quaderno DEFINITIVO di Annaisa Cavallo
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quaderno DEFINITIVO di Annaisa Cavallo
Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche Università degli Studi di Foggia _____________________________________________________________ L’evoluzione della tassazione societaria nell’Unione Europea: il progetto europeo di base imponibile comune consolidata. dott.ssa Annaisa Cavallo Quaderno n. 1/2010 Quaderno realizzato presso il Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche nel mese di marzo 2010 e depositato ai sensi di legge Authors only are responsible for the content of this preprint. __________________________________________________________ Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche Via R. Caggese, 1, 71100 Foggia (Italy), Phone +39 0881-781.721 /781.742 Fax 0881-568244 esemplare fuori commercio per il deposito legale agli effetti della legge 15 aprile 2004 n. 106 il presente contributo è disponibile al seguente indirizzo: http://www.dseagmeg.unifg.it/pubblicazioni/quaderni.asp Un ringraziamento particolare va al prof. Pietro Boria, per aver reso possibile la presente pubblicazione, con i suoi preziosi suggerimenti e spunti di riflessione e al prof. Mario Cardillo, per la sua guida e il suo sostegno scientifico, a dimostrazione della sua grande fiducia. 1 L’evoluzione della tassazione societaria nell’Unione Europea: il progetto europeo di base imponibile comune consolidata. dott.ssa Annaisa Cavallo dottoranda di ricerca in diritto tributario presso l’Università degli Studi di Foggia. Sommario: 1. Premessa; 1.2. Le prime iniziative legislative europee in materia di imposte sulle società; 1.3. Novità legislative degli anni Novanta; 1.4. Gli interventi della Commissione Europea negli anni Duemila; II°- 2.Una base imponibile comune consolidata per le societa’ (Ccctb) finalità e caratteristiche principali. 3. Principi contabili e fiscali della CCCTB; 4. Il consolidamento delle basi imponibili; 5. La ripartizione della base imponibile consolidata; 6. I vantaggi per le imprese e per il funzionamento del mercato unico; 7. Una norma antiabuso generale nella ccctb?. 8. Considerazioni conclusive sulla proposta di direttiva. 1. Premessa Il rapporto che intercorre tra la “costruzione europea” e la fiscalità diretta si caratterizza per riconosciuta difficoltà, in materia tributaria, forse più che in ogni altro settore, si evidenzia in modo significativo “l'incompiutezza dell'edificio comunitario” nonché della complessità del processo d’integrazione europea1. La fiscalità rappresenta un elemento essenziale per la realizzazione del processo d’integrazione comunitaria e, soprattutto, per raggiungere l’abbattimento delle barriere protezionistiche delle legislazioni nazionali, rappresentando un utile strumento volto a garantire l’effettiva attuazione delle quattro libertà fondamentali. 1 VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento sovranazionale e competizione interstatuale, in Rivista di diritto tributario internazionale, 2006, p. 65 e ss; il quale, specifica che: “è ormai principio acquisito che il processo di integrazione europea si effettua per tappe successive.” Del resto già nella celebre dichiarazione del 9.5.1950, Robert Schuman affermava che: “L’Europa non si farà d’un tratto, né in una costruzione globale: essa si farà con delle realizzazioni concrete –creando innanzitutto una solidarietà di fatto”. L'affermazione di uno dei padri fondatori della Comunità europea risulta straordinariamente attuale, se si considera che, come rilevato da attenti osservatori delle vicende comunitarie, a tutt'oggi l'Europa assomiglia ad un cantiere piuttosto che ad un edificio compiuto. Un primo tentativo di costruzione dell’impianto giuridico europeo è rinvenibile già nel 1975 ad opera della Commissione europea che aveva presentato una proposta di direttiva relativa all'introduzione di un sistema di ravvicinamento del trattamento fiscale dei dividendi in tutti gli Stati membri, dimostratosi poi inaccettabile. La Commissione ha quindi riconosciuto l'impossibilità di attuare un'armonizzazione sistematica su scala europea e alla fine degli anni Ottanta ha rivolto la sua attenzione verso azioni su misure limitate, ma importanti per il completamento del mercato interno. Questo nuovo approccio ha portato, nel 1990, all'adozione della direttiva "madre- figlia" e della direttiva "fusioni" (le cui proposte erano state presentate già nel 1969) e della convenzione sulla procedura arbitrale, con la quale viene introdotta una procedura per l'eliminazione della doppia imposizione da rettifica degli utili di imprese associate in diversi Stati membri. La proposta dì armonizzazione del 1975 è stata invece ritirata nel 1990. 2 La costituzione economica europea va considerata non tanto come “l’epicedio di una politica liberista”, ma piuttosto l’avvio di un processo di integrazione politica e costituzionale tra i vari Stati che si sostanzia in una destrutturazione della sovranità nazionale attraverso l’abbattimento delle prime e fondamentali barriere doganali e protezionistiche2. In tale ottica, si possono delineare gli elementi costitutivi della fiscalità dell’ordinamento comunitario, secondo principi ispiratori contrapposti a quelli tipici dell’ordinamento tributario nazionale, in quanto non orientati a costituire uno strumento di raccolta delle risorse finanziarie essenziali per la sussistenza e lo sviluppo di una collettività. La fiscalità è, quindi, caratterizzata da una accezione “negativa” configurandosi come un elemento ostruttivo del gioco della concorrenza che deve essere ridimensionato o eliminato in linea con i principi fondamentali enucleati nella costituzione economica europea3. L’assetto giuridico della fiscalità europea si poggia sui due principi di fondo incardinati nel Trattato Istitutivo: il divieto di discriminazione fiscale e l’armonizzazione delle legislazioni nazionali4. Secondo il principio di non discriminazione5, la potestà impositiva dei singoli Stati membri non deve 2 Così BORIA, Diritto tributario Europeo, Milano, 2005, p. 52. Vedi BORIA, Diritto tributario Europeo, cit., p. 52; il quale specifica che: in ambito comunitario la fiscalità non è inquadrata come uno strumento di raccolta delle risorse finanziarie essenziali per la sussistenza e per lo sviluppo di una collettività, secondo criteri equi e ragionevoli di riparto tra i consociati; al contrario, assume un valore negativo , in quanto costituisce un fattore distorsivo del gioco della concorrenza, che deve essere limitato e possibilmente eliminato, in linea con i postulati assiologici risultanti dalla costituzione economica europea. La funzione assunta dal complesso di regole tributarie di formazione comunitaria è dunque profondamente diversa da quella assunta dagli ordinamenti fiscali nazionali: è una funzione “negativa”, rivolta cioè a limitare e a contenere gli effetti discorsivi della fiscalità e non anche ad incidere positivamente sulla dimensione della ricchezza nazionale e sui processi di redistribuzione del reddito tra i membri della Comunità. (BORIA, Il Sistema Tributario,Torino, 2008, p. 115 e ss.). Si va così affermando un criterio di “integrazione negativa”, che porta alla ortopedizzazione degli ordinamenti fiscali nazionali attraverso l’espunzione di tutte le norme divergenti rispetto alle finalità di neutralizzazione della leva fiscale nei confronti del mercato e della concorrenza. (cfr. FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino, 2003, p. 756 ss.). 4 La nozione di armonizzazione come revisione normativa diretta a perseguire la “conformità ad un modello unico” è proposta classicamente da COSCIANI, Problemi fiscali del Mercato comune, 1958, p.89. Il termine armonizzazione nel diritto comunitario, indica il procedimento con cui i vari paesi effettuano di comune accordo, o l’Autorità preposta al Trattato impone, la modifica di una determinata norma o di un dato tributo o l’adeguamento della struttura essenziale (tasso, base imponibile, ecc..) di una imposta, in conformità ad un modello unico. (COSCIANI, La politica di armonizzazione fiscale della Comunità Economica Europea, in Quaderni Assonime, Roma, 1982); sul valore dell’armonizzazione fiscale nell’ordinamento comunitario vedi l’accurata analisi di RUSSOCORDEIRO GUERRA, L’armonizzazione fiscale nella Comunità Europea, in Rass.Trib., 1990, 628 ss.; SACCHETTO, Armonizzazione fiscale nella Comunità europea, in Enc. Giuridica Treccani, Roma 1994; UCKMAR, Progetti e possibili soluzioni dell’armonizzazione fiscale dell’Unione Europea, in Dir. Prat. Trib., 1995, 9; ADONNINO, Armonizzazione fiscale nell’Unione Europea, in Enc. Dir., Agg.to II, Milano 1999, 276 ss. V. altresì in argomento STAMMATI, Commento art. 99, in Trattato Istitutivo della Comunità Economica Europea, diretto da Quadri-Monaco-Trabucchi, Milano, 1965, vol. II, 781; ID., L’armonizzazione fiscale nella Comunità Europea, in Dir. Prat. Trib.1989, I, 283; CECAMORE, Armonizzazione fiscale in Rass. Trib., 1988; CROXATTO, Armonizzazione fiscale in mercato unico Europeo, in Le Società, 1990, 105 ss.; AA. VV., Sistemi fiscali e integrazione europea, a cura di Cavazzuti e S Giannini, Bologna, 1991; COMELLI, L’armonizzazione fiscale e lo strumento della direttiva comunitaria in relazione al sistema dell’Iva, in Dir.prat. Trib., 1998, I, 1590 ss. 5 Sul principio di non discriminazione fiscale si veda l’ampia analisi di TIZZANO, Sul divieto di discriminazioni fiscali nella CEE, in Foro It., 1974, IV, 318 ss.; SACCHETTO, i divieti di discriminazione contenuti nell’art. 95 CEE. L’evoluzione dell’interpretazione della Corte di Giustizia CEE e l’applicazione nell’ordinamento italiano, in Dir. Prat. Trib., 1984, I, 499 ss.; BERLIN, Droit fiscal communautaire, Paris 1988, 103 ss.; AMATUCCI, L’Adattamento del sistema finanziario italiano 3 3 assumere una connotazione ostruttiva ed impeditiva del regime di concorrenza ed alterare il funzionamento del mercato comune. Secondo tale impostazione il principio di non discriminazione assume un valore più pregnante che assieme al carattere recessivo e problematico del principio di armonizzazione, delineano il quadro di una “fiscalità negativa”. Originariamente, nel Trattato di Roma l’integrazione fiscale comunitaria aveva come unico scopo la realizzazione del mercato comune, solo di seguito si è formata l' idea che la realizzazione di un efficiente mercato all'interno dell'Unione europea richiede il ravvicinamento dei sistemi d’imposizione diretta degli Stati membri, soprattutto in materia di imposta sulle società. In effetti, nella logica del trattato di Roma, un'armonizzazione delle sole imposte sulla cifra da affari e di consumo sembrano sufficienti ad assicurare l'instaurazione ed il corretto funzionamento del mercato interno, restando perciò confermata in capo alla sovranità nazionale ogni politica fiscale concernente l’imposizione diretta6. Il principio dell’armonizzazione assume una connotazione differente qualora se afferisce all’ambito normativo dei tributi indiretti, ai sensi dell’art. 93 del Trattato7, dove è enucleata l’esigenza di promuovere un coordinamento delle politiche fiscali nazionali con lo scopo di arginare gli egoismi che hanno caratterizzato le linee evolutive degli ordinamenti statuali, o all’ambito delle imposte dirette. In materia di imposte dirette, le iniziative comunitarie si fondano sui principi espressi dall'articolo 94 del Trattato8 il quale attribuisce al Consiglio degli Stati membri il potere di adottare direttive per “ravvicinare”9 le agli atti di Istituzione della CEE, in Dir. Prat. Trib., 1995, I, 1281 ss.; AMATUCCI, Il principio di non discriminazione fiscale, Padova 1998; ID., L’interpretazione del principio di non discriminazione nell’ordinamento tributario italiano, in Riv. Dir. Trib., 1999, I, 166. ADONNINO, Il principio di non discriminazione nei rapporti tributari tra paesi membri secondo le norme della Cee e la giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Riv. Dir. Fin. 1993, I, 76. 6 Cfr. art. 93 del Trattato CE, già art. 99 del Trattato CEE, così modificato dall’art. G, punto 20, del Trattato dell'Unione europea, per il quale: “Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d’ affari, alle imposte di consumo e alle altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione e del funzionamento del mercato interno […]”. Per una sintesi delle linee evolutive del processo di riforma di tassazione delle società in ambito comunitario, Cfr. DI GREGORIO, SCAZZERI, Armonizzazione Fiscale. L’IRES nel quadro europeo di riforma della tassazione sulle società, in “il fisco”, n. 5/ 2004, fasc.1, p. 679 e ss.; ROLLE, ROCCO, VALENTE, Coordinamento della tassazione dei redditi d’impresa, in “Rassegna di Fiscalità internazionale”, n. 32003, allegata a “il fisco”, n. 27/2003, pp. 211-216. 7 Particolarmente importante è l'articolo 93 che prevede l'"armonizzazione" delle legislazioni fiscali degli Stati in materia di imposte indirette. In particolare, la norma dispone che "Il Consiglio, deliberando all'unanimità della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotta le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno...", limitando, quindi, le possibilità di intervento alle sole norme che riguardano la fiscalità indiretta. 8 Articolo 94: “Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune”. 9 Secondo parte della dottrina (cfr. VALENTI-PAOLINI, Problemi terminologici in materia di ravvicinamento delle legislazioni nel Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, in Rivista di 4 legislazioni nazionali, qualora reputi che le differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dei Paesi aderenti abbiano un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato comune10. In materia di imposte dirette11 l’armonizzazione è riconducibile anche all’articolo 293 (ex art. 220 del Trattato istitutivo) secondo cui dovranno essere avviati negoziati tra gli Stati membri diretti a garantire l’eliminazione della doppia imposizione fiscale all’interno della Unione Europea. L’attuazione dell’armonizzazione delle imposte dirette è in stretta correlazione con aspetti determinanti della sovranità fiscale dei singoli Stati, non trova pertanto preciso riscontro nelle norme comunitarie ma negli strumenti negoziali attraverso la fitta rete di accordi bilaterali o plurilaterali tra i vari Stati membri. Pertanto, è comprensibile il pericolo paventato dai singoli Stati membri, riferentesi alle limitazioni della propria autorità impositiva nonchè all’utilizzo di strumenti di politica economica. Occorre, peraltro, osservare che l’esigenza di avviare l’armonizzazione delle legislazioni fiscali, soprattutto con riferimento all’imposizione diretta, deve essere coordinata con il fondamentale principio di sussidiarietà; ciò equivale a dire che l’armonizzazione fiscale sia da realizzare nel limite delle disposizioni idonee ad influire effettivamente sul funzionamento del mercato comune; invece, restano di competenza esclusiva dei singoli Stati membri la regolazione del fenomeno impositivo a livello essenzialmente domestico.12 diritto europeo, 3, 1962, p. 91; PUGLISI, Manuale di Diritto Comunitario, Torino, I, 1983) questo termine rappresenterebbe la specifica applicazione in campo fiscale della nozione più ampia di “ravvicinamento” inteso come una procedura, o meglio una tecnica giuridica volta all’eliminazione delle disparità esistenti in due o più sistemi giuridici al fine di rendere affini le legislazioni o più specificatamente le discipline normative. In realtà, nel Trattato di Roma e nell’intera legislazione comunitaria non compare una diversificazione tra i due termini “armonizzazione” e “ravvicinare”. La differenza più importante, se non l’unica, tra le due espressioni è riferibile agli strumenti che il Trattato prevede per il raggiungimento degli scopi istituzionali. Ed invero, mentre per il “ravvicinamento” è previsto il solo strumento della direttiva (articolo 94), per “l’armonizzazione fiscale”, invece, sono previsti più strumenti (articolo 93). Sulla distinzione fra ravvicinamento e armonizzazione vedi CARUSO, Armonizzazione dei diritti e delle legislazioni nella Comunità europea, in Enc. Giur. Treccani, II, Roma 1993, 2. 10 All’armonizzazione delle imposte dirette si applica la regola prevista dall’art. 94 del Trattato UE, che prevede la possibilità di procedere al ravvicinamento delle legislazioni nazionali nella misura in cui sia necessario, o comunque utile rispetto al processo di instaurazione del mercato comune. Tale regola è stata interpretata come il fondamento assiologico della utilizzazione di raccomandazioni ed in genere di meccanismi di soft law rivolti agli Stati membri aventi ad oggetto il progressivo avvicinamento delle disposizioni relative all’imposizione sul reddito. Si tratta evidentemente di un livello di avvicinamento delle legislazioni nazionali di grado inferiore rispetto alla armonizzazione delle imposte indirette. Più precisamente, la differenza tra “armonizzazione” e “ravvicinamento” dei sistemi fiscali sta nell’esistenza di un diverso obiettivo perseguito dai due meccanismi. Con l’armonizzazione verrebbe ricercata l’omogeneità delle legislazioni nazionali attraverso l’eliminazione di singole norme divergenti o comunque differenti, mentre con il ravvicinamento l’omogeneità verrebbe perseguita mediante una più ampia opera di revisione normativa riguardante la struttura ed il complesso di istituti giuridici non coincidenti. (BORIA, Diritto tributario europeo, cit., p. 61 e ss.) 11 In riferimento all’armonizzazione delle imposte dirette e dei problemi politico-istituzionali della Unione Europea v. GALLO, Mercato unico e fiscalità: aspetti giuridici del coordinamento fiscale, in Rass., Trib., 2000, 725 ss; ID., Sviluppo occupazione e competitività, in Rass. Trib., 1999, 970 ss.; PONTOLILLO, Il ruolo della fiscalità nell’Unione Europea, in Rass. Trib, 1999, 23 ss.; DE MITA, L’armonizzazione delle imposte dirette, in Riv. Dir. Trib., 1991, I, p. 54; 12 BORIA, Diritto tributario europeo, cit., Milano, 2005, p. 63. 5 Anche la Giurisprudenza Comunitaria ha seguito questa impostazione avente di mira l’eliminazione degli ostacoli fiscali potenzialmente influenti sul mercato comune e il coordinamento delle legislazioni fiscali nazionali.13 Gli interventi della Corte hanno fatto leva su due principi comunitari fondamentali: il principio di non discriminazione ex art. 39 TUE ed il divieto di restrizione delle libertà fondamentali, ai sensi degli artt. 43, 49 e 56 TUE. La Corte, di volta in volta, ha adottato quello che tra i due suddetti riteneva il più appropriato: nel tempo, si è assistito ad un progressivo passaggio dall’impiego prevalente del principio di non discriminazione all’impiego prevalente del “divieto di restrizione”, che è “strumento” e “concetto” molto più efficace ai fini della rimozione degli ostacoli alla realizzazione del mercato comune14. In tale ottica, si inquadrano le regole che l’ordinamento comunitario detta in ordine al processo di armonizzazione della tassazione societaria, che hanno l'intento di perseguire le finalità "liberistiche" di tutela del mercato e della concorrenza, evitando forme ostruzionistiche da parte degli Stati membri rispetto all'apertura alle imprese non residenti15. Tuttavia, nonostante le ripetute sollecitazioni volte a prediligere un intervento globale in ordine alla armonizzazione delle basi imponibili e delle aliquote della imposta sul reddito societario, il legislatore comunitario dal canto suo, ha optato per un approccio parziale volto in sostanza a definire le sole misure fiscali necessarie per garantire il completamento del mercato unico (c.d. piecemeal approach16). Le fattispecie normative accolte riguardano principalmente i gruppi multinazionali che operano in più Stati membri al fine di evitare forme di doppia imposizione e, comunque, di realizzare una imposizione equilibrata che valga ad 13 Tra le altre, si segnalano le principali sentenze in materia: causa C–270/83 (caso Avoir Fiscal), causa C-246/89 (Commissione vs. Regno Unito), causa C–204/90 (caso Bachmann), causa C–279/93 (caso Schumacker), causa C–80/94 (caso Wielockx), causa C–250/95 (caso Futura partecipations e Singer), causa C–264/96 (caso ICI),causa C-307-97 (caso Saint-Gobain ZN), causa C-35/98 (caso BGM Verkooijen), causa C–141/99 (caso AMID),causa C–324/00 (caso Lankhorst-Hohorst) e causa C– 168/01(caso Bosal Holding). 14 SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base): una sfida per la fiscalità europea, in www.innovazionediritto.unina.it; il quale precisa che “nei giudizi di applicazione delle libertà fondamentali alle imposte dirette, la Corte di Giustizia ha sempre seguito un percorso logico – governato dal “divieto di discriminazione” e dal “divieto di restrizione” – scandito in quattro momenti: la verifica della “nazionalità comunitaria” della parte del giudizio che richiede l’applicazione delle libertà fondamentali; l’esercizio delle libertà per “finalità economiche”; l’esistenza di un trattamento fiscale discriminatorio e/o di un qualsivoglia altro ostacolo posto da norme tributarie all’esercizio delle libertà e, conseguentemente, ai movimenti intracomunitari; la sussistenza di cause giustificative”. In riferimento alla distinzione del principio di non discriminazione e del principio di restrizione v. FANTOZZI, Non discriminazione e non restrizione: la negative integration nell’epoca dell’allargamento, in Atti del Convegno sul tema “I modelli impositivi comunitari nell’Europa allargata, tenuto a Bologna il 24/25/9/2004. 15 BORIA P., Diritto tributario europeo, Il Sole 24 ore, cit., p. 63. 16 La scelta del piecemeal approach è stata fin dagli anni novanta oggetto di una serrata critica da parte della dottrina in quanto giudicata idonea a consentire un effettivo processo di integrazione degli ordinamenti tributari nazionali e, di conseguenza, ad eliminare l’incidenza del fattore fiscale nella competizione tra imprese comunitarie. D’altro canto anche le istituzioni comunitarie avvertirono chiaramente tale esigenza, suggerendo nella relazione del comitato Ruding la formulazione di un modello di tassazione societario armonizzato a livello europeo, da realizzare attraverso una serie di passaggi normativi progressivi, comunque ispirati ad una logica complessiva (e non parcellizzata) del trattamento fiscale dei redditi societari. (BORIA, Diritto tributario europeo, cit., p. 143 e ss). 6 escludere ostacoli di ordine tributario allo svolgimento delle attività economiche in un assetto di piena libertà concorrenziale. 1.2. Le prime iniziative legislative europee in materia di imposte sulle società Il quadro normativo comunitario in materia di imposizione sulle società si è sviluppato nel tempo per tappe, in ognuna delle quali la Commissione ha esercitato un'importante opera di impulso. L'approccio è di tipo positivo, volto a creare misure destinate a favorire la cooperazione tra gli Stati membri per contrastare l'evasione fiscale internazionale, l’eliminazione dei casi di doppie imposizioni e, infine, per adottare un quadro di regole comuni per disciplinare i rapporti societari transfrontalieri, suscettibili di creare situazioni di concorrenza fiscale dannosa. Attraverso tali tappe, sono state fissate le linee guida della legislazione degli Stati membri in materia di tassazione sulle società, in vista della definizione di un'imposta unica applicabile su un unico modello di Societas europea17. Il Trattato CE non contiene nessuna espressa disposizione relativa alle imposte dirette né a contenuto precettivo né a contenuto programmatico. Esso nasce come accordo commerciale alla cui base sta la realizzazione di un’unione doganale e della libera circolazione delle merci. E’, quindi, ovvio che a tale obiettivo sia associata l’armonizzazione delle imposte indirette che colpiscono il bene merce, e non le imposte dirette. Nel Rapporto del Comitato Fiscale e Finanziario del 1962,18 è stata confermata questa tesi, infatti si rilevavano gli 17 Una forma di integrazione transnazionale di soggetti passivi è costituita dalla Società per azioni Europea (SE), di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell’8 ottobre 2001, in G.U.C.E., N. L. 294 del 10 novembre 2001, p. 1 ss.; La SE ha indubbia vocazione transnazionale, essendo destinata ad operare in una dimensione caratterizzata da contatti con più ordinamenti; vocazione che in mancanzadi una disciplina comunitaria uniforme, coinvolgerebbe questioni di conflitti di leggi. Appare però da escludere che la SE posssa qualificarsi come soggetto giuridico sovranazionale: in effetti al di là della denominazione “SE” che ne palesa la m,atrice comunitaria, sembra corretto qualificarla come soggetto giuridico di diritto interno, avente statuto di fonte mista, ovvero di origine comunitaria e di origine interna. (VISMARA, Profili internazionali dell’imposizione tributaria, Milano, 2004, p 136 ess.); cfr CONETTI, Armonizzazione legislativa e statuto europeo per le società nel convegno sull’impresa nella CEE, in Ann. dir.comp., 1967, p. 274 ss.; MOSCA, Il progetto comunitario di societò Europea: recenti sviluppi, in Riv. soc., 1999 p. 267; in riferimento alla SE come forma giuridica sovranazionale v. MONTALENTI, Lo statuto della società europea, in Dir. fall., 1991, p. 571. cfr. BALLARINO, Manuale di diritto dell’Unione Europea, 6a ed., Padova, 2001 p. 468. 