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il romanzo gotico
carla aira
Breve storia in italiano della letteratura gotica e dei generi
derivati
[Selezion are la d ata]
Si parla normalmente di letteratura “alta”, classica, e letteratura bassa o popolare. In realtà entrambe
condividono le stesse origini che risalgono alla fine del 1700, in Inghilterra, e la maggior parte degli autori
considerati universali per la loro genialità e qualità di scrittura si sono dedicati ai generi più diversi senza
che il loro stile perdesse di consistenza e di profondità.
Il gotico
Il gotico risale appunto al periodo compreso tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 – un epoca che risentì dei
grandi stravolgimenti in campo politico e economico. La guerra d’Indipendenza in America e la Rivoluzione
Francese furono movimenti che portarono alla ribalta il popolo e i suoi bisogni. La Rivoluzione Industriale,
poi, sconvolse la situazione sociale portando il benessere e il lavoro dalla campagna alla città, indebolendo
il potere della classe aristocratica e dando la possibilità alla borghesia di emergere e di farsi valere come
forza sociale vera e propria. In particolare quest’ultima rivoluzione vide l’Inghilterra come nazione guida, un
paese che già per primo aveva fatto firmare la Magna Charta nel 1215, documento con cui si limitava il
potere del re, e che con i suoi commerci aveva fatto nascere a poco a poco la middle class, la classe media.
Era logico che in questa nazione nascesse genere letterario che avrebbe dato lustro e identità a questa
nuova classe, il romanzo, novel, in inglese. Questa opera narrativa parlava di uomini che cercavano di
sopravvivere in un mondo dove non era tutto scontato, anzi, era ancora tutto da inventare e, anche
letteralmente, da scoprire e dove non esistevano fate, streghe e maghi “risolvi tutto”.
Un esempio per tutti, in Robinson Crusoe (1719) di Daniel Defoe, il protagonista è un “bianco” che riesce a
ricostruire il suo habitat naturale su un’isola deserta. Robinson, dopo circa vent’anni di solitudine e silenzio
– da lui dettagliatamente rendicontati come su un registro aziendale – trovandosi di fronte ad un indigeno
pone quelle che sarebbero state le basi dei rapporti tra il mondo occidentale e il “resto”, da quel momento
in poi: tu sei Venerdì, io sono il tuo padrone.
E ancora, il Settecento fu il secolo in cui si parla di didattica perché il romanzo doveva dettare dei modelli di
vita a questa classe in ascesa, doveva proporre una morale basata sul lavoro onesto, e sullo spirito di
sacrificio, tenendo conto della visone puritana che ancora emergeva anche dopo l a fine del periodo di
Oliver Cromwell. Non sempre questi dettami vennero seguiti alla regola. Talvolta ironia e humour
prevalsero come ci dimostrano gli scritti di Henry Fielding, di Tobias Smollett e di Laurence Sterne.
Ma alla fine del secolo, dopo questo periodo di realismo estremo ed esplicito, nacque una nuova tendenza
per mano di un bizzarro personaggio, Horace Walpole, figlio di un famoso Primo Ministro che pubblicò il
suo primo romanzo, Il Castello di Otranto nel 1754. L’inizio è già particolare: un grosso elmo appare nel
cielo e cade, schiacciando al suolo l’unico erede maschio di una piccola dinastia. Da lì una serie di vicende
tra mistero e magia, dove, comunque, alla fine vincono i buoni sentimenti e l’onestà. Walpole stesso cercò
di vivere secondo antiche regole: dopo aver trascorso un periodo girando in Europa - il Gran Tour – fece
costruire uno splendido palazzo gotico, Strawberry Hill, dove andrà poi a risiedere e scrivere i suoi libri.
Nelle prefazione della prima edizione de Il Castello di Otranto Horace Walpole dichiarava di aver trovato il
manoscritto nella casa di una antica famiglia di cattolici nel nord dell’Inghilterra. Il manoscritto era stato
pubblicato a Napoli, in italiano, e lui l’aveva semplicemente tradotto. Visto il successo seguito alla prima
edizione Walpole firmò poi il manoscritto con il suo nome.
Anticipazioni
Le fonti di questo apparentemente repentino cambiamento di gusti letterari sono però – come sempre - da
ricercarsi davvero nei tempi più remoti della letteratura e dello spirito inglese.
Il primo scritto di cui si abbia memoria e testimonianza, è Beowulf, un poema epico anglosassone scritto in
Old English del periodo tra l’VIII e l’ XI secolo. Il tema è la classica lotta tra un coraggioso cavaliere, Beowulf
appunto, e un “mostro”, la lotta tra bene e male. Ma il mostro in realtà rivela dei sentimenti: è una creatura
a cui è stato ucciso il figlio e che quindi cerca vendetta per sedare il dolore di madre. Il mostro di Beowulf in
tempi moderni e nelle edizioni cinematografiche ha preso aspetti di vario tipo - se pensiamo a quello di
Robert Zemeckis del 2007 , in cui la creatura è interpretata da Angelina Jolie, o a quello diretto da Sturla
Gunnarsson, Beowulf e Grendel, in cui un orribile trool dà l’avvio a una serie di stragi. In realtà queste storie
altro non facevano che descrivere in modo tangibile le paure e i dubbi dell’uomo. E la paura principale era
quella della morte e del dopo morte.
Passando ad un periodo più noto e più popolare, il periodo Tudor, i monarchi stessi scrivevano e si
documentavano su magia e su stregoneria. Le streghe venivano perseguitate e punite anche in un
momento illuminato come quello del regno di Elisabetta I, e il suo successore, Giacomo I di Inghilterra
(Giacomo VI di Scozia) scrisse nel 1597 Demonology un trattato sull’argomento.
Si può dire che anche la storia vera e propria avesse risvolti di tipo “gotico” a partire da Enrico VIII e la sua
vita privata a tutti i complotto subiti dalla illegittima e celebre figlia, Elisabetta I appunto.
Per ciò che riguarda il tema “gotico” in letteratura si deve fare riferimento ovviamente al famosissimo
bardo William Shakespeare. Il tragediografo più conosciuto – e controverso – al mondo, già alla fine del
1500 e inizi del 1600 faceva uso del soprannaturale per spiegare sogni, paure e desideri ad un pubblico
incolto che andava a veder le sue opera per il prezzo di una pinta di birra. Le streghe e i fantasmi di
Macbeth o il ben noto spettro di Amleto altro non sono che proiezioni di ambizioni, le paure e i dubbi dei
grandi protagonisti. In un mondo senza scenari ed effetti speciali, in un’epoca in cui Sigmund Freud ancora
non aveva parlato di ego, alter ego, inconscio e sogno, il ricorso al soprannaturale risolveva il problema di
come visualizzare i drammi umani di sempre.
Tralasciando il magico e l’ultraterreno, le vicende stesse raccontate da Shakespeare avevano elementi che
sarebbero poi appartenuti al gotico. I personaggi delle grandi tragedie sono uomini che sbagliano, non si
può parlare di indole perversa o di “cattiveria” insita in loro stessi. Macbeth è un ambizioso, perpetra una
serie di delitti infamanti, ma non fa altro che arrovellarsi nei suoi sensi di colpa , i fantasmi della sua mente ;
Amleto è uno studioso, non un combattente, solo il desiderio di obbedire a suo padre e il senso di giustizia
lo portano ad uccidere, conscio però di trovare nella vendetta anche la sua fine. Otello è vittima sì della
gelosia – o del troppo amore – ma anche del suo senso di inferiorità: lui, moro, un tempo schiavo, vive in un
mondo di bianchi, accettato solo perché valente soldato , sposato ad una donna bianca, bellissima e
giovane. I dubbi che Iago insinua trovano una preda ben facile.
Non c’è divisione tra bene e male, c’è lotta e consapevolezza che la vita porta a delle decisioni talvolta
estreme e che poi presenta il suo conto.
Il genere prende forma
Tornando ad un periodo più vicino a quello che vede l’inizio del romanzo Gotico, a metà del 1700 la
tendenza realistica dei primi scrittori fu minata da Thomas Gray con al sua Elegia scritta in un Cimitero di
Campagna (1750) e dalle traduzioni di MacPherson con i Canti di Ossian (1760), opere che rivelavano una
fascinazione per la tradizione Medioevale e l’architettura gotica con la sua atmosfera soprannaturale.
Il mondo del gotico è diverso, sembra tornare alle saghe nordiche. Le vicende sono avvolte nel mistero, si
sviluppano in luoghi bui, dove nebbie impenetrabili nascondono delitti e dove i criminali facilmente si
possono dileguare. I personaggi maschili sono tenebrosi, e le giovani donne, sono le loro pure ed innocenti,
vittime inconsapevoli.
Dopo Horace Walpole, il romanzo gotico fiorì eccezionalmente e, incredibilmente soprattutto per mano
delle donne. Già Aphra Benn aveva scritto un romanzo breve, Oroonoko, pubblicato nel 1688, che trattava il
tema della schiavitù e della violenza in modo realistico.
Ma il motivo di questa scrittura al femminile non è così difficile da decifrare. Le donne delle classi sociali
alte avevano più possibilità e tempo di leggere degli uomini. E le cameriere potevano avvalersi talvolta dei
libri nelle biblioteche dei loro padroni - libri allora molto costosi – o di seguire lezioni di lettura e scrittura di
cui nobili e persone agiate potevano godere. Era pratica squisitamente femminile quella di redigere lettere,
come ci aveva confermato Samuel Richardson in Pamela o la virtù ricompensata (1740) e in Clarissa: o la
storia di una giovane donna (1748): i primi romanzi erano per lo più epistolari o scritti in forma di diario, in
prima persona, un modo semplice ed efficace per garantire realismo e per poter esprimere opinioni e
sentimenti direttamente.
I romanzi scritti dal gentil sesso portarono il romanzo gotico ad essere più sentimentale. L'enfasi si spostò
sulle paure delle eroine.
