, cerca di conquistare un appoggio
populista al regime. Machado è uno strumento ideale in mano agli Stati Uniti, che proprio in quegli
anni si impadroniscono di quasi tutta la produzione di zucchero e di elettricità, dei telefoni, dei
trasporti e di gran parte delle costruzioni, oltre che delle banche. Dopo i quattro anni costituzionali,
Machado ottiene dal Parlamento una proroga di due anni di presidenza e nel 1929 una rielezione per
altri sei anni. Il presidente statunitense Coolidge, in visita a Cuba, dichiara: “Cuba è oggi
indipendente e libera, prospera e pacifica, gode dei vantaggi dell'autogoverno e ha raggiunto una
stabilità del proprio governo nella genuina espressione dell'opinione pubblica alle urne elettorali”
Intanto l'opposizione, già vivace anche se non unitaria, cresce ancora quando scoppia la crisi del'29:
Cuba, che ha accumulato un debito con l'estero di 145 milioni di dollari e che vive solo grazie ai
prestiti dei banchieri statunitensi, viene travolta. La centrale sindacale, Cnoc, ormai controllata dai
comunisti, organizza scioperi sempre più massicci.
Due leader appaiono ora sulla scena: Rubén Martínez Villena e Antonio Guiteras, fondatore di un
nuovo movimento politico che ha come obiettivo la rivoluzione. Guiteras attacca la caserma
Moncada, come farà Fidel Castro, ma la rivolta del 1933 è più composita della rivoluzione
che seguirà vent'anni dopo. Vi gioca un ruolo importante una formazione politica borghese e in
parte terrorista come l'Abc, che inizialmente punta su un intervento degli Stati Uniti per
togliere di mezzo Machado e che finisce poi per vantarsi di aver impedito l'intervento dei
marines. Inoltre la lotta politica e le mobilitazioni sindacali e studentesche hanno in questo
momento un peso maggiore di quello che avranno negli anni Cinquanta, quando anche la
dimensione politica sarà fortemente segnata dalla guerriglia e dallo scontro militare.
Il nuovo presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt e il suo nuovo
ambasciatore all'Avana, Summer Wells, considerano ormai indifendibile Machado e premono
perché si dimetta. In un paese paralizzato dagli scioperi, scosso dalle esplosioni e senza più
l'appoggio statunitense, la notte tra il 12 e il 13 agosto Machado parte per Nassau con cinque
valigie colme d'oro.
Gli anni della crisi convulsa
Il nuovo presidente è Ramón Grau San Martín, un progressista che insegna all'università
dell'Avana. Ma il suo governo si trova presto diviso tra un'ala radicale che fa capo a
Guiteras, Ministro degli interni, e un'ala reazionaria che fa riferimento all'ambasciatore
statunitense Wells.
Nei concitati avvenimenti dei mesi successivi si profila la figura di un sergente che aveva
guidato una rivolta di sottufficiali, e che ben presto gli Stati Uniti scelgono come nuovo
cavallo vincente: Fulgencio Batista. L'ala radicale riesce a imporre la nazionalizzazione
dell'energia elettrica, fino a quel momento proprietà di una multinazionale statunitense.
Ma il movimento è fortemente disomogeneo:sono divisi i radicali dell'Abc e lo sono gli studenti,
che sostengono Grau. I comunisti sono disorientati: proprio in quelle settimane muore di tisi
Martínez Villena. Dal canto loro gli Usa si rifiutano di riconoscere il governo Grau e bloccano
di fatto ogni prestito o investimento nell'isola,
La situazione si fa via via più confusa, mentre si delinea la minaccia di una carestia. Scontri
armati tra i vari gruppi si susseguono incessantemente e durante uno di questi gli uomini di
Batista cannoneggiano l'hotel Nacional, dove sono riuniti gli ufficiali loro avversari.
