COME: rivista 2010 - Cesvi
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COME: rivista 2010 - Cesvi
Anno XV - N° 355 - 1 ottobre 2010- Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Milano S Periodico su strada Anno 15 1 ottobre 2010 COME O L I D A R I E T LA FAME HA PAURA DI NOI À N°355 € 2,00 2 Cesvi L’obiettivo di Cesvi è realizzare iniziative di sviluppo sostenibile avvalendosi delle risorse locali Contaminare esperienze di Giangi Milesi - Presidente Cesvi Direttore responsabile Elisabetta Alessandrini Redazione Marcello Andreetti (caporedattore) Emanuela Cerveri (redattore) Chiara Stefani (redattore) Marco Costa (ricerca iconografica) Questo numero è stato realizzato in collaborazione con Cesvi - www.cesvi.org Si ringraziano: Giovanni Diffidenti Emanuela Colombo Cristina Francesconi Valeria Turrisi Fulvio Zubiani In copertina: foto di Fulvio Zubiani Redazione e ufficio pubblicità Via Tortona 18 20144 Milano Tel. 02/58.11.33.25 Fax 02/89.40.22.34 [email protected] Progetto grafico e impaginazione Gruppo Solidarietà Come Editore Gruppo Solidarietà Come Società Cooperativa Stampato presso A. G. Bellavite s.r.l. Via 1° maggio, 41 23873 - Missaglia (LC) Registrazione Tribunale di Milano n. 157 dell’11 marzo 1996 Copyright I contenuti sono liberamente riproducibili previo consenso scritto della redazione. FOTO DI www.solidarietacome.it GIOVANNI DIFFIDENTI COME C esvi nasce nel 1985, nel momento di massimo sviluppo di un movimento mondiale che coinvolge indistintamente Paesi ricchi e Paesi poveri con la nascita di migliaia di Ong (Organizzazioni Non Governative) private. Questo crea il presupposto di una partnership che fa funzionare la cooperazione (fino ad allora principalmente pubblica) al punto che negli anni ’90 le principali agenzie internazionali delle Nazioni Unite e gli stessi governi riconobbero il ruolo delle Ong. Al Gore (allora vice-presidente degli Usa) disse alle Nazioni Unite: “L’aiuto pubblico è fallito. Abbiamo costruito cattedrali nel deserto. Oggi dobbiamo passare la mano a quelle organizzazioni private che, attraverso i loro partner, riescono a produrre autosviluppo, che non esportano modelli ma cercano, a livello locale, le risorse e il protagonismo dei beneficiari”. Cesvi nasce proprio da queste due idee: il genius loci, quella capacità di capire che cosa c’è sul posto, quali le leve locali su cui investire e il protagonismo dei beneficiari, quindi non l’insegnamento, ma la “contaminazione” fra le esperienze internazionali e locali. Cesvi è infatti è un’organizzazione laica, indipendente, pragmatica. Come recita il documento di missione: “Nel sistema di valori che guidano l’organizzazione, il precetto morale della solidarietà umana e quello ideale della giustizia sociale si trasformano in opere di aiuto umanitario e per lo sviluppo, che vogliono contribuire all’affermazione dei diritti universali dell’uomo. Operiamo con la convinzione che l’aiuto alle popolazioni diseredate a causa del sottosviluppo, o più sfortunate a causa di guerre, calamità naturali e disastri ambientali, non dia sollievo solo a chi soffre, ma contribuisca anche al benessere di tutti noi sul pianeta, casa comune da preservare per le future ge- “ zazione è fortemente impegnata affinché gli aiuti internazionali non si riducano a mera beneficenza e non siano influenzati dall’egoismo dei donatori. Organizzativamente, per garantire stabilità all’ente, abbiamo modificato il suo status legale, trasformando l’Associazione in una Fondazione di partecipazione. Cesvi, acronimo di cooperazione e sviluppo, nasce nel 1985. La sua mission è l’educazione alla solidarietà, ovvero non l’insegnamento, ma la “contaminazione” fra le esperienze internazionali e locali nerazioni. Nell’acronimo Cesvi, le parole cooperazione e sviluppo sottolineano che la Ong fonda la sua filosofia d’azione nella promozione del protagonismo e della mobilitazione collettiva dei beneficiari per favorire il loro progresso. Per questa ragione l’organiz- “ Questa decisione è stata dettata anche da una necessità: la struttura legale e organizzativa dell’Associazione non si presta a gestire risorse economiche importanti soprattutto quando raggiungono determinate dimensioni. Ma soprattutto, con questo status Cesvi realizza piena- mente la sua mission, che non è solo l’aiuto ai bisognosi ma anche l’educazione alla solidarietà da parte delle popolazioni più ricche del pianeta. Un guardarsi negli occhi fra comunità ricche e comunità povere, un grande rispetto, una grande opera di contaminazione, di intercultura che si realizza grazie al processo partecipativo. In questo modo la Ong riesce a conciliare due finalità apparentemente contrapposte: da un lato dare stabilità all’ente, garantendo che il pensiero dei fondatori non venga tradito e dall’altro attivare processi partecipativi che trasformano continuamente l’ente. L’indipendenza del Cesvi si realizza soprattutto nella ricerca dei finanziamenti. Le Ong nascono come alternativa al finanziamento pubblico, spesso guidato più da interessi egoistici e non da una reale volontà di sostenere lo sviluppo dei più poveri: per Cesvi i donatori sono importantissimi, devono essere ascoltati ma non possono influenzare l’organizzazione piegandola ai propri interessi perché i beneficiari SOLIDARIETÀ COME È STAMPATO SECONDO LA FILOSOFIA GREENPRINTING Il Gruppo VOLTA ALLA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE ATTRAVERSO L’USO DI MATERIALI A BASSO IMPATTO AMBIENTALE, OLTRE ALL’UTILIZZO DI ENERGIA RINNOVABILE E AUTOMEZZI A METANO. Il Gruppo Solidarietà COME è una cooperativa editoriale non a scopo di lucro che si occupa di diversità e dal 1996 ha scelto di informare attraverso il periodico Solidarietà COME. L’attività del Gruppo ha creato numerosi posti di lavoro, coinvolgendo diversi migranti in un’efficace distribuzione su strada. Il Gruppo è una struttura indipendente che non si avvale di alcun finanziamento esterno, ed è basato su risorse derivanti direttamente dalle vendite. La “forza vendita”, interamente composta da diffusori immigrati, trattiene il 50% del prezzo di copertina, mentre i restanti oneri contributivi restano a carico della cooperativa. Questo conferisce un forte carattere sociale all’iniziativa della “distribuzione su strada della cultura”: lo scopo è diffondere in Italia una maggior conoscenza di altre realtà, soprattutto africane, costruendo allo stesso tempo percorsi di emancipazione sociale per gli immigrati coinvolti. Fino ad oggi sono state direttamente coinvolte all’interno delle attività del Gruppo circa 1000 persone; questa cifra, rapportata al numero di individui coinvolti nei Paesi di provenienza, riguarda almeno ventimila tra uomini, donne e bambini. Si tratta dei componenti delle famiglie allargate di ogni diffusore. Tutto ciò ha come obiettivo l’inserimento sociale, non perdendo di vista la finalità: favorire la creazione di opportunità di lavoro locale, con la costituzione di imprese autonome nei Paesi di origine, in particolare in Senegal. Riteniamo che il futuro di chi arriva in Europa, oltre che una possibilità d’inserimento, costituisca una tappa, un momento per attrezzarsi di quel sapere necessario per costruire nel proprio Paese valide alternative di sviluppo. 3 Cesvi I NUMERI DI - I BENEFICIARI DIRETTI SONO STATI - I FONDI RACCOLTI - 140 - I CESVI 2.721.583 I PROGETTI GESTITI PER UN COSTO DI €21.512.779 31 PAESI - 899 I COLLABORATORI LOCALI IMPIEGATI - 135 I COOPERANTI ESPATRIATI IN - I 2009 € 23.519.775 PARTNER LOCALI COINVOLTI NEI - 44 NEL 63 DESTINATARI SONO STATI 126 SEDI ESTERE I MEMBRI DELLO STAFF CENTRALE DONATORI ATTIVI SONO STATI OLTRE 70.000 - 450 I VOLONTARI CHE HANNO PRESTATO GRATUITAMENTE LA LORO OPERA PER UN VALORE STIMATO DI € 271.355 dale, un progetto sociale da sostenere, hanno deciso di finanziarlo con un CD musicale che è stato primo nelle hit parade e con esso sono state raccolte risorse impor- tanti che hanno permesso di sostenere un progetto innovativo: una casa contro la violenza domestica alle donne nelle grandi baraccopoli di Cape Town. Oggi questa realtà è riconosciuta come una best practice internazionale e lo stesso Governo italiano ne sta finanziando la replicazione in tutto il Sudafrica. FULVIO ZUBIANI messo di distinguersi dalle tendenze no global fortemente presenti nel mondo non profit. Nel 1997 in occasione della campagna SOS Nord Corea, Cesvi ha emesso, in collaborazione con la Banca Popolare di Bergamo, il primo prestito obbligazionario etico italiano, collocando dieci miliardi di lire in obbligazioni a remunerazione ridotta, in quanto uno 0,25 per cento andava all’organizzazione mentre la banca rinunciava ad uno 0,50 di interessi. Ciò ha prodotto su dieci miliardi di prestito obbligazionario 75 milioni di interessi devoluti al Cesvi pari a 225 milioni in tre anni, anticipati dalla banca e utilizzati per un air cargo che fu tra i primi ad arrivare in Nord Corea dall’Occidente. Questo fu uno dei primi rapporti di marketing sociale: Cesvi ha importato il modello inglese che prevede una forte condivisione di un percorso, di principi e di valori fra profit e non profit, in cui il non profit si misura con gli obiettivi commerciali di un’azienda e l’azienda si presta a misurarsi con quelli del non profit. Ne sono nati progetti che hanno fatto storia a livello internazionale e all’ultimo congresso delle pubbliche relazioni a Cape Town l’Italia ha presentato come eccellenza un’operazione realizzata con Mediamarket, impresa che si occupa di elettronica e consumo, proprietaria delle insegne Saturn e Media World. I dipendenti hanno votato, attraverso un referendum azien- FOTO DI rivestono sempre una posizione centrale. Ma come può un’organizzazione ricevere finanziamenti e restare indipendente? Realizzando una diversificazione di finanziatori. Una Organizzazione “Non Governativa” non può essere finanziata al 90% da un governo perché diventa, di fatto, governativa. Fin dagli anni ’90 abbiamo investito nel fund raising privato, la raccolta fondi, che oggi contribuisce per più di un terzo delle