quaderno DEFINITIVO di Annaisa Cavallo

Transcript

quaderno DEFINITIVO di Annaisa Cavallo
Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche,
Merceologiche e Geografiche
Università degli Studi di Foggia
_____________________________________________________________
L’evoluzione della tassazione societaria nell’Unione Europea: il
progetto europeo di base imponibile comune consolidata.
dott.ssa Annaisa Cavallo
Quaderno n. 1/2010
Quaderno realizzato presso il
Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e
Geografiche
nel mese di marzo 2010
e depositato ai sensi di legge
Authors only are responsible for the content of this preprint.
__________________________________________________________
Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e
Geografiche
Via R. Caggese, 1, 71100 Foggia (Italy), Phone +39 0881-781.721 /781.742 Fax 0881-568244
esemplare fuori commercio per il deposito legale agli effetti della legge 15 aprile 2004 n. 106
il presente contributo è disponibile al seguente indirizzo:
http://www.dseagmeg.unifg.it/pubblicazioni/quaderni.asp
Un ringraziamento particolare va
al prof. Pietro Boria,
per aver reso possibile la presente pubblicazione,
con i suoi preziosi suggerimenti e spunti di riflessione e
al prof. Mario Cardillo,
per la sua guida e il suo sostegno scientifico,
a dimostrazione della sua grande fiducia.
1
L’evoluzione della tassazione societaria nell’Unione Europea: il progetto
europeo di base imponibile comune consolidata.
dott.ssa Annaisa Cavallo
dottoranda di ricerca in diritto tributario presso l’Università degli Studi di
Foggia.
Sommario: 1. Premessa; 1.2. Le prime iniziative legislative europee in
materia di imposte sulle società; 1.3. Novità legislative degli anni Novanta; 1.4. Gli
interventi della Commissione Europea negli anni Duemila; II°- 2.Una base imponibile
comune consolidata per le societa’ (Ccctb) finalità e caratteristiche principali. 3.
Principi contabili e fiscali della CCCTB; 4. Il consolidamento delle basi imponibili; 5.
La ripartizione della base imponibile consolidata; 6. I vantaggi per le imprese e per il
funzionamento del mercato unico; 7. Una norma antiabuso generale nella ccctb?. 8.
Considerazioni conclusive sulla proposta di direttiva.
1. Premessa
Il rapporto che intercorre tra la “costruzione europea” e la fiscalità diretta
si caratterizza per riconosciuta difficoltà, in materia tributaria, forse più che in
ogni altro settore, si evidenzia in modo significativo “l'incompiutezza
dell'edificio comunitario” nonché della complessità del processo
d’integrazione europea1. La fiscalità rappresenta un elemento essenziale per la
realizzazione del processo d’integrazione comunitaria e, soprattutto, per
raggiungere l’abbattimento delle barriere protezionistiche delle legislazioni
nazionali, rappresentando un utile strumento volto a garantire l’effettiva
attuazione delle quattro libertà fondamentali.
1
VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento
sovranazionale e competizione interstatuale, in Rivista di diritto tributario internazionale, 2006, p. 65 e
ss; il quale, specifica che: “è ormai principio acquisito che il processo di integrazione europea si effettua
per tappe successive.” Del resto già nella celebre dichiarazione del 9.5.1950, Robert Schuman affermava
che: “L’Europa non si farà d’un tratto, né in una costruzione globale: essa si farà con delle realizzazioni
concrete –creando innanzitutto una solidarietà di fatto”. L'affermazione di uno dei padri fondatori della
Comunità europea risulta straordinariamente attuale, se si considera che, come rilevato da attenti
osservatori delle vicende comunitarie, a tutt'oggi l'Europa assomiglia ad un cantiere piuttosto che ad un
edificio compiuto. Un primo tentativo di costruzione dell’impianto giuridico europeo è rinvenibile già nel
1975 ad opera della Commissione europea che aveva presentato una proposta di direttiva relativa
all'introduzione di un sistema di ravvicinamento del trattamento fiscale dei dividendi in tutti gli Stati
membri, dimostratosi poi inaccettabile. La Commissione ha quindi riconosciuto l'impossibilità di attuare
un'armonizzazione sistematica su scala europea e alla fine degli anni Ottanta ha rivolto la sua attenzione
verso azioni su misure limitate, ma importanti per il completamento del mercato interno. Questo nuovo
approccio ha portato, nel 1990, all'adozione della direttiva "madre- figlia" e della direttiva "fusioni" (le cui
proposte erano state presentate già nel 1969) e della convenzione sulla procedura arbitrale, con la quale viene
introdotta una procedura per l'eliminazione della doppia imposizione da rettifica degli utili di imprese
associate in diversi Stati membri. La proposta dì armonizzazione del 1975 è stata invece ritirata nel 1990.
2
La costituzione economica europea va considerata non tanto come
“l’epicedio di una politica liberista”, ma piuttosto l’avvio di un processo di
integrazione politica e costituzionale tra i vari Stati che si sostanzia in una
destrutturazione della sovranità nazionale attraverso l’abbattimento delle prime
e fondamentali barriere doganali e protezionistiche2. In tale ottica, si possono
delineare gli elementi costitutivi della fiscalità dell’ordinamento comunitario,
secondo principi ispiratori contrapposti a quelli tipici dell’ordinamento
tributario nazionale, in quanto non orientati a costituire uno strumento di
raccolta delle risorse finanziarie essenziali per la sussistenza e lo sviluppo di
una collettività.
La fiscalità è, quindi, caratterizzata da una accezione “negativa”
configurandosi come un elemento ostruttivo del gioco della concorrenza che
deve essere ridimensionato o eliminato in linea con i principi fondamentali
enucleati nella costituzione economica europea3.
L’assetto giuridico della fiscalità europea si poggia sui due principi di
fondo incardinati nel Trattato Istitutivo: il divieto di discriminazione fiscale e
l’armonizzazione delle legislazioni nazionali4. Secondo il principio di non
discriminazione5, la potestà impositiva dei singoli Stati membri non deve
2
Così BORIA, Diritto tributario Europeo, Milano, 2005, p. 52.
Vedi BORIA, Diritto tributario Europeo, cit., p. 52; il quale specifica che: in ambito comunitario la
fiscalità non è inquadrata come uno strumento di raccolta delle risorse finanziarie essenziali per la
sussistenza e per lo sviluppo di una collettività, secondo criteri equi e ragionevoli di riparto tra i
consociati; al contrario, assume un valore negativo , in quanto costituisce un fattore distorsivo del gioco
della concorrenza, che deve essere limitato e possibilmente eliminato, in linea con i postulati assiologici
risultanti dalla costituzione economica europea. La funzione assunta dal complesso di regole tributarie di
formazione comunitaria è dunque profondamente diversa da quella assunta dagli ordinamenti fiscali
nazionali: è una funzione “negativa”, rivolta cioè a limitare e a contenere gli effetti discorsivi della
fiscalità e non anche ad incidere positivamente sulla dimensione della ricchezza nazionale e sui processi
di redistribuzione del reddito tra i membri della Comunità. (BORIA, Il Sistema Tributario,Torino, 2008,
p. 115 e ss.). Si va così affermando un criterio di “integrazione negativa”, che porta alla
ortopedizzazione degli ordinamenti fiscali nazionali attraverso l’espunzione di tutte le norme divergenti
rispetto alle finalità di neutralizzazione della leva fiscale nei confronti del mercato e della concorrenza.
(cfr. FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino, 2003, p. 756 ss.).
4
La nozione di armonizzazione come revisione normativa diretta a perseguire la “conformità ad un
modello unico” è proposta classicamente da COSCIANI, Problemi fiscali del Mercato comune, 1958,
p.89. Il termine armonizzazione nel diritto comunitario, indica il procedimento con cui i vari paesi
effettuano di comune accordo, o l’Autorità preposta al Trattato impone, la modifica di una determinata
norma o di un dato tributo o l’adeguamento della struttura essenziale (tasso, base imponibile, ecc..) di
una imposta, in conformità ad un modello unico. (COSCIANI, La politica di armonizzazione fiscale
della Comunità Economica Europea, in Quaderni Assonime, Roma, 1982); sul valore
dell’armonizzazione fiscale nell’ordinamento comunitario vedi l’accurata analisi di RUSSOCORDEIRO GUERRA, L’armonizzazione fiscale nella Comunità Europea, in Rass.Trib., 1990, 628 ss.;
SACCHETTO, Armonizzazione fiscale nella Comunità europea, in Enc. Giuridica Treccani, Roma
1994; UCKMAR, Progetti e possibili soluzioni dell’armonizzazione fiscale dell’Unione Europea, in Dir.
Prat. Trib., 1995, 9; ADONNINO, Armonizzazione fiscale nell’Unione Europea, in Enc. Dir., Agg.to II,
Milano 1999, 276 ss. V. altresì in argomento STAMMATI, Commento art. 99, in Trattato Istitutivo della
Comunità Economica Europea, diretto da Quadri-Monaco-Trabucchi, Milano, 1965, vol. II, 781; ID.,
L’armonizzazione fiscale nella Comunità Europea, in Dir. Prat. Trib.1989, I, 283; CECAMORE,
Armonizzazione fiscale in Rass. Trib., 1988; CROXATTO, Armonizzazione fiscale in mercato unico
Europeo, in Le Società, 1990, 105 ss.; AA. VV., Sistemi fiscali e integrazione europea, a cura di
Cavazzuti e S Giannini, Bologna, 1991; COMELLI, L’armonizzazione fiscale e lo strumento della
direttiva comunitaria in relazione al sistema dell’Iva, in Dir.prat. Trib., 1998, I, 1590 ss.
5
Sul principio di non discriminazione fiscale si veda l’ampia analisi di TIZZANO, Sul divieto di
discriminazioni fiscali nella CEE, in Foro It., 1974, IV, 318 ss.; SACCHETTO, i divieti di
discriminazione contenuti nell’art. 95 CEE. L’evoluzione dell’interpretazione della Corte di Giustizia
CEE e l’applicazione nell’ordinamento italiano, in Dir. Prat. Trib., 1984, I, 499 ss.; BERLIN, Droit
fiscal communautaire, Paris 1988, 103 ss.; AMATUCCI, L’Adattamento del sistema finanziario italiano
3
3
assumere una connotazione ostruttiva ed impeditiva del regime di concorrenza
ed alterare il funzionamento del mercato comune. Secondo tale impostazione il
principio di non discriminazione assume un valore più pregnante che assieme al
carattere recessivo e problematico del principio di armonizzazione, delineano il
quadro di una “fiscalità negativa”.
Originariamente, nel Trattato di Roma l’integrazione fiscale comunitaria
aveva come unico scopo la realizzazione del mercato comune, solo di seguito si
è formata l' idea che la realizzazione di un efficiente mercato all'interno
dell'Unione europea richiede il ravvicinamento dei sistemi d’imposizione
diretta degli Stati membri, soprattutto in materia di imposta sulle società.
In effetti, nella logica del trattato di Roma, un'armonizzazione delle sole
imposte sulla cifra da affari e di consumo sembrano sufficienti ad assicurare
l'instaurazione ed il corretto funzionamento del mercato interno, restando
perciò confermata in capo alla sovranità nazionale ogni politica fiscale
concernente l’imposizione diretta6.
Il principio dell’armonizzazione assume una connotazione differente
qualora se afferisce all’ambito normativo dei tributi indiretti, ai sensi dell’art. 93
del Trattato7, dove è enucleata l’esigenza di promuovere un coordinamento delle
politiche fiscali nazionali con lo scopo di arginare gli egoismi che hanno
caratterizzato le linee evolutive degli ordinamenti statuali, o all’ambito delle
imposte dirette.
In materia di imposte dirette, le iniziative comunitarie si fondano sui
principi espressi dall'articolo 94 del Trattato8 il quale attribuisce al Consiglio
degli Stati membri il potere di adottare direttive per “ravvicinare”9 le
agli atti di Istituzione della CEE, in Dir. Prat. Trib., 1995, I, 1281 ss.; AMATUCCI, Il principio di non
discriminazione fiscale, Padova 1998; ID., L’interpretazione del principio di non discriminazione
nell’ordinamento tributario italiano, in Riv. Dir. Trib., 1999, I, 166. ADONNINO, Il principio di non
discriminazione nei rapporti tributari tra paesi membri secondo le norme della Cee e la giurisprudenza
della Corte di Giustizia, in Riv. Dir. Fin. 1993, I, 76.
6
Cfr. art. 93 del Trattato CE, già art. 99 del Trattato CEE, così modificato dall’art. G, punto 20, del
Trattato dell'Unione europea, per il quale: “Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della
Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta
le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’
affari, alle imposte di consumo e alle altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia
necessaria per assicurare l'instaurazione e del funzionamento del mercato interno […]”. Per una sintesi
delle linee evolutive del processo di riforma di tassazione delle società in ambito comunitario, Cfr. DI
GREGORIO, SCAZZERI, Armonizzazione Fiscale. L’IRES nel quadro europeo di riforma della
tassazione sulle società, in “il fisco”, n. 5/ 2004, fasc.1, p. 679 e ss.; ROLLE, ROCCO, VALENTE,
Coordinamento della tassazione dei redditi d’impresa, in “Rassegna di Fiscalità internazionale”, n. 32003, allegata a “il fisco”, n. 27/2003, pp. 211-216.
7
Particolarmente importante è l'articolo 93 che prevede l'"armonizzazione" delle legislazioni fiscali degli
Stati in materia di imposte indirette. In particolare, la norma dispone che "Il Consiglio, deliberando
all'unanimità della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato
economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative
alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui
detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato
interno...", limitando, quindi, le possibilità di intervento alle sole norme che riguardano la fiscalità
indiretta.
8
Articolo 94: “Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa
consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che
abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune”.
9
Secondo parte della dottrina (cfr. VALENTI-PAOLINI, Problemi terminologici in materia di
ravvicinamento delle legislazioni nel Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, in Rivista di
4
legislazioni nazionali, qualora reputi che le differenze tra le disposizioni
legislative, regolamentari o amministrative dei Paesi aderenti abbiano
un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato comune10.
In materia di imposte dirette11 l’armonizzazione è riconducibile anche
all’articolo 293 (ex art. 220 del Trattato istitutivo) secondo cui dovranno essere
avviati negoziati tra gli Stati membri diretti a garantire l’eliminazione della
doppia imposizione fiscale all’interno della Unione Europea.
L’attuazione dell’armonizzazione delle imposte dirette è in stretta
correlazione con aspetti determinanti della sovranità fiscale dei singoli Stati,
non trova pertanto preciso riscontro nelle norme comunitarie ma negli
strumenti negoziali attraverso la fitta rete di accordi bilaterali o plurilaterali tra
i vari Stati membri. Pertanto, è comprensibile il pericolo paventato dai singoli
Stati membri, riferentesi alle limitazioni della propria autorità impositiva
nonchè all’utilizzo di strumenti di politica economica.
Occorre, peraltro, osservare che l’esigenza di avviare l’armonizzazione
delle legislazioni fiscali, soprattutto con riferimento all’imposizione diretta,
deve essere coordinata con il fondamentale principio di sussidiarietà; ciò
equivale a dire che l’armonizzazione fiscale sia da realizzare nel limite delle
disposizioni idonee ad influire effettivamente sul funzionamento del mercato
comune; invece, restano di competenza esclusiva dei singoli Stati membri la
regolazione del fenomeno impositivo a livello essenzialmente domestico.12
diritto europeo, 3, 1962, p. 91; PUGLISI, Manuale di Diritto Comunitario, Torino, I, 1983) questo
termine rappresenterebbe la specifica applicazione in campo fiscale della nozione più ampia di
“ravvicinamento” inteso come una procedura, o meglio una tecnica giuridica volta all’eliminazione delle
disparità esistenti in due o più sistemi giuridici al fine di rendere affini le legislazioni o più
specificatamente le discipline normative. In realtà, nel Trattato di Roma e nell’intera legislazione
comunitaria non compare una diversificazione tra i due termini “armonizzazione” e “ravvicinare”. La
differenza più importante, se non l’unica, tra le due espressioni è riferibile agli strumenti che il Trattato
prevede per il raggiungimento degli scopi istituzionali. Ed invero, mentre per il “ravvicinamento” è
previsto il solo strumento della direttiva (articolo 94), per “l’armonizzazione fiscale”, invece, sono
previsti più strumenti (articolo 93).
Sulla distinzione fra ravvicinamento e armonizzazione vedi CARUSO, Armonizzazione dei diritti e delle
legislazioni nella Comunità europea, in Enc. Giur. Treccani, II, Roma 1993, 2.
10 All’armonizzazione delle imposte dirette si applica la regola prevista dall’art. 94 del Trattato UE, che
prevede la possibilità di procedere al ravvicinamento delle legislazioni nazionali nella misura in cui sia
necessario, o comunque utile rispetto al processo di instaurazione del mercato comune. Tale regola è stata
interpretata come il fondamento assiologico della utilizzazione di raccomandazioni ed in genere di
meccanismi di soft law rivolti agli Stati membri aventi ad oggetto il progressivo avvicinamento delle
disposizioni relative all’imposizione sul reddito. Si tratta evidentemente di un livello di avvicinamento delle
legislazioni nazionali di grado inferiore rispetto alla armonizzazione delle imposte indirette. Più
precisamente, la differenza tra “armonizzazione” e “ravvicinamento” dei sistemi fiscali sta nell’esistenza di
un diverso obiettivo perseguito dai due meccanismi. Con l’armonizzazione verrebbe ricercata l’omogeneità
delle legislazioni nazionali attraverso l’eliminazione di singole norme divergenti o comunque differenti,
mentre con il ravvicinamento l’omogeneità verrebbe perseguita mediante una più ampia opera di revisione
normativa riguardante la struttura ed il complesso di istituti giuridici non coincidenti. (BORIA, Diritto
tributario europeo, cit., p. 61 e ss.)
11
In riferimento all’armonizzazione delle imposte dirette e dei problemi politico-istituzionali della
Unione Europea v. GALLO, Mercato unico e fiscalità: aspetti giuridici del coordinamento fiscale, in
Rass., Trib., 2000, 725 ss; ID., Sviluppo occupazione e competitività, in Rass. Trib., 1999, 970 ss.;
PONTOLILLO, Il ruolo della fiscalità nell’Unione Europea, in Rass. Trib, 1999, 23 ss.; DE MITA,
L’armonizzazione delle imposte dirette, in Riv. Dir. Trib., 1991, I, p. 54;
12
BORIA, Diritto tributario europeo, cit., Milano, 2005, p. 63.
5
Anche la Giurisprudenza Comunitaria ha seguito questa impostazione
avente di mira l’eliminazione degli ostacoli fiscali potenzialmente influenti sul
mercato comune e il coordinamento delle legislazioni fiscali nazionali.13
Gli interventi della Corte hanno fatto leva su due principi comunitari
fondamentali: il principio di non discriminazione ex art. 39 TUE ed il divieto di
restrizione delle libertà fondamentali, ai sensi degli artt. 43, 49 e 56 TUE.
La Corte, di volta in volta, ha adottato quello che tra i due suddetti
riteneva il più appropriato: nel tempo, si è assistito ad un progressivo passaggio
dall’impiego prevalente del principio di non discriminazione all’impiego
prevalente del “divieto di restrizione”, che è “strumento” e “concetto” molto
più efficace ai fini della rimozione degli ostacoli alla realizzazione del mercato
comune14.
In tale ottica, si inquadrano le regole che l’ordinamento comunitario
detta in ordine al processo di armonizzazione della tassazione societaria, che
hanno l'intento di perseguire le finalità "liberistiche" di tutela del mercato e
della concorrenza, evitando forme ostruzionistiche da parte degli Stati membri
rispetto all'apertura alle imprese non residenti15.
Tuttavia, nonostante le ripetute sollecitazioni volte a prediligere un
intervento globale in ordine alla armonizzazione delle basi imponibili e delle
aliquote della imposta sul reddito societario, il legislatore comunitario dal canto
suo, ha optato per un approccio parziale volto in sostanza a definire le sole misure
fiscali necessarie per garantire il completamento del mercato unico (c.d. piecemeal
approach16). Le fattispecie normative accolte riguardano principalmente i gruppi
multinazionali che operano in più Stati membri al fine di evitare forme di doppia
imposizione e, comunque, di realizzare una imposizione equilibrata che valga ad
13
Tra le altre, si segnalano le principali sentenze in materia: causa C–270/83 (caso Avoir Fiscal), causa
C-246/89 (Commissione vs. Regno Unito), causa C–204/90 (caso Bachmann), causa C–279/93 (caso
Schumacker), causa C–80/94 (caso Wielockx), causa C–250/95 (caso Futura partecipations e Singer),
causa C–264/96 (caso ICI),causa C-307-97 (caso Saint-Gobain ZN), causa C-35/98 (caso BGM
Verkooijen), causa C–141/99 (caso AMID),causa C–324/00 (caso Lankhorst-Hohorst) e causa C–
168/01(caso Bosal Holding).
14
SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base):
una sfida per la fiscalità europea, in www.innovazionediritto.unina.it; il quale precisa che “nei giudizi di
applicazione delle libertà fondamentali alle imposte dirette, la Corte di Giustizia ha sempre seguito un
percorso logico – governato dal “divieto di discriminazione” e dal “divieto di restrizione” – scandito in
quattro momenti: la verifica della “nazionalità comunitaria” della parte del giudizio che richiede
l’applicazione delle libertà fondamentali; l’esercizio delle libertà per “finalità economiche”; l’esistenza
di un trattamento fiscale discriminatorio e/o di un qualsivoglia altro ostacolo posto da norme tributarie
all’esercizio delle libertà e, conseguentemente, ai movimenti intracomunitari; la sussistenza di cause
giustificative”. In riferimento alla distinzione del principio di non discriminazione e del principio di
restrizione v. FANTOZZI, Non discriminazione e non restrizione: la negative integration nell’epoca
dell’allargamento, in Atti del Convegno sul tema “I modelli impositivi comunitari nell’Europa allargata,
tenuto a Bologna il 24/25/9/2004.
15
BORIA P., Diritto tributario europeo, Il Sole 24 ore, cit., p. 63.
16
La scelta del piecemeal approach è stata fin dagli anni novanta oggetto di una serrata critica da parte
della dottrina in quanto giudicata idonea a consentire un effettivo processo di integrazione degli
ordinamenti tributari nazionali e, di conseguenza, ad eliminare l’incidenza del fattore fiscale nella
competizione tra imprese comunitarie. D’altro canto anche le istituzioni comunitarie avvertirono
chiaramente tale esigenza, suggerendo nella relazione del comitato Ruding la formulazione di un
modello di tassazione societario armonizzato a livello europeo, da realizzare attraverso una serie di
passaggi normativi progressivi, comunque ispirati ad una logica complessiva (e non parcellizzata) del
trattamento fiscale dei redditi societari. (BORIA, Diritto tributario europeo, cit., p. 143 e ss).
6
escludere ostacoli di ordine tributario allo svolgimento delle attività economiche in
un assetto di piena libertà concorrenziale.
1.2. Le prime iniziative legislative europee in materia di imposte
sulle società
Il quadro normativo comunitario in materia di imposizione sulle società
si è sviluppato nel tempo per tappe, in ognuna delle quali la Commissione ha
esercitato un'importante opera di impulso. L'approccio è di tipo positivo, volto
a creare misure destinate a favorire la cooperazione tra gli Stati membri per
contrastare l'evasione fiscale internazionale, l’eliminazione dei casi di doppie
imposizioni e, infine, per adottare un quadro di regole comuni per disciplinare i
rapporti societari transfrontalieri, suscettibili di creare situazioni di concorrenza
fiscale dannosa. Attraverso tali tappe, sono state fissate le linee guida della
legislazione degli Stati membri in materia di tassazione sulle società, in vista
della definizione di un'imposta unica applicabile su un unico modello di
Societas europea17.
Il Trattato CE non contiene nessuna espressa disposizione relativa alle
imposte dirette né a contenuto precettivo né a contenuto programmatico. Esso
nasce come accordo commerciale alla cui base sta la realizzazione di un’unione
doganale e della libera circolazione delle merci. E’, quindi, ovvio che a tale
obiettivo sia associata l’armonizzazione delle imposte indirette che colpiscono
il bene merce, e non le imposte dirette. Nel Rapporto del Comitato Fiscale e
Finanziario del 1962,18 è stata confermata questa tesi, infatti si rilevavano gli
17
Una forma di integrazione transnazionale di soggetti passivi è costituita dalla Società per azioni
Europea (SE), di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, in G.U.C.E.,
N. L. 294 del 10 novembre 2001, p. 1 ss.; La SE ha indubbia vocazione transnazionale, essendo destinata
ad operare in una dimensione caratterizzata da contatti con più ordinamenti; vocazione che in
mancanzadi una disciplina comunitaria uniforme, coinvolgerebbe questioni di conflitti di leggi. Appare
però da escludere che la SE posssa qualificarsi come soggetto giuridico sovranazionale: in effetti al di là
della denominazione “SE” che ne palesa la m,atrice comunitaria, sembra corretto qualificarla come
soggetto giuridico di diritto interno, avente statuto di fonte mista, ovvero di origine comunitaria e di
origine interna. (VISMARA, Profili internazionali dell’imposizione tributaria, Milano, 2004, p 136
ess.); cfr CONETTI, Armonizzazione legislativa e statuto europeo per le società nel convegno
sull’impresa nella CEE, in Ann. dir.comp., 1967, p. 274 ss.; MOSCA, Il progetto comunitario di societò
Europea: recenti sviluppi, in Riv. soc., 1999 p. 267; in riferimento alla SE come forma giuridica
sovranazionale v. MONTALENTI, Lo statuto della società europea, in Dir. fall., 1991, p. 571. cfr.
