COME: rivista 2010 - Cesvi

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COME: rivista 2010 - Cesvi
Anno XV - N° 355 - 1 ottobre 2010- Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Milano
S
Periodico
su strada
Anno 15
1 ottobre
2010
COME
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LA FAME
HA PAURA DI NOI
À
N°355
€ 2,00
2
Cesvi
L’obiettivo di Cesvi è realizzare iniziative di sviluppo sostenibile avvalendosi delle risorse locali
Contaminare esperienze
di Giangi Milesi - Presidente Cesvi
Direttore responsabile
Elisabetta Alessandrini
Redazione
Marcello Andreetti
(caporedattore)
Emanuela Cerveri
(redattore)
Chiara Stefani
(redattore)
Marco Costa
(ricerca iconografica)
Questo numero
è stato realizzato in
collaborazione con
Cesvi - www.cesvi.org
Si ringraziano:
Giovanni Diffidenti
Emanuela Colombo
Cristina Francesconi
Valeria Turrisi
Fulvio Zubiani
In copertina:
foto di Fulvio Zubiani
Redazione
e ufficio pubblicità
Via Tortona 18
20144 Milano
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dell’11 marzo 1996
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I contenuti sono liberamente
riproducibili previo consenso scritto della redazione.
FOTO DI
www.solidarietacome.it
GIOVANNI DIFFIDENTI
COME C
esvi nasce nel 1985,
nel momento di
massimo sviluppo
di un movimento
mondiale che coinvolge indistintamente Paesi ricchi e
Paesi poveri con la nascita
di migliaia di Ong (Organizzazioni Non Governative)
private.
Questo crea il presupposto
di una partnership che fa
funzionare la cooperazione
(fino ad allora principalmente pubblica) al punto che negli anni ’90 le principali
agenzie internazionali delle
Nazioni Unite e gli stessi
governi riconobbero il ruolo
delle Ong.
Al Gore (allora vice-presidente degli Usa) disse alle
Nazioni Unite: “L’aiuto pubblico è fallito.
Abbiamo costruito cattedrali
nel deserto.
Oggi dobbiamo passare la
mano a quelle organizzazioni private che, attraverso i
loro partner, riescono a produrre autosviluppo, che non
esportano modelli ma cercano, a livello locale, le risorse
e il protagonismo dei beneficiari”.
Cesvi nasce proprio da queste due idee: il genius loci,
quella capacità di capire che
cosa c’è sul posto, quali le
leve locali su cui investire e
il protagonismo dei beneficiari, quindi non l’insegnamento, ma la “contaminazione” fra le esperienze internazionali e locali.
Cesvi è infatti è un’organizzazione laica, indipendente,
pragmatica.
Come recita il documento di
missione: “Nel sistema di
valori che guidano l’organizzazione, il precetto morale
della solidarietà umana e
quello ideale della giustizia
sociale si trasformano in
opere di aiuto umanitario e
per lo sviluppo, che vogliono contribuire all’affermazione dei diritti universali
dell’uomo. Operiamo con la
convinzione che l’aiuto alle
popolazioni diseredate a
causa del sottosviluppo, o
più sfortunate a causa di
guerre, calamità naturali e
disastri ambientali, non dia
sollievo solo a chi soffre, ma
contribuisca anche al benessere di tutti noi sul pianeta,
casa comune da preservare
per le future ge-
“
zazione è fortemente impegnata affinché gli aiuti internazionali non si riducano a
mera beneficenza e non siano influenzati dall’egoismo
dei donatori.
Organizzativamente, per garantire stabilità all’ente, abbiamo modificato il suo status legale, trasformando
l’Associazione in una Fondazione di partecipazione.
Cesvi, acronimo di cooperazione
e sviluppo, nasce nel 1985.
La sua mission è l’educazione alla
solidarietà, ovvero non l’insegnamento,
ma la “contaminazione” fra le
esperienze internazionali e locali
nerazioni.
Nell’acronimo Cesvi, le parole cooperazione e sviluppo sottolineano che la Ong
fonda la sua filosofia d’azione nella promozione del
protagonismo e della mobilitazione collettiva dei beneficiari per favorire il loro
progresso.
Per questa ragione l’organiz-
“
Questa decisione è
stata dettata anche da una
necessità: la struttura legale
e organizzativa dell’Associazione non si presta a gestire risorse economiche importanti soprattutto quando
raggiungono determinate dimensioni.
Ma soprattutto, con questo
status Cesvi realizza piena-
mente la sua mission, che
non è solo l’aiuto ai bisognosi ma anche l’educazione
alla solidarietà da parte delle
popolazioni più ricche del
pianeta.
Un guardarsi negli occhi fra
comunità ricche e comunità
povere, un grande rispetto,
una grande opera di contaminazione, di intercultura
che si realizza grazie al processo partecipativo.
In questo modo la Ong riesce a conciliare due finalità
apparentemente contrapposte: da un lato dare stabilità
all’ente, garantendo che il
pensiero dei fondatori non
venga tradito e dall’altro attivare processi partecipativi
che trasformano continuamente l’ente.
L’indipendenza del Cesvi si
realizza soprattutto nella ricerca dei finanziamenti.
Le Ong nascono come alternativa al finanziamento pubblico, spesso guidato più da
interessi egoistici e non da
una reale volontà di sostenere lo sviluppo dei più poveri:
per Cesvi i donatori sono
importantissimi, devono essere ascoltati ma non possono influenzare l’organizzazione piegandola ai propri
interessi perché i beneficiari
SOLIDARIETÀ COME
È STAMPATO SECONDO LA
FILOSOFIA
GREENPRINTING
Il Gruppo
VOLTA ALLA SALVAGUARDIA
DELL’AMBIENTE ATTRAVERSO
L’USO DI MATERIALI A BASSO
IMPATTO AMBIENTALE, OLTRE
ALL’UTILIZZO DI ENERGIA
RINNOVABILE E
AUTOMEZZI A METANO.
Il Gruppo Solidarietà COME è una cooperativa editoriale non a scopo di lucro che si occupa di diversità e dal 1996 ha scelto di informare attraverso il periodico
Solidarietà COME. L’attività del Gruppo ha creato numerosi posti di lavoro, coinvolgendo diversi migranti in un’efficace distribuzione su strada.
Il Gruppo è una struttura indipendente che non si avvale di alcun finanziamento esterno, ed è basato su risorse derivanti direttamente dalle vendite.
La “forza vendita”, interamente composta da diffusori immigrati, trattiene il 50% del prezzo di copertina, mentre i restanti oneri contributivi restano a carico della
cooperativa. Questo conferisce un forte carattere sociale all’iniziativa della “distribuzione su strada della cultura”: lo scopo è diffondere in Italia una maggior conoscenza di altre realtà, soprattutto africane, costruendo allo stesso tempo percorsi di emancipazione sociale per gli immigrati coinvolti.
Fino ad oggi sono state direttamente coinvolte all’interno delle attività del Gruppo circa 1000 persone; questa cifra, rapportata al numero di individui coinvolti nei
Paesi di provenienza, riguarda almeno ventimila tra uomini, donne e bambini. Si tratta dei componenti delle famiglie allargate di ogni diffusore.
Tutto ciò ha come obiettivo l’inserimento sociale, non perdendo di vista la finalità: favorire la creazione di opportunità di lavoro locale, con la costituzione di imprese autonome nei Paesi di origine, in particolare in Senegal.
Riteniamo che il futuro di chi arriva in Europa, oltre che una possibilità d’inserimento, costituisca una tappa, un momento per attrezzarsi di quel sapere necessario
per costruire nel proprio Paese valide alternative di sviluppo.
3
Cesvi
I
NUMERI DI
- I
BENEFICIARI DIRETTI SONO STATI
- I
FONDI RACCOLTI
- 140
- I
CESVI
2.721.583
I PROGETTI GESTITI PER UN COSTO DI
€21.512.779
31 PAESI
- 899
I COLLABORATORI LOCALI IMPIEGATI
- 135
I COOPERANTI ESPATRIATI IN
- I
2009
€ 23.519.775
PARTNER LOCALI COINVOLTI NEI
- 44
NEL
63
DESTINATARI SONO STATI
126
SEDI ESTERE
I MEMBRI DELLO STAFF CENTRALE
DONATORI ATTIVI SONO STATI OLTRE
70.000
- 450
I VOLONTARI CHE HANNO PRESTATO GRATUITAMENTE LA LORO OPERA PER UN
VALORE STIMATO DI € 271.355
dale, un progetto sociale da
sostenere, hanno deciso di
finanziarlo con un CD musicale che è stato primo nelle
hit parade e con esso sono
state raccolte risorse impor-
tanti che hanno permesso di
sostenere un progetto innovativo: una casa contro la
violenza domestica alle donne nelle grandi baraccopoli
di Cape Town.
Oggi questa realtà è riconosciuta come una best practice internazionale e lo stesso
Governo italiano ne sta finanziando la replicazione in
tutto il Sudafrica.
FULVIO ZUBIANI
messo di distinguersi dalle
tendenze no global fortemente presenti nel mondo
non profit.
Nel 1997 in occasione della
campagna SOS Nord Corea,
Cesvi ha emesso, in collaborazione con la Banca Popolare di Bergamo, il primo
prestito obbligazionario etico italiano, collocando dieci
miliardi di lire in obbligazioni a remunerazione ridotta,
in quanto uno 0,25 per cento
andava all’organizzazione
mentre la banca rinunciava
ad uno 0,50 di interessi. Ciò
ha prodotto su dieci miliardi
di prestito obbligazionario
75 milioni di interessi devoluti al Cesvi pari a 225 milioni in tre anni, anticipati
dalla banca e utilizzati per
un air cargo che fu tra i primi ad arrivare in Nord Corea
dall’Occidente. Questo fu
uno dei primi rapporti di
marketing sociale: Cesvi ha
importato il modello inglese
che prevede una forte condivisione di un percorso, di
principi e di valori fra profit
e non profit, in cui il non
profit si misura con gli
obiettivi commerciali di
un’azienda e l’azienda si
presta a misurarsi con quelli
del non profit. Ne sono nati
progetti che hanno fatto storia a livello internazionale e
all’ultimo congresso delle
pubbliche relazioni a Cape
Town l’Italia ha presentato
come eccellenza un’operazione realizzata con Mediamarket, impresa che si occupa di elettronica e consumo,
proprietaria delle insegne
Saturn e Media World. I dipendenti hanno votato, attraverso un referendum azien-
FOTO DI
rivestono sempre una posizione centrale. Ma come può
un’organizzazione ricevere
finanziamenti e restare indipendente?
Realizzando una diversificazione di finanziatori.
Una Organizzazione “Non
Governativa” non può essere
finanziata al 90% da un governo perché diventa, di fatto, governativa.