18 Cd. Rapporto Neumark in GUCE n. 6/7 del 1962. Con il “Rapporto Neumark”, redatto da un gruppo di esperti indipendenti e risalente al 1962, venne formulata la prima proposta di riorganizzazione fiscale interna alla Comunità. All'interno del rapporto, limitato all'analisi degli ostacoli fiscali alla creazione di un mercato comune tra i sei Paesi allora componenti la Comunità, veniva ribadito come “le varie imposte dirette alle quali sono sottoposte le imprese possono essere incorporate da esse nei costi e nei prezzi”. Allo stesso modo, veniva puntualizzato come le possibilità che questo causasse danno alla concorrenza venivano smorzate da due ordini di ragioni: da una parte, trattandosi di oneri generali, le disparità di imposte sul reddito e sulle società potevano venire equilibrate ricorrendo al corso dei cambi, dall'altra esse potevano trovare compensazione nelle diversità delle prestazioni pubbliche per le imprese. Il rapporto Neumark sottolineava, comunque, che le questioni da affrontare in futuro non si sarebbero ridotte all'imposizione indiretta, ma avrebbero spaziato comprendendo anche quella diretta, nonché la diversificazione degli oneri fiscali a livello mondiale e i diversi utilizzi delle entrate tributarie da parte degli Stati. La conclusione a cui giungeva il rapporto Neumark era che un'unificazione completa dei sistemi fiscali della Comunità fosse destinata al fallimento, a causa delle disparità strutturali tra i vari Paesi. La misura più attuabile restava quella di un ravvicinamento degli ordinamenti, in vista dell'obbiettivo primario, l'eliminazione delle doppie imposizioni. Il processo di armonizzazione proseguì 7 effetti distortivi provocati dall’assenza di un’armonizzazione nel settore delle imposte dirette. Il Rapporto Neumark, nella prima parte considerava i principi fondamentali che caratterizzano l’armonizzazione fiscale. In particolare, specificava che l’armonizzazione fiscale non doveva essere collegata all’unificazione dei sistemi fiscali nazionali, in quanto non avrebbe consentito la completa eliminazione delle distorsioni della competizione. In definitiva, l’armonizzazione in contrapposto all’idea di unificazione, avrebbe dovuto essere il processo guida della politica comunitaria per la sua intrinseca flessibilità19. Nella seconda parte, il Rapporto prescriveva il programma d’azione che le istituzioni comunitarie avrebbero dovuto adattare per la costituzione di un mercato unico. In particolare, si prevedeva una unica imposta sulle società (nella struttura e nell’aliquota) e un’imposizione superiore per gli utili prodotti non distribuiti: i dividendi e gli interessi avrebbero dovuto essere assoggettati ad una ritenuta nel Paese della fonte. Infine, per le società collegate si prevedeva l’eliminazione della ritenuta nel Paese della fonte al fine di eliminare la doppia imposizione giuridica dei dividendi ricevuti nel Paese di residenza della società controllante. L’introduzione di queste misure avrebbe comportato la costituzione di strutture a livello comunitario per la compensazione finanziaria e la successiva redistribuzione del reddito. Negli anni ’60 ci furono diverse commissioni di studio sul processo di armonizzazione fino a giungere alla stesura del “Programme d’harmonisation des impots directs”. In questo documento sono state introdotte due proposte di Direttiva (madre-figlia e riorganizzazioni societarie)20 e un modello di convenzione per l’eliminazione delle doppie imposizioni societarie. Il documento proponeva di limitare l’armonizzazione a quanto fosse stato necessario per il buon funzionamento del mercato comune, riconoscendo la necessità di un certo ravvicinamento dei sistemi delle imposte dirette degli Stati membri, al fine di assicurare gli obiettivi sociali ed economici della Comunità. Questi obiettivi erano sostanzialmente tre: · eliminazione della doppia imposizione internazionale (giuridica ed economica); · eliminazione delle agevolazioni fiscali a favore dei residenti o degli investimenti effettuati nel paese di residenza dei contribuenti; negli anni successivi al Rapporto Neumark, una volta concluso il cosiddetto “periodo transitorio”, il lasso di tempo individuato dal trattato CEE per la progressiva costituzione del mercato comune. 19 SACCHETTO, Armonizzazione fiscale nelle Comunità Europee, in Enc. Giur. Treccani, p. 2. 20 Sul quadro normativo generale espresso dalla direttiva comunitaria n. 90/435, si veda FANTOZZI, L’attuazione della direttiva Cee madre-figlia in Italia: confronto tra la direttiva Cee e la legge italiana di attuazione, in Riv. Dir. Tra società madri e società figlie, Milano 1996. Alcune riflessioni sulle condizioni di applicabilità della direttiva “madre e figlia” e in specie per il rilevo delle società atipiche rispetto alla elencazione casistica delle direttiva- cfr. LUPI-STEVANATO, Il coordinamento tra la doppia imposizione internazionale e doppia imposizione societaria all’interno dei gruppi multinazionali: la tendenza per il sistema dell’esenzione, in CARPENTIERI-LUPI-STEVANATO, Il diritto tributario nei rapporti internazionali, Milano 2003, 236 ss. 8 · eliminazione delle penalizzazioni a danno dei non residenti o degli investimenti effettuati in paesi esteri21. L’obiettivo finale era la costituzione di una tassa globale sugli utili delle imprese avente una struttura analoga e determinata secondo basi imponibili e aliquote sostanzialmente uniformi nei Paesi della CE. Il fondamento giuridico del processo di armonizzazione fiscale si è sviluppato solo alla fine degli anni ottanta, in concomitanza con l'approvazione dell'Atto unico europeo22 volto alla realizzazione progressiva dell'unione economica e monetaria, questo è stato individuato nell'art. 94 del Trattato CE, che affida al Consiglio il potere di emanare "direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull’instaurazione del mercato comune". 1.3. Novità legislative degli anni Novanta In realtà prima del 1990 gli interventi in materia di imposte sui redditi non furono significativi tranne che per l’adozione della Direttiva relativa alla reciproca assistenza tra le autorità competenti degli Stati Membri (77/799/CEE, del 19 dicembre 1977) e di talune disposizioni relative alla fiscalità del Gruppo Europeo di Interesse Economico (“GEIE”)23, inserito nel relativo Regolamento istitutivo (2137/85)24. 21 Programma di armonizzazione fiscale del 26 giugno 1967 in Suppl. Boll. Ce, 8, 1968. Gli scopi del Programma erano di evitare che i costi di produzione e la redditività dei capitali investiti fossero influenzati dalla fiscalità in maniera troppo diversa da un Paese all’altro (al fine di sviluppare un’equa concorrenza fra gli Stati); evitare che i movimenti di capitali e la localizzazione degli investimenti fossero determinati da considerazioni puramente fiscali, per rispondere invece a motivi essenzialmente economici e sociali (al fine di garantire l’utilizzo ottimale delle risorse e dei fattori produttivi); evitare che i sistemi fiscali ostacolassero lo sviluppo delle imprese, la loro organizzazione e, in generale, le riforme della struttura della produzione e della distribuzione necessarie per rispondere alle esigenze del mercato comune. Occorreva quindi assicurare il coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri affinché venissero soppressi gli ostacoli fiscali alle operazioni di concentrazione necessarie per consentire alle imprese di adeguarsi alle dimensioni del Mercato Comune e per rendere competitive, sul piano mondiale, le imprese della Comunità. 22 L'Atto unico europeo, firmato rispettivamente, a Lussemburgo, e a L’Aja il 17 e 28 febbraio 1986 è stato pubblicato in GUCE L 169 del 29 giugno 1987. 23 Il GEIE è costituito da un gruppo di imprese che svolgono in comune alcune attività economiche ed il reddito prodotto viene diviso tra I soci membri, per cui esso non produce dei profitti propri. (BARBIERO, Il GEIE: un nuovo strumento di cooperazione transnazionale, in Aspetti fiscali delle operazioni internazionali, a cura di Uckmar e Garbarino, Milano, 1995, p. 383 e ss); sul punto v. CARMINI, Il diritto tributario comunitario e la sua attuazione in Italia, PADOVA, 2002, P. 224 e ss.. 24 Su tale Regolamento (pubblicato in G.U.C.E. n. L. 199, del 31 luglio 1985) si vedano: ISRAEL, Une avancée du droit communautaire: le groupe-ment européen d'intéret économique, in "Revue du marche commun.", 1985, pag. 647 e ss.; GANSKE, Die Europaische Wirtschafliche Interessenvereinigung: eine neue "supranationale" Unternehmensform als kooperatiom-instrument in der Europaischen Gemeimhaft, in "Der Betrieb", 1985, pag. 647 e ss.; PETE-LAUD, La construction de la Communauté européenne et le groupement européen d'intéret économique, in "Revue des sociétés", 1986, pag. 191 e ss.; CASTELLINAPOLETANO, II "Gruppo europeo di interesse economico", in "Dir. co-mun. scambi int.", 1986, pag. 475 e ss.; GERVEN, Le groupement européen d'intéret économique, in "Revue pratique des sociétés", 1986, n. 6399, pag. 181 e ss.; DRAETTA, Problemi di adeguamento della legislazione italiana al GEIE comunitario, in "Dir. comun. scambi int.", 1986, pag. 475 e ss.; PROTO, II gruppo europeo di interesse economico, in "Giur. comm.", 1986, pag. 294 e ss.; ID., Il gruppo europeo di interesse economico: uno strumento di cooperazione comunitario, in "Foro it.", 1987, pag. 274 e ss.; PIETROBON, II gruppo europeo di interesse economico, in "Riv. dir. civ.", 1989, II, pag. 43 e ss.; BELLO-DI-VIANELLO, II gruppo europeo di interesse economico: l'attuazione nella CEE (parte prima), in "Comm. int.", n. 7/1990 (inserto); ID., Il gruppo 9 Successivamente, con le “Raccomandazioni sulla tassazione delle società” e con l’emanazione delle Direttive n. 90/435/Cee (c.d. “società madrifiglie”), e n. 90/434/Cee in materia di fusioni, nel 1992 con il Rapporto Ruding25 si comincia a delineare una parziale armonizzazione in alcuni settori della tassazione diretta26. Un ruolo fondamentale è affidato al “principio di sussidiarietà27” che abbandona la politica di armonizzazione centralizzata o globale progettata europeo di interesse economico: l'attuazione nella CEE (parte seconda), in "Comm. int.", n. 8/1990 (inserto); DI SABATO, II gruppo europeo di interesse economico Introduzione, in "Le Società", 1990, pag. 145 ss.; SALAFIA, II gruppo europeo di interesse economico, in "Le Società", 1990, pag. 263 e ss.; DE ANGELIS, Responsabilità patrimoniale nel GEIE e in altri istituti di cooperazione fra imprenditori, in "Le Società", 1990, pag. 149 e ss.; DI MARCO, Adeguamento degli Stati membri al Regolamento CEE, in "Le Società", 1990, pag. 182 e ss.; KUSTERMANN, Un contratto tipico: il gruppo europeo di interesse economico, in "Le Società", 1990, pag. 261; DALLA VERITÀ, I problemi fiscali di una nuova-formula europea, in "Comm. int.", 1991, pag. 544 e ss.; CARLI, L'ordinamento giurìdico della Comunità europea ha il suo "consorzio", in "II Fisco", 1991, pag. 5571 e ss.; CORAPI, L'applicazione in Italia del gruppo europeo di interesse economico, in "Le Società", 1991, pag. 1168 e ss.; DEZZANI, La fiscalità del GEIE, in "II Fisco", 1991, pag. 5225 e ss.; SACERDOTI, I caratteri del GEIE e il suo impiego nell'ordinamento italiano, in "Giur. comm.", 1992, pag. 876 e ss. 25 In dottrina sull’argomento si rinvia a, KNOBBE-KEUK, the Ruding Report: an impressive vision of the European company taxation for the year 2000, in EC Tax Review, 1992, p.22; DAROLLES e TUCCI, The Ruding Report: a business point of view, in EC Tax Review, 1992, p. 39; M. GAMMIE, The Ruding Committee:an initial response, Londra, 1992; H. HAMAEKERS, Fiscal sovereignty and tax harmonisation, in ET, 1993, p. 25; K. MESSERE, Apersonal view on certain aspects of the Ruding Committee Report, in ET 1993, p.2; C. MCLURE, Cordinating business taxation in the Single European Market: the Ruding Committee Report, in EC Tax Review, 1992, p.13. 26 Nel settore delle imposte dirette il Consiglio del 23 luglio 1990 ha adottato due direttive ed una convenzione. La direttiva 90/434/CE, in GUCE 20.8.90 L 225, nota come “direttiva sulle fusioni”istituisce un regime fiscale comune, in base al quale le plusvalenze derivanti da fusioni, scissioni, apporti di capitale o scambi di azioni sono tassate non al momento dell'operazione, ma soltanto al momento della loro effettiva realizzazione. La direttiva 90/435/CE, in GUCE 20.8.90 L 225, nota come “direttiva società madri e figlie”; elimina la doppia imposizione dei dividendi distribuiti dalle società figlie alle società madri situate in uno Stato membro diverso. 27 L’art. 5 del Trattato sancisce che “la Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente Trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario (…)”.Cfr DELORS, Le principe de subsidiarieté, in Actes du Colloque J. Delors, 1991, Institut européen d'Admtnistration publique, Maastricht, 1991. L'art. 235 del Trattato CE non attribuisce poteri d'azione più incisivi nelle materie nelle quali è già riconosciuta la competenza comunitaria, ma estende tale competenza a materie per le quali essa non esisteva affatto oppure non poteva essere affermata con certezza. II principio di sussidiarietà ha rappresentato una fondamentale regola non scritta cui si è sempre ispirata la produzione normativa della Comunità rispettando l'esigenza che la disciplina di origine comunitaria sia sempre strettamente funzionale rispetto agli obiettivi da raggiungere. Cfr. RIDEAU, Droit instìtutionnel de l'Union et des Communatés Européennes, Parigi, 1994, pag. 403 e ss.; STROZZI, Il ruolo del principio di sussidiarietà nel sistema dell'Unione Europea, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1993, pag. 59. Cfr. SMITH-BARENTS, in Neutrality and subsidiarity in taxation, Deventer, 1995, pag. 36-37, ritengono invece che il principio stabilito dall'art. 3B non costituisce un criterio di ripartizione delle competenze tra Comunità e Paesi membri, ma regola l'esercizio dei poteri già attribuiti alla Comunità dal Trattato CE senza modificare o alterare la struttura giuridica dell'ordinamento comunitario. Una volta esercitati i poteri da parte delle Istituzioni comunitarie nell'ambito delle loro rispettive competenze, essi diventano esclusivi. Nel settore dell'imposizione indiretta gli Stati membri conservano la loro potestà tributaria, anche se la competenza in materia di armonizzazione spetta alla Comunità. Nel momento in cui viene armonizzata una particolare imposta indiretta attraverso una direttiva, essa diviene di competenza esclusiva della Comunità in quanto i singoli Stati membri non possono più agire unilateralmente in quel settore se non nei limiti di discrezionalità previsti dalla direttiva stessa. L'art. 3B opera pertanto 10 negli anni ’60 e ’70; da una politica di armonizzazione si passa ad una politica di <<ravvicinamento dei sistemi fiscali nazionali>>. Questo approccio porta a risultati concreti con l’adozione della Direttiva madre-figlia, della Direttiva sulle operazioni straordinarie transfrontaliere e della Convenzione per l’eliminazione della doppia imposizione. In particolare, la prima direttiva "società madri-figlie", avente come oggetto il "regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi"28 intende stabilire un sistema idoneo a prevenire la doppia imposizione, (sia economica29 che giuridica30) in un assetto di piena libertà concorrenziale. Al fine di garantire la neutralità fiscale31 nei rapporti di partecipazione all’interno dei gruppi di società, tale direttiva stabilisce l’esenzione dei in quei settori nei quali la Comunità non ha ancora esercitato i propri poteri senza modificare l'equilibrio di competenze esistente tra Comunità e Stati membri. La Corte Costituzionale tedesca (cfr. Eur Grundrechte zeit, 1993, pag. 429) ha stabilito che i compiti e le competenze della Unione Europea non giustificano l'assunzione di diritti sovrani, ma rafforzano solo la volontà politica di realizzare una più stretta unione tra i Paesi membri. Il principio di sussidarietà non istituisce nuovi poteri comunitari, ma limita l'esercizio di competenze già attribuite. Tale principio è stato definito, nel corso della trattativa che ha preceduto la stipula del Trattato in sede di conferenza intergovernativa, dalle delegazioni tedesca e britannica che si opponevano all'estensione di nuove competenze alla Comunità. Cfr. DE PASQUALE, in II principio di sussidiarietà nell'ordinamento comunitario, Napoli, 1996, pag. 81, analizzando l'art. 3B del Trattato, considera la definizione del principio di sussidiarietà più rigorosa di quella originariamente prevista in quanto vengono ridisegnati i rapporti tra Istituzioni comunitarie ed organi statali nella ripartizione delle competenze e sono poste condizioni più severe per giustificare l'intervento della Comunità. La rigidità del principio di attribuzione implica che la Comunità può agire soltanto qualora dal Trattato le sia stata conferita in termini chiari e precisi specifica competenza. Pertanto l'ambito di azione della Comunità non è illimitato ma deve essere contenuto nei limiti tracciati dal Trattato. Cfr. FARMER, in EC law and direct taxation - some thoughts on recent issues, cit., pag. 99. Secondo l'A. la competenza della Comunità in materia di imposte dirette, non essendo esclusiva, deriva dalla competenza interna la cui base giuridica è l'art. 100 del Trattato.Vedi LENAERS-VAN YPERSELE, Le principe de subsidiarieté et san contexte: ètude de l'article 3B du Traitè, in Cahiers de droit europèene, 1994, pag. 2. La Commissione rileva in proposito che «il principio di sussidiarietà previsto dal'art.3B, non determina le competenze che sono attribuite alla Comunità perché è il Trattato stesse a determinarle. 28 Per una diffusa trattazione della direttiva citata nel testo, cfr., fra gli altri, FEDELE, La direttiva madrefiglia e la disciplina attuativa come complesso normativo unitario e sistematico: i criteri interpretativi, in <<Rassegna Tributaria>>, n. 5/2001, p. 1256 e ss.; GRECO, Tassazione dei dividendi e direttiva CEE/90/435,in <<Rassegna Tributaria>>, n. 8/1993; MAISTO, La direttiva CEE relativa al regime tributario de i dividendi nei rapporti tra "società madri" è "società figlie", in <<Rivista Diritto Tributario>>, n. 7/1992, pp. 519 e ss.; STEVANATO, applicabilità del regime "madre-figlia" a i dividendi intracomunitari,in << Corr. Trib.>>, n. 14/1997, p. 1013 e ss. 29 Si parla di doppia imposizione economica quando lo stesso reddito viene tassato due volte in capo a due contribuenti diversi. Nel caso dei dividendi, ciò può verificarsi quando viene riscossa l’imposta sulle società figlie e l'azionista (ossia la società-madre) viene assoggettato successivamente all'imposta sui dividendi. Per la definizione cfr., tra gli altri, Commissione delle Comunità Europee, tassazione dei dividendi delle persone fisiche del mercato interno, doc. COM (2003) 810 def. Del 19 dicembre 2003, par. 2.1.2. 30 Si parla di doppia imposizione giuridica internazionale quando due parti tassano lo stesso contribuente sullo stesso reddito. Nel caso dei dividendi, può verificarsi una doppia imposizione giuridica internazionale quando l'azionista (società-madre) e soggetto prima alla ritenuta alla fonte sui suoi dividendi in uno Stato e poi all'imposta sul reddito in un altro Stato. Orientamenti largamente accettati in merito all'eliminazione della doppia imposizione giuridica internazionale di dividendi sono contenuti nel modello OCSE di convenzione in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio. Cfr., in particolare, gli artt. 23A e 23B del medesimo. 31 Sul principio di neutralità fiscale quale valore di ottimizzazione del mercato, ed in specie della efficienza allocativa si veda MUSGRAVE , Fiscal systerna. Vale university press, New Haven 1969; li). Criteria forforeign fax credit, in AA. YV., Taxation ofoperation abroad, Princeton 1959. Sulla medesima linea concettuale si può vedere altresì DEVEKEUX - PEAKSON, Colorate tax harmonisation and economie efficiency, Londra 1989. 11 dividendi distribuiti a società controllate o collegate in presenza di determinate condizioni. Più precisamente, si intende "società madre" la società soggetta ad una delle imposte sulle società introdotte negli Stati membri che, in più, detenga il 25% del capitale di un'altra società con medesime caratteristiche, localizzata in un altro Stato membro: per "società figlia" si intende la società nel cui capitale è detenuta la partecipazione di cui sopra32. Ciò premesso, la direttiva, in vista della sostanziale armonizzazione di simili tassazione dei dividendi infragruppo e al fine di eliminare le doppie imposizioni stabilisce: • in relazione alla doppia imposizione economica, l'esenzione dall'imposizione degli utili così percepiti, ovvero l'adozione del meccanismo del credito d'imposta33 (art. 4, comma 1); • in relazione alla doppia imposizione giuridica, l’eliminazione della ritenuta sia alla fonte sia all'ingresso nello Stato del percettore (art. 5, comma 1 e art. 6). Nel fissare regole comuni, l'art. 4, comma 2, della direttive in esame ammette che i singoli Stati membri possono disporre l'indeducibilità degli oneri relativi alla partecipazione e alle minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia dall’utile imponibile della società-madre, inoltre, in caso di determinazione forfetaria delle spese di gestione relative alla partecipazione, che l'importo forfetario non possono essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia34. In senso parzialmente critico su tale impostazione liberistica si veda MUSGRAVE, Harmonisation of dir e et business taxes: a casa study, in Shoup, Fiscal harmonisation in common markets, II, New York 1967, 211, secondo cui la neutralità fiscale nella Unione Europea va ricercata in profili sostanziali del diritto tributario, attraverso l'adozione di criteri omogenei di determinazione della base imponibile, oltreché di equalizzazione delle aliquote di imposta, ed in criteri di territorialità uniformi. Su posizioni affini si colloca anche Me LuRE, Europea integration and taxation at source: lessons from thè US, in Gammie - Robinson, Beyond 1992: a european tax system, Londra 1989, che sostiene che la determinazione di aliquote e base imponibile delle imposte sui redditi societari andrebbe determinata a livello centrale, con sostanziale sottrazione di rilevanti quote di sovranità fiscale ai singoli Stati membri. Per un'analisi generale delle teorie economiche sulla neutralità, esaminata con particolare riferimento ai processi di integrazione economica comunitaria, vedi AA. W., Integrazione economica e convergenza dei sistemi fiscali nei paesi UÈ, atti del 30 congresso dei ragionieri commercialisti, Milano 2000, p. 44 ss. 32 Cfr. Art. 3, comma 1, lett. A)e B) della Direttiva 90/435/Cee in GUCE L225 in data 20 agosto 1990, p. 6 e ss. 33 Il sistema del credito d'imposta considera la società come un “canale", per cui l’imposta sugli utili da questa realizzati costituisce un pagamento anticipato dell'imposta sui dividendi degli azionisti. Con questo sistema la società e l'azionista (ovvero la società figlia e la società madre) sono tassati separatamente, ma a livello dell'azionista il dividendo viene prima integrato con l'importo dell'imposta pagata dalla società sul reddito, dopo di che tale importo viene accreditato, integralmente o in parte, fronte dell'imposta dovuta sul dividendo. Il credito può quindi essere uguale o inferiore al 100%. Se il credito corrispondente all'imposta pagata dalla società sul dividendo, il sistema elimina totalmente la doppia imposizione economica per tutti gli azionisti. 