Questa situazione di crisi convulsa termina il 15 gennaio del 1934, quando Batista impone, con il
beneplacito dell'ambasciata Usa, un nuovo presidente, Carlos Mendieta. Guíteras passa alla
clandestinità e qualche tempo dopo viene ucciso durante uno scontro a fuoco mentre cerca
di lasciare l'isola.
La politica dei fronti antifascisti approda a Cuba
Mentre vari presidenti fantoccio si succedono in quegli anni, in realtà è Batista che tiene in
mano il potere. La dipendenza dagli Stati Uniti è sempre più forte e Harold Willis Dodds,
preside dell'università di Princeton, viene chiamato come consulente costituzionale del governo. In
questi anni i centrales di proprietà Usa producono il 56% dello zucchero dell'isola; quelle
spagnole il 17%; quelle canadesi, inglesi, francesi e olandesi il 7%;,e le cubane solo il 20%.
Col passare degli anni Batista cerca di sviluppare una politica populista. La sinistra rimane
divisa, ma l'Internazionale comunista, di fronte allo spettro di una guerra nazifascista, lancia la
politica del fronte comune. Gli antifascisti cubani partecipano in modo massiccio alla guerra di
Spagna: 800 partono volontari contro Franco e molti di loro moriranno in battaglia.
Il presidente americano Roosevelt, dal canto suo, dichiara la necessità di un'unione
antifascista che non sia però antimperialista; e il segretario del Pcusa Earl Browder, rappresentante
dell'Internazionale comunista in America, sostiene l'urgenza di un incontro tra capitalismo e
socialismo.
Così a Cuba appare quasi naturale un'alleanza dei comunisti, usciti da poco dalla clandestinità, con
Batista, che ha accentuato i toni populisti. Nel 1940, mentre in Europa divampa la guerra, a Cuba si
approva una nuova Costituzione: la più progressista di tutta l'America Latina.
Nel 1943 lo scrittore Juan Marinello, presidente del Partido socialista popular (comunista),
diventa Ministro senza portafoglio del governo Batista e poco dopo anche Carlos Rafael s
La situazione economica a Cuba comincia a migliorare negli ultimi anni della seconda guerra
mondiale, poiché il mercato mondiale ha assoluto bisogno di zucchero. Ma la corruzione e la
politica di ferreo controllo sul commercio avviano Batista alla sconfitta elettorale. Alle elezioni
del '44 il candidato presentato da Batista e dai comunisti, Saladrigas, viene sconfitto dall'ex
presidente Grau San Martín, leader del partito degli autenticos.
Da Grau San Martín al golpe di Batista
In Grau hanno riposto le loro speranze soprattutto i ceti medi e gli intellettuali, ma la
realtà si rivela presto ben diversa. La corruzione raggiunge livelli incredibili e Grau arriva
a servirsi anche di bande criminali, come quella del gangster Rolando Mansferrer. Mentre i
comunisti cubani si illudono ancora di poter convivere con lui, Grau prepara un attacco
durissimo ai sindacati e ai partiti, precedendo lo scoppio della guerra fredda.
Nei 1946 a Miami si riuniscono alcuni sindacalisti-gangster diretti da Eusebio Mujal
che, con la connivenza del governo, decidono l'assalto ai centri sindacali diretti dai comunisti.
Da allora in America Latina mujalismo equivale a “sindacato padronale”. I comunisti e le sinistre
vengono perseguitati e in questo si distingue Carlos Prío, eletto presidente nel 1948, noto per la sua
politica anti sindacale come Ministro del lavoro e fratello di Paco, uno dei più grandi
importatori di droga a Cuba. La sfrenata corruzione di Grau provoca una scissione negli autenticos e
sotto la guida di Eddy Chibás, nascono gli ortodossi.
