Notaio Filippo Garofalo - CONSIGLIO NOTARILE DI SANTA MARIA

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Notaio Filippo Garofalo - CONSIGLIO NOTARILE DI SANTA MARIA
Relazione Convegno di Arce del 10 giugno 2016
La rettificabilità delle dichiarazioni sulla conformità catastale
La relazione in sintesi (Abstract)
La disciplina sulla cd. conformità catastale introdotta col D.L. n. 78 del 30 maggio 2010
(convertito in Legge 30 luglio 2010, n. 122), rappresenta una novità dirompente nel
sistema della circolazione immobiliare.
La dottrina notarile ha esaminato in modo approfondito i presupposti applicativi della
normativa e le fattispecie controverse venute alla luce nella prassi, permettendo al
Notaio di orientarsi nella risoluzione dei problemi che ormai quotidianamente si
pongono alla sua attenzione.
Il presente lavoro si concentra sul profilo dei requisiti formali che gli atti interessati
devono rispettare, al fine di comprendere in quali casi e in che termini è ipotizzabile una
“rettifica” degli stessi, tema questo, invece, poco approfondito.
In questa prospettiva, si è ritenuto utile sintetizzare le conclusioni raggiunte in vari studi
sulla funzione del Notaio e sulla sanzione della nullità: ciò permette di individuare le
principali ipotesi“patologiche” attinenti alla conformità catastale che possono colpire
l’atto notarile.
Ci si è poi soffermati sulla natura della rettifica notarile e sul concetto di “errore
materiale”, con uno sguardo al nuovo istituto introdotto con l’art.59 bis L.N..
L’analisi condotta consente di raggiungere alcuni punti fermi: a) la disciplina introdotta
col D.L. n. 78 del 30 maggio 2010 non si limita ad introdurre l’obbligo di nuove
dichiarazioni relative alla conformità catastale a pena di nullità, ma finisce per
sanzionare, con la medesima nullità, anche la mancata indicazione in atto dei dati
catastali degli immobili urbani (ovvero un’omissione che in precedenza non era
considerata di per sé causa di invalidità dell’atto); b) accanto alle nuove menzioni ed
indicazioni richieste a pena di nullità, la novella richiede alcune indicazioni ed attività
relative alla conformità catastale non sanzionate a pena di nullità; c) la rettifica non può
essere utilizzata per eliminare le cause di nullità, mentre può essere impiegata per
correggere i vizi di più lieve entità.
1
Di conseguenza, secondo l'opinione prevalente, deve ritenersi preclusa la possibilità di
una “rettifica” dell’atto nullo per omessa indicazione dei dati catastali o del riferimento
alle planimetrie, ovvero per mancata menzione della dichiarazione di conformità cd.
“oggettiva” (corrispondenza dei dati catastali e delle planimetrie depositate allo stato di
fatto); può invece ritenersi ammissibile una rettifica (o comunque un atto correttivo/
integrativo) in tutti gli altri casi, e dunque non solo in caso errata indicazione dei dati
catastali o dei riferimenti alle planimetrie, ma soprattutto in caso di inesatta
dichiarazione di conformità allo stato di fatto.
Riguardo al problema della assoluta mancanza in atto delle indicazioni richieste in
materia di conformità catastale, si è provato a proporre, non solo de iure condendo, una
soluzione alternativa rispetto alla rinnovazione del negozio. Uno spunto sembra offerto,
in tal senso, proprio dall’art. 59 bis L.N., il quale consente la rettifica mediante
certificazione non solo di dichiarazioni, ma anche di “omissioni”, almeno quando queste
siano relative a dati preesistenti alla redazione dell’atto, come avviene, appunto, nel caso
dei dati catastali e delle planimetrie che, benché non indicate, fossero in quel momento
esistenti; maggiori dubbi si nutrono, invece, con riguardo alla sanabilità dell’omissione
della dichiarazione di conformità, la quale ha ad oggetto un’attestazione che il
disponente (o il tecnico) devono compiere con riferimento allo stato di fatto esistente al
momento dell’atto e che potrebbe essersi modificato poco dopo di esso. Si registra
tuttavia, su questo fronte, un indirizzo interpretativo generalmente negativo, secondo il
quale, per ragioni di ordine sistematico, deve escludersi l’ammissibilità della rettifica
quando il dato da rettificare - pur se “preesistente” all’atto - abbia determinato la nullità
formale o sostanziale del negozio.
Sommario: 1. Le dichiarazioni sulla conformità catastale: cenni essenziali sulla
funzione del notaio e sulla nullità. - 2. La natura della rettifica notarile e il concetto di
“errore materiale”. - 3. Le dichiarazioni sulla conformità catastale: patologia dell’atto
pubblico; 3.1. La nullità; 3.2. L'irregolarità. - 4. La rettificabilità delle dichiarazioni
sulla conformità catastale. - 5. La ricevibilità della dichiarazione "negativa":
dichiarazione di conformità o dichiarazione sulla conformità? – 6. Il problema della
2
mancanza assoluta delle indicazioni richieste in materia di conformità catastale. - 7.
Conclusioni.
1. Le dichiarazioni sulla conformità catastale: cenni essenziali sulla funzione del
notaio e sulla nullità.
La disciplina sulla cd. conformità catastale introdotta col D.L. n. 78 del 30 maggio 2010,
come convertito in Legge 30 luglio 2010, n. 122, non ha bisogno di essere ricordata nel
dettaglio, considerato l’approccio ormai quotidiano che ogni Collega è costretto ad avere
con la normativa e l’elevato numero di contributi autorevoli offerti dalla dottrina,
soprattutto notarile1, sui presupposti applicativi e sulle fattispecie problematiche che si
pongono nella prassi.
La norma introduce il comma 1-bis all'articolo 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52, il
quale recita:
"Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad
oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti
reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia,
devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre
all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto
e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di
fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in
materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da
un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla
presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei
1
Si vedano in particolare: G. Petrelli, Conformità catastale e pubblicità immobiliare. L'art.29 comma 1-bis
della legge 27 febbraio 1985, n.52, Milano, 2010, p.13; G.. di Transo, La conformità catastale: casi pratici
e spunti di politica del Notariato; Circolare C.N.N. “LA NORMATIVA IN MATERIA DI CONFORMITA’
DEI DATI CATASTALI (D.L. 78/2010)”, a cura di Giovanni Rizzi, p.28; Circolare C.N.N. “La legge 30
luglio 2010 n. 122, di conversione del D.L. 30 maggio 2010 n. 78 in materia di circolazione immobiliare –
Novità ed aspetti controversi” a cura di M. Leo, A. Lomonaco, G. Monteleone e A. Ruotolo, pubblicata in
C.N.N. Notizie del 6 dicembre 2010 (Parte I paragrafo 1);
3
predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro
conformità con le risultanze dei registri immobiliari.".