L’esempio più eclatante fu il successo dei romanzi di Ann Radcliffe: I Misteri di Udolpho (1794) e L’Italiano.
Il primo tratta le vicende di Emily St. Aubert che dopo la morte della madre, soffre per le macchinazioni di
un brigante italiano e prova terrore per le gli eventi soprannaturali che accadono nel castello dove è
rinchiusa. L’Italiano invece racconta le disavventure di due innamorati sullo sfondo di una Napoli del 1764.
Entrambi i romanzi mostrano tutte le caratteristiche del genere gotico: eventi che paiono soprannaturali,
tetri castelli in rovina, terrore fisico e psicologico, un'eroina perseguitata da un terribile “villain”, il cattivo.
Come si può notare dai titoli – e dalle ambientazioni – i romanzi sono quasi sempre collocati in Italia.
L’Italia era vista come un luogo esotico a quel tempo: bellissimi paesaggi, un clima favorevole, ma le
vicende politiche di staterelli sempre i lotta fra di loro, la religione cattolica dominante con il suo senso del
peccato ed il carattere ardente dei suoi abitanti portavano i “freddi” nordici a vederlo come un paese in cui
amore e passione potevano causare distruzione o autodistruzione.
Stessa sorte per i paesi arabi e per la Spagna.
L’esotico e l’orientale cominciavano ad avere voce nella vita anche sociale del mondo anglosassone . I
commerci portavano echi di terre nuove, totalmente diverse e i racconti di luoghi e culture lontane
iniziavano ad essere tradotti, - come ad esempio I viaggi di Marco Polo ne Il Milione e i racconti di Le Mille e
una Notte – dando origine a quell’orientalismo che affascinò poi molta parte dell’800.
Anche i disegni e i dipinti alimentarono questa curiosità dell’esotico. Tra i maggiori e più prolifici pittori
orientalisti vi fu sicuramente David Roberts, artista che nel 1838 partì per l'Egitto con l'intenzione di
raccogliere materiale per futuri dipinti e tornò nel 1840 con numerosissimi e dettagliati schizzi.
Un esempio di orientalismo letterario è Vathek, un racconto Arabo o la storia del Califfo. Composto in
Francia nel 1782 e poi tradotto dal reverendo inglese Reverend Samuel Henley nel 1786 come Un Racconto
Arabo, tratto da un manoscritto mai pubblicato. L’autore era in verità William Beckford e la storia si svolge
in Arabia. Il titolo deriva dal nome del califfo abissino Al-Wathiq ibn Mutasim che regnò tra l’824 e l’ 847 e
fu grande patrono di studiosi ed artisti. E’ una storia di spade maledette e di profezie terribili che portano a
tradimenti e morti. L’autore stesso ebbe una vita avventurosa e dissoluta: nipote di un latifondista inglese
con grandi possedimenti in Giamaica, fu nominato membro del Parlamento, ma non partecipò attivamente
alla vita politica e presto dilapidò le sue fortune. Una vita ancor più “gotica” del romanzo.
Ma di nuovo una donna si fece strada nel mondo letterario dell’epoca: Clara Reeve , una degli otto figli del
Reverendo Willian Reeve e nipote del gioielliere del re Giorgio I. La sua prima opera fu una traduzione dal
latino, La Fenice (1762). Poi la fama arrivò con Il Vecchio Barone Inglese (1777), scritto a imitazione – per
confessione stessa dell’autrice - de Il Castello di Otranto di Horace Walpole.
Dello stesso periodo è invece un romanzo scabroso e dissacratore: Ambrosio, o il Monaco (1796) di
Matthew Gregory Lewis ambientato in Spagna – altra culla di misteri e aberrazioni agli occhi anglosassoni. A
Madrid, Ambrosio , un monaco stimato e osannato per la sua virtù, viene a contatto con il peccato quando
un suo confratello,e intimo amico, Rosario, gli rivela di essere una donna, Matilda, innamorata di lui . Da
quel momento la vita di Ambrosio viene completamente dominata dalla lussuria e dalle passioni terrene,
fino alla tragica inevitabile fine. Matilda è l’incarnazione del demonio che si fa beffe della virtù di Ambrosio
che deciderà infine di venderle l’anima, ma inutilmente perché il suo destino è ormai segnato.
Gradatamente, il romanzo gotico iniziò ad acquisire connotazioni diverse e divenne una sorta di analisi
dell’animo umano.
In questo senso Frankenstein, or the Modern Prometeus (1818) di Mary Shelley, è una storia dove scienza e
problemi umani si innestano. Si dice che il romanzo venne pensato dall’allora diciottenne ragazzina - e
futura moglie del ben noto Percy Bysshe Shelley, poeta romantico - in una notte, quasi per scommessa, nel
castello del medico italiano John William Polidori a sua volta creatore di uno dei primi vampiri che la storia
ricordi nel romanzo breve Il Vampiro. Nel castello i Shelley, Polidori e Lord Gordon Byron avevano letto
Fantasmagoriana, Racconti dei Morti - un’antologia francese di racconti dell’orrore pubblicati nel 1813, poi
tradotti in inglese da Sarah Elizabeth Utterson - e avevano quindi deciso di comporre ognuno un romanzo, o
un’opera del mistero. Mary rivelò di avere avuto. in seguito. la visione di un uomo su un tavolo che
prendeva vita grazie ad una macchina.
Il termine Gothic venne quindi coniato proprio da Percy Bysshe Shelly autore egli stesso del gotico
Zastrozzi, va Romance (1810).
Il romanzo subì le influenze degli scritti di Clara Reeve, confessò la giovane Shelley, con l’aggiunta però di
elementi nuovi. Infatti, questa ragazza di grande cultura e dai celebri natali – era figlia delle filosofa Mary
Wollstonecraft, antesignana del femminismo, e del filosofo e politico William Godwin - cerca di spiegare
quello che rimane l problema irrisolto del perché della nostra esistenza.
Lo scienziato Frankenstein, amante della ricerca, scopre il modo di ridare la vita ad un cadavere, di studiare
come restituire la propria funzione agli organi e crea la creatura. La creatura, non il mostro. Mostro,
quell’uomo forgiato dai vari pezzi, lo diventa quando viene a contatto con la società, che non accetta il
diverso perché mette in discussione, e fa riflettere.
Un primo abbozzo della diatriba tra etica e scienza.
Per questo Frankenstein viene visto come l’anticipatore della Fantascienza, un genere che appartiene ad
una nicchia di lettori, e che anche ha radunato tra le sue file scrittori come Jules Verne , H. G. Wells e Isaac
Asimov.
La figura del mostro , del diverso ha ispirato moltissime opere e anche la cinematografia ne fu influenzata
fin dai suoi esordi, basti pensare ai numerosi film girati su Frankenstein dall’era del film muto a oggi.
Sfortunatamente la maggior parte non coglie le implicazioni psicologiche del personaggio, ma si sofferma
su ciò che fa più presa sul pubblico da un punto di vista commerciale, e cioè il “brutto” e la violenza. Forse i
primi film in bianco e nero riuscivano a dar giustizia al soggetto proprio basato su una verità di luci e omb re.
Questi personaggi cinematografici ebbero però il merito di spianare la strada ad una serie di figure che
incarnano la solitudine dell’uomo moderno e dei reietti sociali come The Elephant Man, girato da David
Lynch nel 1980 su un uomo nato deforme e le sue difficoltà di relazione; Edward Mani di Forbice, film
diretto da Tim Burton nel 1990, la creatura il cui padre - interpretato da uno dei maggior attori dell’horror
hollywoodiano , Vincent Price - muore prima di avere finito le mani; non ultimo Il fantasma dell’Opera
storia di un genio musicale sfigurato che terrorizza l’Opera House di Parigi il cui ultimo adattamento è un
musical girato nel 2004 da Joel Schumacher.
La popolarità del Gotico non è però postuma. A fine ‘700, Jane Austen scrisse una una parodia di questo
genere letterario . La popolare ed ironica autrice, osannata da Walter Scott e dai suoi contemporanei, pone
al centro del suo romanzo Northanger Abbey (1798 – 99) un’anti-eroina tra le prime che la storia letteraria
ricordi . Catherine Moreland , diversamente dall protagoniste dei romanzi gotici, è piuttosto comune e
senza alcuna preziosa qualità- la ragazza della porta accanto – ma vive però sempre citando e ricordando le
parole di Ann Radcliff ne I Misteri di Udolfo e cerca anche lei di vivere un’ avventura “misteriosa” col suo bel
tenebroso.
Anche il film Becoming Jane – Il ritratto di una donna contro, in italiano - diretto nel 2007 Julian Jarrold,
parla dell’incontro tra Ann Radcliff e Jane Austen come di un momento rivelatore per la svolta che prenderà
poi la vita della futura autrice di Orgoglio e Pregiudizio, allora in corso d’opera col titolo Prime Impressioni.
Anna Radcliff esprimeva alla giovane Jane le problematiche di una donna autrice di fama, la sua solitudine,
la diffidenza degli altri. Ostacoli che Jane avrebbe superato o comunque accettato per affrontare il futuro.
Sir Walter Scott stesso, il padre del romanzo storico, scrisse un’opera di ispirazione “orientalista” Il
talismano (1825) sull’incontro tra Re Riccardo I e il Saladino ed è della fine della sua vita la storia gotica Il
Castello Pericoloso (1831)- senza contare che la maggior parte delle sue narrazioni a base storica mostrano
la sua attrazione per il passato, il medioevo e le figure controverse.
Questa ammirazione per il gotico aveva ben ragion d’essere perché da questo “genere di evasione”, per
dirlo con termini moderni , sarebbe nata tanta letteratura di oggi.