Fin dagli anni ’90 abbiamo
investito nel fund raising
privato, la raccolta fondi,
che oggi contribuisce per più
di un terzo delle sue risorse
dandogli forza e autonomia.
I maggiori progetti spesso
iniziano con finanziamenti
privati, più disponibili ad
accettare le sfide, più flessibili e più legati all’organizzazione.
Quando l’organizzazione ha
lanciato la sfida per fermare
l’Aids sul nascere i primi a
crederci sono stati i piccoli
finanziatori, seguiti da quelli
del Global Found, dell’Unione Europea e del Ministero degli Esteri.
Rispetto alla classica distinzione italiana fra pubblico e
privato, abbiamo tre filoni
di finanziamento: i privati, i
pubblici italiani e gli europei/internazionali (sia pubblici che privati, che spaziano dalle agenzie delle Nazioni Unite a quelle dei Governi degli altri Paesi occidentali e ad altre Ong europee).
Tra i privati, oltre ai singoli
cittadini, non bisogna dimenticare il mondo aziendale: fin dall’inizio abbiamo
dialogato con le imprese,
non è mai stato contro il
mercato e questo gli ha per-
SETTORI DI INTERVENTO
L
e aree d’intervento primarie sono: salute contro malattie endemiche
come malaria e AIDS; infanzia attraverso la realizzazione delle Case
del Sorriso; progetti water and sanitation, con la realizzazione di strutture che garantiscano l'accesso all'acqua potabile e a buone condizioni
igieniche; ambiente e sviluppo sostenibile; impresa sociale.
CESVI NELLE EMERGENZE
Con 58 sedi estere in 31 paesi, Cesvi interviene in tutti i continenti per affrontare ogni tipo di emergenza: dalla carestia alle grandi malattie endemiche, specialmente malaria, AIDS e tubercolosi nel Sud-est asiatico e
nell’Africa sub-sahariana; dall’assistenza agli sfollati, attualmente nei
campi profughi del Nord Uganda, del Congo RD e della Somalia, fino alle catastrofi naturali, come il terremoto ad Haiti del 2010, quello in Perù
del 2007 e in Pakistan del 2005.
Nel 1997 Cesvi è stata la prima organizzazione occidentale ad operare
in Corea del Nord con personale proprio. La Corea del Nord - ancora
oggi il Paese più isolato del mondo - era stremata dalla crisi economica e
da anni di carestia. Secondo le Nazioni Unite, che hanno parlato della
più grave crisi umanitaria del secolo scorso, un nordcoreano su dieci moriva di fame.
CESVI E LA RICOSTRUZIONE
Quando la fase dell’emergenza si conclude, Cesvi si impegna nella ricostruzione con l’obiettivo di dare vita, nel tempo, a veri e propri progetti di
sviluppo. Ciò è avvenuto, ad esempio, dopo le guerre che hanno devastato i Balcani negli anni '90 e dopo la tragedia dello tsunami: oggi Ce-
svi opera in Bosnia Erzegovina per favorire l’imprenditoria giovanile, in
Albania nel settore vitivinicolo e zootecnico e in India ha trasformato l’emergenza del maremoto in una grande opportunità di sostegno e sviluppo a favore dell’infanzia creando, nel Tamil Nadu, dieci “Case del Sorriso”, oasi di serenità dove i bambini, spesso costretti a lavorare o orfani a
causa dello tsunami, possono trovare nutrimento, cure, assistenza medica, educazione all’igiene ambientale e personale, possibilità di studiare e
di trascorrere il tempo libero.
CESVI E LO SVILUPPO
Come accennato, l’obiettivo primario di Cesvi non è “fare elemosina”,
ma realizzare iniziative di sviluppo sostenibile, avvalendosi delle risorse
locali e puntando sulla mobilitazione delle popolazioni beneficiarie. Il
metodo del food for work è stato utilizzato in Laos, consentendo la costruzione di strade e opere pubbliche. In Cambogia, Cesvi sta riorganizzando il sistema sanitario del Paese nella lotta contro la malaria, il dengue e
la malnutrizione infantile: attraverso cliniche mobili, lo staff Cesvi è in
grado di raggiungere anche i villaggi più isolati.
Molti progetti sono stati portati a termine nel settore del microcredito - soprattutto a favore delle donne - in Vietnam, India, Palestina, Uruguay,
Perù e Marocco. Negli ultimi anni, inoltre, Cesvi sta investendo molte risorse nella creazione di imprese sociali, in particolare in America Latina:
tre imprese sociali di successo sono già attive a Lima, in Perù.
Un altro settore strategico di Cesvi è quello dell’infanzia: le “Case del
Sorriso” sono presenti anche in Zimbabwe, Sudafrica, Brasile e Perù.
4
Cesvi
”Fame” non significa soltanto indisponibilità di generi alimentari, ma anche scarsa qualità del cibo a disposizione
Dimmi cosa mangi...
di Stefano Piziali - Responsabile policy Cesvi
L’
accesso ad un’alimentazione adeguata costituisce
un diritto umano
fondamentale, scritto nelle
costituzioni di più di 20 paesi nel mondo e riconosciuto
dalla normativa internazionale, fin dall'adozione della
Dichiarazione Universale dei
Diritti Umani del 1948.
Nel 1996, il Vertice Mondiale sull’Alimentazione di Roma segna una tappa importante per l’affermazione del
diritto a una alimentazione
adeguata, mentre già alla
Conferenza di Rio del 1992
si discuteva della relazione
tra sviluppo sostenibile, cibo
e ambiente.
Infine, il primo degli Obiettivi del Millennio si propone
di sradicare fame e povertà,
mirando a dimezzare, entro
il 2015, il numero di persone
che soffrono la fame.
Nonostante tutto, secondo la
FAO circa 1 miliardo di persone soffre la fame nel mondo, con un incremento di
quasi 100 milioni negli ultimi anni. L’aumento dei prezzi delle principali derrate alimentari nel 2007-2008 ha
provocato un aumento della
popolazione malnutrita e i
bambini sono le vittime principali: più di un terzo delle
morti infantili nel mondo sono attribuibili alla malnutrizione, circa il 35 per cento
(3,5 milioni).
Alla base dell’insicurezza
alimentare quale problema
mondiale ci sono cause diversificate: dalla concorrenza dei biocarburanti -la cui
produzione sottrae suolo e
beni alle coltivazioni agroalimentari- alle conseguenze
del cambiamento climatico,
dall’urbanizzazione alle speculazioni commerciali. L’Asia del Sud e l’Africa Sub
Sahariana sono le regioni più
interessate da un’insicurezza
alimentare cronica. È inutile,
dunque, sostenere che esiste
una quantità di cibo sufficiente a nutrire tutta la popolazione mondiale: forse è vero, ma non è disponibile per
gli abitanti delle periferie.
Secondo la definizione del
World Food Summit (1996),
la sicurezza alimentare è una
condizione che si verifica
quando a tutti e in ogni momento, è garantito l’accesso
fisico, sociale ed economico
a cibo appropriato e sicuro,
per quantità e qualità, in modo da consentire la conduzione di una vita sana. Fame
non significa dunque solo
scarsità di cibo, ma anche
scarsa qualità del cibo a propria disposizione. I gruppi
sociali più a rischio sono le
donne in gravidanza e nel
periodo di allattamento e i
bambini fino ai due anni.
Gli ultimi anni hanno dimostrato che il diritto al cibo
non può essere garantito con
il solo aumento delle quantità di beni alimentari prodotti. Per anni si è cercato di
risolvere il problema unica-
mente incentivando la produzione agricola tuttavia è
necessaria una strategia multisettoriale. La qualità dei
servizi sanitari, la sicurezza
alimentare, le cure offerte in
particolare a donne in gravidanza e bambini al di sotto
dei cinque anni di età contribuiscono in maniera decisiva
a determinare lo stato nutrizionale.
Questi fattori sono strettamente legati allo scenario
politico, economico, sociale
e culturale di una data popolazione: gli Stati che occupano i primi posti per il peggior stato nutrizionale della
popolazione sono spesso nazioni afflitte da lunghi e gravi conflitti o paesi sprovvisti
di politiche adatte a porre rimedio alle diseguaglianze di
genere, in ambito educativo,
sociale, e sanitario.
L’economista Fao Kostas
Stamoulis ha sottolineato
che "il costo economico della fame in termini sia di risorse necessarie per affrontarne gli effetti sia di valore
in termini di perdita di produttività e di reddito è stimato intorno a centinaia di miliardi di dollari l'anno". Si
genera così "un circolo vizioso", ha aggiunto, "con la
povertà estrema che causa la
fame, e questa che a sua volta genera povertà".
L’approccio del Cesvi al problema, per quanto riguarda
l’ambito agricolo, quale
principale settori di azione,
si basa su interventi che favoriscano la produttività
agricola, la disponibilità di
semi attraverso la conservazione e lo stoccaggio, la protezione del suolo, lo sviluppo di servizi veterinari.
In tutti i progetti l’individuo
è sempre al centro, dalla formulazione dei progetti alla
realizzazione delle attività,
come per esempio nelle
scuole agricole dove l’utilizzo delle risorse umane locali
e di tecnologie appropriate
può assicurare una sostenibile sicurezza alimentare.
Il sostegno alla produttività
agricola si sviluppa attraverso diverse attività: dalla formazione sulle tecniche di
produttività agricola, alla distribuzione di strumenti agricoli, alle tecniche di diversificazione del raccolto (come
in Birmania) o l’insegnamento ai contadini delle tecniche che garantiscono un’e-
stensione della stagionalità
della produzione agricola
(come l’utilizzo di serre di
montagna in Tajikistan).
Cesvi lavora inoltre sul recupero delle colture tradizionali come la cassava in Uganda, scoraggiando così l’utilizzo di sementi importate
meno resistenti agli insetti e
alle condizioni climatiche in
cui vengono “trapiantate”
che per questo motivo richiedono l’utilizzo di potenti
insetticidi rendendo il produttore locale dipendente
dall’economia mondiale.
Per combattere la fame si
sviluppano anche interventi
per la fornitura di acqua e
servizi di igiene ambientale:
una scorta di acqua pulita e il
suo corretto uso e mantenimento è essenziale per assicurare la sicurezza alimentare ad una comunità. Ad
esempio in Mozambico, dove più dell’80 per cento delle
famiglie povere dipende dall’agricoltura, Cesvi sta sviluppando sistemi di irrigazione per garantire la disponibilità dell’acqua per usi
agricoli.
Uno dei fenomeni che sta acquisendo una dimensione
sempre più ampia è quello
dei rifugiati ambientali, persone che non possono più
garantirsi mezzi di sostentamento nelle loro terre di origine a causa di siccità, desertificazione, deforestazione,
scarse risorse idriche, disastri naturali, e
“
prestito i semi, soprattutto
nel caso in cui durante la semina non possono permettersi, e acquistarli con l’obiettivo di ri-depositarne al
momento del raccolto.