Il presente lavoro si concentrerà pertanto sul profilo dei requisiti formali che gli atti
interessati devono rispettare, al fine di comprendere in quali casi e in che termini è
ipotizzabile una “rettifica” degli stessi.
Al fine di introdurre l’argomento in esame, si è ritenuto utile premettere un breve sunto
delle conclusioni raggiunte in vari studi del Notariato sulla funzione del notaio e sulla
sanzione della nullità, in modo da circoscrivere il campo d’indagine:
1) il Notaio è tenuto, a pena di nullità, ad indicare in atto l’identificazione catastale
dell’immobile ed il riferimento alle planimetrie depositate in catasto. Per
identificazione catastale s’intende il riferimento ai (e dunque la menzione dei) cd. dati
minimi essenziali e cioè sezione, foglio, particella ed eventuale subalterno; quanto alle
planimetrie, l’opinione più rigorosa è nel senso di ritenere che il Notaio debba
verificare l’esistenza della planimetria e la sua riferibilità all’immobile; non vi è
tuttavia alcun obbligo di allegazione;
2) il Notaio è tenuto, a pena di nullità, a far menzione nell’atto della dichiarazione
del disponente di conformità dei dati catastali e della planimetria allo stato di
fatto; la dichiarazione può essere
sostituita da un’“attestazione”di conformità
proveniente da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento
catastale2. La norma non richiede che la dichiarazione sia resa con il rispetto di
particolari formalismi, e dunque non vi è l’obbligo di richiamare la norma di
riferimento (art.29 comma 1-bis della Legge n.52 del 27 febbraio 1985), nè di
precisare che la dichiarazione è resa “sulla base delle disposizioni vigenti in materia
La norma non richiede che l’attestazione sia resa mediante relazione giurata, ma solo che sia sottoscritta
da un tecnico abilitato all’aggiornamento del catasto (architetto, geometra, ingegnere); si ritiene che la
relazione debba essere allegata all’atto, andando a sostituire la dichiarazione richiesta al disponente a pena
di nullità; in alternativa alla relazione si ritiene possibile che il tecnico intervenga direttamente in atto per
attestare la conformità.
2
4
catastale”3; la nullità consegue solo alla mancanza assoluta della dichiarazione (cd.
nullità formale), non alla sua eventuale non veridicità, volontaria o involontaria (che
può solo comportare, secondo i più, conseguenze sanzionatorie di tipo penale e
tributario per il dichiarante, come si vedrà in seguito); tuttavia la dichiarazione non
può essere parziale4 o per “equipollente”; il Notaio non è tenuto a verificare (e non
potrebbe verificare) la veridicità della dichiarazione di conformità allo stato di fatto,
salvo il limite della palese non conformità della rappresentazione planimetrica
dell’immobile rispetto alla descrizione contenuta in atto; il Notaio è invece tenuto a
verificare, secondo l’opinione più rigorosa, che la dichiarazione possa dirsi “esistente”,
e cioè che esistano effettivamente gli elementi (dati catastali e planimetria) con i quali
lo stato di fatto viene comparato, e dunque che l’immobile sia stato denunziato in
Catasto con attribuzione di classe e categoria e che esista una planimetria nel quale è
raffigurato; per “disposizioni vigenti in materia catastale” devono intendersi quelle
vigenti al momento in cui è avvenuto l’ultimo aggiornamento in catasto
Vengono in rilievo, in particolare:l’art. 17 del R.D. legge 13 aprile 1939 n. 652: “Il nuovo catasto
edilizio urbano è conservato e tenuto al corrente, in modo continuo ed anche con verificazioni periodiche,
allo scopo di tenere in evidenza per ciascun Comune o porzione di Comune, le mutazioni che avvengono:
a) ... b) nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della
classe."; l’art. 20 medesimo R.D. legge 13 aprile 1939 n. 652:“Le persone e gli enti indicati nell'art. 3
sono obbligati a denunciare, nei modi e nei termini da stabilirsi col regolamento,le variazioni nello stato e
nel possesso dei rispettivi immobili, le quali comunque implichino mutazioni ai sensi dell'art. 17. Nei casi
di mutazioni che implichino variazioni nella consistenza delle singole unità immobiliari, la relativa
dichiarazione deve essere corredata da una planimetria delle unità variate, redatta su modello fornito
dall'Amministrazione dello Stato, in conformità delle norme di cui all'art. 7”; il comma 9 dell’art. 19 dello
stesso D.L. 78/2010: "Entro il medesimo termine del 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali sugli
immobili oggetto di interventi edilizi che abbiano determinato una variazione di consistenza ovvero di
destinazione non dichiarata in Catasto, sono tenuti a procedere alla presentazione, ai fini fiscali, della
relativa dichiarazione di aggiornamento catastale.”.
3
4
Cass. civile, sez. II, n. 8611 dell’ 11 aprile 2014: “È legittima la sanzione disciplinare inflitta al notaio
per aver rogato atti di compravendita immobiliare nei quali è stata omessa sia la dichiarazione degli
intestatari della conformità allo stato di fatto dei dati catastali, menzione prevista a pena di nullità
dell’atto dall’art. 29, comma I bis. della l. n. 52/1985, comma aggiunto dalla l. n. 122/10, sia la
dichiarazione di conformità a firma del tecnico abilitato, dovendosi ricordare che detti incombenti sono
previsti a pena di nullità assoluta. La vendita immobiliare priva della dichiarazione di coerenza dei dati
catastali non soddisfa infatti la ratio pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale ed è affetta da nullità
assoluta, conseguendone la responsabilità disciplinare del notaio rogante.”.
5
(denuncia/variazione), e non quelle vigenti al momento dell’atto5; la dichiarazione di
conformità non è impedita dalla presenza di difformità non “rilevanti”, ossia difformità
che non comportino l’obbligo di procedere a variazione catastale.
3) il Notaio è tenuto, infine, prima della stipula, ad individuare gli intestatari
catastali ed a verificare la loro conformità con le risultanze dei registri
immobiliari. Non è richiesta menzione dell’attività compiuta dal Notaio; non è
prevista sanzione di nullità per l’eventuale violazione, nè l’applicazione dell’art.28
L.N.; l’opinione più rigorosa ritiene, tuttavia, che la norma imponga comunque al
Notaio una regola di comportamento nell’esercizio della sua funzione, la cui
violazione può dunque esporlo a responsabilità disciplinare ex art. 135
(norma
applicabile ogni qualvolta il Notaio “manchi ai propri doveri”e ciò “anche nel caso
che l’infrazione non produca la nullità dell’atto”).
