L`euro resta sotto pressione PDF

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L`euro resta sotto pressione PDF
Info PMI
Luglio 2010
Contenuto
L’euro resta sotto pressione
Intervista
Pag. 1, 2
Vivere con i capricci del dollaro Pag. 3, 4
Caso concreto
Intervista
L’euro resta sotto pressione
L’euro non ha ancora toccato i minimi contro il franco
svizzero, ritiene Marcus Hettinger, responsabile divise
del servizio Research del Credit Suisse. Una rivalutazione del franco era peraltro scontata. Poiché il differenziale dei tassi tra Svizzera e UE è molto ridotto,
le PMI elvetiche possono coprire i loro rischi di cambio
a condizioni vantaggiose.
Due terzi delle esportazioni svizzere
sono destinate all’area euro. Molte
PMI svizzere sono quindi preoccupate dalla massiccia rivalutazione
del franco svizzero nei confronti della
moneta unica europea.
La tendenza del franco svizzero a rivalutarsi nei confronti dell’euro e in precedenza del marco tedesco è in atto fin dal
1980. Da un lato, la Svizzera presenta
un’inflazione più bassa rispetto all’Eurozona, e questo produce già di per sé una
pressione rivalutativa. A ciò si aggiunge
la bilancia delle partite correnti fortemente positiva, a cui contribuisce soprattutto la nostra bilancia dei redditi. Molte
aziende svizzere hanno investito all’estero,
ad esempio in capacità produttive, e i
proventi di queste attività riconfluiscono
nel nostro paese. Nell’attuale situazione
di incertezza economica, queste aziende
non saranno tuttavia propense a reinvestire come di consueto questi importi
all’estero. E l’inarrestabile flusso di rientro di questo capitale produce un’ulteriore
pressione rivalutativa sul franco. 
È rimasto sorpreso dall’entità della
rivalutazione della nostra moneta?
Sono rimasto sorpreso non tanto dalla rivalutazione in sé, quanto dal forte impatto
di questo trend. Mediante parametri econometrici quali parità del potere di acquisto ed evoluzione sia della bilancia del
commercio estero che del differenziale
dei tassi, allestiamo modelli econometrici
con cui calcoliamo poi il tasso di cambio
di equilibrio giustificato in un’ottica di
lungo periodo. Ebbene, questo «Fair Value CS» stimato si attestava già nel 2007
a CHF 1.42 contro EUR, anche se allora
avevamo un corso di cambio superiore a
CHF 1.60. Sotto il profilo dei fondamentali, oggi siamo quindi dove effettivamente dovremmo trovarci. Poiché tuttavia il franco svizzero è stato per anni
pesantemente sottovalutato, l’adeguamento al tasso di cambio di equilibrio avviene ora in modo drastico e in parte addirittura doloroso.
Quali sono stati i motivi di questa
persistente sottovalutazione del
franco?
Da un lato il differenziale dei tassi tra Svizzera ed Eurozona è stato a lungo molto
elevato, con picchi superiori al 2 %. Il
franco veniva utilizzato dagli investitori
come moneta di credito per effettuare investimenti ad alto livello di rischio, i cosiddetti «carry trade». Inoltre, numerosi acquirenti di abitazioni in paesi come Austria,
Ungheria o Polonia avevano acceso i loro
mutui ipotecari in franchi in quanto, al pari
degli investitori professionali, anche essi
prevedevano che il tasso di cambio non
avrebbe avuto un andamento per loro
sfavorevole. Per molto tempo questa
strategia ha funzionato, tanto che essi
hanno beneficiato non solo dei tassi d’interesse più bassi, ma anche di un indebolimento della moneta elvetica. Durante
questa fase di boom, il tasso di cambio si
è discostato sempre di più dal valore giustificato in un’ottica di lungo periodo sulla
base dei fondamentali.
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In che modo secondo lei evolverà
ora questo scenario?
Le prospettive di una ripresa dell’euro
dalla sua attuale posizione di debolezza
sono peggiorate, in quanto la crisi greca
è sintomatica per un incisivo processo di
riduzione del debito, il quale è destinato a
influenzare i mercati finanziari globali. Le
nostre previsioni per il tasso di cambio
EUR/CHF indicano un’ulteriore rivalutazione del franco, con un livello di 1.39 a
3 mesi e 1.37 a 12 mesi. Il rischio di un
effetto domino incontrollato è stato per il
momento scongiurato grazie all’annuncio
di un mastodontico pacchetto di aiuti.
