Utopie e processi di modernizzazione della Turchia attraverso il
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Utopie e processi di modernizzazione della Turchia attraverso il
Utopie e processi di modernizzazione della Turchia attraverso il paradigma storicoletterario Lucia C. Antonazzo Resumo Nel processo di modernizzazione della Turchia, che inizia ufficialmente nel 1839, è importante notare come i cambiamenti avvenuti si rispecchiano nella letteratura e nei suoi risvolti utopici, che riflette così le tante sfaccettature della realtà. I personaggi dei romanzi evidenziano le difficoltà di aderire al cambiamento che, seppur desiderato, non è mai accettato fino in fondo. Nel 1923 Mustafa Kemal Atatürk fonda la Repubblica di Turchia e mette in atto una serie di cambiamenti che rompono con la tradizione. Sono cambiamenti imposti dall’alto, in una società in cui saranno messi in discussione i ruoli all’interno della famiglia e le identità di ciascun componente. L’aspetto più vistoso è la crisi del patriarcato, che causa lo sbandamento di tutta la famiglia, specialmente dei figli. In due romanzi utopici, Yeni Turan e Ankara, le protagoniste sono donne che vogliono realizzare una vera parità con gli uomini, assumendo un ruolo sociale importante, condividendo idee, passioni e soprattutto emozioni con l’altro sesso. Nella realtà, il mondo emotivo era rimasto e continuava a rimanere al di fuori del matrimonio, che restava un contratto tra le parti. Gli uomini non erano pronti ad avere al loro fianco una persona con i loro stessi diritti e doveri, specialmente nello spazio privato, e le donne non erano pronte ad affrancarsi dagli uomini, ad esistere in quanto donne e non essere soltanto persone capaci di affrontare lo spazio pubblico annullando la propria identità per inseguire modelli e comportamenti maschili vincenti. Palavras-chave Turchia; Utopie; Modernizzazione; Crisi del patriarcato. Lucia Concetta Antonazzo é graduada em Línguas e Literaturas Estrangeiras pela Università degli Studi di Lecce nel 2005, com uma tese entitulada Divisione dello spazio sociale e problemi di genere nella Turchia moderna. Entre as suas publicações estão: Gestione del potere e questione femminile nella Turchia tra modernità e tradizione, in www. auraweb.it; Identità e problemi di genere in alcuni Paesi del Mediterraneo (Turchia, Marocco, Francia), MERIDIONE – Sud e Nord nel mondo, Napoli, anno VII, n. 2, aprile-giugno 2007. Libertà e diritti civili delle donne nella Turchia moderna, Rivista di studi utopici, n. 1 aprile 2006; LETS (Local Exchange Trading System). Le domande più ricorrenti sul sistema Lets, tradução italiana do inglês, in COLUCCIA, Paolo, La cultura della reciprocità. I sistemi di scambio locale non monetari, 2002. Apresentou trabalhos em congressos organizados pela SESAMO, Società per gli Studi sul Medio Oriente, em Florença, Palazzo Vecchio, em maio/2007, e em Catania, Facoltà di Scienze Politiche, em fevereiro/2006, além de ser relatora no Seminário “Identità: confronto a più voci”, organizado pela Rete Meridione, Istituto Italiano per gli Studi filosofici e Scuola A. F. “J. Sannazzaro”, Napoli, 23-24 de setembro de 2005. LUCIA C. ANTONAZZO 1. Le strutture patriarcali come principale ostacolo alla modernità Il processo di modernizzazione della Turchia iniziò ufficialmente nel 1839, e questa modernizzazione fu gradualmente introdotta dall’alto, con una serie di norme legali e istituzionali, che seguivano i criteri vigenti nell’Occidente europeo. Il potere religioso non accettava, anzi si sentiva minacciato da questo processo di laicizzazione. E anche alla popolazione riusciva difficile accettare una modernizzazione in contrasto con la propria tradizione, con la propria vita come era stata condotta fino a quel momento. Naturalmente, cercando di cambiare, anzi di rimodellare il potere politico, legislativo e giuridico, si toccarono per prime le strutture riguardanti il matrimonio, la famiglia e, soprattutto, la condizione delle donne. Il processo di modernizzazione ebbe notevoli ripercussioni sui rapporti di dominio. Il cambiamento sottopose la cultura maschile e le strutture patriarcali a forti pressioni. Il sistema patriarcale, cioè “quell’insieme di pratiche, di strutture sociali e culturali che costituiscono il dominio dell’uomo sulla donna, non è naturalmente specifico della Turchia, né dell’Islam” (SARAÇGIL, 2001, p. VIII) . Ma è un sistema che riproduce, in diverse forme e in diversi contesti culturali, le strutture più intime del potere. Cambiare queste strutture è molto più difficile che trasformare gli apparati statali, il sistema politico, giuridico, economico. Il fenomeno del patriarcato può essere diviso, come afferma la studiosa Silvia Walby, in sei principali strutture – lavoro domestico, sessualità, cultura, violenza, Stato, lavoro retribuito – e, nell’interrelazione di questi elementi, cerca di individuare le diverse manifestazioni di patriarcato. Queste strutture si influenzano tra di loro, il privato interferisce con il pubblico e viceversa, producendo cambiamenti complessi. Patrilinearità e patriarcato costituiscono i fondamenti culturali della religione musulmana. Il Corano è rivelato agli uomini e per gli uomini, si rivolge alle donne solo occasionalmente e quasi sempre attraverso gli uomini. La discendenza maschile è privilegiata e viene investita di autorità attraverso il sistema patriarcale. Anche la società musulmana, come molti sistemi politici, legittima l’organizzazione del potere collegandola simbolicamente alla struttura della famiglia. La letteratura turca ci fornisce un valido aiuto per cercare di comprendere il periodo storico. Per molti secoli non c’era stata una vera letteratura turca. Da quando i popoli di lingua turca si erano convertiti all’Islam (fine IX secolo), non solo ebbero un nuovo sistema di fede, nuove modifiche alla loro lingua, ma anche nuove regole per la poesia. Così, le popolazioni rurali continuarono a parlare il turco, mentre la minoranza colta coltivò l’ottomano, che presentava i caratteri dell’alfabeto arabo con la grammatica turco-persiana. Con questa lingua si creò una nuova letteratura, ispirata alla poesia classica persiana. Questa poesia attingeva alle fonti classiche della tradizione: ciò significa che l’ispirazione non proveniva dalla realtà o dalla natura, ma dai maestri, dai poeti del 334 UTOPIE E PROCESSI DI MODERNIZZAZIONE... passato. Così si ricorreva al vocabolario canonico della tradizione, cioè un vocabolario standard. Il modo in cui una cosa era espressa era più importante di ciò che veniva espresso. Era una poesia fatta dagli uomini per gli uomini, sia che fosse encomiastica, sia che fosse poesia d’amore. L’amato era rappresentato da una persona di sesso maschile: il bell’efebo. La donna era bandita dalla poesia lirica, dal momento che si pensava che l’amore verso la donna non era vero amore, ma poteva suscitare solo sensuali appetiti. L’impatto con il mondo moderno generò un altro modo di fare poesia. Lo sguardo si posò sull’ambiente, sulla società, sui problemi dell’individuo. Cominciò a venir meno il rispetto per la tradizione. La letteratura turca rappresenta uno specchio di quello che accadeva nella società, rivela le difficoltà dei personaggi di aderire al mutamento che, seppur desiderato, non era mai accettato fino in fondo. Gli scritti letterari rispecchiano meglio questo tipo di problematiche rispetto a trattati, saggi e discorsi. Questi ultimi tendono a suscitare opinioni, a convincere, mentre la letteratura si articola in tante sfaccettature del reale. 2. Uno sguardo sulla famiglia nei primi romanzi turchi Il primo romanzo turco, Taaşsuk-i Talat ve Fitnat (L’innamoramento di Talat e Fitnat), di Şemseddin Sami1, apparso nel 1872, ha come oggetto la segregazione femminile e la formazione della famiglia. Sami è molto critico riguardo alla condizione delle donne, sottoposte completamente al volere maschile, soprattutto riguardo al fatto che le giovani sono date in moglie dai padri a persone che non conoscono, talvolta uomini molto più anziani di loro. In questo romanzo la madre della protagonista, cacciata di casa dal marito, esprime il suo dolore dicendo che la donna, purtroppo, ha meno importanza di un asino per gli uomini. Quando gli uomini comprano un asino ed esso non risponde alle loro aspettative, possono rivenderlo, anche se dovranno perdere dei denari. Ma con la donna è differente, perché, se lei non soddisfa i bisogni del marito, lui può lasciarla quando vuole e prendere un’altra, senza perdere nulla. Nello stesso anno Namık Kemal2, uno degli intellettuali più influenti del momento dei Giovani Ottomani, scrisse un articolo Aile (Famiglia), dove affermava che la forza dei legami familiari costituisce la base della superiorità del mondo musulmano rispetto a quello occidentale, ma la realtà familiare è arretrata, con rapporti basati sulla violenza, soprattutto nei riguardi dei giovani e delle donne. L’armonia familiare si raggiunge però solo con un’autorità paterna adeguata. Il padre deve essere un patriarca illuminato, deve avere maggiore disponibilità nei confronti delle donne e considerare che il miglioramento della loro vita è una condizione necessaria al miglioramento della propria. Şemseddin Sami (1850-1904), giornalista, drammaturgo, romanziere. Tradusse dal francese I miserabili di Victor Hugo e molte altre opere. È importante soprattutto per l’ambito linguistico. Compilò dei vocabolari e un’enciclopedia storico-geografica. 1 Namık Kemal (1840-1888), è considerato il padre della letteratura turca. Scrisse opere teatrali di grande impatto politico ed emotivo. Fu sostenitore del regime costituzionale e tradusse opere di Rousseau e di Montesquieu. 