2. La natura della rettifica notarile e il concetto di “errore materiale”.
In ambito giuridico, la rettifica è definita generalmente come quel procedimento volto alla
integrazione, correzione o annullamento dell’atto o di una sua parte6.
La dottrina ha mostrato come nel nostro ordinamento sia assente un istituto generale sulla
rettifica o correzione degli atti. In un esauriente studio del C.N.N.7, si osserva come il
Circolare C.N.N. “LA NORMATIVA IN MATERIA DI CONFORMITA’ DEI DATI CATASTALI (D.L.
78/2010)”, a cura di Giovanni Rizzi, p.28; Circolare C.N.N. “La legge 30 luglio 2010 n. 122, di
conversione del D.L. 30 maggio 2010 n. 78 in materia di circolazione immobiliare – Novità ed aspetti
controversi” a cura di M. Leo, A. Lomonaco, G. Monteleone e A. Ruotolo, pubblicata in C.N.N. Notizie del 6
dicembre 2010 (Parte I paragrafo 1); Circolare Agenzia del territorio n. 3 del 10 agosto 2010 (paragrafo
5): “Ulteriore precisazione, introdotta dalla legge di conversione, è quella relativa al parametro di
riferimento per la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie,
conformità da valutarsi sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. Sotto tale profilo, si deve
intendere che la predetta disposizione è in correlazione con le norme catastali che individuano le
fattispecie per le quali sussiste l’obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione nello stato dei
beni, con l’allegazione delle planimetrie catastali.”
5
6
Novissimo Digesto italiano, voce Stato Civile, p.543;
7
CNN, Studio n.618-2010/C (est. Mauro Leo).
6
nostro legislatore abbia preferito regolamentare con discipline di dettaglio la correzione
degli atti e provvedimenti emessi da pubbliche autorità, ed il recente inserimento nella
Legge Notarile dell’art. 59 bis è in linea con questa tendenza8.
Ciò comporta, quindi, la necessità di operare un’analisi comparativa con i meccanismi
correttivi degli atti previsti da altri contesti normativi – ed in particolare con la procedura
di correzione ed integrazione dei provvedimenti giudiziari – al fine di individuare i tratti
comuni delle diverse specie di rettifica e comprendere i limiti di utilizzazione della
rettifica degli atti notarili.
Proprio il riferimento alla procedura di correzione dei provvedimenti giudiziari permette
di recuperare il significato della “rettifica”, ossia quel particolare procedimento di
modificazione di un provvedimento decisorio relativamente ad elementi non destinati a
modificare il decisum, non rilevanti ai fini della validità dell’atto e che riguardano la
redazione del documento. Si è in presenza quindi di un istituto il cui significato è
possibile ottenere “in via indiretta” (o a contrario), partendo dagli errori o dalle
omissioni che siano correggibili, e che coincidono con i vizi di “scarso rilievo” del
provvedimento emanato, tali cioè da non provocare alcun pregiudizio all’ordinamento e
che vengono indicati come “errori materiali”, vale a dire “anormalità” dell’atto
considerate di lieve importanza9.
L’errore materiale, è stato notato10, attiene all’attività di traduzione nel documento del
risultato di un giudizio, cioè all’attività di rappresentazione della pronuncia nei termini
desiderati; manca pertanto, nell’attività di correzione dell’errore materiale una volontà
giusdicente, perché manca la lesione di un diritto, che viene sempre protetto dal
giudicato. Da questo deriva che la correzione dell’errore materiale (al pari della
8
in virtù del D. Lgs. n. 110 del 2 luglio 2010 (in G.U. n. 166 del 19 luglio 2010), emanato in attuazione
della delega contenuta nell’art. 65 della legge 18 giugno 2009 n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile).
L’ “errore materiale” è il comune denominatore che si rinviene nelle norme che disciplinano le procedure
di correzione delle sentenze e delle ordinanze civili (art. 287 c.p.c.), delle sentenze penali (art. 130 c.p.p.),
amministrative (art. 86 D.Lgs. n. 104 del 2 luglio 2010) e costituzionali (art. 21 Norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte Cost. del 16 marzo 1956), e così anche nel nuovo art. 59 bis. L. N..
9
10
Novissimo Digesto italiano, voce Correzione e integrazione dei provvedimenti del giudice, p. 835.
7
integrazione
per le omissioni, che sopperisca alla incompletezza espressiva della
pronuncia) non solo è compatibile con il giudicato, ma è riservata ad un provvedimento
che non ha nessuna validità autonoma rispetto alla sentenza e, anzi, ripete da questa la sua
validità.
Sono state date molteplici definizioni dell’ “errore materiale”, ma tutte portano ad una
conclusione univoca: è errore “materiale” quello che incide sulla esteriorizzazione
della volontà del giudicante, e non sulla formazione della stessa. Si è parlato, in
particolare, da parte del Carnelutti, di “errore nell’espressione anziché nella formazione
dell’idea”11, per significare che l’errore è “rettificabile” quando si è prodotto nel
momento della trascrizione dell’atto (documentazione) e non nella formazione del
processo decisionale/volitivo che ne è alla base12, ricadendosi altrimenti in un ambito
completamente diverso da quello in esame (e che, in materia contrattuale, attiene ai vizi
del consenso, causa di annullabilità del contratto). Si è parlato, anche, di “errata
traduzione in segni grafici degli elementi propri o individuatori di una persona o di una
cosa”13, di “inesattezza accidentale o comunque occasionale … inidonea a modificare il
contenuto” delle pronunce14,e, infine, di errore “incapace di determinare la nullità del
provvedimento”15. Quest’ultima definizione, in realtà, più che descrivere l’errore
materiale, ne coglie un’attitudine (o meglio, un’inattitudine) che assume particolare
rilevanza ai fini della nostra indagine: se l’errore “materiale” ha “scarsa rilevanza” o
“lieve entità”, esso è “incapace di determinare la nullità del provvedimento”; la rettifica
quindi non può essere utilizzata per eliminare le cause di nullità del provvedimento, che
11
F. Carnelutti, Istituzioni del processo civile italiano, Roma, 1956, p.345.
12
M. Acone, Riflessioni sul rapporto tra la correzione degli errori materiali e i mezzi di impugnazione, in
Riv. trim. proc. civ., 1980, p.1332 ss.
13
14
U. Rocco, Trattato di diritto processuale civile, Torino, 1966, p.194.
Cons. Stato 31 marzo 1987 n. 189, in Foro amm., 1987, p.536.
M. Acone, voce “Correzione e integrazione dei provvedimenti del giudice” (diritto processuale civile),
in Enc. Giur., IX, Roma, 1988, p.2.