BALLARINO, Manuale di diritto dell’Unione Europea, 6a ed., Padova, 2001 p. 468.
18
Cd. Rapporto Neumark in GUCE n. 6/7 del 1962. Con il “Rapporto Neumark”, redatto da un gruppo di
esperti indipendenti e risalente al 1962, venne formulata la prima proposta di riorganizzazione fiscale
interna alla Comunità. All'interno del rapporto, limitato all'analisi degli ostacoli fiscali alla creazione di
un mercato comune tra i sei Paesi allora componenti la Comunità, veniva ribadito come “le varie imposte
dirette alle quali sono sottoposte le imprese possono essere incorporate da esse nei costi e nei prezzi”.
Allo stesso modo, veniva puntualizzato come le possibilità che questo causasse danno alla concorrenza
venivano smorzate da due ordini di ragioni: da una parte, trattandosi di oneri generali, le disparità di
imposte sul reddito e sulle società potevano venire equilibrate ricorrendo al corso dei cambi, dall'altra
esse potevano trovare compensazione nelle diversità delle prestazioni pubbliche per le imprese. Il
rapporto Neumark sottolineava, comunque, che le questioni da affrontare in futuro non si sarebbero
ridotte all'imposizione indiretta, ma avrebbero spaziato comprendendo anche quella diretta, nonché la
diversificazione degli oneri fiscali a livello mondiale e i diversi utilizzi delle entrate tributarie da parte
degli Stati. La conclusione a cui giungeva il rapporto Neumark era che un'unificazione completa dei
sistemi fiscali della Comunità fosse destinata al fallimento, a causa delle disparità strutturali tra i vari
Paesi. La misura più attuabile restava quella di un ravvicinamento degli ordinamenti, in vista
dell'obbiettivo primario, l'eliminazione delle doppie imposizioni. Il processo di armonizzazione proseguì
7
effetti distortivi provocati dall’assenza di un’armonizzazione nel settore delle
imposte dirette.
Il Rapporto Neumark, nella prima parte considerava i principi
fondamentali che caratterizzano l’armonizzazione fiscale. In particolare,
specificava che l’armonizzazione fiscale non doveva essere collegata
all’unificazione dei sistemi fiscali nazionali, in quanto non avrebbe consentito
la completa eliminazione delle distorsioni della competizione. In definitiva,
l’armonizzazione in contrapposto all’idea di unificazione, avrebbe dovuto
essere il processo guida della politica comunitaria per la sua intrinseca
flessibilità19.
Nella seconda parte, il Rapporto prescriveva il programma d’azione che
le istituzioni comunitarie avrebbero dovuto adattare per la costituzione di un
mercato unico. In particolare, si prevedeva una unica imposta sulle società
(nella struttura e nell’aliquota) e un’imposizione superiore per gli utili prodotti
non distribuiti: i dividendi e gli interessi avrebbero dovuto essere assoggettati
ad una ritenuta nel Paese della fonte. Infine, per le società collegate si
prevedeva l’eliminazione della ritenuta nel Paese della fonte al fine di
eliminare la doppia imposizione giuridica dei dividendi ricevuti nel Paese di
residenza della società controllante.
L’introduzione di queste misure avrebbe comportato la costituzione di
strutture a livello comunitario per la compensazione finanziaria e la successiva
redistribuzione del reddito.
Negli anni ’60 ci furono diverse commissioni di studio sul processo di
armonizzazione fino a giungere alla stesura del “Programme d’harmonisation
des impots directs”. In questo documento sono state introdotte due proposte di
Direttiva (madre-figlia e riorganizzazioni societarie)20 e un modello di
convenzione per l’eliminazione delle doppie imposizioni societarie.
Il documento proponeva di limitare l’armonizzazione a quanto fosse
stato necessario per il buon funzionamento del mercato comune, riconoscendo
la necessità di un certo ravvicinamento dei sistemi delle imposte dirette degli
Stati membri, al fine di assicurare gli obiettivi sociali ed economici della
Comunità.
Questi obiettivi erano sostanzialmente tre:
·
eliminazione della doppia imposizione internazionale (giuridica
ed economica);
·
eliminazione delle agevolazioni fiscali a favore dei residenti o
degli investimenti effettuati nel paese di residenza dei contribuenti;
negli anni successivi al Rapporto Neumark, una volta concluso il cosiddetto “periodo transitorio”, il
lasso di tempo individuato dal trattato CEE per la progressiva costituzione del mercato comune.
19
SACCHETTO, Armonizzazione fiscale nelle Comunità Europee, in Enc. Giur. Treccani, p. 2.
20
Sul quadro normativo generale espresso dalla direttiva comunitaria n. 90/435, si veda FANTOZZI,
L’attuazione della direttiva Cee madre-figlia in Italia: confronto tra la direttiva Cee e la legge italiana
di attuazione, in Riv. Dir. Tra società madri e società figlie, Milano 1996. Alcune riflessioni sulle
condizioni di applicabilità della direttiva “madre e figlia” e in specie per il rilevo delle società atipiche
rispetto alla elencazione casistica delle direttiva- cfr. LUPI-STEVANATO, Il coordinamento tra la
doppia imposizione internazionale e doppia imposizione societaria all’interno dei gruppi multinazionali:
la tendenza per il sistema dell’esenzione, in CARPENTIERI-LUPI-STEVANATO, Il diritto tributario
nei rapporti internazionali, Milano 2003, 236 ss.
8
·
eliminazione delle penalizzazioni a danno dei non residenti o
degli investimenti effettuati in paesi esteri21.
L’obiettivo finale era la costituzione di una tassa globale sugli utili delle
imprese avente una struttura analoga e determinata secondo basi imponibili e
aliquote sostanzialmente uniformi nei Paesi della CE.
Il fondamento giuridico del processo di armonizzazione fiscale si è
sviluppato solo alla fine degli anni ottanta, in concomitanza con l'approvazione
dell'Atto unico europeo22 volto alla realizzazione progressiva dell'unione
economica e monetaria, questo è stato individuato nell'art. 94 del Trattato CE,
che affida al Consiglio il potere di emanare "direttive volte al ravvicinamento
delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati
membri che abbiano un'incidenza diretta sull’instaurazione del mercato
comune".
1.3. Novità legislative degli anni Novanta
In realtà prima del 1990 gli interventi in materia di imposte sui redditi
non furono significativi tranne che per l’adozione della Direttiva relativa alla
reciproca assistenza tra le autorità competenti degli Stati Membri (77/799/CEE,
del 19 dicembre 1977) e di talune disposizioni relative alla fiscalità del Gruppo
Europeo di Interesse Economico (“GEIE”)23, inserito nel relativo Regolamento
istitutivo (2137/85)24.
21
Programma di armonizzazione fiscale del 26 giugno 1967 in Suppl. Boll. Ce, 8, 1968. Gli scopi del
Programma erano di evitare che i costi di produzione e la redditività dei capitali investiti fossero
influenzati dalla fiscalità in maniera troppo diversa da un Paese all’altro (al fine di sviluppare un’equa
concorrenza fra gli Stati); evitare che i movimenti di capitali e la localizzazione degli investimenti
fossero determinati da considerazioni puramente fiscali, per rispondere invece a motivi essenzialmente
economici e sociali (al fine di garantire l’utilizzo ottimale delle risorse e dei fattori produttivi); evitare
che i sistemi fiscali ostacolassero lo sviluppo delle imprese, la loro organizzazione e, in generale, le
riforme della struttura della produzione e della distribuzione necessarie per rispondere alle esigenze del
mercato comune. Occorreva quindi assicurare il coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri
affinché venissero soppressi gli ostacoli fiscali alle operazioni di concentrazione necessarie per
consentire alle imprese di adeguarsi alle dimensioni del Mercato Comune e per rendere competitive, sul
piano mondiale, le imprese della Comunità.
22
L'Atto unico europeo, firmato rispettivamente, a Lussemburgo, e a L’Aja il 17 e 28 febbraio 1986 è
stato pubblicato in GUCE L 169 del 29 giugno 1987.
23
Il GEIE è costituito da un gruppo di imprese che svolgono in comune alcune attività economiche ed il
reddito prodotto viene diviso tra I soci membri, per cui esso non produce dei profitti propri.
(BARBIERO, Il GEIE: un nuovo strumento di cooperazione transnazionale, in Aspetti fiscali delle
operazioni internazionali, a cura di Uckmar e Garbarino, Milano, 1995, p. 383 e ss); sul punto v.
CARMINI, Il diritto tributario comunitario e la sua attuazione in Italia, PADOVA, 2002, P. 224 e ss..
24
Su tale Regolamento (pubblicato in G.U.C.E. n. L. 199, del 31 luglio 1985) si vedano: ISRAEL, Une
avancée du droit communautaire: le groupe-ment européen d'intéret économique, in "Revue du marche
commun.", 1985, pag. 647 e ss.; GANSKE, Die Europaische Wirtschafliche Interessenvereinigung: eine neue
"supranationale" Unternehmensform als kooperatiom-instrument in der Europaischen Gemeimhaft, in
"Der Betrieb", 1985, pag. 647 e ss.; PETE-LAUD, La construction de la Communauté européenne et le
groupement européen d'intéret économique, in "Revue des sociétés", 1986, pag. 191 e ss.; CASTELLINAPOLETANO, II "Gruppo europeo di interesse economico", in "Dir. co-mun. scambi int.", 1986, pag. 475 e ss.;
GERVEN, Le groupement européen d'intéret économique, in "Revue pratique des sociétés", 1986, n.
6399, pag. 181 e ss.; DRAETTA, Problemi di adeguamento della legislazione italiana al GEIE comunitario, in
"Dir. comun. scambi int.", 1986, pag. 475 e ss.; PROTO, II gruppo europeo di interesse economico, in
"Giur. comm.", 1986, pag. 294 e ss.; ID., Il gruppo europeo di interesse economico: uno strumento di
cooperazione comunitario, in "Foro it.", 1987, pag. 274 e ss.; PIETROBON, II gruppo europeo di interesse
economico, in "Riv. dir. civ.", 1989, II, pag. 43 e ss.; BELLO-DI-VIANELLO, II gruppo europeo di interesse
economico: l'attuazione nella CEE (parte prima), in "Comm. int.", n. 7/1990 (inserto); ID., Il gruppo
9
Successivamente, con le “Raccomandazioni sulla tassazione delle
società” e con l’emanazione delle Direttive n. 90/435/Cee (c.d. “società madrifiglie”), e n. 90/434/Cee in materia di fusioni, nel 1992 con il Rapporto
Ruding25 si comincia a delineare una parziale armonizzazione in alcuni settori
della tassazione diretta26.
Un ruolo fondamentale è affidato al “principio di sussidiarietà27” che
abbandona la politica di armonizzazione centralizzata o globale progettata
europeo di interesse economico: l'attuazione nella CEE (parte seconda), in "Comm. int.", n. 8/1990
(inserto); DI SABATO, II gruppo europeo di interesse economico Introduzione, in "Le Società", 1990, pag.
145 ss.; SALAFIA, II gruppo europeo di interesse economico, in "Le Società", 1990, pag. 263 e ss.; DE
ANGELIS, Responsabilità patrimoniale nel GEIE e in altri istituti di cooperazione fra imprenditori, in "Le
Società", 1990, pag. 149 e ss.; DI MARCO, Adeguamento degli Stati membri al Regolamento CEE, in "Le
Società", 1990, pag. 182 e ss.; KUSTERMANN, Un contratto tipico: il gruppo europeo di interesse economico,
in "Le Società", 1990, pag. 261; DALLA VERITÀ, I problemi fiscali di una nuova-formula europea, in
"Comm. int.", 1991, pag. 544 e ss.; CARLI, L'ordinamento giurìdico della Comunità europea ha il suo
"consorzio", in "II Fisco", 1991, pag. 5571 e ss.; CORAPI, L'applicazione in Italia del gruppo europeo di
interesse economico, in "Le Società", 1991, pag. 1168 e ss.; DEZZANI, La fiscalità del GEIE, in "II Fisco",
1991, pag. 5225 e ss.; SACERDOTI, I caratteri del GEIE e il suo impiego nell'ordinamento italiano, in
"Giur. comm.", 1992, pag. 876 e ss.
25
In dottrina sull’argomento si rinvia a, KNOBBE-KEUK, the Ruding Report: an impressive vision of
the European company taxation for the year 2000, in EC Tax Review, 1992, p.22; DAROLLES e
TUCCI, The Ruding Report: a business point of view, in EC Tax Review, 1992, p. 39; M. GAMMIE, The
Ruding Committee:an initial response, Londra, 1992; H. HAMAEKERS, Fiscal sovereignty and tax
harmonisation, in ET, 1993, p. 25; K. MESSERE, Apersonal view on certain aspects of the Ruding
Committee Report, in ET 1993, p.2; C. MCLURE, Cordinating business taxation in the Single European
Market: the Ruding Committee Report, in EC Tax Review, 1992, p.13.
26
Nel settore delle imposte dirette il Consiglio del 23 luglio 1990 ha adottato due direttive ed una
convenzione. La direttiva 90/434/CE, in GUCE 20.8.90 L 225, nota come “direttiva sulle
fusioni”istituisce un regime fiscale comune, in base al quale le plusvalenze derivanti da fusioni, scissioni,
apporti di capitale o scambi di azioni sono tassate non al momento dell'operazione, ma soltanto al
momento della loro effettiva realizzazione.
La direttiva 90/435/CE, in GUCE 20.8.90 L 225, nota come “direttiva società madri e figlie”; elimina la
doppia imposizione dei dividendi distribuiti dalle società figlie alle società madri situate in uno Stato
membro diverso.
27
L’art. 5 del Trattato sancisce che “la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite
e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente Trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva
competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in
cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e
possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati
meglio a livello comunitario (…)”.Cfr DELORS, Le principe de subsidiarieté, in Actes du Colloque J.
Delors, 1991, Institut européen d'Admtnistration publique, Maastricht, 1991. L'art. 235 del Trattato
CE non attribuisce poteri d'azione più incisivi nelle materie nelle quali è già riconosciuta la
competenza comunitaria, ma estende tale competenza a materie per le quali essa non esisteva affatto
oppure non poteva essere affermata con certezza.
II principio di sussidiarietà ha rappresentato una fondamentale regola non scritta cui si è sempre
ispirata la produzione normativa della Comunità rispettando l'esigenza che la disciplina di origine
comunitaria sia sempre strettamente funzionale rispetto agli obiettivi da raggiungere. Cfr. RIDEAU,
Droit instìtutionnel de l'Union et des Communatés Européennes, Parigi, 1994, pag. 403 e ss.;
STROZZI, Il ruolo del principio di sussidiarietà nel sistema dell'Unione Europea, in Rivista italiana
di diritto pubblico comunitario, 1993, pag. 59. Cfr. SMITH-BARENTS, in Neutrality and
subsidiarity in taxation, Deventer, 1995, pag. 36-37, ritengono invece che il principio stabilito
dall'art. 3B non costituisce un criterio di ripartizione delle competenze tra Comunità e Paesi membri,
ma regola l'esercizio dei poteri già attribuiti alla Comunità dal Trattato CE senza modificare o
alterare la struttura giuridica dell'ordinamento comunitario. Una volta esercitati i poteri da parte delle
Istituzioni comunitarie nell'ambito delle loro rispettive competenze, essi diventano esclusivi. Nel
settore dell'imposizione indiretta gli Stati membri conservano la loro potestà tributaria, anche se la
competenza in materia di armonizzazione spetta alla Comunità. Nel momento in cui viene
armonizzata una particolare imposta indiretta attraverso una direttiva, essa diviene di competenza
esclusiva della Comunità in quanto i singoli Stati membri non possono più agire unilateralmente in
quel settore se non nei limiti di discrezionalità previsti dalla direttiva stessa. L'art. 3B opera pertanto
10
negli anni ’60 e ’70; da una politica di armonizzazione si passa ad una politica
di <<ravvicinamento dei sistemi fiscali nazionali>>. Questo approccio porta a
risultati concreti con l’adozione della Direttiva madre-figlia, della Direttiva
sulle operazioni straordinarie transfrontaliere e della Convenzione per
l’eliminazione della doppia imposizione.
In particolare, la prima direttiva "società madri-figlie", avente come
oggetto il "regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati
membri diversi"28 intende stabilire un sistema idoneo a prevenire la doppia
imposizione, (sia economica29 che giuridica30) in un assetto di piena libertà
concorrenziale.
Al fine di garantire la neutralità fiscale31 nei rapporti di partecipazione
all’interno dei gruppi di società, tale direttiva stabilisce l’esenzione dei
in quei settori nei quali la Comunità non ha ancora esercitato i propri poteri senza modificare
l'equilibrio di competenze esistente tra Comunità e Stati membri.
La Corte Costituzionale tedesca (cfr. Eur Grundrechte zeit, 1993, pag. 429) ha stabilito che i compiti
e le competenze della Unione Europea non giustificano l'assunzione di diritti sovrani, ma rafforzano
solo la volontà politica di realizzare una più stretta unione tra i Paesi membri. Il principio di
sussidarietà non istituisce nuovi poteri comunitari, ma limita l'esercizio di competenze già attribuite.
Tale principio è stato definito, nel corso della trattativa che ha preceduto la stipula del Trattato in
sede di conferenza intergovernativa, dalle delegazioni tedesca e britannica che si opponevano
all'estensione di nuove competenze alla Comunità. Cfr. DE PASQUALE, in II principio di
sussidiarietà nell'ordinamento comunitario, Napoli, 1996, pag. 81, analizzando l'art. 3B del Trattato,
considera la definizione del principio di sussidiarietà più rigorosa di quella originariamente prevista
in quanto vengono ridisegnati i rapporti tra Istituzioni comunitarie ed organi statali nella ripartizione
delle competenze e sono poste condizioni più severe per giustificare l'intervento della Comunità. La
rigidità del principio di attribuzione implica che la Comunità può agire soltanto qualora dal Trattato
le sia stata conferita in termini chiari e precisi specifica competenza. Pertanto l'ambito di azione della
Comunità non è illimitato ma deve essere contenuto nei limiti tracciati dal Trattato. Cfr. FARMER, in
EC law and direct taxation - some thoughts on recent issues, cit., pag. 99. Secondo l'A. la
competenza della Comunità in materia di imposte dirette, non essendo esclusiva, deriva dalla
competenza interna la cui base giuridica è l'art. 100 del Trattato.Vedi LENAERS-VAN YPERSELE,
Le principe de subsidiarieté et san contexte: ètude de l'article 3B du Traitè, in Cahiers de droit
europèene, 1994, pag. 2. La Commissione rileva in proposito che «il principio di sussidiarietà
previsto dal'art.3B, non determina le competenze che sono attribuite alla Comunità perché è il
Trattato stesse a determinarle.
28
Per una diffusa trattazione della direttiva citata nel testo, cfr., fra gli altri, FEDELE, La direttiva madrefiglia e la disciplina attuativa come complesso normativo unitario e sistematico: i criteri interpretativi,
in <<Rassegna Tributaria>>, n. 5/2001, p. 1256 e ss.; GRECO, Tassazione dei dividendi e direttiva
CEE/90/435,in <<Rassegna Tributaria>>, n. 8/1993; MAISTO, La direttiva CEE relativa al regime
tributario de i dividendi nei rapporti tra "società madri" è "società figlie", in <<Rivista Diritto
Tributario>>, n. 7/1992, pp. 519 e ss.; STEVANATO, applicabilità del regime "madre-figlia" a i
dividendi intracomunitari,in << Corr. Trib.>>, n. 14/1997, p. 1013 e ss.
29
Si parla di doppia imposizione economica quando lo stesso reddito viene tassato due volte in capo a
due contribuenti diversi. Nel caso dei dividendi, ciò può verificarsi quando viene riscossa l’imposta sulle
società figlie e l'azionista (ossia la società-madre) viene assoggettato successivamente all'imposta sui
dividendi. Per la definizione cfr., tra gli altri, Commissione delle Comunità Europee, tassazione dei
dividendi delle persone fisiche del mercato interno, doc. COM (2003) 810 def. Del 19 dicembre 2003,
par. 2.1.2.
30
Si parla di doppia imposizione giuridica internazionale quando due parti tassano lo stesso contribuente
sullo stesso reddito. Nel caso dei dividendi, può verificarsi una doppia imposizione giuridica
internazionale quando l'azionista (società-madre) e soggetto prima alla ritenuta alla fonte sui suoi
dividendi in uno Stato e poi all'imposta sul reddito in un altro Stato. Orientamenti largamente accettati in
merito all'eliminazione della doppia imposizione giuridica internazionale di dividendi sono contenuti nel
modello OCSE di convenzione in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio. Cfr., in particolare, gli
artt. 23A e 23B del medesimo.
31
Sul principio di neutralità fiscale quale valore di ottimizzazione del mercato, ed in specie della efficienza
allocativa si veda MUSGRAVE , Fiscal systerna. Vale university press, New Haven 1969; li). Criteria forforeign fax
credit, in AA. YV., Taxation ofoperation abroad, Princeton 1959. Sulla medesima linea concettuale si può vedere
altresì DEVEKEUX - PEAKSON, Colorate tax harmonisation and economie efficiency, Londra 1989.
11
dividendi distribuiti a società controllate o collegate in presenza di determinate
condizioni.
Più precisamente, si intende "società madre" la società soggetta ad una
delle imposte sulle società introdotte negli Stati membri che, in più, detenga il
25% del capitale di un'altra società con medesime caratteristiche, localizzata in
un altro Stato membro: per "società figlia" si intende la società nel cui capitale
è detenuta la partecipazione di cui sopra32.
Ciò premesso, la direttiva, in vista della sostanziale armonizzazione di
simili tassazione dei dividendi infragruppo e al fine di eliminare le doppie
imposizioni stabilisce:
• in relazione alla doppia imposizione economica, l'esenzione
dall'imposizione degli utili così percepiti, ovvero l'adozione del meccanismo
del credito d'imposta33 (art. 4, comma 1);
• in relazione alla doppia imposizione giuridica, l’eliminazione della
ritenuta sia alla fonte sia all'ingresso nello Stato del percettore (art. 5, comma 1
e art. 6).
Nel fissare regole comuni, l'art. 4, comma 2, della direttive in esame
ammette che i singoli Stati membri possono disporre l'indeducibilità degli oneri
relativi alla partecipazione e alle minusvalenze risultanti dalla distribuzione
degli utili della società figlia dall’utile imponibile della società-madre, inoltre,
in caso di determinazione forfetaria delle spese di gestione relative alla
partecipazione, che l'importo forfetario non possono essere superiore al 5%
degli utili distribuiti dalla società figlia34.
In senso parzialmente critico su tale impostazione liberistica si veda MUSGRAVE, Harmonisation of
dir e et business taxes: a casa study, in Shoup, Fiscal harmonisation in common markets, II, New York
1967, 211, secondo cui la neutralità fiscale nella Unione Europea va ricercata in profili sostanziali del
diritto tributario, attraverso l'adozione di criteri omogenei di determinazione della base imponibile,
oltreché di equalizzazione delle aliquote di imposta, ed in criteri di territorialità uniformi. Su posizioni
affini si colloca anche Me LuRE, Europea integration and taxation at source: lessons from thè US, in
Gammie - Robinson, Beyond 1992: a european tax system, Londra 1989, che sostiene che la
determinazione di aliquote e base imponibile delle imposte sui redditi societari andrebbe determinata
a livello centrale, con sostanziale sottrazione di rilevanti quote di sovranità fiscale ai singoli Stati
membri.
Per un'analisi generale delle teorie economiche sulla neutralità, esaminata con particolare riferimento ai
processi di integrazione economica comunitaria, vedi AA. W., Integrazione economica e convergenza dei
sistemi fiscali nei paesi UÈ, atti del 30 congresso dei ragionieri commercialisti, Milano 2000, p. 44 ss.
32
Cfr. Art. 3, comma 1, lett. A)e B) della Direttiva 90/435/Cee in GUCE L225 in data 20 agosto 1990, p.