2 335 LUCIA C. ANTONAZZO C’era, però, una reale e forte resistenza al cambiamento delle strutture familiari più intime. Ahmet Mithat3 in Paris’te bir Türk (Un turco a Parigi, 1876) scrive che l’uomo musulmano non è una sorta di angelo, privo di istinti. “Se non avesse concesso la possibilità di prendere più mogli a un uomo che con una sola non riusciva a soddisfarsi, non avrebbe potuto ritenere immorale la prostituzione” (MITHAT, 1876, p. 160). Ed una signora parigina così, nello stesso romanzo, giustifica la poligamia presso i musulmani: Per i nostri uomini parigini che già a dodici-tredici anni diventano invalidi contraendo qualche malattia venerea, è troppo persino una moglie. Invece un uomo orientale, il cui paese non ammette la prostituzione, non può bere alcoolici, non può giocare d’azzardo, mantiene intatte tutte le sue forze. Ovvio che per lui una sola donna sarà troppo poco (MITHAT, 1876, p. 160). 3 Ahmet Mithat (18441912) è l’unico romanziere turco-ottomano proveniente da strati popolari. Prima lavorò come apprendista presso un mercante di spezie ad İstanbul, poi ebbe un impiego nell’amministrazione provinciale e, notato per le sue capacità, cominciò a dirigere giornali locali. Dal 1872 si dedicò interamente alla letteratura. Fondò una tipografia, dove pubblicò giornali e i propri romanzi. Trattò i problemi sociali del suo tempo, scrivendo per il popolo semplice, che l’autore cercava di istruire ed elevare. 4 Halide Edib Adıvar (1883-1964) è una figura femminile particolare. Studiò nel collegio americano di İstanbul, integrando la sua formazione con lezioni private. Partecipò alla guerra di liberazione raggiungendo il grado di caporale. Delusa poi per alcune scelte di Atatürk, entrò in conflitto col kemalismo ed andò all’estero, prima in Francia e poi in Inghilterra. Tenne lezioni e conferenze e scrisse opere storico-sociali sulla Turchia a lei contemporanea. Ma è nota soprattutto come autrice di romanzi. 336 Possedere un alto numero di donne è, per il patriarca, la misura della sua capacità di autocontrollo, del suo senso di giustizia e del suo potere economico. Comincia a farsi evidente, però, la forza esercitata sull’élite riformista dalla vita occidentale. I giovani non vogliono più accettare i matrimoni combinati dai genitori, gli uomini non vogliono ricorrere alle relazioni impari con le schiave. Halide Edib Adıvar4 tratta questi temi nei suoi romanzi. Il giovane protagonista di Sinekli Bakkal considera le donne tra le principali responsabili del perpetuarsi del sistema, che lui odia. Esse sono solo strumenti riservati al piacere e a fare figli, sono delle schiave. La strada per una vera liberazione delle donne doveva però passare attraverso l’istruzione. L’educazione ottomana era stata essenzialmente religiosa e riservata solo agli studenti di sesso maschile. L’istruzione delle donne era possibile solo con lezioni private a domicilio, quindi ciò era riservato ad un’esigua minoranza. Nel 1842 fu permesso alle ragazze di frequentare le lezioni della Facoltà di Medicina per formarsi come levatrici. Mancava però un livello di formazione medio-superiore. La prima scuola superiore femminile fu aperta a İstanbul nel 1859. Durava due anni ed era gratuita. Ma, poiché i docenti erano tutti uomini, la frequenza delle studentesse era un problema, dato che le ragazze avevano superato gli undici anni e dovevano evitare contatti con il sesso maschile. La prima istituzione professionale femminile fu aperta nel 1865 ed era riservata alle orfane di guerra, che là imparavano a cucire e a tessere da insegnanti importate dall’Europa. Questi tentativi, però, rimanevano per lo più concentrati nella capitale. 3. Lo smarrimento maschile di fronte al cambiamento Il desiderio di cambiamento diventava una minaccia per le strutture patriarcali. I protagonisti di tutti i primi romanzi sono orfani di padre, cioè privi di una guida. Il fatto di non avere il padre, di non UTOPIE E PROCESSI DI MODERNIZZAZIONE... avere più una guida, mandava allo sbando l’intera famiglia, che si trovava esposta agli intrighi delle donne. Se il patriarca non può tenere a freno le lotte femminili all’interno di una famiglia, esse esplodono fino a che la famiglia si distruggerà. Inoltre, il fatto che possa nascere l’amore spontaneo tra un ragazzo e una ragazza, espone la famiglia a pericoli reali, perché l’incontro in uno spazio pubblico è senza controllo, fa esplodere le passioni più distruttive. I giovani riformatori ottomani non erano pronti alla realizzazione di un rapporto uomo-donna che rispondesse alle loro stesse esigenze. La figura femminile, dovendosi affrancare dai condizionamenti culturali e tradizionali, suscitava terrori atavici. Si creava un vicolo cieco. Gli intellettuali dell’epoca delle Tanzimat (Riforme) aspiravano a rapporti più veri, chiedevano