E’ opportuno sottolineare che anche le arti visive presero parte e diedero vita al gotico. Basti pensare a
Johann Heinrich Füssli, noto in Inghilterra come Henry Fuseli, pittore di origine svizzera che operò in Gran
Bretagna e che scelse soggetti ricchi di magia e di pathos, di fantasia e di violenza, anche prendendo spunto
da opere letterarie. Spesso sui testi di letteratura gotica compare proprio un suo famoso dipinto, L’Incubo
del 1781, dove, in un interno di tipo borghese una giovane donna giace, in posa sensuale, sul letto mentre il
demone incubo dai tratti di una scimmia siede raggomitolato sul suo corpo e la testa di un cavallo spunta
da dietro una tenda minacciosa e spettrale: è il destriero su cui gli incubi raggiungono i dormienti. Il quadro
rappresenta l’inconscio che si libera durante il sonno, momento in cui affiorano le più profonde inquietudini
dell'animo e sottolinea quanto i sogni siano la personificazione dei sentimenti.
Sviluppi
L’800 sarà il secolo del romanzo per eccellenza, il secolo d’oro per la classe borghese che dominerà
l’economia del paese e la porterà a diventare un impero.
Come già all’inizio del 1700, anche durante le prime decadi del 1800 i romanzi rispecchiavano una realtà di
lavoro e di scalata sociale, come ben testimoniano William Thackeray e Charles Dickens.
Anche Charles Dickens fu comunque contaminato dal gotico in Bleak House (1852-53), storia di una causa
giudiziaria che porta alla rovina quasi tutti coloro che ne sono stati coinvolti.
Un suo protetto, poi, Wilkie Collins - secondo T. S. Eliot, autore del poema The Waste Land (1922) - fu il
vero e proprio iniziatore del genere giallo, il cui padre viene generalmente riconosciuto in Edgar Allan Poe.
La Pietra di Luna (1868) parla di una pietra preziosissima donata per il diciottesimo compleanno a Rachel
Verinder; il gioiello subito scompare dando il via a una serie di vicende che si snodano tra Londra e la
campagna inglese. La verità sarà svelata da lettere. Anche qui il detective è un personaggio particolare,
amante delle rose, apparentemente indifferente a ogni cosa al di là del giardinaggio. Il suo confidente è il
maggiordomo di casa, un uomo che per risolvere ogni problema si rivolge a Robinson Crusoe come alla
Bibbia. La pietra in questione viene dall’India e il destino di chi la ruba, è segnato da tragiche morti.
A sua volta però Wilkie Collins aveva tratto ispirazione da un’ altra storia epistolare Il Mistero di Notting Hill
(1862–63) di un anonimo autore che aveva usato lo pseudonimo di Charles Felix. La vera identità
dell’autore era probabilmente quella di Charles Warren Adams , un avvocato già noto come autore di
romanzi gialli. Le illustrazioni del primo testo apparso sui giornali del tempo (Once a week) erano di George
Du Maurier, nonno della sopra-citata Daphne du Maurier.
Furono però di nuovo due donne, due sorelle che ripresero i temi del mistero in maniera diversa e
personale.
Emily Brontë creò con Heathcliff in Wuthering Heights (1847), un nuovo tipo di villain, un eroe negativo
romantico che porta alla rovina chi lo amava e lui stesso. Catherine, il suo amore eterno rappresenta una
sua proiezione - “lo sono Heathcliff”, lei stessa ammette, - e Isabel Linton che appartiene alla casa opposta,
Trushcrossgrange, lo ama perché misterioso e tenebroso.
Nel romanzo di Emily Brontë sono le due case le vere protagoniste, - Wuthering Heights e Trushcrossgrange
- incarnazione degli estremi: male e bene, infanzia ed età adulta, istinto e razionalità. Irrazionali sono le
persone che seguono le passioni ovunque questa ti porti e qualsiasi siano le conseguenze; razionali sono le
regole sociali del bel mondo civile fatto sì di lavoro, ma anche di feste, vestiti, modi di fare accurati e
studiati.
Charlotte Brontë in Jane Eyre (1847), descrive il protagonista , Mr Rochester, come il classico eroe
romantico che si arrovella nei tristi ricordi del suo passato; burbero e silenzioso, fugge dalle persone che
potrebbero amarlo e si rifugia in un’aura di mistero. Ma l’autrice aggiunse un elemento a quelli gotici già
noti. La presenza di misteriosa donna pazza nella torretta del palazzo. Si tratta della prima moglie di Mr.
Rochester, una donna che viene dai lontani Caraibi e che soffre di una malattia mentale ereditaria.
L’ambientazione, il palazzo sperso nel nulla, la presenza di due donne nella vita di un uomo, ispirarono
Daphne Du Maurier nel suo romanzo Rebecca del 1938, mentre la donna proveniente da un altro
continente fornirà lo spunto a Jean Rhys, per scrivere Wide Sargasso Sea (1966) opera che diede alla sua
autrice fama mondiale. Scritto come prequel di Jane Eyre, qui a parlare è la moglie pazza di Edward
Rochester, Antonietta Berta Mason, una bianca delle Indie dell’Ovest e tratta il tema delle culture in
conflitto, di dominazione e sudditanza. La vita stessa dell’autrice fu divisa tra la sua origine creola – una
creola bianca in un mondo di neri nei Caraibi e una donna di discendente africana in Europa, un mondo di
bianchi. Si definiva “un tappetino in un mondo di stivali”, sensazione descritta nei suoi libri quasi tutti
autobiografici che si incentrano sul tema della donna sola, fuori della società, vittima e dipendente da una
presenza maschile più vecchia.
Paure d’oltre oceano
Il tema del doppio, della pazzia, del dopo la morte riprende anche un antico concetto che la vita- in- morte.
Ne La Ballata del Vecchio Marinaio di Samuel Taylor Coleridge (1798) poeta romantico della prima
generazione, morte e vita in morte – due fantasmi su una nave fantasma - giocano a dadi il destino del
marinaio e della sua ciurma: il marinaio che ha ucciso senza ragione un albatros, una creatura di Dio, dovrà
vedere i suoi compagni morire per ben sette volte. Lui rimarrà vivo per scontare la sua pena, finché non
riuscirà a benedire inconsciamente quegli esseri viscidi che scivolavano sull’oceano.
Questa ballata che segnò l’inizio del Romanticismo inglese e che viene tuttora considerato il manifesto di
questo movimento, sarà ripresa da un altro genio del gotico, questa volta d’oltre oceano, Edgar Allan Poe
che nei suoi racconti contribuì a forgiare i primi esempi di “gialli” e di fantascienza. Scrisse storie permeate
di orrore (La caduta della casa degli Usher; Il cuore rivelatore; Il pozzo e il pendolo) e anche ricche di
elementi scientifici (Un manoscritto nella bottiglia; Una discesa nel Maelstrom; Hans Pfall; La storia di
Arthur Gordon Pym). L’ambientazione di Il Manoscritto nella Bottiglia (1833) è quella di una nave fantasma i
cui marinai sono vecchi senza tempo che sembrano non avere occhi per il povero naufrago. E nave e
marinai finiranno in un gorgo senza fine.
In Hans Pfall (1835) Poe descrive un viaggio sulla luna in una sorta mongolfiera lanciata da una esplosione e
risolve i problemi dell’atmosfera grazie ad un condensatore. In Gordon Pym (1838) Poe narra di un
clandestino su una nave che naufraga al Polo Sud dopo avventure di ogni tipo. Lo scritto fu probabilmente
influenzato dalle teorie di Adam Seaton (pseudonimo di John Cleves Symmes) che sosteneva che la terra è
aperta sui poli.
Altri autori seguirono Poe, ma nessuno riuscì a raggiungere il perfetto equilibrio tra stile linguistico e
immaginazione.
I suoi personaggi mostrano manie, ossessioni, paure: “Io sono nervoso”, dice il protagonista di Il Cuore
Rivelatore (1843) dopo aver ucciso un vecchio presso cui lavorava perché il suo occhio vitreo lo infastidiva.
Le ambientazioni sono solitamente luoghi chiusi, stretti, stanze, pozzi, cantine cupi bui. L’ambiente esterno
sembra ostile, ma non dimentichiamo che si parla di un uomo che vive nell’America dei pionieri, ancora da
scoprire quella che era stata definita wilderness – luogo selvaggio – perché appunto sconosciuto e
impenetrabile.
Le paure, dunque, rappresentano anche problematiche autobiografiche. La sua vita fu una sequela di
tragedie: Poe soffriva di forme epilettiche ed aveva il terrore di essere sepolto vivo; inoltre aveva sposato la
sua giovane cugina Virginia morta diciassettenne per un’emorragia.
Ecco il prevalere di nero e rosso scuro nelle sue novelle, ed ecco anche perché si parla di donne evanescenti
che sembrano sparire dalla vita come ne Il ritratto Ovale (1842).
Inoltre, accanto a questo tipo di scrittura, Poe deve la sua fama anche per i suoi scritti “gialli”. Protagonista
delle sue short detective story– dichiaratamente usa le short stories perché in questo modo riesce a
mantenere la suspense e il lettore non perde la concentrazione – è Auguste Dupin. Ispiratosi al fondatore
della pubblica sicurezza in Francia, Poe fece comparire per la prima volta questo amateur detective in I
delitti della Rue Morgue del 1841 a cui poi faranno seguito Il Mistero di Marie Roget (1842) e La lettera
Rubata (1845), spunto in epoca più tarda di studi per psicanalisti quali Sigmund Freud e Jacques Lacan.
Solitamente accompagnato da un amico , un giovane straniero che racconta in prima persona le sue
avventure, Dupin usa il suo raziocino, le sue abilità di osservatore e alla soluzione arri va mettendo insieme i
vari pezzi grazie alla deduzione, ricostruisce il caso come si usa fare con un puzzle. E’ facile vedere un
collegamento con Sherlock Holmes creato da Sir Arthur Conan Doyle e Poirot di Agatha Christie.
In tutti i suoi scritti lo scrittore americano dai mille volti, ci mette comunque in guardia sul fatto che la
paura è dentro di noi, non nel mondo esterno. Inutile barricarci cercando di proteggerci: non ci si può
proteggere da se stessi. Noi dobbiamo saperci accettare e poi saremo acce ttati. Ed i suoi protagonisti,
molte volte senza nome, sottolineano l’universalità di questa condizione.