34 Tale eccezione derogatoria è stata sollevata, senza successo, dall'amministrazione finanziaria olandese nella causa Bosal Holding B.V., C-168/01, decisa dalla Corte di giustizia delle comunità europea il 18 settembre 2003. In particolare, la Corte ha rilevato, che la facoltà offerta dall’art.4, n. 2 della direttiva “madre-figlia"di rifiutare la riduzione dei costi di partecipazione delle società madri nel capitale delle figlie può essere esercitata solo nel rispetto delle disposizioni fondamentali del Trattato, in particolare dell'art. 52 (ora 43) dello stesso. E dunque in relazione a tale norma che occorre verificare se la Direttiva autorizzi uno Stato membro ad accordare solo parzialmente la deducibilità dei costi di partecipazione. Secondo la corte una limitazione al riguardo, nei termini di cui all'art. 13 della legge olandese regolante l'imposta sugli utili delle società, costituiva ostacolo alla costituzione di società figlie in altri Stati 12 L'originaria direttiva "madre-figlia" è stata modificata, in seguito all'emanazione della direttiva del Consiglio 2003/123/CE, in data 22 dicembre 2003, che contiene significative modifiche sia rispetto al testo previgente, sia rispetto alle proposte di modifica avanzate dalla stessa Commissione il 26 luglio 200335. La nuova direttiva contiene i seguenti elementi di novità: • estensione della lettera dei soggetti interessati, aggiungendosi alle società madri e figlie le stabili organizzazioni, nonché le società costituite in forma di società europea o società cooperativa europea; • abbassamento progressivo della soglia di partecipazione minima dal 25% al 10%; • affinamento di altri profili della disciplina dei dividendi comunitari. Con riguardo al primo aspetto, è disposto che ogni Stato membro applichi la direttiva anche: - alla distribuzione degli utili percepiti da stabili organizzazioni di società di altri Stati membri situate in tale Stato membro e provenienti dalle loro società figlia di uno Stato membro diverso da quello in cui è situata da stabili organizzazioni; - alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato a stabili organizzazioni situate in un altro Stato membro di società del medesimo Stato membro di cui sono società figlie. All’interno delle linee guida fissate dalla Commissione europea in data 20 aprile 1990 in materia di tassazione delle società36, è possibile collocare anche l'insediamento, agli inizi degli anni ‘90 di un comitato tecnico, presieduto dall’ex Ministro delle Finanze olandese, Onno Ruding, che presentò un rapporto sulla tassazione delle società il 18 marzo 199237. L’analisi svolta si rivelò essenziale al fine del convincimento che, più che una armonizzazione dovesse raggiungersi un livello minimo uniformità in materia fiscale, tramite due gruppi di provvedimenti, l’uno comprendente le membri. Per un approfondimento al riguardo, cfr. PIRI, direttiva madre-figlia e limiti nazionali alla deducibilità dei costi di partecipazione: il caso Bosal, in <<Rass. Trib.>>, 1/2004 pp. 332-336. 35 La direttiva citata nel testo e pubblicata in GUCE L 7 del 13 gennaio 2004. Al riguardo,cfr., oltre all'ampio commento di Bulgarelli F., le recenti modifiche alla direttiva "madre-figlia" e la riforma tributaria italiana,in <<Rass. Trib.>>, 1/2005, pp. 115-157; ROLLE, pubblicata la direttiva madrefiglia,in << Il Sole 24 ore>> n. 13 del 14 gennaio 2000, 4, p. 27. La proposta della commissione citata nel testo è la COM (2003) 462 del 26 luglio 2003. 36 Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio SEC (90) 601 del 20 aprile 1990 recante le linee guida per la tassazione delle società. 37 I temi affrontati dal comitato si rivelano tuttora di particolare attualità, investendo essi principali aspetti della tassazione delle società transnazionali, riassunti nelle tre questioni seguenti: - se la localizzazione degli investimenti e la concorrenza all'interno della comunità fosse influenzata da distorsioni di origine fiscale; - in caso positivo, se tali distorsioni dovessero essere eliminate attraverso l'interazione delle forze del mercato e la concorrenza tra i sistemi fiscali nazionali, ovvero fosse necessaria un'azione a livello comunitario; - nel caso in cui si ritenesse necessaria un'azione a livello comunitario, quali specifiche misure dovessero essere adottate per rimuovere o mitigare tali distorsioni. (DI GREGORIO- MAINOLFI- SCAZZERI, L’imposta sulle società nell’Unione Europea, p. 1 e ss.). Le conclusioni del comitato, racchiuse nel Report of the Committee of Independent Experts on Company taxation, sono commentate nella comunicazione della commissione SEC (92) 1118, in data 26 giugno 1992. Per una valutazione sulle conclusioni del rapporto Ruding, cfr., per tutti, MAYR S., il "rapporto Ruding”sull'armonizzazione fiscale nella Cee, in <<Corriere tributario>>, n. 30/1992, pp. 2111-2114. 13 misure volte all’ eliminazione delle pratiche di doppia imposizione, l’altro attraverso interventi che attenessero alla struttura stessa dell’imposizione sulle società, (in particolare alle aliquote, alla base imponibile e ai sistemi in concreto applicati nonché agli incentivi fiscali costituenti aiuti di Stato). Ciononostante, la soluzione dell’armonizzazione forzata a livello comunitario non è parsa necessaria, sia perché gli Stati membri hanno dimostrato di voler realizzare una certa convergenza, sia perché l’autonomia legislativa e la concorrenza tra sistemi fiscali non pareva in grado di produrre serie erosioni di gettito ed atrofie economiche generalizzate. L’intervento comunitario si confermava, dunque, limitato al necessario, per eliminare le discriminazioni e le distorsioni più importanti.38 Sulla base di tali conclusioni, il rapporto Ruding elaborò una strategia da impiantare in diverse fasi39 seguendo la via tracciata con gli ulteriori progetti all’esame del Consiglio, in un programma di medio-lungo periodo, nel quale tale coordinamento potesse assumere anche i contorni di un’armonizzazione attraverso interventi che attenessero alla struttura stessa dell’imposizione sulle società40. Sul finire degli anni ’90, l’iniziativa comunitaria in materia di imposizione diretta, seppure con i consueti limiti41, ha ripreso vigore con l’apertura di due nuove fonti (Rapporti Monti)42 sulla tassazione dei risparmi 38 CARMINI, Il diritto tributario comunitario e la sua attuazione in Italia, Padova, 2002, p. 160. La prima fase mirava all'estensione dell'ambito di applicazione della direttiva sulle società "madrifiglie" e alla riduzione della soglia di partecipazione, in essa fissata; all'emanazione di una direttiva in materia di interessi è royalties; alla disciplina comune del fenomeno del trasfer pricing, secondo il principio “at arm’s lenght”, fissato nella Convenzione di arbitrato del 23 luglio 1990. Ed ancora aveva come obiettivo la sollecita conclusione di convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni; il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un credito d'imposta, in regime di reciprocità, fonte della ritenuta corrisposta da una società figlia non residente sui dividendi percepiti da una società madre residente; la notifica alla commissione di tutti gli incentivi fiscali disposti dagli Stati membri che possono qualificarsi come aiuti di Stato ai sensi dell'arte 92 (ora 88) del trattato Ce39. Nella seconda fase, il rapporto Ruding, prevedeva l'adozione di diverse direttive, volte, rispettivamente, alla definizione del trattamento della thin capitalization ed alla fissazione, da parte degli Stati membri, di aliquote d'imposta sulle società comprese tra un minimo del 30% ed un massimo del 40%, ambito nel quale far rientrare, cumulativamente, anche imposte regionali e locali stabilite sui medesimi cespiti; armonizzazione progressiva delle basi imponibili; estensione alle piccole medie imprese, organizzate su base non societaria, dell'imposta sulle società, su base volontaria. Nella terza l'ultima fase l'apporto Ruding proponeva l'adozione di misure volte, sostanzialmente, al riconoscimento delle perdite infragruppo e alla tassazione su base consolidata per società aventi filiali in diversi Stati membri. 40 La Commissione dichiarò di preferire un atteggiamento molto più prudente per non dire scettico, ossia, una politica di ravvicinamento progressivo, per stadi successivi e con orizzonti più contenuti. In particolare la Commissione pur riconoscendo come opportuna la fissazione di un’aliquota minima, ritenne eccessiva quella del 35%, proposta dal Comitato, mentre ritenne di escludere la proposta di fissare anche un’aliquota massima, in vista dell’impossibilità per gli Stati membri di modificare repentinamente i propri sistemi fiscali in vista di una totale ed improvvisa unificazione. In coerenza con il “principio di armonizzazione minimale”, ammesso dallo stesso Comitato Ruding, la Commissione si dichierò pertanto disposta ad un’azione graduale attraverso l’approvazione di direttive puntuali, su aspetti specifici, quali l’allineamento dell’utile fiscale con l’utile contabile, il riporto delle perdite, ecc. (CARMINI, Il diritto tributario comunitario e la sua attuazione in Italia, cit.,, p. 161). 41 Sul punto cfr. GALLO, Mercato unico e fiscalità: aspetti giuridici del coordinamento fiscale, in Riv. Dir. Trib. Int., 2000, p. 34. 42 V. L.HINNEKENS, The Monti Report: the uphill task of harmonizing direct tax systems of EC Member States, in EC Tax Review, 1997, p. 31; Tramite tale “pacchetto Monti” con riguardo all’imposizione diretta si definisce il passaggio dal piecemeal approach (approccio frammentario) al global approach, in ambito comunitario (cfr. FANTOZZI, Armonizzazione fiscale tra modelli comunitari 39 14 comunitari e la predisposizione di un codice di condotta in materia di fiscalità delle imprese, per evitare pratiche di concorrenza fiscale dannosa43. Questo nuovo documento riprende molte delle questioni già affrontate dal rapporto Ruding, sottolineando, però, la necessità di affrontarle in modo organico ed evidenziando, da un lato che il principio di sussidiarietà poteva risolversi in un concreto immobilismo a livello comunitario e, dall'altro, che gli interventi della Corte di giustizia della Comunità europea al riguardo potevano avere un'efficacia al più frammentaria in vista dell'armonizzazione fiscale. Il primo Rapporto Monti reintroduce un approccio di politica fiscale complessiva, non si limita alla sola imposizione societaria. Il secondo riguarda disposizioni rivolte al Consiglio, dirette a contenere fenomeni di concorrenza fiscale dannosa, esso è suddiviso in tre proposte: 1. un codice di condotta in materia di fiscalità delle imprese e, in parallelo, una comunicazione della Commissione in materia di aiuti di Stato di natura fiscale; 2. una proposta di Direttiva volta ad eliminare le distorsioni derivanti dai vigenti sistemi di tassazione dei redditi di capitale all’interno dell’Unione Europea; 3. una proposta di direttiva concernente il regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e royalties tra Società consociate di diversi Stati membri;44 L’ampio lavoro della Commissione ha prodotto la sola approvazione del codice di condotta il 1 dicembre 199745. 1.4. Gli interventi della Commissione negli anni Duemila Gli obiettivi di armonizzazione della tassazione societaria europea appaiono rivestire un ruolo più pregnante, e del resto il metodo di “global approach” può determinare risultati significativi solo con la definizione di una base imponibile comune per le società operanti nello spazio comunitario. e autonomia normativa degli Stati, in atti del Convegno “Le ragioni del diritto tributario in Europa. Giornate di studio per Furio Bosello” Università di Bologna in collaborazione con l’Istituto de Estudios Fiscales- Ministerio de Hacienda de Espana, Bologna, 26-27 settembre 2003, p. 7. 43 La Commissione nella propria comunicazione COM (97) 495 DEF., del 1.10.1997, rileva “come in generale, il fenomeno della concorrenza fiscale è da considerarsi di per sé, positivo, in quanto strumento che agisce a vantaggio dei cittadini e che esercita una pressione al ribasso sulla spesa pubblica nazionale. Cionondimeno, una concorrenza senza limiti volta ad assicurarsi i fattori della produzione caratterizzati dalla maggiore mobilità può ripercuotersi negativamente sulla struttura tributaria e provocare distorsioni a detrimento dell’occupazione così da rendere più difficile una diminuzione ordinata e strutturata della pressione fiscale complessiva. Essa riduce inoltre lo spazio di manovra disponibile per conseguire altri obiettivi della comunità, quale la protezione dell’ambiente. Inoltre la competizione fiscale può intralciare gli sforzi intrapresi dagli Stati membri per ridurre i disavanzi di bilancio, il che non costituisce soltanto un obiettivo necessario di per sè, ma anche un prezzo per conformarsi sia ai criteri di Maastricht, che al patto di stabilità e di sviluppo”. Sul ruolo e sulla portata sistematica della “concorrenza fiscale dannosa” esiste una diffusa ed ampia dottrina nazionale ed internazionale. In particolare, per una ricostruzione generale del significato programmatico del pacchetto: “Monti” (come strumento di contrasto della concorrenza fiscale dannosa) vedi PONTILLO, Il ruolo della fiscalità nella Ue, in Rass. Trib., 23 ss; Sul rilievo del codice di condotta e sull’indirizzo interpretativo della Commissione che riporta tale misura programmatica all’area degli aiuti di Stato, vedi FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino 2003, 762 ss. 44 CARMINI, Il diritto tributario comunitario e la sua attuazione in Italia, cit., p. 241 e 242. 45 AMATUCCI, Gli aspetti fiscali dell’impresa, Giappichelli, Torino, 2002. 15 Il 23 maggio 200146, la Commissione ha adottato una comunicazione sulle priorità della politica fiscale dell'Unione europea, all’interno della quale si ribadisce la necessità di un più grande coordinamento fiscale che permetterebbe di raggiungere alcuni obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Lisbona. Se una forte armonizzazione è necessaria in materia di IVA e di accise, in altri campi del sistema fiscale coordinamento non significa necessariamente armonizzazione47. Inoltre, la Commissione nella Comunicazione del 2001 denominata “company taxation in the internal market” ha previsto il completamento del programma stabilito nel pacchetto Monti con la definitiva emanazione delle due direttive sulla tassazione del risparmio e di interessi e royalties (poi emanate nel 2003), nonché con la rivisitazione della direttiva madre e figlia e con l’approvazione di una direttiva sulla compensazione delle perdite48. Il 23 ottobre 2001 la Commissione ha adottato la Comunicazione n. 582 del 23 ottobre 200149 sulla strategia europea in materia di tassazione delle imprese, che affronta la questione dell'imposizione fiscale diretta delle imprese nell'Unione europea, ed elabora una strategia che consente alle imprese di utilizzare una base imponibile consolidata per le attività produttive svolte dalle imprese comunitarie. La Comunicazione si basa sui lavori condotti da due Panel di esperti indipendenti ed è suddivisa in due parti: la prima relativa al livello di imposizione effettiva negli Stati membri, la seconda mirata ad individuare le misure fiscali nazionali suscettibili di costituire ostacolo alle attività 46 COM (2001) 260. Nel rispetto dell’autonomia impositiva dei singoli Paesi, il coordinamento delle legislazioni nazionaliin luogo della più stringente armonizzazione, che sarebbe utilizzata in verticale soltanto per sanare specifici aspetti di difformità degli aspetti tributari nazionali- è soluzione che riscuote consensi fra gli Stati membri. Tale coordinamento potrebbe avvenire tramite gli strumenti classici della cooperazione internazionale, eventualmente inseriti in un contesto comunitario. La convergenza dei sistemi tributari nazionali non dovrebbe, dunque, procedere all’eliminazione di tutte le difformità esistenti, realizzando, cioè, un allineamento orizzontale dei regimi impositivi, né perseguire l’obiettivo di eliminare le forme di sana concorrenza fiscale tra gli Stati, alla quale, peraltro, la Commissione riconosce un ruolo determinante quale fattore di crescita economica e occupazionale. (VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento sovranazionale e competizione interstatuale, in Riv. Di Dir. Trib. Int., 2006, 3, p. 68 e ss.) 48 BORIA, , Diritto tributario europeo, cit., Milano, 2005, p. 145. 49 Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e sociale; verso un mercato interno senza ostacoli fiscali. Strategia per l'introduzione di una base imponibile consolidata per le attività di dimensione UE delle società, Bruxelles, 23 ottobre 2001, n. COM (2001) 582. La Comunicazione, sottolineando che, nel campo dell'imposizione fiscale diretta, a differenza di altri settori ove erano ravvisabili dei cambiamenti, i regimi di tassazione delle società degli Stati Membri erano risultati insensibili rispetto alla creazione del Mercato Unico, manifestava la volontà di rimediare a questo sfasamento, soprattutto alla luce dell'allora imminente allargamento dell'UE, oramai ampiamente concretizzatosi. La necessità di adattare la tassazione delle società operanti nell’UE ad un contesto molto più dinamico rispetto al passato, l’esistenza di differenze nei livelli effettivi di imposizione delle società, l’esigenza di eliminare gli ostacoli fiscali (uno dei fattori influenti sulle decisioni di investimento e di finanziamento degli investitori) alle attività economiche transfrontaliere nel mercato interno al fine di incrementare effettivamente la competitività internazionale delle imprese europee, la riduzione dei costi amministrativi sia per le imprese che per le Amministrazioni Fiscali attraverso regole semplici e trasparenti sono alla base del progetto molto ambizioso – in quanto pur sempre vincolato all’effettiva volontà politica degli Stati Membri – della creazione di una base imponibile consolidata per le società UE relativamente alle loro attività di dimensioni comunitarie. (SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base): una sfida per la fiscalità europea, in innovazione diritto.unina.it). 47 16 transfrontaliere delle società. La Commissione ha proposto, al fine di adeguare l’imposizione delle società nell’Unione europea al nuovo contesto economico e per rendere più efficiente il mercato interno eliminando gli ostacoli fiscali, una duplice strategia (two-track strategy), che comprende misure di carattere specifico (targeted measures) e soluzioni di carattere generale (comprehensive solutions) e di lungo termine, intese a creare una base imponibile consolidata per le società operanti su scala comunitaria. Le misure di carattere specifico comprendono in particolare: 1. il monitoraggio delle sentenze della Corte di Giustizia al fine di metterne in luce i principi di base e promuoverne l'adozione negli Stati membri. Un primo esempio di tale impostazione si è avuto con la comunicazione del 19 dicembre 2003 (COM (2003) 810 fin.) sulla tassazione dei dividendi. 2. L'ampliamento dell'ambito di applicazione delle direttive 90/435/CEE (Madre-Figlia) e 90/434/CEE (Riorganizzazioni), anche alla luce dell'introduzione della società europea.50 3. la presentazione di una versione modificata della proposta di Direttiva già avanzata nel 1995 in materia di compensazione di utili e perdite. 4. l'istituzione di un forum congiunto tra rappresentanti degli Stati e delle imprese sulla disciplina dei prezzi di trasferimento, la modifica della Convenzione 90/434/CEE e l'armonizzazione della prassi in merito a metodologia, documentazione ed Advance Pricing Agreements. 5. il completamento del network dei trattati bilaterali contro le doppie imposizioni, una maggiore conformità dei testi convenzionali con i principi di base del mercato interno ed un maggiore coordinamento tra i trattati stipulati con Stati terzi. La Comunicazione n. 582 del 23 ottobre 2001 precisa, inoltre, che le misure specifiche intese a limitare le distorsioni e gli ostacoli fiscali costituiscono un rimedio solo parziale e temporaneo rispetto al problema centrale del mercato interno che è la frammentazione in 27 diversi ordinamenti tributari. E’necessario, quindi, adottare soluzioni di più ampia portata tali da offrire alle imprese, operanti su scala comunitaria, un unico sistema di tassazione fondato su una base imponibile consolidata, al fine di ridurre i costi legati agli adempimenti tributari e risolvere le problematiche legate ai prezzi di trasferimento ed alla compensazione di utili e perdite in Stati diversi e di semplificare il regime delle riorganizzazioni transfrontaliere. La Commissione nella parte IV sez. C del documento n. 1681 del 51 2001 ha elaborato quattro principali modelli in materia della tassazione delle imprese, (Home State Taxtion, Common Corporate Consolidated Tax Base, European Union Corporate Income Tax, Single Compulsory Harmonised Tax Base), che si distinguono per livello di integrazione, complessità di adozione e per il livello di consenso politico che richiedono. 50 Regolamento CE n. 2157 dell’8 ottobre 2001 che istituisce lo statuto della società europea, in G.U.C.E. L 294 del 10 novembre 2001, p. 1; Direttiva 2001/86/CE del Consiglio dell'8 ottobre 2001 che completa lo statuto della società europea per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori, in G.U.C.E. L 294 del 10 novembre 2001, p. 22. 51 Commission Staff Working Paper, “Company Taxation in the Internal Market”- SEC (2001) 1681 DEL 23.10.2001. 17 Il sistema Home State Taxtion52, ispirato al modello del mutuo riconoscimento, prevede che la società capogruppo adotti la normativa fiscale del proprio stato d'origine (Home State) per determinare il reddito imponibile realizzato dalle proprie branch e subsidiary, indipendentemente dallo Stato membro nel quale queste sono stabilite. La base imponibile consolidata viene quindi calcolata secondo le regole di un unico sistema tributario, quello dello stato di residenza della società madre. Gli utili così determinati vengono poi ripartiti tra i diversi soggetti (società capogruppo, branch e subsidiary) e tassati nei rispettivi Stati membri di localizzazione.53 Il sistema Common Corporate Consolidated Tax Base, prevede il calcolo del reddito di impresa su base consolidata, in applicazione di regole comuni per tutti gli Stati membri. La base imponibile, così calcolata, andrebbe poi ripartita, in base a criteri da stabilire, fra gli Stati membri, ciascuno dei quali rimarrebbe libero di determinare l'aliquota applicabile. Il sistema EUCIT54 (l’acronimo sta per European Union Corporate Income Tax) consiste nella proposta di introdurre nell’Unione Europea un'unica imposta sul reddito consolidato delle società multinazionali. La parte rimanente andrebbe poi ripartita fra Stati membri in base a regole comuni da stabilire. Con questo sistema sarebbe scelta la strada dell'armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia di tassazione delle società, con la previsione di un'unica base imponibile e di un unico sistema a livello UE, in sostituzione dei sistemi nazionali esistenti: in questo modo si farebbe un passo decisivo verso la creazione di un’Europa federale.55 Il principale vantaggio del sistema European Union Corporate Income Tax è rinvenibile nella sua struttura che non richiede l'introduzione di nuove regole (essendo fondato sul mutuo riconoscimento di quelle preesistenti nei singoli Stati)56, in quanto le imprese 52 La Commissione Europea in riferimento alla Home State Taxation ha pubblicato recentemente i risultati di un progetto pilota delle piccole e medie imprese, “Tackling the corporation tax obstacles of small and medium-sized enterprises in the Internal Market- outline of possibile Home State Taxation pilot scheme”, Com (2005), n. 702 del 23 dicembre 2005, il quale ha recepito lo studio “Tackling the corporation tax ostacles of small and medium-sized enterprises in the Internal Market-outline of possible Home State Taxation pilot scheme”, Sec (2005), n. 1785 del 23 dicembre 2005. La più completa formulazione del sistema di “Home State Taxation” è contenuta in LODIN-GAMMIE, Home State Taxation, Amsterdam, 2001, che aggiorna una precedente proposta degli stessi autori (LODINGAMMIE, The taxation of the Europea Company, in “European Taxation”, 1999, pag. 286 e ss. Sull’argomento vedi anche i risultati dello studio della Commissione dell’Unione Europea, Company Taxation in the Internal Market (COM (2001) 582 FINAL) del 23 ottobre 2001; vedi anche STEVANATO, La tassazione dei gruppi europei: l’Home State taxation quale alternativa al consolidato mondiale, in Rass. Trib. 2003, 1248 e ss. 53 I vantaggi della HST risiedono nel fatto di non richiedere modifiche dell’ordinamento tributario degli Stati membri, consistendo in una parziale limitazione di sovranità. I redditi delle filiali dei gruppi esteri sarebbero determinanti secondo le regole di un altro ordinamento tributario, ferma restando la potestà impositiva dello Stato di stabilimento. 54 V. sul punto PLASSCHAERT S.R.F., An Eu Tax on the Consolidated profits of Multinational Enterprises, in European Taxation, n. 1/1997, p. 2 ss., spec. p. 12, il quale ha espresso la sua tesi sull’EUCIT, ed esposta anche nel corso del 52° Annual Congresso f the International Institute of Public Fnance, Tel Aviv, August 26-29, 1996. 55 “The introduction of a European Union Company Income Tax would certainly represent a major step awards the creation of a Federal Europe”- SEC(2001)1681. In questo modo si opererebbe una forte limitazione di sovranità nei confronti delle autorità dei singoli membri, e addirittura una parte delle risorse derivanti dalla riscossione andrebbe a finanziare il bilancio dell’UE a titolo di risorsa propria, come avviene per l’Iva. 56 GARBARINO C., Manuale di tassazione Internazionale, IPSOA, 2005. 