6 e ss.
33
Il sistema del credito d'imposta considera la società come un “canale", per cui l’imposta sugli utili da
questa realizzati costituisce un pagamento anticipato dell'imposta sui dividendi degli azionisti. Con
questo sistema la società e l'azionista (ovvero la società figlia e la società madre) sono tassati
separatamente, ma a livello dell'azionista il dividendo viene prima integrato con l'importo dell'imposta
pagata dalla società sul reddito, dopo di che tale importo viene accreditato, integralmente o in parte,
fronte dell'imposta dovuta sul dividendo. Il credito può quindi essere uguale o inferiore al 100%. Se il
credito corrispondente all'imposta pagata dalla società sul dividendo, il sistema elimina totalmente la
doppia imposizione economica per tutti gli azionisti.
34
Tale eccezione derogatoria è stata sollevata, senza successo, dall'amministrazione finanziaria olandese
nella causa Bosal Holding B.V., C-168/01, decisa dalla Corte di giustizia delle comunità europea il 18
settembre 2003. In particolare, la Corte ha rilevato, che la facoltà offerta dall’art.4, n. 2 della direttiva
“madre-figlia"di rifiutare la riduzione dei costi di partecipazione delle società madri nel capitale delle
figlie può essere esercitata solo nel rispetto delle disposizioni fondamentali del Trattato, in particolare
dell'art. 52 (ora 43) dello stesso. E dunque in relazione a tale norma che occorre verificare se la Direttiva
autorizzi uno Stato membro ad accordare solo parzialmente la deducibilità dei costi di partecipazione.
Secondo la corte una limitazione al riguardo, nei termini di cui all'art. 13 della legge olandese regolante
l'imposta sugli utili delle società, costituiva ostacolo alla costituzione di società figlie in altri Stati
12
L'originaria direttiva "madre-figlia" è stata modificata, in seguito
all'emanazione della direttiva del Consiglio 2003/123/CE, in data 22 dicembre
2003, che contiene significative modifiche sia rispetto al testo previgente, sia
rispetto alle proposte di modifica avanzate dalla stessa Commissione il 26
luglio 200335.
La nuova direttiva contiene i seguenti elementi di novità:
• estensione della lettera dei soggetti interessati, aggiungendosi alle
società madri e figlie le stabili organizzazioni, nonché le società costituite in
forma di società europea o società cooperativa europea;
• abbassamento progressivo della soglia di partecipazione minima dal
25% al 10%;
• affinamento di altri profili della disciplina dei dividendi comunitari.
Con riguardo al primo aspetto, è disposto che ogni Stato membro
applichi la direttiva anche:
- alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di
società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle
loro società figlia di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata da
stabili organizzazioni;
- alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato a
stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo
Stato membro di cui sono società figlie.
All’interno delle linee guida fissate dalla Commissione europea in data
20 aprile 1990 in materia di tassazione delle società36, è possibile collocare
anche l'insediamento, agli inizi degli anni ‘90 di un comitato tecnico,
presieduto dall’ex Ministro delle Finanze olandese, Onno Ruding, che presentò
un rapporto sulla tassazione delle società il 18 marzo 199237.
L’analisi svolta si rivelò essenziale al fine del convincimento che, più
che una armonizzazione dovesse raggiungersi un livello minimo uniformità in
materia fiscale, tramite due gruppi di provvedimenti, l’uno comprendente le
membri. Per un approfondimento al riguardo, cfr. PIRI, direttiva madre-figlia e limiti nazionali alla
deducibilità dei costi di partecipazione: il caso Bosal, in <<Rass. Trib.>>, 1/2004 pp. 332-336.
35
La direttiva citata nel testo e pubblicata in GUCE L 7 del 13 gennaio 2004. Al riguardo,cfr., oltre
all'ampio commento di Bulgarelli F., le recenti modifiche alla direttiva "madre-figlia" e la riforma
tributaria italiana,in <<Rass. Trib.>>, 1/2005, pp. 115-157; ROLLE, pubblicata la direttiva madrefiglia,in << Il Sole 24 ore>> n. 13 del 14 gennaio 2000, 4, p. 27. La proposta della commissione citata
nel testo è la COM (2003) 462 del 26 luglio 2003.
36
Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio SEC (90) 601 del 20 aprile 1990
recante le linee guida per la tassazione delle società.
37
I temi affrontati dal comitato si rivelano tuttora di particolare attualità, investendo essi principali
aspetti della tassazione delle società transnazionali, riassunti nelle tre questioni seguenti:
- se la localizzazione degli investimenti e la concorrenza all'interno della comunità fosse influenzata da
distorsioni di origine fiscale;
- in caso positivo, se tali distorsioni dovessero essere eliminate attraverso l'interazione delle forze del
mercato e la concorrenza tra i sistemi fiscali nazionali, ovvero fosse necessaria un'azione a livello
comunitario;
- nel caso in cui si ritenesse necessaria un'azione a livello comunitario, quali specifiche misure dovessero
essere adottate per rimuovere o mitigare tali distorsioni. (DI GREGORIO- MAINOLFI- SCAZZERI,
L’imposta sulle società nell’Unione Europea, p. 1 e ss.).
Le conclusioni del comitato, racchiuse nel Report of the Committee of Independent Experts on Company
taxation, sono commentate nella comunicazione della commissione SEC (92) 1118, in data 26 giugno
1992. Per una valutazione sulle conclusioni del rapporto Ruding, cfr., per tutti, MAYR S., il "rapporto
Ruding”sull'armonizzazione fiscale nella Cee, in <<Corriere tributario>>, n. 30/1992, pp. 2111-2114.
13
misure volte all’ eliminazione delle pratiche di doppia imposizione, l’altro
attraverso interventi che attenessero alla struttura stessa dell’imposizione sulle
società, (in particolare alle aliquote, alla base imponibile e ai sistemi in
concreto applicati nonché agli incentivi fiscali costituenti aiuti di Stato).
Ciononostante, la soluzione dell’armonizzazione forzata a livello
comunitario non è parsa necessaria, sia perché gli Stati membri hanno
dimostrato di voler realizzare una certa convergenza, sia perché l’autonomia
legislativa e la concorrenza tra sistemi fiscali non pareva in grado di produrre
serie erosioni di gettito ed atrofie economiche generalizzate. L’intervento
comunitario si confermava, dunque, limitato al necessario, per eliminare le
discriminazioni e le distorsioni più importanti.38
Sulla base di tali conclusioni, il rapporto Ruding elaborò una strategia
da impiantare in diverse fasi39 seguendo la via tracciata con gli ulteriori
progetti all’esame del Consiglio, in un programma di medio-lungo periodo, nel
quale tale coordinamento potesse assumere anche i contorni di
un’armonizzazione attraverso interventi che attenessero alla struttura stessa
dell’imposizione sulle società40.
Sul finire degli anni ’90, l’iniziativa comunitaria in materia di
imposizione diretta, seppure con i consueti limiti41, ha ripreso vigore con
l’apertura di due nuove fonti (Rapporti Monti)42 sulla tassazione dei risparmi
38
CARMINI, Il diritto tributario comunitario e la sua attuazione in Italia, Padova, 2002, p. 160.
La prima fase mirava all'estensione dell'ambito di applicazione della direttiva sulle società "madrifiglie" e alla riduzione della soglia di partecipazione, in essa fissata; all'emanazione di una direttiva in
materia di interessi è royalties; alla disciplina comune del fenomeno del trasfer pricing, secondo il
principio “at arm’s lenght”, fissato nella Convenzione di arbitrato del 23 luglio 1990. Ed ancora aveva
come obiettivo la sollecita conclusione di convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni; il
riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un credito d'imposta, in regime di reciprocità, fonte
della ritenuta corrisposta da una società figlia non residente sui dividendi percepiti da una società madre
residente; la notifica alla commissione di tutti gli incentivi fiscali disposti dagli Stati membri che
possono qualificarsi come aiuti di Stato ai sensi dell'arte 92 (ora 88) del trattato Ce39. Nella seconda fase,
il rapporto Ruding, prevedeva l'adozione di diverse direttive, volte, rispettivamente, alla definizione del
trattamento della thin capitalization ed alla fissazione, da parte degli Stati membri, di aliquote d'imposta
sulle società comprese tra un minimo del 30% ed un massimo del 40%, ambito nel quale far rientrare,
cumulativamente, anche imposte regionali e locali stabilite sui medesimi cespiti;
armonizzazione progressiva delle basi imponibili;
estensione alle piccole medie imprese, organizzate su base non societaria, dell'imposta sulle
società, su base volontaria.
Nella terza l'ultima fase l'apporto Ruding proponeva l'adozione di misure volte, sostanzialmente, al
riconoscimento delle perdite infragruppo e alla tassazione su base consolidata per società aventi filiali in
diversi Stati membri.
40
La Commissione dichiarò di preferire un atteggiamento molto più prudente per non dire scettico, ossia,
una politica di ravvicinamento progressivo, per stadi successivi e con orizzonti più contenuti. In
particolare la Commissione pur riconoscendo come opportuna la fissazione di un’aliquota minima,
ritenne eccessiva quella del 35%, proposta dal Comitato, mentre ritenne di escludere la proposta di
fissare anche un’aliquota massima, in vista dell’impossibilità per gli Stati membri di modificare
repentinamente i propri sistemi fiscali in vista di una totale ed improvvisa unificazione. In coerenza con
il “principio di armonizzazione minimale”, ammesso dallo stesso Comitato Ruding, la Commissione si
dichierò pertanto disposta ad un’azione graduale attraverso l’approvazione di direttive puntuali, su
aspetti specifici, quali l’allineamento dell’utile fiscale con l’utile contabile, il riporto delle perdite, ecc.
(CARMINI, Il diritto tributario comunitario e la sua attuazione in Italia, cit.,, p. 161).
41
Sul punto cfr. GALLO, Mercato unico e fiscalità: aspetti giuridici del coordinamento fiscale, in Riv.
Dir. Trib. Int., 2000, p. 34.
42
V. L.HINNEKENS, The Monti Report: the uphill task of harmonizing direct tax systems of EC
Member States, in EC Tax Review, 1997, p. 31; Tramite tale “pacchetto Monti” con riguardo
all’imposizione diretta si definisce il passaggio dal piecemeal approach (approccio frammentario) al
global approach, in ambito comunitario (cfr. FANTOZZI, Armonizzazione fiscale tra modelli comunitari
39
14
comunitari e la predisposizione di un codice di condotta in materia di fiscalità
delle imprese, per evitare pratiche di concorrenza fiscale dannosa43.
Questo nuovo documento riprende molte delle questioni già affrontate
dal rapporto Ruding, sottolineando, però, la necessità di affrontarle in modo
organico ed evidenziando, da un lato che il principio di sussidiarietà poteva
risolversi in un concreto immobilismo a livello comunitario e, dall'altro, che gli
interventi della Corte di giustizia della Comunità europea al riguardo potevano
avere un'efficacia al più frammentaria in vista dell'armonizzazione fiscale.
Il primo Rapporto Monti reintroduce un approccio di politica fiscale
complessiva, non si limita alla sola imposizione societaria.
Il secondo riguarda disposizioni rivolte al Consiglio, dirette a contenere
fenomeni di concorrenza fiscale dannosa, esso è suddiviso in tre proposte:
1. un codice di condotta in materia di fiscalità delle imprese e, in
parallelo, una comunicazione della Commissione in materia di aiuti di Stato di
natura fiscale;
2. una proposta di Direttiva volta ad eliminare le distorsioni derivanti
dai vigenti sistemi di tassazione dei redditi di capitale all’interno dell’Unione
Europea;
3. una proposta di direttiva concernente il regime fiscale comune
applicabile ai pagamenti di interessi e royalties tra Società consociate di diversi
Stati membri;44
L’ampio lavoro della Commissione ha prodotto la sola approvazione
del codice di condotta il 1 dicembre 199745.
1.4. Gli interventi della Commissione negli anni Duemila
Gli obiettivi di armonizzazione della tassazione societaria europea
appaiono rivestire un ruolo più pregnante, e del resto il metodo di “global
approach” può determinare risultati significativi solo con la definizione di una
base imponibile comune per le società operanti nello spazio comunitario.
e autonomia normativa degli Stati, in atti del Convegno “Le ragioni del diritto tributario in Europa.
Giornate di studio per Furio Bosello” Università di Bologna in collaborazione con l’Istituto de Estudios
Fiscales- Ministerio de Hacienda de Espana, Bologna, 26-27 settembre 2003, p. 7.
43
La Commissione nella propria comunicazione COM (97) 495 DEF., del 1.10.1997, rileva “come in
generale, il fenomeno della concorrenza fiscale è da considerarsi di per sé, positivo, in quanto strumento
che agisce a vantaggio dei cittadini e che esercita una pressione al ribasso sulla spesa pubblica
nazionale. Cionondimeno, una concorrenza senza limiti volta ad assicurarsi i fattori della produzione
caratterizzati dalla maggiore mobilità può ripercuotersi negativamente sulla struttura tributaria e
provocare distorsioni a detrimento dell’occupazione così da rendere più difficile una diminuzione
ordinata e strutturata della pressione fiscale complessiva. Essa riduce inoltre lo spazio di manovra
disponibile per conseguire altri obiettivi della comunità, quale la protezione dell’ambiente. Inoltre la
competizione fiscale può intralciare gli sforzi intrapresi dagli Stati membri per ridurre i disavanzi di
bilancio, il che non costituisce soltanto un obiettivo necessario di per sè, ma anche un prezzo per
conformarsi sia ai criteri di Maastricht, che al patto di stabilità e di sviluppo”. Sul ruolo e sulla portata
sistematica della “concorrenza fiscale dannosa” esiste una diffusa ed ampia dottrina nazionale ed
internazionale. In particolare, per una ricostruzione generale del significato programmatico del
pacchetto: “Monti” (come strumento di contrasto della concorrenza fiscale dannosa) vedi PONTILLO, Il
ruolo della fiscalità nella Ue, in Rass. Trib., 23 ss; Sul rilievo del codice di condotta e sull’indirizzo
interpretativo della Commissione che riporta tale misura programmatica all’area degli aiuti di Stato, vedi
FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino 2003, 762 ss.
44
CARMINI, Il diritto tributario comunitario e la sua attuazione in Italia, cit., p. 241 e 242.
45
AMATUCCI, Gli aspetti fiscali dell’impresa, Giappichelli, Torino, 2002.
15
Il 23 maggio 200146, la Commissione ha adottato una comunicazione
sulle priorità della politica fiscale dell'Unione europea, all’interno della quale si
ribadisce la necessità di un più grande coordinamento fiscale che
permetterebbe di raggiungere alcuni obiettivi fissati dal Consiglio europeo di
Lisbona. Se una forte armonizzazione è necessaria in materia di IVA e di
accise, in altri campi del sistema fiscale coordinamento non significa
necessariamente armonizzazione47.
Inoltre, la Commissione nella Comunicazione del 2001 denominata
“company taxation in the internal market” ha previsto il completamento del
programma stabilito nel pacchetto Monti con la definitiva emanazione delle
due direttive sulla tassazione del risparmio e di interessi e royalties (poi
emanate nel 2003), nonché con la rivisitazione della direttiva madre e figlia e
con l’approvazione di una direttiva sulla compensazione delle perdite48.
Il 23 ottobre 2001 la Commissione ha adottato la Comunicazione n. 582
del 23 ottobre 200149 sulla strategia europea in materia di tassazione delle
imprese, che affronta la questione dell'imposizione fiscale diretta delle imprese
nell'Unione europea, ed elabora una strategia che consente alle imprese di
utilizzare una base imponibile consolidata per le attività produttive svolte dalle
imprese comunitarie.
La Comunicazione si basa sui lavori condotti da due Panel di esperti
indipendenti ed è suddivisa in due parti: la prima relativa al livello di
imposizione effettiva negli Stati membri, la seconda mirata ad individuare le
misure fiscali nazionali suscettibili di costituire ostacolo alle attività
46
COM (2001) 260.
Nel rispetto dell’autonomia impositiva dei singoli Paesi, il coordinamento delle legislazioni nazionaliin luogo della più stringente armonizzazione, che sarebbe utilizzata in verticale soltanto per sanare
specifici aspetti di difformità degli aspetti tributari nazionali- è soluzione che riscuote consensi fra gli
Stati membri. Tale coordinamento potrebbe avvenire tramite gli strumenti classici della cooperazione
internazionale, eventualmente inseriti in un contesto comunitario. La convergenza dei sistemi tributari
nazionali non dovrebbe, dunque, procedere all’eliminazione di tutte le difformità esistenti, realizzando,
cioè, un allineamento orizzontale dei regimi impositivi, né perseguire l’obiettivo di eliminare le forme di
sana concorrenza fiscale tra gli Stati, alla quale, peraltro, la Commissione riconosce un ruolo
determinante quale fattore di crescita economica e occupazionale. (VALENTE, Base imponibile
europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento sovranazionale e competizione
interstatuale, in Riv. Di Dir. Trib. Int., 2006, 3, p. 68 e ss.)
48
BORIA, , Diritto tributario europeo, cit., Milano, 2005, p. 145.
49
Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al
Parlamento Europeo e al Comitato Economico e sociale; verso un mercato interno senza ostacoli fiscali.
Strategia per l'introduzione di una base imponibile consolidata per le attività di dimensione UE delle
società, Bruxelles, 23 ottobre 2001, n. COM (2001) 582. La Comunicazione, sottolineando che, nel
campo dell'imposizione fiscale diretta, a differenza di altri settori ove erano ravvisabili dei cambiamenti,
i regimi di tassazione delle società degli Stati Membri erano risultati insensibili rispetto alla creazione del
Mercato Unico, manifestava la volontà di rimediare a questo sfasamento, soprattutto alla luce dell'allora
imminente allargamento dell'UE, oramai ampiamente concretizzatosi. La necessità di adattare la
tassazione delle società operanti nell’UE ad un contesto molto più dinamico rispetto al passato,
l’esistenza di differenze nei livelli effettivi di imposizione delle società, l’esigenza di eliminare gli
ostacoli fiscali (uno dei fattori influenti sulle decisioni di investimento e di finanziamento degli
investitori) alle attività economiche transfrontaliere nel mercato interno al fine di incrementare
effettivamente la competitività internazionale delle imprese europee, la riduzione dei costi amministrativi
sia per le imprese che per le Amministrazioni Fiscali attraverso regole semplici e trasparenti sono alla
base del progetto molto ambizioso – in quanto pur sempre vincolato all’effettiva volontà politica degli
Stati Membri – della creazione di una base imponibile consolidata per le società UE relativamente alle
loro attività di dimensioni comunitarie. (SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common
Consolidated Corporate Tax Base): una sfida per la fiscalità europea, in innovazione diritto.unina.it).
47
16
transfrontaliere delle società. La Commissione ha proposto, al fine di adeguare
l’imposizione delle società nell’Unione europea al nuovo contesto economico e
per rendere più efficiente il mercato interno eliminando gli ostacoli fiscali, una
duplice strategia (two-track strategy), che comprende misure di carattere
specifico (targeted measures) e soluzioni di carattere generale (comprehensive
solutions) e di lungo termine, intese a creare una base imponibile consolidata
per le società operanti su scala comunitaria.
Le misure di carattere specifico comprendono in particolare:
1. il monitoraggio delle sentenze della Corte di Giustizia al fine di
metterne in luce i principi di base e promuoverne l'adozione negli Stati
membri. Un primo esempio di tale impostazione si è avuto con la
comunicazione del 19 dicembre 2003 (COM (2003) 810 fin.) sulla tassazione
dei dividendi.
2. L'ampliamento dell'ambito di applicazione delle direttive
90/435/CEE (Madre-Figlia) e 90/434/CEE (Riorganizzazioni), anche alla luce
dell'introduzione della società europea.50
3. la presentazione di una versione modificata della proposta di
Direttiva già avanzata nel 1995 in materia di compensazione di utili e perdite.
4. l'istituzione di un forum congiunto tra rappresentanti degli Stati e
delle imprese sulla disciplina dei prezzi di trasferimento, la modifica della
Convenzione 90/434/CEE e l'armonizzazione della prassi in merito a
metodologia, documentazione ed Advance Pricing Agreements.
5. il completamento del network dei trattati bilaterali contro le doppie
imposizioni, una maggiore conformità dei testi convenzionali con i principi di
base del mercato interno ed un maggiore coordinamento tra i trattati stipulati
con Stati terzi.
La Comunicazione n. 582 del 23 ottobre 2001 precisa, inoltre, che le
misure specifiche intese a limitare le distorsioni e gli ostacoli fiscali
costituiscono un rimedio solo parziale e temporaneo rispetto al problema
centrale del mercato interno che è la frammentazione in 27 diversi ordinamenti
tributari. E’necessario, quindi, adottare soluzioni di più ampia portata tali da
offrire alle imprese, operanti su scala comunitaria, un unico sistema di
tassazione fondato su una base imponibile consolidata, al fine di ridurre i costi
legati agli adempimenti tributari e risolvere le problematiche legate ai prezzi di
trasferimento ed alla compensazione di utili e perdite in Stati diversi e di
semplificare il regime delle riorganizzazioni transfrontaliere.
La Commissione nella parte IV sez. C del documento n. 1681 del
51
2001 ha elaborato quattro principali modelli in materia della tassazione delle
imprese, (Home State Taxtion, Common Corporate Consolidated Tax Base,
European Union Corporate Income Tax, Single Compulsory Harmonised Tax
Base), che si distinguono per livello di integrazione, complessità di adozione e
per il livello di consenso politico che richiedono.
50
Regolamento CE n. 2157 dell’8 ottobre 2001 che istituisce lo statuto della società europea, in
G.U.C.E. L 294 del 10 novembre 2001, p. 1; Direttiva 2001/86/CE del Consiglio dell'8 ottobre 2001 che
completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori, in
G.U.C.E. L 294 del 10 novembre 2001, p. 22.
51
Commission Staff Working Paper, “Company Taxation in the Internal Market”- SEC (2001) 1681
DEL 23.10.2001.
17
Il sistema Home State Taxtion52, ispirato al modello del mutuo
riconoscimento, prevede che la società capogruppo adotti la normativa fiscale
del proprio stato d'origine (Home State) per determinare il reddito imponibile
realizzato dalle proprie branch e subsidiary, indipendentemente dallo Stato
membro nel quale queste sono stabilite. La base imponibile consolidata viene
quindi calcolata secondo le regole di un unico sistema tributario, quello dello
stato di residenza della società madre. Gli utili così determinati vengono poi
ripartiti tra i diversi soggetti (società capogruppo, branch e subsidiary) e tassati
nei rispettivi Stati membri di localizzazione.53
Il sistema Common Corporate Consolidated Tax Base, prevede il
calcolo del reddito di impresa su base consolidata, in applicazione di regole
comuni per tutti gli Stati membri. La base imponibile, così calcolata, andrebbe
poi ripartita, in base a criteri da stabilire, fra gli Stati membri, ciascuno dei
quali rimarrebbe libero di determinare l'aliquota applicabile.
Il sistema EUCIT54 (l’acronimo sta per European Union Corporate
Income Tax) consiste nella proposta di introdurre nell’Unione Europea un'unica
imposta sul reddito consolidato delle società multinazionali. La parte rimanente
andrebbe poi ripartita fra Stati membri in base a regole comuni da stabilire.
Con questo sistema sarebbe scelta la strada dell'armonizzazione delle
disposizioni nazionali in materia di tassazione delle società, con la previsione
di un'unica base imponibile e di un unico sistema a livello UE, in sostituzione
dei sistemi nazionali esistenti: in questo modo si farebbe un passo decisivo
verso la creazione di un’Europa federale.55 Il principale vantaggio del sistema
European Union Corporate Income Tax è rinvenibile nella sua struttura che
non richiede l'introduzione di nuove regole (essendo fondato sul mutuo
riconoscimento di quelle preesistenti nei singoli Stati)56, in quanto le imprese
52
La Commissione Europea in riferimento alla Home State Taxation ha pubblicato recentemente i
risultati di un progetto pilota delle piccole e medie imprese, “Tackling the corporation tax obstacles of
small and medium-sized enterprises in the Internal Market- outline of possibile Home State Taxation
pilot scheme”, Com (2005), n. 702 del 23 dicembre 2005, il quale ha recepito lo studio “Tackling the
corporation tax ostacles of small and medium-sized enterprises in the Internal Market-outline of possible
Home State Taxation pilot scheme”, Sec (2005), n. 1785 del 23 dicembre 2005. La più completa
formulazione del sistema di “Home State Taxation” è contenuta in LODIN-GAMMIE, Home State
Taxation, Amsterdam, 2001, che aggiorna una precedente proposta degli stessi autori (LODINGAMMIE, The taxation of the Europea Company, in “European Taxation”, 1999, pag. 286 e ss.