Più tardi , Ambrose Bierce (1842 – 1914) avrebbe proseguito l’opera di Poe scrivendo il Dizionario del
Diavolo, e con i suoi racconti fantastici brevi sarebbe divenuto l’anticipatore di quello stile del grottesco ,
considerato poi un vero e proprio genere letterario nel XX secolo.
Prima di E. A. Poe, Washington Irving aveva narrato le angosce di uomini in bilico tra superstizione e
religione in La leggenda di Sleepy Hollow, contenuta in Il libro degli schizzi di Geoffrey Crayon, Gentiluomo,
romanzo scritto in Inghilterra e pubblicato per la prima volta nel 1819. Il cavaliere che vaga per i boschi
ricercando la sua testa tranciata da una palla di cannone sarà spunto per il film di Tim Burton, uno dei
registi esponenti principali del Gotico contemporaneo, che lo arricchirà con la presenza di inquisitori e
stregonerie nonché con attori che hanno reso grande il genere horror in America quali Christopher Lee,
Christopher Walken, e Martin Landau.
In questa America puritana del primo periodo, misteri e paure sono anche presenti in uno scrittore come
Nathaniel Hawthorne. Sabba di streghe, presenze demoniache , e senso di colpa dominano i suoi scritti: la
povera Esther Prynne di La Lettera Scarlatta (1850) sconta la pena di essere scacciata dalla società cui
appartiene per avere avuto una figlia illegittima dal prete del villaggio del New England e La Casa dei sette
Abbaini (1851) ci conduce attraverso vicende di maledizioni e condanne per stregoneria che perseguitano
una casa sempre nello stesso stato americano.
Diversa ambientazione, ma tema ugualmente gotico, è quella descritta da Hermann Melville in Moby Dick
(1851): il capitano Ahab vede nella balena bianca Moby Dick, l’incarnazione delle sue paure e il mammifero
marino diventa il suo alter ego da uccidere.
Del resto l’angoscia e la durezza dei primi pionieri, contadini che dovettero costruirsi un futuro
faticosamente nel nuovo continente viene ben descritta dal quadro American Gothic, dipinto del 1930
dell’artista statunitense Grant Wood: i volti stanche e consumati dal lavoro di un agricoltore accanto a sua
figlia – o giovane moglie - con sullo sfondo una rurale casa di legno, rappresentano i ruoli dell'uomo e della
donna nel Midwest. Il forcone che l'anziano regge in una mano diventa un simbolo del lavoro manuale.
Mentre l’America portava avanti la sua lotta tra bene e male con una dimensione di tipo etico religioso, in
Inghilterra il problema della morte e del dopo morte prendeva strade diverse.
Il giro di vite
La seconda metà del 18° secolo vide la grandiosità delle imprese coloniale durante la Great Exhibition di
Londra del 1851; nel 1899 alla Fiera Mondiale di Parigi venne presentata la Torre Eiffel (300 m. di altezza
circa ) e venne mostrato la prima macchina, una Ben.
Fu l’ epoca della meccanica grazie delle invenzioni quali cinema (1822) e telefono (1876); inoltre la stampa
subì un’ulteriore accelerazione con il metodo che permetteva di fare la carta dalla polpa di legno
abbassando così i prezzi.
Nuovamente, dopo un primo entusiastico momento di ottimismo verso un futuro di progresso e prosperità,
- come le nuove scoperte tecnico scientifico facevano ben sperare -, la disillusione, il bisogno di ritrovarsi in
una certa dimensione più intima, portarono gli autori ad una maggiore introspezione e ad uno s tudio
dell’uomo. Il benessere economico continuava ad essere prerogativa di pochi imprenditori, lo sfruttamento
di quelle che addirittura venivano chiamate “le mani” continuava – non dimentichiamo che Karl Marx
compì i suoi studi sociali proprio in Gran Bretagna – e l’Impero aveva portato a galla differenze culturali e,
di conseguenza, nuove riflessioni.
Inoltre gli animi più sensibili rivelano angosce e un senso di soffocamento verso la “repressione” di costumi,
linguistica e sociale dell’epoca.
D’altro canto le forme di perbenismo , talvolta eccessivo, di puntualizzazione di comportamenti e di usi
linguistici derivavano furono la conseguenza di un epoca libertina quale il settecento che aveva creato
grossi problemi sanitari ed igienici.
Con il benessere e il sovrappopolamento delle città, prostituzione e criminalità erano esponenzialmente
aumentati. La mortalità infantile era altissima nonostante l’enorme numero di nascite, e anche la quantità
delle donne che morivano di parto era davvero notevole. L’acqua del Tamigi serviva per lavare e per lavarsi,
era tomba di sconosciuti e di bestiame, era fonte per bere per le classi più povere. Questa mancanza di
igiene unita alla promiscuità, dovuta alla coabitazione forzata di molte famiglie in poche stanze, ebbe come
conseguenza la diffusione di vari focolai di malattie legate alla pulizia, quali tifo e colera, e legate alla sfera
sessuale quali la sifilide che, come estrema conseguenza, portava alla pazzia, di cui tanta letteratura del
secolo parla. Famoso fu per circa sette secoli quel manicomio, Bedlam, terrificante e grottesco zoo umano
che per sette secoli ricoverò malati senza che la scienza fosse preparata.
In questo periodo gli intellettuali cercarono comunque di reagire alla massificazione e alla atmosfera
oppressiva.
John Ruskin mise in discussione la capacità dell’uomo di fare, di creare, di essere libero nel progettare.
Propose un ritorno – guarda caso – al gotico prendendo come esempio l’architetture di Venezia (The Stones
of Venice, 1851-53), così tremendamente distante da quella utilitaristica tanto vantata - e ridicolizzata con
un po’ di amarezza - da Dickens in Hard Times (1854). Alle casette tutte uguali, alla prigione simile alla
scuola e alla chiesa di Coketown , Ruskin contrappone le cattedrali gotiche che mettono in risalto la
capacità dell’uomo di trarre da un blocco di marmo meravigliose creazioni.
L’opera di questo pensatore influenzò dapprima le arti visive. Ruskin fu amico e sostenitore de i PreRaffaeliti , - tra i quali si annoverano Dante e Cristina Rossetti, William Morris, William Hunt, Ford Madox
Brown, John Everett Millais, Edward Burne-Jones . Questi artisti, pittori e, alcuni di loro, anche poeti,
dipingevano volti diafani di giovani donne dai lunghi capelli ricci davanti a dettagliati sfondi di tipo
naturalistico o si rifacevano a opere quali La Morte d’Arthur di Thomas Malory o alle tragedie di
Shakespeare. Classico è il dipinto di John Everett Millais, Ofelia (1852-53) dove l’eroina shakespeariana
ancora canta circondata dai fiori mentre le acque del ruscello la stanno inghiottendo. Le vite stesse di
questi autori furono travagliate e ambigue e la loro unione come confraternita infatti ebbe breve vita, durò
solo un anno.
Anche la scienza iniziò a porre dei dubbi su quelle certezze su cui la Chiesa aveva basato il suo potere.
Charles Darwin, studioso naturalista a bordo del “Beagle” , scoprì isole sconosciute, popolate da animali
mai visti e ipotizzò una nuova genesi: la discendenza dell’uomo dall’animale, l’adattamento delle specie ad
un nuovo ambiente, al variare del tempo e del luogo. E la Chiesa, ovviamente, reagì. Ma ormai i semi del
dubbio erano stati gettati e la scienza iniziò veramente ad andare oltre e a ricercare.
Il letterato, uomo sensibile al cambiamento e alle influenze esterne, non poté fuggire da questi nuovi
influssi.
Il doppio
Se il mondo sembrava soffocarlo, se la realtà gli era stretta, se i nuovo stimoli lo facevano riflettere circa la
sua esistenza ed il suo essere individuale, lo scrittore non poteva far altro che cercare lo sconosciuto che si
annidava in lui e/o fuggire in altre realtà dove l’uomo ancora aveva un valore al di fuori di essere sociale.
Quella voce interiore che gli faceva capire la sua inadeguatezza in questo mondo, gli faceva anche
comprendere che doveva scoprire la propria verità, lo sconosciuto, il diverso.
Da lì, con l’intento di trovare se stessi, le strade si diramarono: dall’ambigua scienza – e coscienza – dalla
“fuga” di Robert Louis Stevenson , all’estetismo di Oscar Wilde.
In Dr. Jekyll e Mr Hyde (1886) di R. L. Stevenson il grande medico rispettabile – parola chiave del periodo cerca un’evasione dalla repressione Vittoriana e si nasconde – Mr Hyde – sotto le spoglie di un mostro
senza cuore dall’aspetto scimmiesco. Il medico cerca di seguire l’istinto che poi prevarrà sulla ragione e alla
fine Je-kyll (io uccido) cercherà di eliminare Hyde (la parte nascosta, intima), ma non ci riuscirà: come
ultima beffa finale Dr Jekyll beve la pozione per uccidersi, ma durante l’agonia si trasforma nel suo alter
ego.
La storia inizia davanti ad una porta che è testimone di un crimine senza senso: un uomo calpesta una
bambina. E quella porta in Soho Square, - ora luogo turistico, ma un tempo abitato da criminali e prostitute,
- appartiene al noto e stimato Dr Jekyll, che solitamente entra dalla parte di Oxford Street, strada alla moda
ed elegante di Londra. Solo una porta, quella del laboratori, divide le parti della casa e due aspetti della
società inglese; la stessa porta divide le due facce di uno uomo.
Due lettere riveleranno la verità – due buste anch’esse da aprire: una del Dr. Lanyon, medico
tradizionalista, l’altra è quella di Jekyll stesso, smanioso di sperimentare anche su se stesso: due facce della
scienza alle prese con l’etica.