18 potrebbero realizzare la compensazione degli utili conseguiti con le perdite realizzate dalle sedi secondarie stabilite in Stati membri diversi. La Single compulsory harmonised tax base consiste in una base imponibile armonizzata obbligatoria per le imprese che dovrebbe sostituire le basi imponibili nazionali.57 Nelle fasi successive di elaborazione della proposta sembra emergere il favore per il sistema della common consolidate tax base come metodo di imposizione dei gruppi di impresa e delle grandi imprese in genere, e per il sistema della home state taxation in ordine al trattamento fiscale delle piccole e medie imprese58. L'ipotesi che gode di maggior credito risulta quella legata alla Common consolidated corporate tax base (Ccctb): questo progetto è finalizzato ad introdurre un sistema comune di regole fiscali per determinare il reddito imponibile dei gruppi europei. La base così calcolata verrà ripartita tra gli Stati membri, liberi di determinare l'aliquota da applicare. Con l'introduzione della Ccctb, le imprese transnazionali non dovranno più calcolare l'imponibile di ogni partecipata secondo i diversi sistemi fiscali; verranno, inoltre, eliminati alcuni ostacoli al corretto funzionamento del mercato unico, con effetti benefici sull'economia europea nel suo complesso: la maggior apertura dei mercati nazionali potrebbe difatti portare a maggiore concorrenza e minori costi. Nel 2004, precisamente il 23 novembre, si è riunito a Bruxelles, per la prima volta, un gruppo di lavoro CCCTB Working group, istituito e presieduto dalla Commissione europea con la partecipazione di due membri di ciascun paese UE, con il compito di esaminare, dal punto di vista tecnico, le problematiche connesse al consolidato comunitario. Il Working group si riunisce periodicamente per esaminare alcune questioni relative alla tassazione delle società in Europa. La commissione ha emanato nel 2006 una comunicazione (COM (2006) 157) in cui si illustravano il contesto e gli obiettivi della CCCTB e si annunciava che nel 2007 sarebbe stata elaborata un'ulteriore relazione sull'avanzamento dei lavori. La CCCTB è un obiettivo ambizioso che comporta varie difficoltà tecniche per i vari Stati membri soprattutto occorre adoperarsi ulteriormente per raggiungere un accordo. In effetti, sono stati fatti dei passi in avanti in alcuni settori molto specifici, ad esempio l’adozione di un codice di condotta 57 Si tratta di un approccio considerato “tradizionale” dagli studi della Commissione europea, in quanto prevede l’adozione di una base imponibile armonizzata, calcolata utilizzando un unico sistema impositivo, applicato a tutte le imprese operanti nell’UE da parte di tutti gli Stati membri , i quali si troveranno così a dover sostituire gli attuali sistemi fiscali nazionali con un (nuovo) unico sistema.Si opera attraverso un primo step che consiste nel calcolo della base imponibile complessiva, determinato facendo riferimento ad un unico tax code, per poi procedere con l’allocazione dell’imponibile tra i diversi Stati membri, utilizzando specifici metodi di ripartizione di utili e/o perdite (“agreed mechanism”) (VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale: disciplina nella riforma Ires e profili comunitari e comparati, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006, p. 247 e ss.). 58 BORIA, Il sistema tributario, Torino, 2008, p. 1011 e ss. Per un’analisi dettagliata sui vantaggi e gli inconvenienti connessi alla scelta dei metodi della home State taxation e della common consolidated tax base, v. FANTOZZI, Armonizzazione fiscale tra modelli comunitari e autonomia normativa degli Stati, intervento al convegno di studio sul tema “Le ragioni del diritto tributario in Europa” tenuto a Bologna il 26-27.09.03, 12 ss. dell’estratto. Cfr. altresì AUJEAN, Lo stato dell’arte dello studio sulla tassazione societaria e della comunicazione dell’ottobre 2001, ibidem. 19 sulla documentazione dei prezzi di trasferimento e l’elaborazione di orientamenti in materia di accordi preventivi sui prezzi di trasferimento. Nel dicembre 2006, la Commissione ha pubblicato le comunicazioni sulla necessità di un maggiore coordinamento tra gli Stati membri per quanto riguarda i loro sistemi impositivi e, in particolare, una sulle opportunità degli incentivi fiscali a favore della ricerca e dello sviluppo. Tuttavia, la Commissione rimane del parere che, anche se queste misure mirate possono contribuire a ridurre alcuni degli ostacoli, un sistema basato sull’ introduzione della CCCTB possa apportare complessivamente i maggiori vantaggi per quanto riguarda la tassazione degli utili delle società del mercato interno. L'attuazione della CCCTB potrebbe contribuire in misura significativa al successo del mercato interno, al momento della crescita dell'occupazione e al miglioramento della competitività delle imprese europee a livello mondiale in linea con la nuova strategia di Lisbona.59 Inoltre, l’UE potrebbe diventare un mercato più attraente per gli investimenti, il che dovrebbe tradursi in un aumento degli investimenti intracomunitari e degli investimenti diretti esteri. Per quanto riguarda lo stato dell'arte, in materia di armonizzazione fiscale di imposte dirette e della proposta di consolidato fiscale comunitario, ad oggi non è ancora stata emanata una proposta legislativa. Si auspicava per la fine del 2009 la presentazione di una direttiva da parte della Commissione ma a tutt’oggi non se ne ha ancora notizia60. Parte II° UNA BASE IMPONIBILE COMUNE CONSOLIDATA PER LE SOCIETA’ (CCCTB) 2. Finalità e caratteristiche principali. La Ccctb è un progetto elaborato dalla Commissione europea che prevede la realizzazione di una base imponibile consolidata comune per i redditi societari con lo scopo di agevolare il processo di armonizzazione delle regole di tassazione delle imprese a livello comunitario. Tali finalità sono state esternate dalla Commissione Europea già con la comunicazione COM (2001/582): “Verso un mercato interno senza ostacoli fiscali-Strategia per l’introduzione di una base imponibile consolidata per le attività di dimensione UE delle società”, che affronta con un “approccio 59 L’Unione Europea in questo modo si uniformava all’obiettivo strategico di “diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo” nel rispetto di quanto deciso nel Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000 e ribadito dal Consiglio Europeo di Stoccolma di marzo 2001; sul punto cfr. KOVÀCS - Le prospettive della CCCTB, in Rass. Trib., 3/2008, p. 699/700. 60 Working Document “CCCTB: possible elements of a technical outline”, CCCTB/WP/57 del 26.07.2007, Working Document CCCTB “possible elements of a technical outline”, Annotated, CCCTB/WP/057 annotated del 20.11.2007; Working Document “Input from National tax administrations for the Impact Assesment of the reforms at the EU level of corporate tax systems”, CCCTB/WP/060 DEL 13.11.2007; Working document “CCCTB: possible elements of the sharing mechanism” CCCTB/WP/060 del 13.11.2007; Working Document “CCCTB: possible elements of the administrative framework”, CCCTB: “possible elements of the administrative framework”, CCCTB/WP/061 del 13.11.2007. 20 globale” l’obiettivo della soppressione degli ostacoli fiscali al funzionamento ed allo sviluppo del mercato interno61. Tale comunicazione poneva le basi per la costruzione di un assetto normativo che regolamentava la tassazione delle società come fattore competitivo per l’esercizio delle attività economiche nell'UE e per l'instaurazione di pari condizioni per tutte le imprese operanti nell'UE. In un contesto economico e monetario sostanzialmente omogeneo, ciò che rileva, ai fini delle decisioni economiche di opportunità di allocazione di capitali nei vari Paesi, è il fattore differenziale fra i vari sistemi tributari nazionali, nonché le varie modalità di gestione delle attività imprenditoriali. Infatti, in presenza di cambi irrevocabilmente fissi e di un significativo coordinamento delle politiche economiche e monetarie, saranno le disposizioni fiscali nazionali a rappresentare lo strumento privilegiato con cui gli Stati membri potranno incidere sulle decisioni di localizzazione degli investimenti e delle risorse all’interno dell’Unione Europea. Nello steso tempo, le sensibili differenze che tuttora esistono tra i diversi ordinamenti giuridici degli Stati membri rischiano di ostacolare in misura considerevole l’effettuazione di operazioni transfrontaliere e la realizzazione di investimenti.62 In tale contesto comunitario si delinea questo progetto molto ambizioso della creazione di una base imponibile consolidata, proprio con la finalità di adeguare la tassazione delle società operanti nell’UE ad un quadro comunitario in continuo divenire, di eliminare i problemi legati alla fissazione dei prezzi di trasferimento all’interno dell’Unione Europea63, di consentire la compensazione mediante il consolidamento di profitti e perdite. Altre finalità sono quelle di semplificare le operazioni di ristrutturazione internazionali, di ridimensionare i costi amministrativi sia per le imprese che per le 61 In linea con tali obiettivi e strategie cfr. la Comunicazione sulla “Politica fiscale dell’Unione Europea” COM (2001) 582. 62 VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento sovranazionale e competizione interstatuale, in Rivista di diritto Tributario Internazionale, 2006, p. 65 e ss. 63 Nel 2002 è stato istituito il Forum congiunto dell’U.E. sui prezzi di trasferimento allo scopo di far fronte ai problemi di carattere fiscale scaturenti dalla doppia imposizione da aggiustamento dei prezzi di trasferimento. Nel corso del 2003, il JTPF ha analizzato principalmente questioni relative all’applicazione della convenzione arbitrale del 1990 ed alle procedure di accordo reciproco previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni. Hanno, inoltre, costituito oggetto di dibattito le problematiche connesse ai requisiti documentali, principali responsabili dei cd. “compliance costs” a carico delle imprese con attività cross-border. Nell’aprile 2004, la Commissione Europea ha accolto le raccomandazioni del Forum ed ha sottoposto alla elaborazione del Consiglio una bozza di Codice di Condotta per l’eliminazione della doppia imposizione societaria nei casi di transazioni infragruppo tran frontaliere Il Codice è stato approvato a fine novembre 2004. Contestualmente, il mandato del forum, conferito per un periodo iniziale di due anni, è stato esteso di un ulteriore biennio. Sempre su impulso del forum, in data 07.01.05, la Commissione ha adottato la proposta per un codice di condotta sulla documentazione richiesta in materia di transfer pricing, invitando gli Stati membri, previa adozione della stessa parte del Consiglio dell’Unione Europea, a trasporre al più presto nei rispettivi ordinamenti le disposizioni in esso contenute. Il codice di condotta sulla documentazione è stato adottato dal Consiglio nel giugno 2006. In data 12 gennaio 2007, il mandato del Forum è stato ulteriormente esteso ad un periodo di due anni.(VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento sovranazionale e competizione interstatuale, cit., p. 66 e ss.). 21 Amministrazioni Fiscali64, di evitare i casi di doppia imposizione e, infine eliminare numerose situazioni di discriminazioni e restrizioni. La CCCTB è stata ritenuta la soluzione più in linea con le esigenze delle imprese multinazionali e più concretamente applicabile per gli Stati membri, la sua attuazione, tuttavia, richiede una concreta iniziativa armonizzatrice delle istituzioni comunitarie e lo sviluppo del progetto in stretta collaborazione e sinergia tra gli Stati membri.65 Di questo progetto si sta occupando un gruppo di lavoro66 che fornisce assistenza tecnica e consulenza alla Commissione, costituito da esperti della stessa Commissione europea e delle 27 Amministrazioni fiscali dell’Ue67, esteso anche ai rappresentanti del mondo dell’impresa e di quello accademico. All’interno del gruppo di lavoro sono stati costituiti quattro sottogruppi che si riuniscono separatamente per approfondire le problematiche più complesse della base consolidata comune quali ammortamenti, passività, riserve e accantonamenti; sono i criteri base per la determinazione del reddito d’impresa; aspetti internazionali della Ccctb, tassazione di gruppo, meccanismo di ripartizione del reddito imponibile tra gli Stati UE. Innanzitutto, il gruppo di lavoro, sta procedendo alla predisposizione di un insieme di regole comuni definite a livello europeo per la determinazione del reddito imponibile, ed applicabili al singolo gruppo societario, volte alla eliminazione delle gravi difficoltà che affrontano le imprese per il permanere di 27 sistemi fiscali differenti e per le conseguenti disparità di trattamento da Paese a Paese68. 64 Tali spese risultano minime per le grandi imprese multinazionali (meno del 2% delle imposte versate) ma molto rilevanti per le piccole e medie imprese (31% del prelievo)Dati dell'European Tax Survey (2004). 65 FANTOZZI, La ricerca “Modelli di tassazione delle società e allargamento dell’Unione Europea”: metodo dell’indagine, in Economia Italiana, n. 2/07. 66 Il CCCTB Working group fu istituito nel 2004 presso la Direzione Generale Fiscalità ed Unione Doganale, dopo un incontro dell’Ecofin del settembre 2004, che fu destinatario, da parte della Commissione di un “Non Paper” ovvero di un documento, privo di valenza politica, che evidenzia la volontà della Commissione di non volersi assumere la responsabilità politica propositiva. Infatti, in tale sede gli Stati membri si dichiararono politicamente contrari al progetto della CCCTB, sebbene si impegnarono ad inviare ugualmente le migliori professionalità a loro disposizione per partecipare al gruppo di lavoro. I principali obiettivi del gruppo di lavoro sulla Ccctb consistono nel trovare i modi di rimuovere gli ostacoli fiscali all’efficienza ed al funzionamento armonioso del mercato interno, nel ridurre i costi amministrativi, sia delle imprese che delle Amministrazioni fiscali, ed introdurre regole semplici e trasparenti; individuare i possibili elementi di una base imponibile consolidata che migliori la competitività internazionale delle imprese europee; limitare l’evasione fiscale e le frodi. Il gruppo di lavoro, presieduto dalla Commissione europea e formato da rappresentanti nominati dagli Stati membri, si riunisce ogni tre mesi per discutere aspetti tecnici collegati alla CCCTB. Periodicamente, ai lavori vengono invitati anche rappresentanti del mondo accademico e delle imprese. Il mandato esclusivamente tecnico del Gruppo spiega perché i lavori abbiano potuto progredire in maniera significativa dal 2004 ad oggi, anche se alcuni Stati membri hanno manifestato sin da subito una netta opposizione al progetto CCCTB. I lavori possono essere seguiti sul sito internet http://europa.eu.int/comm/taxation_customs/taxation/company_tax_base/index_en.htm. 67 Per l’Italia, l’Agenzia delle Entrate. 68 I sistemi di consolidamento utilizzati adottati in ambito comunitario sono diversi. Ad esempio l'attribuzione della soggettività tributaria al gruppo societario si configura in maniera differente da Paese a Paese. Francia, Spagna, Paesi Bassi e Portogallo considerano come titolare di soggettività fiscale l'intero gruppo nel suo complesso, in base al principio della fiscal unity. L'impresa può dunque presentare un'unica dichiarazione fiscale al cui interno siano comprese tutte le società che rientrano nel “perimetro di consolidamento”. Il gruppo può inoltre compensare utili e perdite, godendo peraltro del regime di neutralità fiscale dei trasferimenti intragruppo. La Svezia e la Finlandia prevedono il modello 22 Oltre ai primi quattro sottogruppi, ne sono stati creati altri due, uno sulla tassazione di gruppo e l’altro sul meccanismo di ripartizione. Nonostante il considerevole lavoro svolto sinora da parte del Ccctb working group, vi sono ancora alcuni punti nodali del sistema Ccctb da risolvere. L’obiettivo della CCCTB è quello di addivenire ad un calcolo consolidato del reddito imponibile per le imprese che operano all'interno dell'Unione europea in modo opzionale69 a quello previsto dalle normative nazionali senza ricorrere alla armonizzazione delle aliquote fiscali tra gli Stati70. Infatti, la sovranità fiscale, in relazione alle aliquote d'imposta, rappresenta uno strumento utile per una sana concorrenza fiscale tra gli Stati membri e per stimolare l’efficienza71. L'obiettivo di fondo è di creare un più efficiente sistema fiscale per le imprese che operano all'interno dell'Unione europea, trasferendo la competizione sulle aliquote72, in modo più trasparente. del group contribution,che prevede il calcolo del reddito imponibile di ciascuna società del gruppo, redige la dichiarazione fiscale e si sottopone al prelievo fiscale in modo separato. Ciononostante, ad un'impresa in utile è consentito il trasferimento in favore di una società che presenta una perdita. Il Regno Unito e l'Irlanda utilizzano invece il group relief system, che mantiene una gestione separata, permettendo però la compensazione tra i risultati fiscali delle società facenti parte del gruppo, senza che sia necessario un trasferimento materiale di risorse tra le varie consociate. Inoltre sussistono delle sostanziali differenze da ordinamento a ordinamento anche in riferimento ai requisiti per l'ammissione alla tassazione consolidata di gruppo. I valori legati all'integrazione finanziaria dipendono dalla percentuale di partecipazione della società capogruppo nelle controllate. La “forbice”, in questo caso, spazia dalla semplice partecipazione di controllo (50% più un voto, è il caso della Germania) alla partecipazione pressochè totale (99% del capitale nei Paesi Bassi e in Lussemburgo). L'ordinamento della Danimarca prevede che la detenzione del controllo sia chiara quando una società gode della maggioranza dei diritti di voto in un'altra impresa, abbia il diritto di nominare la maggioranza dei membri del Cda ed eserciti il controllo sulla gestione economica e finanziaria. 69 La base imponibile comune si applicherà soltanto su base opzionale, essendo stata esclusa, da parte della Commissione Europea, essendo stata esclusa, da parte della Commissione Europea, qualsiasi ipotesi di obbligatorietà. L’opzione può essere esercitata per un periodo iniziale di cinque anni, con effetto a far data dall’inizio dell’anno fiscale di riferimento, e può essere automaticamente rinnovata per successivi periodi di tre anni, salvo comunicazione di interruzione. L’opzione di consolidamento avrà efficacia soltanto a partire dal successivo periodo d’imposta. (VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, in Riv. di Dir. Trib., 2008, p.100 e ss.). 70 Sul punto si rinvia a CERIANI e GIANNINI, “Trends in EU propodals on taxation of transnational business profits and tax coordination”, in Tax notes International, 2003, pag.31. 71 A tal riferimento, il Commissario KOVÀCS ha di recente sottolineato che “harmonization would only cover the tax base and would not relate to the tax rates” (CFE, European Tax report, 15 gennaio 2007). La sovranità statale sulla determinazione delle aliquote fiscali è affermata anche da BRAUNER (“An International Tax regime in Crystallization-Realities, Experiences, and Opportunities”, 2002), il quale sottolinea che “tax rates are the most important, and most fiercely, defended component in each country’s tax system”. 72 La globalizzazione e l'integrazione tra le economie hanno spinto, nel corso degli ultimi vent'anni, ad una progressiva riduzione delle aliquote dell'imposta societaria. Gli economisti hanno ideato un modello teorico di “race to the bottom”, nel quale la concorrenza fiscale avrebbe gradualmente portato al ribasso, giungendo fino alla scomparsa, delle aliquote legate all'imposizione sul capitale e sulle società, con la conseguente concentrazione totale del carico fiscale sul lavoro e i beni immobili. L’impatto con la realtà ha mostrato, però, i limiti di quest'impianto teorico, fondato su premesse che difficilmente si verificheranno, come la perfetta mobilità dei capitali. Tra le variabili da tenere in considerazione, anche la struttura e le dimensioni dei mercati domestici, le rendite di agglomerazione e localizzazione così come l'esistenza di migliori servizi e infrastrutture sono motivazioni valide a spiegare l'esistenza di aliquote differenziate nel panorama europeo. Queste ragioni spiegano, ad esempio, perchè le aliquote risultino più alte negli Stati dell'Unione Europea “a quindici” che nei Paesi da poco entrati con la qualifica di membri. Come analizzato da un rapporto datato 2005 la concorrenza fiscale opera sia a livello “produttivo” che “predatore”: la prima valutazione è legata alla qualità del rapporto tra beni pubblici e fiscalità offerto dallo Stato. Si tratta di una concorrenza positiva in quanto finalizzata a migliorare l'efficienza della spesa pubblica, il buon utilizzo delle risorse stimolando l'attrattività del Paese nei riguardi delle attività economiche e produttive. La concorrenza predatrice punta invece al 23 La Ccctb verrebbe applicata al gruppo societario (impresa madre e filiali) anche attraverso il consolidamento, ossia la valutazione del reddito tassabile derivante dalla compensazione di profitti e perdite realizzate dal gruppo nei diversi paesi europei, e dall’eliminazione dei costi di compliance alle normative in materia di transfer pricing73. In tal modo, si cerca di armonizzare il sistema con cui gli Stati membri calcolano la base imponibile delle società e ridistribuiscono tra di loro il gettito fiscale prodotto, ottenendo maggiori benefici. trasferimento della semplice base imponibile verso Stati a fiscalità contenuta non incidendo sulla localizzazione delle attività produttive. Le problematiche che nascono da questa situazione restano di grande entità, la sensibilità degli investimenti diretti esteri, soprattutto finanziari, ai differenti livelli di tassazione è un dato confermato a livello empirico. Gli strumenti di pianificazione fiscale a disposizione delle imprese internazionali rendono quindi vantaggioso il ricorso al profit shifting, il trasferimento dei costi in Paesi a tassazione più alta e degli utili in Paesi a tassazione più bassa, con evidenti ricadute sui bilanci degli Stati appartenenti al primo gruppo. Il profit shifting è risultato legato non tanto alle aliquote marginali effettive e alla pressione fiscale complessiva, bensì alle aliquote nominali, spiegando così l'attrazione dei Paesi dove queste si presentano più basse e definendo l'aliquota nominale come effettivo dominant tax driver sulla scena europea. La tendenza è confermata dalle cifre: a partire dalla fine degli anni Novanta, le aliquote sono progressivamente calate, venendo “equilibrate” dall'ampliamento delle basi imponibili. Il valore medio della tassazione sulle imprese è passato dal 46% del 1980 al 40% nel 1991, riducendosi ulteriormente al 34% nel 2000. Il passaggio all'Europa a venticinque prima e a ventisette attualmente ha impresso un'ulteriore accelerazione al ribasso, al punto che l'aliquota media registrata nel 2006 si è attestata al 26%, scendendo ulteriormente nel 2008 al 23,6%. Le differenze tra i due “blocchi”, la vecchia Europa dei quindici da una parte, i nuovi Stati membri dall'altra, e quelle interne agli stessi restano molto elevate, riflettendo grandi divari nelle dimensioni dei mercati interni, nella qualità delle infrastrutture, dei servizi e delle economie di aggregazione. Nel 2006 l'aliquota media dell'Europa a quindici si situava al di sotto del 30% (29,61% nello specifico). Germania, Italia, Spagna e Francia nell'ordine guidavano l'elenco con percentuali comprese tra il 38,26% e il 34,43%: gli altri Stati applicavano aliquote societarie inferiori, giungendo fino al 25% dell'Austria. L'unico caso particolare è stato legato all'Irlanda: nel 2003, che ha portato l'aliquota societaria ordinaria dal 24% al 12,5%, la più bassa in Europa fino all'ingresso nell'Unione di Cipro prima e della Bulgaria poi. Il progetto irlandese, esposto nella finanziaria del 1998, è risultato indifferente ad ogni intervento della Commissione, dal momento che a riguardo non si può parlare precisamente di agevolazione o aiuto di Stato, bensì di un generico tasso impositivo senza discriminazione alcuna tra residenti e non. Sempre nel 2006, tra i Paesi di recente ingresso, la media risultava di poco superiore al 20% (20,50%): in alcune di queste realtà, tuttavia, la pressione fiscale è stata ancora più bassa, con aliquote effettive inferiori a quelle nominali a causa di incentivi e regimi preferenziali: è il caso di Malta, dove il valore nominale si situa tuttora al 35% ma in cui sussistono misure di favore verso le Companies with Foreign Income e le International Trading Companies, due forme giuridiche che presentano un carico fiscale molto ridotto per le attività dei non residenti (4,17% per le Itc, nullo per le Cfi). A partire dal 2006, la Commissione europea ed il governo maltese stanno elaborando una procedura che in varie fasi dovrebbe trovare compimento entro la fine del 2010. Il 2008 ha registrato sensibili diminuzioni nelle aliquote di alcuni Stati fino ad ora poco inclini a seguire il trend internazionale: la Germania e l'Italia hanno ridotto l'imposizione legale rispettivamente dell'8,9% e del 5,9%. A presentare i valori più alti nel panorama comunitario è ora Malta (35%, ma con le eccezioni citate precedentemente), seguita dalla Francia (34,4%) e dal Belgio (34%); al quarto posto l'Italia (31,4%), chiudono Cipro e Bulgaria col 10% di aliquota. L'Estonia applica un'aliquota del 23% ma solamente sui dividendi distribuiti dalla società; in caso contrario, le imprese risultano esenti. Le importanti riduzioni nei Paesi a più elevata tassazione confermano una maggiore convergenza delle aliquote e una crescente integrazione dei mercati da una parte, la necessità di favorire la crescita rispondendo alla concorrenza dei nuovi Stati membri dall'altro. Dalla metà degli anni Novanta in poi, la combinazione tra la riduzione delle aliquote e l'ampliamento della base imponibile ha comportato lo incremento del gettito fiscale giunto nel 2000 alla soglia del 4% del Pil per i Paesi dell'Europa a quindici. Nel nuovo millennio questa tendenza si è invertita, a causa della diminuzione delle aliquote e delle difficoltà ad intervenire ulteriormente sugli imponibili. 