Sull’argomento vedi anche i risultati dello studio della Commissione dell’Unione Europea, Company
Taxation in the Internal Market (COM (2001) 582 FINAL) del 23 ottobre 2001; vedi anche
STEVANATO, La tassazione dei gruppi europei: l’Home State taxation quale alternativa al consolidato
mondiale, in Rass. Trib. 2003, 1248 e ss.
53
I vantaggi della HST risiedono nel fatto di non richiedere modifiche dell’ordinamento tributario degli
Stati membri, consistendo in una parziale limitazione di sovranità. I redditi delle filiali dei gruppi esteri
sarebbero determinanti secondo le regole di un altro ordinamento tributario, ferma restando la potestà
impositiva dello Stato di stabilimento.
54
V. sul punto PLASSCHAERT S.R.F., An Eu Tax on the Consolidated profits of Multinational
Enterprises, in European Taxation, n. 1/1997, p. 2 ss., spec. p. 12, il quale ha espresso la sua tesi
sull’EUCIT, ed esposta anche nel corso del 52° Annual Congresso f the International Institute of Public
Fnance, Tel Aviv, August 26-29, 1996.
55
“The introduction of a European Union Company Income Tax would certainly represent a major step
awards the creation of a Federal Europe”- SEC(2001)1681. In questo modo si opererebbe una forte
limitazione di sovranità nei confronti delle autorità dei singoli membri, e addirittura una parte delle
risorse derivanti dalla riscossione andrebbe a finanziare il bilancio dell’UE a titolo di risorsa propria,
come avviene per l’Iva.
56
GARBARINO C., Manuale di tassazione Internazionale, IPSOA, 2005.
18
potrebbero realizzare la compensazione degli utili conseguiti con le perdite
realizzate dalle sedi secondarie stabilite in Stati membri diversi.
La Single compulsory harmonised tax base consiste in una base
imponibile armonizzata obbligatoria per le imprese che dovrebbe sostituire le
basi imponibili nazionali.57
Nelle fasi successive di elaborazione della proposta sembra emergere il
favore per il sistema della common consolidate tax base come metodo di
imposizione dei gruppi di impresa e delle grandi imprese in genere, e per il
sistema della home state taxation in ordine al trattamento fiscale delle piccole e
medie imprese58.
L'ipotesi che gode di maggior credito risulta quella legata alla Common
consolidated corporate tax base (Ccctb): questo progetto è finalizzato ad
introdurre un sistema comune di regole fiscali per determinare il reddito
imponibile dei gruppi europei. La base così calcolata verrà ripartita tra gli Stati
membri, liberi di determinare l'aliquota da applicare. Con l'introduzione della
Ccctb, le imprese transnazionali non dovranno più calcolare l'imponibile di ogni
partecipata secondo i diversi sistemi fiscali; verranno, inoltre, eliminati alcuni
ostacoli al corretto funzionamento del mercato unico, con effetti benefici
sull'economia europea nel suo complesso: la maggior apertura dei mercati
nazionali potrebbe difatti portare a maggiore concorrenza e minori costi.
Nel 2004, precisamente il 23 novembre, si è riunito a Bruxelles, per la
prima volta, un gruppo di lavoro CCCTB Working group, istituito e presieduto
dalla Commissione europea con la partecipazione di due membri di ciascun
paese UE, con il compito di esaminare, dal punto di vista tecnico, le
problematiche connesse al consolidato comunitario. Il Working group si
riunisce periodicamente per esaminare alcune questioni relative alla tassazione
delle società in Europa.
La commissione ha emanato nel 2006 una comunicazione (COM (2006)
157) in cui si illustravano il contesto e gli obiettivi della CCCTB e si
annunciava che nel 2007 sarebbe stata elaborata un'ulteriore relazione
sull'avanzamento dei lavori.
La CCCTB è un obiettivo ambizioso che comporta varie difficoltà
tecniche per i vari Stati membri soprattutto occorre adoperarsi ulteriormente
per raggiungere un accordo. In effetti, sono stati fatti dei passi in avanti in
alcuni settori molto specifici, ad esempio l’adozione di un codice di condotta
57
Si tratta di un approccio considerato “tradizionale” dagli studi della Commissione europea, in quanto
prevede l’adozione di una base imponibile armonizzata, calcolata utilizzando un unico sistema
impositivo, applicato a tutte le imprese operanti nell’UE da parte di tutti gli Stati membri , i quali si
troveranno così a dover sostituire gli attuali sistemi fiscali nazionali con un (nuovo) unico sistema.Si
opera attraverso un primo step che consiste nel calcolo della base imponibile complessiva, determinato
facendo riferimento ad un unico tax code, per poi procedere con l’allocazione dell’imponibile tra i
diversi Stati membri, utilizzando specifici metodi di ripartizione di utili e/o perdite (“agreed
mechanism”) (VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale: disciplina nella riforma Ires e profili
comunitari e comparati, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006, p. 247 e ss.).
58
BORIA, Il sistema tributario, Torino, 2008, p. 1011 e ss. Per un’analisi dettagliata sui vantaggi e gli
inconvenienti connessi alla scelta dei metodi della home State taxation e della common consolidated tax
base, v. FANTOZZI, Armonizzazione fiscale tra modelli comunitari e autonomia normativa degli Stati,
intervento al convegno di studio sul tema “Le ragioni del diritto tributario in Europa” tenuto a Bologna il
26-27.09.03, 12 ss. dell’estratto. Cfr. altresì AUJEAN, Lo stato dell’arte dello studio sulla tassazione
societaria e della comunicazione dell’ottobre 2001, ibidem.
19
sulla documentazione dei prezzi di trasferimento e l’elaborazione di
orientamenti in materia di accordi preventivi sui prezzi di trasferimento. Nel
dicembre 2006, la Commissione ha pubblicato le comunicazioni sulla necessità
di un maggiore coordinamento tra gli Stati membri per quanto riguarda i loro
sistemi impositivi e, in particolare, una sulle opportunità degli incentivi fiscali
a favore della ricerca e dello sviluppo. Tuttavia, la Commissione rimane del
parere che, anche se queste misure mirate possono contribuire a ridurre alcuni
degli ostacoli, un sistema basato sull’ introduzione della CCCTB possa
apportare complessivamente i maggiori vantaggi per quanto riguarda la
tassazione degli utili delle società del mercato interno. L'attuazione della
CCCTB potrebbe contribuire in misura significativa al successo del mercato
interno, al momento della crescita dell'occupazione e al miglioramento della
competitività delle imprese europee a livello mondiale in linea con la nuova
strategia di Lisbona.59
Inoltre, l’UE potrebbe diventare un mercato più attraente per gli
investimenti, il che dovrebbe tradursi in un aumento degli investimenti
intracomunitari e degli investimenti diretti esteri.
Per quanto riguarda lo stato dell'arte, in materia di armonizzazione
fiscale di imposte dirette e della proposta di consolidato fiscale comunitario, ad
oggi non è ancora stata emanata una proposta legislativa. Si auspicava per la
fine del 2009 la presentazione di una direttiva da parte della Commissione ma a
tutt’oggi non se ne ha ancora notizia60.
Parte II°
UNA BASE IMPONIBILE COMUNE CONSOLIDATA
PER LE SOCIETA’ (CCCTB)
2.
Finalità e caratteristiche principali.
La Ccctb è un progetto elaborato dalla Commissione europea che
prevede la realizzazione di una base imponibile consolidata comune per i
redditi societari con lo scopo di agevolare il processo di armonizzazione delle
regole di tassazione delle imprese a livello comunitario.
Tali finalità sono state esternate dalla Commissione Europea già con la
comunicazione COM (2001/582): “Verso un mercato interno senza ostacoli
fiscali-Strategia per l’introduzione di una base imponibile consolidata per le
attività di dimensione UE delle società”, che affronta con un “approccio
59
L’Unione Europea in questo modo si uniformava all’obiettivo strategico di “diventare l’economia
basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo” nel rispetto di quanto deciso nel
Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000 e ribadito dal Consiglio Europeo di Stoccolma di marzo
2001; sul punto cfr. KOVÀCS - Le prospettive della CCCTB, in Rass. Trib., 3/2008, p. 699/700.
60
Working Document “CCCTB: possible elements of a technical outline”, CCCTB/WP/57 del
26.07.2007, Working Document CCCTB “possible elements of a technical outline”, Annotated,
CCCTB/WP/057 annotated del 20.11.2007; Working Document “Input from National tax
administrations for the Impact Assesment of the reforms at the EU level of corporate tax systems”,
CCCTB/WP/060 DEL 13.11.2007; Working document “CCCTB: possible elements of the sharing
mechanism” CCCTB/WP/060 del 13.11.2007; Working Document “CCCTB: possible elements of the
administrative framework”, CCCTB: “possible elements of the administrative framework”,
CCCTB/WP/061 del 13.11.2007.
20
globale” l’obiettivo della soppressione degli ostacoli fiscali al funzionamento
ed allo sviluppo del mercato interno61.
Tale comunicazione poneva le basi per la costruzione di un assetto
normativo che regolamentava la tassazione delle società come fattore
competitivo per l’esercizio delle attività economiche nell'UE e per
l'instaurazione di pari condizioni per tutte le imprese operanti nell'UE.
In un contesto economico e monetario sostanzialmente omogeneo, ciò
che rileva, ai fini delle decisioni economiche di opportunità di allocazione di
capitali nei vari Paesi, è il fattore differenziale fra i vari sistemi tributari
nazionali, nonché le varie modalità di gestione delle attività imprenditoriali.
Infatti, in presenza di cambi irrevocabilmente fissi e di un significativo
coordinamento delle politiche economiche e monetarie, saranno le disposizioni
fiscali nazionali a rappresentare lo strumento privilegiato con cui gli Stati
membri potranno incidere sulle decisioni di localizzazione degli investimenti e
delle risorse all’interno dell’Unione Europea. Nello steso tempo, le sensibili
differenze che tuttora esistono tra i diversi ordinamenti giuridici degli Stati
membri rischiano di ostacolare in misura considerevole l’effettuazione di
operazioni transfrontaliere e la realizzazione di investimenti.62
In tale contesto comunitario si delinea questo progetto molto ambizioso
della creazione di una base imponibile consolidata, proprio con la finalità di
adeguare la tassazione delle società operanti nell’UE ad un quadro comunitario
in continuo divenire, di eliminare i problemi legati alla fissazione dei prezzi di
trasferimento all’interno dell’Unione Europea63, di consentire la
compensazione mediante il consolidamento di profitti e perdite. Altre finalità
sono quelle di semplificare le operazioni di ristrutturazione internazionali, di
ridimensionare i costi amministrativi sia per le imprese che per le
61
In linea con tali obiettivi e strategie cfr. la Comunicazione sulla “Politica fiscale dell’Unione
Europea” COM (2001) 582.
62
VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento
sovranazionale e competizione interstatuale, in Rivista di diritto Tributario Internazionale, 2006, p. 65 e
ss.
63
Nel 2002 è stato istituito il Forum congiunto dell’U.E. sui prezzi di trasferimento allo scopo di far
fronte ai problemi di carattere fiscale scaturenti dalla doppia imposizione da aggiustamento dei prezzi di
trasferimento. Nel corso del 2003, il JTPF ha analizzato principalmente questioni relative
all’applicazione della convenzione arbitrale del 1990 ed alle procedure di accordo reciproco previste
dalle convenzioni contro le doppie imposizioni. Hanno, inoltre, costituito oggetto di dibattito le
problematiche connesse ai requisiti documentali, principali responsabili dei cd. “compliance costs” a
carico delle imprese con attività cross-border. Nell’aprile 2004, la Commissione Europea ha accolto le
raccomandazioni del Forum ed ha sottoposto alla elaborazione del Consiglio una bozza di Codice di
Condotta per l’eliminazione della doppia imposizione societaria nei casi di transazioni infragruppo tran
frontaliere Il Codice è stato approvato a fine novembre 2004. Contestualmente, il mandato del forum,
conferito per un periodo iniziale di due anni, è stato esteso di un ulteriore biennio. Sempre su impulso del
forum, in data 07.01.05, la Commissione ha adottato la proposta per un codice di condotta sulla
documentazione richiesta in materia di transfer pricing, invitando gli Stati membri, previa adozione della
stessa parte del Consiglio dell’Unione Europea, a trasporre al più presto nei rispettivi ordinamenti le
disposizioni in esso contenute. Il codice di condotta sulla documentazione è stato adottato dal Consiglio
nel giugno 2006. In data 12 gennaio 2007, il mandato del Forum è stato ulteriormente esteso ad un
periodo di due anni.(VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra
coordinamento sovranazionale e competizione interstatuale, cit., p. 66 e ss.).
21
Amministrazioni Fiscali64, di evitare i casi di doppia imposizione e, infine
eliminare numerose situazioni di discriminazioni e restrizioni.
La CCCTB è stata ritenuta la soluzione più in linea con le esigenze delle
imprese multinazionali e più concretamente applicabile per gli Stati membri, la
sua attuazione, tuttavia, richiede una concreta iniziativa armonizzatrice delle
istituzioni comunitarie e lo sviluppo del progetto in stretta collaborazione e
sinergia tra gli Stati membri.65
Di questo progetto si sta occupando un gruppo di lavoro66 che fornisce
assistenza tecnica e consulenza alla Commissione, costituito da esperti della
stessa Commissione europea e delle 27 Amministrazioni fiscali dell’Ue67,
esteso anche ai rappresentanti del mondo dell’impresa e di quello accademico.
All’interno del gruppo di lavoro sono stati costituiti quattro sottogruppi
che si riuniscono separatamente per approfondire le problematiche più
complesse della base consolidata comune quali ammortamenti, passività,
riserve e accantonamenti; sono i criteri base per la determinazione del reddito
d’impresa; aspetti internazionali della Ccctb, tassazione di gruppo, meccanismo
di ripartizione del reddito imponibile tra gli Stati UE.
Innanzitutto, il gruppo di lavoro, sta procedendo alla predisposizione di
un insieme di regole comuni definite a livello europeo per la determinazione
del reddito imponibile, ed applicabili al singolo gruppo societario, volte alla
eliminazione delle gravi difficoltà che affrontano le imprese per il permanere di
27 sistemi fiscali differenti e per le conseguenti disparità di trattamento da
Paese a Paese68.
64
Tali spese risultano minime per le grandi imprese multinazionali (meno del 2% delle imposte versate)
ma molto rilevanti per le piccole e medie imprese (31% del prelievo)Dati dell'European Tax Survey
(2004).
65
FANTOZZI, La ricerca “Modelli di tassazione delle società e allargamento dell’Unione Europea”:
metodo dell’indagine, in Economia Italiana, n. 2/07.
66
Il CCCTB Working group fu istituito nel 2004 presso la Direzione Generale Fiscalità ed Unione
Doganale, dopo un incontro dell’Ecofin del settembre 2004, che fu destinatario, da parte della
Commissione di un “Non Paper” ovvero di un documento, privo di valenza politica, che evidenzia la
volontà della Commissione di non volersi assumere la responsabilità politica propositiva. Infatti, in tale
sede gli Stati membri si dichiararono politicamente contrari al progetto della CCCTB, sebbene si
impegnarono ad inviare ugualmente le migliori professionalità a loro disposizione per partecipare al
gruppo di lavoro. I principali obiettivi del gruppo di lavoro sulla Ccctb consistono nel trovare i modi di
rimuovere gli ostacoli fiscali all’efficienza ed al funzionamento armonioso del mercato interno, nel
ridurre i costi amministrativi, sia delle imprese che delle Amministrazioni fiscali, ed introdurre regole
semplici e trasparenti; individuare i possibili elementi di una base imponibile consolidata che migliori la
competitività internazionale delle imprese europee; limitare l’evasione fiscale e le frodi. Il gruppo di
lavoro, presieduto dalla Commissione europea e formato da rappresentanti nominati dagli Stati membri,
si riunisce ogni tre mesi per discutere aspetti tecnici collegati alla CCCTB. Periodicamente, ai lavori
vengono invitati anche rappresentanti del mondo accademico e delle imprese. Il mandato esclusivamente
tecnico del Gruppo spiega perché i lavori abbiano potuto progredire in maniera significativa dal 2004 ad
oggi, anche se alcuni Stati membri hanno manifestato sin da subito una netta opposizione al progetto
CCCTB.
I
lavori
possono
essere
seguiti
sul
sito
internet
http://europa.eu.int/comm/taxation_customs/taxation/company_tax_base/index_en.htm.
67
Per l’Italia, l’Agenzia delle Entrate.
68
I sistemi di consolidamento utilizzati adottati in ambito comunitario sono diversi. Ad esempio
l'attribuzione della soggettività tributaria al gruppo societario si configura in maniera differente da Paese
a Paese. Francia, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo considerano come titolare di soggettività fiscale
l'intero gruppo nel suo complesso, in base al principio della fiscal unity. L'impresa può dunque
presentare un'unica dichiarazione fiscale al cui interno siano comprese tutte le società che rientrano nel
“perimetro di consolidamento”. Il gruppo può inoltre compensare utili e perdite, godendo peraltro del
regime di neutralità fiscale dei trasferimenti intragruppo. La Svezia e la Finlandia prevedono il modello
22
Oltre ai primi quattro sottogruppi, ne sono stati creati altri due, uno
sulla tassazione di gruppo e l’altro sul meccanismo di ripartizione. Nonostante
il considerevole lavoro svolto sinora da parte del Ccctb working group, vi sono
ancora alcuni punti nodali del sistema Ccctb da risolvere.
L’obiettivo della CCCTB è quello di addivenire ad un calcolo
consolidato del reddito imponibile per le imprese che operano all'interno
dell'Unione europea in modo opzionale69 a quello previsto dalle normative
nazionali senza ricorrere alla armonizzazione delle aliquote fiscali tra gli
Stati70. Infatti, la sovranità fiscale, in relazione alle aliquote d'imposta,
rappresenta uno strumento utile per una sana concorrenza fiscale tra gli Stati
membri e per stimolare l’efficienza71. L'obiettivo di fondo è di creare un più
efficiente sistema fiscale per le imprese che operano all'interno dell'Unione
europea, trasferendo la competizione sulle aliquote72, in modo più trasparente.
del group contribution,che prevede il calcolo del reddito imponibile di ciascuna società del gruppo,
redige la dichiarazione fiscale e si sottopone al prelievo fiscale in modo separato. Ciononostante, ad
un'impresa in utile è consentito il trasferimento in favore di una società che presenta una perdita. Il
Regno Unito e l'Irlanda utilizzano invece il group relief system, che mantiene una gestione separata,
permettendo però la compensazione tra i risultati fiscali delle società facenti parte del gruppo, senza che
sia necessario un trasferimento materiale di risorse tra le varie consociate. Inoltre sussistono delle
sostanziali differenze da ordinamento a ordinamento anche in riferimento ai requisiti per l'ammissione
alla tassazione consolidata di gruppo. I valori legati all'integrazione finanziaria dipendono dalla
percentuale di partecipazione della società capogruppo nelle controllate. La “forbice”, in questo caso,
spazia dalla semplice partecipazione di controllo (50% più un voto, è il caso della Germania) alla
partecipazione pressochè totale (99% del capitale nei Paesi Bassi e in Lussemburgo). L'ordinamento
della Danimarca prevede che la detenzione del controllo sia chiara quando una società gode della
maggioranza dei diritti di voto in un'altra impresa, abbia il diritto di nominare la maggioranza dei
membri del Cda ed eserciti il controllo sulla gestione economica e finanziaria.
69
La base imponibile comune si applicherà soltanto su base opzionale, essendo stata esclusa, da parte
della Commissione Europea, essendo stata esclusa, da parte della Commissione Europea, qualsiasi
ipotesi di obbligatorietà. L’opzione può essere esercitata per un periodo iniziale di cinque anni, con
effetto a far data dall’inizio dell’anno fiscale di riferimento, e può essere automaticamente rinnovata per
successivi periodi di tre anni, salvo comunicazione di interruzione. L’opzione di consolidamento avrà
efficacia soltanto a partire dal successivo periodo d’imposta. (VALENTE, Base imponibile europea: lo
stato dell’arte in previsione della direttiva, in Riv. di Dir. Trib., 2008, p.100 e ss.).
70
Sul punto si rinvia a CERIANI e GIANNINI, “Trends in EU propodals on taxation of transnational
business profits and tax coordination”, in Tax notes International, 2003, pag.31.
71
A tal riferimento, il Commissario KOVÀCS ha di recente sottolineato che “harmonization would only
cover the tax base and would not relate to the tax rates” (CFE, European Tax report, 15 gennaio 2007).
La sovranità statale sulla determinazione delle aliquote fiscali è affermata anche da BRAUNER (“An
International Tax regime in Crystallization-Realities, Experiences, and Opportunities”, 2002), il quale
sottolinea che “tax rates are the most important, and most fiercely, defended component in each
country’s tax system”.
72
La globalizzazione e l'integrazione tra le economie hanno spinto, nel corso degli ultimi vent'anni, ad
una progressiva riduzione delle aliquote dell'imposta societaria. Gli economisti hanno ideato un modello
teorico di “race to the bottom”, nel quale la concorrenza fiscale avrebbe gradualmente portato al ribasso,
giungendo fino alla scomparsa, delle aliquote legate all'imposizione sul capitale e sulle società, con la
conseguente concentrazione totale del carico fiscale sul lavoro e i beni immobili. L’impatto con la realtà
ha mostrato, però, i limiti di quest'impianto teorico, fondato su premesse che difficilmente si
verificheranno, come la perfetta mobilità dei capitali. Tra le variabili da tenere in considerazione, anche
la struttura e le dimensioni dei mercati domestici, le rendite di agglomerazione e localizzazione così
come l'esistenza di migliori servizi e infrastrutture sono motivazioni valide a spiegare l'esistenza di
aliquote differenziate nel panorama europeo. Queste ragioni spiegano, ad esempio, perchè le aliquote
risultino più alte negli Stati dell'Unione Europea “a quindici” che nei Paesi da poco entrati con la
qualifica di membri. Come analizzato da un rapporto datato 2005 la concorrenza fiscale opera sia a
livello “produttivo” che “predatore”: la prima valutazione è legata alla qualità del rapporto tra beni
pubblici e fiscalità offerto dallo Stato. Si tratta di una concorrenza positiva in quanto finalizzata a
migliorare l'efficienza della spesa pubblica, il buon utilizzo delle risorse stimolando l'attrattività del
Paese nei riguardi delle attività economiche e produttive. La concorrenza predatrice punta invece al
23
La Ccctb verrebbe applicata al gruppo societario (impresa madre e
filiali) anche attraverso il consolidamento, ossia la valutazione del reddito
tassabile derivante dalla compensazione di profitti e perdite realizzate dal
gruppo nei diversi paesi europei, e dall’eliminazione dei costi di compliance
alle normative in materia di transfer pricing73. In tal modo, si cerca di
armonizzare il sistema con cui gli Stati membri calcolano la base imponibile
delle società e ridistribuiscono tra di loro il gettito fiscale prodotto, ottenendo
maggiori benefici.
trasferimento della semplice base imponibile verso Stati a fiscalità contenuta non incidendo sulla
localizzazione delle attività produttive. Le problematiche che nascono da questa situazione restano di
grande entità, la sensibilità degli investimenti diretti esteri, soprattutto finanziari, ai differenti livelli di
tassazione è un dato confermato a livello empirico. Gli strumenti di pianificazione fiscale a disposizione
delle imprese internazionali rendono quindi vantaggioso il ricorso al profit shifting, il trasferimento dei
costi in Paesi a tassazione più alta e degli utili in Paesi a tassazione più bassa, con evidenti ricadute sui
bilanci degli Stati appartenenti al primo gruppo. Il profit shifting è risultato legato non tanto alle aliquote
marginali effettive e alla pressione fiscale complessiva, bensì alle aliquote nominali, spiegando così
l'attrazione dei Paesi dove queste si presentano più basse e definendo l'aliquota nominale come effettivo
dominant tax driver sulla scena europea. La tendenza è confermata dalle cifre: a partire dalla fine degli
anni Novanta, le aliquote sono progressivamente calate, venendo “equilibrate” dall'ampliamento delle
basi imponibili. Il valore medio della tassazione sulle imprese è passato dal 46% del 1980 al 40% nel
1991, riducendosi ulteriormente al 34% nel 2000. Il passaggio all'Europa a venticinque prima e a
ventisette attualmente ha impresso un'ulteriore accelerazione al ribasso, al punto che l'aliquota media
registrata nel 2006 si è attestata al 26%, scendendo ulteriormente nel 2008 al 23,6%. Le differenze tra i
due “blocchi”, la vecchia Europa dei quindici da una parte, i nuovi Stati membri dall'altra, e quelle
interne agli stessi restano molto elevate, riflettendo grandi divari nelle dimensioni dei mercati interni,
nella qualità delle infrastrutture, dei servizi e delle economie di aggregazione. Nel 2006 l'aliquota media
dell'Europa a quindici si situava al di sotto del 30% (29,61% nello specifico). Germania, Italia, Spagna e
Francia nell'ordine guidavano l'elenco con percentuali comprese tra il 38,26% e il 34,43%: gli altri Stati
applicavano aliquote societarie inferiori, giungendo fino al 25% dell'Austria. L'unico caso particolare è
stato legato all'Irlanda: nel 2003, che ha portato l'aliquota societaria ordinaria dal 24% al 12,5%, la più
bassa in Europa fino all'ingresso nell'Unione di Cipro prima e della Bulgaria poi. Il progetto irlandese,
esposto nella finanziaria del 1998, è risultato indifferente ad ogni intervento della Commissione, dal
momento che a riguardo non si può parlare precisamente di agevolazione o aiuto di Stato, bensì di un
generico tasso impositivo senza discriminazione alcuna tra residenti e non. Sempre nel 2006, tra i Paesi
di recente ingresso, la media risultava di poco superiore al 20% (20,50%): in alcune di queste realtà,
tuttavia, la pressione fiscale è stata ancora più bassa, con aliquote effettive inferiori a quelle nominali a
causa di incentivi e regimi preferenziali: è il caso di Malta, dove il valore nominale si situa tuttora al
35% ma in cui sussistono misure di favore verso le Companies with Foreign Income e le International
Trading Companies, due forme giuridiche che presentano un carico fiscale molto ridotto per le attività
dei non residenti (4,17% per le Itc, nullo per le Cfi). A partire dal 2006, la Commissione europea ed il
governo maltese stanno elaborando una procedura che in varie fasi dovrebbe trovare compimento entro
la fine del 2010. Il 2008 ha registrato sensibili diminuzioni nelle aliquote di alcuni Stati fino ad ora poco
inclini a seguire il trend internazionale: la Germania e l'Italia hanno ridotto l'imposizione legale
rispettivamente dell'8,9% e del 5,9%. A presentare i valori più alti nel panorama comunitario è ora Malta
(35%, ma con le eccezioni citate precedentemente), seguita dalla Francia (34,4%) e dal Belgio (34%); al
quarto posto l'Italia (31,4%), chiudono Cipro e Bulgaria col 10% di aliquota. L'Estonia applica
un'aliquota del 23% ma solamente sui dividendi distribuiti dalla società; in caso contrario, le imprese
risultano esenti. Le importanti riduzioni nei Paesi a più elevata tassazione confermano una maggiore
convergenza delle aliquote e una crescente integrazione dei mercati da una parte, la necessità di favorire
la crescita rispondendo alla concorrenza dei nuovi Stati membri dall'altro. Dalla metà degli anni Novanta
in poi, la combinazione tra la riduzione delle aliquote e l'ampliamento della base imponibile ha
comportato lo incremento del gettito fiscale giunto nel 2000 alla soglia del 4% del Pil per i Paesi
dell'Europa a quindici. Nel nuovo millennio questa tendenza si è invertita, a causa della diminuzione
delle aliquote e delle difficoltà ad intervenire ulteriormente sugli imponibili.