Nei villaggi rurali più poveri
del Nord Uganda invece Cesvi si prende cura dei nuclei
familiari più vulnerabili, soprattutto con donne capofamiglia o con orfani dell’Aids, per incrementare la
quantità e la qualità del cibo
a loro disposizione. Attraverso la realizzazione di microorti si fornisce a queste famiglie un mezzo di sostentamento per il fabbisogno alimentare e al tempo stesso
generatore di reddito, con la
produzione in eccesso utilizzata per la vendita.
In Birmania Cesvi sostiene
la creazione di gruppi di risparmio: ogni donna versa
una quota dei propri risparmi
in un fondo comune usato
per creare piccole attività
commerciali a beneficio del
gruppo o per micro-prestiti
dei membri stessi.
Questi gruppi promuovono il
ruolo delle donne all’interno
dell’economia di un villaggio e migliorano il benessere
dei loro figli e delle loro famiglie.
Sul problema della malnutrizione Cesvi sta intervenendo
anche con progetti rivolti alle donne in gravidanza e alle
mamme. In Uganda questa
azione avviene attraverso
una rete di “supermamme”
Nonostante tutto, secondo la
FAO circa 1 miliardo di persone soffre
la fame nel mondo, con un incremento
di quasi 100 milioni negli ultimi anni.
I bambini sono le vittime principali
sono costretti ad migrare
verso le città in cerca di lavoro. Per questo Cesvi favorisce la formazione dei gruppi di agricoltori (Uganda,
Birmania e Mozambico) per
comprendere le opportunità
del mercato locale, i problemi della fertilità del suolo e
come prevenirli.
Tra le attività di formazione
ai contadini, molto particolari sono le banche dei semi in
Birmania: gli agricoltori possono depositare, prendere a
“
ossia donne speciali, leader nel villaggio
che, una volta formate sulla
malnutrizione infantile, segnalano i casi di malnutrizione, educano altre madri
sulla cura neonatale, sull’importanza dell’allattamento al
seno, intraprendono visite
domiciliari e discussioni di
gruppo per le donne all’interno delle comunità, nelle
logica del sostegno comune
e della condivisione di esperienze sulla malnutrizione.
5
Cesvi
Il problema dell’accesso al cibo è determinato da molti fattori, non tutti riconducibili alla produttività agricola
(In)sicurezza alimentare
di Enrico Baccioni - Agronomo e desk officer Cesvi
L
a sicurezza alimentare è comunemente
definita come la condizione nella quale a
tutti ed in ogni momento è
garantito in modo appropriato e sicuro l’accesso al cibo,
in modo da consentire la
conduzione di una vita sana .
L’approccio a questo tema è
necessariamente di tipo olistico in quanto le cause dell’insicurezza alimentare sono riconducibili non solo alla produttività agricola, ma a
molteplici fattori quali: la situazione economico-politica
nazionale e globale, la disponibilità di infrastrutture e lo
sviluppo dei mercati, l’educazione ed infine le variabili
ambientali (tra cui il cambiamento climatico).
Tuttavia l’agricoltura riveste
un ruolo centrale nella lotta
all’insicurezza alimentare e
nel garantire il diritto al cibo.
In questo ambito si possono
identificare tre principali
ruoli dell’agricoltura:
1 – fornire una quantità sufficiente di alimenti a livello
globale, nazionale e locale,
2 – fornire reddito per l’acquisto di cibo,
3 – fornire alimenti ad alto
valore nutritivo.
La FAO stima che la popolazione mondiale raggiungerà i
9 miliardi di abitanti entro il
2050: questo comporterà
l’incremento dell’attuale
produzione agricola globale
di almeno il
70%, del quale
“
le (es. cotone, colture per
biocarburante, ecc.).
Questo comporta che dovranno essere introdotte e
sviluppate tecniche agronomiche che riducano l’erosione e la perdita di fertilità del
suolo come ad esempio lo
zero-tillage, ovvero la semina diretta su terreno non arato (che aiuta a mantenere sia
la struttura del suolo che le
sostanze nutritive), la rotazione delle coltivazioni, intervallando ad esempio la
coltivazione di grano con
quella di leguminose che
hanno la peculiare caratteristica di arricchire il suolo
con azoto, elemento fondamentale per la nutrizione
delle piante. Altra tecnica
agronomica di grande importanza che permette di
mantenere ed arricchire la
fertilità del suolo è l’utilizzo
di acqua di scarico, di residui
di piante ed escrementi animali, naturalmente in quantità controllate.
Tutte soluzioni estremamente importanti in quanto nei
paesi in via di sviluppo l’accesso ai fertilizzanti, soprattutto per i piccoli agricoltori,
è pressoché impossibile a
causa degli alti costi.
L’integrazione di più sistemi
agricoli è un’altra interessante opportunità, come ad
esempio l’agroforesta, in cui
le coltivazioni erbacee sono
affiancate ed integrate da
coltivazioni arboree, non solo per i prodotti agricoli ma
La FAO stima che la popolazione
mondiale raggiungerà i 9 miliardi di
abitanti entro il 2050: questo comporterà l’incremento dell’attuale produzione
agricola globale di almeno il 70%
solo il 10% potrà venire da
nuove terre coltivabili, mentre il restante 90% dall’intensificazione dell’attuale produzione. L’agricoltura dovrà
pertanto essere capace di
produrre di più, ma in maniera sostenibile, tenendo anche in considerazione le problematiche connesse al cambiamento climatico (del quale l’agricoltura è vittima ma
anche parzialmente causa) e
alla competizione con colture intensive ad uso industria-
“
anche per legname, e prodotti secondari
(miele, cera) che possono sostenere il reddito di piccoli
agricoltori permettendo loro
l’accesso ad input agricoli o
ad altri alimenti, oppure l’utilizzo di serre che permette
ai piccoli agricoltori di coltivare nelle stagioni meno favorevoli, garantendo una
produzione agricola costante. Oppure l’introduzione di
orti familiari che permettono
una diversificazione della
produzione agricola: esperienze di successo hanno
permesso a piccoli agricoltori di variare la loro dieta e di
poter vendere il surplus produttivo nei mercati locali.
Attenzione particolare deve
essere posta alla gestione
delle risorse idriche: è provato che le coltivazioni irrigue
permettono ottimi risultati in
termini di produttività, ma è
anche vero che l’acqua è un
bene sempre più conteso e
costoso.
A livello mondiale l’interesse si sta spostando su un uso
intelligente della risorsa idrica per l’agricoltura, promuovendo un approccio More
Food - Less Water, in cui
vengono promossi schemi irrigui che evitino sprechi di
acqua, limitino l’impatto
ambientale e prevedano il
coinvolgimento di tutta la
comunità nella gestione della
risorsa.
A questo va aggiunto l’utilizzo di varietà adattate, non
necessariamente organismi
geneticamente modificati,
che selezionati in campo
(spesso con un approccio
partecipativo, rendendo gli
agricoltori motore del processo di selezione), siano capaci di resistere ad esempio
a malattie ed insetti, a sbalzi
di temperature e alla siccità;
la disponibilità di sementi di
buona qualità, certificate, e
la loro distribuzione capillare, attraverso un sistema che
può essere sia nazionale che
gestito da cooperative locali
private.
In quest’ottica è di fondamentale importanza investire in due settori trasversali
all’ agricoltura: la ricerca e
la formazione. La prima attraverso i suoi prodotti, le
analisi e gli studi può permettere d’identificare soluzioni innovative capaci di
rispondere alle esigenze anche dei piccoli agricoltori
dei paesi in via di sviluppo,
attraverso un approccio bottom-up. Un esempio di
grande successo della ricerca agricola è la gestione integrata per il controllo delle
infestazioni , che prevede
non l’eliminazione degli insetti dannosi, ma attraverso
buone pratiche agronomiche, forme di controllo meccanico, biologico e un costante monitoraggio, il loro
controllo entro limiti tollerabili. Oppure la ricerca parte-
cipativa per la selezione di
varietà d’orzo che, in alcuni
paesi del Medio Oriente, ha
permesso di creare varietà
che rispondono alle esigenze delle popolazioni e dell’ambiente locale.
La formazione e l’educazione degli agricoltori invece
permette la diffusione di
buone pratiche, la replicazione di esperienze di successo, l’aggiornamento e la
risposta a problematiche
specifiche, e in quest’ambito
grande importanza hanno
sia le attività di rafforzamento dei servizi tecnici di
assistenza agli agricoltori,
sia le attività di formazione
in campo degli agricoltori.
Abbiamo parlato del futuro,
tuttavia l’agricoltura deve
anche riscoprire il suo passato: da una parte le cosiddette “conoscenze locali”,
spesso soppiantate da nuovi
approcci e nuove tecnologie
“occidentali”, che nascondono accortezze e soluzioni
che solo l’esperienza e secoli di tradizioni possono trovare; dall’altra parte quelle
coltivazioni che possono
non rivestire un’importanza
commerciale ma che hanno
un buon impatto nutrizionale e che ben si adattano ad
ambienti difficili.
L’incremento di disponibilità di alimenti e cibo che
l’agricoltura di base può ga-
rantire non è tuttavia sinonimo di sicurezza alimentare:
il prodotto agricolo deve essere disponibile per tutti, e
deve garantire i giusti apporti nutrizionali (varietà e
qualità degli alimenti). Questo è possibile solo integrando l‘incremento di produttività agricola con una serie
di azioni e programmi collaterali che ne valorizzino
l’apporto quali: politiche
economiche e sociali a livello nazionale (tra cui l’accesso al credito e a strumenti
assicurativi), infrastrutture
ed accesso ai mercati, stabilità politica e sociale, accesso alle risorse naturali (acqua in primis) e accesso sistema sanitario.
Cesvi riconosce l’importanza dell’agricoltura di base
come motore principale per
il raggiungimento della sicurezza alimentare, ma come accennato sopra, integra
gli interventi nel settore
agricolo con azioni volte alla generazione del reddito,
all’accesso al mercato, all’inclusione sociale, e l’accesso alle risorse idriche,
promuovendo la gestione
sostenibile delle risorse naturali, il rafforzamento delle
infrastrutture coinvolgendo
le popolazioni in maniera attiva, rendendoli protagonisti, e non semplici beneficiari, dei progetti.
6
Cesvi
Haiti è un paese bellissimo ma estremamente vulnerabile a causa di malnutrizione e diffusione dell’Aids
L’inferno in paradiso
buito a questo declino, tra
cui la frammentazione terriera, la pressione della popolazione sul territorio, il basso
impiego di tecnologia agricola, l’emigrazione dalle zone rurali, l’insicurezza della
proprietà terriera, un basso
impiego di investimenti in
capitali.