73 In tema di normativa comunitaria relativa al transfer pricing vedi MAISTO, Il transfer pricing nel diritto tributario italiano e comparato, Pdova, 1985; CARPENTIERI, Redditi in natura e valore normale nelle imposte sui redditi, Milano 1997, 229 e ss.; BALZANI, Il transfer pricing, in Corso di diritto tributario internazionale, a cura di V. Uckmar, Padova 2002, 589 e ss; DENARO, “ Transfer pricing , quando l’ elusione non è la chiave di lettura “, Rivista telematica fisco nel mondo, www.fisconelmondo.it , 2008. 24 La Commissione ha stabilito, inoltre, che il regime fiscale della CCCTB sia "esclusivo", anziché "supplementare" all’attuale regime nazionale, in quanto vi è il rischio per alcuni redditi o attività di essere lasciati al di fuori della CCCTB. Inoltre, vi è il rischio che gli Stati membri ricorrano al sistema nazionale nei casi in cui sia difficile trovare un consenso unanime, se così fosse, la CCCTB perderebbe uno dei suoi principali vantaggi, vale a dire la semplicità. Pertanto, in applicazione del principio della esclusività, se una società decide di optare per il sistema della CCCTB, i redditi o le perdite dovrebbero essere tassati soltanto in virtù di questo sistema, e gli Stati membri non dovrebbero applicare alcuna imposta con riferimento ai propri sistemi nazionali. Per apportare modifiche alla CCCTB, occorrerebbe il consenso di tutti gli Stati membri, a scapito della capacità di adattamento: questo rafforza la tesi secondo cui la CCCTB debba essere facoltativa. Pur sussistendo numerose difficoltà politiche per l’adozione della CCCTB, la Commissione ha recentemente confermato la propria intenzione di presentare una proposta contenente la normativa in materia di base imponibile consolidata comune per le società europee nel più breve tempo possibile74 per ridurre al minimo le distorsioni, garantire l'efficienza e prevenire abusi. Nell’ipotesi in cui non si raggiungesse l’unanimità dei consensi, si pensa di non accantonare comunque il progetto CCCTB, ma di valutare l’opportunità di avvalersi della procedura di cooperazione rafforzata prevista dall'art. 11 del Trattato istitutivo della comunità europea.75 Questo autorizza un gruppo di Stati membri a portare avanti determinate politiche, offrendo agli altri Stati membri la possibilità di parteciparvi in una fase successiva, attuando così un “approccio graduale”. Il funzionamento della CCCTB non dipende solo da norme comuni ma anche dalla loro applicazione ed interpretazione uniforme, in caso contrario vi sarebbe il rischio di insorgenza di problemi causati dalle divergenze di applicazione della CCCTB da parte degli Stati membri76, con conseguenti costosi e complessi contenziosi. Al fine di garantire la sua attuazione uniforme, la CCCTB dovrebbe essere introdotta per mezzo di un regolamento, piuttosto che di una direttiva, eventualità, questa che, tuttavia, difficilmente si concretizzerà. L’auspicabile direttiva dovrà essere dettagliata per evitare differenziazioni di recepimento negli ordinamenti nazionali. Inoltre sembra indispensabile che la CCCTB venga attuata con un sistema amministrativo e giuridico comune, con regole chiare 74 Come confermato anche nella Comunicazione COM(2007) 223 definitivo- Attuazione del programma comunitario per il miglioramento della crescita e occupazione e per il rafforzamento della competitività dell’industria dell’unione Europea: ulteriori progressi durante il 2007 e i prossimi passi verso una proposta per una base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB). 75 Tuttavia, se non si dovesse raggiungere in un periodo ragionevole alcun accordo unanime all’interno del Consiglio, allora, come ultima istanza bisognerebbe considerar la procedura di cooperazione avanzata prevista dal Trattato. In base a tale approccio, se determinate condizioni sono soddisfatte, un gruppo di Stati membri può adoperare la legislazione che sarà quindi applicabile solo per essi; evitando così che possano presentarsi azioni senza “veto”. (KOVÁCS, Le prospettive della CCCTB, in Rass. Trib. n. 3/2008, p. 707 e ss). 76 Ad esempio, ciò si verificherebbe se due Stati membri avessero una diversa interpretazione delle modalità di assegnazione di utili o perdite tra di loro, o se avessero una differente determinazione delle spese deducibili e dei soggetti ammissibili. 25 sull’interpretazione o applicazione delle procedure. Ciò consentirebbe al contribuente di rapportarsi con una sola autorità fiscale77 che garantisca parità di trattamento in tutta l’UE. Questo approccio senza dubbio ridurrebbe radicalmente i costi di conformità, ma richiede maggiore collaborazione e scambio di informazioni tra le amministrazioni fiscali. Per quanto riguarda il quadro amministrativo, alcuni settori del mondo imprenditoriale hanno fortemente auspicato una qualche forma di “sportello unico” che consenta ai gruppi di imprese europei di rivolgersi direttamente ad una sola autorità amministrativa78. In linea con tale prospettiva il CCCTB Working Group ha discusso degli aspetti amministrativo formali dell’applicazione della CCCTB, nel meeting del marzo 2007, ed ha optato per l’approccio c.d. “one stop shop”, il quale implica un elevato grado di coordinamento e cooperazione tra le Amministrazioni fiscali coinvolte, ai fini dell’implementazione sia della base imponibile consolidata che del meccanismo di ripartizione79. Inoltre si presentano delle difficoltà anche in riferimento alla risoluzione delle controversie fiscali concernenti la CCCTB soprattutto per il coinvolgimento di più Stati membri che potrebbe implicare un dispendio economico e temporale molto gravoso. Per attenuare questi problemi, la CCCTB dovrebbe essere accompagnata da chiare ed autorevoli procedure di arbitrato e/o di contenzioso, magari con un organo di giustizia tributaria comune competente per l’interpretazione delle norme relative alla CCCTB. Non è difficile immaginare che tale approccio dovrà affrontare notevoli resistenze da parte degli Stati membri. A ciò si deve aggiungere che se, tuttavia, la CCCTB non avrà una tale infrastruttura amministrativa e giuridica, correrà il rischio di non raggiungere il livello di semplicità, efficienza e competitività necessario per perseguire gli obiettivi di Lisbona. L’attuazione delle strategia di Lisbona si traduce nella possibilità di far diventare l’Europa un posto più attraente per investire e lavorare, promuovere la conoscenza e 77 Possibilmente quella del Paese in cui è situata la casa madre del gruppo. VAN DER MADE, European Union: European Commission issues progress report on common consolidated tax base, International Tax Review, Gen. 2008. 79 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 117 e ss., il quale specifica: “l’obiettivo dell’approccio c.d. “one stop shop” è quello di combinare l’efficienza connessa alla presentazione- da parte del c.d. “soggetto d’imposta principale” di un’unica dichiarazione nei confronti di un’unica Amministrazione Fiscale (cd. Amministrazione Fiscale principale”) con la trasmissione dei dati rilevanti a tutte le Amministrazioni fiscali coinvolte. Del resto un certo grado di uniformità si impone anche sul versante del contenzioso con le Amministrazioni fiscali, mediante il riconoscimento della possibilità di presentare ricorso in appello solamente al “soggetto d’imposta principale”. Gli adempimenti amministrativo-formali in materia di CCCTB sono ampiamente esaminati dal CCCTB Working Group nel documento CCCTB/WP/061, dove si distinguono, con riferimento sia alla singola società che al gruppo, le seguenti aree di intervento: 1. L’applicazione opzionale della CCCTB; la presentazione della dichiarazione dei redditi da parte della singola società o del gruppo; il concetto di “soggetto d’imposta principale” e di “Amministrazione fiscale principale”; le modalità di presentazione della dichiarazione dei redditi e le procedure di determinazione della base imponibile comune e della base imponibile consolidata; le procedure per la realizzazione delle controversie tra Amministrazioni fiscali; le procedure di rettifica delle dichiarazioni e una banca dati centralizzata; le procedure per la risoluzione delle controversie tra soggetti di imposta e amministrazioni fiscali in grado di appello; le procedure per la risoluzione delle controversie tra soggetti di imposta e amministrazioni fiscali in appello, mediante l’eventuale ricorso alla CGCE”. 78 26 l’innovazione, modellare le politiche fiscali in maniera da consentire alle imprese europee di creare maggiore e migliore occupazione.80 Attualmente il gruppo di lavoro sta cercando di configurare un sistema di Ccctb che possa fornire alle società aventi sede in almeno due Stati membri la possibilità di calcolare il reddito imponibile di gruppo secondo un unico sistema di regole comuni a tutti gli Stati, mediante la creazione di una base imponibile comune e la previsione del suo consolidamento. La legislazione europea in materia dovrebbe quanto meno definire i principi fiscali comuni di riferimento a livello europeo, l'insieme delle norme e dei meccanismi necessari alla definizione di una base imponibile comune europea, le norme relative alle modalità di realizzazione del consolidamento dei gruppi societari, i principi contabili sottostanti la determinazione del reddito imponibile ai fini fiscali ed il meccanismo di ripartizione del gettito fiscale derivante dalla base imponibile comune consolidata. L'adesione alla Ccctb dovrebbe comportare secondo l'approccio per step seguito dalla Commissione: • l'adozione di regole armonizzate di definizione della base imponibile comune, in sostituzione delle regole fiscali nazionali81; • il consolidamento nella base imponibile degli utili e delle perdite della capogruppo con le imprese affiliate, superata una certa percentuale di controllo; • la riallocazione della base imponibile comune consolidata ai Paesi in cui il reddito è stato prodotto per la successiva applicazione delle aliquote legali dei singoli Stati membri; • la possibilità di una scelta opzionale a tale sistema;82; • l’indipendenza dagli IAS/IFRS, in quanto non tutte le società sono in grado di fare ricorso a tali principi contabili. 83 La Commissione ha, inoltre, dichiarato di ritenere che la CCCTB debba essere uniforme e debba semplificare ed ampliare la base imponibile delle società. Infatti, le linee guida dell’uniformità e della semplificazione sembrano ispirare profondamente la nuova base che dovrebbe essere “ampia”, anziché “stretta”.84 Pertanto, sgravi ed incentivi specifici dovrebbero essere limitati nel 80 A tal riferimento è notorio che il Consiglio Europeo della primavera del 2005 ha approvato un nuovo rilancio per la cosiddetta strategia di Lisbona puntando su crescita competitività e occupazione (v.Comunicazione della Commissione, n.352 del 25 ottobre 2005-COM (2005) 532, reperibile in lingua italiana sul sito web http://eurlex.europa.eu/LexUriserv/LexUriserv.do?uri=COM:2005:0532:FIN:IT:PDF. 81 Ad es. revisione del regime fiscale dell'ammortamento dei beni strumentali, degli accantonamenti effettuati in bilancio dalle imprese per perdite future, del regime fiscale delle plusvalenze sui titoli e sui dividendi e delle transazioni interne al gruppo. 82 Le società dovrebbero poter continuare ad applicare le norme esistenti se gli Stati membri le mantengono insieme alla CCCTB, oppure optare per la CCCTB, purché siano rispettate le norme in materia di aiuti di Stato. La validità dell'opzione verrebbe condizionata alla presenza di un rapporto di partecipazione rilevante tra i soggetti aderenti (75% utili e capitale, 50% + 1 dei diritti di voto) e all'esercizio contestuale da parte di tutte le società del gruppo in possesso dei requisiti, in base al principio all in all out. 83 ZONETTI, Progetto europeo di base imponibile comune consolidata, in www.nuovofiscooggi.it. 84 È generalmente riconosciuto da molti economisti che una base imponibile ampia con aliquote basse sia la soluzione economicamente più efficiente, che presenta gli effetti potenzialmente distorsivi più limitati per numero ed entità. Sul piano pratico, con questo approccio si avranno meno incentivi ed eccezioni, dato che l’introduzione del consolidamento transfrontaliero comporterà una lieve diminuzione delle 27 numero ed adeguatamente mirati e giustificati, mentre le ammende di carattere sanzionatorio non dovrebbero essere deducibili. Infine, proseguendo sullo stato dell’arte di tale progetto di base imponibile comune, occorre anche citare il documento CCCTB/WP/058, dove la Commissione europea individua le linee guida sulle quali dovrebbe fondarsi lo studio sull’impatto del consolidato comunitario presso gli Stati membri. Tale valutazione di impatto si propone di identificare e valutare le possibili conseguenze economiche sia da un punto di vista macroeconomico che da quello microeconomico, fiscali, giuridiche, sociali e ambientali dell’introduzione della Ccctb, nonché di alcune proposte alternative, per confrontarle con i costi e le variabili micro e macroeconomiche che caratterizzano lo scenario attuale (ipotesi "no-change")85. In particolare, l’”Impact Assesment”86 della Commissione Europea sulle proposte di riforma a livello comunitario dei regimi fiscali vigenti si pone la finalità di individuare gli ostacoli fiscali esistenti nel mercato interno alle attività transfrontaliere delle società comunitarie, di definire gli obiettivi da raggiungere mediante l’implementazione della CCCTB, nonché di analizzare le alternative possibili per il superamento degli ostacoli fiscali e il loro impatto economico, ambientale e sociale87. Con riferimento alle possibili alternative per l’eliminazione degli ostacoli fiscali all’attività transfrontaliera, costituiscono oggetto di ”Impact Assesment” sulla base imponibile comunitaria, oltre all’approccio “no change”, la base imponibile comune senza consolidamento (CCTB) e la base imponibile comune consolidata (CCCTB).88 3. Principi contabili e fiscali della CCCTB. 1. 2. dimensioni della base imponibile in quanto consentirà la compensazione delle perdite in modo più coerente e rapido di quanto non sia possibile attualmente. 85 VITALE, Base imponibile comune, progetto in fieri e nodi da sciogliere, pubblicato il 04.05.2007, in www.nuovofiscooggi.it. L’approccio “no change” implica l’assenza di qualsiasi intervento per il coordinamento dei regimi fiscali comunitari. 86 La verifica dell’impatto potrebbe essere elaborata secondo tre differenti approcci. Il primo che prende ad esame i dati fiscali effettivi, raccolti presso le Amministrazioni finanziarie e le entità giuridiche soggette a tassazione. Tali dati però non risultano di agevole valutazione. Il secondo approccio che si basa sull’analisi dell’utilizzo dei dati contabili e finanziari relativi alle società comunitarie. I dati contabili potrebbero essere utilizzati in luogo dei dati fiscali effettivi. Infine il terzo approccio prende in esame, oltre ai dati specifici utilizzati dai primi due metodi, anche i modelli macro-economici da applicarsi con riferimento all’economia dell’Unione Europea nel suo complesso e alle singole realtà economiche nazionali. 87 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, in Riv. di dir. trib. int., 2008, p. 122 e ss.). 88 L’ “Impact Assesment” sulla CCCTB parte dall’individuazione delle imprese comunitarie interessate dalla nuova disciplina, sulla base delle seguenti due assunzioni: solo le società e le stabili organizzazioni in possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione al consolidato (percentuale di partecipazione pari o superiore al 75%) optano per il regime CCCTB; tutte le imprese comunitarie soggette ad imposta sulle società (in presenza dei requisiti richiesti per l’ammissione al consolidato) optano per il regime CCCTB per il calcolo della propria base imponibile, dando vita ad uno scenario c.d. “all in”.(VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, in Riv. di dir. trib. int., 2008, p. 122 e ss.). 28 Ai fini della costituzione della CCCTB assume un valore fondante la definizione dei principi generali contabili e fiscali, applicabili uniformemente in tutti gli Stati membri. In riferimento ai principi contabili, la Commissione sin dal 2001 aveva già espresso la volontà di prendere a modello i “principi comuni in una prospettiva internazionale” riferendosi implicitamente ai principi contabili IAS-IFRS, che ormai hanno assunto un ampio riconoscimento nell’ordinamento comunitario sia attraverso il loro recepimento in regolamenti e direttive che ad opera dell’Auditing Standards Board (ASB)89. Col secondo step, nel 2003, la Commissione90 si è posta il problema del collegamento tra la CCCTB e i principi contabili internazionali (IAS-IFRS) in un documento dal titolo "IAS come punto di partenza? ". Successivamente, nel 2004, con l’istituzione di Gruppi di lavoro aventi ad oggetto lo sviluppo applicativo della CCCTB, si è proceduto ad approfondire il tema relativo alla possibilità di utilizzare le regole di valutazione insite nei principi contabili internazionali quali criteri di determinazione dell'imponibile fiscale. Col documento n. 157/200691 la Commissione anche se ha chiarito di non voler vincolare il progetto europeo di base imponibile comune consolidata ai principi contabili internazionali, nello stesso tempo ha specificato che gli stessi costituiscono un valido strumento interpretativo e di supporto per la definizione delle categorie impositive da prendere in esame92. Nello stesso tempo, ciò che emerge dalla comunicazione della Commissione è il l’intenzione di stabilire, nell’ambito del progetto della base imponibile comune, un legame indissolubile tra il risultato d’ esercizio da un punto di vista civilistico e la determinazione della base imponibile93. In altre parole, il modello previsto dalla Commissione europea facendo proprio il principio di dipendenza del reddito fiscale dal reddito civilistico contabile, determina l’inevitabile conseguenza che il secondo assuma le categorie del primo quali indice della forza contributiva dell’impresa e, quindi determinando a livello comunitario un unicum tra principi contabili e imponibili fiscali. 94 89 SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base): una sfida per la fiscalità europea, in www.innovazionediritto.unina.it. 90 Cfr. COM(2003)726 nella quale la Commissione rileva che, per la realizzazione di una base imponibile comune in ambito UE, le disposizioni contabili sono determinanti. I principi contabili internazionali rappresentano sicuramente un essenziale punto di partenza che consente di avviare il processo di riconciliazione dei vari sistemi tributari, i quali generano altrettanti distinti criteri di determinazione della base imponibile. 91 Doc. Com (2006), n. 157, del 05 aprile 2006 “Implementing the Community Lisbon Programme: Progress to date and next steps towards a Common Consolidated Yax Base (CCCTB)”. 92 IAS/IFRS will therefore be used only as tool in designing the base because they provide a common language and some common definitions. In particular, elements of these international standards wich do not suit the CCCTB will not be imported into the CCCTB and there will be no direct formal link to the constantly changing standards (IAS/IFRS). 93 V. Doc. Com (2006), n. 157, del 05 aprile 2006 si legge: “The rules governing the contento f the CCCTB will be applicable whwther, at the National level, the starting point for compagnie preparing their tax accounts is accounts prepared in accordante with IAS/IFRS or National accounting standards” 94 Cfr. VISCONTI, L’introduzione degli IAS/IFRS nel sistema delle imprese Italiane: scenari interni e prospettive di sviluppo, in www.innovazionediritto.it, dove emerge con chiarezza la necessità di chiarire il rapporto tra contabilità finanziaria e tassazione, in quanto quest’ultima deve fare riferimento ad un sistema contabile che conduca all’imposizione di guadagni realizzati e non virtuali, anche se rappresentativi di una corretta visione contabile (c.d. nesso di dipendenza). Per le società che utilizzano 29 In ogni caso, un forte limite alla diffusione e alla facilità di fruizione dei principi che verranno stabiliti in sede di attuazione della CCCTB, sta sicuramente nel fatto che ad oggi non tutti i paesi comunitari hanno posto l’obbligo di adozione dei principi contabili internazionali a favore delle medesime tipologie di soggetti. Ne consegue, pertanto, che ai risultati civilistici determinati secondo i differenti principi contabili locali dovranno essere apportate le variazioni su determinate fattispecie reddituali (cd. key elements), al fine rispettare le disposizioni volte a determinare una base imponibile consolidata comune.95 Quindi, sebbene la Commissione non abbia vincolato l’attuazione della CCCTB all’adozione di principi contabili comuni, appare evidente che l’unica strada concreta da percorrere al fine di poter addivenire a dei meccanismi di tassazione su base comune, e quindi al conseguimento dei vantaggi collegati, sia proprio rappresentata dall’esigenza di stabilire dei meccanismi contabili comuni, quantomeno per quei soggetti verso i quali tali conformazioni sono imposte dal mercato. Allo stesso modo, in materia fiscale è sorta la necessità di creare un quadro di riferimento necessario alla definizione dei principi fiscali di carattere generale che siano in linea con il principio di capacità contributiva (equità orizzontale e verticale efficienza, efficacia, semplicità, trasparenza e certezza, coerenza, flessibilità) anche in riferimento al Framework IAS96 I principi fiscali generali sono97: • l’equità verticale: secondo tale principio, il carico fiscale deve essere suddiviso in base alla “capacità contributiva”, esso poterebbe rilevare quando si debba decidere se assoggettare a tassazione gli utili non distribuiti. • L’equità orizzontale: in base a tale principio, i contribuenti nelle stesse condizioni economiche dovrebbero ricevere lo stesso trattamento fiscale, esso dovrebbe garantire la corretta allocazione della base imponibile tra gli Stati interessati. • L’efficienza: secondo tale principio, la tassazione dovrebbe essere neutrale, nel senso che le decisioni relative ad un investimento dovrebbero essere prese solo in considerazione della convenienza economica, quindi dove la produttività del capitale è più elevata, non dove la tassazione è più “leggera”; • L’effettività: tale principio consiste nella capacità della base imponibile di conseguire gli obiettivi cui è preposta. • La semplicità, trasparenza e certezza: la semplicità di calcolo della base imponibile dovrebbe comportare minori costi amministrativi e di gli IAS/IFRS, tali interferenze si potrebbero eliminare utilizzando la base numerica risultante dall’adozione dei suddetti principi come base imponibile comune. Tuttavia, si potrebbe anche seguire il percorso inverso, che si crea determinando le regole per la formazione di una base imponibile comune che si conforma a quella contabile. 95 Cfr. VISCONTI, L’introduzione degli IAS/IFRS nel sistema delle imprese Italiane: scenari interni e prospettive di sviluppo, cit., in riferimento alle considerazioni emerse dalla recente riunione del CCCTB Working Group del 27-28 settembre 2007, in Bruxelles. Si veda www.europa_eu/taxation_customs. 