73
In tema di normativa comunitaria relativa al transfer pricing vedi MAISTO, Il transfer pricing nel
diritto tributario italiano e comparato, Pdova, 1985; CARPENTIERI, Redditi in natura e valore
normale nelle imposte sui redditi, Milano 1997, 229 e ss.; BALZANI, Il transfer pricing, in Corso di
diritto tributario internazionale, a cura di V. Uckmar, Padova 2002, 589 e ss; DENARO, “ Transfer
pricing , quando l’ elusione non è la chiave di lettura “, Rivista telematica fisco nel mondo,
www.fisconelmondo.it , 2008.
24
La Commissione ha stabilito, inoltre, che il regime fiscale della CCCTB
sia "esclusivo", anziché "supplementare" all’attuale regime nazionale, in
quanto vi è il rischio per alcuni redditi o attività di essere lasciati al di fuori
della CCCTB. Inoltre, vi è il rischio che gli Stati membri ricorrano al sistema
nazionale nei casi in cui sia difficile trovare un consenso unanime, se così
fosse, la CCCTB perderebbe uno dei suoi principali vantaggi, vale a dire la
semplicità. Pertanto, in applicazione del principio della esclusività, se una
società decide di optare per il sistema della CCCTB, i redditi o le perdite
dovrebbero essere tassati soltanto in virtù di questo sistema, e gli Stati membri
non dovrebbero applicare alcuna imposta con riferimento ai propri sistemi
nazionali.
Per apportare modifiche alla CCCTB, occorrerebbe il consenso di tutti
gli Stati membri, a scapito della capacità di adattamento: questo rafforza la tesi
secondo cui la CCCTB debba essere facoltativa.
Pur sussistendo numerose difficoltà politiche per l’adozione della
CCCTB, la Commissione ha recentemente confermato la propria intenzione di
presentare una proposta contenente la normativa in materia di base imponibile
consolidata comune per le società europee nel più breve tempo possibile74 per
ridurre al minimo le distorsioni, garantire l'efficienza e prevenire abusi.
Nell’ipotesi in cui non si raggiungesse l’unanimità dei consensi, si pensa di non
accantonare comunque il progetto CCCTB, ma di valutare l’opportunità di
avvalersi della procedura di cooperazione rafforzata prevista dall'art. 11 del
Trattato istitutivo della comunità europea.75 Questo autorizza un gruppo di
Stati membri a portare avanti determinate politiche, offrendo agli altri Stati
membri la possibilità di parteciparvi in una fase successiva, attuando così un
“approccio graduale”.
Il funzionamento della CCCTB non dipende solo da norme comuni ma
anche dalla loro applicazione ed interpretazione uniforme, in caso contrario vi
sarebbe il rischio di insorgenza di problemi causati dalle divergenze di
applicazione della CCCTB da parte degli Stati membri76, con conseguenti
costosi e complessi contenziosi. Al fine di garantire la sua attuazione uniforme,
la CCCTB dovrebbe essere introdotta per mezzo di un regolamento, piuttosto
che di una direttiva, eventualità, questa che, tuttavia, difficilmente si
concretizzerà. L’auspicabile direttiva dovrà essere dettagliata per evitare
differenziazioni di recepimento negli ordinamenti nazionali.
Inoltre sembra indispensabile che la CCCTB venga attuata con un
sistema amministrativo e giuridico comune, con regole chiare
74
Come confermato anche nella Comunicazione COM(2007) 223 definitivo- Attuazione del programma
comunitario per il miglioramento della crescita e occupazione e per il rafforzamento della competitività
dell’industria dell’unione Europea: ulteriori progressi durante il 2007 e i prossimi passi verso una
proposta per una base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB).
75
Tuttavia, se non si dovesse raggiungere in un periodo ragionevole alcun accordo unanime all’interno
del Consiglio, allora, come ultima istanza bisognerebbe considerar la procedura di cooperazione
avanzata prevista dal Trattato. In base a tale approccio, se determinate condizioni sono soddisfatte, un
gruppo di Stati membri può adoperare la legislazione che sarà quindi applicabile solo per essi; evitando
così che possano presentarsi azioni senza “veto”. (KOVÁCS, Le prospettive della CCCTB, in Rass.
Trib. n. 3/2008, p. 707 e ss).
76
Ad esempio, ciò si verificherebbe se due Stati membri avessero una diversa interpretazione delle
modalità di assegnazione di utili o perdite tra di loro, o se avessero una differente determinazione delle
spese deducibili e dei soggetti ammissibili.
25
sull’interpretazione o applicazione delle procedure. Ciò consentirebbe al
contribuente di rapportarsi con una sola autorità fiscale77 che garantisca parità
di trattamento in tutta l’UE. Questo approccio senza dubbio ridurrebbe
radicalmente i costi di conformità, ma richiede maggiore collaborazione e
scambio di informazioni tra le amministrazioni fiscali.
Per quanto riguarda il quadro amministrativo, alcuni settori del mondo
imprenditoriale hanno fortemente auspicato una qualche forma di “sportello
unico” che consenta ai gruppi di imprese europei di rivolgersi direttamente ad
una sola autorità amministrativa78. In linea con tale prospettiva il CCCTB
Working Group ha discusso degli aspetti amministrativo formali
dell’applicazione della CCCTB, nel meeting del marzo 2007, ed ha optato per
l’approccio c.d. “one stop shop”, il quale implica un elevato grado di
coordinamento e cooperazione tra le Amministrazioni fiscali coinvolte, ai fini
dell’implementazione sia della base imponibile consolidata che del
meccanismo di ripartizione79.
Inoltre si presentano delle difficoltà anche in riferimento alla
risoluzione delle controversie fiscali concernenti la CCCTB soprattutto per il
coinvolgimento di più Stati membri che potrebbe implicare un dispendio
economico e temporale molto gravoso. Per attenuare questi problemi, la
CCCTB dovrebbe essere accompagnata da chiare ed autorevoli procedure di
arbitrato e/o di contenzioso, magari con un organo di giustizia tributaria
comune competente per l’interpretazione delle norme relative alla CCCTB.
Non è difficile immaginare che tale approccio dovrà affrontare notevoli
resistenze da parte degli Stati membri. A ciò si deve aggiungere che se,
tuttavia, la CCCTB non avrà una tale infrastruttura amministrativa e giuridica,
correrà il rischio di non raggiungere il livello di semplicità, efficienza e
competitività necessario per perseguire gli obiettivi di Lisbona. L’attuazione
delle strategia di Lisbona si traduce nella possibilità di far diventare l’Europa
un posto più attraente per investire e lavorare, promuovere la conoscenza e
77
Possibilmente quella del Paese in cui è situata la casa madre del gruppo.
VAN DER MADE, European Union: European Commission issues progress report on common
consolidated tax base, International Tax Review, Gen. 2008.
79
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 117 e ss.,
il quale specifica: “l’obiettivo dell’approccio c.d. “one stop shop” è quello di combinare l’efficienza
connessa alla presentazione- da parte del c.d. “soggetto d’imposta principale” di un’unica
dichiarazione nei confronti di un’unica Amministrazione Fiscale (cd. Amministrazione Fiscale
principale”) con la trasmissione dei dati rilevanti a tutte le Amministrazioni fiscali coinvolte. Del resto
un certo grado di uniformità si impone anche sul versante del contenzioso con le Amministrazioni fiscali,
mediante il riconoscimento della possibilità di presentare ricorso in appello solamente al “soggetto
d’imposta principale”. Gli adempimenti amministrativo-formali in materia di CCCTB sono ampiamente
esaminati dal CCCTB Working Group nel documento CCCTB/WP/061, dove si distinguono, con
riferimento sia alla singola società che al gruppo, le seguenti aree di intervento: 1. L’applicazione
opzionale della CCCTB; la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della singola società o
del gruppo; il concetto di “soggetto d’imposta principale” e di “Amministrazione fiscale principale”; le
modalità di presentazione della dichiarazione dei redditi e le procedure di determinazione della base
imponibile comune e della base imponibile consolidata; le procedure per la realizzazione delle
controversie tra Amministrazioni fiscali; le procedure di rettifica delle dichiarazioni e una banca dati
centralizzata; le procedure per la risoluzione delle controversie tra soggetti di imposta e
amministrazioni fiscali in grado di appello; le procedure per la risoluzione delle controversie tra
soggetti di imposta e amministrazioni fiscali in appello, mediante l’eventuale ricorso alla CGCE”.
78
26
l’innovazione, modellare le politiche fiscali in maniera da consentire alle
imprese europee di creare maggiore e migliore occupazione.80
Attualmente il gruppo di lavoro sta cercando di configurare un sistema
di Ccctb che possa fornire alle società aventi sede in almeno due Stati membri
la possibilità di calcolare il reddito imponibile di gruppo secondo un unico
sistema di regole comuni a tutti gli Stati, mediante la creazione di una base
imponibile comune e la previsione del suo consolidamento.
La legislazione europea in materia dovrebbe quanto meno definire i
principi fiscali comuni di riferimento a livello europeo, l'insieme delle norme e
dei meccanismi necessari alla definizione di una base imponibile comune
europea, le norme relative alle modalità di realizzazione del consolidamento
dei gruppi societari, i principi contabili sottostanti la determinazione del
reddito imponibile ai fini fiscali ed il meccanismo di ripartizione del gettito
fiscale derivante dalla base imponibile comune consolidata.
L'adesione alla Ccctb dovrebbe comportare secondo l'approccio per step
seguito dalla Commissione:
• l'adozione di regole armonizzate di definizione della base imponibile
comune, in sostituzione delle regole fiscali nazionali81;
• il consolidamento nella base imponibile degli utili e delle perdite
della capogruppo con le imprese affiliate, superata una certa percentuale di
controllo;
• la riallocazione della base imponibile comune consolidata ai Paesi in
cui il reddito è stato prodotto per la successiva applicazione delle aliquote
legali dei singoli Stati membri;
• la possibilità di una scelta opzionale a tale sistema;82;
• l’indipendenza dagli IAS/IFRS, in quanto non tutte le società sono in
grado di fare ricorso a tali principi contabili. 83
La Commissione ha, inoltre, dichiarato di ritenere che la CCCTB debba
essere uniforme e debba semplificare ed ampliare la base imponibile delle
società. Infatti, le linee guida dell’uniformità e della semplificazione sembrano
ispirare profondamente la nuova base che dovrebbe essere “ampia”, anziché
“stretta”.84 Pertanto, sgravi ed incentivi specifici dovrebbero essere limitati nel
80
A tal riferimento è notorio che il Consiglio Europeo della primavera del 2005 ha approvato un nuovo
rilancio per la cosiddetta strategia di Lisbona puntando su crescita competitività e occupazione
(v.Comunicazione della Commissione, n.352 del 25 ottobre 2005-COM (2005) 532, reperibile in lingua
italiana
sul
sito
web
http://eurlex.europa.eu/LexUriserv/LexUriserv.do?uri=COM:2005:0532:FIN:IT:PDF.
81
Ad es. revisione del regime fiscale dell'ammortamento dei beni strumentali, degli accantonamenti
effettuati in bilancio dalle imprese per perdite future, del regime fiscale delle plusvalenze sui titoli e sui
dividendi e delle transazioni interne al gruppo.
82
Le società dovrebbero poter continuare ad applicare le norme esistenti se gli Stati membri le
mantengono insieme alla CCCTB, oppure optare per la CCCTB, purché siano rispettate le norme in
materia di aiuti di Stato. La validità dell'opzione verrebbe condizionata alla presenza di un rapporto di
partecipazione rilevante tra i soggetti aderenti (75% utili e capitale, 50% + 1 dei diritti di voto) e
all'esercizio contestuale da parte di tutte le società del gruppo in possesso dei requisiti, in base al
principio all in all out.
83
ZONETTI, Progetto europeo di base imponibile comune consolidata, in www.nuovofiscooggi.it.
84
È generalmente riconosciuto da molti economisti che una base imponibile ampia con aliquote basse sia
la soluzione economicamente più efficiente, che presenta gli effetti potenzialmente distorsivi più limitati
per numero ed entità. Sul piano pratico, con questo approccio si avranno meno incentivi ed eccezioni,
dato che l’introduzione del consolidamento transfrontaliero comporterà una lieve diminuzione delle
27
numero ed adeguatamente mirati e giustificati, mentre le ammende di carattere
sanzionatorio non dovrebbero essere deducibili.
Infine, proseguendo sullo stato dell’arte di tale progetto di base
imponibile comune, occorre anche citare il documento CCCTB/WP/058, dove
la Commissione europea individua le linee guida sulle quali dovrebbe fondarsi
lo studio sull’impatto del consolidato comunitario presso gli Stati membri.
Tale valutazione di impatto si propone di identificare e valutare le
possibili conseguenze economiche sia da un punto di vista macroeconomico
che da quello microeconomico, fiscali, giuridiche, sociali e ambientali
dell’introduzione della Ccctb, nonché di alcune proposte alternative, per
confrontarle con i costi e le variabili micro e macroeconomiche che
caratterizzano lo scenario attuale (ipotesi "no-change")85.
In particolare, l’”Impact Assesment”86 della Commissione Europea
sulle proposte di riforma a livello comunitario dei regimi fiscali vigenti si pone
la finalità di individuare gli ostacoli fiscali esistenti nel mercato interno alle
attività transfrontaliere delle società comunitarie, di definire gli obiettivi da
raggiungere mediante l’implementazione della CCCTB, nonché di analizzare le
alternative possibili per il superamento degli ostacoli fiscali e il loro impatto
economico, ambientale e sociale87.
Con riferimento alle possibili alternative per l’eliminazione degli
ostacoli fiscali all’attività transfrontaliera, costituiscono oggetto di ”Impact
Assesment” sulla base imponibile comunitaria, oltre all’approccio “no change”,
la base imponibile comune senza consolidamento (CCTB) e la base imponibile
comune consolidata (CCCTB).88
3. Principi contabili e fiscali della CCCTB.
1.
2.
dimensioni della base imponibile in quanto consentirà la compensazione delle perdite in modo più
coerente e rapido di quanto non sia possibile attualmente.
85
VITALE, Base imponibile comune, progetto in fieri e nodi da sciogliere, pubblicato il 04.05.2007, in
www.nuovofiscooggi.it. L’approccio “no change” implica l’assenza di qualsiasi intervento per il
coordinamento dei regimi fiscali comunitari.
86
La verifica dell’impatto potrebbe essere elaborata secondo tre differenti approcci. Il primo che prende
ad esame i dati fiscali effettivi, raccolti presso le Amministrazioni finanziarie e le entità giuridiche
soggette a tassazione. Tali dati però non risultano di agevole valutazione. Il secondo approccio che si
basa sull’analisi dell’utilizzo dei dati contabili e finanziari relativi alle società comunitarie. I dati
contabili potrebbero essere utilizzati in luogo dei dati fiscali effettivi. Infine il terzo approccio prende in
esame, oltre ai dati specifici utilizzati dai primi due metodi, anche i modelli macro-economici da
applicarsi con riferimento all’economia dell’Unione Europea nel suo complesso e alle singole realtà
economiche nazionali.
87
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, in Riv. di dir.
trib. int., 2008, p. 122 e ss.).
88
L’ “Impact Assesment” sulla CCCTB parte dall’individuazione delle imprese comunitarie interessate
dalla nuova disciplina, sulla base delle seguenti due assunzioni:
solo le società e le stabili organizzazioni in possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione al
consolidato (percentuale di partecipazione pari o superiore al 75%) optano per il regime CCCTB;
tutte le imprese comunitarie soggette ad imposta sulle società (in presenza dei requisiti richiesti per
l’ammissione al consolidato) optano per il regime CCCTB per il calcolo della propria base imponibile,
dando vita ad uno scenario c.d. “all in”.(VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in
previsione della direttiva, in Riv. di dir. trib. int., 2008, p. 122 e ss.).
28
Ai fini della costituzione della CCCTB assume un valore fondante la
definizione dei principi generali contabili e fiscali, applicabili uniformemente
in tutti gli Stati membri.
In riferimento ai principi contabili, la Commissione sin dal 2001 aveva
già espresso la volontà di prendere a modello i “principi comuni in una
prospettiva internazionale” riferendosi implicitamente ai principi contabili
IAS-IFRS, che ormai hanno assunto un ampio riconoscimento
nell’ordinamento comunitario sia attraverso il loro recepimento in regolamenti
e direttive che ad opera dell’Auditing Standards Board (ASB)89.
Col secondo step, nel 2003, la Commissione90 si è posta il problema
del collegamento tra la CCCTB e i principi contabili internazionali (IAS-IFRS)
in un documento dal titolo "IAS come punto di partenza? ".
Successivamente, nel 2004, con l’istituzione di Gruppi di lavoro aventi
ad oggetto lo sviluppo applicativo della CCCTB, si è proceduto ad
approfondire il tema relativo alla possibilità di utilizzare le regole di
valutazione insite nei principi contabili internazionali quali criteri di
determinazione dell'imponibile fiscale.
Col documento n. 157/200691 la Commissione anche se ha chiarito di
non voler vincolare il progetto europeo di base imponibile comune consolidata
ai principi contabili internazionali, nello stesso tempo ha specificato che gli
stessi costituiscono un valido strumento interpretativo e di supporto per la
definizione delle categorie impositive da prendere in esame92.
Nello stesso tempo, ciò che emerge dalla comunicazione della
Commissione è il l’intenzione di stabilire, nell’ambito del progetto della base
imponibile comune, un legame indissolubile tra il risultato d’ esercizio da un
punto di vista civilistico e la determinazione della base imponibile93. In altre
parole, il modello previsto dalla Commissione europea facendo proprio il
principio di dipendenza del reddito fiscale dal reddito civilistico contabile,
determina l’inevitabile conseguenza che il secondo assuma le categorie del
primo quali indice della forza contributiva dell’impresa e, quindi determinando
a livello comunitario un unicum tra principi contabili e imponibili fiscali. 94
89
SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base):
una sfida per la fiscalità europea, in www.innovazionediritto.unina.it.
90
Cfr. COM(2003)726 nella quale la Commissione rileva che, per la realizzazione di una base
imponibile comune in ambito UE, le disposizioni contabili sono determinanti. I principi contabili
internazionali rappresentano sicuramente un essenziale punto di partenza che consente di avviare il
processo di riconciliazione dei vari sistemi tributari, i quali generano altrettanti distinti criteri di
determinazione della base imponibile.
91
Doc. Com (2006), n. 157, del 05 aprile 2006 “Implementing the Community Lisbon Programme:
Progress to date and next steps towards a Common Consolidated Yax Base (CCCTB)”.
92
IAS/IFRS will therefore be used only as tool in designing the base because they provide a common
language and some common definitions. In particular, elements of these international standards wich do
not suit the CCCTB will not be imported into the CCCTB and there will be no direct formal link to the
constantly changing standards (IAS/IFRS).
93
V. Doc. Com (2006), n. 157, del 05 aprile 2006 si legge: “The rules governing the contento f the
CCCTB will be applicable whwther, at the National level, the starting point for compagnie preparing
their tax accounts is accounts prepared in accordante with IAS/IFRS or National accounting standards”
94
Cfr. VISCONTI, L’introduzione degli IAS/IFRS nel sistema delle imprese Italiane: scenari interni e
prospettive di sviluppo, in www.innovazionediritto.it, dove emerge con chiarezza la necessità di chiarire
il rapporto tra contabilità finanziaria e tassazione, in quanto quest’ultima deve fare riferimento ad un
sistema contabile che conduca all’imposizione di guadagni realizzati e non virtuali, anche se
rappresentativi di una corretta visione contabile (c.d. nesso di dipendenza). Per le società che utilizzano
29
In ogni caso, un forte limite alla diffusione e alla facilità di fruizione dei
principi che verranno stabiliti in sede di attuazione della CCCTB, sta
sicuramente nel fatto che ad oggi non tutti i paesi comunitari hanno posto
l’obbligo di adozione dei principi contabili internazionali a favore delle
medesime tipologie di soggetti.
Ne consegue, pertanto, che ai risultati civilistici determinati secondo i
differenti principi contabili locali dovranno essere apportate le variazioni su
determinate fattispecie reddituali (cd. key elements), al fine rispettare le
disposizioni volte a determinare una base imponibile consolidata comune.95
Quindi, sebbene la Commissione non abbia vincolato l’attuazione della
CCCTB all’adozione di principi contabili comuni, appare evidente che l’unica
strada concreta da percorrere al fine di poter addivenire a dei meccanismi di
tassazione su base comune, e quindi al conseguimento dei vantaggi collegati,
sia proprio rappresentata dall’esigenza di stabilire dei meccanismi contabili
comuni, quantomeno per quei soggetti verso i quali tali conformazioni sono
imposte dal mercato.
Allo stesso modo, in materia fiscale è sorta la necessità di creare un
quadro di riferimento necessario alla definizione dei principi fiscali di carattere
generale che siano in linea con il principio di capacità contributiva (equità
orizzontale e verticale efficienza, efficacia, semplicità, trasparenza e certezza,
coerenza, flessibilità) anche in riferimento al Framework IAS96
I principi fiscali generali sono97:
• l’equità verticale: secondo tale principio, il carico fiscale deve essere
suddiviso in base alla “capacità contributiva”, esso poterebbe rilevare quando
si debba decidere se assoggettare a tassazione gli utili non distribuiti.
• L’equità orizzontale: in base a tale principio, i contribuenti nelle
stesse condizioni economiche dovrebbero ricevere lo stesso trattamento
fiscale, esso dovrebbe garantire la corretta allocazione della base imponibile tra
gli Stati interessati.
• L’efficienza: secondo tale principio, la tassazione dovrebbe essere
neutrale, nel senso che le decisioni relative ad un investimento dovrebbero
essere prese solo in considerazione della convenienza economica, quindi dove
la produttività del capitale è più elevata, non dove la tassazione è più “leggera”;
• L’effettività: tale principio consiste nella capacità della base
imponibile di conseguire gli obiettivi cui è preposta.