sue risorse dandogli forza e autonomia. I maggiori progetti spesso iniziano con finanziamenti privati, più disponibili ad accettare le sfide, più flessibili e più legati all’organizzazione. Quando l’organizzazione ha lanciato la sfida per fermare l’Aids sul nascere i primi a crederci sono stati i piccoli finanziatori, seguiti da quelli del Global Found, dell’Unione Europea e del Ministero degli Esteri. Rispetto alla classica distinzione italiana fra pubblico e privato, abbiamo tre filoni di finanziamento: i privati, i pubblici italiani e gli europei/internazionali (sia pubblici che privati, che spaziano dalle agenzie delle Nazioni Unite a quelle dei Governi degli altri Paesi occidentali e ad altre Ong europee). Tra i privati, oltre ai singoli cittadini, non bisogna dimenticare il mondo aziendale: fin dall’inizio abbiamo dialogato con le imprese, non è mai stato contro il mercato e questo gli ha per- SETTORI DI INTERVENTO L e aree d’intervento primarie sono: salute contro malattie endemiche come malaria e AIDS; infanzia attraverso la realizzazione delle Case del Sorriso; progetti water and sanitation, con la realizzazione di strutture che garantiscano l'accesso all'acqua potabile e a buone condizioni igieniche; ambiente e sviluppo sostenibile; impresa sociale. CESVI NELLE EMERGENZE Con 58 sedi estere in 31 paesi, Cesvi interviene in tutti i continenti per affrontare ogni tipo di emergenza: dalla carestia alle grandi malattie endemiche, specialmente malaria, AIDS e tubercolosi nel Sud-est asiatico e nell’Africa sub-sahariana; dall’assistenza agli sfollati, attualmente nei campi profughi del Nord Uganda, del Congo RD e della Somalia, fino alle catastrofi naturali, come il terremoto ad Haiti del 2010, quello in Perù del 2007 e in Pakistan del 2005. Nel 1997 Cesvi è stata la prima organizzazione occidentale ad operare in Corea del Nord con personale proprio. La Corea del Nord - ancora oggi il Paese più isolato del mondo - era stremata dalla crisi economica e da anni di carestia. Secondo le Nazioni Unite, che hanno parlato della più grave crisi umanitaria del secolo scorso, un nordcoreano su dieci moriva di fame. CESVI E LA RICOSTRUZIONE Quando la fase dell’emergenza si conclude, Cesvi si impegna nella ricostruzione con l’obiettivo di dare vita, nel tempo, a veri e propri progetti di sviluppo. Ciò è avvenuto, ad esempio, dopo le guerre che hanno devastato i Balcani negli anni '90 e dopo la tragedia dello tsunami: oggi Ce- svi opera in Bosnia Erzegovina per favorire l’imprenditoria giovanile, in Albania nel settore vitivinicolo e zootecnico e in India ha trasformato l’emergenza del maremoto in una grande opportunità di sostegno e sviluppo a favore dell’infanzia creando, nel Tamil Nadu, dieci “Case del Sorriso”, oasi di serenità dove i bambini, spesso costretti a lavorare o orfani a causa dello tsunami, possono trovare nutrimento, cure, assistenza medica, educazione all’igiene ambientale e personale, possibilità di studiare e di trascorrere il tempo libero. CESVI E LO SVILUPPO Come accennato, l’obiettivo primario di Cesvi non è “fare elemosina”, ma realizzare iniziative di sviluppo sostenibile, avvalendosi delle risorse locali e puntando sulla mobilitazione delle popolazioni beneficiarie. Il metodo del food for work è stato utilizzato in Laos, consentendo la costruzione di strade e opere pubbliche. In Cambogia, Cesvi sta riorganizzando il sistema sanitario del Paese nella lotta contro la malaria, il dengue e la malnutrizione infantile: attraverso cliniche mobili, lo staff Cesvi è in grado di raggiungere anche i villaggi più isolati. Molti progetti sono stati portati a termine nel settore del microcredito - soprattutto a favore delle donne - in Vietnam, India, Palestina, Uruguay, Perù e Marocco. Negli ultimi anni, inoltre, Cesvi sta investendo molte risorse nella creazione di imprese sociali, in particolare in America Latina: tre imprese sociali di successo sono già attive a Lima, in Perù. Un altro settore strategico di Cesvi è quello dell’infanzia: le “Case del Sorriso” sono presenti anche in Zimbabwe, Sudafrica, Brasile e Perù. 4 Cesvi ”Fame” non significa soltanto indisponibilità di generi alimentari, ma anche scarsa qualità del cibo a disposizione Dimmi cosa mangi... di Stefano Piziali - Responsabile policy Cesvi L’ accesso ad un’alimentazione adeguata costituisce un diritto umano fondamentale, scritto nelle costituzioni di più di 20 paesi nel mondo e riconosciuto dalla normativa internazionale, fin dall'adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Nel 1996, il Vertice Mondiale sull’Alimentazione di Roma segna una tappa importante per l’affermazione del diritto a una alimentazione adeguata, mentre già alla Conferenza di Rio del 1992 si discuteva della relazione tra sviluppo sostenibile, cibo e ambiente. Infine, il primo degli Obiettivi del Millennio si propone di sradicare fame e povertà, mirando a dimezzare, entro il 2015, il numero di persone che soffrono la fame. Nonostante tutto, secondo la FAO circa 1 miliardo di persone soffre la fame nel mondo, con un incremento di quasi 100 milioni negli ultimi anni. L’aumento dei prezzi delle principali derrate alimentari nel 2007-2008 ha provocato un aumento della popolazione malnutrita e i bambini sono le vittime principali: più di un terzo delle morti infantili nel mondo sono attribuibili alla malnutrizione, circa il 35 per cento (3,5 milioni). Alla base dell’insicurezza alimentare quale problema mondiale ci sono cause diversificate: dalla concorrenza dei biocarburanti -la cui produzione sottrae suolo e beni alle coltivazioni agroalimentari- alle conseguenze del cambiamento climatico, dall’urbanizzazione alle speculazioni commerciali. L’Asia del Sud e l’Africa Sub Sahariana sono le regioni più interessate da un’insicurezza alimentare cronica. È inutile, dunque, sostenere che esiste una quantità di cibo sufficiente a nutrire tutta la popolazione mondiale: forse è vero, ma non è disponibile per gli abitanti delle periferie. Secondo la definizione del World Food Summit (1996), la sicurezza alimentare è una condizione che si verifica quando a tutti e in ogni momento, è garantito l’accesso fisico, sociale ed economico a cibo appropriato e sicuro, per quantità e qualità, in modo da consentire la conduzione di una vita sana. Fame non significa dunque solo scarsità di cibo, ma anche scarsa qualità del cibo a propria disposizione. I gruppi sociali più a rischio sono le donne in gravidanza e nel periodo di allattamento e i bambini fino ai due anni. Gli ultimi anni hanno dimostrato che il diritto al cibo non può essere garantito con il solo aumento delle quantità di beni alimentari prodotti. Per anni si è cercato di risolvere il problema unica- mente incentivando la produzione agricola tuttavia è necessaria una strategia multisettoriale. La qualità dei servizi sanitari, la sicurezza alimentare, le cure offerte in particolare a donne in gravidanza e bambini al di sotto dei cinque anni di età contribuiscono in maniera decisiva a determinare lo stato nutrizionale. Questi fattori sono strettamente legati allo scenario politico, economico, sociale e culturale di una data popolazione: gli Stati che occupano i primi posti per il peggior stato nutrizionale della popolazione sono spesso nazioni afflitte da lunghi e gravi conflitti o paesi sprovvisti di politiche adatte a porre rimedio alle diseguaglianze di genere, in ambito educativo, sociale, e sanitario. L’economista Fao Kostas Stamoulis ha sottolineato che "il costo economico della fame in termini sia di risorse necessarie per affrontarne gli effetti sia di valore in termini di perdita di produttività e di reddito è stimato intorno a centinaia di miliardi di dollari l'anno". Si genera così "un circolo vizioso", ha aggiunto, "con la povertà estrema che causa la fame, e questa che a sua volta genera povertà". L’approccio del Cesvi al problema, per quanto riguarda l’ambito agricolo, quale principale settori di azione, si basa su interventi che favoriscano la produttività agricola, la disponibilità di semi attraverso la conservazione e lo stoccaggio, la protezione del suolo, lo sviluppo di servizi veterinari. In tutti i progetti l’individuo è sempre al centro, dalla formulazione dei progetti alla realizzazione delle attività, come per esempio nelle scuole agricole dove l’utilizzo delle risorse umane locali e di tecnologie appropriate può assicurare una sostenibile sicurezza alimentare. Il sostegno alla produttività agricola si sviluppa attraverso diverse attività: dalla formazione sulle tecniche di produttività agricola, alla distribuzione di strumenti agricoli, alle tecniche di diversificazione del raccolto (come in Birmania) o l’insegnamento ai contadini delle tecniche che garantiscono un’e- stensione della stagionalità della produzione agricola (come l’utilizzo di serre di montagna in Tajikistan). Cesvi lavora inoltre sul recupero delle colture tradizionali come la cassava in Uganda, scoraggiando così l’utilizzo di sementi importate meno resistenti agli insetti e alle condizioni climatiche in cui vengono “trapiantate” che per questo motivo richiedono l’utilizzo di potenti insetticidi rendendo il produttore locale dipendente dall’economia mondiale. Per combattere la fame si sviluppano anche interventi per la fornitura di acqua e servizi di igiene ambientale: una scorta di acqua pulita e il suo corretto uso e mantenimento è essenziale per assicurare la sicurezza alimentare ad una comunità. Ad esempio in Mozambico, dove più dell’80 per cento delle famiglie povere dipende dall’agricoltura, Cesvi sta sviluppando sistemi di irrigazione per garantire la disponibilità dell’acqua per usi agricoli. Uno dei fenomeni che sta acquisendo una dimensione sempre più ampia è quello dei rifugiati ambientali, persone che non possono più garantirsi mezzi di sostentamento nelle loro terre di origine a causa di siccità, desertificazione, deforestazione, scarse risorse idriche, disastri naturali, e “ prestito i semi, soprattutto nel caso in cui durante la semina non possono permettersi, e acquistarli