Intanto gli assassinii politici si saldano a quelli di mafia. Cadono uccisi per mano di sicari o della
stessa polizia il capo del sindacato dei lavoratori dello zucchero, Jesús Menéndez e il leader del
sindacato dei portuali, Aracelio Iglesias. Il tutto si traduce, come sempre, in un rafforzamento della
dipendenza dagli Stati. Uniti, con i quali Cuba stipula patti militari e a cui vincola a tempo
indeterminato il nichel estratto nelle regioni orientali.
Quando si avvicinano le elezioni del 1952, Prío comincia a capire di essere in difficoltà. Il
candidato autentico Hevia è probabilmente in svantaggio rispetto all'ortodosso Roberto Agramonte
e a Batista. Ma quest'ultimo, appoggiato dai militari e dagli Stati Uniti, la notte del 10 marzo mette
in atto un colpo di stato, accusando Prío di volersi mantenere al potere con un autogolpe. Il paese
reagisce: gli studenti, guidati dal presidente della Feu (Federación estudiantil universitaria), Alvaro
Barba, si recano al palazzo presidenziale chiedendo armi per combattere. Viene proclamato uno
sciopero generale. Ma Prío si arrende subito a Batista, che sospende le garanzie costituzionali e le
sostituisce con un “codice costituzionale” d'emergenza; assolda gruppi di gangster e nel giro di pochi giorni ottiene il riconoscimento ufficiale dal governo degli Stati Uniti.
L'apposizione sembra distrutta, tranne che nelle università, dove si moltiplicano manifestazioni
e scioperi. Scontri con la polizia, arresti, torture, assassinii sono episodi quotidiani finché, il 14
aprile 1953, Batista chiude l'ateneo dell'Avana. La scalinata dell'università, da cui gli studenti
scendono in massa per affrontare le cariche della polizia, diventa uno dei simboli della resistenza al
dittatore.
Con l'assalto al Moncada Cuba si prepara a voltare pagina
Intanto un giovane avvocato, già noto come leader studentesco, e poi come militante del Partito
ortodosso, indignato per la corruzione dei governi e per la trasformazione della politica in uno
scontro di bande armate, va assumendo nel suo partito una posizione sempre più radicale. All'epoca
del golpe è ormai ai margini del Partito ortodosso e subito dopo presenta alla Corte costituzionale
una denuncia contro Batista, accusandolo di aver affossato proditoriamente la Costituzione. Non spera
certo che la Corte processi e condanni il golpista, ma intende far capire a tutti che l'epoca della
battaglia politica pacifica è definitivamente chiusa. Ha 26 anni, grinta e grande carisma. Il suo nome è
Fidel Castro.
Attorno a lui comincia a raggrupparsi un nucleo di giovani della sinistra ortodossa oppure senza
partito, uniti dall'indignazione e dalla protesta contro la corruzione, la repressione e il golpe di
Batista. Proprio nel 1953 cade il centenario della nascita di José Martí. Fidel Castro e i suoi
seguaci ne raccolgono la bandiera e il nucleo della “generazione del centenario” comincia a
preparare la lotta armata contro Batista. Castro, con il gruppo dirigente del movimento, decide di
attaccare la grande caserma Moncada di Santiago, che dopo la Columbia dell'Avana è la più
importante del paese. La data scelta è il 26 luglio: il 25 infatti sarebbe iniziato il carnevale di
Santiago, popolarissimo in tutta l'isola; non avrebbero quindi destato sospetti i giovani giunti in
città per partecipare all'assalto; inoltre molti degli ufficiali e dei soldati del Moncada sarebbero stati
intontiti dalle ubriacature e dalle danze della sera prima.
I giovani sono solo un centinaio, a malapena addestrati; le armi sono poche. Nella caserma ci sono
mille militari armati di tutto punto: il fattore sorpresa dunque è fondamentale. Il piano consiste nel
presentarsi al Moncada vestiti da soldati, entrare e catturare il forte e le armi. Fidel Castro. conta
che a quel punto la popolazione di Santiago, città rebelde siempre, insorga.