A questi fattori si aggiungono anche alte tasse sulla proprietà, bassa produttività degli agricoltori, epidemie di
piante e animali, inadeguate
infrastrutture.
La proprietà terriera haitiana
è frammentata come conseguenza della storia che ha
caratterizzato il paese.
La struttura della proprietà
terriera ad Haiti può essere
suddivisa in: proprietà, affitto, e mezzadria (chiamata
“de moitié”).
I piccoli proprietari possono
ottenere il loro terreno acquistandolo, ereditandolo, o dopo un uso sul lungo periodo.
Molti agricoltori affittano
temporaneamente la terra direttamente dallo stato, da
proprietari assenti, da proprietari locali o da familiari.
Gli affittuari, che spesso subaffittano alcune parti del
terreno, soprattutto se la parcelle è di proprietà dello stato, devono pagare il loro affitto in anticipo di un anno
ma hanno più diritti sulla terra che i mezzadri. Questo ti-
la deforestazione.
I prodotti agricoli destinati
all’esportazione (caffè, mango, cacao) rappresentano oggi il 30% circa del PIL. Altri
prodotti cha avevano tradizionalmente un ampio mercato, come lo zucchero, hanno perso importanza a causa
dell’incapacità di reggere la
concorrenza internazionale.
Attualmente, le sfide dell’agricoltura ad Haiti non sono
solo economiche, ma anche
ecologiche. L’estrema deforestazione, l’erosione del
suolo, le inondazioni hanno
portato a questa condizione
critica.
Nel 1925 Haiti era coperta
dal 60% della sua foresta
vergine, da allora il 98% della
“
di materiale da costruzione.
L’intervento di Cesvi in Haiti ha avuto inizio dopo la crisi di aumento dei prezzi delle derrate alimentari del
2008, aggravata dall’arrivo
di quattro cicloni (Gustave,
Hanna, Fay, Ike) in un lasso
di tempo limitato.
La sicurezza alimentare ad
Haiti è minacciata dall’erosione del suolo e dai disastri
naturali, per questo motivo i
progetti sviluppati da Cesvi
integrano aspetti di protezione ambientale con aspetti di
miglioramento della produzione e delle infrastrutture,
in particolare i sistemi di irrigazione.
Nello specifico Cesvi lavora
a Les Cayes nel sud del Paese dal 2009 su un progetto
Haiti è il paese più povero del
continente americano, con un PIL annuo
procapite di 790 USD, ed è alla 149°
posizione nella scala delle Nazioni Unite
per lo Sviluppo Umano
foresta è stata tagliata per essere utilizzata come carbone
da cucina, distruggendo lo
strato arabile del terreno e
favorendo l’avanzare della
desertificazione.
Nel paese non esistono strutture di controllo e di protezione ambientale, e la forte
crescita demografica preme
sulle risorse naturali: dalle
foreste per la produzione di
carbone e legname alle pietre e la sabbia per la vendita
“
integrato di nutrizione, acqua e igiene e sicurezza alimentare.
Per quanto riguarda l’acqua
e l’igiene, le fonti da riabilitare attraverso un sistema di
filtro a sabbia sono state selezionate in base allo stato di
bisogno.
Le famiglie vulnerabili con
figli di meno di 5 anni e le
donne incinte beneficiano di
progetti di creazione e miglioramento di orti, alleva-
VALERIA TURRISI
Q
uando arriviamo
a Fort Dimanche,
sede di un carcere minorile e ora
ribattezzata come una tragica
beffa, “Village democratie”
o “Village la paix”, le donne
stanno preparando un impasto di argilla e acqua. Scioccamente penso che stiano
realizzando vasi di terracotta
o qualcosa del genere. Poi
scoprirò che si tratta del loro
unico pasto, che chiamano
“tè”. Domando ai bambini se
sia buono e tutti scuotono la
testa desolati: “Non è buono,
ma serve per riempire la
pancia”.
Questo uno dei racconti all’indomani del terribile terremoto che ha colpito Haiti il
12 gennaio scorso, unendo
una tragedia alle tragedie già
esistenti nel paese.
Haiti è il paese più povero
del continente americano,
con un PIL procapite di 790
USD annuo, ovvero 2 USD
per persona al giorno, è alla
149° posizione nella scala
delle Nazioni Unite per lo
Sviluppo Umano.
Per Haiti l’agricoltura continua a essere il settore economico principale, sebbene sia
in declino dagli anni 50,
quando il settore impiegava
l’80% della forza lavoro,
rappresentava il 50% del PIL
e il 90% delle esportazioni.
Molti fattori hanno contri-
po di struttura rende il mercato fortemente frammentato
e dinamico. Anche i piccolissimi proprietari affittano la
terra, per aumentare le loro
entrate.
L’uso di strumenti agricoli
per il miglioramento della
coltivazione, come fertilizzanti, macchinari e sistemi di
irrigazione è raro, la maggior
parte dei coltivatori usa solo
piccoli attrezzi manuali (pala, vanga, machete, etc).
Si calcola in media un trattore per 1.700 abitanti, perché
molti agricoltori lo considerano uno strumento inadeguato per coprire piccole
porzioni di terreno su versanti montagnosi.
Inoltre l’insicurezza della
proprietà terriera scoraggia
l’investimento in capitali e la
conformazione montuosa di
Haiti limita le terre coltivabili. Si stima infatti che le terre
utilizzabili per l’agricoltura
non rappresentino che il
10% delle terre disponibili,
malgrado ciò la popolazione
continua a coltivare anche in
luoghi non adatti, provocando un impoverimento del
suolo.
Le tradizioni culturali dei
contadini e il limitato accesso al credito, spesso non disponibile nella stagione appropriata per la semina, aiutano a spiegare la natura tradizionale della produzione
agricola.
Oggi, circa il 66% degli haitiani lavora nel settore agricolo, che consiste soprattutto
in agricoltura di sussistenza,
vulnerabile, a causa dei frequenti disastri naturali e dal-
FOTO DI
FOTO DI
VALERIA TURRISI
di Ludovica Ghilardi - operatrice umanitaria Cesvi Haiti
7
VALERIA TURRISI
FOTO DI
In pianura, la degradazione
dei bacini versanti si traduce
in inondazioni che, oltre a
causare morti e dispersi, distruggono le infrastrutture
(strade, canalizzazioni idroagricole, case) e i raccolti. Il
basso rendimento delle coltivazioni praticate sui bacini
versanti non permette più ai
contadini di rispondere ai bisogni della loro famiglia e,
non trovando altra alternativa, sono obbligati a emigrare
verso la Repubblica Domenicana o verso le grandi città
(Cap Haitien, Porto au Prince) in zone marginali e a rischio, aumentando la disoccupazione urbana e l’insicurezza sociale.
Il progetto in corso interviene sulla protezione dei bacini
versanti in modo da ridurre
l’erosione del suolo in montagna e le inondazioni in pianura e migliorare, di conseguenza, la sicurezza alimentare sul lungo periodo: il terreno in montagna conserverà
fertilità e le coltivazioni in
pianura non saranno più distrutte dalle inondazioni. Le
attività previste sono la protezione di 70 Km di versanti
montuosi, attraverso la costruzione di muri a secco; la
piantagione di 100.000 piante e la protezione di 150 ettari di una zona montuosa.
La protezione dei terreni
montuosi implica in alcuni
casi, dove il terreno impoverito è incapace di sostenere
colture agricole, una trasformazione di appezzamenti
agricoli in pascolo.
Per questo motivo l’allevamento verrà incentivato e sostenuto come misura per integrare il reddito agricolo.
Il settore dell’allevamento
verrà sviluppato attraverso la
creazione di 3 lattifici e una
rete di produzione, conservazione e trasformazione del
latte. Sul mercato haitiano è
FOTO DI
mento di polli, sviluppo di
tecniche di conservazione
degli alimenti.
Le attività di protezione del
suolo attraverso strutture
meccaniche (muri a secco) e
biologiche (piantagione di
60.000 piante a rinforzo dei
muri a secco) sono realizzate
attraverso il coinvolgimento
della popolazione e attraverso lo strumento del “food for
work” (cibo in cambio di lavoro). Per quanto riguarda la
nutrizione, sono stati creati
dei centri di “stabilizzazione”, dove i bambini vengono
curati dalla malnutrizione e
le madri vengono sensibilizzate sui problemi della malnutrizione.
Attività di formazione e
campagne di sensibilizzazione sull’importanza del rimboschimento e del forte legame tra conservazione del
suolo e sicurezza alimentare
accompagnano tutto il programma.
Nel nord del Paese (Département du Nord e du NordEst) Cesvi si inserisce in un
programma di sviluppo sostenibile attraverso il coinvolgimento della popolazione sui versanti montuosi che
circondano le piane irrigate
di cinque sezioni comunali
(4.200 famiglie coinvolte).
La precarietà delle condizioni di sopravvivenza di queste
famiglie e la mancanza di
conoscenze hanno aumentato la pressione sulle risorse
naturali. I contadini hanno
utilizzato terreni poco produttivi e coltivato mais, fagioli, arachidi, sorgo, inadatti al suolo di montagna.
Oggi praticamente tutte queste terre situate a piccola e
media altitudine, che costituiscono i bacini versanti dei
corsi d’acqua, sono in preda
a un degrado ambientale notevole che riduce la fertilità
del suolo.
VALERIA TURRISI
Cesvi
molto forte la presenza di
latte in polvere importato ma
il latte fresco conserva un
buon mercato.
I nostri progetti perseguono
un approccio integrato, implicando obiettivi quali l’attenzione alla componente di
equità di genere e la sensibilizzazione su HIV/AIDS.
Nello specifico abbiamo definito che almeno il 30% delle persone che lavorano sui
cantieri di protezione del
suolo deve essere donna e
una rappresentanza femminile deve essere presente nei
comitati comunali di facilitazione di messa in opera del
progetto. Le formazioni nell’ambito dell’HIV/Aids si
svilupperanno per tutto il
corso del progetto.
Gli interventi nelle zone rurali si basano sulla partecipazione attiva della popolazione beneficiaria nella definizione dei bisogni e nella gestione della dinamica di lavoro. Nella zona di St.
Raphael Cesvi lavora con 5
comitati di facilitazione, uno
per zona, ciascuno composto
da membri della società civile ed enti pubblici.
Intervenire sulla sicurezza
alimentare nelle zone rurali
del paese è utile anche per
mitigare il flusso di emigrazione verso i centri urbani,
dove è più difficile intervenire. Sviluppare progetti che
portino a una sicurezza alimentare durevole in grandi
aree urbane, dove la possibilità di occupazione è molto
bassa e il costo della vita è
alto, richiede infatti strategie
differenti.