partners istruite, non segregate, scelte direttamente e con amore, ma non riuscivano a non continuare le relazioni tradizionali, soprattutto il concubinaggio. L’uomo continuava ad esercitare il controllo sulla donna, sulla sua moralità. Faticava a nascere un modello di identità maschile. L’uomo non riusciva a confrontarsi con la donna e la donna non riusciva ad affrancarsi mentalmente dall’uomo. La perdita delle protezioni tradizionali suscitava angoscia in molte donne, soprattutto dell’élite ottomana. Agli inizi del secolo le vite degli uomini e delle donne si avvicinarono, se pur apparentemente. Negli ambienti delle élites nascevano occasioni – passeggiare, ascoltare musica, ecc. – in cui si trovava la presenza di membri della famiglia di entrambi i sessi. Nei romanzi di inizio secolo il punto centrale della narrazione è costituito dalle relazioni all’interno della coppia. I romanzi descrivono lo smarrimento, soprattutto maschile, che questo confronto crea. L’ambiente è quello dell’élite, ma spesso i protagonisti sono orfani, malati, muoiono di tubercolosi. Spesso anche qui, come nel periodo precedente, manca la figura paterna e, quando c’è, è incapace di governare la famiglia. Uomini e donne dell’élite si trovavano a dover favorire il cambiamento dell’ordine tradizionale, ma contemporaneamente si sentivano smarriti per la perdita dei valori tradizionali. I romanzi rivelano la perdita di tali valori. Il mondo domestico diventava un terreno di lotta tra donne – figlie, mogli, matrigne, suocere – per il potere. Gli uomini non erano più in grado di esprimere il loro controllo. Bisognava allora dare un nuovo modello per la famiglia turco-musulmana, occorreva “rimodellare” le strutture patriarcali, rendendole idonee ad una società moderna. Negli ultimi anni dell’Impero Ottomano erano nati movimenti femminili, le cui richieste riguardavano soprattutto l’educazione e l’opportunità di lavoro. Halide Edib Adıvar era stata tra le fondatrici, nel 1909, di una Associazione per la promozione delle donne, i cui scopi erano di stimolare lo sviluppo intellettuale, organizzando corsi di inglese, di francese, di puericultura e di economia domestica. 337 LUCIA C. ANTONAZZO 4. Differenza tra civiltà e cultura Una ridefinizione del rapporto tra i sessi è stata elaborata da Ziya Gökalp (1876-1924), il primo e, per molti anni, unico pensatore sociale della Turchia moderna. Gökalp formulava una distinzione tra “medeniyet” (civiltà) e “hars” (cultura). La civiltà è internazionale, esprime conoscenze scientifiche, istituzioni comuni a gruppi di diverse etnie e tradizioni. La cultura è nazionale, è composta da usi e tradizioni di una particolare nazione. Una nazione può cambiare la civiltà di appartenenza, come, del resto, era successo ai Turchi che, nella loro storia, erano stati prima inseriti nella civiltà dell’Estremo Oriente e poi, con l’Islam, erano entrati nella civiltà orientale. Ma, secondo Gökalp, solo la cultura nazionale innestata su una civiltà poteva produrre un insieme armonioso all’interno di quella civiltà, cosa che non si era verificata. Gökalp contestava la caratterizzazione della civiltà orientale in termini religiosi e sosteneva che essa è la continuazione della civiltà romana d’Oriente. La civiltà orientale aveva raggiunto un alto livello di elaborazione, poiché era basata su un insieme di culture nazionali. Al nazionalismo turco rimaneva il compito di mantenere la fede religiosa (per lui la civiltà non coincide con la religione), recuperare l’identità culturale nazionale e inglobarla nella nuova civiltà universale: quella occidentale. Per il pensatore, la nazione turca apparteneva ai popoli del gruppo uralo-altaico, alla comunità musulmana e alla civiltà occidentale. Importanti sono le sue riflessioni riguardo ai rapporti tra i sessi. Egli affermava che, tra gli antichi Turchi, le donne avrebbero goduto di uno status giuridico pari, se non superiore, agli uomini. Tra di essi vigevano due sistemi, quello religioso e quello magico. Quello religioso era rappresentato dagli uomini, quello magico dalle donne, dallo sciamanesimo. Secondo lo studioso, l’inizio della disparità tra uomini e donne non era da imputare alla religione musulmana, ma alle concezioni ascetiche delle religioni iranica e greco-ortodossa. La religione e il magico si differenziarono, diventando antagonisti e le donne, considerate portatrici di poteri demoniaci, non poterono più toccare gli oggetti sacri e cominciarono a scendere verso una posizione sociale bassa. Bisognava ridisegnare un nuovo modello di famiglia, che non ricalcasse modelli di altre nazioni, che fosse profondamente radicato nella cultura nazionale e che fosse costruito sulla base delle tradizioni egualitarie dell’antica famiglia turca, rigettando il modello creato dalle ingerenze arabo-persiane. Queste idee gettarono le basi per una