96 Cfr SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base): una sfida per la fiscalità europea, cit. 97 VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale: disciplina nella riforma Ires e profili comunitari e comparati, cit., p. 234. I “general principles” sono stati già analizzati dal Gruppo di lavoro nello studio del 2001 (SEC (2001) 1681, cit. 30 adeguamento, sia per le amministrazioni fiscali che per le imprese; la trasparenza e la certezza sono indispensabili per una corretta predisposizione del business plan da parte delle imprese. • La consistenza e coerenza: secondo tali principi, le transazioni con lo stesso risultato economico dovrebbero ricevere lo stesso trattamento fiscale; • La flessibilità: in base a tale principio, la base imponibile dovrebbe potersi adattare agevolmente ai continui cambiamenti del mercato. Il problema è che una base imponibile unica potrebbe rivelarsi meno flessibile dei singoli sistemi nazionali. • L’applicabilità: tale principio implica che le norme che disciplinano la base imponibile siano di facile applicazione. I principi contabili sono: • Il principio della competenza e della forma: secondo tale principio, le varie operazioni vengono contabilizzate nel periodo al quale si riferiscono, ovvero quando si verificano gli effetti economici, indipendentemente da quelli finanziari. • Il principio di comprensibilità, responsabilità, rappresentazione veritiera e corretta, neutralità: si tratta di principi essenziali per la definizione di una base imponibile comune consolidata. • Il principio di rilevanza: secondo tale principio, le informazioni sono considerate rilevanti quando la loro omissione o errata rilevazione può influenzare le decisioni degli stakeholders; ai fini fiscali, le informazioni sono considerate rilevanti se incidono sull’ammontare degli utili imponibili. • La prevalenza della sostanza sulla forma: ai fini fiscali, tale principio potrebbe essere utilizzato quale principio generale o applicabile solo in determinate circostanze, come, ad esempio, ai fini della contabilizzazione del leasing finanziario. • Il principio di prudenza: tale principio fa riferimento alla cautela nella valutazione delle attività e del reddito. Ai fini contabili, esso viene rispettato quando i suddetti elementi non vengono sovrastimati o le passività e le spese non vengono sottostimate. Ai fini fiscali, il principio si riferisce alla necessità di evitare fenomeni di erosione degli utili conseguiti. • La distinzione tra costi e ricavi: ai fini fiscali, i costi possono essere deducibili o indeducibili. In base ai principi contabili internazionali, il reddito comprende sia i profitti derivanti dall’esercizio di attività commerciali, sia le plusvalenze che possono anche derivare da attività non commerciali, sia redditi non realizzati. Ai fini fiscali, può essere necessario distinguere tra profitti e plusvalenze, utili realizzati e non realizzati. • La misurazione dei valori: esistono vari metodi per la misurazione dei valori iscritti in bilancio, ma il più diffuso è quello del costo storico. • La legalità: tale principio implica che il sistema CCCTB dovrà rispettare i principi giuridici che regolano l’esercizio del potere impositivo nei vari Stati membri.98 98 VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale: disciplina nella riforma Ires e profili comunitari e comparati, Il Sole 24 Ore, cit., p. 234. 31 Nel 2007 il gruppo di lavoro Ccctb ha pubblicato un documento dal titolo: "Ccctb: Possible Elements of a Technical Outline"99. Sebbene inizialmente il Ccctb working group avesse pensato ad un formale collegamento con i principi contabili internazionali Ias/Ifrs, considerati un buon punto di partenza in grado di permettere alla base imponibile di evolversi in linea con i probabili sviluppi futuri della prassi contabile, bisogna tener presente che molti Stati membri limitano l’utilizzo degli Ias/Ifrs, per cui molte imprese redigono il bilancio in conformità ai rispettivi principi contabili nazionali. Ai fini della Ccctb, in prima battuta, ci si dovrà limitare alla definizione di una base imponibile comune, mentre la definizione delle variazioni fiscali al risultato d’esercizio sarà di competenza degli Stati membri. La base imponibile comune sarà calcolata su base annuale come differenza tra "income subject to tax less exempt income and deductible expenses and other deductible items"100. Per calcolare la base imponibile di una società, si può partire dal confronto tra bilancio di apertura e bilancio di chiusura o dal conto economico. Il primo metodo richiede l’elaborazione di un “bilancio fiscale” secondo regole concordate comprendente il conto economico. Il secondo richiede che la legislazione CCCTB fornisca una definizione comune soltanto del conto economico, i dati di bilancio possono essere verificati facendo riferimento ai rendiconti finanziari. La Commissione ritiene che un bilancio fiscale non sia necessario e rappresenti un onere amministrativo supplementare per le società. Un elemento fondamentale ai fini della determinazione e del calcolo della base imponibile consolidata è rappresentato dalla valutazione degli assets101. Le criticità relative alla valutazione delle immobilizzazioni ed il correlato trattamento fiscale degli ammortamenti nel panorama legislativo europeo sono stati oggetto di studio ed approfondimento102. Nella definizione di assets sono ricompresi quei beni posseduti dall’azienda ed utilizzati per la produzione e/ o fornitura di beni e/o servizi e, inoltre, destinati ad essere utilizzati per più esercizi ossia, in pratica, trattasi principalmente di beni immobili, impianti e macchinari. Dal punto di vista contabile, sono valutati in base al costo (prezzo d’acquisto, compresi gli oneri di diretta imputazione) 99 Working Document “CCCTB: possible elements of a technical outline”, CCCTB/WP/57 del 26.07.2007. 100 Il documento elaborato dal gruppo di lavoro fornisce delle esemplificazioni di reddito esente (ad esempio i sussidi direttamente connessi all’acquisizione, costruzione, miglioramento di beni ammortizzabili), un’elencazione (non esaustiva) di spese non deducibili (quali, ad esempio, utili distribuiti, rimborso di azioni e di debiti, 50% delle spese di rappresentanza, costi di gestione relativi ad attività che producono redditi esenti, ecc…), nonché una definizione di bene ammortizzabile. Il lavoro si sofferma inoltre sui criteri di valutazione, di imputazione temporale, sul principio di inerenza ed altro ancora. 101 I progressi del SG1 sul tema in questione sono esposti nei documenti " A n overview of the main is sues that emerged during the discussion of tax depreciation of assets” (Commissione europea, Working document “ A n overview of the main issues that emerged during the discussion of tax depreciation of assets” (CCCTB/WP/014) del 7.9.2005); e "Summary Record by the Chair of the Meeting of the Common Consolidated Corporate Tax Base Working Group" (Commissione europea, Working document "Summary Record by the Chair of the Meeting of the Common Consolidated Corporate Tax Base Working Group” (CCCTB/WP/024) del 12.1.2006). 102 Le osservazioni in merito sono descritte nel documento CCCTB/WG/012: “An overview of the main issues that emerged during the discussion of tax depreciation of asset”. 32 ovvero al costo sostenuto per la loro realizzazione; attraverso l’ammortamento (ossia il deprezzamento derivante dal loro più o meno intenso utilizzo ), il costo viene ripartito in quote annuali calcolate in base al periodo di vita utile residua o meglio in tanti esercizi quanti sono gli anni nei quali l’azienda potrà ottenere da essi i benefici economici derivanti dal loro impiego nel processo produttivo.103 Dal punto di vista fiscale, invece, non sono presi in considerazione alcuni costi diretti. Successivamente alla rilevazione finale, il bene materiale deve essere iscritto al costo netto dei relativi ammortamenti; tale differenza costituisce il valore residuo del bene. Occorre, altresì, tenere tenere conto di eventuali svalutazioni o rivalutazioni del bene, i quali non hanno, però, alcun riconoscimento ai fini fiscali.104 In tema di ammortamenti, inoltre, la discrezionalità riconosciuta al redattore del bilancio civilistico in merito ai criteri di ripartizione del valore ammortizzabile deve fare i conti con la rigidità della disciplina fiscale che impone dei metodi obbligatori prevedendo per alcuni settori produttivi, poche eccezioni quali, ad esempio, l’ammortamento accelerato previsto in Belgio o Francia e non più in Italia. Difatti occorre precisare che non tutti gli Stati Membri attribuiscono la stessa rilevanza ai due criteri di ammortamento (quote costanti e quote decrescenti) e/o prevedono uguali tassi o aliquote annuali di ammortamento.105 E’ chiaro, quindi, che nei vari Stati Membri non esiste una disciplina contabile uniforme, per cui necessariamente bisogna sforzarsi per avvicinare quanto più possibile le regole contabili ma, soprattutto, la disciplina degli ammortamenti attraverso un approccio uniforme e condiviso. In conclusione, ai fini dell’introduzione della base imponibile consolidata, il gruppo di lavoro delinea due metodi, l’uno a quote costanti cosiddetto "straight line" su base individuale per i cespiti a lunga vita utile quali gli immobili106, l’altro metodo, su base comune ("pooled") a quote decrescenti cosiddetto "reducing balance method" applicabile sui beni ammortizzabili in un periodo medio-breve. L’ammortamento sarà dedotto dal proprietario economico del bene ossia, dalla persona che gode dei benefici e sostiene i rischi relativi all’asset107 a prescindere, quindi, da chi ne sia il proprietario dal punto di vista giuridico108. Il primo metodo prevede che il costo di acquisizione o di costruzione aumentato delle eventuali spese incrementative del singolo asset sia ammortizzato a quote costanti, pertanto con l’aliquota fissa109. Il secondo metodo riferentesi a tutti beni di vita utile 103 SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base): una sfida per la fiscalità europea, cit. 104 VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale- Disciplina nella riforma Ires e profili comunitari e comparati 2006, cit., p. 236 e ss. 105 SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base): una sfida per la fiscalità europea, cit.. 106 Un bene viene considerato di lunga durata se la sua vita utile è pari o superiore a 25 anni o se, in alternativa, il suo costo eccede i 5milioni di euro. 107 in base al principio cardine negli Ias che accorda prevalenza alla sostanza sulla forma. 108 Particolare rilevanza tale regola assume nel leasing qualora contabilizzato col metodo patrimoniale. 109 2,5 per cento per gli immobili e 4 per cento per le altre immobilizzazioni materiali a lunga vita utile. 33 medio-breve inseriti in un’unica base di costo stabilisce l’ammortamento ad un’aliquota del 20% da applicare al valore originario del cespite nel primo anno per poi passare al valore residuo al netto degli ammortamenti. La base di costo unica sarà data dal valore contabile netto dell’insieme di asset considerati all’inizio del periodo incrementato degli acquisti e delle spese incrementative sostenute nell’anno d’imposta e decrementato dei corrispettivi e/o degli indennizzi realizzati dalle dismissioni o dalle perdite dei beni nel corso dell’anno d’imposta.110 A questo punto, dovendo passare agli accantonamenti e alle riserve111, è utile precisare che vi sono differenze sostanziali tra i singoli Stati membri, in quanto una stessa operazione potrebbe essere considerata nell’uno o nell’altro modo. Ciò ha rilevanti conseguenze, poiché, in genere, gli accantonamenti sono deducibili, mentre le riserve sono indeducibili, per cui si rende necessario specificare meglio i requisiti di ciascuna delle due categorie di conti. In merito alla deducibilità degli accantonamenti, si possono avere due approcci: secondo il primo, gli accantonamenti sono considerati generalmente non deducibili con un elenco di eccezioni, in base al secondo, gli accantonamenti sono considerati generalmente deducibili con un elenco di eccezioni. La Commissione ritiene che il secondo approccio è di più diretta implementazione anche se la scelta dell’uno piuttosto che dell’altro non può prescindere dall’individuazione di una definizione di accantonamento che sia definitiva ed unanimemente accettata e riconosciuta.112 4. Il consolidamento delle basi imponibili. Con il consolidamento si attuano i maggiori benefici connessi alla disciplina della CCCTB, in particolare si sostanziano nella possibilità di compensare profitti e perdite, dall’altro l’eliminazione dei costi di compilance alle normative in materia di transfer pricing113. 110 DENARO, Dal working group stretta finale sulla Ccctb (2,), in www.fisconelmondo.it. Nell'aprile 2005 si è tenuto a Roma il primo meeting del SG2 vedi "Summary record of the meeting of the Common Consolidated Corporate Tax Base Working Group" e"Summary Record by the Chair of the meeting f the Common Consolidated Corporate Tax Base working Group"., incaricato dello studio di "riserve, accantonamenti e passività" nell'ambito della più ampia attività di analisi per l'implementazione della CCCTB. In particolare, si è discusso sulla: • definizione di "riserve, accantonamenti e passività"; • deducibilità fiscale di accantonamenti e riserve; • loro obbligatorietà secondo le singole legislazioni nazionali. (VALENTE P. e VALENTE G., Consolidato fiscale- Disciplina nella riforma Ires e profili comunitari e comparati 2006, cit., p. 239 e ss.). 111 112 VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento sovranazionale e competizione interstatuale, Rivista di diritto tributario internazionale, 2006, p.78 e ss. 113 Con la Ccctb, non vi sarà più necessità di applicare al transfer pricing il principio dell'arm's length tra imprese che potranno consolidare profitti e perdite nello stesso gruppo. I profitti e le perdite totali dei gruppi consolidati verranno allocati tra gli Stati membri secondo meccanismi concordati. Ciononostante, per le relazioni tra imprese Ccctb e partner non rientranti nel gruppo consolidato, sarà necessario definire una modalità comune di applicazione del principio dell'arm's length” v. Ccctb Working Group, CCCTB\WP\041\doc\en del 5 dicembre 2006. 34 Una delle principali caratteristiche della CCCTB è infatti quella di garantire l’imposizione sul risultato netto di utili e perdite dei vari membri di un gruppo societario. Di conseguenza, non rileva dove i profitti o le perdite siano sorti, perché il risultato di tutto il gruppo è visto come una singola unità che costituisce la base imponibile. L’eliminazione delle operazioni infragruppo porterebbe ad eliminare gli oneri derivanti dall’applicazione del regime dei prezzi di trasferimento, che attualmente impone costi di conformità per le attività transfrontaliere. Tale metodo di ripartizione della base imponibile che utilizza meccanismi di ripartizione del reddito secondo criteri diversi da quello dei profitti e delle perdite (ad es., il fatturato totale, i salari, il patrimonio) non è nuovo in un contesto internazionale114. Inoltre il consolidamento e l'eliminazione delle operazioni infragruppo avrebbero anche un effetto nella risoluzione degli attuali problemi di doppia imposizione economica internazionale. La CCCTB potrebbe anche contribuire ad eliminare la doppia imposizione giuridica115 internazionale all'interno dell'Unione europea, in quanto mira a prevedre il calcolo del reddito o di una perdita una sola volta, in modo da garantire un’imposizione netta all'interno del sistema stesso, e a risolvere il problema della doppia residenza secondo regole comuni. In effetti la doppia imposizione giuridica internazionale è spesso mitigata attraverso le convenzioni fiscali bilaterali, ma l'applicazione di tali trattati è complessa e di difficile interpretazione, con conseguenti conflitti fiscali tra gli Stati contraenti e tra questi ed i contribuenti. Per quanto riguarda le transazioni infragruppo, nel sistema CCCTB, si auspica l’acquisizione di una maggiore semplificazione. Le cessioni dei beni e le prestazioni dei servizi tra le società consolidate saranno neutrali sotto il profilo fiscale, in quanto i relativi corrispettivi non rientreranno nella base imponibile consolidata. Pertanto si avrà la disapplicazione della disciplina nazionale in materia di transfer pricing che, 114 Tali meccanismi, ad esempio, sono stati utilizzati per molti anni negli Stati Uniti ed in Canada, con risultati soddisfacenti. 115 Sul punto v. TOSI e BAGGIO, Lineamenti di diritto tributario internazionale, Cedam, 2009, p. 7 e ss, che chiarisce il concetto di doppia imposizione giuridica in questo modo: “La doppia imposizione giuridica internazionale si verifica nel caso in cui uno stesso reddito, bene o atto può (legittimamente) formare oggetto di imposizione fiscale in più Stati. La doppia imposizione crea delle distorsioni per due principali ragioni: a) ragioni economiche, in quanto dissuade gli operatori a compiere attività economiche che interessano più Stati, con danno al commercio internazionale; b) per ragioni di equità, perché ad esempio chi produce ricchezza in due Stati può essere costretto a subire una doppia imposizione mentre chi opera solo contro i confini nazionali non deve affrontare questa problematica. Accordi che mirano ad eliminare la doppia imposizione sono stati conclusi tra molti Stai nel corso degli ultimi cinquant’anni. L’Italia ha stipulato una settantina di accordi con altrettanti Paesi. Esistono due criteri per evitare la doppia imposizione fiscale: il criterio dell’esenzione e il criterio del credito d’imposta. Con il criterio dell’esenzione i redditi prodotti all’estero da un residente sono esentati dall’imposta nello Stato di residenza, a differenza del criterio del credito d’imposta che è il più usato e che consente al residente di detrarre dall’imposta nazionale quella pagata in un altro Stato per il medesimo reddito. Tuttavia, questo meccanismo ha un limite: l’imposta estera detraibile non può superare quella nazionale; inoltre cfr. ADONNINO, Doppia imposizione, in Enciclopedia giuridica, 1984; VITALE, Doppia imposizione (diritto internazionale), in Enciclopedia del diritto, 1964, XIII, 1007. Nella dottrina internazionale ed estera: Stamp, Double Taxation and the Freedom of International Investment, King & Son London, 1927, Nyboyet, Les Doubles Impositionsau point de Vue Juridique, in “Acadèmie de Droit International, Recueil des Cours”, 1930, I, p. 23; Buhler, Prinzipien des Internatiolanen Steuerrechts, Amsterdam, 1964, p.32; Einaudi, Principi di Scienza delle Finanze, Torino 12952, p. 224: Seligman, Double Taxation in Essays in Taxation, New York, 1925, cap. IV; Chrètien, A la recherché du droit international fiscal commun, Librairie de Recueil Sirey, Parigi, 1955; 35 nella generalità degli ordinamenti, fa riferimento al principio del valore normale per i prezzi applicabili alle transazioni infragruppo. Da ciò dovrebbe derivare un indubbio beneficio per i gruppi di imprese, che potranno stabilire i prezzi di trasferimento senza il rischio di accertamento tributario, e soprattutto, ne deriverà un consistente risparmio in termini di adempimenti (ad esempio, la predisposizione e la conservazione, nell’ottica di un eventuale accertamento, di documentazione corroborante la scelta del prezzo di trasferimento) nonché in termini di eventuali spese di contenzioso116. Infine l'introduzione di una base imponibile comune consolidata potrebbe potenzialmente ridurre il numero delle complesse norme antievasione attualmente in vigore, come quelle CFC117. Altra questione riguarda i criteri di determinazione della base imponibile consolidata, con particolare riferimento alla disciplina delle perdite e delle plusvalenze latenti pregresse all'opzione e delle perdite generate in corso di opzione. Le perdite registrate da una società anteriormente all’ingresso in un gruppo il quale applica la disciplina della CCCTB non sono riportabili a livello di gruppo, ma possono essere utilizzate dalla medesima società che le ha utilizzate, la quale potrà detrarle dalla quota di base imponibile ad essa allocata sulla base del meccanismo di ripartizione applicabile. Le perdite registrate a livello di gruppo possono essere riportate in avanti per essere compensate con eventuali profitti futuri.118 Il consolidamento dovrebbe essere obbligatorio in base ad un approccio "all-in or all-out " per tutte le società (e stabili organizzazioni) che siano partecipate per più del 75% nell’ambito del gruppo che ha optato per la Ccctb. 116 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, in Rivista di diritto tributario internazionale, 2008, 107. 117 Lo scopo delle disposizioni CFC (Controlled Foreign Company) è quello di includere nella base imponibile domestica redditi stranieri che sono considerati essere oggetto di un’inaccettabile basso livello di tassazione nei Paesi in cui vengono prodotti. Tale regime è stato introdotto dall’art. 1 L. 21 novembre 2000, n. 342: “se un soggetto residente in Italia detiene il controllo in un’impresa, società o altro ente residente o localizzato in Stati e territori con regime fiscale privilegiato, i redditi conseguiti dal soggetto estero partecipato sono imputati a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato sono, imputati a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato, ai soggetti residenti in proporzione delle partecipazioni da essi detenute”. L’imputazione in capo al residente del reddito estero, formalmente facente capo a soggetto giuridicamente distinto, ancorchè legato al primo da un rapporto di controllo, realizza in tal modo uno schema presuntivo relativo, essendo ammessa pur con alcuni significativi limiti, la possibilità di prova contraria. VISMARA, Profili internazionali dell’imposizione tributaria, in Saggi di diritto Tributario, Milano, 2004, p. 151 e ss.; in argomento v. MAISTO, Il regime di imputazione dei redditi delle imprese estere partecipate (c.d. controlled foreign companies), in Riv. dir. Tributario, 2000, IV, p. 50 ss.; CORDEIRO GUERRA, Riflessioni critiche e spunti sistematici sulla introducendo disciplina controller foreign compagnie, in Rass. Trib., 2000, 1399 ss.; STEVANATO, Controlled foreign compagnie: concetto di controllo e imputazione del reddito, in Riv.dir. tributario, 2000, I,77 ss.; ID., La delega fiscale e la CFC legislation, in Fisco 2002, 2730 ss.; BRACCO, CFC legislation e trattati internazionali: le recenti integrazioni al commentario Ocse e il loro valore ermeneutico, in Riv. dir. tributario, 2004, I, 179 ss.; in particolare per analizzare alcune considerazioni su possibili incompatibilità con l’ordinamento comunitario cfr. CIPOLLINA, CFC legislation e abuso della libertà di stabilimento: il caso Cadbury Schweppes, in Riv. dir. finanziario, 2007, II, 13 e ss. 118 VALENTE, Base imponibile europea:lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 107; Inoltre l’autore specifica: Non dovrebbe essere ammessa l’attribuzione di perdite alla società la quale abbandona il gruppo. Allorquando una società sia ceduta a terzi, le perdite riportabili in avanti a livello di gruppo rimangono in quest’ultimo. La soluzione alternativa, la quale prevede che le perdite siano attribuite alla società che abbandona il gruppo, implica che le perdite siano calcolate-secondo le regole proprie del meccanismo di ripartizione applicabile- alla data del trasferimento della società. 36 In particolare, il consolidamento si estenderà all’intera base imponibile a prescindere dalla quota partecipativa detenuta dalla controllante (ovviamente superiore al 75%). Le imprese residenti che optano per la CCCTB saranno tassate sulla base del worldwide income, mentre quelle non residenti, in conformità al modello Ocse, saranno tassate sugli utili d’impresa attribuibili alla stabile organizzazione per mezzo della quale l’impresa svolge la propria attività. È probabile che scompaiano le ritenute alla fonte sotto qualsiasi forma sui pagamenti tra soggetti di un gruppo consolidato, mentre negli altri casi, la questione rimane maggiormente dibattuta. Sarà necessario definire in modo particolareggiato che cosa costituisca un gruppo di società ai fini del consolidamento. Oltre alla definizione di un comune livello accettabile di controllo, crea delle difficoltà la gamma di possibili strutture di controllo119. Nella proposta di direttiva il WG ha specificato che ai fini del consolidato comunitario, il gruppo comprende la casa madre comunitaria, le sue società controllate e le stabili organizzazioni con sede sul territorio comunitario, a prescindere dal fatto che la casa madre con sede nell’UE sia a sua volta controllata da una società con sede nell’UE, le quali si trovino sotto il controllo comune di una casa-madre residente in uno Stato terzo, cosiddetta "sandwich situation". La presenza di una società comunitaria in posizione intermedia nell’ambito di un gruppo di società comunitarie non determina l’interruzione della catena partecipativa qualificante per l’applicazione del consolidato comunitario120. Per quantificare la quota di partecipazione ai fini del consolidamento, la percentuale di partecipazione si calcola tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria di controllo, ma le partecipazioni dirette, quando eguali o superiori al 75%, dovranno essere valutate come se fossero pari al 100%.121 Le partecipazioni dirette uguali o inferiori al 50% non avranno alcuna rilevanza. 