Haiti
FOTO DI
VALERIA TURRISI
10
milioni di abitanti di cui 58%
in stato di malnutrizione, 22%
di bambini sottopeso al di sotto dei
5 anni, è uno dei tre paesi al mondo
con maggiore deficit di apporto calorico giornaliero (460 calorie al
giorno sotto il fabbisogno quotidiano
di 2100).
Viene importato più del 50% del riso
consumato, alimento principale, soggetto alla fluttuazione dei prezzi di
mercato.
8
HAITI
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CO
Cesvi è attivo con 4 interventi di sicurezza alimentare per donne
e bambini, sviluppo rurale e idrico a favore di oltre 46.000
persone a Waf Jeremie e La Saline
Cesvi sviluppa nel paese quattro progetti nelle zone di D
Doruma, Djugu, Ituri a favore di oltre 50.000 persone n
settori della sicurezza alimentare e sviluppo rurale
A CHI SOFFRE LA FAME NON SERVE CIBO PER SOPRAVVIVERE ANCORA UN PO ’ , MA SERVONO I MEZZI PER PROCURARSELO GIORNO DOPO GIORNO . Q UESTA È LA NOSTRA FILOSOFIA .
N O , ANZI , QUESTA È LA NOSTRA PRATICA , GIORNO DOPO GIORNO . P ROMUOVIAMO L ’ AGRICOLTURA , MIGLIORIAMO L ’ ACCESSO ALL ’ ACQUA , SVILUPPIAMO LE COLTURE TRADIZIONALI .
T UTTO CON IL TUO AIUTO , PER FARE PAURA ALLA FAME , FARLA SCAPPARE E NON FARLA TORNARE MAI PIÙ.
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9
TAJIKISTAN
Cesvi è presente con due progetti nelle regioni di Khatlon e di
Sughd a favore di oltre 50.000 persone nei settori della
sicurezza alimentare e acqua e igiene ambientale
EL CONGO
zone di Dungu,
ersone nei
ale
BIRMANIA
UGANDA
Cesvi realizza 14 progetti di sicurezza alimentare, sviluppo
rurale, acqua e salute pubblica a favore di 60.000 persone in
Karamoja e nel Nord Uganda
MOZAMBICO
Cesvi realizza 3 progetti di sicurezza alimentare e sviluppo
rurale a favore di 50.000 persone nelle zone di Maputo e Beira
FIA .
ONALI .
036
Cesvi realizza 4 progetti di sicurezza alimentare, acqua e tutela
della salute a favore di 500.000 persone nella Regione del
Delta del fiume Irrawaddy e nel Northern Shan State
10
Cesvi
Oggi l’immagine della Birmania come ricca colonia inglese ha lasciato il posto a quella di un paese allo stremo
LA TERRA del sogno
di Daniele Panzeri e Libera Antelmi - operatori umanitari Cesvi Myanmar
del tutto rifiutati prestiti o
mutui lasciandoli di fatto
completamente dipendenti
dagli aiuti umanitari.
La complessità delle problematiche citate merita un
approccio di risposta adeguato. La strategia di Cesvi
in questa regione ha pertanto tenuto in considerazione
sia gli aspetti umanitari post-emergenza, sia quelli
strutturali, così da poter
fornire una risposta concreta alle necessità di breve
termine e a quelle di più
lungo o medio termine.
I diversi interventi hanno
seguito il cosiddetto approccio LRRD (Linking
Relief, Rehabilitation and
Development), che si colloca a metà tra gli
B
irmania, terra d’oro
affacciata sul mare
delle Andamane,
attraversata dal fiume Irrawaddy e coperta da
folte foreste di teak.
Dolcemente posata su di un
letto di gemme e pietre preziose, giacimenti di gas e
petrolio. Un tempo produttore di riso autosufficiente
ed esportatore in tutto il sud
est asiatico.
L’immagine di terra da sogno, la più ricca delle provincie della allora colonia
britannica dell’India, si
scontra in realtà in alcune
sue regioni con l’incubo
dell’insicurezza alimentare.
Oggi la Birmania, o Myanmar come è stata rinominata dalla giunta militare che
la governa, è uno dei 50
paesi più poveri al mondo
(LDC – Least Developed
Country). Secondo l’Indice
di Sviluppo Umano (HDI –
Human Development Index) col quale ogni anno
viene misurato lo stato di
benessere di un paese e dei
suoi cittadini da parte di
UNDP, il Myanmar nel
2009 si situa al 138 posto
su un totale di 182 paesi.
La povertà, causata dall’insufficiente capacità di produrre reddito e dalla mancanza di beni e mezzi economici di base, genera a
sua volta una cronica denutrizione e impedisce l’accesso ad una dignitosa ed
efficace copertura sanitaria,
per non parlare della possibilità di accedere ad un’istruzione di qualità.
Il quadro già complesso, è
peggiorato dai conflitti armati ancora in corso specialmente nelle aree di confine con la Thailandia e con
la Cina, e dalla rilocazione
di interi villaggi e persone
per fare posto a grandi opere infrastrutturali volute
dall’amministrazione centrale.
Come se non bastasse nel
2008 il paese è stato duramente colpito dal ciclone
Nargis che ha causato decine di migliaia di vittime e
distrutto la produzione agricola nella regione del delta
dell’Irrawaddy, dove si trova il grosso della produzione di riso del paese.
Cesvi opera in Myanmar
dal 2001 ed è stata una delle prime organizzazioni ad
intervenire nelle aree colpite dal ciclone Nargis.
Opera in tre settori principali: sicurezza alimentare,
salute e acqua ed igiene
ambientale (WASH – Water And Sanitation, Hygiene) e in tre diverse aree del
paese.
Nella regione del Delta del
fiume Irrawaddy, a causa
del forte ridimensionamento della capacità produttiva
di un’area che produce riso
per tutto il resto del paese
(1.5 milioni di ettari di
campi coltivati, circa ¼
dell’intera superficie agricola del paese), il ciclone
Nargis ha duramente colpito sia gli abitanti che vivono nelle aree direttamente
interessate dal ciclone, sia
quelli che vivono nelle lontane regioni dell’interno.
L’impatto di questo disastro
naturale ha rivelato la fragilità di un sistema economico e produttivo che ha lasciato gran parte della popolazione assai lontana dal
superamento della povertà
e quasi senza mezzi per potersi garantire un reddito
sufficiente a condurre una
vita dignitosa.
Qui il ciclone ha distrutto
molte delle attività produttive tradizionali, causando
inoltre la perdita di beni,
mezzi di produzione, bestiame e un serio danno ai
terreni agricoli, con una
forte incidenza sui prezzi
del cibo nel paese, aumentando la già allarmante inflazione e peggiorando la
crisi alimentare globale del
2008.
Le Nazioni Unite stimano
che circa 2,4 milioni persone ne siano state colpite.
Si stima che più della metà
della popolazione non sia
proprietaria di terreno agricolo e dipenda per il proprio reddito dal lavoro saltuario e stagionale agricolo
dunque l’impatto del Nargis coinvolge un numero
maggiore non solo degli
agricoltori proprietari del
loro terreno.
Nelle due township di Dedaye e Bogale, fin dall’inizio della risposta all’emergenza, si stima che rispettivamente il 63% e l’84%
della popolazione totale sia
stata colpita dal ciclone.
A causa dell’aumento dei
prezzi e della distruzione
dei beni di produzione e dei
terreni agricoli, alla popolazione locale vengono quasi
“
igieniche e sanitarie o riabilitazione dei terreni agricoli
(Rehabilitation) e ad attività più prettamente di sviluppo (Development), come per esempio la formazione di scuole contadine
(Farmer Field Schools), in
cui agricoltori particolarmente capaci e volenterosi,
vengono formati dal progetto e a loro volta insegnano ad altri contadini delle
tecniche di produzione
agricola più sofisticate e efficaci.
Nelle regioni di Mandalay e
Northern Shan, la situazione di povertà della popolazione non è dovuta ad un
disastro naturale come per
l’area del Delta ma è cronica e ha effetti nefasti sullo
Cesvi opera in Myanmar dal
2001 ed è stata una delle prime
organizzazioni ad intervenire nelle aree
colpite dal ciclone Nargis.
I settori di intervento sono sicurezza
alimentare, salute e acqua
interventi prettamente umanitari e quelli di sviluppo.
Attività di distribuzione di
cibo o di acqua, più prettamente legate al primo soccorso (Relief) si uniscono
ad attività di ricostruzione
delle infrastrutture idriche,
“
stato nutrizionale, sulla salute e
sull’accesso al cibo delle
popolazioni locali.
In quest’area Cesvi, forte di
un’esperienza pluriennale,
interviene con progetti che
mirano a migliorare la sicu-
11
Cesvi
rezza alimentare con un approccio partecipativo ed integrato concentrandosi sulle categorie di beneficiari
più vulnerabili e sulle comunità rurali più povere,
attraverso il loro coinvolgimento attivo.
“
volte attraverso la formazione di comitati locali di
sviluppo del villaggio e
partecipano da quel momento in poi a tutte le fasi
di implementazione e monitoraggio del progetto e i
suoi membri avranno ruoli
La povertà e la mancanza di
beni e mezzi economici di base, genera
in Myanmar una cronica denutrizione e
impedisce l’accesso ad una dignitosa ed
efficace copertura sanitaria e a
un’istruzione di qualità
In questo caso il tipo di intervento è a medio o lungo
termine con attività più innovative e obiettivi più ambiziosi, come appunto quello di unire gli interventi sanitari, idrici e igienici a
quelli di produzione agricola entro un contesto partecipativo altrimenti molto difficile in contesti di emergenza.
Le comunità vengono coin-
“
attivi come per esempio
quello dell’educazione come strumento per accrescere la conoscenza e le pratiche locali. Un ruolo importante viene attribuito all’equilibrio tra uomini e donne, anche se con ruoli e
modalità diverse imprescindibile per il successo
delle iniziative e la loro sostenibilità a lungo termine.
Nel contesto specifico della
Birmania
POPOLAZIONE (numero totale e quanti
in situazione di insicurezza
alimentare): 53,414,374 di abitanti
con 32,7% al di sotto della soglia di
povertà, 50.76 morti/1,000 nati vivi.
QUALCHE DATO SUL PROBLEMA FAME
NEL PAESE: circa il 30% dei bambini
sotto i cinque anni soffrono di
problemi alla crescita, inadeguatezza
delle infrastrutture e di strumenti
agricoli, asperità del clima,
mancanza di accesso alla terra,
forte incidenza della malattia con
effetti sulla disponibilità di cibo
e risorse per le comunità più povere.