15
8
sono riconnesse a vizi radicali dell’atto e si traducono in motivi di impugnazione. Proprio
in virtù di tale considerazione la dottrina pressoché unanime16 esclude, del pari, che la
rettifica notarile possa essere impiegata per rimuovere le cause di nullità del negozio,
come si vedrà in seguito.
L’analisi comparativa cui si è accennato permette quindi di individuare il
presupposto fondamentale della rettifica, che può ritenersi comune sia alla
correzione degli atti giudiziari che quella degli atti notarili, e cioè la presenza di un
“errore materiale” (inteso, come detto, quale errore di “scarsa rilevanza” o di “lieve
entità”e dunque “irrisorio”, incapace di modificare il contenuto dell’atto e traducentesi in
una mera difformità tra quanto effettivamente voluto e quanto concretamente riportato nel
documento17.
3. Le dichiarazioni sulla conformità catastale: patologia dell’atto pubblico.
Il breve riepilogo che si è fatto permette di individuare le seguenti ipotesi “patologiche”,
attinenti alla conformità catastale, che possono colpire l’atto notarile:
1) omessa indicazione dei dati catastali o del riferimento alle planimetrie;
2) omessa menzione della dichiarazione di conformità catastale;
16
A. Caccia, La rettifica stragiudiziale degli atti pubblici ed alcune applicazioni concernenti la L. 28
febbraio 1985 n. 47, in Vita notarile, 1988, p.78.
17
Non costituisce invece, secondo la dottrina, un presupposto indefettibile della rettifica l’immediata
“riconoscibilità”dell’errore (vale a dire la circostanza che l’errore sia rilevabile ictu oculi da una
semplice lettura dell’atto); quest’ultimo elemento è, infatti, a ben vedere, caratteristico dei soli errori dei
provvedimenti giurisdizionali, per i quali è decisivo distinguere tra l’ “errore materiale” oggetto di
rettifica ex artt. 287 ss. cod. proc. civ., e l’ “errore di fatto” oggetto di revocazione ex art. 395 n. 4 cod.
proc. civ. (quest’ultimo errore ascrivendosi alla inesatta valutazione compiuta dal giudice sugli atti e i
documenti di causa). L’errore che si rinviene negli atti rogati dal notaio, invece, non è quasi mai
riconoscibile ictu oculi. Infatti, mentre il processo formativo della volontà nei provvedimenti giudiziari è
riconducibile al solo giudicante, che non lo condivide con altri soggetti, nell’atto notarile, il processo
formativo della volontà documentata è sempre condivisa tra il notaio e le parti: ciò in dipendenza sia
della funzione di adeguamento stabilita nell’art. 47 L. N. (che impone al notaio di indagare la volontà
delle parti, quindi conoscerla intimamente e tradurla in clausole dell’atto), sia dall’obbligo di lettura
dell’atto imposto al Notaio (artt. 51 n. 8, 58 n. 6 L. N. e 67 R. N.), che permette alle parti di verificare
che quanto riprodotto nel documento formato dal pubblico ufficiale corrisponda alla volontà da loro
dichiarata. Ciò posto, è evidente che se l’errore non è sorto all’interno del processo formativo della
volontà e non è stato rilevato neppure in sede di lettura dell’atto, si tratta di vizio non riconoscibile né
dal notaio né dalle parti, che tuttavia non inficia la sostanza dell’atto sul quale la volontà si è
correttamente formata, ma solo la sua rappresentazione documentale, e dunque è sempre un errore
“materiale”, nell’accezione sopra indicata.
9
3) inesatta indicazione dei dati catastali o del riferimento alle planimetrie;
4) inesatta dichiarazione di conformità catastale.
Solo alle prime due ipotesi (omessa indicazione dei dati catastali o del riferimento alle
planimetrie/omessa menzione della dichiarazione di conformità catastale) la legge
connette la sanzione della nullità, e ciò a dimostrazione del fatto che l’attenzione del
legislatore è rivolta più alla condotta del pubblico ufficiale che omette la menzione che al
contenuto della dichiarazione stessa.
3.1. La nullità
Quanto alle prime due ipotesi, la dottrina prevalente, come detto, ritiene al riguardo che si
tratti di nullità cd. formale, derivante dalla semplice omissione delle indicazioni o della
dichiarazione richiesta, assoluta ed insanabile. Di conseguenza, si ritiene inammissibile
una convalida o una conferma, in assenza di una espressa previsione di legge che la
consenta, ai sensi dell’art. 1423 c.c..
La dottrina, già nei primi commenti, ha ritenuto che la sanzione della nullità sia
sproporzionata rispetto alle finalità della norma. Ed invero, da un lato, va ricordato che la
normativa ha un’indole chiaramente fiscale (essendo inserita in un più ampio intervento
finalizzato a contrastare l’evasione contributiva, facendo emergere ogni variazione
dell’imponibile catastale dei fabbricati); dall’altro, va rimarcata la disparità di trattamento
rispetto alle ipotesi di dichiarazione erronea o mendace, per le quali (come meglio si dirà
in seguito) non è prevista alcuna sanzione incidente sulla validità dell’atto e sulla
commerciabilità dell’immobile. Alcuni autori hanno notato, al riguardo, che le norme che
hanno introdotto nullità formali simili a quella in esame hanno previsto, subito o
successivamente, la possibilità di una sanatoria18, auspicando un intervento del legislatore
volto a consentire, considerata l’assoluta somiglianza delle fattispecie, la conferma o
l’integrazione dell’atto nullo mediante un nuovo atto cui sia inserita l’indicazione omessa
ovvero a cui si allegato un attestato di conformità rilasciato da un tecnico abilitato.
18
Il riferimento è, in particolare, alle nullità connesse agli obblighi di menzione ed allegazione imposti
dalle norme urbanistiche (art. 40 L. n. 47/85; artt. 30 e 46 D.P.R. n.380 del 2001).
10
Ma si tratta di vera e propria nullità?
Un’autorevole opinione19 ha insinuato questo dubbio, muovendo dall’analisi del dato
letterale della norma, la quale esclude le scritture private non autenticate dall’ambito di
applicazione della disciplina. Questo è un dato di non poco conto, poiché è evidente che
l’autentica consente di attribuire alla scrittura privata una efficacia probatoria privilegiata
oltreché la forma idonea per la trascrizione20, ma non può certo trasformare la scrittura
privata in un tertium genus documentale21. Se gli elementi di cui al comma 1-bis
attenessero al contenuto per addivenire a validi trasferimenti, essi dovrebbero riguardare
anche le scritture private non autenticate, proprio perché non potrebbe distinguersi, quoad
effectum, tra due forme di scrittura privata.