nuova legge sulla famiglia, elaborata nel 1917, con la motivazione che l’autorità pubblica doveva intervenire negli affari della famiglia al fine di garantire i diritti delle donne. In questo periodo tornò tra gli scrittori la convinzione di considerare la necessità di “educare il popolo”, quindi la letteratura doveva avere un’utilità sociale. Gli scrittori, però, non avevano tutti la stessa visione: si trattava di conciliare tradizione e modernità e ogni autore aveva una visione personale influenzata in 338 UTOPIE E PROCESSI DI MODERNIZZAZIONE... gran parte dalle proprie esperienze, positive o negative. Hüseyn Rahmi Gürpınar5 dà un’interessante visione della modernizzazione. Egli aveva una propensione alla giustizia sociale ed economica, associata ad un’attenzione critica alla religiosità. La sua visione era nuova per quanto riguarda la morale e le relazioni tra uomini e donne. La sua condanna dei valori morali vigenti nella società che descriveva, lo portava ad un profondo pessimismo nei riguardi delle relazioni tra uomini e donne. Guardava al matrimonio con sospetto; gli individui dei suoi romanzi non si assumono alcuna responsabilità, non costruiscono rapporti di solidarietà, l’unico interesse è il desiderio sessuale. Şıpsevdi (Volubile -1911) è il primo romanzo di Gürpınar che tocca temi quali l’ingiustizia economica, il lavoro, il capitale e lo sfruttamento. Qui, come in tutti i suoi romanzi, la relazione tra i sessi occupa un posto centrale. Tutte le coppie si tradiscono, perché il matrimonio è dettato solo dalle leggi della società che obbligano uomini e donne alla vita familiare. Neanche l’amore, però, riesce da solo a mantenere unite le persone, a mantenere in vita una relazione. C’è bisogno di una nuova visione della vita che coniughi nella giusta misura le diverse componenti atte a far nascere la felicità. 5. L’utopia di Halide Edib Adıvar e di Yakup Kadri Karasmanoğlu Halide Edib Adıvar è una scrittrice molto importante per la letteratura turca, oltre ad essere una figura politica di rilievo. La sua opera rispecchia l’evoluzione culturale del Paese e le sue idee di nazionalismo e di panturchismo. È lei che elabora dei modelli sociali che costituiscono la base delle riflessioni e delle riforme di Mustafa Kemal Atatürk. La Adıvar era figlia di un alto funzionario della corte del sultano Abdülhamid. Dopo la morte prematura della madre, andò a vivere con la nonna materna, una donna forte, una vera matriarca ottomana che le inculcò le norme religiose tradizionali. Il padre, invece, cercava di creare in lei una moderna signorina inglese. Vivendo tra questi due tipi differenti di educazione, anzi in netto contrasto tra di loro, riuscì a trovare una sintesi attraverso il nazionalismo, con cui si costruì la sua identità. Le donne dei romanzi di Halide Edib sono moderne, positive. Gli uomini sono incapaci di accettare la nuova identità femminile, sono refrattari al cambiamento, anche se ci sono alcuni uomini positivi: quelli che hanno dato un giusto senso alla modernizzazione, rimanendo cioè fedeli ai valori tradizionali, integrandoli con le nuove idee. Ma è nel romanzo utopico Yeni Turan (Il nuovo Turan, 1912) che la scrittrice ha descritto il prototipo della nuova donna. Il Turan era la mitica patria dei Turchi, in cui: “anche le donne studiavano e lavoravano accanto agli uomini. Il loro abbigliamento era cambiato, era diventato più semplice e sobrio, non aveva nulla a che vedere con la moda. Ora le Hüseyin Rahmi Gürpinar (1864-1944) è un romanziere molto interessante, perché rappresenta una visione originale della modernizzazione. Influenzato dalle idee socialiste, egli si proponeva di promuovere cambiamenti sociali e culturali radicali. Egli si distingueva dai contemporanei per una maggiore attenzione e critica verso la religiosità – intesa come bigottismo, superstizione, conservatorismo e oscurantismo – e la giustizia sociale ed economica. 5 339 LUCIA C. ANTONAZZO donne non erano più, con i loro abbigliamenti fabbricati ad arte, delicati, eleganti, il decoro delle loro case, il sogno d’amore dei loro uomini, ma erano insegnanti, infermiere, donne dal forte carattere e dai sobri atteggiamenti. Si erano trasformate da prezioso oggetto ornamentale in laboriosi elementi della società, in madri, amiche…” (DÜRDER, 1973, p.17-18). Le donne diventavano, così, attive militanti della costruzione della nazione, assumevano un ruolo sociale e politico, anche se in posizione subalterna rispetto agli uomini. La stessa scrittrice aveva partecipato alla guerra di liberazione raggiungendo il grado di caporale. L’immaginario nazionalista metteva al posto della donna della capitale ottomana la donna dell’Anatolia, povera, logorata dalle fatiche. Questa donna era la prima vittima dell’arretratezza economica e culturale. Proprio perché capace di generosità, altruismo, laboriosità