con l’obiettivo di ri-depositarne al momento del raccolto. Nei villaggi rurali più poveri del Nord Uganda invece Cesvi si prende cura dei nuclei familiari più vulnerabili, soprattutto con donne capofamiglia o con orfani dell’Aids, per incrementare la quantità e la qualità del cibo a loro disposizione. Attraverso la realizzazione di microorti si fornisce a queste famiglie un mezzo di sostentamento per il fabbisogno alimentare e al tempo stesso generatore di reddito, con la produzione in eccesso utilizzata per la vendita. In Birmania Cesvi sostiene la creazione di gruppi di risparmio: ogni donna versa una quota dei propri risparmi in un fondo comune usato per creare piccole attività commerciali a beneficio del gruppo o per micro-prestiti dei membri stessi. Questi gruppi promuovono il ruolo delle donne all’interno dell’economia di un villaggio e migliorano il benessere dei loro figli e delle loro famiglie. Sul problema della malnutrizione Cesvi sta intervenendo anche con progetti rivolti alle donne in gravidanza e alle mamme. In Uganda questa azione avviene attraverso una rete di “supermamme” Nonostante tutto, secondo la FAO circa 1 miliardo di persone soffre la fame nel mondo, con un incremento di quasi 100 milioni negli ultimi anni. I bambini sono le vittime principali sono costretti ad migrare verso le città in cerca di lavoro. Per questo Cesvi favorisce la formazione dei gruppi di agricoltori (Uganda, Birmania e Mozambico) per comprendere le opportunità del mercato locale, i problemi della fertilità del suolo e come prevenirli. Tra le attività di formazione ai contadini, molto particolari sono le banche dei semi in Birmania: gli agricoltori possono depositare, prendere a “ ossia donne speciali, leader nel villaggio che, una volta formate sulla malnutrizione infantile, segnalano i casi di malnutrizione, educano altre madri sulla cura neonatale, sull’importanza dell’allattamento al seno, intraprendono visite domiciliari e discussioni di gruppo per le donne all’interno delle comunità, nelle logica del sostegno comune e della condivisione di esperienze sulla malnutrizione. 5 Cesvi Il problema dell’accesso al cibo è determinato da molti fattori, non tutti riconducibili alla produttività agricola (In)sicurezza alimentare di Enrico Baccioni - Agronomo e desk officer Cesvi L a sicurezza alimentare è comunemente definita come la condizione nella quale a tutti ed in ogni momento è garantito in modo appropriato e sicuro l’accesso al cibo, in modo da consentire la conduzione di una vita sana . L’approccio a questo tema è necessariamente di tipo olistico in quanto le cause dell’insicurezza alimentare sono riconducibili non solo alla produttività agricola, ma a molteplici fattori quali: la situazione economico-politica nazionale e globale, la disponibilità di infrastrutture e lo sviluppo dei mercati, l’educazione ed infine le variabili ambientali (tra cui il cambiamento climatico). Tuttavia l’agricoltura riveste un ruolo centrale nella lotta all’insicurezza alimentare e nel garantire il diritto al cibo. In questo ambito si possono identificare tre principali ruoli dell’agricoltura: 1 – fornire una quantità sufficiente di alimenti a livello globale, nazionale e locale, 2 – fornire reddito per l’acquisto di cibo, 3 – fornire alimenti ad alto valore nutritivo. La FAO stima che la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di abitanti entro il 2050: questo comporterà l’incremento dell’attuale produzione agricola globale di almeno il 70%, del quale “ le (es. cotone, colture per biocarburante, ecc.). Questo comporta che dovranno essere introdotte e sviluppate tecniche agronomiche che riducano l’erosione e la perdita di fertilità del suolo come ad esempio lo zero-tillage, ovvero la semina diretta su terreno non arato (che aiuta a mantenere sia la struttura del suolo che le sostanze nutritive), la rotazione delle coltivazioni, intervallando ad esempio la coltivazione di grano con quella di leguminose che hanno la peculiare caratteristica di arricchire il suolo con azoto, elemento fondamentale per la nutrizione delle piante. Altra tecnica agronomica di grande importanza che permette di mantenere ed arricchire la fertilità del suolo è l’utilizzo di acqua di scarico, di residui di piante ed escrementi animali, naturalmente in quantità controllate. Tutte soluzioni estremamente importanti in quanto nei paesi in via di sviluppo l’accesso ai fertilizzanti, soprattutto per i piccoli agricoltori, è pressoché impossibile a causa degli alti costi. L’integrazione di più sistemi agricoli è un’altra interessante opportunità, come ad esempio l’agroforesta, in cui le coltivazioni erbacee sono affiancate ed integrate da coltivazioni arboree, non solo per i prodotti agricoli ma La FAO stima che la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di abitanti entro il 2050: questo comporterà l’incremento dell’attuale produzione agricola globale di almeno il 70% solo il 10% potrà venire da nuove terre coltivabili, mentre il restante 90% dall’intensificazione dell’attuale produzione. L’agricoltura dovrà pertanto essere capace di produrre di più, ma in maniera sostenibile, tenendo anche in considerazione le problematiche connesse al cambiamento climatico (del quale l’agricoltura è vittima ma anche parzialmente causa) e alla competizione con colture intensive ad uso industria- “ anche per legname, e prodotti secondari (miele, cera) che possono sostenere il reddito di piccoli agricoltori permettendo loro l’accesso ad input agricoli o ad altri alimenti, oppure l’utilizzo di serre che permette ai piccoli agricoltori di coltivare nelle stagioni meno favorevoli, garantendo una produzione agricola costante. Oppure l’introduzione di orti familiari che permettono una diversificazione della produzione agricola: esperienze di successo hanno permesso a piccoli agricoltori di variare la loro dieta e di poter vendere il surplus produttivo nei mercati locali. Attenzione particolare deve essere posta alla gestione delle risorse idriche: è provato che le coltivazioni irrigue permettono ottimi risultati in termini di produttività, ma è anche vero che l’acqua è un bene sempre più conteso e costoso. A livello mondiale l’interesse si sta spostando su un uso intelligente della risorsa idrica per l’agricoltura, promuovendo un approccio More Food - Less Water, in cui vengono promossi schemi irrigui che evitino sprechi di acqua, limitino l’impatto ambientale e prevedano il coinvolgimento di tutta la comunità nella gestione della risorsa. A questo va aggiunto l’utilizzo di varietà adattate, non necessariamente organismi geneticamente modificati, che selezionati in campo (spesso con un approccio partecipativo, rendendo gli agricoltori motore del processo di selezione), siano capaci di resistere ad esempio a malattie ed insetti, a sbalzi di temperature e alla siccità; la disponibilità di sementi di buona qualità, certificate, e la loro distribuzione capillare, attraverso un sistema che può essere sia nazionale che gestito da cooperative locali private. In quest’ottica è di fondamentale importanza investire in due settori trasversali all’ agricoltura: la ricerca e la formazione. La prima attraverso i suoi prodotti, le analisi e gli studi può permettere d’identificare soluzioni innovative capaci di rispondere alle esigenze anche dei piccoli agricoltori dei paesi in via di sviluppo, attraverso un approccio bottom-up. Un esempio di grande successo della ricerca agricola è la gestione integrata per il controllo delle infestazioni , che prevede non l’eliminazione degli insetti dannosi, ma attraverso buone pratiche agronomiche, forme di controllo meccanico, biologico e un costante monitoraggio, il loro controllo entro limiti tollerabili. Oppure la ricerca parte- cipativa per la selezione di varietà d’orzo che, in alcuni paesi del Medio Oriente, ha permesso di creare varietà che rispondono alle esigenze delle popolazioni e dell’ambiente locale. La formazione e l’educazione degli agricoltori invece permette la diffusione di buone pratiche, la replicazione di esperienze di successo, l’aggiornamento e la risposta a problematiche specifiche, e in quest’ambito grande importanza hanno sia le attività di rafforzamento dei servizi tecnici di assistenza agli agricoltori, sia le attività di formazione in campo degli agricoltori. Abbiamo parlato del futuro, tuttavia l’agricoltura deve anche riscoprire il suo passato: da una parte le cosiddette “conoscenze locali”, spesso soppiantate da nuovi approcci e nuove tecnologie “occidentali”, che nascondono accortezze e soluzioni che solo l’esperienza e secoli di tradizioni possono trovare; dall’altra parte quelle coltivazioni che possono non rivestire un’importanza commerciale ma che hanno un buon impatto nutrizionale e che ben si adattano ad ambienti difficili. L’incremento di disponibilità di alimenti e cibo che l’agricoltura di base può ga- rantire non è tuttavia sinonimo di sicurezza alimentare: il prodotto agricolo deve essere disponibile per tutti, e deve garantire i giusti apporti nutrizionali (varietà e qualità degli alimenti). Questo è possibile solo integrando l‘incremento di produttività agricola con una serie di azioni e programmi collaterali che ne valorizzino l’apporto quali: politiche economiche e sociali a livello nazionale (tra cui l’accesso al credito e a strumenti assicurativi), infrastrutture ed accesso ai mercati, stabilità politica e sociale, accesso alle risorse naturali (acqua in primis) e accesso sistema sanitario. Cesvi riconosce l’importanza dell’agricoltura di base come motore principale per il raggiungimento della sicurezza alimentare, ma come accennato sopra, integra gli interventi nel settore agricolo con azioni volte alla generazione del reddito, all’accesso al mercato, all’inclusione sociale, e l’accesso alle risorse idriche, promuovendo la gestione sostenibile delle risorse naturali, il rafforzamento delle infrastrutture coinvolgendo le popolazioni in maniera attiva, rendendoli protagonisti, e non semplici beneficiari, dei progetti. 