Il fatto quindi che la sanzione colpisca l’autentica e non la scrittura in quanto tale –
secondo questa dottrina – non significa altro se non che la nullità incide sul documento e
non sull’atto22: si tratterebbe dunque di una nullità documentale sancita per il documento
autentico ma non per l’atto giuridico, per il quale sarebbe anche ipotizzabile una
“conversione” (da scrittura privata autenticata a scrittura privata semplice) ai sensi
dell’art. 2701 c.c..
La conclusione di quest’Autore, pertanto, è nel senso di ritenere che il contenuto effettivo
della norma sia quello di sancire l’ “ inidoneità ”, ai fini della pubblicità immobiliare, del
19 M. Ceolin, “La conformità oggettiva e soggettiva nel D.L. 31 maggio 2010 n.78 (conv. in L. 31 luglio
2010 n.122) e il problema della nullità degli atti”, in Rivista del Notariato, Giuffrè Editore, n.2/2011,
p.335 ss..
20 C. Falzone – A. Alibrandi, voce Autentica, in Dizionario Enciclopedico del Notariato, Roma, 1973,
p.250.
21 Cass. n.10375 del 7 agosto 2000: La scrittura privata autenticata “non costituisce, sotto il profilo della
validità del negozio, un ‘tertium genus’ rispetto alla scrittura privata autenticata e all’atto pubblico,
atteso che l’autenticazione opera esclusivamente sul piano della prova e non sulla validità sostanziale
dell’atto”.
22 Vale, al riguardo, la distinzione scolastica tra contenente e contenuto, per cui si veda Carnelutti, voce
Documento, in Novissimo Digesto italiano, p.85, e Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto
civile, Napoli, 2002 (rist.), p.144.
11
titolo carente degli elementi di cui al comma 1-bis23, per cui la formalità pubblicitaria
eventualmente effettuata sulla base del titolo viziato sarà del tutto inefficace.
La tesi della nullità cd. “documentale”, tuttavia, non sembra più sostenibile dopo la
recente pronuncia della Cassazione, cui già si è fatto richiamo24 , la quale ha affermato
che “È legittima la sanzione disciplinare inflitta al notaio per aver rogato atti di
compravendita immobiliare nei quali è stata omessa sia la dichiarazione degli intestatari
della conformità allo stato di fatto dei dati catastali, menzione prevista a pena di nullità
dell’atto dall’art. 29, comma I bis. della l. n. 52/1985, comma aggiunto dalla l. n. 122/10,
sia la dichiarazione di conformità a firma del tecnico abilitato, dovendosi ricordare che
detti incombenti sono previsti a pena di nullità assoluta.”.
3.2. L’irregolarità
Veniamo ora alle altre due ipotesi.
Quanto alla ipotesi sub 3), non v’è dubbio che l’errata indicazione dei dati catastali
ovvero degli estremi della planimetria non comporti nullità degli atti, ma potrà essere
oggetto di rettifica, anche mediante certificazione notarile, ai sensi dell’art.59 bis L.N.,
come si vedrà in seguito.
Quanto invece alla ipotesi sub 4) (inesatta dichiarazione di conformità catastale), si
ritiene in maniera pressochè unanime che la dichiarazione inveritiera (erronea o
mendace) non possa determinare la nullità dell’atto; come detto, infatti, la nullità
viene comminata solo nel caso di assoluta mancanza nell’atto pubblico della
dichiarazione di conformità, e, considerata l’estrema gravità della sanzione, la norma va
interpretata in senso restrittivo.
23 Avanza questa ipotesi anche G.. Petrelli, “Conformità catastale e pubblicità immobiliare. L’art.29,
comma 1-bis, della legge 27 febbraio 1985 n.52”, Milano, 2010, p.13. Contra: C.N.N. “LA
NORMATIVA IN MATERIA DI CONFORMITA’ DEI DATI CATASTALI (D.L. 78/2010)”, a cura di
Giovanni Rizzi, p.32, laddove si afferma che l’eventuale violazione della disciplina sulla conformità
catastale non incide sulla trascrivibilità dell’atto, neanche nel caso di violazione delle disposizioni
prescritte a pena di nullità, in mancanza di una espressa previsione in tal senso (contenuta invece
nell’art.30 del D.P.R. n.380 del 2001, in caso di mancata allegazione del certificato di destinazione
urbanistica).
24
Cass. civile, sez. II, n. 8611 dell’ 11 aprile 2014.
12
L’opinione largamente dominante è nel senso di ritenere che il legislatore non abbia
voluto impedire del tutto (come pure avrebbe potuto) la circolazione degli immobili il cui
stato sia difforme rispetto ai dati catastali ed alla planimetria depositata, ma piuttosto
porre a carico del disponente l’onere di rendere (o far rendere ad un tecnico a ciò
abilitato), sotto la propria responsabilità, una dichiarazione che permetta il relativo
controllo a chi ne abbia interesse (e segnatamente all’Amministrazione Finanziaria,
considerata la richiamata natura fiscale della norma).
E’ evidente, quindi, che l’attenzione del legislatore è rivolta più alla condotta del pubblico
ufficiale che omette la menzione che alla veridicità della dichiarazione, come dimostra
l’esclusione delle scritture private non autentiche dall’ambito di applicazione della
normativa.
Da tali considerazioni emerge che:
a) una correzione, integrazione o precisazione della dichiarazione inesatta
non è assolutamente necessaria per garantire la successiva circolazione
del bene, essendo valido il titolo di acquisto25, ma di certo non potrà dirsi
vietata;
b) la dichiarazione mendace, se non determina la nullità dell’atto, espone
tuttavia il disponente a responsabilità civile per i danni cagionati alla
controparte, nonché, secondo l’opinione più rigorosa, a responsabilità penale,
qualora fosse ravvisabile il reato di “falso ideologico commesso da privato in
atto pubblico” ex art. 483 c.p. (in questo senso, la più recente Cass. n. 35999
del 3 giugno 2008)26.
4. La rettificabilità delle dichiarazioni sulla conformità catastale.
Volendo tirare le somme, il percorso compiuto finora consente di raggiungere le seguenti
“acquisizioni”:
25
26
CNN Focus 2015, Questioni in materia di conformità catastale, a cura dell’Ufficio Studi Settore
Pubblicistico, p.6.
Lo stesso deve dirsi anche per l’attestazione sostitutiva del tecnico abilitato: un’attestazione mendace del
tecnico non determinerà la nullità dell’atto, ma esporrà ovviamente il professionista a responsabilità
civile per i danni cagionati ed alle sanzioni disciplinari per violazione degli obblighi professionali.