e abnegazione, era la persona ideale a risollevare il Paese, accanto agli uomini. La donna doveva essere al servizio del proprio Paese e lo status della donna era collegato allo status di tutta la nazione. L’ingresso della donna nello spazio pubblico prevedeva l’annullamento della sua sessualità. La donna di Yeni Turan riesce ad armonizzare libertà, moralità, impegno, cultura e modernità. Comunque, secondo la scrittrice, il dovere primario della donna, malgrado il suo ruolo sociale, consiste nella maternità, cioè nella formazione di una nuova generazione di patrioti illuminati. Malgrado il forte accento che la scrittrice pone sull’impegno sociale, la sfera più naturale per la donna è la casa, in cui si esalta il suo potere riproduttivo e la sua capacità di assicurare il benessere fisico e psichico ai familiari. Tra i due romanzi utopici, Yeni Turan di Halide Edib Adıvar e 6 Yakup Kadri Karasmanoğlu (1889-1974) è uno dei più importanti romanzieri dell’epoca. La sua opera riflette i problemi sociali e culturali del Paese. Il suo realismo si fonda su solide osservazioni, arricchite da interpretazioni personali sui problemi storicosociali. In seguito alla guerra divenne un esponente molto autorevole della “Letteratura nazionale”. 340 Ankara di Yakup Kadri Karasmanoğlu6 ci sono gli anni del cambiamento politico. Nella fondazione del nuovo Stato svolsero un ruolo fondamentale le guerre, che si protrassero dal 1912 al 1922. La guerra d’indipendenza aveva fatto emergere Mustafa Kemal come un leader naturale. Le perdite furono gravi, la popolazione si ridusse del 30% ma, anche in condizioni di forte disparità numerica, le forze di Atatürk conseguirono nel 1922 in Anatolia una definitiva vittoria contro le potenze occidentali. Nel 1923 Mustafa Kemal Atatürk fondò la nuova repubblica. Lo Stato assumeva definitivamente il ruolo di principale agente della modernizzazione. Il nazionalismo rappresentava un progetto per l’avvenire: in tale progetto non c’era spazio né per la legittimità dinastica, né per le basi religiose della società. Durante la guerra d’indipendenza, i kemalisti si erano serviti della forza coesiva dell’Islam per tenere uniti i combattenti ma, raggiunto lo scopo, l’Islam diveniva qualcosa di pericoloso nelle mani dei reazionari ed era un peso per la nazione turca. La religione cominciò ad essere considerata un fatto privato, della coscienza individuale. Nella vita sociale avvenne una profonda trasformazione: mutarono il modo di vestire, l’uso degli spazi, il ritmo della vita quotidiana. I padri fondatori guardavano al livello di progresso europeo come modello. Questi UTOPIE E PROCESSI DI MODERNIZZAZIONE... repentini cambiamenti imposti dall’alto causarono disorientamento nella popolazione, che si sentiva smarrita e privata della sua sicurezza. Anche Yakup Kadri Karasmanoğlu, che era uno dei più convinti sostenitori del kemalismo, avvertiva l’incompiutezza della trasformazione, sia sul piano culturale, sia sul piano morale. Dal suo punto di vista, il fatto che non si riusciva ad elaborare un nuovo tipo di identità maschile che “governasse” le forze femminili, costiruiva un grosso problema. Le donne erano state incluse dal kemalismo nella scena politica, ma erano rimaste senza una protezione adeguata e senza guida. In Ankara Y. K. Karasmanoğlu ricostruisce gli anni della fondazione della repubblica ed esprime la sua visione utopica descrivendo i tre diversi matrimoni contratti da Selma, la protagonista. Ogni matrimonio corrisponde ad un periodo storico e rappresenta una diversa identità maschile. Nel 1920 la signora Selma, appena sposata, lascia İstanbul per seguire il marito nel suo nuovo impiego ad Ankara. Cerca di abituarsi alla povertà e di rendere accogliente la loro casa. Sta incominciando la guerra di liberazione nazionale. Selma incontra Hakkı, un maggiore dell’esercito nazionalista e i due diventano amici. Selma impara da lui a cavalcare e ad usare le armi. Nonostante i timori del marito, Selma va a lavorare come infermiera volontaria nell’ospedale del fronte. Lei rimane a curare i feriti, mentre il marito scappa, con l’avvicinarsi del fronte ad Ankara. Finita la guerra di liberazione, Selma sposa Hakkı Bey ma, tre anni dopo il matrimonio, il marito diviene un altro uomo, la sua anima generosa va via insieme alla sua uniforme. Selma non sente più rispetto verso di lui. Mentre prima era un uomo che aveva considerazione nei confronti della moglie, in seguito aveva cominciato a decidere tutto da solo, imponendole i suoi stili di vita. Vita che, per Selma, era diventata noiosa: lei non accettava il fatto di passare da un ricevimento ad un altro, ballare e conversare come un’europea. Selma ritrova la sua vera identità nella parte “utopica” del romanzo. Qui lei contrae il suo terzo matrimonio con Neşet Sabit, un giovane giornalista, un