Il mondo in cui Hyde si aggira è una Londra cupa e tetra, ovviamente nebbiosa. Probabilmente però la città
di riferimento per R. L. Stevenson era Edimburgo, centro che ha tuttora una parte sotterranea di stradine
percorribili, dove un tempo si narra venissero compiuti crimini efferati. Di queste violenza si parla in Ladro
di cadaveri, racconto di Stevenson del 1884 - ripreso da John Landis nel film Ladri di cadaveri del 2010 - e
che testimonia come questi crimini venissero perpetrati per uno scopo particolare: fornire corpi per le
lezioni di anatomia del Dr. Robert Knox, eminente scienziato e professore dell’Università di medicina.
Questi aveva assoldato due disgraziati che, per denaro, accettarono di uccidere una serie di reietti senza
famiglia - prostitute e vagabondi – perché i cadaveri che la prigione gli metteva a disposizione non erano
più sufficienti.
Tornando a Dr Jekyll e Mr Hyde, l’ambiente è un mondo quasi del tutto privo di figure femminili, forse
perché anche il suo stesso autore, Robert Louis Stevenson, una donna che cambiò la sua vita la trovò, ma
non era inglese, era una americana, divorziata e con un figlio. Il matrimonio non venne accettato dalla
famiglia di lui, e i due – anzi, i tre - scapparono nelle famose Isole dei Mari del Sud anche per poter
convivere con la tubercolosi che lo tormentava. Proprio in questi luoghi lontani dalla civiltà Stevenson mise
in evidenza le sue capacità di uomo di legge e medicina, e gli indigeni lo accolsero come un nuovo santone
e, alla sua morte, gli eressero una statua per onorarlo e ringraziarlo del suo aiuto.
Di donne invece parla Valerie Martin nel suo Mary Reilly del 1990 – adattato in film nel 1996 da Stephen
Frears. La vicenda in questo caso è narrata dalla cameriera di Dr Jekyll a cui lo schizofrenico dottore affida il
suo segreto.
Sempre alla fine del periodo vittoriano visse pure Oscar Wilde, autore noto soprattutto per essere uno degli
ultimi dandy, amanti del bello, del prezioso, dell’unico. Ne Il ritratto di Dorian Gray (1890), Dorian Gray,
pseudo Dr Faustus creato a sua immagine dall’autore, affida il suo inconscio ad un suo ritratto che poi
nasconde in uno studio nella zona più alta della casa, per non doversi confrontare coi suoi peccati e coi suoi
crimini. Il motivo del “riflettersi” era già stato usato dallo zio di Wilde, Charles Maturin – un prete dandy,
per sua definizione - che aveva scritto in Melmoth the Wanderer (1820) circa uno specchio che appunto
riproduceva peccati e crimini. Dorian Gray vende la sua anima al diavolo, Lord Henry, che lo incanta con la
sua voce e le sue parole. Qui la Londra in cui il protagonista si muove è patinata ed elegante, e quando
Wilde descrive i luoghi nascosti dove si rifugiano malfattori e trafficanti non sembra a suo agio.
Il tema del doppio viene quindi evidenziato apertamente. L’uomo nasconde sempre la propria personalità
con una maschera , nasconde l’istinto primordiale che porta ad adattarsi alle leggi della giungla. Di più:
Wilde ammise in una lettera di rappresentare se stesso nei personaggi de Il Ritratto di Dorian Gray: lui è
Basil, il pittore amante dell’arte e del bello; la gente lo vede come Lord Henry, un affascinante affabulatore
dalla voce che incanta e persuade; egli vorrebbe essere Dorian , il bellissimo giovane innocente che non è
mai stato.
Vampiri, Mummie, Non morti
Sempre a fine secolo, l’irlandese Bram Stoker ripropose un mondo di fantasmi, vampiri e mummie. Il suo
capolavoro, Dracula (1897), tratta dei non-morti , esseri in bilico tra vita e al di là: i vampiri sono uomini che
hanno perso la loro anima e il cui corpo è ancora capace di impaurire. Dracula, Nosferatu, vuol far tornare
in vita la creatura che gli è stata strappata, si nutre del sangue degli altri per rigenerarsi e per raggiungere il
suo scopo. A parte il livello linguistico sicuramente elevato, l’idea di colui che si nutre della linfa vitale degli
altri per vivere è davvero geniale . Per la psicoanalisi esistono in natura persone che, inconsciamente,
incapaci ad esistere da soli, vampirizzano il prossimo.
Ma al pari di Frankenstein, anche Dracula è stato sfruttato impunemente dal cinema e da altri scrittori
facendogli perdere il suo valore letterario e sociale.
Il vampiro che esercitava un fascino già in periodo romantico - il già citato Il Vampiro di Polidori - nel
periodo vittoriano attrasse l’immaginazione anche di autori come Robert Louis Stevenson che scrisse Olalla
(1885) e in epoca recente ha ispirato le storie di Anne Rice con le sue Cronache di Vampiri (1976-2003), adattati cinematograficamente in Intervista col Vampiro e La Regina dei Dannati , - e Twilight (2005) scritto
da Stephany Mayer in cui il vampiro protagonista mangia solo animali e si sposa con una umana - anche
questo portato alla ribalta dalla produzione cinematografica. E questi non sono che solo due esempi
popolari.
Stoker riprese il tema della trasmigrazione dell’anima o della reincarnazione anche ne Il Gioiello delle Sette
Stelle (1903), romanzo complesso e incompleto , che si rifà all’antico Egitto e in cui una principessa appunto
lascia il suo sarcofago per reincarnarsi in una giovane donna. La mummia, altro personaggio gotico che qui
compare, unisce passato e presente, mondo reale e mondo dell’oltretomba, e si nutre degli esseri viventi
per riprendere le proprie sembianze umane e vendicarsi.
Leggenda vuole che Stoker scrivesse i suoi testi con un sarcofago con tanto di mummia alle sue spalle,
quello stesso sarcofago e quella stessa mummia che, venduti ad un compratore d’ oltreoceano, furono la
causa del disastro del Titanic. Storia nella storia.
Viene in mente il film di Luc Besson Adèle e l’enigma del Faraone del 2010 – tratto dai fumetti del francese
Jacques Tardi (1976) - che unisce tutti questi elementi, Titanic compreso.
Stoker non fu il primo a trattare il tema della mummia . Edgar Allan Poe aveva scritto un ironico racconto
Quattro Chiacchiere con una mummia, in cui la mummia in questione, dopo essere stata “scartata” da
un’equipe di eminenti studiosi, risponde alle loro domande mettendoli a disagio e facendo loro notare
quanto scarsa fosse la loro scienza. In realtà la mummia aveva subito una sorta di ibernazione: un’idea da
tenere in considerazione, conclude Poe stesso, per sfuggire da moglie, famiglia, responsabilità, dalle regole
del vivere sociale.
Sir Conan Doyle, creatore di Sherlock Holmes aveva già parlato di mummie nei romanzi brevi Il Guardiano
del Louvre (1890) e La Mummia (1892).
Anche la giallistica ha sfruttato lo sfondo misterioso delle piramidi e delle storie che “raccontano” : è della
regina del giallo Agatha Christie Poirot sul Nilo (1936) e la serie della scrittrice americana Elizabeth Peters,
pseudonimo di Barbara Mertz, vede come protagonista l’archeologa detective Amelia Peabody la cui prima
avventura fu data alle stampe nel 1975.
Ma Conan Doyle andò oltre con i suoi viaggi: ne La ricerca del Mondo Perduto (1912) lo scienziato bizzarro e
avventuroso, succube solo della moglie, il professor Challenger, guida un gruppo di avventurosi personaggi ,
animati da obiettivi diversi , su un altipiano ancora abitato da giganteschi rettili primordiali. Il filone del
viaggio nel tempo sarà seguito da Michael Crichton con Jurassic Park (1990) e Il mondo Perduto (1995),
titolo probabilmente dedicato a Conan Doyle.
Ed ancora sempre di viaggi si parla, ma con protagonisti i pirati: l’autore e medico scozzese scrisse i racconti
sul Capitano Sharkey, uomo crudele e senza morale a cui basta uno sguardo con i suoi occhi azzurri vitrei
per impaurire i mercanti sul Mar dei Caraibi. La figura di questo pirata è un’altra caratterizzazione di villain ,
su navi che sembrano palazzi gotici con le loro cabine e tesori nascosti. Autori successivi hanno tratto
ispirazione da questo pirata spietato, ma elegante, basti pensare nuovamente al romanzo di Michael
Crichton L'isola dei pirati uscito postumo nel 2009 ed ai film I Pirati dei Caraibi (2003 – 2011) con la stramba
e ambigua figura di Jack Sparrow.
Anche in questo caso i primi esempi di scritti su pirati e corsari risalgono ai testi di Daniel Defoe, Tobia
Smollett e R. M. Ballantyne. L’influenza maggiore, però, sul piano descrittivo della figura del pirata e del suo
habitat, derivò da Long John Silver ne L'Isola del Tesoro (1883), di Robert Louis Stevenson . Uomo rude e
violento, con gamba di legno, bandana, orecchino e pappagallo sulla spalla, John Silver è capace , però, di
provare sentimenti verso il ragazzino protagonista del romanzo.
Ovviamente la fama di Conan Doyle rimane legato alla figura di Sherlock Holmes e al giallo deduttivo. Alla
fama Conan Doyle e il suo detective arrivarono per caso, quando una rivista americana, la Lipcott magazine
richiese la scrittura di un libro giallo sia a Sir Arthur sia a Oscar Wilde. Da questa richiesta editoriale
nacquero Il Ritratto di Dorian Gray e Il Segno dei Quattro. Difficile pensare al capolavoro di Wilde come a un
giallo, mentre Sir Conan Doyle riuscì nel suo intento.