13
1) La disciplina introdotta col D.L. n. 78 del 30 maggio 2010 non si limita ad
introdurre l’obbligo di nuove dichiarazioni relative alla conformità catastale a
pena di nullità, ma finisce per sanzionare, con la medesima nullità, anche la
mancata indicazione in atto dei dati catastali degli immobili urbani, ovvero
un’omissione che in precedenza non era considerata di per sé causa di invalidità
dell’atto; la giurisprudenza infatti non aveva mai dubitato (finora) che anche
l’assoluta mancanza (e o non solo l’erroneità) dei dati catastali non determinasse
l’invalidità dell’atto, dovendosi attribuire rilievo preponderante, ai fini
dell’individuazione del bene, alla descrizione ed ai confini (salvo il caso limite in
cui le parti avessero fatto esclusivo riferimento al dato catastale per individuare il
bene oggetto del contratto); la Legge Notarile prevede tuttora (con disposizione da
intendersi probabilmente abrogata, almeno implicitamente) che i numeri catastali
e le mappe censuarie degli immobili vengano indicati solo dove esistenti e quando
possibile. Pertanto, attualmente, la mancanza dei dati catastali impedisce al Notaio
di stipulare l’atto;
2) accanto alle nuove menzioni ed indicazioni richieste a pena di nullità, la novella
richiede alcune indicazioni ed attività relative alla conformità catastale non
sanzionate a pena di nullità, ed in particolare un’attività di controllo rimessa al
Notaio sull’allineamento degli intestatari catastali alle risultanze dei registri
immobiliari (conformità cd. “soggettiva”);
3) la rettifica non può essere utilizzata per eliminare le cause di nullità, poiché
presuppone l’esistenza di un errore “materiale”, e cioè di un errore di “scarsa
rilevanza” o “lieve entità”, che, per definizione (la definizione sopra richiamata), è
“incapace”di determinare la nullità del negozio;
Di conseguenza, sulla base di tali considerazioni, dovrebbe ritenersi preclusa la
possibilità di una “rettifica” dell’atto viziato per omessa indicazione dei dati catastali
o del riferimento alle planimetrie, ovvero per mancata menzione della dichiarazione
di conformità cd. “oggettiva” (corrispondenza dei dati catastali e delle planimetrie
depositate allo stato di fatto).
14
Sembra invece ammissibile una rettifica in tutti gli altri casi, e dunque non solo in
caso errata indicazione dei dati catastali o dei riferimenti alle planimetrie, ma
soprattutto in caso di inesatta dichiarazione di conformità allo stato di fatto. Ciò
consentirebbe di dare risposta positiva all’interrogativo principale della presente
relazione, e cioè la “rettificabilità delle dichiarazioni sulla conformità catastale”:
se, come detto, è la sola omissione della dichiarazione (rectius: omissione della
menzione in atto della dichiarazione) a rendere nullo il negozio, non potrà parlarsi di
nullità (e dovrà dunque ammettersi la rettificabilità) tutte le volte in cui la
dichiarazione non corrisponda al vero, e ciò sia nel caso in cui la parte sia incorsa in
errore, sia nel caso in cui abbia deliberatamente dichiarato il falso.
Resta, come detto, il limite della “esistenza” della dichiarazione, e cioè la necessità
che esistano effettivamente gli elementi (dati catastali e planimetria) con i quali lo
stato di fatto viene comparato, e dunque che l’immobile sia stato denunziato in
Catasto con attribuzione di classe e categoria e che esista una planimetria nel quale è
raffigurato).
Si aprirebbe così un ampio campo di azione nel quale è possibile muoversi con lo
strumento della rettifica, la quale – seppur non strettamente necessaria ai fini della
successiva circolazione, per quanto detto in precedenza – dovrebbe ritenersi ricevibile
e potrebbe rivelarsi estremamente opportuna, sia per prevenire (o mitigare) le sanzioni
penali e tributarie di cui si è detto, sia per uniformare il contenuto dei titoli e le
risultanze dei registri immobiliari, risolvendo così situazioni di imbarazzo.
Si pensi a tutti i casi in cui il titolo di provenienza contenga il riferimento ad una
planimetria in realtà non conforme allo stato di fatto (nonostante la dichiarazione di
conformità resa in atto dal disponente), e tale difformità venga alla luce sono in
occasione della successiva rivendita: in questi casi, seguendo il percorso qui
delineato, non potrà parlarsi di un titolo di provenienza nullo (con tutte le
conseguenze che ne derivano) e dovrebbe ritenersi ammissibile una rettifica della
dichiarazione, al fine di eliminare il vizio e ripristinare la “veridicitità” delle
risultanze documentali.
15
Si può pensare, come esempio, alla dichiarazione di conformità resa in presenza di
un piccolo ampliamento, assentito dal punto di vista urbanistico, ma non riportato in
planimetria (a causa della mancata presentazione della necessaria variazione catastale)
e non “denunziato” dalle parti in sede di stipula. In tal caso, il notaio potrebbe:
-
premettere all’atto una dichiarazione del precedente disponente, con la quale
viene rettificata la dichiarazione inesatta (e sostituita con una dichiarazione di
non conformità all’epoca del trasferimento: la rettifica di una inesatta
dichiarazione di conformità, infatti, implica necessariamente il riconoscimento di
una almeno parziale “non conformità” al momento dell’atto, come si vedrà in
seguito);
-
dare atto della ripristinata conformità “oggettiva” (mediante la presentazione,
medio tempore, del necessario atto di aggiornamento catastale);
-
stipulare l’atto di rivendita, inserendo la dichiarazione di (attuale)
conformità catastale resa dal nuovo disponente27.
E’ evidente che le considerazioni svolte si riferiscono al caso, di maggiore rilevanza,
della inesatta dichiarazione sulla conformità cd. “oggettiva”. Nulla impedisce,
tuttavia, di immaginare, laddove si ritenga utile, una rettifica anche della eventuale
dichiarazione inesatta sulla conformità cd. “soggettiva”, la quale dovrebbe però
provenire in tal caso dal Notaio rogante (si pensi all’ipotesi di inesatta dichiarazione
di conformità [degli intestatari rispetto alle risultanze dei registri immobiliari] nei casi
in cui il Notaio – al di fuori delle fattispecie di disallineamento fisiologico – non
abbia curato il “preallineamento”).
5. La ricevibilità della dichiarazione "negativa": dichiarazione di conformità o
dichiarazione sulla conformità?
Subito dopo l'emanazione del D.L. 78 si è ritenuto che l'intestatario potesse rendere
anche una dichiarazione di non conformità, anche se accompagnata dall'obbligo
dell'acquirente (o comunque dell'intestatario futuro) di provvedere subito dopo alla
regolarizzazione catastale.