• La semplicità, trasparenza e certezza: la semplicità di calcolo della
base imponibile dovrebbe comportare minori costi amministrativi e di
gli IAS/IFRS, tali interferenze si potrebbero eliminare utilizzando la base numerica risultante
dall’adozione dei suddetti principi come base imponibile comune. Tuttavia, si potrebbe anche seguire il
percorso inverso, che si crea determinando le regole per la formazione di una base imponibile comune
che si conforma a quella contabile.
95
Cfr. VISCONTI, L’introduzione degli IAS/IFRS nel sistema delle imprese Italiane: scenari interni e
prospettive di sviluppo, cit., in riferimento alle considerazioni emerse dalla recente riunione del CCCTB
Working Group del 27-28 settembre 2007, in Bruxelles. Si veda www.europa_eu/taxation_customs.
96
Cfr SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax
Base): una sfida per la fiscalità europea, cit.
97
VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale: disciplina nella riforma Ires e profili comunitari e
comparati, cit., p. 234. I “general principles” sono stati già analizzati dal Gruppo di lavoro nello studio
del 2001 (SEC (2001) 1681, cit.
30
adeguamento, sia per le amministrazioni fiscali che per le imprese; la
trasparenza e la certezza sono indispensabili per una corretta predisposizione
del business plan da parte delle imprese.
• La consistenza e coerenza: secondo tali principi, le transazioni con lo
stesso risultato economico dovrebbero ricevere lo stesso trattamento fiscale;
• La flessibilità: in base a tale principio, la base imponibile dovrebbe
potersi adattare agevolmente ai continui cambiamenti del mercato. Il problema
è che una base imponibile unica potrebbe rivelarsi meno flessibile dei singoli
sistemi nazionali.
• L’applicabilità: tale principio implica che le norme che disciplinano
la base imponibile siano di facile applicazione.
I principi contabili sono:
• Il principio della competenza e della forma: secondo tale principio,
le varie operazioni vengono contabilizzate nel periodo al quale si riferiscono,
ovvero quando si verificano gli effetti economici, indipendentemente da quelli
finanziari.
• Il principio di comprensibilità, responsabilità, rappresentazione
veritiera e corretta, neutralità: si tratta di principi essenziali per la definizione
di una base imponibile comune consolidata.
• Il principio di rilevanza: secondo tale principio, le informazioni sono
considerate rilevanti quando la loro omissione o errata rilevazione può
influenzare le decisioni degli stakeholders; ai fini fiscali, le informazioni sono
considerate rilevanti se incidono sull’ammontare degli utili imponibili.
• La prevalenza della sostanza sulla forma: ai fini fiscali, tale principio
potrebbe essere utilizzato quale principio generale o applicabile solo in
determinate circostanze, come, ad esempio, ai fini della contabilizzazione del
leasing finanziario.
• Il principio di prudenza: tale principio fa riferimento alla cautela
nella valutazione delle attività e del reddito. Ai fini contabili, esso viene
rispettato quando i suddetti elementi non vengono sovrastimati o le passività e
le spese non vengono sottostimate. Ai fini fiscali, il principio si riferisce alla
necessità di evitare fenomeni di erosione degli utili conseguiti.
• La distinzione tra costi e ricavi: ai fini fiscali, i costi possono essere
deducibili o indeducibili. In base ai principi contabili internazionali, il reddito
comprende sia i profitti derivanti dall’esercizio di attività commerciali, sia le
plusvalenze che possono anche derivare da attività non commerciali, sia redditi
non realizzati. Ai fini fiscali, può essere necessario distinguere tra profitti e
plusvalenze, utili realizzati e non realizzati.
• La misurazione dei valori: esistono vari metodi per la misurazione
dei valori iscritti in bilancio, ma il più diffuso è quello del costo storico.
• La legalità: tale principio implica che il sistema CCCTB dovrà
rispettare i principi giuridici che regolano l’esercizio del potere impositivo nei
vari Stati membri.98
98
VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale: disciplina nella riforma Ires e profili comunitari e
comparati, Il Sole 24 Ore, cit., p. 234.
31
Nel 2007 il gruppo di lavoro Ccctb ha pubblicato un documento dal
titolo: "Ccctb: Possible Elements of a Technical Outline"99. Sebbene
inizialmente il Ccctb working group avesse pensato ad un formale
collegamento con i principi contabili internazionali Ias/Ifrs, considerati un
buon punto di partenza in grado di permettere alla base imponibile di evolversi
in linea con i probabili sviluppi futuri della prassi contabile, bisogna tener
presente che molti Stati membri limitano l’utilizzo degli Ias/Ifrs, per cui molte
imprese redigono il bilancio in conformità ai rispettivi principi contabili
nazionali. Ai fini della Ccctb, in prima battuta, ci si dovrà limitare alla
definizione di una base imponibile comune, mentre la definizione delle
variazioni fiscali al risultato d’esercizio sarà di competenza degli Stati membri.
La base imponibile comune sarà calcolata su base annuale come differenza tra
"income subject to tax less exempt income and deductible expenses and other
deductible items"100.
Per calcolare la base imponibile di una società, si può partire dal
confronto tra bilancio di apertura e bilancio di chiusura o dal conto economico.
Il primo metodo richiede l’elaborazione di un “bilancio fiscale” secondo regole
concordate comprendente il conto economico. Il secondo richiede che la
legislazione CCCTB fornisca una definizione comune soltanto del conto
economico, i dati di bilancio possono essere verificati facendo riferimento ai
rendiconti finanziari. La Commissione ritiene che un bilancio fiscale non sia
necessario e rappresenti un onere amministrativo supplementare per le società.
Un elemento fondamentale ai fini della determinazione e del calcolo
della base imponibile consolidata è rappresentato dalla valutazione degli
assets101.
Le criticità relative alla valutazione delle immobilizzazioni ed il
correlato trattamento fiscale degli ammortamenti nel panorama legislativo
europeo sono stati oggetto di studio ed approfondimento102. Nella definizione
di assets sono ricompresi quei beni posseduti dall’azienda ed utilizzati per la
produzione e/ o fornitura di beni e/o servizi e, inoltre, destinati ad essere
utilizzati per più esercizi ossia, in pratica, trattasi principalmente di beni
immobili, impianti e macchinari. Dal punto di vista contabile, sono valutati in
base al costo (prezzo d’acquisto, compresi gli oneri di diretta imputazione)
99
Working Document “CCCTB: possible elements of a technical outline”, CCCTB/WP/57 del
26.07.2007.
100
Il documento elaborato dal gruppo di lavoro fornisce delle esemplificazioni di reddito esente (ad
esempio i sussidi direttamente connessi all’acquisizione, costruzione, miglioramento di beni
ammortizzabili), un’elencazione (non esaustiva) di spese non deducibili (quali, ad esempio, utili
distribuiti, rimborso di azioni e di debiti, 50% delle spese di rappresentanza, costi di gestione relativi ad
attività che producono redditi esenti, ecc…), nonché una definizione di bene ammortizzabile. Il lavoro si
sofferma inoltre sui criteri di valutazione, di imputazione temporale, sul principio di inerenza ed altro
ancora.
101
I progressi del SG1 sul tema in questione sono esposti nei documenti " A n overview of the main is
sues that emerged during the discussion of tax depreciation of assets” (Commissione europea, Working
document “ A n overview of the main issues that emerged during the discussion of tax depreciation of
assets” (CCCTB/WP/014) del 7.9.2005); e "Summary Record by the Chair of the Meeting of the Common
Consolidated Corporate Tax Base Working Group" (Commissione europea, Working document
"Summary Record by the Chair of the Meeting of the Common Consolidated Corporate Tax Base Working
Group” (CCCTB/WP/024) del 12.1.2006).
102
Le osservazioni in merito sono descritte nel documento CCCTB/WG/012: “An overview of the main
issues that emerged during the discussion of tax depreciation of asset”.
32
ovvero al costo sostenuto per la loro realizzazione; attraverso l’ammortamento
(ossia il deprezzamento derivante dal loro più o meno intenso utilizzo ), il costo
viene ripartito in quote annuali calcolate in base al periodo di vita utile residua
o meglio in tanti esercizi quanti sono gli anni nei quali l’azienda potrà ottenere
da essi i benefici economici derivanti dal loro impiego nel processo
produttivo.103
Dal punto di vista fiscale, invece, non sono presi in considerazione
alcuni costi diretti. Successivamente alla rilevazione finale, il bene materiale
deve essere iscritto al costo netto dei relativi ammortamenti; tale differenza
costituisce il valore residuo del bene. Occorre, altresì, tenere tenere conto di
eventuali svalutazioni o rivalutazioni del bene, i quali non hanno, però, alcun
riconoscimento ai fini fiscali.104
In tema di ammortamenti, inoltre, la discrezionalità riconosciuta al
redattore del bilancio civilistico in merito ai criteri di ripartizione del valore
ammortizzabile deve fare i conti con la rigidità della disciplina fiscale che
impone dei metodi obbligatori prevedendo per alcuni settori produttivi, poche
eccezioni quali, ad esempio, l’ammortamento accelerato previsto in Belgio o
Francia e non più in Italia. Difatti occorre precisare che non tutti gli Stati
Membri attribuiscono la stessa rilevanza ai due criteri di ammortamento (quote
costanti e quote decrescenti) e/o prevedono uguali tassi o aliquote annuali di
ammortamento.105
E’ chiaro, quindi, che nei vari Stati Membri non esiste una disciplina
contabile uniforme, per cui necessariamente bisogna sforzarsi per avvicinare
quanto più possibile le regole contabili ma, soprattutto, la disciplina degli
ammortamenti attraverso un approccio uniforme e condiviso.
In conclusione, ai fini dell’introduzione della base imponibile
consolidata, il gruppo di lavoro delinea due metodi, l’uno a quote costanti
cosiddetto "straight line" su base individuale per i cespiti a lunga vita utile
quali gli immobili106, l’altro metodo, su base comune ("pooled") a quote
decrescenti cosiddetto "reducing balance method" applicabile sui beni
ammortizzabili in un periodo medio-breve. L’ammortamento sarà dedotto dal
proprietario economico del bene ossia, dalla persona che gode dei benefici e
sostiene i rischi relativi all’asset107 a prescindere, quindi, da chi ne sia il
proprietario dal punto di vista giuridico108. Il primo metodo prevede che il
costo di acquisizione o di costruzione aumentato delle eventuali spese
incrementative del singolo asset sia ammortizzato a quote costanti, pertanto
con l’aliquota fissa109. Il secondo metodo riferentesi a tutti beni di vita utile
103
SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base):
una sfida per la fiscalità europea, cit.
104
VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale- Disciplina nella riforma Ires e profili comunitari
e comparati 2006, cit., p. 236 e ss.
105
SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base):
una sfida per la fiscalità europea, cit..
106
Un bene viene considerato di lunga durata se la sua vita utile è pari o superiore a 25 anni o se, in
alternativa, il suo costo eccede i 5milioni di euro.
107
in base al principio cardine negli Ias che accorda prevalenza alla sostanza sulla forma.
108
Particolare rilevanza tale regola assume nel leasing qualora contabilizzato col metodo patrimoniale.
109
2,5 per cento per gli immobili e 4 per cento per le altre immobilizzazioni materiali a lunga vita utile.
33
medio-breve inseriti in un’unica base di costo stabilisce l’ammortamento ad
un’aliquota del 20% da applicare al valore originario del cespite nel primo
anno per poi passare al valore residuo al netto degli ammortamenti. La base di
costo unica sarà data dal valore contabile netto dell’insieme di asset considerati
all’inizio del periodo incrementato degli acquisti e delle spese incrementative
sostenute nell’anno d’imposta e decrementato dei corrispettivi e/o degli
indennizzi realizzati dalle dismissioni o dalle perdite dei beni nel corso
dell’anno d’imposta.110
A questo punto, dovendo passare agli accantonamenti e alle riserve111, è
utile precisare che vi sono differenze sostanziali tra i singoli Stati membri, in
quanto una stessa operazione potrebbe essere considerata nell’uno o nell’altro
modo. Ciò ha rilevanti conseguenze, poiché, in genere, gli accantonamenti
sono deducibili, mentre le riserve sono indeducibili, per cui si rende necessario
specificare meglio i requisiti di ciascuna delle due categorie di conti. In merito
alla deducibilità degli accantonamenti, si possono avere due approcci: secondo
il primo, gli accantonamenti sono considerati generalmente non deducibili con
un elenco di eccezioni, in base al secondo, gli accantonamenti sono considerati
generalmente deducibili con un elenco di eccezioni. La Commissione ritiene
che il secondo approccio è di più diretta implementazione anche se la scelta
dell’uno piuttosto che dell’altro non può prescindere dall’individuazione di una
definizione di accantonamento che sia definitiva ed unanimemente accettata e
riconosciuta.112
4. Il consolidamento delle basi imponibili.
Con il consolidamento si attuano i maggiori benefici connessi alla
disciplina della CCCTB, in particolare si sostanziano nella possibilità di
compensare profitti e perdite, dall’altro l’eliminazione dei costi di compilance
alle normative in materia di transfer pricing113.
110
DENARO, Dal working group stretta finale sulla Ccctb (2,), in www.fisconelmondo.it.
Nell'aprile 2005 si è tenuto a Roma il primo meeting del SG2 vedi "Summary record of the
meeting of the Common Consolidated Corporate Tax Base Working Group" e"Summary Record by the
Chair of the meeting f the Common Consolidated Corporate Tax Base working Group"., incaricato dello
studio di "riserve, accantonamenti e passività" nell'ambito della più ampia attività di analisi per
l'implementazione della CCCTB. In particolare, si è discusso sulla:
• definizione di "riserve, accantonamenti e passività";
• deducibilità fiscale di accantonamenti e riserve;
• loro obbligatorietà secondo le singole legislazioni nazionali. (VALENTE P. e VALENTE G.,
Consolidato fiscale- Disciplina nella riforma Ires e profili comunitari e comparati 2006, cit., p. 239 e
ss.).
111
112
VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento
sovranazionale e competizione interstatuale, Rivista di diritto tributario internazionale, 2006, p.78 e ss.
113
Con la Ccctb, non vi sarà più necessità di applicare al transfer pricing il principio dell'arm's length tra
imprese che potranno consolidare profitti e perdite nello stesso gruppo. I profitti e le perdite totali dei
gruppi consolidati verranno allocati tra gli Stati membri secondo meccanismi concordati. Ciononostante,
per le relazioni tra imprese Ccctb e partner non rientranti nel gruppo consolidato, sarà necessario definire
una modalità comune di applicazione del principio dell'arm's length” v. Ccctb Working Group,
CCCTB\WP\041\doc\en del 5 dicembre 2006.
34
Una delle principali caratteristiche della CCCTB è infatti quella di
garantire l’imposizione sul risultato netto di utili e perdite dei vari membri di
un gruppo societario. Di conseguenza, non rileva dove i profitti o le perdite
siano sorti, perché il risultato di tutto il gruppo è visto come una singola unità
che costituisce la base imponibile. L’eliminazione delle operazioni infragruppo
porterebbe ad eliminare gli oneri derivanti dall’applicazione del regime dei
prezzi di trasferimento, che attualmente impone costi di conformità per le
attività transfrontaliere. Tale metodo di ripartizione della base imponibile che
utilizza meccanismi di ripartizione del reddito secondo criteri diversi da quello
dei profitti e delle perdite (ad es., il fatturato totale, i salari, il patrimonio) non è
nuovo in un contesto internazionale114. Inoltre il consolidamento e
l'eliminazione delle operazioni infragruppo avrebbero anche un effetto nella
risoluzione degli attuali problemi di doppia imposizione economica
internazionale. La CCCTB potrebbe anche contribuire ad eliminare la doppia
imposizione giuridica115 internazionale all'interno dell'Unione europea, in
quanto mira a prevedre il calcolo del reddito o di una perdita una sola volta, in
modo da garantire un’imposizione netta all'interno del sistema stesso, e a
risolvere il problema della doppia residenza secondo regole comuni. In effetti
la doppia imposizione giuridica internazionale è spesso mitigata attraverso le
convenzioni fiscali bilaterali, ma l'applicazione di tali trattati è complessa e di
difficile interpretazione, con conseguenti conflitti fiscali tra gli Stati contraenti
e tra questi ed i contribuenti.
Per quanto riguarda le transazioni infragruppo, nel sistema CCCTB, si
auspica l’acquisizione di una maggiore semplificazione.
Le cessioni dei beni e le prestazioni dei servizi tra le società consolidate
saranno neutrali sotto il profilo fiscale, in quanto i relativi corrispettivi non
rientreranno nella base imponibile consolidata. Pertanto si avrà la
disapplicazione della disciplina nazionale in materia di transfer pricing che,
114
Tali meccanismi, ad esempio, sono stati utilizzati per molti anni negli Stati Uniti ed in Canada, con
risultati soddisfacenti.
115
Sul punto v. TOSI e BAGGIO, Lineamenti di diritto tributario internazionale, Cedam, 2009, p. 7 e ss,
che chiarisce il concetto di doppia imposizione giuridica in questo modo: “La doppia imposizione
giuridica internazionale si verifica nel caso in cui uno stesso reddito, bene o atto può (legittimamente)
formare oggetto di imposizione fiscale in più Stati. La doppia imposizione crea delle distorsioni per due
principali ragioni: a) ragioni economiche, in quanto dissuade gli operatori a compiere attività
economiche che interessano più Stati, con danno al commercio internazionale; b) per ragioni di equità,
perché ad esempio chi produce ricchezza in due Stati può essere costretto a subire una doppia
imposizione mentre chi opera solo contro i confini nazionali non deve affrontare questa problematica.
Accordi che mirano ad eliminare la doppia imposizione sono stati conclusi tra molti Stai nel corso degli
ultimi cinquant’anni. L’Italia ha stipulato una settantina di accordi con altrettanti Paesi. Esistono due
criteri per evitare la doppia imposizione fiscale: il criterio dell’esenzione e il criterio del credito
d’imposta. Con il criterio dell’esenzione i redditi prodotti all’estero da un residente sono esentati
dall’imposta nello Stato di residenza, a differenza del criterio del credito d’imposta che è il più usato e
che consente al residente di detrarre dall’imposta nazionale quella pagata in un altro Stato per il
medesimo reddito. Tuttavia, questo meccanismo ha un limite: l’imposta estera detraibile non può
superare quella nazionale; inoltre cfr. ADONNINO, Doppia imposizione, in Enciclopedia giuridica,
1984; VITALE, Doppia imposizione (diritto internazionale), in Enciclopedia del diritto, 1964, XIII,
1007. Nella dottrina internazionale ed estera: Stamp, Double Taxation and the Freedom of International
Investment, King & Son London, 1927, Nyboyet, Les Doubles Impositionsau point de Vue Juridique, in
“Acadèmie de Droit International, Recueil des Cours”, 1930, I, p. 23; Buhler, Prinzipien des
Internatiolanen Steuerrechts, Amsterdam, 1964, p.32; Einaudi, Principi di Scienza delle Finanze, Torino
12952, p. 224: Seligman, Double Taxation in Essays in Taxation, New York, 1925, cap. IV; Chrètien, A
la recherché du droit international fiscal commun, Librairie de Recueil Sirey, Parigi, 1955;
35
nella generalità degli ordinamenti, fa riferimento al principio del valore
normale per i prezzi applicabili alle transazioni infragruppo. Da ciò dovrebbe
derivare un indubbio beneficio per i gruppi di imprese, che potranno stabilire i
prezzi di trasferimento senza il rischio di accertamento tributario, e soprattutto,
ne deriverà un consistente risparmio in termini di adempimenti (ad esempio, la
predisposizione e la conservazione, nell’ottica di un eventuale accertamento, di
documentazione corroborante la scelta del prezzo di trasferimento) nonché in
termini di eventuali spese di contenzioso116.
Infine l'introduzione di una base imponibile comune consolidata
potrebbe potenzialmente ridurre il numero delle complesse norme antievasione
attualmente in vigore, come quelle CFC117.
Altra questione riguarda i criteri di determinazione della base
imponibile consolidata, con particolare riferimento alla disciplina delle perdite
e delle plusvalenze latenti pregresse all'opzione e delle perdite generate in
corso di opzione. Le perdite registrate da una società anteriormente all’ingresso
in un gruppo il quale applica la disciplina della CCCTB non sono riportabili a
livello di gruppo, ma possono essere utilizzate dalla medesima società che le ha
utilizzate, la quale potrà detrarle dalla quota di base imponibile ad essa allocata
sulla base del meccanismo di ripartizione applicabile. Le perdite registrate a
livello di gruppo possono essere riportate in avanti per essere compensate con
eventuali profitti futuri.118
Il consolidamento dovrebbe essere obbligatorio in base ad un approccio
"all-in or all-out " per tutte le società (e stabili organizzazioni) che siano
partecipate per più del 75% nell’ambito del gruppo che ha optato per la Ccctb.
116
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, in Rivista di
diritto tributario internazionale, 2008, 107.
117
Lo scopo delle disposizioni CFC (Controlled Foreign Company) è quello di includere nella base
imponibile domestica redditi stranieri che sono considerati essere oggetto di un’inaccettabile basso
livello di tassazione nei Paesi in cui vengono prodotti. Tale regime è stato introdotto dall’art. 1 L. 21
novembre 2000, n. 342: “se un soggetto residente in Italia detiene il controllo in un’impresa, società o
altro ente residente o localizzato in Stati e territori con regime fiscale privilegiato, i redditi conseguiti
dal soggetto estero partecipato sono imputati a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di
gestione del soggetto estero partecipato sono, imputati a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o
periodo di gestione del soggetto estero partecipato, ai soggetti residenti in proporzione delle
partecipazioni da essi detenute”. L’imputazione in capo al residente del reddito estero, formalmente
facente capo a soggetto giuridicamente distinto, ancorchè legato al primo da un rapporto di controllo,
realizza in tal modo uno schema presuntivo relativo, essendo ammessa pur con alcuni significativi limiti,
la possibilità di prova contraria. VISMARA, Profili internazionali dell’imposizione tributaria, in Saggi
di diritto Tributario, Milano, 2004, p. 151 e ss.; in argomento v. MAISTO, Il regime di imputazione dei
redditi delle imprese estere partecipate (c.d. controlled foreign companies), in Riv. dir. Tributario, 2000,
IV, p. 50 ss.; CORDEIRO GUERRA, Riflessioni critiche e spunti sistematici sulla introducendo
disciplina controller foreign compagnie, in Rass. Trib., 2000, 1399 ss.; STEVANATO, Controlled
foreign compagnie: concetto di controllo e imputazione del reddito, in Riv.dir. tributario, 2000, I,77 ss.;
ID., La delega fiscale e la CFC legislation, in Fisco 2002, 2730 ss.; BRACCO, CFC legislation e trattati
internazionali: le recenti integrazioni al commentario Ocse e il loro valore ermeneutico, in Riv. dir.
tributario, 2004, I, 179 ss.; in particolare per analizzare alcune considerazioni su possibili incompatibilità
con l’ordinamento comunitario cfr. CIPOLLINA, CFC legislation e abuso della libertà di stabilimento:
il caso Cadbury Schweppes, in Riv. dir. finanziario, 2007, II, 13 e ss.
118
VALENTE, Base imponibile europea:lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 107;
Inoltre l’autore specifica: Non dovrebbe essere ammessa l’attribuzione di perdite alla società la quale
abbandona il gruppo. Allorquando una società sia ceduta a terzi, le perdite riportabili in avanti a livello
di gruppo rimangono in quest’ultimo. La soluzione alternativa, la quale prevede che le perdite siano
attribuite alla società che abbandona il gruppo, implica che le perdite siano calcolate-secondo le regole
proprie del meccanismo di ripartizione applicabile- alla data del trasferimento della società.
36
In particolare, il consolidamento si estenderà all’intera base imponibile a
prescindere dalla quota partecipativa detenuta dalla controllante (ovviamente
superiore al 75%). Le imprese residenti che optano per la CCCTB saranno
tassate sulla base del worldwide income, mentre quelle non residenti, in
conformità al modello Ocse, saranno tassate sugli utili d’impresa attribuibili
alla stabile organizzazione per mezzo della quale l’impresa svolge la propria
attività. È probabile che scompaiano le ritenute alla fonte sotto qualsiasi forma
sui pagamenti tra soggetti di un gruppo consolidato, mentre negli altri casi, la
questione rimane maggiormente dibattuta.
Sarà necessario definire in modo particolareggiato che cosa costituisca
un gruppo di società ai fini del consolidamento. Oltre alla definizione di un
comune livello accettabile di controllo, crea delle difficoltà la gamma di
possibili strutture di controllo119.