Il detective di Baker Street svolge le sue ricerche con precisione scientifica, basandosi su indizi minimi per
trovare il bandolo della matassa con cui svelerà il mistero. Questo detective tutto d’un pezzo che non perde
mai la calma, che della deduzione logica ha fatto un’arte, che ama suonare il violino per rilassarsi e il cui
unico amico, Dr Watson, è un medico, uno scienziato ….. si droga, è un “opium addict”, un’eroinomane. Ne
Il Segno dei Quattro (1984) l’autore scrive una prefazione in cui spiega come il suo personaggio procede in
questo suo vizio, come usa la droga. In epoca vittoriana, ed anche precedentemente, in assenza di
medicinali , le erbe di ogni genere venivano usate, nella giusta quantità come curative o per lenire il dolore.
Ma non è questo il caso di Sherlock Holmes: il doppio non è solo il suo amico Dr. Watson, ma è in lui stes so.
Doppio è Marlow di Heart of Darkness , pubblicato nel 1902. Il romanzo di Joseph Conrad tratta di vita
reale, è l’esperienza dell’autore sul fiume Congo che diventa, come sempre, viaggio di autoconsapevolezza. L’autore, come il protagonista del suo romanzo, Kurtz, è un uomo che tutta l’Europa aveva
partecipato a creare. Conrad è un uomo di mare prima di essere uno scrittore; pur essendo Polacco, sceglie
di scrivere in inglese, forse intuendo che sarà la lingua del futuro – una lingua nata per sovrapposizione e
che , come tale, sostiene T. S. Eliot in un suo saggio scritto per la radio , offre svariati registri linguistici.
Conrad - Marlow parla come un idolo seduto sulla barca sul Tamigi di tempi remoti , paragonando la
colonizzazione Romana a quella inglese e narra di terre lontane, del suo viaggio sul fiume Congo per andare
a riprendere un uomo, commerciante di avorio, diventato leggenda anche tra i selvaggi, Kurtz. Si tratta di
un viaggio verso l’ignoto, tra luci e ombre in una terra definita nera in contrapposizione a quell’Europa dei
bianche dove tutto appare senza difetti.
Il viaggio rivelerà che Kurtz ha invece sperimentato su se stesso le ombre della civiltà occidentale per
scoprire che l’istinto umano è rimasto primordiale e riemerge nel momento in cui viene a contatto con il
lato selvaggio e con le regole della sopravvivenza. “L’orrore, l’orrore” dice prima di morire. Marlow non
rivela alla fidanzata di Kurtz ciò che aveva scoperto dell’uomo che lei idealizza perché tutto ciò che lui ha
fatto era il suo lavoro e lui l’aveva eseguito al meglio.
La barca, il luogo in cui Kurtz vive, persino la stessa città di Bruxelles “sepolcro bianco”, in cui Marlow trova
l’ingaggio per partire, sembrano luoghi fantasma dove vivono persone vuote .
Il contatto tra civiltà e cultura delineato da Conrad servirà da spunto al film Apocalipse Now di Francis Ford
Coppola (1979) dove il protagonista esperimenta la stessa dissociazione mentale mentre imperversa la
guerra del Vietnam.
Per l’americano Henry James il luogo oscuro e peccaminoso è invece proprio la vecchia Europa: il mondo
nuovo, l’ America, appare ingenuo, senza ipocrisia, pronto a conoscere le sue radici, mentre il vecchio
continente è corrotto, ipocrita e ambiguo. Le sue eroine – giovani e belle ereditiere - vengono intrappolate
in vicende amorose che nascondono giochi economici e di potere. Dasie Miller (1878), Ritratto di Signora
(1881), Il vaso d’Oro (1904) sono solo alcuni titoli dei romanzi che seguono questa trama. Diverso è invece
l’approccio di Giro di Vite (1898)dove i desideri erotici di una giovane governante si esplicitano in un mondo
parallelo fatto di sogni e di sovrapposizioni , dove realtà e fantasia intrappolano il lettore stesso che alla
fine non saprà distinguere se i fantasmi corrotti e sensuali di cui è vittima la governante sono veri o frutto
della sua immaginazione. Il fatto stesso che nel racconto non venga rivelato il nome di questa ragazza fa
presupporre che lei stessa sia una creatura irreale.
Joseph Conrad e Henry James segnano già il passaggio verso un nuovo approccio linguistico che rivela le sue
possibilità stilistiche e narrative all’ inizio del 20° secolo. Il fratello di Henry James, William aveva teorizzato
egli stesso quello che diventerà la tecnica più usata e che darà l’avvio al modernismo , e cioè il flusso di
coscienza , il monologo interiore. Non è una “invenzione” propriamente di inizio secolo. Già Lord Alfred
Tennyson e Robert Browning avevano usato il monologo drammatico – definizione che fa riferimento al
teatro – per far parlare i loro personaggi dei propri arrovellamenti.
In particolare, My Last Duchess (1842), La mia Ultima Duchessa – la traduzione non rende il concetto – di
Browning, descrive il duca di Ferrara che, mentre mostra i quadri della sua galleria privata a un non meglio
definito messaggero, rivela di aver ordinato l’assassinio della moglie. Lo rivela quasi inconsciamente,
mostrando il ritratto di una sorridente e gentile giovane donna: sorrideva a tutti, non solo a lui, ecco il
motivo del crimine. A questo punto viene detto anche chi è l’ascoltatore silenzioso di questa agghiacciante
confessione: è l’uomo che dovrà rappresentarlo presso il futuro suocero. Una proposta di matrimonio
alquanto improbabile, nonostante si parli di Medio Evo. L’alter ego del duca non è stato sufficientemente
sotto controllo e lui si è rivelato per quel che è, egoista, presuntuoso, crudele e possessivo.
Il modernismo riprende questa tecnica stilistica per renderla ancor più intima. Il momento storico sociale in
cui nasce questo modello di scritture prende il nome di età dell’ansia da una poesia di William Auden, ansia
dovuta ai grandi cambiamenti politici – il crollo della vecchie case monarchiche, e il sentore di conflitti che
sfoceranno nella prima guerra mondiale.
Il monologo interiore diventa un a confessione senza spazio e tempo, un flusso totale di quella coscienza
che scaturisce dall’uomo con le sue contraddizioni e le sue deviazioni. Non è più necessario il viaggio di una
vita per comprendere le proprie verità, non ci sono più simboli universali per dare un volto ad una idea.
Bastano le immagini quotidiane , una musica che ci colpisce, le azioni di una giornata per rivelare all’uomo
coscienze di cui non si era reso conto. Il tempo diventa anch’esso doppi: un tempo cronologico che segue la
realtà delle azioni e un tempo interiore che guarda ai sentimenti ed ai pensieri di ciascuno. Non ci sono più
barriere tra subconscio e inconscio, come tra passato e presente.
In campo poetico le opere di T. S. Eliot – già citato – offrono una delle migliori interpretazioni di questa
scrittura. Anche qui troviamo quel goticismo caro agli inglesi e il poeta – nato negli Stati Uniti ma diventato
cittadino inglese a tutti gli effetti -, nella Waste Land descrive Londra come una città irreale fatta di uomini
che, con gli occhi fissi sul pavimento, si recano all’ aberrante lavoro quotidiano nella city e dove le sponde
del Tamigi sono popolate da ratti che si nutrono di ossa rotte. Testimone di tutto questo e Io narrante del
poema è la mitologica figura di Tiresia, mezzo uomo e mezza donna, pulsante tra due vite, condannato
dagli dei a vivere una doppia esistenza.
Mitologia e cristianesimo si fondono: non per nulla uno dei testi di riferimento è il ciclo delle leggende di Re
Artù, primo romance in cui i riti pagani – magici e superstiziosi – si fondevano con il credo Cristiano e i
cavalieri della Tavola Rotonda partivano armati alla ricerca del Santo Graal, la coppa in cui Cristo aveva
bevuto durante l’ultima cena.
Proprio in questo periodo vengono infatti studiati questi testi che mostrano come paganesimo e
cristianesimo possano avere riti e credenze simili: Il Ramo d’Oro (1890) di John Frazer e Dal rito al romanzo
(1920) di Jessie Weston sono tra gli esempi più esaustivi di saggistica a cui attingere notizie su questo
argomento. Non per niente la parola chiave di questi viaggi geografici o nell’inconscio è questa ricerca.
Il monologo interiore teorizzato da William James e l’inconsistenza del tempo testimoniata dagli scritti del
filosofo Henry Bergson hanno poi trovato esplicita realizzazione negli scritto di Virginia Woolf e di James
Joyce e nelle poesie di W. B. Yeats oltre che di T. S. Eliot.
Nello stesso momento però la fantascienza, abbandonata quasi per un secolo, dopo l’avvento di
Frankenstein torna alla ribalta in Inghilterra con autori del calibro di H. G. Wells e George Orwell. Due
scrittori con stili diversi, che prevedono entrambi cambiamenti devastanti per l’uomo e mettono il lettore
davanti ai pericoli dell’ evoluzione scientifica e tecnologica.
Ne La guerra dei due mondi (1895) di Wells gli uomini riescono a sconfiggere gli alieni invasori con un
batterio – la domanda è : gli alieni riusciranno ad adattarsi e a munirsi di anticorpi e quindi a tornare? Ne
L’isola del dr. Moreau (1896) lo scienziato cerca di far divenire uomini gli animali con conseguenti
sofferenze e perdita di individualità.
Dalla fantascienza all’utopia
In 1984 (1948) George Orwell dipinge un mondo che ha perso totalmente ogni libertà dominato da un
grande fratello che spia e governa attraverso telecamera e attraverso la polizia del pensiero, attraverso il
cambiamento della storia e la riduzione del linguaggio a slogan, proibendo l’amore e concedendo solo la
procreazione. Il paese è sempre in guerra, scoppiano bombe, ma il nemico non ha un nome e i titoli dei
ministeri sono l’esatto contrario di ciò che rappresentano - il ministero della pace stabilisce verso chi
muovere guerra. In ultimo la tortura. Cosa nasconde la famosa temuta camera 101 lo si scopre sol o alla fine
: ci sono le nostre paure personali più devastanti di qualsiasi macchina da inquisizione. E Winston Smith – il
protagonista il cui nome ricorda il famoso primo ministro Churchill, ma anche l’uomo qualunque dal
cognome comune – troverà i topi, quei topi che aveva visto divorare i cadaveri dei propri cari.