Mandalay Division e del
Northern Shan State, l’intervento ha come obiettivo
il benessere dell’intera comunità inteso come un insieme di salute, accesso al
cibo e all’acqua.
Nella Dry Zone, Magway
Division, situata nella zona
centrale del paese e caratterizzata da bassa piovosità e
da temperature molto elevate fino ai 46°, la township di Magway è densamente popolata e caratterizzata da scarse opportunità
di lavoro.
Più del 90% della popolazione dipende dal lavoro
saltuario e stagionale. Considerata l’aridità della zona,
la scelta delle possibili varietà agricole da produrre è
piuttosto limitata e si concentra per lo più su sesamo
e arachidi.
Dato che la maggioranza
della popolazione più povera ha limitate risorse finanziarie, l’accesso al cibo è il
principale problema fuori
dal periodo agricolo. L’incidenza del debito pesa fortemente sul reddito delle
famiglie e pone a rischio la
sicurezza alimentare delle
famiglie nei momenti di
siccità o prolungata assenza
di piogge.
Il progetto mira in questa
area a migliorare la produzione e la produttività tra le
popolazioni beneficiarie attraverso l’introduzione di
nuove tecnologie e una migliore formazione.
Le attività di progetto mirano inoltre a rafforzare le
istituzioni locali e le loro
capacità di assistenza e sostegno alle piccole comunità di base di agricoltori
locali, coinvolgendo tutti
gli attori pubblici e privati
che possono contribuire in
modo efficace a questo
obiettivo.
L’esempio del Myanmar
ben sintetizza l’approccio
Cesvi, sempre orientato al
contesto specifico attraverso l’uso di strategie e metodologie di volta in volta diverse a seconda delle problematiche locali. Un approccio sempre orientato al
target mai uguale nel mondo, con approcci e strategie
diverse anche all’interno
dello stesso paese.
Nella Dry Zone viene utilizzato un approccio orientato al mercato ed è pertanto preferita la produzione
intensiva di poche varietà.
In questo contesto si da
preferenza al miglioramento della produzione e produttività dei prodotti agricoli per uso commerciale
piuttosto che a quella per il
consumo interno a ciascuna
famiglia.
La povertà generalizzata
nelle zone del Northern
Shan impone un approccio
molto più orientato al benessere della popolazione
beneficiaria che non mirato
all’incremento della produzione e della produttività
agricola.
La duttilità e flessibilità di
questa modalità di operare
non è sempre facile da assicurare ed è per questa ragione che per lo stesso settore di intervento possono
essere impiegate professionalità e competenze del tutto diverse.
L’impiego di tale approccio
può contribuire ad un dibattito molto più ampio.
In previsione dell’Expo
2015, che ha come tema
proprio quello del cibo e
della sua produzione, si sta
sviluppando un appassionato dibattito sul tema del
passaggio dalla sicurezza
alimentare alla sovranità
alimentare.
Il passaggio dal diritto di
avere cibo in quantità sufficiente per garantire un’adeguata dieta alimentare in
ogni momento di un intero
anno, a quello di poter scegliere quali tipi di produzioni possano essere coltivate e al diritto di scegliere
come meglio utilizzare le
terre agricole.
Il tema ha un incredibile fascino per la sua capacità di
unire discussioni e dibattiti
tecnici sulla produzione
agricola con quello dei diritti umani, ma rischia come altri di prestare il fianco
e diventare un alibi per la
non azione.
Un approccio attento, ma
pragmatico, che da sempre
contraddistingue il lavoro
del Cesvi, diventa per tanto
indispensabile per coprire
l’area grigia tra la situazione attuale e quella desiderata e poter agire in modo efficace per migliorare le
condizioni di vita delle popolazioni beneficiarie.
L’approccio Cesvi tiene in
considerazione la possibilità di un futuro raggiungimento del diritto alla sovranità alimentare, ma tiene
conto anche degli specifici
contesti in cui gli interventi
si sviluppano con un approccio partecipativo che
garantisca il diritto alla partecipazione e alle decisioni
da parte degli attori locali.
12
Cesvi
È arrivato il momento di considerare l’Africa un partner insieme al quale lavorare, collaborare e crescere
AFRICA È futuro
Paesi africani registrano nel
2010 una crescita del loro
PIL superiore al 5%, nonostante il periodo di crisi economica mondiale.
Certo, lo sviluppo economico di questo continente produce un sempre più evidente
divario tra le classi ricche e
quelle povere, metà della popolazione dell’Africa subsahariana vive ancora con
meno di un dollaro al giorno, ma c’è mobilità sociale,
ci sono opportunità, c’è sviluppo e soprattutto c’è speranza.
IL PERCHÉ DELLA FAME
L’Africa, nonostante la rapida crescita registrata nell’ultimo decennio, rimane ancora vulnerabile alla sicurezza
alimentare, soprattutto nelle
aree più periferiche. Recenti
studi delle Nazioni Unite indicano che circa il 40% della
popolazione del continente
africano è a rischio insicurezza alimentare e cita i Paesi del Corno d’Africa tra i
più vulnerabili, con circa 20
milioni di persone a rischio
carestia. L’Uganda è uno dei
Paesi elencati.
L’economia di quasi l’intero
continente si basa sull’agricoltura: circa il 22% del PIL
ugandese dipende da questo
settore, che impiega l’82%
della forza lavoro. A soffrire
maggiormente dell’insicurezza alimentare sono i contadini, che praticano agricoltura di sussistenza, e le tribù
dedite alla pastorizia nomade e seminomade presenti
nelle regioni semiaride.
La parte meridionale dell’Uganda è bagnata dal lago
Vittoria e dal Nilo Vittoria:
queste zone sono molto fertili, grazie anche alle abbon-
danti piogge e alle alluvioni,
e qui il problema della fame
è ovviamente meno sentito.
Il nord del Paese vive invece
situazioni più drammatiche,
in particolar modo le regioni
della Karamoja, Acholi e Teso. Le cause di questa insicurezza alimentare sono
molto complesse: le comunità più vulnerabili sono
quelle che non dispongono
di fonti economiche alternative all’agricoltura o alla pastorizia, e le situazioni più
drammatiche si presentano
in seguito a eventi climatici
avversi che compromettono
i raccolti, eventi purtroppo
sempre più frequenti a causa
dei cambiamenti climatici.
Generalmente queste popolazioni vivono in aree con
evidenti problemi infrastrutturali, non ancora raggiunte
da vie di comunicazione e
non collegate ai mercati,
quindi non capaci di accedere a risorse economiche alternative.
A tutto ciò vanno aggiunte le
disuguaglianze di genere, i
conflitti interni o transfrontaliere e, non da ultime, le
carenze di infrastrutture igienico-sanitarie, come pozzi o
centri di salute, che aumentano la mortalità materno-infantile e la suscettibilità a
malattie legate alla potabilità
dell’acqua, come il colera.
Un’altra importante causa di
insicurezza alimentare è la
continua crescita della popolazione che in Africa è più
che raddoppiata dal 1974 ad
oggi, con conseguente pressione sulle risorse naturali
disponibili.
Questa situazione è occasione di conflitti interni e transfrontalieri tra le popolazio-
mento ribelle Lord’s Resistance Army (LRA) conclusa tre anni fa che ha lasciato
parte della popolazione ancora tra i campi profughi e i
villaggi di origine, dove le
condizioni di vita sono
drammatiche e dove il ritorno ai villaggi d’origine, dopo quasi 15 anni d’abbandono, ha fatto assistere a numerosi conflitti per la proprietà della terra. Il conflitto
ha avuto conseguenze disastrose sull’economia: l’indice di sviluppo umano della
nazionale nel 2007 è pari a
0,505 e pone l’Uganda al
154° posto su 177 della lista
stilata da UNDP (United Na-
“
L’azione di Cesvi mette sempre al
centro l’uomo, la sua dignità e la sua
cultura, riconoscendo capacità e
potenzialità disponibili, puntando
all’acquisizione di nuove competenze
situazioni di conflitto.
Altro evento drammatico
che ha colpito il Nord Uganda è la lunga guerra civile
sviluppatasi nei distretti settentrionali, causata della
guerriglia guidata dal movi-
“
tions Development Program).
Si stima che le persone che
vivono nei campi per sfollati
interni (IDP), creati nel 1996
dal governo, siano
1.700.000, ma non esiste
EMANUELA COLOMBO
H
o accettato di scrivere questo articolo perché, da europeo che vive in
Africa ormai da 15 anni, mi
sono accorto che in Italia si
conosce pochissimo di questo continente. Si sa poco
delle speranze, delle prospettive e delle opportunità
che l’Africa sta vivendo proprio mentre in Europa si
scongiura il declino: poco si
conosce e quel poco riguarda solo le sofferenze.
È arrivato il momento di
guardare l’Africa in faccia,
come un partner con il quale
lavorare, collaborare e crescere insieme.
Spesso, quando si celebrano
giornate come quella per la
sicurezza alimentare, vengono elencate una serie di
drammatiche statistiche in
modo da smuovere le coscienze dell’occidente.
L’immagine che si ha dell’Africa è stereotipata: un
continente perduto, pieno di
bambini morenti, con crisi
politiche e conflitti regionali
causati del retaggio coloniale e dagli interessi delle
grandi multinazionali.
Questa è un’immagine distorta, una generalizzazione
degli eventi che non rispecchiano la realtà di un continente vasto, complesso e affascinate.
L’Africa è un Paese adulto,
responsabile e non solo vittima delle proprie disgrazie;
l’Africa deve essere vista
come un’opportunità per il
futuro dell’umanità, sia per
le immense ricchezze materiali sia per il grande potenziale umano che questa parte
del mondo è in grado di offrire. Basti pensare che molti
ni nomadi dedite alla pastorizia e le popolazioni stanziali dedite all’agricoltura.
Attualmente nella Karamoja
le popolazioni nomadi sono
in conflitto tra loro per i pascoli e per la proprietà del
bestiame; nel Teso i conflitti
riguardano soprattutto le popolazioni nomadi della Karamoja che sconfinano alla
ricerca di pascoli e le popolazioni stanziali dedite all’agricoltura. Queste situazioni
di tensione si acuiscono nei
lunghi periodi di siccità, che
spesso portano alla perdita
dei raccolti creando problemi di insicurezza alimentare
e aggravando le
FOTO DI
FOTO DI
GIOVANNI DIFFIDENTI
di Salvatore Creti e Christopher Burke - Operatori umanitari Cesvi Uganda
13
l’assistenza sanitaria, che
cerca di portare nelle regioni
più remote con campagne di
vaccinazione e assistenza
agli ospedali già esistenti;
dalla sostenibilità ambientale alle iniziative a supporto
dei diritti delle donne per la
riduzione delle violenze di
genere.