intellettuale, un vero nazionalista. Neşet pensa come lei che “le donne turche hanno gettato via il çarşaf e i veli per facilitare la diretta partecipazione alla vita lavorativa. Per loro l’ingresso nella vita sociale non deve significare solo entrare nei salotti, ai ricevimenti. Sì, la donna turca ha voluto la propria libertà, ma non per ballare o per mettere lo smalto sulle unghie, per diventare una marionetta abbellita, ma per poter svolgere il compito serio e faticoso che l’aspetta nella costruzione e nel progresso della nuova Turchia”. (SARAÇGIL, 2001, p. 211) Selma e Neşet Sabit condividono gli stessi ideali, riescono ad essere complici nelle loro idee. Ankara è un romanzo utopico, scritto per esprimere l’amaro fallimento del sogno dei kemalisti più radicali. Il kemalismo aveva prodotto un cambiamento notevole della condizione femminile, trasformando la posizione delle donne nella sfera pubblica e di fronte alle istituzioni dello Stato. Tuttavia, ciò non era 341 LUCIA C. ANTONAZZO riuscito ad eliminare le dinamiche più profonde di gerarchia e di potere tra i sessi. Pur togliendo il velo, le donne rimasero costrette a mantenere la loro invisibilità. Dovettero trovare dei modi per coprire la propria femminilità, a volte indossando seri tailleurs maschili, tagliando i capelli cortissimi, sopprimendo così la propria femminilità per riuscire a stare a contatto con l’altro sesso. Nell’ambiente lavorativo, per esempio, gli uomini non erano abituati ad interagire con le donne, si sentivano in difficoltà, l’uso degli spazi comuni rappresentava un problema di non facile soluzione. Durante la guerra di liberazione c’erano state alcune donne, poche, per la verità, che avevano combattuto fianco a fianco con gli uomini, ma ciò non era bastato a cambiare la percezione maschile nei riguardi dell’altro sesso. L’ambiente della guerra aveva accomunato tutti nello stesso ideale, uomini e donne, aveva annullato le identità, ma nel momento in cui si tornava alla normalità, si ritornava ad aver paura delle donne, paura di non riuscire a “governare” la loro innata irrazionalità. L’irrazionalità è considerata una caratteristica che fa parte della natura più intima della donna, che la costringe ad aver bisogno della tutela da parte di un membro maschile della famiglia, sia esso il padre o il fratello. L’identità femminile rimaneva legata soprattutto alla riproduzione. Infatti le madri godevano di un prestigio sociale e di un amore molto grandi e gli uomini riservavano la loro fedeltà emotiva soprattutto alle madri. Nel precedente sistema l’uomo trovava il suo soddisfacimento sessuale soprattutto attraverso la poligamia e il concubinaggio. Nel nuovo contesto il pieno appagamento era relegato nell’amore a pagamento. I discorsi sulla parità rimanevano vuoti, non si riusciva a realizzare quell’unione spirituale, culturale ed emotiva a cui generazioni di uomini e donne in Turchia avevano aspirato. 6. La dicotomia città-campagna In letteratura, la critica politica nei confronti del kemalismo cominciò nel dopoguerra e insisteva sul contrasto città-campagna. La città era considerata luogo di sfruttamento, di sopraffazione ed esclusione economica del mondo rurale. I romanzi che hanno per tema la vita anatolica evidenziano l’estraneità dello Stato e del progetto di modernizzazione rispetto alla realtà del Paese. Questa letteratura è datata generalmente dalla critica nel 1950 ed è una letteratura che pone l’accento sul fatto che vi è un ordine morale decaduto, una sfiducia nell’istituzione del matrimonio e nei rapporti sociali in genere. Per la prima volta la letteratura si interessa del mondo rurale e ciò permette di esaminare diversi modelli di identità maschile, che fino ad allora erano stati trattati nell’ambito dell’élite urbana. Il precursore di questa letteratura è Kuyucaklı Yusuf (Iusuf di Kuyacak), di Sabahattin Ali, pubblicato nel 1937. Esso presenta la contrapposizione della campagna alla città: mentre l’ambiente naturale 342 UTOPIE E PROCESSI DI MODERNIZZAZIONE... esprime libertà, armonia, innocenza, la città presenta i caratteri della violenza, della decadenza e della corruzione. Yusuf rimane orfano e, adottato da un governatore, che è la persona che trova i corpi dei genitori, va a vivere in città, ma non riuscirà mai ad adattarsi al mondo rappresentato dagli adulti, soprattutto dal padre adottivo. Questi è buono e generoso, ma incapace di “governare” la moglie, donna litigiosa, aggressiva, spregiudicata e immorale. Yusuf rifiuta di studiare, perché ha paura di diventare come il padre adottivo, che non aveva ottenuto niente di buono dallo studio. Egli ricorda suo padre, che era un analfabeta, ma almeno in casa comandava lui. Un altro significativo romanzo incentrato sul conflitto cittàcampagna è Bereketli topraklar üzerinde (Sulle terre fertili, 1954), di Orhan Kemal7. Qui l’autore