Nella proposta di direttiva il WG ha specificato che ai fini del
consolidato comunitario, il gruppo comprende la casa madre comunitaria, le
sue società controllate e le stabili organizzazioni con sede sul territorio
comunitario, a prescindere dal fatto che la casa madre con sede nell’UE sia a
sua volta controllata da una società con sede nell’UE, le quali si trovino sotto il
controllo comune di una casa-madre residente in uno Stato terzo, cosiddetta
"sandwich situation". La presenza di una società comunitaria in posizione
intermedia nell’ambito di un gruppo di società comunitarie non determina
l’interruzione della catena partecipativa qualificante per l’applicazione del
consolidato comunitario120.
Per quantificare la quota di partecipazione ai fini del consolidamento, la
percentuale di partecipazione si calcola tenendo conto della eventuale
demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo, ma le
partecipazioni dirette, quando eguali o superiori al 75%, dovranno essere
valutate come se fossero pari al 100%.121 Le partecipazioni dirette uguali o
inferiori al 50% non avranno alcuna rilevanza. 122
119
Se, ad esempio, una società estera controlla una serie di società dell’UE ed è a sua volta controllata da
una società dell’UE, sembra preferibile che tutte le società UE del gruppo siano consolidate. Tuttavia
alcuni esperti preferiscono tenere le società UE separate quando la catena del controllo è interrotta da un
soggetto estero; occorre quindi trovare un modo per risolvere la questione.
120
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, 105 e
ss.
121
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, 101 e
ss. L’autore specifica che: “Con tale arrotondamento, infatti, si vuole evitare che la catena di controllo
risulti facilmente interrotta dall’effetto della demoltiplicazione, causando una potenziale proliferazione
dei gruppi consolidanti. Tale scelta è stata criticata da parte di diversi esperti, che ritengono
l’aggiustamento in esame appropriato soltanto in presenza di partecipazioni più elevate del 75%. Cfr. il
documento CCCTB/WP/53 del 01.03.2007.
122
Viene inoltre suggerita l’inclusione nel consolidato delle società nelle quali il requisito del controllo
(superiore al 75%) sia riscontrato sia all’inizio che alla fine dell’anno d’imposta per le quali
contestualmente tale percentuale di controllo sia mantenuta per almeno sei mesi e non scenda mai al di
sotto del 50%.
37
5. La ripartizione della base imponibile consolidata
Un aspetto molto innovativo ma anche controverso di tutto il progetto
attiene alla ripartizione della base imponibile consolidata che rappresenta la
necessaria conseguenza del consolidamento. 123
Il gruppo di lavoro si sta occupando dell'individuazione di principi
generali e della fissazione di un metodo favorevole alla ripartizione
proporzionale, già utilizzato negli Stati Uniti. A tal fine la Commissione Ue ha
promosso un apposito dibattito con gli Stati membri e le società interessate, al
fine di sondare l’intenzione di introdurre un sistema uniforme di ripartizione
fiscale, in sostituzione di quello attuale, basato su principi di contabilità
separate.
Il successo della progettazione del meccanismo di ripartizione è forse il
compito più impegnativo per la realizzazione di un efficiente e competitivo
sistema CCCTB. La questione dei prezzi di trasferimento è una delle più
difficili da affrontare. Per questo, la CCCTB deve discostarsi dalla prassi
corrente di ripartizione di utili e perdite sulla base del luogo e della società che
li ha generati.
La prima tipologia di metodi adottati dalla Commissione era basatA su
fattori di tipo macro-economico o micro-economico, quali ad esempio:
• la ripartizione in base al rapporto tra il Pil del Paese in cui è presente
la società del gruppo e la somma dei Pil di tutti i Paesi in cui è presente il
gruppo.
• la ripartizione in base al valore aggiunto prodotto dalle singole
società del gruppo;
La prima tipologia di metodi (basati ad esempio sul Pil) sebbene
semplice e non manipolabile dalle imprese, crea una scissione tra il reddito
prodotto da una società in uno Stato membro e l’ammontare di imposte da
pagare in quello Stato membro.
La seconda tipologia (basata sul valore aggiunto) presenta lo svantaggio
di calcolare tutte le operazioni intragruppo a prezzi di mercato, con ciò
reintroducendo quelle difficoltà che il progetto vorrebbe eliminare.124
Attualmente, invece, il gruppo è passata ad analizzare una nuova ipotesi
di di lavoro che prende ad esame l’utilizzo di una formula di ripartizione simile
a quella attualmente usata negli Stati Uniti e in Canada.125
Vi è il rischio che la ripartizione sia basata su una formula piuttosto
frammentata (vale a dire che la stessa non sarà basata su identici pesi dei fattori
in tutti gli Stati membri). Come sottolineato dalla Commissione e come
123
La comunicazione n. 726/2003 chiarisce che il meccanismo di ripartizione della base imponibile tra
Stati membri ha un ruolo cruciale nella creazione di una base imponibile comune; tale meccanismo deve
essere equo, trasparente ed il più semplice possibile dal punto di vista amministrativo; esso inoltre deve
poter soddisfare principi economici sani e ricevere l'approvazione politica degli Stati membri.
124
FLORIS e VITALE, La seconda comunicazione della Commissione Europea relativa alla base
imponibile consolidata comune per le società (CCCTB). Breve sintesi ed ulteriori riflessioni sulla
ripartizione della base imponibile consolidata, in Rivista di diritto tributario internazionale, 2007, 2, p.
225 e ss..
125
Il gruppo di lavoro CCCTB ha elaborato nel 2007 un documento dal titolo: "CCCTB: possible
elements of the sharing mechanism", il quale fornisce un quadro completo del funzionamento del
meccanismo allocativo della base consolidata comune.
38
l'esperienza degli Stati Uniti dimostra, ciò può portare a grande complessità,
distorsione della concorrenza fiscale e doppia imposizione (o mancata
imposizione). Per questo motivo la CCCTB deve essere basata su una formula
uniforme in tutti gli Stati membri, inoltre, per evitare applicazioni e
interpretazioni divergenti, i fattori di assegnazione devono essere quanto più
chiari possibile.
Dal punto di vista della semplicità, sembra preferibile disporre di una
formula uniforme non solo per gli Stati membri, ma anche per i diversi tipi di
settori o di reddito (ad esempio, i profitti delle imprese ed i redditi di capitale),
anche da questo punto di vista, tuttavia, una formula uniforme potrebbe
incontrare qualche resistenza. Considerando le notevoli differenze del
potenziale di assegnazione dei fattori (ad es. salari, attività e turnover) tra i
diversi settori (ad es., settore manifatturiero e finanziario), è arduo trovare una
formula unica che consenta di pervenire ad un risultato soddisfacente in tutti i
settori.
La formula unica permetterà di ripartire l’intera base imponibile
consolidata tra ogni entità del gruppo consolidato (comprese le stabili
organizzazioni) per singolo anno d’imposta, determinando così il reddito
tassabile a livello di ogni singolo Stato membro. L’approccio prescelto consiste
nel cd. formulary apportionment approach, secondo il quale la ripartizione
avviene sulla base di una formula contenente fattori microeconomici piuttosto
che macroeconomici. Inoltre, per specifici settori (ad esempio servizi
finanziari, servizi di trasporto, servizi televisivi e di telecomunicazioni) è
prevista una deroga al principio della "formula unica" tramite l’adozione di
indicazioni ad hoc”. La formula di ripartizione tiene conto dei seguenti fattori:
il fattore lavoro, che dovrebbe essere composto da due elementi di egual peso:
monte salari e numero di impiegati, gli asset, il volume delle vendite126.
La scelta dei fattori menzionati, da un lato è stata determinata dalla
capacità di generare reddito che viene loro attribuita, dall’altro è stata motivata
dalla necessità di attribuire rilevanza sia al versante della domanda (di beni e
servizi), obiettivo perseguito tramite il fattore volume delle vendite, che al
versante produttivo, obiettivo perseguito tramite gli altri due fattori. Difatti,
non assumendo più rilievo le transazioni infragruppo, mentre i fattori lavoro ed
asset rappresenterebbero dei validi fattori allocativi di reddito per le unità
produttive di un gruppo consolidato, anche qualora tali unità non realizzino
transazioni con parti terze; il fattore vendite rappresenterebbe, invece un
adeguato fattore di allocazione per le società del gruppo consolidato
prevalentemente dedicate alla distribuzione ed al marketing. La base
imponibile di ogni entità tassabile sarà determinata in conformità alla seguente
formula, dove "A" rappresenta la singola entità e "Gruppo" indica l’insieme
delle entità tassabili del gruppo consolidato.
Per ragioni di esemplificazione si fa l’ipotesi che tutti i fattori abbiano il
medesimo peso:
126
DENARO, Una finestra sulla fiscalità internazionale Per la Ccctb una ripartizione unica e uniforme,
in Fisconelmondo.it - Pubblicato il 18-02-2008.
39
Base consolidata A = [⅓ (½ monte salari A/ monte salari Gruppo + ½
numero impiegati A/ numero impiegati Gruppo) + ⅓ Asset A/ Asset Gruppo +
⅓ Volume Vendite A/ Volume Vendite Gruppo] x CCCTB.
Per tutti i fattori viene suggerito l’utilizzo di valori medi relativi al
singolo anno di imposta. Il monte salari include tutte le forme di
remunerazione della prestazione lavorativa (compresi i fringe benefits, i costi
previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro, stock options,
ecc…), se deducibili in conformità alle regole fissate per la determinazione
della base imponibile.
Il CCCTB Working group, inoltre, ha preso in esame anche la delicata
questione della configurazione giuridica del rapporto di lavoro, idonea a
determinarne o meno l’inclusione nel fattore, arrivando alla conclusione
dell’inserimento nel fattore di tutto il personale effettivamente impiegato,
compresi dirigenti e manager. Inoltre, per le forme contrattuali "flessibili",
quali ad esempio il lavoro interinale, la prestazione potrà essere inclusa nel
fattore soltanto se consta di servizi che potrebbero essere stati normalmente
acquisiti internamente anche da dipendenti "ordinari" dell’impresa.
Generalmente, quindi, le attività esternalizzate non dovrebbero essere prese in
considerazione, a meno che non vengano svolte da altre entità del gruppo
consolidato; nel qual caso, considerato l’evidente intento antielusivo, il
personale dovrà essere attribuito, ai fini dell’applicazione della formula,
all’entità presso la quale svolge effettivamente la propria attività lavorativa.127
In riferimento alla localizzazione della forza lavoro, la tesi
predominante in seno alla CCCTB Working group è nel senso di prendere in
considerazione il luogo di lavoro dove i dipendenti effettuano la prestazione
lavorativa. Può tuttavia verificarsi che un soggetto sia stato registrato quale
lavoratore dipendente di una data società, ma svolga la propria attività
lavorativa per un’altra società, con sede in uno Stato membro diverso. In tal
caso, il soggetto dovrebbe essere considerato, al fine del micro-fattore lavoro,
quale lavoratore dipendente di quest’ultima società.128
Il fattore asset comprende unicamente le immobilizzazioni materiali al
valore netto di libro (costo storico al netto degli ammortamenti) e la ragione
alla base della scelta è fondamentalmente di carattere antielusivo.129 E’
evidente come il magazzino, e ancor di più le attività finanziarie, a causa della
elevata mobilità, si prestino ad essere facilmente manipolate per incrementare
il fattore asset, laddove il gruppo ritrae vantaggio a spostare materia imponibile
(possibilmente per godere di un’aliquota fiscale più bassa). Considerazioni
anche di carattere pratico, oltre che antielusivo valgono per l’esclusione dal
fattore, delle immobilizzazioni immateriali (cosiddetti intangibles, in
particolare marchi, brevetti e know-how). Infatti non appaiono facilmente
valutabili gli “intangibles” e, specialmente, i c.d. “self-generated intangibile
assets”, né sarebbe difficile stabilire i criteri della localizzazione e ripartizione
delle immobilizzazioni immateriali (ad esempio il marchio) qualora fossero
state create e/o venissero utilizzate dall’intero gruppo e non da una sua singola
127
DENARO, Una finestra sulla fiscalità internazionale Per la Ccctb una ripartizione unica e uniforme,
cit.
128
129
VALENTE, Base imponibile europea: lo Stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, 97.
DENARO, Per la CCCTB una ripartizione unica e uniforme, cit., in Fisconelmondo.it.
40
unità. Alcuni esperti hanno sottolineato che le immobilizzazioni immateriali
vengono comunque indirettamente considerate tramite gli altri fattori (salari
personale addetto alla ricerca e sviluppo, asset materiali dedicati, prezzo di
vendita). Nei rapporti infragruppo un determinato asset dovrà sempre essere
attribuito all’entità che effettivamente lo utilizza che, nella maggior parte dei
casi, coinciderà con il proprietario del bene che ne effettua l’ammortamento,
tranne alcuni casi come ad esempio nel leasing contabilizzato secondo il
metodo patrimoniale130.
In riferimento al micro-fattore vendite, il CCCTB Working Group, ha
elaborato la variante del “sales by origin” che prende in considerazione il luogo
di spedizione delle merci, ed il “sales by destination” che invece prende in
considerazione il luogo di consegna delle merci. La prima variante si presenta
quale fattore di attribuzione della base imponibile concettualmente debole sia
perché rappresenterebbe una replica del ruolo investito dagli assets e dal costo
della forza lavoro, ed inoltre se le transazioni infragruppo venissero escluse dal
micro-fattore in questione, tale variante non consentirebbe di attribuire la base
imponibile alle “giuste entità”. A ciò si aggiunga che tale variante potrebbe
essere soggetta a manipolazioni in quanto il luogo di spedizione verso terze
parti può agevolmente costituire oggetto di controllo. La variante “sales by
destination” è più affidabile in ordine ai temibili fenomeni di tax planning, in
quanto le società non hanno la possibilità di controllare la localizzazione dei
consumatori.131
Infine, sia a garanzia del contribuente che degli Stati membri
partecipanti alla ripartizione132, dovrebbe essere predisposta l’adozione di una
clausola di salvaguardia sull’applicazione della formula di ripartizione che ha
la funzione di neutralizzare gli eventuali effetti negativi della formula generale
in ragione della specificità del settore economico di riferimento.133
Tale clausola prevede la possibilità di richiedere, in casi del tutto
eccezionali e contingenti, l’utilizzo di un metodo alternativo per ripartire la
base imponibile consolidata.134
Diversi Stati membri hanno espresso preoccupazione in relazione alla
possibile manipolazione dei fattori della formula di ripartizione al fine di
influenzare la distribuzione della base imponibile tra gli Stati partecipanti alla
Ccctb135. Tra i fattori della formula il fattore asset è quello che desta maggiore
preoccupazione soprattutto in riferimento al trasferimento intragruppo di asset
che non sarà tassato. Per ovviare a tale fenomeno il working group sta
vagliando l’opportunità di introdurre una clausola antielusiva specifica volta a
130
Tra soggetti non appartenenti allo stesso gruppo, il cespite oggetto del contratto di leasing entrerà a
far parte della formula sia del lessor, al valore netto di libro, che del lessee, al valore fisso di 8 volte il
canone annuale netto.
131
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p. 115
e ss.
132
Tale clausola ha anche la finalità di reagire ad improvvisi o significativi cambiamenti della realtà
economica in cui i gruppi di imprese comunitari si trovano ad operare.
133
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p.
117 e ss.
134
L’applicabilità del metodo dovrà comunque essere accettata all’unanimità da tutte le Amministrazioni
fiscali coinvolte.
135
La convenienza fiscale della manipolazione dipenderebbe dalla circostanza che le aliquote fiscali
rimarrebbero prerogativa degli Stati membri.
41
prevenire il fenomeno e di neutralizzare gli eventuali effetti negativi che
l’applicazione di tale formula generale potrebbe comportare per la specificità
del settore economico preso in esame.
La clausola di salvaguardia, infine, prevede la possibilità di introdurre
una formula alternativa non solo per ovviare ad un’impropria ripartizione della
base imponibile, ma anche per arginare gli improvvisi cambiamenti della realtà
economica in cui operano i gruppi di imprese comunitarie136.
6. I vantaggi per le imprese e per il funzionamento del mercato
unico.
In realtà, al contrario di quello che si potrebbe immaginare, da una
ricerca elaborata da una società di consulenza manageriale italiana (Kpmg),
traspare che i responsabili dei dipartimenti fiscali delle più importanti
multinazionali dell'Ue sono favorevoli ad una disciplina tributaria comunitaria,
nonché ad un'unica aliquota per la tassazione dei redditi d'impresa,
indispensabili per affrontare la concorrenza internazionale. Le società che
operano nel vecchio Continente sono effettivamente favorevoli ad un
accelerazione del processo di integrazione nell'Unione Europea, anche sotto il
profilo della tassazione tanto da essere disposte a rinunciare alle agevolazioni
riconosciute dalle legislazioni nazionali per aderire ad una disciplina tributaria
comunitaria. I benefici derivanti dall'armonizzazione e dalla semplificazione
delle regole fiscali sono considerati, infatti, indispensabili per competere in
mercati sempre più globali.137
In particolare tale sondaggio ha messo in luce che tra i responsabili
fiscali delle aziende Ue ha riscosso un certo favore anche l'idea di un'unica
aliquota Ue per la tassazione dei redditi d'impresa. Prospettiva sulla quale,
però, le istituzioni europee sembrano essere meno possibiliste. Se gli Stati
membri riusciranno a raggiungere un accordo, proseguendo nel processo di
riduzione ed armonizzazione delle aliquote, questo permetterà alle aziende
europee di ridurre i costi amministrativi, semplificando e rendendo più
trasparente tutto il processo di business taxation, con immediati benefici per la
crescita138.
Tutti gli operatori interpellati, dunque, ritengono ormai necessaria e di
grande utilità l'introduzione di un imponibile consolidato a livello europeo, i
benefici per le imprese, del resto, sono molteplici. Avere una sola base
imponibile europea, anziché ventisette differenti una dall'altra assicurerebbe, in
136
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p. 97
V. KOVÁCS, Le prospettive della CCCTB, in Rass. Trib. n. 3/2008, p. 707 e ss, il quale sul punto
esprime il suo parere: “nessuno può negare che oggi la missione dell’Unione Europea è quella di
soddisfare le aspettative di circa 500 milioni di cittadini, che vogliono avere una vita migliore, più
sicurezza, più solidarietà e sostenibilità. Per essere in grado di affrontare queste aspettative dobbiamo
affrontare le sfide globali, prima di tutto dobbiamo essere vincenti nella competizione globale contro gli
Stati Uniti, Cina, Giappone Russia, India e gli altri. So che molti Stati membri sono d’accordo per la
CCCTB ed io credo che questo consenso crescerà di pari passo con i nostri progressi Sono convinto che
solo una base imponibile comune consolidata e ripartita garantirà i pieni benefici economici del
Mercato unico per quasi 500 milioni di persone”.
138
In riferimento alla riduzione dei costi amministrativi di adeguamento a sistemi fiscali differenti, si
deve precisare che per le grandi imprese multinazionali risultano minimi (meno del 2% delle imposte
versate), al contrario, molto rilevanti per le piccole e medie imprese (31% del prelievo).
137
42
primo luogo, una perfetta trasparenza e comparabilità delle aliquote nominali
di tassazione in termini di prelievo effettivo. In secondo luogo, sarebbe
consentito ed incoraggiato il consolidamento della base imponibile a livello di
gruppo con la possibilità di un immediato riconoscimento fiscale delle perdite
nell'ambito del gruppo e la conseguente eliminazione di tutte le problematiche
sui prezzi di trasferimento.”139 Vantaggio non irrilevante per le stesse
Amministrazioni fiscali che avrebbero minori difficoltà a bloccare e
disincentivare le pratiche di elusione fiscale legate alla ripartizione dei costi tra
realtà produttive appartenenti allo stesso gruppo, ma dislocate in diversi Paesi
dell'area comunitaria. Si eliminerebbero quei fenomeni di delocalizzazione,
realizzati con finalità puramente fiscali e senza un’effettiva validità economica.
Inoltre, sul versante istituzionale statale si determinerebbe una riduzione del
rischio che le legislazioni fiscali nazionali siano dichiarate incompatibili con i
principi di libertà previsti dal Trattato dell’Unione Europea. In terzo luogo, una
ripartizione della base imponibile tra gli Stati sulla base di parametri oggettivi e
condivisi permetterebbe a ciascuno Stato di tassare con la propria aliquota la
quota di reddito di sua spettanza, riducendo al minimo le disuguaglianze di
trattamento tra le imprese contribuenti.
Il progetto, una volta realizzato, potrebbe costituire una pietra miliare
nel processo di convergenza dei sistemi fiscali europei, in grado di consolidare
l'unificazione in Europa del linguaggio contabile che consta dei principi
contabili internazionali, e di risolvere l'annoso problema dei rapporti tra reddito
di bilancio e base imponibile fiscale.
I responsabili dei dipartimenti fiscali delle più importanti aziende Ue
ritengono che la diminuzione dei costi di compliance (ovvero dei costi di
adeguamento) sia il principale beneficio di una base comune per il calcolo del
consolidato. Dall'armonizzazione delle regole fiscali deriverebbero tuttavia
anche benefici sul fronte della competitività europea.
La base imponibile comune per il consolidato delle multinazionali
rappresenta il primo passo nella direzione di una reale armonizzazione
fiscale,in quanto, la permanenza di aliquote differenziate continuerebbe a
comportare un'allocazione del capitale non del tutto efficiente. Pertanto, è
fondamentale il ruolo della politica fiscale europea, capace di render più celere
il processo di riforma e di eliminare tutti quegli ostacoli che rallentano la
creazione di un mercato Ue integrato ed efficiente.
Un maggiore coordinamento a livello europeo, lontano da tentazioni di
“tipo dirigista”, deve essere coerente con l’obiettivo di ridurre gli oneri fiscali
e parafiscali sul lavoro, ottimizzare l’imposizione in modo da stimolare crescita
economica non inflazionistica ed occupazione e mantenere l’integrità
dell’attuale modello sociale europeo.140
La Ccctb ha l’obiettivo di creare un comune metodo contabile e fiscale
che eviti distorsioni economiche, favorendo un funzionamento più competitivo
delle imprese, una più efficiente allocazione del capitale, una maggiore crescita
139
BELLINAZZO, Il nuovo sistema fiscale comunitario per le aziende UE, in Diritto e pratica delle
società, Il Sole 24 ore, n. 20 del 5 novembre 2007.
140
VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento
sovranazionale e competizione interstatuale, cit., p.94 e ss.
43
economica e una maggiore occupazione, in sintonia con i principi ispiratori
della strategia di Lisbona.141 Inoltre, la Ccctb permetterebbe di risolvere i
problemi legati al transfer pricing: semplificare investimenti e operazioni di
ristrutturazione internazionale, evitare molti casi di doppia imposizione,
promuovere una concorrenza fiscale più chiara e trasparente all’interno
dell’Ue. L’introduzione di una base imponibile comune, infatti, potrà stimolare
le forze del mercato ad agire attraverso una “competizione di origine
controllata”, in modo da consentire il ravvicinamento spontaneo delle
legislazioni attraverso l’eliminazione degli ostacoli che non consentono il
compiersi di un effettivo processo d’integrazione, come è avvenuto con
l’introduzione dell’euro, sul fronte dei mercati finanziari e monetari.142
Infine, un altro aspetto rilevante della progettazione di un nuovo
sistema fiscale è costituito dalla semplificazione, attraverso un sistema di best
practice in cui vengono selezionati per la CCCTB gli aspetti migliori dei vari
sistemi fiscali.
7. Una norma antiabuso generale nella ccctb?
In prospettiva della presentazione della nuova direttiva avente ad
oggetto la CCCTB, la Commissione Europea, nel Working Paper n. 65143, ha
elaborato la disciplina antiabuso applicabile, distinguendo tra la possibilità di
introdurre una norma di carattere generale, in aggiunta o in alternativa a delle
misure specifiche.144 I rappresentanti dei Paesi e gli esperti fiscali,
richiamandosi esplicitamente agli ultimi orientamenti in materia della
Commissione145, ritengono che una norma antiabuso generale dovrebbe essere
introdotta nella Ccctb al fine di permettere alle autorità fiscali di ridefinire
transazioni che si configurino come totalmente artificiose146. Da parte sua, il
contribuente potrà sempre confutare questa presunzione, producendo elementi
che dimostrino l'evidenza di una giustificazione commerciale. Il dibattito
all'interno del gruppo di lavoro si è concentrato sull'opportunità o meno di
affiancare a tale normativa anche delle disposizioni più specifiche, atte a
disciplinare particolari fattispecie. Nello specifico, l'utilizzo di una sola regola
antiabuso generale garantirebbe agli Stati membri uno strumento flessibile per
l'opposizione alle pratiche abusive, ma allo stesso tempo potrebbero sorgere
difficoltà al momento dell'applicazione, generando diversità tra i vari Paesi e
141
Cfr. KOVÁCS- Le prospettive della CCCTB, cit., p. 708 che riporta: “La Common Consolidated
Corporate Tax Base rappresenta un’eccellente opportunità di semplificare i sistemi fiscali, migliorare la
competitività dell’Ue quale luogo per fare impresa e quindi per offrire un importante contributo al
raggiungimento degli obiettivi di Lisbona di crescita, occupazione e competitività. Obiettivi che sono
condivisi all’interno dell’UE”.