Una piccola fattoria presa in affitto a qualche chilometro da Santiago, la Granjita Siboney, è il
punto di riferimento e di raccolta delle armi. All'alba del 26 un commando guidato da Abel
Santamaría, prende posizione nell'ospedale adiacente, da cui si può sparare nella caserma, e un altro,
guidato da Raul Castro, si installa sul tetto del tribunale che domina il cortile del Moncada. Ma le cose
non vanno come dovrebbero: alcune vetture cariche di combattenti sbagliano strada. Poi la colonna
principale giunge davanti al portone contemporaneamente a un gruppo di militari. Fidel e i suoi
sono costretti a sparare prima del tempo: viene quindi meno l'elemento sorpresa. A quel punto il
numero, la potenza di fuoco e l'addestramento dei militari costringono alla fuga i ribelli. Nel gruppo
che viene catturato all'ospedale ci sono anche due donne: Haidée Santamaría e Melba Hernández.
Perché Haidée si decida a parlare, i soldati le mostrano gli occhi del fratello Abel e i testicoli del
fidanzato Boris Santa Coloma. La ragazza non parla, ma molte decine di :combattenti vengono
catturati a Santiago e nei dintorni, torturati e uccisi. Alla fine i. morti sono più di 70 e di questi solo 6
sono caduti in battaglia, anche se la versione ufficiale parla solo di caduti nello scontro a fuoco.
Fidel Castro e pochi altri vengono catturati qualche giorno dopo, quando ormai l'opinione pubblica
rifiuta di accogliere la versione dei militari, e questo salva loro la vita. Il Partito comunista
condanna duramente quell'assalto come un atto di provocazione; del resto Fidel, anche se legge
Lenin, non è corto comunista e l'episodio Moncada rappresenta piuttosto un modo nuovo di lottare a
Cuba e in America Latina. È la scelta della via armata e soprattutto dell'offensiva rivoluzionaria
mentre fino a quel momento le sinistre hanno portato avanti una pratica politica assolutamente
difensiva. Il Moncada ha dimostrato che c'è un gruppo a Cuba capace di compiere un'audace e
complessa azione militare senza che la polizia di Batista, considerata inattaccabile e quasi
onnipotente, sospetti di nulla. Fidel Castro e i suoi compagni vengono processati a Santiago e
condannati a diversi anni di prigione da scontarsi nel Presidio modelo di Isla de Pinos, oggi Isla de
la Juventud. Durante il processo Fidel pronuncia un'autodifesa che diventa il manifesto della
rivoluzione cubana. Per cinque ore, davanti alla corte, denuncia i mali di Cuba: analfabetismo,
disoccupazione, gioco, prostituzione, presenza schiacciante dei capitale statunitense, sfruttamento
sfrenato del popolo cubano. Accusa Batista di aver assassinato i prigionieri del Moncada e conclude
con una provocazione: “Condannatemi pure, la storia mi assolverà”. Prigioniero, in isolamento, Fidel
studia e riorganizza il movimento. Riesce a mantenere i contatti con i pochi militanti rimasti liberi e
a dar loro le linee di una mobilitazione politica di massa, che ha come parola d'ordine unitaria la
richiesta di amnistia.
Intanto Batista sembra di nuovo inattaccabile: ha imposto nuove restrizioni alla stampa; ha messo
fuori legge il Partido socialista popular. Allo elezioni del ’54 vince praticamente senza
opposizione. Ma sotto la calma apparente continuano a covare la ribellione e l'opposizione, che proprio nella richiesta di amnistia trovano una base concreta e unitaria di movimento. Nel giro di
pochi mesi la protesta cresce, le manifestazioni si moltiplicano, le forze politiche e sociali premono con
sempre maggior forza. E nell'aprile del 1955 Batista concede l'amnistia, in parte costretto dall'opinione
pubblica, in parte convinto che questo toglierà un'arma politica dallo mani dell'opposizione. Il 15
maggio Fidel e i suoi compagni vengono rilasciati.