Ma l’attività principale si
concentra sui programmi di
sicurezza alimentare, la prima emergenza da arginare,
che va affrontata in modo integrato.
In qualità di organizzazione
umanitaria Cesvi affronta tematiche sociali: l’approccio
non è quello delle donazioni
e della carità ma dello sviluppo delle potenzialità presenti sul territorio in modo
che le attività svolte siano
sostenibili e durature nel
tempo.
L’azione di Cesvi mette
sempre al centro l’uomo, la
sua dignità e la sua cultura,
riconoscendo le capacità e le
potenzialità disponibili in loco, puntando all’acquisizione di nuove competenze.
ùI programmi di sicurezza
alimentare si basano sullo
sviluppo delle conoscenze,
fondate sulle esperienze e su
forme di apprendimento partecipato, con soluzioni non
portate dall’esterno ma sperimentate insieme alla popolazione locale e adattate al
contesto.
Gli agronomi, i dottori, gli
infermieri e i sociologi che
portano avanti gli interventi
del Cesvi sono tutti del luogo, quindi conoscono il contesto, la cultura e la lingua, e
danno perciò un valore aggiunto all’attività: è giusto
che le risposte ai problemi
siano trovate localmente
dando la possibilità ai locali
che hanno seguito un percorso formativo idoneo di operare nel loro Paese, per non
far perpetuare quel senso di
inferiorità provocato dalla
presenza di esperti esterni,
FOTO DI
una stima del numero degli
sfollati che vivono al di fuori
dei campi.
Il 95% degli sfollati vive in
povertà assoluta, 250.000
bambini non frequentano la
scuola, il tasso di mortalità
infantile (< 5 anni) è tre volte superiore alla media dell’Africa sub-sahariana.
All’accordo di cessazione
delle ostilità firmato il 26
agosto 2006 è seguito un accordo economico-politico
nel maggio 2007 per porre
fine alla guerra, che affrontava anche altre importanti
tematiche: uguali opportunità a tutte le componenti etniche del Paese, il problema
dei rifugiati, la ricostruzione
dell'Uganda del Nord, le
compensazioni sugli espropri della terra e sui sequestri
di bestiame avvenuti nelle
aree colpite dalla guerra.
I recenti sviluppi nelle trattative hanno aumentato il livello di sicurezza nella regione e favorito il rientro di
alcuni sfollati alle loro abitazioni. Si stima che nei distretti di Gulu, Amuru, Kitgum, Pader, Oyam e nord
Apac oltre 150.000 persone
abbiano lasciato gli affollati
campi IDP per insediarsi
nelle contee d’origine.
Nonostante questo, oltre un
milione di sfollati continuerà
a vivere nei campi o si trasferirà nei decongestion
camp, in cui alcune famiglie
potranno decidere di spostarsi stabilmente costruendo
le loro case appena al di fuori del campo.
Ovviamente questa instabilità sociale aggrava e rende
sempre più difficoltoso il
processo verso la sicurezza
alimentare per tutta la popolazione ugandese.
L’UGANDA E IL CESVI
Il Cesvi opera in Uganda ormai da 10 anni con interventi che spaziano dalla costruzione di infrastrutture, come
pozzi per acqua potabile,
scuole, strade e mercati, al-
GIOVANNI DIFFIDENTI
Cesvi
che hanno comunque più
difficoltà a calarsi nella
realtà locale.
COSA FA CESVI?
Cesvi opera nel campo della
sicurezza alimentare attraverso l’attivazione di diversi
progetti nel Nord Uganda,
con uffici ad Abim, Apach,
Kaabong, Kalongo e Lira.
L’ong sta sviluppando programmi di distribuzione di
sementi ed attrezzi agricoli e
di formazione su tecniche
agricole per potenziare l’attività agricola del Paese.
In particolare nella zona di
Abim e Kalongo coinvolge i
contadini nella coltivazione
e nella raccolta di mais e fagioli: i beni vengono poi acquistati e distribuiti nelle zone più povere della regione.
Il progetto prevede anche la
costruzione di magazzini di
stoccaggio e di infrastrutture
stradali per rendere più agevole il raggiungimento del
mercato.
Il coinvolgimento dei contadini riguarda anche programmi di formazione per
lo sviluppo di nuove pratiche agricole con l’obiettivo
di trasformare la loro agricoltura di sussistenza in
un’agricoltura più spiccatamente “commerciale”.
Cesvi coopera anche con
un'organizzazione locale
che dedica la sua attenzione
ai contadini più vulnerabili
e emarginati e da supporto a
nuclei familiari che sono
composti da persone disabili, affette da HIV/Aids, orfani e vedove attraverso progetti di micro-irrigazione
per ampliare le loro risorse
di reddito.
Nei distretti di Apach e Lira
la ong italiana lavora con gli
sfollati dei campi profughi
con programmi di formazione e attività di microcredito,
mentre in Kalongo sostiene
un progetto sulla salute, sullo sviluppo sostenibile e da
supporto alle popolazioni
nel ritorno ai villaggi d'origine. Ma spesso i conflitti
interni per la proprietà terriera, il degrado ambientale
e le difficili condizioni di
vita di queste popolazioni
rappresentano degli ostacoli
importanti alle attività di sicurezza alimentare.
Alla complessità delle problematiche che concorrono
alla fame in Africa è difficile trovare risposte semplici
ed efficaci sul breve periodo. Per dare soluzioni concrete alle crisi alimentari è
importante creare alternative economiche e queste sono possibili solo attraverso
una serie di azioni coordinate che integrino gli investimenti economici con interventi di carattere sociale
e infrastrutturale.
Aprire i mercati occidentali
ai prodotti dell’Africa, aumentare gli investimenti e
migliorare le infrastrutture
locali, insistere con le campagne di sviluppo sostenibile e di trasferimento di competenze rappresentano risposte efficaci da contrapporre alle donazioni alimentari nei periodi di carestia,
indispensabili nell’emergenza ma di difficile sostenibilità nel tempo.
Ora Cesvi in Uganda può
vantare uno staff altamente
qualificato ed esperto della
realtà locale e specializzato
nell'agricoltura, nell'orticoltura, nella coltivazione e
nella gestione del bestiame.
I risultati ottenuti dai progetti e dalle attività volte alla sicurezza alimentare sono
buoni, soprattutto se analizzati all'interno del difficile
contesto d riferimento.
Negli ultimi tre anni Cesvi
ha supportato più di 17mila
contadini e pastori del Nord
Uganda e li ha assistiti nel
difficile passaggio dall'agricoltura di sussistenza a quella commerciale.
FOTO DI
CRISTINA FRANCESCONI
Uganda
33,4 milioni di abitanti, circa il
5% della popolazione ha problemi di
insicurezza alimentare, con picchi
nelle regioni del nord e nord-est.
L’aspettativa di vita alla nascita
non supera i 50 anni di età. Ogni
1000 bambini 66 muoiono prima del
compimento del primo anno.
La problematica della sicurezza alimentare è legata a fattori climatici, conflitti interni, agricoltura
di sussistenza.
14
Cesvi
Oggi il riso è uno dei responsabili del profondo cambiamento sociale, economico e ambientale di molti Paesi
Processo al riso
FOTO DI
GIOVANNI DIFFIDENTI
di Lylen Albani - Area educazione e campagne Cesvi
l 16 ottobre di ogni anno
l'Organizzazione delle
Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) celebra la Giornata mondiale dell'alimentazione (World Food Day)
per commemorare l'anniversario della sua fondazione, avvenuta il 16 ottobre
1945.
Il tema del World Food Day
2010 è United Against
Hunger, con l’obiettivo di
sensibilizzare l'opinione
pubblica e le istituzioni internazionali sul problema
della fame nel mondo, stimolare l'attenzione alla produzione alimentare agricola, sviluppare le conoscenze
tecniche e la cooperazione
economica tra paesi del sud
del mondo, favorendo la
partecipazione diretta delle
popolazioni rurali ai processi decisionali.
PERCHÉ CESVI HA SCELTO
I
DI PARLARE DI
LOTTA ALLA FAME E ALLA
MALNUTRIZIONE?
Cesvi si occupa di progetti
di lotta alla fame nei Paesi
in Via di Sviluppo dal 1990
concentrandosi su quattro
aree di intervento: emergenza alimentare, sicurezza
alimentare, sviluppo rurale
e acqua.
Quest’anno l’organizzazione umanitaria sceglie di
raccontare il proprio lavoro
attraverso lo sguardo dei
suoi operatori, le storie degli uomini, donne e bambini che ogni giorno lottano
contro la fame, i successi
ottenuti per aiutare gli italiani a comprendere che il
problema della fame e della
malnutrizione non riguarda
solo il Sud del mondo, e
che ognuno è chiamato a
fare la sua parte in questo
mondo sempre più interdipendente e globalizzato.
Importanti motivazioni
spingono Cesvi a occuparsi
di lotta alla fame e malnutrizione.
La lotta alla fame (e alla
povertà) è il primo, e il più
pressante, degli Obiettivi
del Millennio, che si propone entro il 2015 di dimezzare il numero di persone
che soffrono la fame.
Si tratta di un tema costantemente all’ordine del giorno, ed è un imperativo reso
oggi ancora più drammatico e urgente dagli effetti già
disastrosi della crisi economica e finanziaria mondiale
sui Paesi in Via di Sviluppo.
Nell’opinione di alcuni dei
maggiori economisti dello
sviluppo, gli investimenti
per combattere la malnutrizione che colpisce i bambini sotto i cinque anni e le
donne in gravidanza è una
delle soluzioni più efficaci
per risolvere la povertà e
per incoraggiare la crescita
economica dei Paesi in Via
di Sviluppo. Chi è malnutrito, corre il rischio di non
avere la possibilità – fisicamente e intellettualmente –
di essere un attore del proprio futuro riscatto dalla
condizione di povertà e disagio in cui si trovi. E’ dunque un settore in cui è efficiente concentrare il proprio intervento.
La malnutrizione è un ostacolo allo sviluppo e Cesvi
“aiuta chi ha bisogno affinché non abbia più bisogno
di Cesvi”, dunque è il tema
che racconta meglio l’im-
pegno della nostra organizzazione e lo rappresenta
meglio di qualsiasi altro.
Un problema complesso
che richiede la capacità di
intervenire su più fronti:
acqua e igiene ambientale,
sviluppo rurale, lotta alla
malnutrizione, educazione
e rafforzamento dei diritti
delle donne.
COME COMUNICARE UN
TEMA COSÌ COMPLESSO
COME LA FAME?
Da sempre Cesvi ha scelto
di adottare una comunicazione positiva, basata su
una conoscenza non superficiale dei problemi, che
stimola la partecipazione ed
il guardare oltre le difficoltà dei vari contesti in cui
si svolge l’azione, per individuare le possibilità di
conseguire risultati positivi.