6 Cesvi Haiti è un paese bellissimo ma estremamente vulnerabile a causa di malnutrizione e diffusione dell’Aids L’inferno in paradiso buito a questo declino, tra cui la frammentazione terriera, la pressione della popolazione sul territorio, il basso impiego di tecnologia agricola, l’emigrazione dalle zone rurali, l’insicurezza della proprietà terriera, un basso impiego di investimenti in capitali. A questi fattori si aggiungono anche alte tasse sulla proprietà, bassa produttività degli agricoltori, epidemie di piante e animali, inadeguate infrastrutture. La proprietà terriera haitiana è frammentata come conseguenza della storia che ha caratterizzato il paese. La struttura della proprietà terriera ad Haiti può essere suddivisa in: proprietà, affitto, e mezzadria (chiamata “de moitié”). I piccoli proprietari possono ottenere il loro terreno acquistandolo, ereditandolo, o dopo un uso sul lungo periodo. Molti agricoltori affittano temporaneamente la terra direttamente dallo stato, da proprietari assenti, da proprietari locali o da familiari. Gli affittuari, che spesso subaffittano alcune parti del terreno, soprattutto se la parcelle è di proprietà dello stato, devono pagare il loro affitto in anticipo di un anno ma hanno più diritti sulla terra che i mezzadri. Questo ti- la deforestazione. I prodotti agricoli destinati all’esportazione (caffè, mango, cacao) rappresentano oggi il 30% circa del PIL. Altri prodotti cha avevano tradizionalmente un ampio mercato, come lo zucchero, hanno perso importanza a causa dell’incapacità di reggere la concorrenza internazionale. Attualmente, le sfide dell’agricoltura ad Haiti non sono solo economiche, ma anche ecologiche. L’estrema deforestazione, l’erosione del suolo, le inondazioni hanno portato a questa condizione critica. Nel 1925 Haiti era coperta dal 60% della sua foresta vergine, da allora il 98% della “ di materiale da costruzione. L’intervento di Cesvi in Haiti ha avuto inizio dopo la crisi di aumento dei prezzi delle derrate alimentari del 2008, aggravata dall’arrivo di quattro cicloni (Gustave, Hanna, Fay, Ike) in un lasso di tempo limitato. La sicurezza alimentare ad Haiti è minacciata dall’erosione del suolo e dai disastri naturali, per questo motivo i progetti sviluppati da Cesvi integrano aspetti di protezione ambientale con aspetti di miglioramento della produzione e delle infrastrutture, in particolare i sistemi di irrigazione. Nello specifico Cesvi lavora a Les Cayes nel sud del Paese dal 2009 su un progetto Haiti è il paese più povero del continente americano, con un PIL annuo procapite di 790 USD, ed è alla 149° posizione nella scala delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Umano foresta è stata tagliata per essere utilizzata come carbone da cucina, distruggendo lo strato arabile del terreno e favorendo l’avanzare della desertificazione. Nel paese non esistono strutture di controllo e di protezione ambientale, e la forte crescita demografica preme sulle risorse naturali: dalle foreste per la produzione di carbone e legname alle pietre e la sabbia per la vendita “ integrato di nutrizione, acqua e igiene e sicurezza alimentare. Per quanto riguarda l’acqua e l’igiene, le fonti da riabilitare attraverso un sistema di filtro a sabbia sono state selezionate in base allo stato di bisogno. Le famiglie vulnerabili con figli di meno di 5 anni e le donne incinte beneficiano di progetti di creazione e miglioramento di orti, alleva- VALERIA TURRISI Q uando arriviamo a Fort Dimanche, sede di un carcere minorile e ora ribattezzata come una tragica beffa, “Village democratie” o “Village la paix”, le donne stanno preparando un impasto di argilla e acqua. Scioccamente penso che stiano realizzando vasi di terracotta o qualcosa del genere. Poi scoprirò che si tratta del loro unico pasto, che chiamano “tè”. Domando ai bambini se sia buono e tutti scuotono la testa desolati: “Non è buono, ma serve per riempire la pancia”. Questo uno dei racconti all’indomani del terribile terremoto che ha colpito Haiti il 12 gennaio scorso, unendo una tragedia alle tragedie già esistenti nel paese. Haiti è il paese più povero del continente americano, con un PIL procapite di 790 USD annuo, ovvero 2 USD per persona al giorno, è alla 149° posizione nella scala delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Umano. Per Haiti l’agricoltura continua a essere il settore economico principale, sebbene sia in declino dagli anni 50, quando il settore impiegava l’80% della forza lavoro, rappresentava il 50% del PIL e il 90% delle esportazioni. Molti fattori hanno contri- po di struttura rende il mercato fortemente frammentato e dinamico. Anche i piccolissimi proprietari affittano la terra, per aumentare le loro entrate. L’uso di strumenti agricoli per il miglioramento della coltivazione, come fertilizzanti, macchinari e sistemi di irrigazione è raro, la maggior parte dei coltivatori usa solo piccoli attrezzi manuali (pala, vanga, machete, etc). Si calcola in media un trattore per 1.700 abitanti, perché molti agricoltori lo considerano uno strumento inadeguato per coprire piccole porzioni di terreno su versanti montagnosi. Inoltre l’insicurezza della proprietà terriera scoraggia l’investimento in capitali e la conformazione montuosa di Haiti limita le terre coltivabili. Si stima infatti che le terre utilizzabili per l’agricoltura non rappresentino che il 10% delle terre disponibili, malgrado ciò la popolazione continua a coltivare anche in luoghi non adatti, provocando un impoverimento del suolo. Le tradizioni culturali dei contadini e il limitato accesso al credito, spesso non disponibile nella stagione appropriata per la semina, aiutano a spiegare la natura tradizionale della produzione agricola. Oggi, circa il 66% degli haitiani lavora nel settore agricolo, che consiste soprattutto in agricoltura di sussistenza, vulnerabile, a causa dei frequenti disastri naturali e dal- FOTO DI FOTO DI VALERIA TURRISI di Ludovica Ghilardi - operatrice umanitaria Cesvi Haiti 7 VALERIA TURRISI FOTO DI In pianura, la degradazione dei bacini versanti si traduce in inondazioni che, oltre a causare morti e dispersi, distruggono le infrastrutture (strade, canalizzazioni idroagricole, case) e i raccolti. Il basso rendimento delle coltivazioni praticate sui bacini versanti non permette più ai contadini di rispondere ai bisogni della loro famiglia e, non trovando altra alternativa, sono obbligati a emigrare verso la Repubblica Domenicana o verso le grandi città (Cap Haitien, Porto au Prince) in zone marginali e a rischio, aumentando la disoccupazione urbana e l’insicurezza sociale. Il progetto in corso interviene sulla protezione dei bacini versanti in modo da ridurre l’erosione del suolo in montagna e le inondazioni in pianura e migliorare, di conseguenza, la sicurezza alimentare sul lungo periodo: il terreno in montagna conserverà fertilità e le coltivazioni in pianura non saranno più distrutte dalle inondazioni. Le attività previste sono la protezione di 70 Km di versanti montuosi, attraverso la costruzione di muri a secco; la piantagione di 100.000 piante e la protezione di 150 ettari di una zona montuosa. La protezione dei terreni montuosi implica in alcuni casi, dove il terreno impoverito è incapace di sostenere colture agricole, una trasformazione di appezzamenti agricoli in pascolo. Per questo motivo l’allevamento verrà incentivato e sostenuto come misura per integrare il reddito agricolo. Il settore dell’allevamento verrà sviluppato attraverso la creazione di 3 lattifici e una rete di produzione, conservazione e trasformazione del latte. Sul mercato haitiano è FOTO DI mento di polli, sviluppo di tecniche di conservazione degli alimenti. Le attività di protezione del suolo attraverso strutture meccaniche (muri a secco) e biologiche (piantagione di 60.000 piante a rinforzo dei muri a secco) sono realizzate attraverso il coinvolgimento della popolazione e attraverso lo strumento del “food for work” (cibo in cambio di lavoro). Per quanto riguarda la nutrizione, sono stati creati dei centri di “stabilizzazione”, dove i bambini vengono curati dalla malnutrizione e le madri vengono sensibilizzate sui problemi della malnutrizione. Attività di formazione e campagne di sensibilizzazione sull’importanza del rimboschimento e del forte legame tra conservazione del suolo e sicurezza alimentare accompagnano tutto il programma. Nel nord del Paese (Département du Nord e du NordEst) Cesvi si inserisce in un programma di sviluppo sostenibile attraverso il coinvolgimento della popolazione sui versanti montuosi che circondano le piane irrigate di cinque sezioni comunali (4.200 famiglie coinvolte). La precarietà delle condizioni di sopravvivenza di queste famiglie e la mancanza di conoscenze hanno aumentato la pressione sulle risorse naturali. I contadini hanno utilizzato terreni poco produttivi e coltivato mais, fagioli, arachidi, sorgo, inadatti al suolo di montagna. Oggi praticamente tutte queste terre situate a piccola e media altitudine, che costituiscono i bacini versanti dei corsi d’acqua, sono in preda a un degrado ambientale notevole che riduce la fertilità del suolo. VALERIA TURRISI Cesvi molto forte la presenza di latte in polvere importato ma il latte fresco conserva un buon mercato. I nostri progetti perseguono un approccio integrato, implicando obiettivi quali l’attenzione alla componente di equità di genere e la sensibilizzazione su HIV/AIDS. Nello specifico abbiamo definito che almeno il 30% delle persone che lavorano sui cantieri di protezione del suolo deve essere donna e una rappresentanza femminile deve essere presente nei comitati comunali di facilitazione di messa in opera del progetto. Le formazioni nell’ambito dell’HIV/Aids si svilupperanno per tutto il corso del progetto. Gli interventi nelle zone rurali si basano sulla partecipazione attiva della popolazione beneficiaria nella definizione dei bisogni e nella gestione della dinamica di lavoro. Nella zona di St. Raphael Cesvi lavora con 5 comitati di facilitazione, uno per zona, ciascuno composto da membri della società civile ed enti pubblici. Intervenire sulla sicurezza alimentare nelle zone rurali del paese è utile anche per mitigare il flusso di emigrazione verso i centri urbani, dove è più difficile intervenire. Sviluppare progetti che portino a una sicurezza alimentare durevole in grandi aree urbane, dove la possibilità di occupazione è molto bassa e il costo della vita è alto, richiede infatti strategie differenti. Haiti FOTO DI VALERIA TURRISI 10 milioni di abitanti di cui 58% in stato di malnutrizione, 22% di bambini sottopeso al di sotto dei 5 anni, è uno dei tre paesi al mondo con maggiore deficit di apporto calorico giornaliero (460 calorie al giorno sotto il fabbisogno quotidiano di 2100). Viene importato più del 50% del riso consumato, alimento principale, soggetto alla fluttuazione dei prezzi di mercato. 