Tuttavia, l’euro resta fondamentalmente
esposto a una pressione ribassista, mentre il franco svizzero mantiene il suo notevole appeal rialzista in virtù della sua
reputazione di «porto sicuro». Anche se il
pacchetto di aiuto contiene i rischi di svalutazione contro la moneta svizzera, di
sicuro non li elimina. In questo caso, la
Banca Nazionale Svizzera dovrebbe intervenire con acquisti di sostegno al fine
di allontanare il rischio di una deflazione.
Che cosa consiglia alle aziende svizzere che esportano nell’area euro?
In linea di principio, la scelta di coprirsi o
meno contro il rischio di cambio dipende
dalla strategia e dal modello operativo di
un’azienda. Noi consigliamo comunque
di effettuare un hedging valutario, in una
forma o nell’altra, tanto più che i costi per
tali operazioni sono storicamente molto
bassi. Il basso differenziale dei tassi consente agli esportatori di coprirsi a condizioni molto vantaggiose contro l’indebolimento dell’euro. Per contro, gli importatori
devono decidere se comprare ora euro e
poter poi fare affidamento su una base
contabile certa, oppure se attendere fino
a quando l’euro scenderà sotto la soglia
di CHF 1.40. Questa decisione dipende
in ogni caso anche dal fabbisogno individuale di liquidità di un’azienda.
Marcus Hettinger è responsabile Research divise
del Credit Suisse.
Informazioni aggiornate quotidianamente
sul tema delle divise sono disponibili al
sito www.credit-suisse.com/fx.
Qui troverete anche tutte le indicazioni
necessarie in materia di copertura dei
rischi di cambio e sull’offerta di consulenza disponibile nei centri Credit Suisse
specializzati di Zurigo, Basilea, Ginevra,
Lugano e San Gallo.
Caso concreto
Vivere con i capricci del dollaro
L’85 % del fatturato di Bernina proviene dall’estero. Una gestione valutaria
attenta e lungimirante è quindi fondamentale per la redditività dell’innovativo
costruttore svizzero di macchine per cucire.
L’impresa di famiglia svizzera Bernina,
fondata intorno al 1890 da Karl Friedrich
Gegauf a Steckborn nei pressi del Lago di
Costanza, svolge da quattro generazioni
un ruolo di primo piano nello sviluppo di
nuove tecnologie per il cucito. Oltre 100
anni fa, Gegauf inventò una macchina per
la realizzazione degli orli a giorno con cui
all’epoca erano rifiniti fazzoletti, tovaglie e
lenzuola. Nel 1932, suo figlio Fritz costruì
la prima macchina per cucire a uso domestico con il marchio Bernina. Anche l’attuale proprietario, Hanspeter Ueltschi, è
rimasto fedele al principio di progettare
prodotti di alta qualità. È stato lui a traghettare l’azienda nell’era digitale introducendo il primo modello basato su Windows. L’anno scorso la società ha fornito
una prova eloquente della propria leadership dell’innovazione con il lancio della
Bernina 830 dotata di 15 nuovi brevetti.
Sfruttare il potenziale della Cina
Il mercato interno cinese con i suoi
vertiginosi tassi di crescita è diventato un
vero e proprio polo d’attrazione. Quali
opportunità si schiudono alla vostra impresa? Quali rischi si possono individuare? Il convegno di un giorno di Connect.
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codice preferenziale Credit Suisse.
La sede della tradizionale azienda svizzera Bernina a Steckborn, sul Lago di Costanza.
Valuta estera, un fattore di rischio
Nel 2009 Bernina ha generato oltre il
65 % dei suoi quasi 200 milioni di franchi
di fatturato negli USA. «Osserviamo una
tendenza agli hobby tessili, soprattutto
tra le americane, che adorano il cucito, il
ricamo e il quilting», racconta Rolf Hugelshofer. Come direttore finanziario di una
ditta che produce l’85 % del proprio fatturato all’estero, egli è perfettamente
consapevole di quanto pesino i rischi valutari: «Per quanto possibile, cerco di
operare un hedging naturale, perché
questo tipo di copertura non mi costa
niente», spiega. Circa due terzi di tutti i
ricavi in dollari li utilizza per acquistare
materie prime, macchinari o per pagare
stipendi. Alla fine rimangono circa 25
milioni di dollari che ogni anno deve vendere sul mercato valutario. Se il corso
scende di un centesimo, il cash flow diminuisce di 250 000 franchi.