1984 viene definito romanzo antiutopico. L’utopia è un genere che vanta antiche origini – La Repubblica
(390-360 AC) di Platone, Utopia (1516) di Thomas More, La città del sole (1602) di Tommaso Campanella, La
Nuova Atlantide (1628) di Francesco Bacone, - ma il già menzionato Jonathan Swift ne I Viaggi di Gulliver
(1726) aveva dimostrato come i luogo che incarnavano i sogni di uguaglianza e di progresso scientifico e
tecnologico rivelavano il loro reale rovescio. Aldous Huxley in Brave New World (1931)– la traduzione
Mondo Coraggioso non rende – e William Golding in Il signore delle Mosche (1952) ribadiscono e
accentuano questi concetti dimostrando che neppure le nuove generazioni riusciranno a cambiare le
mentalità: il potere è corruzione, e le differenze tra personalità e capacità vengono immancabilmente a
galla.
La definizione fantascienza applicata a questi romanzi coglie nel segno il loro significato. Già Jules Verne
aveva dimostrato la forza e i pericoli della scienza, e la figura del capitano Nemo nel suo Nautilus di
atmosfera nuovamente Gotica, aveva evidenziato i pericoli che soggiacciono a questo pur positivo
progresso.
Le due guerre mondiali con le stragi e le aberrazioni avevano maggiormente sottolineato quanto il limite tra
scienza positiva e i suoi risvolti devastanti fosse labile. La bomba atomica era il correlativo oggettivo ,
l’epitome di tutto questo.
Isaac Asimov in America testimonierà maggiormente questi rischi: ai robot di I Robot (1950) sono imposte
regole e leggi, per evitare che abbiano il sopravvento e distruggano il genere umano. Alieni e macchine
sono proiezioni del desiderio dell’uomo di conoscere l’ unknown, , il non noto, e rappresentano il desiderio
di poter clonare l’uomo, ma le creature che forgiano diventano anche antagonisti dell’uomo stesso- sono
nuovamente incarnazioni di paure inconsce.
Ciò che stupisce è come in questo genere gli autori ripropongano vecchie atmosfere e già noti cattivi. In
Dune (1965) Frank Herbert descrive una società di tipo feudale in un sistema interstellare; la reggia ha la
tetra atmosfera di un palazzo medioevale con abitanti nobili corrotti che tramano nel buio. Lo stesso si può
dire di Lord Fenner di Guerre Stellari, saga cinematografica scritta e diretta da George Lucas negli anni
settanta : una macchina senza volto che usa spade laser dalla foggia antica. Infine, ma gli esempi sarebbero
veramente tanti, i mostri di Star Trek creato Gene Roddenberry affascinano ancora per la loro diversità.
Asimov mette in luce indirettamente l’aspetto dell’universalità di temi e paure in un breve e ironico
racconto, Il bardo immortale: uno scienziato cerca di portare in vita dei grandi uomini di epoche passate;
l’unico che si adatta a vivere nel 20° secolo è Shakespeare , il genio universale. Anzi, si iscrive all’università
per seguire dei corsi sui suoi testi, ma poi deve tornare nella sua epoca: lo bocciano proprio su un esame
basato sull’interpretazione delle sue tragedie!
Il “giallo”
Tornando all’inizio del 20° secolo, il sottogenere che ebbe molto spazio negli anni venti e trenta , fu il giallo.
Negli anni venti un importante contributo venne da Edward Stratemeyer che iniziò a scrivere gialli per
giovani lettori. Sue infatti sono le storiche serie degli Hardy Boys e Nancy Drew scritti sotto lo pseudonimo
rispettivamente di Franklin W. Dixon e Carolyn Keene. Più tardi queste serie vennero continuate da altri
autori per desiderio stesso di Stratemayer che lasciò liberi i diritti d’autore .
Il periodo tra gli anni ’20 e ’30 viene definite Epoca d’Oro del giallo che assunse una serie di caratteristiche
precise codificate da Ronald Knox nel suo Decalogo di regole per il giallo deduttivo (1929): vengono evitati
eventi soprannaturali, gli elementi che compongono il mistero devono essere dettagliatamente spiegati al
lettore, il detective solitamente è un outsider, senza impegni di famiglia – un poliziotto, un amateur
detective che investiga su un numero di sospetti .
Molti di questi libri furono scritti dalla regina del crimine Agatha Christie che creò, tra gli altri, il detective
Hercule Poirot, misogeno ed elegante solitamente accompagnato dal fido amico capitano Arthur Hastings ,
un estimatore del sesso debole, e dall’ispettore Japp, sempre dismesso come un letto disfatto. La prima
avventura del detective belga fu Poirot a Style del 1920; l’ultima, in cui Poirot muore a seguito di
complicazioni cardiovascolari dopo aver commesso il suo primo e unico omicidio – uccide un serial killer - è
Sipario. Poirot viene sepolto a Styles Court dove tutto ha avuto inizio. L’anno è il 1975, un anno dopo anche
la sua creatrice morirà. Tra i romanzi più popolari di Agatha Christie si annoverano Assassinio sull’Orient
Express (1934) e Morte sul Nilo (1937).
L’approccio deduttivo , o puzzle , verrà poi lasciato per un periodo quando in America si svilupparono altri
generi . Uno dei più popolari fu whodunnit (forma abbreviata per who has done it?, Chi è stato) adottato ed
esteso da Rex Stout - creatore di Nero Wolf - and Ellery Queen – narratore delle avventure di Ellery Quinn
stesso, seguito poi dal tipo hardboiled che ruota intorno alla figura del detective privato (P.I., Private Eye)
solitario e senza affetti . Esponenti furono Dashiell Hammett con il suo personaggio Sam Spade de Il falcone
Maltese (1930) e Raymond Chandler con Philip Marlowe divenuto popolare ne Il Grande Sonno del 1939
pubblicato su una delle riviste pulp più popolari Black Mask (Maschera Nera) e ripreso dalla cinematografia
hollywoodiana.
Questi romanzi infatti ottennero una popolarità insperata anche grazie alle riviste letterarie economiche
che fiorirono tra il 1920 e il 1950: le dime novel negli Stati Uniti d'America - penny dreadful nel Regno
Unito, e le riviste pulp. Le dime novel dovevano il loro nome al basso prezzo: un dime corrispondeva a 10c e
a un penny, rispettivamente. In italiano potrebbero essere tradotti come "romanzo da dieci centesimi" o
"romanzo da due soldi" , definizione che sottintendeva anche la scarsa qualità del prodotto. I pulp
magazine, presero il nome dalla carta con cui erano confezionati, carta che derivava dalla polpa dell’albero,
di qualità scadente che ingialliva facilmente ed era più spessa e ruvida. In realtà per queste riviste scrissero
autori anche di livello, a volte sotto pseudonimo, quali Theodore Dreiser e Upton Sinclair .
Non ultimo il gotico ebbe anche una sua connotazione nei fumetti. I palazzi di Gotham City in cui Batman
vive e opera sono oscuri e i suoi antagonisti sono essere diventati mostruosi per esperimenti sbagliati o
incidenti durante i loro “lavoro” criminale. L’uomo dalla doppia vita – miliardario benefattore e persecutore
di malviventi – nacque dalla penna di Bill Finger su disegni di Bob Kane nel 1939. Dello stesso anno è la
fondazione della Marvel Comics, casa editrice statunitense del gruppo Walt Disney che ospita ancor oggi
nelle sue pagine i supereroi più famosi, tutti pulsanti tra due vite , una pubblica ed una privata.
Di tipo differente è l’opera di un particolare autrice inglese, Daphne Du Maurier. Non sempre si collega la
figura di questa colta nobildonna - nipote di un grande disegnatore già citato e cugina di quei ragazzi che
ispirarono James Barrie quando scrisse la storia di Peter Pan, il ragazzo che non voleva crescere - all’autrice
di Locanda Giamaica (1936), Rebecca (1938), e Gli uccelli (1953), da cui Alfred Hitchcock trasse spunto per i
suoi omonimi film. I suoi personaggi devono sfidare l’ambiente in cui vivono per poter sopravvivere fino alla
risoluzione finale. Ne Gli uccelli invece il tema è quello di una natura che si ribella al potere dell’uomo.
Infatti è da sottolineare quanta parte ha avuto il cinema nella diffusione di questi generi che permettono la
commistione di più stili – dal giallo alla fantascienza e al fantasy - che si compenetrano fornendo l’immagine
fisica al nostro inconscio e dando la possibilità di usare nuove tecniche. Infatti, primi esempi di
cortometraggio – a seguito della presentazione della Lanterna Magica dei Fratelli Lumiere a Parigi nel 1895
- furono proprio Alice nel paese delle meraviglie (1903) e, Salvato da Rover (1905), storia di un cane che
aiuta la polizia a trovare un bambino rapito in una Londra molto pittoresca dunque, il gotico entra nella
nuova arte, anzi, la ispira.
Inoltre il fatto che il cinema si sviluppò in America ebbe come conseguenza il proliferare di stili diversi:
durante la seconda guerra mondiale registi e sceneggiatori immigrarono da tutto il mondo sia per motivi
economici sia per problemi politici - Fritz Lang , esponente dell’Espressionismo tedesco, girò in America le
sue opere più importanti (Il Dr Mabuse, 1922; Metropolis, 1927 e M – il mostro di Dussendeorf, 1931) e le
cinque maggiori case di produzione agli inizi furono fondate da produttori ebrei scappati dall’Europa sotto
la minaccia del nazismo.
Fantasy
A questo proposito, in letteratura, il sottogenere del fantastico divenne un mezzo letterario per avvicinare
mondi e ripensare ai mostri, alle stranezze in modo più umoristico e immaginifico. Nacque alla fine del 19°
secolo , ma anch’esso deve anche lui le sue origini al gotico per la sua dimensione onirica e l’ambientazione
misteriosa.