8 HAITI REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CO Cesvi è attivo con 4 interventi di sicurezza alimentare per donne e bambini, sviluppo rurale e idrico a favore di oltre 46.000 persone a Waf Jeremie e La Saline Cesvi sviluppa nel paese quattro progetti nelle zone di D Doruma, Djugu, Ituri a favore di oltre 50.000 persone n settori della sicurezza alimentare e sviluppo rurale A CHI SOFFRE LA FAME NON SERVE CIBO PER SOPRAVVIVERE ANCORA UN PO ’ , MA SERVONO I MEZZI PER PROCURARSELO GIORNO DOPO GIORNO . Q UESTA È LA NOSTRA FILOSOFIA . N O , ANZI , QUESTA È LA NOSTRA PRATICA , GIORNO DOPO GIORNO . P ROMUOVIAMO L ’ AGRICOLTURA , MIGLIORIAMO L ’ ACCESSO ALL ’ ACQUA , SVILUPPIAMO LE COLTURE TRADIZIONALI . T UTTO CON IL TUO AIUTO , PER FARE PAURA ALLA FAME , FARLA SCAPPARE E NON FARLA TORNARE MAI PIÙ. www.cesvi.org - 800.036.036 9 TAJIKISTAN Cesvi è presente con due progetti nelle regioni di Khatlon e di Sughd a favore di oltre 50.000 persone nei settori della sicurezza alimentare e acqua e igiene ambientale EL CONGO zone di Dungu, ersone nei ale BIRMANIA UGANDA Cesvi realizza 14 progetti di sicurezza alimentare, sviluppo rurale, acqua e salute pubblica a favore di 60.000 persone in Karamoja e nel Nord Uganda MOZAMBICO Cesvi realizza 3 progetti di sicurezza alimentare e sviluppo rurale a favore di 50.000 persone nelle zone di Maputo e Beira FIA . ONALI . 036 Cesvi realizza 4 progetti di sicurezza alimentare, acqua e tutela della salute a favore di 500.000 persone nella Regione del Delta del fiume Irrawaddy e nel Northern Shan State 10 Cesvi Oggi l’immagine della Birmania come ricca colonia inglese ha lasciato il posto a quella di un paese allo stremo LA TERRA del sogno di Daniele Panzeri e Libera Antelmi - operatori umanitari Cesvi Myanmar del tutto rifiutati prestiti o mutui lasciandoli di fatto completamente dipendenti dagli aiuti umanitari. La complessità delle problematiche citate merita un approccio di risposta adeguato. La strategia di Cesvi in questa regione ha pertanto tenuto in considerazione sia gli aspetti umanitari post-emergenza, sia quelli strutturali, così da poter fornire una risposta concreta alle necessità di breve termine e a quelle di più lungo o medio termine. I diversi interventi hanno seguito il cosiddetto approccio LRRD (Linking Relief, Rehabilitation and Development), che si colloca a metà tra gli B irmania, terra d’oro affacciata sul mare delle Andamane, attraversata dal fiume Irrawaddy e coperta da folte foreste di teak. Dolcemente posata su di un letto di gemme e pietre preziose, giacimenti di gas e petrolio. Un tempo produttore di riso autosufficiente ed esportatore in tutto il sud est asiatico. L’immagine di terra da sogno, la più ricca delle provincie della allora colonia britannica dell’India, si scontra in realtà in alcune sue regioni con l’incubo dell’insicurezza alimentare. Oggi la Birmania, o Myanmar come è stata rinominata dalla giunta militare che la governa, è uno dei 50 paesi più poveri al mondo (LDC – Least Developed Country). Secondo l’Indice di Sviluppo Umano (HDI – Human Development Index) col quale ogni anno viene misurato lo stato di benessere di un paese e dei suoi cittadini da parte di UNDP, il Myanmar nel 2009 si situa al 138 posto su un totale di 182 paesi. La povertà, causata dall’insufficiente capacità di produrre reddito e dalla mancanza di beni e mezzi economici di base, genera a sua volta una cronica denutrizione e impedisce l’accesso ad una dignitosa ed efficace copertura sanitaria, per non parlare della possibilità di accedere ad un’istruzione di qualità. Il quadro già complesso, è peggiorato dai conflitti armati ancora in corso specialmente nelle aree di confine con la Thailandia e con la Cina, e dalla rilocazione di interi villaggi e persone per fare posto a grandi opere infrastrutturali volute dall’amministrazione centrale. Come se non bastasse nel 2008 il paese è stato duramente colpito dal ciclone Nargis che ha causato decine di migliaia di vittime e distrutto la produzione agricola nella regione del delta dell’Irrawaddy, dove si trova il grosso della produzione di riso del paese. Cesvi opera in Myanmar dal 2001 ed è stata una delle prime organizzazioni ad intervenire nelle aree colpite dal ciclone Nargis. Opera in tre settori principali: sicurezza alimentare, salute e acqua ed igiene ambientale (WASH – Water And Sanitation, Hygiene) e in tre diverse aree del paese. Nella regione del Delta del fiume Irrawaddy, a causa del forte ridimensionamento della capacità produttiva di un’area che produce riso per tutto il resto del paese (1.5 milioni di ettari di campi coltivati, circa ¼ dell’intera superficie agricola del paese), il ciclone Nargis ha duramente colpito sia gli abitanti che vivono nelle aree direttamente interessate dal ciclone, sia quelli che vivono nelle lontane regioni dell’interno. L’impatto di questo disastro naturale ha rivelato la fragilità di un sistema economico e produttivo che ha lasciato gran parte della popolazione assai lontana dal superamento della povertà e quasi senza mezzi per potersi garantire un reddito sufficiente a condurre una vita dignitosa. Qui il ciclone ha distrutto molte delle attività produttive tradizionali, causando inoltre la perdita di beni, mezzi di produzione, bestiame e un serio danno ai terreni agricoli, con una forte incidenza sui prezzi del cibo nel paese, aumentando la già allarmante inflazione e peggiorando la crisi alimentare globale del 2008. Le Nazioni Unite stimano che circa 2,4 milioni persone ne siano state colpite. Si stima che più della metà della popolazione non sia proprietaria di terreno agricolo e dipenda per il proprio reddito dal lavoro saltuario e stagionale agricolo dunque l’impatto del Nargis coinvolge un numero maggiore non solo degli agricoltori proprietari del loro terreno. Nelle due township di Dedaye e Bogale, fin dall’inizio della risposta all’emergenza, si stima che rispettivamente il 63% e l’84% della popolazione totale sia stata colpita dal ciclone. A causa dell’aumento dei prezzi e della distruzione dei beni di produzione e dei terreni agricoli, alla popolazione locale vengono quasi “ igieniche e sanitarie o riabilitazione dei terreni agricoli (Rehabilitation) e ad attività più prettamente di sviluppo (Development), come per esempio la formazione di scuole contadine (Farmer Field Schools), in cui agricoltori particolarmente capaci e volenterosi, vengono formati dal progetto e a loro volta insegnano ad altri contadini delle tecniche di produzione agricola più sofisticate e efficaci. Nelle regioni di Mandalay e Northern Shan, la situazione di povertà della popolazione non è dovuta ad un disastro naturale come per l’area del Delta ma è cronica e ha effetti nefasti sullo Cesvi opera in Myanmar dal 2001 ed è stata una delle prime organizzazioni ad intervenire nelle aree colpite dal ciclone Nargis. I settori di intervento sono sicurezza alimentare, salute e acqua interventi prettamente umanitari e quelli di sviluppo. Attività di distribuzione di cibo o di acqua, più prettamente legate al primo soccorso (Relief) si uniscono ad attività di ricostruzione delle infrastrutture idriche, “ stato nutrizionale, sulla salute e sull’accesso al cibo delle popolazioni locali. In quest’area Cesvi, forte di un’esperienza pluriennale, interviene con progetti che mirano a migliorare la sicu- 11 Cesvi rezza alimentare con un approccio partecipativo ed integrato concentrandosi sulle categorie di beneficiari più vulnerabili e sulle comunità rurali più povere, attraverso il loro coinvolgimento attivo. “ volte attraverso la formazione di comitati locali di sviluppo del villaggio e partecipano da quel momento in poi a tutte le fasi di implementazione e monitoraggio del progetto e i suoi membri avranno ruoli La povertà e la mancanza di beni e mezzi economici di base, genera in Myanmar una cronica denutrizione e impedisce l’accesso ad una dignitosa ed efficace copertura sanitaria e a un’istruzione di qualità In questo caso il tipo di intervento è a medio o lungo termine con attività più innovative e obiettivi più ambiziosi, come appunto quello di unire gli interventi sanitari, idrici e igienici a quelli di produzione agricola entro un contesto partecipativo altrimenti molto difficile in contesti di emergenza. Le comunità vengono coin- “ attivi come per esempio quello dell’educazione come strumento per accrescere la conoscenza e le pratiche locali. Un ruolo importante viene attribuito all’equilibrio tra uomini e donne, anche se con ruoli e modalità diverse imprescindibile per il successo delle iniziative e la loro sostenibilità a lungo termine. Nel contesto specifico della Birmania POPOLAZIONE (numero totale e quanti in situazione di insicurezza alimentare): 53,414,374 di abitanti con 32,7% al di sotto della soglia di povertà, 50.76 morti/1,000 nati vivi. QUALCHE DATO SUL PROBLEMA FAME NEL PAESE: circa il 30% dei bambini sotto i cinque anni soffrono di problemi alla crescita, inadeguatezza delle infrastrutture e di strumenti agricoli, asperità del clima, mancanza di accesso alla terra, forte incidenza della malattia con effetti sulla disponibilità di cibo e risorse per le comunità più povere. Mandalay Division e del Northern Shan State, l’intervento