122 119 Se, ad esempio, una società estera controlla una serie di società dell’UE ed è a sua volta controllata da una società dell’UE, sembra preferibile che tutte le società UE del gruppo siano consolidate. Tuttavia alcuni esperti preferiscono tenere le società UE separate quando la catena del controllo è interrotta da un soggetto estero; occorre quindi trovare un modo per risolvere la questione. 120 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, 105 e ss. 121 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, 101 e ss. L’autore specifica che: “Con tale arrotondamento, infatti, si vuole evitare che la catena di controllo risulti facilmente interrotta dall’effetto della demoltiplicazione, causando una potenziale proliferazione dei gruppi consolidanti. Tale scelta è stata criticata da parte di diversi esperti, che ritengono l’aggiustamento in esame appropriato soltanto in presenza di partecipazioni più elevate del 75%. Cfr. il documento CCCTB/WP/53 del 01.03.2007. 122 Viene inoltre suggerita l’inclusione nel consolidato delle società nelle quali il requisito del controllo (superiore al 75%) sia riscontrato sia all’inizio che alla fine dell’anno d’imposta per le quali contestualmente tale percentuale di controllo sia mantenuta per almeno sei mesi e non scenda mai al di sotto del 50%. 37 5. La ripartizione della base imponibile consolidata Un aspetto molto innovativo ma anche controverso di tutto il progetto attiene alla ripartizione della base imponibile consolidata che rappresenta la necessaria conseguenza del consolidamento. 123 Il gruppo di lavoro si sta occupando dell'individuazione di principi generali e della fissazione di un metodo favorevole alla ripartizione proporzionale, già utilizzato negli Stati Uniti. A tal fine la Commissione Ue ha promosso un apposito dibattito con gli Stati membri e le società interessate, al fine di sondare l’intenzione di introdurre un sistema uniforme di ripartizione fiscale, in sostituzione di quello attuale, basato su principi di contabilità separate. Il successo della progettazione del meccanismo di ripartizione è forse il compito più impegnativo per la realizzazione di un efficiente e competitivo sistema CCCTB. La questione dei prezzi di trasferimento è una delle più difficili da affrontare. Per questo, la CCCTB deve discostarsi dalla prassi corrente di ripartizione di utili e perdite sulla base del luogo e della società che li ha generati. La prima tipologia di metodi adottati dalla Commissione era basatA su fattori di tipo macro-economico o micro-economico, quali ad esempio: • la ripartizione in base al rapporto tra il Pil del Paese in cui è presente la società del gruppo e la somma dei Pil di tutti i Paesi in cui è presente il gruppo. • la ripartizione in base al valore aggiunto prodotto dalle singole società del gruppo; La prima tipologia di metodi (basati ad esempio sul Pil) sebbene semplice e non manipolabile dalle imprese, crea una scissione tra il reddito prodotto da una società in uno Stato membro e l’ammontare di imposte da pagare in quello Stato membro. La seconda tipologia (basata sul valore aggiunto) presenta lo svantaggio di calcolare tutte le operazioni intragruppo a prezzi di mercato, con ciò reintroducendo quelle difficoltà che il progetto vorrebbe eliminare.124 Attualmente, invece, il gruppo è passata ad analizzare una nuova ipotesi di di lavoro che prende ad esame l’utilizzo di una formula di ripartizione simile a quella attualmente usata negli Stati Uniti e in Canada.125 Vi è il rischio che la ripartizione sia basata su una formula piuttosto frammentata (vale a dire che la stessa non sarà basata su identici pesi dei fattori in tutti gli Stati membri). Come sottolineato dalla Commissione e come 123 La comunicazione n. 726/2003 chiarisce che il meccanismo di ripartizione della base imponibile tra Stati membri ha un ruolo cruciale nella creazione di una base imponibile comune; tale meccanismo deve essere equo, trasparente ed il più semplice possibile dal punto di vista amministrativo; esso inoltre deve poter soddisfare principi economici sani e ricevere l'approvazione politica degli Stati membri. 124 FLORIS e VITALE, La seconda comunicazione della Commissione Europea relativa alla base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB). Breve sintesi ed ulteriori riflessioni sulla ripartizione della base imponibile consolidata, in Rivista di diritto tributario internazionale, 2007, 2, p. 225 e ss.. 125 Il gruppo di lavoro CCCTB ha elaborato nel 2007 un documento dal titolo: "CCCTB: possible elements of the sharing mechanism", il quale fornisce un quadro completo del funzionamento del meccanismo allocativo della base consolidata comune. 38 l'esperienza degli Stati Uniti dimostra, ciò può portare a grande complessità, distorsione della concorrenza fiscale e doppia imposizione (o mancata imposizione). Per questo motivo la CCCTB deve essere basata su una formula uniforme in tutti gli Stati membri, inoltre, per evitare applicazioni e interpretazioni divergenti, i fattori di assegnazione devono essere quanto più chiari possibile. Dal punto di vista della semplicità, sembra preferibile disporre di una formula uniforme non solo per gli Stati membri, ma anche per i diversi tipi di settori o di reddito (ad esempio, i profitti delle imprese ed i redditi di capitale), anche da questo punto di vista, tuttavia, una formula uniforme potrebbe incontrare qualche resistenza. Considerando le notevoli differenze del potenziale di assegnazione dei fattori (ad es. salari, attività e turnover) tra i diversi settori (ad es., settore manifatturiero e finanziario), è arduo trovare una formula unica che consenta di pervenire ad un risultato soddisfacente in tutti i settori. La formula unica permetterà di ripartire l’intera base imponibile consolidata tra ogni entità del gruppo consolidato (comprese le stabili organizzazioni) per singolo anno d’imposta, determinando così il reddito tassabile a livello di ogni singolo Stato membro. L’approccio prescelto consiste nel cd. formulary apportionment approach, secondo il quale la ripartizione avviene sulla base di una formula contenente fattori microeconomici piuttosto che macroeconomici. Inoltre, per specifici settori (ad esempio servizi finanziari, servizi di trasporto, servizi televisivi e di telecomunicazioni) è prevista una deroga al principio della "formula unica" tramite l’adozione di indicazioni ad hoc”. La formula di ripartizione tiene conto dei seguenti fattori: il fattore lavoro, che dovrebbe essere composto da due elementi di egual peso: monte salari e numero di impiegati, gli asset, il volume delle vendite126. La scelta dei fattori menzionati, da un lato è stata determinata dalla capacità di generare reddito che viene loro attribuita, dall’altro è stata motivata dalla necessità di attribuire rilevanza sia al versante della domanda (di beni e servizi), obiettivo perseguito tramite il fattore volume delle vendite, che al versante produttivo, obiettivo perseguito tramite gli altri due fattori. Difatti, non assumendo più rilievo le transazioni infragruppo, mentre i fattori lavoro ed asset rappresenterebbero dei validi fattori allocativi di reddito per le unità produttive di un gruppo consolidato, anche qualora tali unità non realizzino transazioni con parti terze; il fattore vendite rappresenterebbe, invece un adeguato fattore di allocazione per le società del gruppo consolidato prevalentemente dedicate alla distribuzione ed al marketing. La base imponibile di ogni entità tassabile sarà determinata in conformità alla seguente formula, dove "A" rappresenta la singola entità e "Gruppo" indica l’insieme delle entità tassabili del gruppo consolidato. Per ragioni di esemplificazione si fa l’ipotesi che tutti i fattori abbiano il medesimo peso: 126 DENARO, Una finestra sulla fiscalità internazionale Per la Ccctb una ripartizione unica e uniforme, in Fisconelmondo.it - Pubblicato il 18-02-2008. 39 Base consolidata A = [⅓ (½ monte salari A/ monte salari Gruppo + ½ numero impiegati A/ numero impiegati Gruppo) + ⅓ Asset A/ Asset Gruppo + ⅓ Volume Vendite A/ Volume Vendite Gruppo] x CCCTB. Per tutti i fattori viene suggerito l’utilizzo di valori medi relativi al singolo anno di imposta. Il monte salari include tutte le forme di remunerazione della prestazione lavorativa (compresi i fringe benefits, i costi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro, stock options, ecc…), se deducibili in conformità alle regole fissate per la determinazione della base imponibile. Il CCCTB Working group, inoltre, ha preso in esame anche la delicata questione della configurazione giuridica del rapporto di lavoro, idonea a determinarne o meno l’inclusione nel fattore, arrivando alla conclusione dell’inserimento nel fattore di tutto il personale effettivamente impiegato, compresi dirigenti e manager. Inoltre, per le forme contrattuali "flessibili", quali ad esempio il lavoro interinale, la prestazione potrà essere inclusa nel fattore soltanto se consta di servizi che potrebbero essere stati normalmente acquisiti internamente anche da dipendenti "ordinari" dell’impresa. Generalmente, quindi, le attività esternalizzate non dovrebbero essere prese in considerazione, a meno che non vengano svolte da altre entità del gruppo consolidato; nel qual caso, considerato l’evidente intento antielusivo, il personale dovrà essere attribuito, ai fini dell’applicazione della formula, all’entità presso la quale svolge effettivamente la propria attività lavorativa.127 In riferimento alla localizzazione della forza lavoro, la tesi predominante in seno alla CCCTB Working group è nel senso di prendere in considerazione il luogo di lavoro dove i dipendenti effettuano la prestazione lavorativa. Può tuttavia verificarsi che un soggetto sia stato registrato quale lavoratore dipendente di una data società, ma svolga la propria attività lavorativa per un’altra società, con sede in uno Stato membro diverso. In tal caso, il soggetto dovrebbe essere considerato, al fine del micro-fattore lavoro, quale lavoratore dipendente di quest’ultima società.128 Il fattore asset comprende unicamente le immobilizzazioni materiali al valore netto di libro (costo storico al netto degli ammortamenti) e la ragione alla base della scelta è fondamentalmente di carattere antielusivo.129 E’ evidente come il magazzino, e ancor di più le attività finanziarie, a causa della elevata mobilità, si prestino ad essere facilmente manipolate per incrementare il fattore asset, laddove il gruppo ritrae vantaggio a spostare materia imponibile (possibilmente per godere di un’aliquota fiscale più bassa). Considerazioni anche di carattere pratico, oltre che antielusivo valgono per l’esclusione dal fattore, delle immobilizzazioni immateriali (cosiddetti intangibles, in particolare marchi, brevetti e know-how). Infatti non appaiono facilmente valutabili gli “intangibles” e, specialmente, i c.d. “self-generated intangibile assets”, né sarebbe difficile stabilire i criteri della localizzazione e ripartizione delle immobilizzazioni immateriali (ad esempio il marchio) qualora fossero state create e/o venissero utilizzate dall’intero gruppo e non da una sua singola 127 DENARO, Una finestra sulla fiscalità internazionale Per la Ccctb una ripartizione unica e uniforme, cit. 128 129 VALENTE, Base imponibile europea: lo Stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, 97. DENARO, Per la CCCTB una ripartizione unica e uniforme, cit., in Fisconelmondo.it. 40 unità. Alcuni esperti hanno sottolineato che le immobilizzazioni immateriali vengono comunque indirettamente considerate tramite gli altri fattori (salari personale addetto alla ricerca e sviluppo, asset materiali dedicati, prezzo di vendita). Nei rapporti infragruppo un determinato asset dovrà sempre essere attribuito all’entità che effettivamente lo utilizza che, nella maggior parte dei casi, coinciderà con il proprietario del bene che ne effettua l’ammortamento, tranne alcuni casi come ad esempio nel leasing contabilizzato secondo il metodo patrimoniale130. In riferimento al micro-fattore vendite, il CCCTB Working Group, ha elaborato la variante del “sales by origin” che prende in considerazione il luogo di spedizione delle merci, ed il “sales by destination” che invece prende in considerazione il luogo di consegna delle merci. La prima variante si presenta quale fattore di attribuzione della base imponibile concettualmente debole sia perché rappresenterebbe una replica del ruolo investito dagli assets e dal costo della forza lavoro, ed inoltre se le transazioni infragruppo venissero escluse dal micro-fattore in questione, tale variante non consentirebbe di attribuire la base imponibile alle “giuste entità”. A ciò si aggiunga che tale variante potrebbe essere soggetta a manipolazioni in quanto il luogo di spedizione verso terze parti può agevolmente costituire oggetto di controllo. La variante “sales by destination” è più affidabile in ordine ai temibili fenomeni di tax planning, in quanto le società non hanno la possibilità di controllare la localizzazione dei consumatori.131 Infine, sia a garanzia del contribuente che degli Stati membri partecipanti alla ripartizione132, dovrebbe essere predisposta l’adozione di una clausola di salvaguardia sull’applicazione della formula di ripartizione che ha la funzione di neutralizzare gli eventuali effetti negativi della formula generale in ragione della specificità del settore economico di riferimento.133 Tale clausola prevede la possibilità di richiedere, in casi del tutto eccezionali e contingenti, l’utilizzo di un metodo alternativo per ripartire la base imponibile consolidata.134 Diversi Stati membri hanno espresso preoccupazione in relazione alla possibile manipolazione dei fattori della formula di ripartizione al fine di influenzare la distribuzione della base imponibile tra gli Stati partecipanti alla Ccctb135. Tra i fattori della formula il fattore asset è quello che desta maggiore preoccupazione soprattutto in riferimento al trasferimento intragruppo di asset che non sarà tassato. Per ovviare a tale fenomeno il working group sta vagliando l’opportunità di introdurre una clausola antielusiva specifica volta a 130 Tra soggetti non appartenenti allo stesso gruppo, il cespite oggetto del contratto di leasing entrerà a far parte della formula sia del lessor, al valore netto di libro, che del lessee, al valore fisso di 8 volte il canone annuale netto. 131 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p. 115 e ss. 132 Tale clausola ha anche la finalità di reagire ad improvvisi o significativi cambiamenti della realtà economica in cui i gruppi di imprese comunitari si trovano ad operare. 133 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p. 117 e ss. 134 L’applicabilità del metodo dovrà comunque essere accettata all’unanimità da tutte le Amministrazioni fiscali coinvolte. 135 La convenienza fiscale della manipolazione dipenderebbe dalla circostanza che le aliquote fiscali rimarrebbero prerogativa degli Stati membri. 41 prevenire il fenomeno e di neutralizzare gli eventuali effetti negativi che l’applicazione di tale formula generale potrebbe comportare per la specificità del settore economico preso in esame. La clausola di salvaguardia, infine, prevede la possibilità di introdurre una formula alternativa non solo per ovviare ad un’impropria ripartizione della base imponibile, ma anche per arginare gli improvvisi cambiamenti della realtà economica in cui operano i gruppi di imprese comunitarie136. 6. I vantaggi per le imprese e per il funzionamento del mercato unico. In realtà, al contrario di quello che si potrebbe immaginare, da una ricerca elaborata da una società di consulenza manageriale italiana (Kpmg), traspare che i responsabili dei dipartimenti fiscali delle più importanti multinazionali dell'Ue sono favorevoli ad una disciplina tributaria comunitaria, nonché ad un'unica aliquota per la tassazione dei redditi d'impresa, indispensabili per affrontare la concorrenza internazionale. Le società che operano nel vecchio Continente sono effettivamente favorevoli ad un accelerazione del processo di integrazione nell'Unione Europea, anche sotto il profilo della tassazione tanto da essere disposte a rinunciare alle agevolazioni riconosciute dalle legislazioni nazionali per aderire ad una disciplina tributaria comunitaria. I benefici derivanti dall'armonizzazione e dalla semplificazione delle regole fiscali sono considerati, infatti, indispensabili per competere in mercati sempre più globali.137 In particolare tale sondaggio ha messo in luce che tra i responsabili fiscali delle aziende Ue ha riscosso un certo favore anche l'idea di un'unica aliquota Ue per la tassazione dei redditi d'impresa. Prospettiva sulla quale, però, le istituzioni europee sembrano essere meno possibiliste. Se gli Stati membri riusciranno a raggiungere un accordo, proseguendo nel processo di riduzione ed armonizzazione delle aliquote, questo permetterà alle aziende europee di ridurre i costi amministrativi, semplificando e rendendo più trasparente tutto il processo di business taxation, con immediati benefici per la crescita138. Tutti gli operatori interpellati, dunque, ritengono ormai necessaria e di grande utilità l'introduzione di un imponibile consolidato a livello europeo, i benefici per le imprese, del resto, sono molteplici. Avere una sola base imponibile europea, anziché ventisette differenti una dall'altra assicurerebbe, in 136 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p. 97 V. KOVÁCS, Le prospettive della CCCTB, in Rass. Trib. n. 3/2008, p. 707 e ss, il quale sul punto esprime il suo parere: “nessuno può negare che oggi la missione dell’Unione Europea è quella di soddisfare le aspettative di circa 500 milioni di cittadini, che vogliono avere una vita migliore, più sicurezza, più solidarietà e sostenibilità. Per essere in grado di affrontare queste aspettative dobbiamo affrontare le sfide globali, prima di tutto dobbiamo essere vincenti nella competizione globale contro gli Stati Uniti, Cina, Giappone Russia, India e gli altri. So che molti Stati membri sono d’accordo per la CCCTB ed io credo che questo consenso crescerà di pari passo con i nostri progressi Sono convinto che solo una base imponibile comune consolidata e ripartita garantirà i pieni benefici economici del Mercato unico per quasi 500 milioni di persone”. 138 In riferimento alla riduzione dei costi amministrativi di adeguamento a sistemi fiscali differenti, si deve precisare che per le grandi imprese multinazionali risultano minimi (meno del 2% delle imposte versate), al contrario, molto rilevanti per le piccole e medie imprese (31% del prelievo). 137 42 primo luogo, una perfetta trasparenza e comparabilità delle aliquote nominali di tassazione in termini di prelievo effettivo. In secondo luogo, sarebbe consentito ed incoraggiato il consolidamento della base imponibile a livello di gruppo con la possibilità di un immediato riconoscimento fiscale delle perdite nell'ambito del gruppo e la conseguente eliminazione di tutte le problematiche sui prezzi di trasferimento.”139 Vantaggio non irrilevante per le stesse Amministrazioni fiscali che avrebbero minori difficoltà a bloccare e disincentivare le pratiche di elusione fiscale legate alla ripartizione dei costi tra realtà produttive appartenenti allo stesso gruppo, ma dislocate in diversi Paesi dell'area comunitaria. Si eliminerebbero quei fenomeni di delocalizzazione, realizzati con finalità puramente fiscali e senza un’effettiva validità economica. Inoltre, sul versante istituzionale statale si determinerebbe una riduzione del rischio che le legislazioni fiscali nazionali siano dichiarate incompatibili con i principi di libertà previsti dal Trattato dell’Unione Europea. In terzo luogo, una ripartizione della base imponibile tra gli Stati sulla base di parametri oggettivi e condivisi permetterebbe a ciascuno Stato di tassare con la propria aliquota la quota di reddito di sua spettanza, riducendo al minimo le disuguaglianze di trattamento tra le imprese contribuenti. Il progetto, una volta realizzato, potrebbe costituire una pietra miliare nel processo di convergenza dei sistemi fiscali europei, in grado di consolidare l'unificazione in Europa del linguaggio contabile che consta dei principi contabili internazionali, e di risolvere l'annoso problema dei rapporti tra reddito di bilancio e base imponibile fiscale. I responsabili dei dipartimenti fiscali delle più importanti aziende Ue ritengono che la diminuzione dei costi di compliance (ovvero dei costi di adeguamento) sia il principale beneficio di una base comune per il calcolo del consolidato. Dall'armonizzazione delle regole fiscali deriverebbero tuttavia anche benefici sul fronte della competitività europea. La base imponibile comune per il consolidato delle multinazionali rappresenta il primo passo nella direzione di una reale armonizzazione fiscale,in quanto, la permanenza di aliquote differenziate continuerebbe a comportare un'allocazione del capitale non del tutto efficiente. Pertanto, è fondamentale il ruolo della politica fiscale europea, capace di render più celere il processo di riforma e di eliminare tutti quegli ostacoli che rallentano la creazione di un mercato Ue integrato ed efficiente. Un maggiore coordinamento a livello europeo, lontano da tentazioni di “tipo dirigista”, deve essere coerente con l’obiettivo di ridurre gli oneri fiscali e parafiscali sul lavoro, ottimizzare l’imposizione in modo da stimolare crescita economica non inflazionistica ed occupazione e mantenere l’integrità dell’attuale modello sociale europeo.140 La Ccctb ha l’obiettivo di creare un comune metodo contabile e fiscale che eviti distorsioni economiche, favorendo un funzionamento più competitivo delle imprese, una più efficiente allocazione del capitale, una maggiore crescita 139 BELLINAZZO, Il nuovo sistema fiscale comunitario per le aziende UE, in Diritto e pratica delle società, Il Sole 24 ore, n. 20 del 5 novembre 2007. 140 VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento sovranazionale e competizione interstatuale, cit., p.94 e ss. 43 economica e una maggiore occupazione, in sintonia con i principi ispiratori della strategia di Lisbona.141 Inoltre, la Ccctb permetterebbe di risolvere i problemi legati al transfer pricing: semplificare investimenti e operazioni di ristrutturazione internazionale, evitare molti casi di doppia imposizione, promuovere una concorrenza fiscale più chiara e trasparente all’interno dell’Ue. L’introduzione di una base imponibile comune, infatti, potrà stimolare le forze del mercato ad agire attraverso una “competizione di origine controllata”, in modo da consentire il ravvicinamento spontaneo delle legislazioni attraverso l’eliminazione degli ostacoli che non consentono il compiersi di un effettivo processo d’integrazione, come è avvenuto con l’introduzione dell’euro, sul fronte dei mercati finanziari e monetari.142 Infine, un altro aspetto rilevante della progettazione di un nuovo sistema fiscale è costituito dalla semplificazione, attraverso un sistema di best practice in cui vengono selezionati per la CCCTB gli aspetti migliori dei vari sistemi fiscali. 7. Una norma antiabuso generale nella ccctb? In prospettiva della presentazione della nuova direttiva avente ad oggetto la CCCTB, la Commissione Europea, nel Working Paper n. 65143, ha elaborato la disciplina antiabuso applicabile, distinguendo tra la possibilità di introdurre una norma di carattere generale, in aggiunta o in alternativa a delle misure specifiche.144 I rappresentanti dei Paesi e gli esperti fiscali, richiamandosi esplicitamente agli ultimi orientamenti in materia della Commissione145, ritengono che una norma antiabuso generale dovrebbe essere introdotta nella Ccctb al fine di permettere alle autorità fiscali di ridefinire transazioni che si configurino come totalmente artificiose146. Da parte sua, il contribuente potrà sempre confutare questa presunzione, producendo elementi che dimostrino l'evidenza di una giustificazione commerciale. Il dibattito all'interno del gruppo di lavoro si è concentrato sull'opportunità o meno di affiancare a tale normativa anche delle disposizioni più specifiche, atte a disciplinare particolari fattispecie. Nello specifico, l'utilizzo di una sola regola antiabuso generale garantirebbe agli Stati membri uno strumento flessibile per l'opposizione alle pratiche abusive, ma allo stesso tempo potrebbero sorgere difficoltà al momento dell'applicazione, generando diversità tra i vari Paesi e 141 Cfr. KOVÁCS- Le prospettive della CCCTB, cit., p. 708 che riporta: “La Common Consolidated Corporate Tax Base rappresenta un’eccellente opportunità di semplificare i sistemi fiscali, migliorare la competitività dell’Ue quale luogo per fare impresa e quindi per offrire un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi di Lisbona di crescita, occupazione e competitività. Obiettivi che sono condivisi all’interno dell’UE”. 