Dedicato ai bambini, ad un occhio attento - come già si può dire per I Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift –
rivela una pesante satira al potere, e visioni del reale molto complesse.
E’ il caso di Alice nel Paese delle Meraviglie (1865) e Alice attraverso lo Specchio (1871) di Lewis Carroll pseudonimo di Charles Lutwidge Dodgson, dalla traduzione dei suoi primi due nomi in latino Carolus
Ludovicus, poi inglesizzati. Questi due capolavori mostrano un mondo parallelo, popolato da essere strani e
ambigui. Lo studio di animali e delle varie personalità permise a questo scrittore – nonché prete, fotografo
matematico, creatore di giochi quali lo scarabeo - di suggestionare il lettore con immagini che stupiscono,
talvolta fanno sorridere ma anche fanno intravvedere una lettura più profonda e complessa. Alla fine anche
qui tutto è un sogno: la dimensione onirica è uno strattagemma per poter far emergere le paure e le
ossessioni represse dei protagonisti. Il testo ispirerà nel 1951 uno dei cartoni animati di Walt Disney più
fantasiosi, Alice nel paese delle meraviglie, appunto, e il più recente film del 2010, Alice, immerso in una
atmosfera tetra e sfuggente diretto dal già più volte nominato Tim Burton, autore del gotico moderno per
eccellenza.
Dopo l’esempio di Lewis Carroll, alla fine dell’800 e all’inizio del nuovo secolo, altri autori si dedicarono alla
letteratura fantastica, o fantasy. La maggior parte dei testi si rivolgevano alla fiaba popolare per
recuperarne le origini, ma i nuovi dettami della pedagogia moderna e l’approccio psicologico valorizzarono
questo genere che si rivelò adatto, forse più consono, al mondo adulto. Anche il poeta William Butler Yeats
arricchì le sue tematiche con riferimenti mitologici e di folklore irlandese di fate ne Vagabondaggi di Oisin e
altre poesie del 1889 e Leda and the Swan, (1919) per poi approdare alle sue teorie sulla ciclicità della
storia di vichiana memoria in The second Coming, 1919.
Tra gli scritti più noti si annoverano Il fantasma di Canterville (1887), La casa dei melograni (1991) e Il
Principe Felice (1991) di Oscar Wilde; Un americano alla corte di re Artù di Mark Twain (1889); Il
meraviglioso mondo di Oz (1900) di Frank Baum; Le avventure di Peter Pan (1902) di James Matthew Barrie
e Gli dei di Pegana (1905) di Lord Dunsay, prima creazione contemporanea di mondi con mitologie e storia
ben definite, una propria geografia ed i propri dei.
In particolare quest’ultimo autore influenzerà profondamente l'opera di Howard Phillips Lovecraft (18901937), creatore della Weird fiction, letteratura fantastica, appunto. L’Edgar Allan Poe del 19° secolo,
secondo l’autrice americana Joyce Carol Oates, nella maggior parte delle opere rappresenta i simboli
dell’inconscio e si ispira ai suoi incubi. L’autore di Providence fece suo l'importante progresso scientifico
che in quegli anni si registrava in campi come la biologia, l'astronomia, la geologi a e la fisica: di fronte a
questo Lovecraft vedeva la razza umana insignificante e impotente, in balia di un universo meccanico e
privo di ogni riferimento spirituale,visione che lo portò ad un pessimismo cosmico sul destino dell’uomo e
rafforzò il suo già convinto ateismo. Le sue opere sono molteplici, ma la fama che lo rese punto di
riferimento per la futura fantascienza è dovuta a romanzi come Il caso di Charles Dexter Ward, Le
montagne della follia e La maschera di Innsmouth, - molti di questi apparsi nei Weird Tales – e ai racconti
come Dagon, Il colore venuto dallo spazio, Il richiamo di Cthulhu e L'orrore di Dunwich.
Stephen King per sua stessa ammissione prese come esempio la prosa di Lovecraft ed elogiò il suo stile
talvolta arcaico. Autore di spicco del gotico moderno, il primo successo di S. King fu Carrie del 1974 a cui
seguirono moltissimi romanzi e racconti divenuti memorabili anche grazie ai loro adattamenti fumettistici
da parte della Marvel Comics e cinematografici. Infatti alcuni dei suoi testi sono stati riprodotti in film da
registi del calibro di Stanley Kubrick, John Carpenter, Brian De Palma, David Cronenberg e Frank Darabon.
Ancora un esempio di commistione tra mitologia- storia e magia è Conan il Cimmero, protagonista nel 1932
dei racconti dell’americano Robert Ervin Howard, padre della heroic fantasy, sempre pubblicata
inizialmente sui pulp magazine.
Il genere fantasy si è ancor più incrementato dopo la seconda Guerra Mondiale: le atrocità, gli stermini e le
distruzioni totali hanno lasciato un segno indelebile che, da un lato, gli autori hanno cercato di dimenticare
rifugiandosi in un mondo fantastico, dall’altro ricompaiono come incubi e ricordi oppressivi.
Nei libri di Rohal Dahl la magia si manifesta all'interno del mondo urbano della piccola borghesia o della
classe operaia, i bambini protagonisti delle sue storie sono spesso oppressi da povertà e/o da figure adulte,
o allevati da genitori incapaci di provvedere a loro, come nel caso di Charlie e la Fabbrica di Cioccolato
(1964) in cui il piccolo protagonista viene aiutato dall’improbabile e surreale Willy Womka. Il tema
fondamentale è quello del bambino senza famiglia – orfano involontario o volontario - e solitamente viene
aiutato da figure positive, normalmente umane, come la nonna de Le Streghe (1983) che aiuta il piccolo
Luke, rimasto solo, a sfuggire a delle “donne” che vogliono uccidere tutti i bambini o la maestra Miss Honey
da cui Matilda (1988) - che da il titolo al romanzo – si rifugia per sfuggire dalla sua famiglia.
Ne Il Signore degli Anelli scritto da John Ronald Reuel Tolkien - autore di origine sudafricana, professore di
inglese antico e di letteratura inglese ad Oxford - attinse dai suoi vasti studi di tipo storico, mitologico e
linguistico, e dalla sua grande passione per la cultura anglo sassone.
Ambientato alla fine della Terza Era, nell'immaginaria Terra di Mezzo, fu scritto a più riprese tra il 1937 e il
1949, e pubblicato in tre volumi tra il 1954 e il 1955. Preceduto da Lo Hobbit, il romanzo narra le avventure
di nove personaggi che compongono la Compagnia dell'Anello: rappresentano le genti dei Popoli Liberi
della Terra di Mezzo, partiti per distruggere il più potente Anello del Potere, che renderebbe quasi
invincibile il suo padrone Sauron se solo ritornasse nelle sue mani.
La saga di Harry Potter (1999-2009) merita un posto speciale tra i romanzi di fantasy in quanto raduna in sé
tutte le tematiche già toccate - morte, vita-in -morte, diversità, doppio, inconscio -, non ultima la satira
socio-politica. Il ragazzino che non sa di avere dei poteri enormi sceglie il lato buono della sua personalità,
evitando l’attrazione per il male che lo chiama. Il villain, Lord Voldemort , suo nemico, è un non-morto che
vive nel corpo di suoi seguaci, si nutre delle loro anime.
Harry vive una doppia esistenza: tra i mortali babbani, che vivono in casette tutte uguali, ignari dell’altro
mondo, quello dei maghi che guardano i normali con disprezzo e vivono in castelli tetri, in vicoli nascosti
all’interno dall’indaffarata Londra. Il gotico castello di Hogwart, scuola di magia e stregoneria, sembra avere
una vita propria: le scale si muovono, i quadri prendono vita, le segrete compaiono anche in bagno, gli
specchi rivelano desideri; ed è popolato da fantasmi, da giganti buoni, da troll che infestano le cantine, da
leviatani , cani a tre teste e altro ancora. In realtà Harry scopre che il mondo magico rivela le stesse
incongruenze del mondo reale; è popolato da traditori , insegnati ingiusti e giudici che imprigionano
innocenti per sbarazzarsene. I protagonisti dei sette romanzi sono tre ragazzi - Harry, Ron e Hermione – che
diventano adulti superando prove e districando vicende degne di detective di fama, ma la loro impresa è
ancor più ardua perché i criminali che inseguono non hanno una connotazione fisica o sociale definita e
neppure la prova del DNA può aiutarli.
Si tratta di un mondo, quello magico, parallelo, e di mondi paralleli trattano i romanzi della trilogia Queste
oscure materie - La bussola d’oro, La lama sottile e Il cannocchiale d’ambra (1995 – 2000)- di Philip Pullman.
I protagonisti passano attraverso porte invisibili e sono accompagnati da “daimon”, alter ego dalla forma di
animali che vivono in simbiosi con il loro padrone e scompaiono allo loro morte. Senza di e ssi le persone
muoiono o rimangono menomati in quanto il daimon è collegato con la Polvere , sostanza che ha la facoltà
di concepire personalità indipendenti e quindi osteggiata dal Magisterium, chiesa dominante e dominata
dal culto di un essere supremo chiamato Autorità. L’opera è stata contestata per le tematiche proposte che
mostrano una chiesa oppressiva ed eccessivamente dogmatica.
Si contrappone a questa visione della chiesa quella di Clive Staples Lewis autore de Le Cronache di Narnia
(1950-56), un serie di sette romanzi per ragazzi. Le vicende narrate sono quelle di un gruppo di bambini che
entrando in un armadio e si trovano nel Regno di Narnia, dove gli animali parlano, la magia è una pratica
comune ed il Bene è in lotta con il Male.
In questi romanzi mitologia e cristianesimo si mescolano insieme con la tradizione britannica e il folklore
irlandese perché l’autore vuole sottolineare la continuità e affinità tra le religioni e i miti precristiani e la
verità rivelata nel cristianesimo. Queste riflessioni lo portarono dall’ateismo alla convinzione dell’esistenza
di un Dio personale, quello rivelato dal cristianesimo.