ha come obiettivo il benessere dell’intera comunità inteso come un insieme di salute, accesso al cibo e all’acqua. Nella Dry Zone, Magway Division, situata nella zona centrale del paese e caratterizzata da bassa piovosità e da temperature molto elevate fino ai 46°, la township di Magway è densamente popolata e caratterizzata da scarse opportunità di lavoro. Più del 90% della popolazione dipende dal lavoro saltuario e stagionale. Considerata l’aridità della zona, la scelta delle possibili varietà agricole da produrre è piuttosto limitata e si concentra per lo più su sesamo e arachidi. Dato che la maggioranza della popolazione più povera ha limitate risorse finanziarie, l’accesso al cibo è il principale problema fuori dal periodo agricolo. L’incidenza del debito pesa fortemente sul reddito delle famiglie e pone a rischio la sicurezza alimentare delle famiglie nei momenti di siccità o prolungata assenza di piogge. Il progetto mira in questa area a migliorare la produzione e la produttività tra le popolazioni beneficiarie attraverso l’introduzione di nuove tecnologie e una migliore formazione. Le attività di progetto mirano inoltre a rafforzare le istituzioni locali e le loro capacità di assistenza e sostegno alle piccole comunità di base di agricoltori locali, coinvolgendo tutti gli attori pubblici e privati che possono contribuire in modo efficace a questo obiettivo. L’esempio del Myanmar ben sintetizza l’approccio Cesvi, sempre orientato al contesto specifico attraverso l’uso di strategie e metodologie di volta in volta diverse a seconda delle problematiche locali. Un approccio sempre orientato al target mai uguale nel mondo, con approcci e strategie diverse anche all’interno dello stesso paese. Nella Dry Zone viene utilizzato un approccio orientato al mercato ed è pertanto preferita la produzione intensiva di poche varietà. In questo contesto si da preferenza al miglioramento della produzione e produttività dei prodotti agricoli per uso commerciale piuttosto che a quella per il consumo interno a ciascuna famiglia. La povertà generalizzata nelle zone del Northern Shan impone un approccio molto più orientato al benessere della popolazione beneficiaria che non mirato all’incremento della produzione e della produttività agricola. La duttilità e flessibilità di questa modalità di operare non è sempre facile da assicurare ed è per questa ragione che per lo stesso settore di intervento possono essere impiegate professionalità e competenze del tutto diverse. L’impiego di tale approccio può contribuire ad un dibattito molto più ampio. In previsione dell’Expo 2015, che ha come tema proprio quello del cibo e della sua produzione, si sta sviluppando un appassionato dibattito sul tema del passaggio dalla sicurezza alimentare alla sovranità alimentare. Il passaggio dal diritto di avere cibo in quantità sufficiente per garantire un’adeguata dieta alimentare in ogni momento di un intero anno, a quello di poter scegliere quali tipi di produzioni possano essere coltivate e al diritto di scegliere come meglio utilizzare le terre agricole. Il tema ha un incredibile fascino per la sua capacità di unire discussioni e dibattiti tecnici sulla produzione agricola con quello dei diritti umani, ma rischia come altri di prestare il fianco e diventare un alibi per la non azione. Un approccio attento, ma pragmatico, che da sempre contraddistingue il lavoro del Cesvi, diventa per tanto indispensabile per coprire l’area grigia tra la situazione attuale e quella desiderata e poter agire in modo efficace per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni beneficiarie. L’approccio Cesvi tiene in considerazione la possibilità di un futuro raggiungimento del diritto alla sovranità alimentare, ma tiene conto anche degli specifici contesti in cui gli interventi si sviluppano con un approccio partecipativo che garantisca il diritto alla partecipazione e alle decisioni da parte degli attori locali. 12 Cesvi È arrivato il momento di considerare l’Africa un partner insieme al quale lavorare, collaborare e crescere AFRICA È futuro Paesi africani registrano nel 2010 una crescita del loro PIL superiore al 5%, nonostante il periodo di crisi economica mondiale. Certo, lo sviluppo economico di questo continente produce un sempre più evidente divario tra le classi ricche e quelle povere, metà della popolazione dell’Africa subsahariana vive ancora con meno di un dollaro al giorno, ma c’è mobilità sociale, ci sono opportunità, c’è sviluppo e soprattutto c’è speranza. IL PERCHÉ DELLA FAME L’Africa, nonostante la rapida crescita registrata nell’ultimo decennio, rimane ancora vulnerabile alla sicurezza alimentare, soprattutto nelle aree più periferiche. Recenti studi delle Nazioni Unite indicano che circa il 40% della popolazione del continente africano è a rischio insicurezza alimentare e cita i Paesi del Corno d’Africa tra i più vulnerabili, con circa 20 milioni di persone a rischio carestia. L’Uganda è uno dei Paesi elencati. L’economia di quasi l’intero continente si basa sull’agricoltura: circa il 22% del PIL ugandese dipende da questo settore, che impiega l’82% della forza lavoro. A soffrire maggiormente dell’insicurezza alimentare sono i contadini, che praticano agricoltura di sussistenza, e le tribù dedite alla pastorizia nomade e seminomade presenti nelle regioni semiaride. La parte meridionale dell’Uganda è bagnata dal lago Vittoria e dal Nilo Vittoria: queste zone sono molto fertili, grazie anche alle abbon- danti piogge e alle alluvioni, e qui il problema della fame è ovviamente meno sentito. Il nord del Paese vive invece situazioni più drammatiche, in particolar modo le regioni della Karamoja, Acholi e Teso. Le cause di questa insicurezza alimentare sono molto complesse: le comunità più vulnerabili sono quelle che non dispongono di fonti economiche alternative all’agricoltura o alla pastorizia, e le situazioni più drammatiche si presentano in seguito a eventi climatici avversi che compromettono i raccolti, eventi purtroppo sempre più frequenti a causa dei cambiamenti climatici. Generalmente queste popolazioni vivono in aree con evidenti problemi infrastrutturali, non ancora raggiunte da vie di comunicazione e non collegate ai mercati, quindi non capaci di accedere a risorse economiche alternative. A tutto ciò vanno aggiunte le disuguaglianze di genere, i conflitti interni o transfrontaliere e, non da ultime, le carenze di infrastrutture igienico-sanitarie, come pozzi o centri di salute, che aumentano la mortalità materno-infantile e la suscettibilità a malattie legate alla potabilità dell’acqua, come il colera. Un’altra importante causa di insicurezza alimentare è la continua crescita della popolazione che in Africa è più che raddoppiata dal 1974 ad oggi, con conseguente pressione sulle risorse naturali disponibili. Questa situazione è occasione di conflitti interni e transfrontalieri tra le popolazio- mento ribelle Lord’s Resistance Army (LRA) conclusa tre anni fa che ha lasciato parte della popolazione ancora tra i campi profughi e i villaggi di origine, dove le condizioni di vita sono drammatiche e dove il ritorno ai villaggi d’origine, dopo quasi 15 anni d’abbandono, ha fatto assistere a numerosi conflitti per la proprietà della terra. Il conflitto ha avuto conseguenze disastrose sull’economia: l’indice di sviluppo umano della nazionale nel 2007 è pari a 0,505 e pone l’Uganda al 154° posto su 177 della lista stilata da UNDP (United Na- “ L’azione di Cesvi mette sempre al centro l’uomo, la sua dignità e la sua cultura, riconoscendo capacità e potenzialità disponibili, puntando all’acquisizione di nuove competenze situazioni di conflitto. Altro evento drammatico che ha colpito il Nord Uganda è la lunga guerra civile sviluppatasi nei distretti settentrionali, causata della guerriglia guidata dal movi- “ tions Development Program). Si stima che le persone che vivono nei campi per sfollati interni (IDP), creati nel 1996 dal governo, siano 1.700.000, ma non esiste EMANUELA COLOMBO H o accettato di scrivere questo articolo perché, da europeo che vive in Africa ormai da 15 anni, mi sono accorto che in Italia si conosce pochissimo di questo continente. Si sa poco delle speranze, delle prospettive e delle opportunità che l’Africa sta vivendo proprio mentre in Europa si scongiura il declino: poco si conosce e quel poco riguarda solo le sofferenze. È arrivato il momento di guardare l’Africa in faccia, come un partner con il quale lavorare, collaborare e crescere insieme. Spesso, quando si celebrano giornate come quella per la sicurezza alimentare, vengono elencate una serie di drammatiche statistiche in modo da smuovere le coscienze dell’occidente. L’immagine che si ha dell’Africa è stereotipata: un continente perduto, pieno di bambini morenti, con crisi politiche e conflitti regionali causati del retaggio coloniale e dagli interessi delle grandi multinazionali. Questa è un’immagine distorta, una generalizzazione degli eventi che non rispecchiano la realtà di un continente vasto, complesso e affascinate. L’Africa è un Paese adulto, responsabile e non solo vittima delle proprie disgrazie; l’Africa deve essere vista come un’opportunità per il futuro dell’umanità, sia per le immense ricchezze materiali sia per il grande potenziale umano che questa parte del mondo è in grado di offrire. Basti pensare che molti ni nomadi dedite alla pastorizia e le popolazioni stanziali dedite all’agricoltura. Attualmente nella Karamoja le popolazioni nomadi sono in conflitto tra loro per i pascoli e per la proprietà del bestiame; nel Teso i conflitti riguardano soprattutto le popolazioni nomadi della Karamoja che sconfinano alla ricerca di pascoli e le popolazioni stanziali dedite all’agricoltura. Queste situazioni di tensione si acuiscono nei lunghi periodi di siccità, che spesso portano alla perdita dei raccolti creando problemi di insicurezza alimentare e aggravando le FOTO DI FOTO DI GIOVANNI DIFFIDENTI di Salvatore Creti e Christopher Burke - Operatori umanitari Cesvi Uganda 13 l’assistenza sanitaria, che