La comunicazione positiva
applica il principio etico
del rispetto della dignità dei
beneficiari, evitando ogni
strumentalizzazione dei beneficiari.
Cesvi ha scelto di occuparsi
del tema della lotta alla fame e malnutrizione approfondendo i differenti
ambiti di intervento nei
principali paesi in cui opera, valorizzando la collaborazione con i partner e le
autorità locali, poiché crediamo che proprio in questo
possa risiedere la nostra distintività.
In occasione del 16 ottobre,
giornata mondiale dell’alimentazione, Cesvi organizza due eventi per parlare al
pubblico della lotta alla fame e alla malnutrizione: la
presentazione dell’Indice
Globale della Fame 2010 e
il Processo al Riso.
L’INDICE GLOBALE
DELLA FAME 2010
Per il terzo anno consecutivo Link 2007, network di
ong italiane di cui fa parte
anche Cesvi, è orgoglioso
di poter presentare in italiano uno strumento che nel
corso degli anni è divenuto
indispensabile per conoscere le dimensioni e le caratteristiche del problema della fame: l’Indice Globale
della Fame 2010, realizzato
dall’ ong irlandese Concern, dall’ong tedesca German AgroAction e dal centro di ricerca di Washington IFPRI (International
Food Policy Research Institute).
La presentazione avverrà in
contemporanea con altri
Paesi - Germania, Francia,
“
semplici associazioni di
agricoltori, scuole, ospedali, etc.) siamo consapevoli
che la povertà, la fame e la
mancanza di accesso ai diritti fondamentali per una
vita degna sono affrontabili
soprattutto con azioni puntuali che implicano la condivisione delle scelte con i
titolari ultimi dei nostri
programmi: gli affamati, i
poveri, i senza diritti.
L’Indice Globale della Fame 2010 ci aiuta comprendere le dimensioni planetarie del mancato accesso ai
mezzi che possono assicurare una adeguata alimentazione mostrandoci le cause
di fondo, strutturali, di un
fenomeno che, lontano dall’essere debellato, è tornato
invece di attualità con la
La lotta alla fame e alla povertà
è il primo e il più pressante
tra gli Obiettivi del Millennio.
Il traguardo da raggiungere è quello di
dimezzare entro il 2015 il numero di
coloro che soffrono la fame
Danimarca, Irlanda e Stati
Uniti – e si terrà l’11 ottobre presso Palazzo Marino
a Milano, per illustrare al
pubblico italiano i dati del
rapporto che, annualmente,
valuta i progressi e i rallentamenti dell’azione internazionale per contrastare la
fame.
Il Dossier 2010 sarà commentato da autorevoli rappresentanti delle istituzioni
internazionali, nazionali e
locali, oltre a rappresentanti delle Organizzazioni Non
Governative e ad esperti
del settore.
Link 2007 è un network di
9 organizzazioni impegnate
sul campo in progetti di
cooperazione allo sviluppo
ed aiuto umanitario che testimoniano la capacità del
nostro paese di essere presente, con le sue organizzazioni non profit e pur in
presenza di un contesto
economico internazionale
difficile, nei Paesi in cui la
fame è una sfida quotidiana
per milioni di persone.
Operando fianco a fianco
dei nostri partner locali
(soggetti pubblici, ong,
“
crisi alimentare
del 2007-2008. Il rapporto
del 2010 è inoltre assai significativo perché approfondisce un altro aspetto di un fenomeno complesso e multidimensionale
come la malnutrizione infantile.
Nei primi 1000 giorni di
vita, dal concepimento fino
a ca. due anni di età, la
mancata assunzione di micronutrienti essenziali per
la crescita (vitamine, minerali etc.), può causare conseguenze negative per lo
sviluppo, alle quali è molto
difficile, se non impossibile, porre rimedio in seguito, nell’infanzia e nell’adolescenza.
Per cui un bambino ed una
bambina denutriti finiranno
per avere minori possibilità
di accesso ad un percorso
educativo, finiranno probabilmente per iniziare un lavoro minorile sfruttato, saranno più esposti a malattie
e, se sopravvivranno,
avranno una probabilità
molto alta di mettere al
mondo a loro volta figli denutriti.
15
“
Se è vero che l’uomo fa parte
dell’ecosistema, la grande sfida
di oggi per uno sviluppo sostenibile sta
nel ricercare un nuovo equilibrio uomonatura che rispetti l’ambiente e
soddisfi i bisogni delle persone
che ogni decisione può avere nel lungo periodo.
Fare educazione, significa
sensibilizzare le generazioni
presenti su questo tema e
promuovere anche con metodologie didattiche innovative e interdisciplinari un
approccio comportamentale
più rispettoso della risorsa
ambiente.
A tal proposito, il format
processuale si presta molto
bene alla promozione dentro e fuori il mondo scolastico di percorsi di educazione ambientale che partano dall’analisi critica di una
realtà fatta di diritti e di doveri, con particolare attenzione a quella forma di verità che è la verità giuridica.
Mediante i processi simulati
un problema complesso può
essere proposto al pubblico
attraverso il suo coinvolgimento. Mediante la tecnica
del role playing, una temati-
“
napsi Cesvi partecipò alla quarta edizione
dell’importante manifestazione Bergamo Scienza con
il Processo al Cacao, “messo in scena” presso il Tribunale di Bergamo.
Nelle edizioni seguenti di
Bergamo Scienza alla sbarra sono saliti il vino (2007),
la carta (2008) e il il parco
(2009).
Il Processo si articola in un
dibattimento all’americana:
accusa e difesa particolarmente ostili e schierati su
posizioni opposte cercheranno di convincere il Presidente del Tribunale e la
Giuria Popolare sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato.
Tramite la testimonianza di
esperti italiani e internazionali, amministratori locali,
scienziati e cittadini comuni
si arriverà a comprendere
come la difesa dell’ambien-
FOTO DI
ZA ALIMENTAZIONE
Le Nazioni Unite hanno
proclamato la decade 2005
– 2015 “Decennio per l’educazione allo sviluppo sostenibile”. Gli stessi Millennium Development Goals
considerano il tema della
sostenibilità ambientale tra
gli obiettivi da perseguire
politicamente. L’elevata attenzione internazionale rispetto alle problematiche
ambientali, evidenzia la necessità di promuovere con
sempre maggiore urgenza
uno sviluppo economico in
armonia con il Pianeta Terra, che benefici le generazioni presenti senza tuttavia
compromettere la sopravvivenza di quelle future.
Troppo spesso le scelte
quotidiane, individuali e
collettive, si limitano a considerare i benefici immediati, senza riflettere adeguatamente sulle ripercussioni
te e la tutela dell’uomo (e
del suo sviluppo) sono fortemente interdipendenti poiché l’uomo fa parte dell’ecosistema. La grande sfida
di oggi, infatti, sta nel ricercare un nuovo equilibrio
uomo/natura che rispetti
l’ambiente e soddisfi i bisogni umani.
La Giuria, come sempre,
emetterà un giudizio che
punterà alla valorizzazione
dello sviluppo sostenibile,
che coniuga la conservazione dell'ambiente con la promozione della crescita della
comunità locale di riferimento.
PERCHÉ IL
PROCESSO AL RISO?
Riso significa letteralmente,
dal sanscrito, “ciò che sostiene l’umanità”.
Il riso è da millenni simbolo
dell’Oriente e cibo ancestrale per la sopravvivenza di
oltre 2,5 miliardi di persone
in Asia e rappresenta nelle
culture di tutto il mondo
non solo una forma di sostentamento accessibile, ma
anche un elemento rituale e
sacrale degno di rispetto.
Chi più e chi meno, tutti conoscono direttamente l’imputato, ma forse non abbastanza da sapere che oggi il
riso è uno dei responsabili
del cambiamento sociale,
economico e ambientale di
molti Paesi: la riduzione
della sua produzione nonostante l’aumento della domanda, l’incremento dei
prezzi fuori controllo, il tentativo del riso basmati di
monopolizzare il mercato a
discapito delle altre specie….il riso è un elemento
strategico dell’economia
mondiale, è il cereale più
diffuso al mondo, coinvolge
non solo gli stati asiatici,
produttori e esportatori, ma
tutto il pianeta.
La situazione è ancora più
drammatica per i paesi africani, che si sono convertiti
al consumo di riso nei decenni in cui questa risorsa
abbondava a bassissimo costo. Il processo dunque è
l’occasione per un’attenta
riflessione sul consumo di
riso, sulla sostenibilità della
sua coltivazione, sull’introduzione di brevetti e organismi geneticamente modificati e, infine, sull’incidenza
delle monocolture intensive
a discapito della biodiversità. Gli invitati assisteranno
a interrogatori e contro-in-
terrogatori - deposizioni di
testimoni, consulenti e periti
- arringhe di abili difensori
e agguerriti accusatori - fino
alla pronuncia della sentenza… Il riso sarà colpevole o
innocente? Spetterà alla
Giuria, come sempre, emettere un giudizio finale.
Il Processo al Riso si terrà
giovedì 14 ottobre ore 17
presso l’Aula di Corte d’Assise del Tribunale Penale di
Bergamo, nell’ambito dell’VIII edizione di BergamoScienza.
Ingresso su prenotazione,
fino ad esaurimento posti.
Prenotazioni:
035 2058049
035 2058058
[email protected]
DIVENTA PROTAGONISTA DELL’IMPEGNO DI CESVI CONTRO LA FAME!
ATTIVATI E DIVENTA VOLONTARIO DEL CESVI. [email protected] + 39 035 2058058
FULVIO ZUBIANI
UN EVENTO PER PARLARE
DI BIODIVERSITÀ E SICUREZ-
ca può essere analizzata
nelle sue caratteristiche
strutturali, interpretata soggettivamente o oggettivamente, vista secondo un’ottica disciplinare o interdisciplinare.
Dal 2006 Cesvi utilizza il
format processuale per proporre percorsi di educazione allo sviluppo sostenibile,
dentro e fuori il mondo della scuola. Nel corso degli
anni scolastici 2005/2006 e
2006/2007 Cesvi, sostenuto
da Fondazione Cariplo,
portò il “Processo allo sviluppo insostenibile” nelle
scuole secondarie superiori
della Lombardia (circa 40
classi, più di 800 alunni).
Sempre nel 2006 Cesvi valorizzò la positiva esperienza del Processo come role
playing educativo portandolo dal mondo della scuola
alle Aule del Tribunale di
Bergamo, e rendendolo un
appuntamento annuale per
la cittadinanza bergamasca
(e non solo).
Insieme a Slow Food e Si-
FOTO DI
IL PROCESSO AL RISO:
COLPEVOLE O INNOCENTE?
EMANUELA COLOMBO
Cesvi