Fissare un tasso di cambio di budget
«La nostra strategia valutaria prevede una
copertura per il 30 – 50 % del restante volume in dollari», spiega Hugelshofer. Il
principale motivo di questa scelta risiede
nella sicurezza di calcolo: ogni anno a
settembre il direttore finanziario fissa il
tasso di cambio di budget per l’anno successivo. Su questa base Bernina calcola
i prezzi da fatturare alle proprie affiliate e
agli importatori, i quali a loro volta ne ricavano poi i prezzi finali di vendita. Con una
copertura, il direttore finanziario può limitare gli effetti delle oscillazioni valutarie
sull’utile messo a budget. «Ma la sicurezza in sé oggi non basta; a un CFO si
richiede anche di attuare una gestione
valutaria accorta in grado di contribuire
all’utile dell’azienda», aggiunge Hugelshofer. Per un’impresa delle dimensioni
di Bernina la differenza può ammontare
addirittura a svariati milioni di franchi. 
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Contratto a termine o strumento
derivato
Esistono molte possibilità per coprirsi
contro i rischi valutari. Con un contratto a
termine, le parti stipulano la vendita di
una valuta a una data futura ad un tasso
di cambio prefissato. Nel caso di un cambio a pronti di CHF 1.15, ad esempio, il
venditore si impegna a regolare la futura
vendita di divisa al cambio di CHF 1.14.
Lo sconto sul cambio a pronti corrisponde
al differenziale dei tassi tra le due valute
per la durata del contratto e determina il
cambio a termine. Se il cambio CHF/
USD si muove al ribasso, si applicherà
comunque il cambio a termine fisso.
L’operazione ha senso se si ipotizza una
flessione del tasso di cambio, con una
conseguente contrazione dei ricavi derivanti dalle vendite in valuta estera.
Quando Hugelshofer prevede invece un
apprezzamento del dollaro, e quindi una
maggiorazione dei ricavi in franchi svizzeri, spesso opta per un prodotto strutturato. A differenza del contratto a termine,
queste soluzioni perfettamente calibrate
sulle aspettative di mercato e sul profilo di
rischio del cliente permettono sia di beneficiare, entro certi limiti, di un apprezzamento del tasso di cambio, sia di tutelarsi
contro i movimenti sfavorevoli dei corsi.
La collaborazione è un fattore
cruciale
Per gestire con più flessibilità le proprie
posizioni valutarie, Hugelshofer le suddivide in tante piccole tranche. L’orizzonte
temporale della sua pianificazione varia a
seconda del contesto e delle aspettative.
Già fin da oggi, ad esempio, è impegnato
a coprire le vendite di dollari per il primo
trimestre 2012. Al riguardo ritiene fondamentale la collaborazione con uno specialista. Con il suo commerciante di divise
presso il Credit Suisse di San Gallo intrattiene assidui contatti: «Il commerciante
con cui lavoro da molti anni conosce perfettamente le mie esigenze e la mia propensione al rischio. La stretta collaborazione con lui è un fattore cruciale per il
successo della gestione valutaria», spiega
Hugelshofer. Altrettanto importante è riflettere per tempo, insieme all’esperto,
su determinati scenari e preparare gli
strumenti del caso: se il cambio a pronti è
quello giusto, basterà avvalersene.
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Il Credit Suisse sostiene la vostra attività internazionale con una gamma
di soluzioni finanziarie completa. Sulle
nostre pagine Internet trovate tutte le
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ad esempio in merito al finanziamento
dell’export o alla copertura dei rischi
valutari. Sotto «Ordinazioni e download» potete anche ordinare una copia
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Il presente documento non è il risultato di un’analisi finanziaria e non contiene alcuna raccomandazione finanziaria e/o d’investimento conformemente alle direttive dell’Associazione svizzera dei banchieri. Le informazioni e i pareri contenuti nel presente documento sono stati allestiti dal Credit
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