142
VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento
sovranazionale e competizione interstatuale, cit., p.94 e ss.
143
Ccctb Working Group, documento 26 marzo 2008, CCCTB/WP065 .
144
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p.
124.
145
Commissione europea, Comunicazione 10 dicembre 2007, nr. 785.
146
I principi che dovrebbero guidare le misure di contrasto ai comportamenti abusivi forniti dalla citata
comunicazione della Commissione europea trovano corrispondenza nel documento del working group in
particolare nel richiamo al carattere artificioso della costruzione abusiva individuabile facendo ricorso al
criterio della prevalenza della sostanza sulla forma (substance over form).
44
incertezza di diritto. Dall'altro lato, un uso combinato della normativa generale
con disposizioni più specifiche (Controlled Foreign Companies e Thin
capitalization147 in particolare) fornirebbe alle amministrazioni sia dispositivi
rapidi e mirati per casi di abuso evidenti e conosciuti che, attraverso la norma
generale, misure più adatte per fattispecie inizialmente non previste e non
regolamentate.
In riferimento alla prima categoria di norme anti-abuso a carattere
specifico, rappresentata dalle disposizioni in materia di thin capitalitation, il
Gruppo propende per la predisposizione di un limite alla deducibilità degli
interessi passivi riferibile alla “fiscal unit” nel suo complesso, in quanto la
corresponsione di interessi intragruppo non avrà alcuna rilevanza in seno alla
CCCTB148. In sintonia con tale orientamento il working group predilige
l’ipotesi di istituire una soglia di deducibilità in percentuale sull’ EBIT (
Earnings Before Interest and Taxes) o sull’EBTDA149 (Earnings Before
Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) che, così come avviene nei
vari Stati membri, potrebbe attestarsi intorno all’80 per cento nel primo caso o
al 25-30 per cento nel secondo caso150.
Questo potrebbe limitare la deducibilità degli interessi passivi in base
ad un rapporto fisso tra indebitamento e capitale proprio (debt-equity ratio), e
limitare la deducibilità degli interessi passivi semplicemente sulla base
dell’arm’s lenght principle.151 Un’altra opzione potrebbe consistere
nell’adozione di un test a due livelli: prima potrebbe essere applicato
147
BEGHIN, La thin capitalization nella “riforma Tremonti”: prime considerazioni sui profili
funzionali sulla struttura della disciplina e sulle connesse problematiche applicative in Riv.dir.trib.,
2004, p. 45; FERRANTI, I lineamenti fondamentali della “thin capitalization”, in Corr.trib., 2003, p.
2446. LA ROSA, La capitalizzazione sottile, in Riv.dir.trib., 2004, I, p. 1283; LUPI, Prime osservazioni
in tema di thin capitalization, in Rass.trib., 2003, p. 1495; PIAZZA, L’indebitamento societario nella
nuova Ires, in Riv.dei dott.comm. Quaderni, 2004, p. 145; STEVANATO, La nuova thin cap e
l’ingiustificata penalizzazione dei finanziamenti infragruppo, in Dialoghi di diritto tributario, 2003, p.
208.
148
Cfr. DENARO, Le disposizioni antiabuso nella CCCTB, in Fisco oggi, pubblicato il 05.05.2008. E’
evidente la similitudine con il nostro ordinamento e in particolare con la legge finanziaria 2008 che ha
apportato alla disciplina degli interessi passivi dei profondi cambiamenti, in vista della deducibilità degli
interessi passivi non più limitata ai soli finanziamenti concessi dai soci, ma a tutte le forme di
finanziamento. Precisamente gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili nel periodo
d’imposta per l’eccedenza rispetto agli interessi attivi e proventi assimilati, nei limiti del 30 per cento del
risultato operativo lordo della gestione caratteristica. A tale proposito, il gruppo di lavoro non può fare a
meno di constatare come diversi Stati membri (tra i quali ad esempio l’Italia, la Francia, la Germania e la
Danimarca) stiano seguendo la stessa direzione limitando la deducibilità degli interessi passivi
indipendentemente dal fatto che i finanziamenti siano concessi da soci qualificati o loro parti correlate,
spinti dalla convinzione che sia necessario proteggere la base imponibile nazionale da un indebitamento
troppo elevato che potrebbe essere influenzato da motivazioni di natura fiscale.
149
Come anticipato, in base ai più recenti sviluppi legislativi ed ai commenti ricevuti, nonché per una
questione di maggior certezza, il gruppo di lavoro sembra escludere l’approccio fondato solo
sull’applicazione del principio di libera concorrenza a favore degli altri due ed in particolare a favore
dell’EBIT o dell’EBITDA test.. Il gruppo di lavoro ipotizza anche una sorta di esimente
dall’applicazione dell’ EBIT(DA) test: provare che l’ammontare del debito complessivamente sostenuto
dal gruppo consolidato non sia eccessivo in base al rapporto tra capitale proprio del gruppo consolidato e
capitale proprio del gruppo globalmente considerato. È chiaro che tale regola perde di efficacia quando le
due entità coincidono.
150
similmente a quanto avviene in Italia sul Rol.
151
V. sul punto CARPENTIERI-LUPISTEVANATO, Il diritto tributario nei rapporti internazionali,
cit., p. 259.
45
l’EBIT(DA) test che, nel caso non fosse superato, legittimerebbe l’utilizzo di
un rapporto fisso tra indebitamento e capitale proprio.
In riferimento all’applicazione delle misure anti-abuso nel settore
dell’imposizione diretta sia in ambito comunitario che nei rapporti con i Paesi
terzi, la Commissione Europea152 specifica che “per essere giustificate, le
norme antiabuso devono essere circoscritte a situazioni in cui sussiste un
ulteriore elemento di abuso”, e che, “le norme antiabuso non devono avere
una portata troppo ampia, ma essere mirate a situazioni in cui un
insediamento effettivo o, più in generale, in cui manca una motivazione
commerciale”.
In riferimento alle disposizioni Cfc153, il gruppo di lavoro ha consultato
gli Stati membri giungendo alla conclusione per cui le disposizioni sulle
società controllate estere si devono far rientrare nel sistema Ccctb assieme a
ulteriori strumenti finalizzati a imporre il metodo del credito d'imposta per
eliminare la doppia imposizione. Si deve tener conto, inoltre, degli
orientamenti espressi dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che
prevedono l’applicazione delle norme CFC solo a situazioni che coinvolgono
Stati terzi, ovvero in ambito UE ove abbiano quale scopo esclusivo quello di
contrastare transazioni del tutto “fittizie”154.
Un’atra disposizione anti-abuso a carattere specifico è quella che
prevede la qualificazione di cessione di assets al trasferimento di partecipazioni
effettuato con l’obiettivo di beneficiare delle norme sul consolidamento in
relazione al regime di partecipation exemption. Per ovviare a tale fenomeno la
152
v. Com (2007) 785 del 10 dicembre 2007.
Tali disposizioni hanno come obiettivo principale “quello di impedire alle società residenti di
trasferire reddito alle controllate con sede in giurisdizioni a fiscalità privilegiata”
154
In riferimento a tali transazioni fittizie, si è espressa la Corte Comunitaria con la sentenza Caldbury
Schweppes, che ha esaminato la questione concernente la compatibilità della legislazione anti-abuso
britannica con il principio comunitario della libertà di stabilimento così stabilendo: “il concetto di
stabilimento nell’ambito del significato delle disposizioni del trattato sulla libertà di stabilimento
implica l’effettivo svolgimento di un’attività economica (…) affinchè la restrizione alla libertà di
stabilimento possa ritenersi giustificata dall’esigenza di contrastare pratiche abusive, tale restrizione
deve avere come obiettivo la prevenzione di quelle pratiche che implicano la creazione di strutture
fittizie le quali non riflettono la realtà economica”. A parere della corte Comunitaria, le società irlandesi
controllate da Caldbury Schweppes possono avvalersi della tutela loro riconosciuta dagli articoli 43 e 48
del Trattato UE, in quanto esercitino effettivamente un’attività economica in Irlanda. Nella decisione di
Caldbury Schweppes di costituire proprie controllate sulla sul territorio irlandese solo per usufruire di un
regime fiscale più favorevole, non si individua un abuso del principio della libertà di stabilimento. La
lotta all’evasione fiscale può considerarsi ragione di interesse generale tale da giustificare un ostacolo
alla libertà di stabilimento, in quanto persegua la finalità di escludere da un vantaggio fiscale “le
costruzioni artificiose intese ad eludere la normativa nazionale” La valutazione circa la sussistenza di una
costruzione fittizia deve effettuarsi, prosegue la Corte Comunitaria, in concreto e caso per caso. Essa
deve tenere conto dell’effettività dello stabilimento nello Stato ospite, nonché della concreta sostanza
delle attività ivi svolte. Un caso analogo è rappresentato dalla sentenza Centros dove la Corte
chiaramente si esprime sul punto chiarendo che l’esigenza di contrastare le pratiche abusive non può
giustificare un a prassi la quale rappresenta un ostacolo al principio della libertà di stabilimento
espressamente sancita dal Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea. La fattispecie in esame
prevedeva la circostanza per cui i soci danesi di Centros avessero costituito la Società nel regno Unito
con l’intento di sottrarsi alla normativa danese su un capitale sociale minimo, non esclude che lòa
costituzione d aparte di centros di una succursale in Danimarca rientri nell’ambito della libertà di
stabilimento di cui agli artt. 43 e 48 del Trattato CEE. Pertanto la lotta alle frodi non può giustificare,
quale quella danese, di diniego della registrazione di una società con sede in uno Stato membro diverso.
L’esigenza di tutela dei creditori, avanzata dallo Stato danese, può ritenersi sufficientemente soddisfatta
da una informativa completa circa l’assoggettamento della società ad una normativa diversa da quella
danese.
153
46
Commissione ha proposto l’introduzione di una norma che così testualmente
prevede: “le plusvalenze derivanti dal trasferimento di partecipazioni non sono
esenti se vi è stato un ftrasfrrimento di assets nel corso dell’anno o in quello
immediatamente precedente alla cessione e da tale trasferimento sono derivate
delle plusvalenze” .
Infine l’ultima disposizione ati-abuso a carattere specifico elaborata
dalla Commissione ha lo scopo di evitare il verificarsi di casi di doppia
deducibilità nelle situazioni c.d. “sandwich”.
Con riguardo alla composizione della base imponibile, il Working
Group ha ritenuto tuttavia maggiormente proficuo distinguere, all'interno del
reddito complessivo della Cfc, quanto vi sia di “active income” (legato ad
attività di impresa) e quanto sia invece composto da “passive income”.
Secondo gli esperti, soltanto quest’ultimo concorrerebbe a formare, per
trasparenza, la base imponibile del soggetto residente assumendo che i
dividendi erogati dalla Cfc risultino in primo luogo proprio dalla distribuzione
del “passive income”.
8. Considerazioni conclusive sulla proposta di direttiva
Nella Comunicazione della Commissione del 02/05/2007, si
prospettava una direttiva per la CCCTB che sarebbe dovuta entrare in vigore
dopo l’estate del 2008, ma che tuttora non ha trovato formalizzazione.155
Le difficoltà riconducibili alla realizzazione di tale direttiva dipendono
da varianti di vario genere.
Innanzitutto, tale proposta di direttiva dovrà essere emanata (in
conformità all’art. 94 del Trattato istitutivo della Comunità europea) a seguito
del voto unanime del Consiglio, e in vista delle enormi difficoltà, si discute
sull’opportunità di adoperare la procedura della cooperazione rafforzata.
Inoltre, tale sistema dovrà necessariamente confrontarsi con le diverse
realtà di tutti gli Stati Membri e, di conseguenza, anche con i singoli governi.
Si profilano difficoltà legate a fattori politici, ossia, alla reale volontà degli
Stati Membri di portare a conclusione un percorso di studio fortemente voluto
dalla Commissione Europea con grande tenacia e determinazione e solo
condiviso da essi, senza il necessario consenso politico. Un grande pericolo,
paventato da taluni Stati membri, nell’adozione della CCCTB sta, soprattutto,
nella possibile introduzione di aliquote armonizzate.156
Emblematico è il caso del governo irlandese157, (anche se non unico, in
quanto in una posizione simile si pongono anche la Gran Bretagna, l'Estonia e la
155
Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato economico e
sociale europeo “Attuazione del programma comunitario per l’aumento della crescita e
dell’occupazione e il miglioramento della competitività delle imprese europee: Ulteriori progressi
compiuti nel 2006 e prossimi passi verso una proposta in materia di base imponibile consolidata comune
per le società (CCCTB)”, COM(2007) 223 definitivo.
156
SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base):
una sfida per la fiscalità europea, cit.
157
v.http://www.finfacts.com/irelandbusinessnews/publish/article_10009975.shtml; le politiche fiscali in
Irlanda rappresentano uno strumento di potere irrinunciabile strettamente collegato al potere sovrano, che
influenza l’andamento dei costi, agevolando la competitività dei beni e gli investimenti da parte degli
altri Paesi. L’introduzione della CCCTB comporterebbe un eccessivo irrigidimento del sistema tributario
47
Slovacchia), contrario all’ipotesi di una base imponibile comune europea e,
comunque, ad iniziative in genere sulle imposte societarie da parte della UE.
Difatti, nel dicembre 2007, già aveva preannunciato la bocciatura della ratifica
del Trattato di Lisbona al referendum popolare del giugno 2008 e ciò, del resto,
si è puntualmente verificato.158
In secondo luogo, il millantato supporto politico iniziale garantito da
Germania e Francia, i principali “sponsor” della Ccctb, sembra essersi affievolito
negli ultimi mesi. Il momento di crisi economica rende più difficile la proposta
di uno strumento che limiterebbe ulteriormente, seppur con benefici di lungo
periodo, la sovranità statale sull'imposizione diretta. Il ministro dell’Economia
francese, Christine Lagarde,159 ha all’uopo dichiarato la volontà del proprio
Paese di non dare carattere prioritario alla Ccctb durante il proprio semestre di
presidenza.160
A parte tutte queste complicazioni e ostacoli che si prospettano, in
realtà, la configurazione della proposta sembra prendere sempre più una forma
definita e concreta.
Le linee guida della proposta di direttiva prevedono che, la disciplina di
cui in oggetto, debba essere adottata dalle società di Stati membri che saranno
inserite in un elenco, tassativamente ed anche le stabili organizzazioni, sia delle
società residenti nell’UE che in Stati terzi, potranno essere assoggettate.
Nell’ambito di un gruppo multinazionale, rilevano, quindi, tre tipi di
società: 161
• società che rientrano nel consolidato, ovvero società controllate da una
holding comunitaria, in via diretta o indiretta con una percentuale uguale o
superiore al 75%;
• società controllate con una misura superiore al 50%: non sono
ammesse al consolidato, ma possono optare per l’applicazione della disciplina
della CCCTB per il calcolo della base imponibile singola;
• società collegate, che sono escluse dall’applicazione della disciplina
della CCCTB.
irlandese. Ancor più pericolosa è la proposta di ampliamento della CCCTB al settore dei servizi
finanziari, che rappresentano una quota rilevante per l’erario irlandese.
158
Si veda VALENTE “Spazio all’imponibile unico” in Il Sole 24 ore del 10.12.2007, pag. 33,
CERRETELLI “Minaccia irlandese sull’imponibile a base comune” in Il Sole 24 ore del 13.12.2007 e
CRISCIONE “Imponibile UE più vicino” in Il Sole 24 ore del 12.01.2008, pag. 30.
159
DE JULIIS, La Francia mette in “stand by” la CCCTB, in www.fiscooggi.it; dove si riporta
l’intervista del 19 giugno 2008 al ministro dell’Economia francese, Christine Lagarde che in
un’intervista rilasciata al Financial Times, il quale ha affermato che la Francia cercherà un accordo su
altre questioni fiscali come la riduzione dell’Iva sui servizi. L’Irlanda, da anni opposta alla CCCTB in
quanto il nuovo sistema di tassazione penalizzerebbe il Paese dal punto di vista economico e fiscale, ha
accolto con favore le recenti posizioni del ministro francese, decisamente in contrasto con le precedenti
dichiarazioni rilasciate durante il Tax Forum tenutosi nell’aprile 2008 a Bruxelles, dove aveva dichiarato
il sostegno della Francia alla futura proposta di direttiva che mira ad istituire il nuovo sistema di
tassazione societaria. Ma il no dell’Irlanda al trattato di Lisbona ha determinato un cambiamento nel
panorama politico dell’Unione europea che ha probabilmente indotto la Francia a rivedere le priorità. Di
diverso avviso Lazlo Kovacs, commissario europeo incaricato per la fiscalità, che ha ribadito come il
voto dell’Irlanda non porterà conseguenze per la proposta di direttiva che intende presentare entro la fine
dell’anno.
160
Conclusosi a fine 2008.
161
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p.
100.
48
La base imponibile si applicherà solo su base opzionale e, qualora un
gruppo opti per l’applicazione del consolidato comunitario, non vi sarà più la
possibilità di escludere una o più società, in virtù del c.d. principio “all in all
out”. In particolare, si desume dalla bozza di direttiva che, potranno optare per
il consolidato comunitario solo le società residenti nell’UE che rientrano
nell’elenco previsto nell’allegato alla prossima direttiva e in quanto soggette ai
modelli di imposizioni sui redditi elencati nelle stesse. L’opzione si esercita per
un periodo di 5 anni con data di inizio pari all’anno fiscale di riferimento, con
possibilità di rinnovo automatico per ulteriori 3 anni, mentre il consolidamento
avrà efficacia solo a partire dal successivo periodo d’imposta. Il
consolidamento o controllo qualificato deve perdurare per almeno 6 mesi. Le
società residenti che decidono di fare valere l’opzione, verranno tassate
secondo il modello worldwide income, mentre le società non residenti
seguiranno il modello OECD con tassazione degli utili che si riferiscono alla
loro stabile organizzazione.162
Inoltre il consolidato comunitario si applicherà anche quando:
• la società non residente nell’UE controlli la società capogruppo
europea;
• la società non residente nell’UE controlli più società residenti non
collegate tra loro;
• la società non residente nell’UE si interponga tra le società residenti
all’interno della catena di controllo partecipativo;
• il gruppo sia costituito solo da stabili organizzazioni che risiedono
nell’UE e sono appartenenti a società non residenti.
La nozione che si utilizza per stabile organizzazione è quella che ci
viene data dal Modello di convezione dell’OECD.
Le società che sono acquisite da un gruppo, che sta già applicando la
CCCTB, applicheranno sin dall’inizio la direttiva.
Se una società esce dal consolidato, le perdite di quest’ultima possono
essere recuperate a livello di gruppo nella misura che è definita
dall’applicazione del meccanismo di ripartizione della base imponibile in uso
quando avviene la strategia di uscita.
Con il consolidato comunitario non si applica nessuna ritenuta alla
fonte alle distribuzioni di utili tra soggetti di imposta appartenenti al medesimo
gruppo, ma si potrebbe verificare, tuttavia, il caso in cui la tassazione alla fonte
continui ad essere applicata tra singoli soggetti di imposta oppure tra gruppi
consolidati diversi.
In questi casi, il gruppo di lavoro indica la seguente alternativa:
• la eliminazione della ritenuta alla fonte su tali pagamenti;
162
DENARO, Dal working group stretta finale sulla CCCTB, cit. in www.fisconelmondo.it.; Il reddito
d’impresa sarà assoggettato a tassazione ogni qualvolta l’attività del soggetto non residente sia esercitata
in un determinato Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione (d’ora in avanti anche So), che
sostanzia il criterio di collegamento reale con lo Stato della fonte, coerentemente con il paragrafo 1
dell’articolo 7 del Modello di Convenzione fiscale Ocse. In tal caso è opportuno che venga chiaramente
data un definizione comune di stabile organizzazione tra gli Stati aderenti alla Ccctb, che sembra
anch’essa poter essere mutuata dall’articolo 5 del Modello di Convenzione Ocse (DENARO, Ccctb e
arm’s lenght principle, una coesistenza difficile, in www.nuovofiscooggi.it).
49
• l’introduzione di norme comuni in materia di tassazione alla fonte con
l’obiettivo di rendere esenti dalla imposizione il soggetto percipiente.163
La base imponibile si calcola come differenza tra il reddito lordo (meno
il reddito esente) e i costi deducibili. Al reddito lordo appartiene ogni entrata
che sia o meno liquida come per esempio i ricavi che derivano dall’attività
d’impresa, i proventi che si generano dalla disposizione di beni e diritti, gli
interessi, i dividendi e le distribuzioni di profitti, i canoni, i sussidi, le
donazioni, i risarcimenti e gli indennizzi.
I costi sono deducibili se possiedono il requisito della certezza e della
determinatezza e solo quelli sostenuti a fini imprenditoriali, nonchè i costi per
la ricerca e sviluppo, i costi per la raccolta di capitale e i costi del personale.
Ricavi e costi seguono il principio di competenza relativo all’esercizio
di maturazione rispettando i principi contabili IFRS.
Gli effetti delle transazioni e di altri eventi sono riconosciuti quando si
verificano e non all’atto di pagamento.
I ricavi e i costi si calcolano considerando il prezzo dei beni e servizi, il
prezzo di mercato se il corrispettivo è in parte in natura e il valore normale se
la transazione è tra parti collegate.
L’ammortamento comprende il costo d’acquisto, di costruzione, le
spese legali, di trasporto e di installazione. L’ammortamento non deve superare
il costo storico di acquisizione e include anche i costi di valorizzazione, ossia le
spese sul bene strumentale per migliorarne il rendimento.
L’ammortamento previsto è il seguente164:
• 2,5% annuo in caso di edifici
• 4% annuo in caso di beni strumentali materiali di lunga
durata, superiore o uguale a 25 anni o con prezzo di acquisto
superiore ai 5 milioni di Euro.
Per i beni immobili di lunga durata l’ammortamento avviene a quote
costanti con il metodo “straight line” su base individuale, mentre per i beni
ammortizzabili nel breve-medio termine si usa il metodo “reducing balance
method”. L’ammortamento è dedotto dal proprietario economico del bene
ovvero la persona che ottiene i benefici del bene e se ne assume il rischio, a
prescindere dal fatto di essere proprietario a livello giuridico.165
Per le donazioni la valutazione è parametrata al valore di mercato del
bene donato e i costi, a cui si riferiscono, sono deducibili.
Le rimanenze di magazzino sono valutate alla chiusura del periodo
d’imposta al valore più basso tra il costo e il valore netto di realizzo, e saranno
inclusi i costi per gli acquisti, i costi di conversione e i costi di conduzione nei
luoghi. Le perdite generate dal gruppo sono riportabili in avanti a livello dello
stesso gruppo; il carry back invece non è ammesso. Al contrario, non saranno
riportabili le perdite generate antecedentemente all’avvenuto consolidato, ma la
società potrà detrarle dalla quota di base imponibile allocata al singolo Stato
per effetto della ripartizione della base imponibile comune.166
163
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 101.
DENARO, Dal working group stretta finale sulla CCTB, cit. in www.fisconelmondo.it.
165
DENARO, Dal working group stretta finale sulla CCTB, cit. in www.fisconelmondo.it.
166
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 108.
164
50
Gli interessi passivi sono deducibili se sostenuti per produrre ricavi
tassabili, per questo in merito si discute se adottare una norma antiabuso per
frenare il fenomeno della thin capitalization che si verifica nella situazione in
cui la società consolidante, attraverso un enorme indebitamento, assottiglia il
reddito imponibile per ottenere il reddito esente.
Infine, sono deducibili dalla base imponibile anche le imposte locali,
con svantaggi per gli Stati che non prevedono nell’ordinamento giuridico tali
imposte, che vedranno ridursi la base imponibile senza usufruire del gettito
delle imposte locali con il rischio di causare un aumento della pressione fiscale
sul reddito societario in determinati territori.167
167
VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 108.
Sono diverse le soluzioni prospettate ad oggi. La prima consiste nell’ammettere la deducibilità dalla base
imponibile comune di quelle imposte il cui versamento rappresenti, nella sostanza, il “corrispettivo” per
un servizio pubblico. Una soluzione alternativa si riferisce alla distinzione tra imposte sui redditi, che
sono indeducibili ex se, e gli altri tributi locali. Un’ulteriore soluzione prevede l’introduzione di liste,
redatte attraverso la procedura di “comitology”, che indichino i tributi deducibili dalla base imponibile
comune e i tributi deducibili dalla base imponibile già ripartita.
51