cerca di portare nelle regioni più remote con campagne di vaccinazione e assistenza agli ospedali già esistenti; dalla sostenibilità ambientale alle iniziative a supporto dei diritti delle donne per la riduzione delle violenze di genere. Ma l’attività principale si concentra sui programmi di sicurezza alimentare, la prima emergenza da arginare, che va affrontata in modo integrato. In qualità di organizzazione umanitaria Cesvi affronta tematiche sociali: l’approccio non è quello delle donazioni e della carità ma dello sviluppo delle potenzialità presenti sul territorio in modo che le attività svolte siano sostenibili e durature nel tempo. L’azione di Cesvi mette sempre al centro l’uomo, la sua dignità e la sua cultura, riconoscendo le capacità e le potenzialità disponibili in loco, puntando all’acquisizione di nuove competenze. ùI programmi di sicurezza alimentare si basano sullo sviluppo delle conoscenze, fondate sulle esperienze e su forme di apprendimento partecipato, con soluzioni non portate dall’esterno ma sperimentate insieme alla popolazione locale e adattate al contesto. Gli agronomi, i dottori, gli infermieri e i sociologi che portano avanti gli interventi del Cesvi sono tutti del luogo, quindi conoscono il contesto, la cultura e la lingua, e danno perciò un valore aggiunto all’attività: è giusto che le risposte ai problemi siano trovate localmente dando la possibilità ai locali che hanno seguito un percorso formativo idoneo di operare nel loro Paese, per non far perpetuare quel senso di inferiorità provocato dalla presenza di esperti esterni, FOTO DI una stima del numero degli sfollati che vivono al di fuori dei campi. Il 95% degli sfollati vive in povertà assoluta, 250.000 bambini non frequentano la scuola, il tasso di mortalità infantile (< 5 anni) è tre volte superiore alla media dell’Africa sub-sahariana. All’accordo di cessazione delle ostilità firmato il 26 agosto 2006 è seguito un accordo economico-politico nel maggio 2007 per porre fine alla guerra, che affrontava anche altre importanti tematiche: uguali opportunità a tutte le componenti etniche del Paese, il problema dei rifugiati, la ricostruzione dell'Uganda del Nord, le compensazioni sugli espropri della terra e sui sequestri di bestiame avvenuti nelle aree colpite dalla guerra. I recenti sviluppi nelle trattative hanno aumentato il livello di sicurezza nella regione e favorito il rientro di alcuni sfollati alle loro abitazioni. Si stima che nei distretti di Gulu, Amuru, Kitgum, Pader, Oyam e nord Apac oltre 150.000 persone abbiano lasciato gli affollati campi IDP per insediarsi nelle contee d’origine. Nonostante questo, oltre un milione di sfollati continuerà a vivere nei campi o si trasferirà nei decongestion camp, in cui alcune famiglie potranno decidere di spostarsi stabilmente costruendo le loro case appena al di fuori del campo. Ovviamente questa instabilità sociale aggrava e rende sempre più difficoltoso il processo verso la sicurezza alimentare per tutta la popolazione ugandese. L’UGANDA E IL CESVI Il Cesvi opera in Uganda ormai da 10 anni con interventi che spaziano dalla costruzione di infrastrutture, come pozzi per acqua potabile, scuole, strade e mercati, al- GIOVANNI DIFFIDENTI Cesvi che hanno comunque più difficoltà a calarsi nella realtà locale. COSA FA CESVI? Cesvi opera nel campo della sicurezza alimentare attraverso l’attivazione di diversi progetti nel Nord Uganda, con uffici ad Abim, Apach, Kaabong, Kalongo e Lira. L’ong sta sviluppando programmi di distribuzione di sementi ed attrezzi agricoli e di formazione su tecniche agricole per potenziare l’attività agricola del Paese. In particolare nella zona di Abim e Kalongo coinvolge i contadini nella coltivazione e nella raccolta di mais e fagioli: i beni vengono poi acquistati e distribuiti nelle zone più povere della regione. Il progetto prevede anche la costruzione di magazzini di stoccaggio e di infrastrutture stradali per rendere più agevole il raggiungimento del mercato. Il coinvolgimento dei contadini riguarda anche programmi di formazione per lo sviluppo di nuove pratiche agricole con l’obiettivo di trasformare la loro agricoltura di sussistenza in un’agricoltura più spiccatamente “commerciale”. Cesvi coopera anche con un'organizzazione locale che dedica la sua attenzione ai contadini più vulnerabili e emarginati e da supporto a nuclei familiari che sono composti da persone disabili, affette da HIV/Aids, orfani e vedove attraverso progetti di micro-irrigazione per ampliare le loro risorse di reddito. Nei distretti di Apach e Lira la ong italiana lavora con gli sfollati dei campi profughi con programmi di formazione e attività di microcredito, mentre in Kalongo sostiene un progetto sulla salute, sullo sviluppo sostenibile e da supporto alle popolazioni nel ritorno ai villaggi d'origine. Ma spesso i conflitti interni per la proprietà terriera, il degrado ambientale e le difficili condizioni di vita di queste popolazioni rappresentano degli ostacoli importanti alle attività di sicurezza alimentare. Alla complessità delle problematiche che concorrono alla fame in Africa è difficile trovare risposte semplici ed efficaci sul breve periodo. Per dare soluzioni concrete alle crisi alimentari è importante creare alternative economiche e queste sono possibili solo attraverso una serie di azioni coordinate che integrino gli investimenti economici con interventi di carattere sociale e infrastrutturale. Aprire i mercati occidentali ai prodotti dell’Africa, aumentare gli investimenti e migliorare le infrastrutture locali, insistere con le campagne di sviluppo sostenibile e di trasferimento di competenze rappresentano risposte efficaci da contrapporre alle donazioni alimentari nei periodi di carestia, indispensabili nell’emergenza ma di difficile sostenibilità nel tempo. Ora Cesvi in Uganda può vantare uno staff altamente qualificato ed esperto della realtà locale e specializzato nell'agricoltura, nell'orticoltura, nella coltivazione e nella gestione del bestiame. I risultati ottenuti dai progetti e dalle attività volte alla sicurezza alimentare sono buoni, soprattutto se analizzati all'interno del difficile contesto d riferimento. Negli ultimi tre anni Cesvi ha supportato più di 17mila contadini e pastori del Nord Uganda e li ha assistiti nel difficile passaggio dall'agricoltura di sussistenza a quella commerciale. FOTO DI CRISTINA FRANCESCONI Uganda 33,4 milioni di abitanti, circa il 5% della popolazione ha problemi di insicurezza alimentare, con picchi nelle regioni del nord e nord-est. L’aspettativa di vita alla nascita non supera i 50 anni di età. Ogni 1000 bambini 66 muoiono prima del compimento del primo anno. La problematica della sicurezza alimentare è legata a fattori climatici, conflitti interni, agricoltura di sussistenza. 14 Cesvi Oggi il riso è uno dei responsabili del profondo cambiamento sociale, economico e ambientale di molti Paesi Processo al riso FOTO DI GIOVANNI DIFFIDENTI di Lylen Albani - Area educazione e campagne Cesvi l 16 ottobre di ogni anno l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) celebra la Giornata mondiale dell'alimentazione (World Food Day) per commemorare l'anniversario della sua fondazione, avvenuta il 16 ottobre 1945. Il tema del World Food Day 2010 è United Against Hunger, con l’obiettivo di sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni internazionali sul problema della fame nel mondo, stimolare l'attenzione alla produzione alimentare agricola, sviluppare le conoscenze tecniche e la cooperazione economica tra paesi del sud del mondo, favorendo la partecipazione diretta delle popolazioni rurali ai processi decisionali. PERCHÉ CESVI HA SCELTO I DI PARLARE DI LOTTA ALLA FAME E ALLA MALNUTRIZIONE? Cesvi si occupa di progetti di lotta alla fame nei Paesi in Via di Sviluppo dal 1990 concentrandosi su quattro aree di intervento: emergenza alimentare, sicurezza alimentare, sviluppo rurale e acqua. Quest’anno l’organizzazione umanitaria sceglie di raccontare il proprio lavoro attraverso lo sguardo dei suoi operatori, le storie degli uomini, donne e bambini che ogni giorno lottano contro la fame, i successi ottenuti per aiutare gli italiani a comprendere che il problema della fame e della malnutrizione non riguarda solo il Sud del mondo, e che ognuno è chiamato a fare la sua parte in questo mondo sempre più interdipendente e globalizzato. Importanti motivazioni spingono Cesvi a occuparsi di lotta alla fame e malnutrizione. La lotta alla fame (e alla povertà) è il primo, e il più pressante, degli Obiettivi del Millennio, che si propone entro il 2015 di dimezzare il numero di persone che soffrono la fame. Si tratta di un tema costantemente all’ordine del giorno, ed è un imperativo reso oggi ancora più drammatico e urgente dagli effetti già disastrosi della crisi economica e finanziaria mondiale sui Paesi in Via di Sviluppo. Nell’opinione di alcuni dei maggiori economisti dello sviluppo, gli investimenti per combattere la malnutrizione che colpisce i bambini sotto i cinque anni e le donne in gravidanza è una delle soluzioni più efficaci per risolvere la povertà e per incoraggiare la crescita economica dei Paesi in Via di Sviluppo. Chi è malnutrito, corre il rischio di non avere la possibilità – fisicamente e intellettualmente – di essere un attore del proprio futuro riscatto dalla condizione di povertà e disagio in cui si trovi. E’ dunque un settore in cui è efficiente concentrare il proprio intervento. La malnutrizione è un ostacolo allo sviluppo e Cesvi “aiuta chi ha bisogno affinché non abbia più bisogno di Cesvi”, dunque è il tema che racconta meglio l’im- pegno della nostra organizzazione e lo rappresenta meglio di qualsiasi altro. Un problema complesso che richiede la capacità di intervenire su più fronti: acqua e igiene ambientale, sviluppo rurale, lotta alla malnutrizione, educazione e rafforzamento dei diritti delle donne. COME COMUNICARE UN TEMA COSÌ COMPLESSO COME LA FAME? Da sempre Cesvi ha scelto di adottare una comunicazione positiva, basata su una conoscenza non