16
La maggioranza degli interpreti28 ritiene, oggi, che tale opinione sia più difficile da
sostenere dopo l'approvazione della legge di conversione, la quale ha introdotto la
possibilità di avvalersi di un'attestazione cd. "sostitutiva" da parte di un tecnico che è
definita proprio come "attestazione di conformità".
Una parte della dottrina notarile, in particolare29, assume una posizione nettamente
negativa, muovendo, tuttavia, dalla convinzione che lo scopo della norma in
commento sia proprio quello di sancire l’incommerciabilità dei fabbricati non
dichiarati conformi dai disponesti e non attestati conformi dal tecnico incaricato:
abbiamo visto, invece, in precedenza, che tale convinzione è smentita dalla
maggioranza assoluta degli interpreti e da numerosi studi del Consiglio Nazionale.
Pertanto, secondo questa dottrina, il Notaio non potrebbe ricevere atti contenenti
dichiarazioni o attestazioni tecniche di non conformità.
Questa soluzione, invero, appare in logica contraddizione con altre “statuizioni”
raggiunte dal Notariato, e che abbiamo esaminato in precedenza.
Appare illogico infatti sostenere che la dichiarazione di conformità inveritiera – e
finanche deliberatamente mendace – non produca nullità, mentre provoca nullità una
dichiarazione veritiera di non conformità: ciò significherebbe riconoscere che
l’ordinamento premia il soggetto che dichiara il falso. Coerenza imporrebbe, allora, di
considerare l’atto nullo anche in caso di successiva scoperta della falsità della
dichiarazione.
Inoltre va notato che se si ritiene irricevibile una dichiarazione espressa di non
conformità, dovrà giocoforza negarsi anche la rettificabilità della dichiarazione
inesatta, perchè tale rettifica, come si accennato, presuppone necessariamente il
riconoscimento, almeno implicito, di una “non conformità” al momento del
trasferimento (né può dirsi, in linea di principio, che esista una differenza ontologica
tra una mera dichiarazione di non conformità, resa al momento del trasferimento, ed
27
28
E’ evidente che, nel caso prospettato, si dovrà anche procedere alla conferma dell’atto di provenienza,
viziato a causa della mancata indicazione degli estremi del titolo abilitativo legittimante l’ampliamento.
si veda, al riguardo, G.. di Transo, La conformità catastale: casi pratici e spunti di politica del
Notariato, op. cit., p.6.
17
un successivo riconoscimento di non conformità, in sede di rettifica). Si è visto in
precedenza, invece, che l’opinione del Notariato è di contrario avviso: se è vero infatti
che “una correzione, integrazione o precisazione della dichiarazione inesatta non è
assolutamente necessaria per garantire la successiva circolazione del bene, essendo
valido il titolo di acquisto”30, ciò significa che la dichiarazione inesatta è inidonea a
provocare la nullità dell’atto, e dunque che essa si traduce in quel vizio “di lieve
entità”, in quell’ “errore materiale”, che è suscettibile di correzione mediante lo
strumento della rettifica. Peraltro, seppur non è necessaria, non potrà certo ritenersi
vietata una eventuale, facoltativa, rettifica della dichiarazione, che anzi, per quanto
detto, gioverà alla “continuità” delle risultanze documentali.
Tali considerazioni, a parere di chi scrive, conducono alla conclusione “ragionevole”
che il legislatore abbia definito dichiarazione di conformità quella che invece dovrebbe
qualificarsi come dichiarazione sulla conformità.
6. Il problema della mancanza assoluta delle indicazioni richieste in materia di
conformità catastale.
A questo punto si può cercare di proporre, non solo de iure condendo, una soluzione
al problema della mancanza assoluta delle indicazioni richieste in materia di
conformità catastale, alternativa rispetto alla rinnovazione del negozio o al decorso
del termine per la “pubblicità sanante”.
Uno spunto sembra offerto, in tal senso, proprio dall’art. 59 bis L.N., il quale consente
la rettifica mediante certificazione notarile non solo di dichiarazioni, ma anche di
“omissioni” relative a dati preesistenti alla redazione dell’atto.
Pertanto, potrebbe ragionevolmente sostenersi che proprio la norma dell’art.59 bis
consenta al Notaio di correggere, mediante una propria certificazione, le omissioni
delle indicazioni richieste dall’art.29 comma 1-bis della Legge n.52 del 27 febbraio
1985 (ancorchè sanzionate con la “nullità”), quando tali omissioni siano colmabili
29
30
G. Rizzi, “LA NORMATIVA IN MATERIA DI CONFORMITA’ DEI DATI CATASTALI (D.L. 78/2010)”,
op. cit., p.30.
CNN Focus 2015, Questioni in materia di conformità catastale, a cura dell’Ufficio Studi Settore
Pubblicistico, p.6.
18
con il riferimento ai “dati preesistenti alla redazione degli atti”, come avviene nel caso
dei dati catastali e delle planimetrie che, benché non indicate, fossero esistenti al
momento dell’atto.
E’ evidente, peraltro, che in tali casi l’omissione sarà quasi sempre frutto di una mera
“svista” in fase di redazione (e rilettura … ) dell’atto, considerato il rigoroso controllo
che il Notaio effettua in relazione alle risultanze catastali: “bollare” l’atto con la
nullità insanabile appare una sanzione eccessivamente afflittiva.
E’ innegabile che questa posizione si scontra con l’opinione tradizionale formatasi
riguardo ai limiti della rettifica.
Va registrato, infatti, che l’opinione prevalente31, per ragioni di ordine sistematico,
esclude l’ammissibilità della rettifica quando il dato da rettificare – pur se
“preesistente” all’atto – abbia determinato la nullità formale o sostanziale del negozio.
Si è posto in evidenza, al riguardo, che quando la legge non prevede meccanismi di
salvaguardia del contratto diversi dalla rettifica, come ad esempio la conferma
(prevista ad esempio dalla legislazione urbanistica) o la conversione del negozio
nullo, l’unica strada percorribile è quella della rinnovazione del contratto. Al di fuori
di questi rimedi non esiste alcun interesse pubblico alla validità del negozio che possa
fondare la liceità della rettifica, restando la nullità indisponibile, insanabile e
rilevabile d’ufficio dal giudice. La rettifica risulterebbe ammissibile, quindi, secondo
tale interpretazione, nei soli limiti della correzione dei dati catastali presenti ma
indicati erroneamente, e non invece con riferimento alle omesse indicazioni dei dati
catastali che determinano la nullità secondo la nuova norma.