142 VALENTE, Base imponibile europea: evoluzione della fiscalità d’impresa tra coordinamento sovranazionale e competizione interstatuale, cit., p.94 e ss. 143 Ccctb Working Group, documento 26 marzo 2008, CCCTB/WP065 . 144 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p. 124. 145 Commissione europea, Comunicazione 10 dicembre 2007, nr. 785. 146 I principi che dovrebbero guidare le misure di contrasto ai comportamenti abusivi forniti dalla citata comunicazione della Commissione europea trovano corrispondenza nel documento del working group in particolare nel richiamo al carattere artificioso della costruzione abusiva individuabile facendo ricorso al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma (substance over form). 44 incertezza di diritto. Dall'altro lato, un uso combinato della normativa generale con disposizioni più specifiche (Controlled Foreign Companies e Thin capitalization147 in particolare) fornirebbe alle amministrazioni sia dispositivi rapidi e mirati per casi di abuso evidenti e conosciuti che, attraverso la norma generale, misure più adatte per fattispecie inizialmente non previste e non regolamentate. In riferimento alla prima categoria di norme anti-abuso a carattere specifico, rappresentata dalle disposizioni in materia di thin capitalitation, il Gruppo propende per la predisposizione di un limite alla deducibilità degli interessi passivi riferibile alla “fiscal unit” nel suo complesso, in quanto la corresponsione di interessi intragruppo non avrà alcuna rilevanza in seno alla CCCTB148. In sintonia con tale orientamento il working group predilige l’ipotesi di istituire una soglia di deducibilità in percentuale sull’ EBIT ( Earnings Before Interest and Taxes) o sull’EBTDA149 (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization) che, così come avviene nei vari Stati membri, potrebbe attestarsi intorno all’80 per cento nel primo caso o al 25-30 per cento nel secondo caso150. Questo potrebbe limitare la deducibilità degli interessi passivi in base ad un rapporto fisso tra indebitamento e capitale proprio (debt-equity ratio), e limitare la deducibilità degli interessi passivi semplicemente sulla base dell’arm’s lenght principle.151 Un’altra opzione potrebbe consistere nell’adozione di un test a due livelli: prima potrebbe essere applicato 147 BEGHIN, La thin capitalization nella “riforma Tremonti”: prime considerazioni sui profili funzionali sulla struttura della disciplina e sulle connesse problematiche applicative in Riv.dir.trib., 2004, p. 45; FERRANTI, I lineamenti fondamentali della “thin capitalization”, in Corr.trib., 2003, p. 2446. LA ROSA, La capitalizzazione sottile, in Riv.dir.trib., 2004, I, p. 1283; LUPI, Prime osservazioni in tema di thin capitalization, in Rass.trib., 2003, p. 1495; PIAZZA, L’indebitamento societario nella nuova Ires, in Riv.dei dott.comm. Quaderni, 2004, p. 145; STEVANATO, La nuova thin cap e l’ingiustificata penalizzazione dei finanziamenti infragruppo, in Dialoghi di diritto tributario, 2003, p. 208. 148 Cfr. DENARO, Le disposizioni antiabuso nella CCCTB, in Fisco oggi, pubblicato il 05.05.2008. E’ evidente la similitudine con il nostro ordinamento e in particolare con la legge finanziaria 2008 che ha apportato alla disciplina degli interessi passivi dei profondi cambiamenti, in vista della deducibilità degli interessi passivi non più limitata ai soli finanziamenti concessi dai soci, ma a tutte le forme di finanziamento. Precisamente gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili nel periodo d’imposta per l’eccedenza rispetto agli interessi attivi e proventi assimilati, nei limiti del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica. A tale proposito, il gruppo di lavoro non può fare a meno di constatare come diversi Stati membri (tra i quali ad esempio l’Italia, la Francia, la Germania e la Danimarca) stiano seguendo la stessa direzione limitando la deducibilità degli interessi passivi indipendentemente dal fatto che i finanziamenti siano concessi da soci qualificati o loro parti correlate, spinti dalla convinzione che sia necessario proteggere la base imponibile nazionale da un indebitamento troppo elevato che potrebbe essere influenzato da motivazioni di natura fiscale. 149 Come anticipato, in base ai più recenti sviluppi legislativi ed ai commenti ricevuti, nonché per una questione di maggior certezza, il gruppo di lavoro sembra escludere l’approccio fondato solo sull’applicazione del principio di libera concorrenza a favore degli altri due ed in particolare a favore dell’EBIT o dell’EBITDA test.. Il gruppo di lavoro ipotizza anche una sorta di esimente dall’applicazione dell’ EBIT(DA) test: provare che l’ammontare del debito complessivamente sostenuto dal gruppo consolidato non sia eccessivo in base al rapporto tra capitale proprio del gruppo consolidato e capitale proprio del gruppo globalmente considerato. È chiaro che tale regola perde di efficacia quando le due entità coincidono. 150 similmente a quanto avviene in Italia sul Rol. 151 V. sul punto CARPENTIERI-LUPISTEVANATO, Il diritto tributario nei rapporti internazionali, cit., p. 259. 45 l’EBIT(DA) test che, nel caso non fosse superato, legittimerebbe l’utilizzo di un rapporto fisso tra indebitamento e capitale proprio. In riferimento all’applicazione delle misure anti-abuso nel settore dell’imposizione diretta sia in ambito comunitario che nei rapporti con i Paesi terzi, la Commissione Europea152 specifica che “per essere giustificate, le norme antiabuso devono essere circoscritte a situazioni in cui sussiste un ulteriore elemento di abuso”, e che, “le norme antiabuso non devono avere una portata troppo ampia, ma essere mirate a situazioni in cui un insediamento effettivo o, più in generale, in cui manca una motivazione commerciale”. In riferimento alle disposizioni Cfc153, il gruppo di lavoro ha consultato gli Stati membri giungendo alla conclusione per cui le disposizioni sulle società controllate estere si devono far rientrare nel sistema Ccctb assieme a ulteriori strumenti finalizzati a imporre il metodo del credito d'imposta per eliminare la doppia imposizione. Si deve tener conto, inoltre, degli orientamenti espressi dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee che prevedono l’applicazione delle norme CFC solo a situazioni che coinvolgono Stati terzi, ovvero in ambito UE ove abbiano quale scopo esclusivo quello di contrastare transazioni del tutto “fittizie”154. Un’atra disposizione anti-abuso a carattere specifico è quella che prevede la qualificazione di cessione di assets al trasferimento di partecipazioni effettuato con l’obiettivo di beneficiare delle norme sul consolidamento in relazione al regime di partecipation exemption. Per ovviare a tale fenomeno la 152 v. Com (2007) 785 del 10 dicembre 2007. Tali disposizioni hanno come obiettivo principale “quello di impedire alle società residenti di trasferire reddito alle controllate con sede in giurisdizioni a fiscalità privilegiata” 154 In riferimento a tali transazioni fittizie, si è espressa la Corte Comunitaria con la sentenza Caldbury Schweppes, che ha esaminato la questione concernente la compatibilità della legislazione anti-abuso britannica con il principio comunitario della libertà di stabilimento così stabilendo: “il concetto di stabilimento nell’ambito del significato delle disposizioni del trattato sulla libertà di stabilimento implica l’effettivo svolgimento di un’attività economica (…) affinchè la restrizione alla libertà di stabilimento possa ritenersi giustificata dall’esigenza di contrastare pratiche abusive, tale restrizione deve avere come obiettivo la prevenzione di quelle pratiche che implicano la creazione di strutture fittizie le quali non riflettono la realtà economica”. A parere della corte Comunitaria, le società irlandesi controllate da Caldbury Schweppes possono avvalersi della tutela loro riconosciuta dagli articoli 43 e 48 del Trattato UE, in quanto esercitino effettivamente un’attività economica in Irlanda. Nella decisione di Caldbury Schweppes di costituire proprie controllate sulla sul territorio irlandese solo per usufruire di un regime fiscale più favorevole, non si individua un abuso del principio della libertà di stabilimento. La lotta all’evasione fiscale può considerarsi ragione di interesse generale tale da giustificare un ostacolo alla libertà di stabilimento, in quanto persegua la finalità di escludere da un vantaggio fiscale “le costruzioni artificiose intese ad eludere la normativa nazionale” La valutazione circa la sussistenza di una costruzione fittizia deve effettuarsi, prosegue la Corte Comunitaria, in concreto e caso per caso. Essa deve tenere conto dell’effettività dello stabilimento nello Stato ospite, nonché della concreta sostanza delle attività ivi svolte. Un caso analogo è rappresentato dalla sentenza Centros dove la Corte chiaramente si esprime sul punto chiarendo che l’esigenza di contrastare le pratiche abusive non può giustificare un a prassi la quale rappresenta un ostacolo al principio della libertà di stabilimento espressamente sancita dal Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea. La fattispecie in esame prevedeva la circostanza per cui i soci danesi di Centros avessero costituito la Società nel regno Unito con l’intento di sottrarsi alla normativa danese su un capitale sociale minimo, non esclude che lòa costituzione d aparte di centros di una succursale in Danimarca rientri nell’ambito della libertà di stabilimento di cui agli artt. 43 e 48 del Trattato CEE. Pertanto la lotta alle frodi non può giustificare, quale quella danese, di diniego della registrazione di una società con sede in uno Stato membro diverso. L’esigenza di tutela dei creditori, avanzata dallo Stato danese, può ritenersi sufficientemente soddisfatta da una informativa completa circa l’assoggettamento della società ad una normativa diversa da quella danese. 153 46 Commissione ha proposto l’introduzione di una norma che così testualmente prevede: “le plusvalenze derivanti dal trasferimento di partecipazioni non sono esenti se vi è stato un ftrasfrrimento di assets nel corso dell’anno o in quello immediatamente precedente alla cessione e da tale trasferimento sono derivate delle plusvalenze” . Infine l’ultima disposizione ati-abuso a carattere specifico elaborata dalla Commissione ha lo scopo di evitare il verificarsi di casi di doppia deducibilità nelle situazioni c.d. “sandwich”. Con riguardo alla composizione della base imponibile, il Working Group ha ritenuto tuttavia maggiormente proficuo distinguere, all'interno del reddito complessivo della Cfc, quanto vi sia di “active income” (legato ad attività di impresa) e quanto sia invece composto da “passive income”. Secondo gli esperti, soltanto quest’ultimo concorrerebbe a formare, per trasparenza, la base imponibile del soggetto residente assumendo che i dividendi erogati dalla Cfc risultino in primo luogo proprio dalla distribuzione del “passive income”. 8. Considerazioni conclusive sulla proposta di direttiva Nella Comunicazione della Commissione del 02/05/2007, si prospettava una direttiva per la CCCTB che sarebbe dovuta entrare in vigore dopo l’estate del 2008, ma che tuttora non ha trovato formalizzazione.155 Le difficoltà riconducibili alla realizzazione di tale direttiva dipendono da varianti di vario genere. Innanzitutto, tale proposta di direttiva dovrà essere emanata (in conformità all’art. 94 del Trattato istitutivo della Comunità europea) a seguito del voto unanime del Consiglio, e in vista delle enormi difficoltà, si discute sull’opportunità di adoperare la procedura della cooperazione rafforzata. Inoltre, tale sistema dovrà necessariamente confrontarsi con le diverse realtà di tutti gli Stati Membri e, di conseguenza, anche con i singoli governi. Si profilano difficoltà legate a fattori politici, ossia, alla reale volontà degli Stati Membri di portare a conclusione un percorso di studio fortemente voluto dalla Commissione Europea con grande tenacia e determinazione e solo condiviso da essi, senza il necessario consenso politico. Un grande pericolo, paventato da taluni Stati membri, nell’adozione della CCCTB sta, soprattutto, nella possibile introduzione di aliquote armonizzate.156 Emblematico è il caso del governo irlandese157, (anche se non unico, in quanto in una posizione simile si pongono anche la Gran Bretagna, l'Estonia e la 155 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo “Attuazione del programma comunitario per l’aumento della crescita e dell’occupazione e il miglioramento della competitività delle imprese europee: Ulteriori progressi compiuti nel 2006 e prossimi passi verso una proposta in materia di base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB)”, COM(2007) 223 definitivo. 156 SACCONE, La base imponibile consolidata comune (Common Consolidated Corporate Tax Base): una sfida per la fiscalità europea, cit. 157 v.http://www.finfacts.com/irelandbusinessnews/publish/article_10009975.shtml; le politiche fiscali in Irlanda rappresentano uno strumento di potere irrinunciabile strettamente collegato al potere sovrano, che influenza l’andamento dei costi, agevolando la competitività dei beni e gli investimenti da parte degli altri Paesi. L’introduzione della CCCTB comporterebbe un eccessivo irrigidimento del sistema tributario 47 Slovacchia), contrario all’ipotesi di una base imponibile comune europea e, comunque, ad iniziative in genere sulle imposte societarie da parte della UE. Difatti, nel dicembre 2007, già aveva preannunciato la bocciatura della ratifica del Trattato di Lisbona al referendum popolare del giugno 2008 e ciò, del resto, si è puntualmente verificato.158 In secondo luogo, il millantato supporto politico iniziale garantito da Germania e Francia, i principali “sponsor” della Ccctb, sembra essersi affievolito negli ultimi mesi. Il momento di crisi economica rende più difficile la proposta di uno strumento che limiterebbe ulteriormente, seppur con benefici di lungo periodo, la sovranità statale sull'imposizione diretta. Il ministro dell’Economia francese, Christine Lagarde,159 ha all’uopo dichiarato la volontà del proprio Paese di non dare carattere prioritario alla Ccctb durante il proprio semestre di presidenza.160 A parte tutte queste complicazioni e ostacoli che si prospettano, in realtà, la configurazione della proposta sembra prendere sempre più una forma definita e concreta. Le linee guida della proposta di direttiva prevedono che, la disciplina di cui in oggetto, debba essere adottata dalle società di Stati membri che saranno inserite in un elenco, tassativamente ed anche le stabili organizzazioni, sia delle società residenti nell’UE che in Stati terzi, potranno essere assoggettate. Nell’ambito di un gruppo multinazionale, rilevano, quindi, tre tipi di società: 161 • società che rientrano nel consolidato, ovvero società controllate da una holding comunitaria, in via diretta o indiretta con una percentuale uguale o superiore al 75%; • società controllate con una misura superiore al 50%: non sono ammesse al consolidato, ma possono optare per l’applicazione della disciplina della CCCTB per il calcolo della base imponibile singola; • società collegate, che sono escluse dall’applicazione della disciplina della CCCTB. irlandese. Ancor più pericolosa è la proposta di ampliamento della CCCTB al settore dei servizi finanziari, che rappresentano una quota rilevante per l’erario irlandese. 158 Si veda VALENTE “Spazio all’imponibile unico” in Il Sole 24 ore del 10.12.2007, pag. 33, CERRETELLI “Minaccia irlandese sull’imponibile a base comune” in Il Sole 24 ore del 13.12.2007 e CRISCIONE “Imponibile UE più vicino” in Il Sole 24 ore del 12.01.2008, pag. 30. 159 DE JULIIS, La Francia mette in “stand by” la CCCTB, in www.fiscooggi.it; dove si riporta l’intervista del 19 giugno 2008 al ministro dell’Economia francese, Christine Lagarde che in un’intervista rilasciata al Financial Times, il quale ha affermato che la Francia cercherà un accordo su altre questioni fiscali come la riduzione dell’Iva sui servizi. L’Irlanda, da anni opposta alla CCCTB in quanto il nuovo sistema di tassazione penalizzerebbe il Paese dal punto di vista economico e fiscale, ha accolto con favore le recenti posizioni del ministro francese, decisamente in contrasto con le precedenti dichiarazioni rilasciate durante il Tax Forum tenutosi nell’aprile 2008 a Bruxelles, dove aveva dichiarato il sostegno della Francia alla futura proposta di direttiva che mira ad istituire il nuovo sistema di tassazione societaria. Ma il no dell’Irlanda al trattato di Lisbona ha determinato un cambiamento nel panorama politico dell’Unione europea che ha probabilmente indotto la Francia a rivedere le priorità. Di diverso avviso Lazlo Kovacs, commissario europeo incaricato per la fiscalità, che ha ribadito come il voto dell’Irlanda non porterà conseguenze per la proposta di direttiva che intende presentare entro la fine dell’anno. 160 Conclusosi a fine 2008. 161 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., 2008, p. 100. 48 La base imponibile si applicherà solo su base opzionale e, qualora un gruppo opti per l’applicazione del consolidato comunitario, non vi sarà più la possibilità di escludere una o più società, in virtù del c.d. principio “all in all out”. In particolare, si desume dalla bozza di direttiva che, potranno optare per il consolidato comunitario solo le società residenti nell’UE che rientrano nell’elenco previsto nell’allegato alla prossima direttiva e in quanto soggette ai modelli di imposizioni sui redditi elencati nelle stesse. L’opzione si esercita per un periodo di 5 anni con data di inizio pari all’anno fiscale di riferimento, con possibilità di rinnovo automatico per ulteriori 3 anni, mentre il consolidamento avrà efficacia solo a partire dal successivo periodo d’imposta. Il consolidamento o controllo qualificato deve perdurare per almeno 6 mesi. Le società residenti che decidono di fare valere l’opzione, verranno tassate secondo il modello worldwide income, mentre le società non residenti seguiranno il modello OECD con tassazione degli utili che si riferiscono alla loro stabile organizzazione.162 Inoltre il consolidato comunitario si applicherà anche quando: • la società non residente nell’UE controlli la società capogruppo europea; • la società non residente nell’UE controlli più società residenti non collegate tra loro; • la società non residente nell’UE si interponga tra le società residenti all’interno della catena di controllo partecipativo; • il gruppo sia costituito solo da stabili organizzazioni che risiedono nell’UE e sono appartenenti a società non residenti. La nozione che si utilizza per stabile organizzazione è quella che ci viene data dal Modello di convezione dell’OECD. Le società che sono acquisite da un gruppo, che sta già applicando la CCCTB, applicheranno sin dall’inizio la direttiva. Se una società esce dal consolidato, le perdite di quest’ultima possono essere recuperate a livello di gruppo nella misura che è definita dall’applicazione del meccanismo di ripartizione della base imponibile in uso quando avviene la strategia di uscita. Con il consolidato comunitario non si applica nessuna ritenuta alla fonte alle distribuzioni di utili tra soggetti di imposta appartenenti al medesimo gruppo, ma si potrebbe verificare, tuttavia, il caso in cui la tassazione alla fonte continui ad essere applicata tra singoli soggetti di imposta oppure tra gruppi consolidati diversi. In questi casi, il gruppo di lavoro indica la seguente alternativa: • la eliminazione della ritenuta alla fonte su tali pagamenti; 162 DENARO, Dal working group stretta finale sulla CCCTB, cit. in www.fisconelmondo.it.; Il reddito d’impresa sarà assoggettato a tassazione ogni qualvolta l’attività del soggetto non residente sia esercitata in un determinato Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione (d’ora in avanti anche So), che sostanzia il criterio di collegamento reale con lo Stato della fonte, coerentemente con il paragrafo 1 dell’articolo 7 del Modello di Convenzione fiscale Ocse. In tal caso è opportuno che venga chiaramente data un definizione comune di stabile organizzazione tra gli Stati aderenti alla Ccctb, che sembra anch’essa poter essere mutuata dall’articolo 5 del Modello di Convenzione Ocse (DENARO, Ccctb e arm’s lenght principle, una coesistenza difficile, in www.nuovofiscooggi.it). 49 • l’introduzione di norme comuni in materia di tassazione alla fonte con l’obiettivo di rendere esenti dalla imposizione il soggetto percipiente.163 La base imponibile si calcola come differenza tra il reddito lordo (meno il reddito esente) e i costi deducibili. Al reddito lordo appartiene ogni entrata che sia o meno liquida come per esempio i ricavi che derivano dall’attività d’impresa, i proventi che si generano dalla disposizione di beni e diritti, gli interessi, i dividendi e le distribuzioni di profitti, i canoni, i sussidi, le donazioni, i risarcimenti e gli indennizzi. I costi sono deducibili se possiedono il requisito della certezza e della determinatezza e solo quelli sostenuti a fini imprenditoriali, nonchè i costi per la ricerca e sviluppo, i costi per la raccolta di capitale e i costi del personale. Ricavi e costi seguono il principio di competenza relativo all’esercizio di maturazione rispettando i principi contabili IFRS. Gli effetti delle transazioni e di altri eventi sono riconosciuti quando si verificano e non all’atto di pagamento. I ricavi e i costi si calcolano considerando il prezzo dei beni e servizi, il prezzo di mercato se il corrispettivo è in parte in natura e il valore normale se la transazione è tra parti collegate. L’ammortamento comprende il costo d’acquisto, di costruzione, le spese legali, di trasporto e di installazione. L’ammortamento non deve superare il costo storico di acquisizione e include anche i costi di valorizzazione, ossia le spese sul bene strumentale per migliorarne il rendimento. L’ammortamento previsto è il seguente164: • 2,5% annuo in caso di edifici • 4% annuo in caso di beni strumentali materiali di lunga durata, superiore o uguale a 25 anni o con prezzo di acquisto superiore ai 5 milioni di Euro. Per i beni immobili di lunga durata l’ammortamento avviene a quote costanti con il metodo “straight line” su base individuale, mentre per i beni ammortizzabili nel breve-medio termine si usa il metodo “reducing balance method”. L’ammortamento è dedotto dal proprietario economico del bene ovvero la persona che ottiene i benefici del bene e se ne assume il rischio, a prescindere dal fatto di essere proprietario a livello giuridico.165 Per le donazioni la valutazione è parametrata al valore di mercato del bene donato e i costi, a cui si riferiscono, sono deducibili. Le rimanenze di magazzino sono valutate alla chiusura del periodo d’imposta al valore più basso tra il costo e il valore netto di realizzo, e saranno inclusi i costi per gli acquisti, i costi di conversione e i costi di conduzione nei luoghi. Le perdite generate dal gruppo sono riportabili in avanti a livello dello stesso gruppo; il carry back invece non è ammesso. Al contrario, non saranno riportabili le perdite generate antecedentemente all’avvenuto consolidato, ma la società potrà detrarle dalla quota di base imponibile allocata al singolo Stato per effetto della ripartizione della base imponibile comune.166 163 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 101. DENARO, Dal working group stretta finale sulla CCTB, cit. in www.fisconelmondo.it. 165 DENARO, Dal working group stretta finale sulla CCTB, cit. in www.fisconelmondo.it. 166 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 108. 164 50 Gli interessi passivi sono deducibili se sostenuti per produrre ricavi tassabili, per questo in merito si discute se adottare una norma antiabuso per frenare il fenomeno della thin capitalization che si verifica nella situazione in cui la società consolidante, attraverso un enorme indebitamento, assottiglia il reddito imponibile per ottenere il reddito esente. Infine, sono deducibili dalla base imponibile anche le imposte locali, con svantaggi per gli Stati che non prevedono nell’ordinamento giuridico tali imposte, che vedranno ridursi la base imponibile senza usufruire del gettito delle imposte locali con il rischio di causare un aumento della pressione fiscale sul reddito societario in determinati territori.167 167 VALENTE, Base imponibile europea: lo stato dell’arte in previsione della direttiva, cit., p. 108. Sono diverse le soluzioni prospettate ad oggi. La prima consiste nell’ammettere la deducibilità dalla base imponibile comune di quelle imposte il cui versamento rappresenti, nella sostanza, il “corrispettivo” per un servizio pubblico. Una soluzione alternativa si riferisce alla distinzione tra imposte sui redditi, che sono indeducibili ex se, e gli altri tributi locali. Un’ulteriore soluzione prevede l’introduzione di liste, redatte attraverso la procedura di “comitology”, che indichino i tributi deducibili dalla base imponibile comune e i tributi deducibili dalla base imponibile già ripartita. 51