superficiale dei problemi, che stimola la partecipazione ed il guardare oltre le difficoltà dei vari contesti in cui si svolge l’azione, per individuare le possibilità di conseguire risultati positivi. La comunicazione positiva applica il principio etico del rispetto della dignità dei beneficiari, evitando ogni strumentalizzazione dei beneficiari. Cesvi ha scelto di occuparsi del tema della lotta alla fame e malnutrizione approfondendo i differenti ambiti di intervento nei principali paesi in cui opera, valorizzando la collaborazione con i partner e le autorità locali, poiché crediamo che proprio in questo possa risiedere la nostra distintività. In occasione del 16 ottobre, giornata mondiale dell’alimentazione, Cesvi organizza due eventi per parlare al pubblico della lotta alla fame e alla malnutrizione: la presentazione dell’Indice Globale della Fame 2010 e il Processo al Riso. L’INDICE GLOBALE DELLA FAME 2010 Per il terzo anno consecutivo Link 2007, network di ong italiane di cui fa parte anche Cesvi, è orgoglioso di poter presentare in italiano uno strumento che nel corso degli anni è divenuto indispensabile per conoscere le dimensioni e le caratteristiche del problema della fame: l’Indice Globale della Fame 2010, realizzato dall’ ong irlandese Concern, dall’ong tedesca German AgroAction e dal centro di ricerca di Washington IFPRI (International Food Policy Research Institute). La presentazione avverrà in contemporanea con altri Paesi - Germania, Francia, “ semplici associazioni di agricoltori, scuole, ospedali, etc.) siamo consapevoli che la povertà, la fame e la mancanza di accesso ai diritti fondamentali per una vita degna sono affrontabili soprattutto con azioni puntuali che implicano la condivisione delle scelte con i titolari ultimi dei nostri programmi: gli affamati, i poveri, i senza diritti. L’Indice Globale della Fame 2010 ci aiuta comprendere le dimensioni planetarie del mancato accesso ai mezzi che possono assicurare una adeguata alimentazione mostrandoci le cause di fondo, strutturali, di un fenomeno che, lontano dall’essere debellato, è tornato invece di attualità con la La lotta alla fame e alla povertà è il primo e il più pressante tra gli Obiettivi del Millennio. Il traguardo da raggiungere è quello di dimezzare entro il 2015 il numero di coloro che soffrono la fame Danimarca, Irlanda e Stati Uniti – e si terrà l’11 ottobre presso Palazzo Marino a Milano, per illustrare al pubblico italiano i dati del rapporto che, annualmente, valuta i progressi e i rallentamenti dell’azione internazionale per contrastare la fame. Il Dossier 2010 sarà commentato da autorevoli rappresentanti delle istituzioni internazionali, nazionali e locali, oltre a rappresentanti delle Organizzazioni Non Governative e ad esperti del settore. Link 2007 è un network di 9 organizzazioni impegnate sul campo in progetti di cooperazione allo sviluppo ed aiuto umanitario che testimoniano la capacità del nostro paese di essere presente, con le sue organizzazioni non profit e pur in presenza di un contesto economico internazionale difficile, nei Paesi in cui la fame è una sfida quotidiana per milioni di persone. Operando fianco a fianco dei nostri partner locali (soggetti pubblici, ong, “ crisi alimentare del 2007-2008. Il rapporto del 2010 è inoltre assai significativo perché approfondisce un altro aspetto di un fenomeno complesso e multidimensionale come la malnutrizione infantile. Nei primi 1000 giorni di vita, dal concepimento fino a ca. due anni di età, la mancata assunzione di micronutrienti essenziali per la crescita (vitamine, minerali etc.), può causare conseguenze negative per lo sviluppo, alle quali è molto difficile, se non impossibile, porre rimedio in seguito, nell’infanzia e nell’adolescenza. Per cui un bambino ed una bambina denutriti finiranno per avere minori possibilità di accesso ad un percorso educativo, finiranno probabilmente per iniziare un lavoro minorile sfruttato, saranno più esposti a malattie e, se sopravvivranno, avranno una probabilità molto alta di mettere al mondo a loro volta figli denutriti. 15 “ Se è vero che l’uomo fa parte dell’ecosistema, la grande sfida di oggi per uno sviluppo sostenibile sta nel ricercare un nuovo equilibrio uomonatura che rispetti l’ambiente e soddisfi i bisogni delle persone che ogni decisione può avere nel lungo periodo. Fare educazione, significa sensibilizzare le generazioni presenti su questo tema e promuovere anche con metodologie didattiche innovative e interdisciplinari un approccio comportamentale più rispettoso della risorsa ambiente. A tal proposito, il format processuale si presta molto bene alla promozione dentro e fuori il mondo scolastico di percorsi di educazione ambientale che partano dall’analisi critica di una realtà fatta di diritti e di doveri, con particolare attenzione a quella forma di verità che è la verità giuridica. Mediante i processi simulati un problema complesso può essere proposto al pubblico attraverso il suo coinvolgimento. Mediante la tecnica del role playing, una temati- “ napsi Cesvi partecipò alla quarta edizione dell’importante manifestazione Bergamo Scienza con il Processo al Cacao, “messo in scena” presso il Tribunale di Bergamo. Nelle edizioni seguenti di Bergamo Scienza alla sbarra sono saliti il vino (2007), la carta (2008) e il il parco (2009). Il Processo si articola in un dibattimento all’americana: accusa e difesa particolarmente ostili e schierati su posizioni opposte cercheranno di convincere il Presidente del Tribunale e la Giuria Popolare sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato. Tramite la testimonianza di esperti italiani e internazionali, amministratori locali, scienziati e cittadini comuni si arriverà a comprendere come la difesa dell’ambien- FOTO DI ZA ALIMENTAZIONE Le Nazioni Unite hanno proclamato la decade 2005 – 2015 “Decennio per l’educazione allo sviluppo sostenibile”. Gli stessi Millennium Development Goals considerano il tema della sostenibilità ambientale tra gli obiettivi da perseguire politicamente. L’elevata attenzione internazionale rispetto alle problematiche ambientali, evidenzia la necessità di promuovere con sempre maggiore urgenza uno sviluppo economico in armonia con il Pianeta Terra, che benefici le generazioni presenti senza tuttavia compromettere la sopravvivenza di quelle future. Troppo spesso le scelte quotidiane, individuali e collettive, si limitano a considerare i benefici immediati, senza riflettere adeguatamente sulle ripercussioni te e la tutela dell’uomo (e del suo sviluppo) sono fortemente interdipendenti poiché l’uomo fa parte dell’ecosistema. La grande sfida di oggi, infatti, sta nel ricercare un nuovo equilibrio uomo/natura che rispetti l’ambiente e soddisfi i bisogni umani. La Giuria, come sempre, emetterà un giudizio che punterà alla valorizzazione dello sviluppo sostenibile, che coniuga la conservazione dell'ambiente con la promozione della crescita della comunità locale di riferimento. PERCHÉ IL PROCESSO AL RISO? Riso significa letteralmente, dal sanscrito, “ciò che sostiene l’umanità”. Il riso è da millenni simbolo dell’Oriente e cibo ancestrale per la sopravvivenza di oltre 2,5 miliardi di persone in Asia e rappresenta nelle culture di tutto il mondo non solo una forma di sostentamento accessibile, ma anche un elemento rituale e sacrale degno di rispetto. Chi più e chi meno, tutti conoscono direttamente l’imputato, ma forse non abbastanza da sapere che oggi il riso è uno dei responsabili del cambiamento sociale, economico e ambientale di molti Paesi: la riduzione della sua produzione nonostante l’aumento della domanda, l’incremento dei prezzi fuori controllo, il tentativo del riso basmati di monopolizzare il mercato a discapito delle altre specie….il riso è un elemento strategico dell’economia mondiale, è il cereale più diffuso al mondo, coinvolge non solo gli stati asiatici, produttori e esportatori, ma tutto il pianeta. La situazione è ancora più drammatica per i paesi africani, che si sono convertiti al consumo di riso nei decenni in cui questa risorsa abbondava a bassissimo costo. Il processo dunque è l’occasione per un’attenta riflessione sul consumo di riso, sulla sostenibilità della sua coltivazione, sull’introduzione di brevetti e organismi geneticamente modificati e, infine, sull’incidenza delle monocolture intensive a discapito della biodiversità. Gli invitati assisteranno a interrogatori e contro-in- terrogatori - deposizioni di testimoni, consulenti e periti - arringhe di abili difensori e agguerriti accusatori - fino alla pronuncia della sentenza… Il riso sarà colpevole o innocente? Spetterà alla Giuria, come sempre, emettere un giudizio finale. Il Processo al Riso si terrà giovedì 14 ottobre ore 17 presso l’Aula di Corte d’Assise del Tribunale Penale di Bergamo, nell’ambito dell’VIII edizione di BergamoScienza. Ingresso su prenotazione, fino ad esaurimento posti. Prenotazioni: 035 2058049 035 2058058 [email protected] DIVENTA PROTAGONISTA DELL’IMPEGNO DI CESVI CONTRO LA FAME! ATTIVATI E DIVENTA VOLONTARIO DEL CESVI. [email protected] + 39 035 2058058 FULVIO ZUBIANI UN EVENTO PER PARLARE DI BIODIVERSITÀ E SICUREZ- ca può essere analizzata nelle sue caratteristiche strutturali, interpretata soggettivamente o oggettivamente, vista secondo un’ottica disciplinare o interdisciplinare. Dal 2006 Cesvi utilizza il format processuale per proporre percorsi di educazione allo sviluppo sostenibile, dentro e fuori il mondo della scuola. Nel corso degli anni scolastici 2005/2006 e 2006/2007 Cesvi, sostenuto da Fondazione Cariplo, portò il “Processo allo sviluppo insostenibile” nelle scuole secondarie superiori della Lombardia (circa 40 classi, più di 800 alunni). Sempre nel 2006 Cesvi valorizzò la positiva esperienza del Processo come role playing educativo portandolo dal mondo della scuola alle Aule del Tribunale di Bergamo, e rendendolo un appuntamento annuale per la cittadinanza bergamasca (e non solo). Insieme a Slow Food e Si- FOTO DI IL PROCESSO AL RISO: COLPEVOLE O INNOCENTE? EMANUELA COLOMBO Cesvi