Tuttavia, a parere di chi scrive, alcuni “dogmi” della richiamata dottrina potrebbero
essere ragionevolmente rivisti, alla luce della nuova normativa. In questo caso, infatti,
al di là delle interpretazioni dottrinarie, conta il dato normativo, il quale non fa
distinzioni tra le “omissioni” rettificabili. Anche se si volesse ricorrere ad un criterio
di prevalenza tra le disposizioni interessate, dovrebbe necessariamente notarsi come
CNN Studio n. 618-2010/C, Osservazioni sulla rettifica degli atti “certificata” dal notaio, a cura di
Mauro Leo, pubblicato nella rivista Studi e Materiali CNN, 1/2011, p. 49 ss.
31
19
la norma introduttiva dell’art. 59 bis L.N. (il D. Lgs. n. 110 del 2 luglio 2010) sia
successiva rispetto al D.L. 78 /2010, ed indirizzata specificamente all’attività notarile,
con un contenuto che innalza la funzione di certificazione affidata al notaio (accanto
alla funzione di adeguamento) e che appare se non di superiore, almeno di pari
dignità, sotto il profilo dell’interesse pubblico perseguito.
Maggiori dubbi si nutrono con riguardo alla sanabilità della totale omissione (o
della incompletezza, alla luce della recente Cassazione) della dichiarazione di
conformità, la quale ha ad oggetto un’attestazione che il disponente (o il tecnico)
devono compiere con riferimento allo stato di fatto esistente al momento dell’atto e
che potrebbe essersi modificato poco dopo di esso. Né sembra superabile il problema
mediante una sorta di attestazione di conformità “storica” rilasciata dal tecnico,
poiché in tal caso la certificazione del Notaio verrebbe a formarsi non sull’analisi di
dati oggettivi preesistenti, ma su una attestazione successiva alla redazione dell’atto
che difficilmente potrebbe considerarsi una “certificazione”32.
Una strada è stata indicata da quella dottrina, sopra richiamata33, la quale ritiene che
la nullità prevista dal D.L. 78/2010 non sia vera e propria nullità dell’atto, quanto,
piuttosto, nullità del documento, e che pertanto sia ammissibile un atto integrativo di
conferma o rettifica diretto a colmare l’omissione tanto dei dati catastali e del
riferimento alle planimetrie, tanto della dichiarazione di conformità allo stato di fatto;
ciò non tanto in applicazione analogica di quanto previsto in tema di dichiarazioni
urbanistiche, quanto in applicazione del principio generale che ammette la possibilità
di integrare gli elementi di determinazione dell’oggetto del negozio, anche dopo la
conclusione del medesimo34. Tale conferma, in quanto dichiarazione integrativa del
E’ opinione comune in dottrina che le certificazioni non abbiano la capacità di modificare le situazioni
giuridiche oggetto delle stesse, sostanziandosi solo in dichiarazioni di scienza che esternano la
rappresentazione di un fatto al fine della circolazione della certezza pubblica. In questo senso M. S.
Giannini, Istituzioni di diritto amministrativo, II ed., Milano, 2000, 401; B. Cavallo, Provvedimenti ed atti
amministrativi, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, Padova, 1993, p.149.
32
33 M. Ceolin, “La conformità oggettiva e soggettiva nel D.L. 31 maggio 2010 n.78 (conv. In L. 31 luglio
2010 n.122) e il problema della nullità degli atti”, op. cit., p.369.
34 F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, op. cit., p.134; A. Checchini, Nullità formale e
nullità sostanziale ecc., op. cit., p.409.
20
negozio, con funzione di completamento degli elementi di determinazione della
fattispecie, dovrà avere la stessa forma dell’atto confermato e dovrà provenire
necessariamente dalle parti dell’atto, e quindi dal cedente o dal cessionario,
determinando una vera e propria assunzione di responsabilità (“confessione”?) in
capo a chi lo effettua35. Tale teoria deve tuttavia fare i conti con la recente pronuncia
della Suprema Corte n. 8611 dell’ 11 aprile 2014, la quale ha affermato che
l’omissione da parte del Notaio della menzione della dichiarazione di conformità resa
dagli intestatari (o in alternativa dal tecnico abilitato) comporta la nullità assoluta
dell’atto.
7. Conclusioni
La problematica della rettificabilità delle dichiarazioni sulla conformità catastale
involge sia il problema della dichiarazione inesatta (erronea o mendace) in senso
stretto, sia quello dell’atto carente, del tutto, degli elementi richiesti dal nuovo comma
1-bis dell’art.29 Legge 52/1985 (dati catastali, riferimento alle planimetrie,
dichiarazione di conformità catastale).
La soluzione proposta al problema della rettificabilità delle “dichiarazioni” sulla
conformità catastale ruota intorno a tre passaggi chiave, messi in luce dalla dottrina:
1) la necessità che l’atto contenga una dichiarazione sulla conformità che possa
definirsi “esistente” (sebbene “inesatta”);
2) l’impossibilità di ritenere viziato da “nullità” l’atto contenente una “inesatta”
dichiarazione sulla conformità (cui consegue dunque, una semplice
“irregolarità);
3) la ricevibilità di una dichiarazione (o un riconoscimento) di non conformità.
Tali passaggi consentono di affermare che sia possibile rettificare la dichiarazione
sulla conformità cd. “oggettiva” che si riveli inesatta, ogni qualvolta vi sia, in realtà,
35 Ciò, secondo la dottrina richiamata, sia per quanto concerne l’identificazione catastale ed il riferimento
alle planimetrie, sia per la dichiarazioni di conformità, considerato che il cessionario è ormai nella
disponibilità del bene e quindi titolare del potere giuridico di accertarsi del reale stato dell’unità
immobiliare.
21
una situazione di fatto difforme rispetto ai dati catastali ed alle planimetrie esistenti e
richiamati in atto.
Nell’ipotesi invece di totale omissione dei dati richiesti dal comma 1-bis dell’art. 29
(mancanza assoluta dei dati catastali o del riferimento alle planimetrie; mancanza
assoluta della dichiarazione sulla conformità) dovrà distinguersi: aderendo alla teoria
più rigorosa (e condivisa dalla dottrina prevalente) non sarà possibile procedere ad un
atto “integrativo” qualora sia stata del tutto omessa la dichiarazione sulla conformità,
in mancanza di una norma espressa che lo consenta; potrebbe invece ritenersi
ammissibile (sposando l’interpretazione sopra proposta) un atto “integrativo” diretto a
correggere l’omissione dei dati catastali e del riferimento alle planimetrie depositate,
quando i dati o gli estremi siano preesistenti alla redazione dell’atto e quando, in base
al contenuto dell’atto medesimo, non possa sorgere alcuna incertezza circa l’identità
del bene negoziato.
Filippo Garofalo
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