narra il mondo terribile dei miseri, anzi degli ultimi tra gli ultimi, i lavoratori stagionali, che dai villaggi si recano a Çukurova, in Cilicia, dove ci sono terre fertili, per guadagnare lo stretto indispensabile per sopravvivere durante l’inverno. La povertà, l’esclusione e l’emarginazione li privano di ogni condotta morale, sono nelle mani di individui che fungono da mediatori tra loro e i datori di lavoro e per lavorare devono subire soprusi e umiliazioni. L’unico che rimane vivo è Yusuf, che ha lavorato nei cantieri, ha appreso il mestiere di muratore e non è andato con le donne. Egli torna a casa con del denaro, dei regali e un fornellino a gas. Per la gente del villaggio è un vero uomo, per la gente della città è un contadino che porta solo sporcizia in città. I contadini erano diventati oggetto di un’economia di mercato incapace di dare loro uno status che sostituisse quello dell’antico sistema patrimoniale ottomano. Essi rimanevano veri uomini solo quando erano nel villaggio, perché la virilità nel mondo rurale è collegata con la forza, il coraggio e la capacità di proteggere l’onore e la moralità dell’intera famiglia. Nella comunità del villaggio, i rapporti interpersonali rimangono basati sulle regole di un complicato codice d’onore e non sulle relazioni spersonalizzanti dell’economia di mercato. Le relazioni familiari, che erano state sempre presenti nella letteratura turca, ora vengono considerate dal punto di vista dei figli. Si erano manifestati forti conflitti generazionali, la famiglia era cambiata, ma avere un’idea precisa di come era la famiglia è cosa assai ardua. Vi erano differenze forti tra le famiglie, che potevano essere nucleari, allargate, ma importante era anche lo status sociale e il livello culturale. Sembra che un unico elemento accomuni tutti i tipi di famiglia: le relazioni erano più forti e più strette tra i membri dello stesso sesso. I cambiamenti che avevano indotto gli uomini a condividere gli spazi con le donne, cambiamenti che avevano richiesto la partecipazione delle donne alla vita lavorativa, soprattutto per il bisogno di un contributo economico femminile, avevano reso più aspro il rapporto di coppia. Gli uomini, che non si sentivano in grado di controllare la vita di tutti i membri della famiglia e neanche di garantire un reddito soddisfacente, si sentivano umiliati nel loro ruolo e riuscivano solo ad essere più autoritari e violenti. In questa situazione di violenza, i figli spesso desideravano Orhan Kemal (1914-1970), figlio della prima legislatura repubblicana, dovette interrompere gli studi a causa dell’esilio politico del padre in Siria nel 1930. Nel 1932 tornò ad Adana e cominciò a lavorare come operaio. Nel 1939 fu condannato a 5 anni di carcere per propaganda comunista. I suoi primi romanzi hanno un forte carattere autobiografico. Scrisse diversi romanzi, opere teatrali e saggi critici con un linguaggio semplice e quotidiano. Descrisse la struttura sociale della Turchia nel processo di industrializzazione, il rapporto tra capitale e lavoro, lo sfruttamento. 7 343 LUCIA C. ANTONAZZO 8 Latife Tekin (1957), figlia di un artigiano emigrato ad İstanbul, visse fino al 1966 nel villaggio nativo, in Anatolia centrale. Si trasferì quindi ad İstanbul, dove terminò il liceo con molte difficoltà. La sua opera rappresenta un momento rivoluzionario dal punto di vista espressivo della letteratura turca. La vita del villaggio, la cultura, la religiosità contadina e l’incontro con la civiltà urbana costituiscono il suo tessuto narrativo. 344 fuggire da casa, preferivano lavorare per un estraneo, a cui almeno potevano controbatterre, che sottostare ad ogni volontà e violenza paterna. L’incapacità di interpretare il cambiamento da parte delle formazioni politiche, i problemi economici, un forte deficit valutario, spinse la Turchia, verso gli anni ’70, a una profonda crisi economica. Vennero concessi crediti dagli USA e dal Fondo monetario internazionale per soccorrere l’economia turca. La concessione era condizionata all’incoraggiamento delle politiche volte all’esportazione, alla liberalizzazione del mercato e, naturalmente, alla creazione di nuovi bisogni. Le famiglie turche furono spinte al consumismo e si trovarono indifese di fronte a questo nuovo tipo di economia. Si cominciarono ad accettare acriticamente gli aspetti più deleteri della modernizzazione. Il singolo individuo diventava interessante in quanto consumatore. Tutto ciò si rispecchia nella letteratura degli anni ’70-80, infatti la letteratura di questo periodo ci mostra dei personaggi che, nonostante spesso siano dei baraccati, che vivono ai margini della città in baracche costruite nel giro di poche ore, vivono il loro status di urbanizzati attraverso il possesso di oggetti. Il possesso di un frigorifero, di un servizio completo di liquori, di tende di tulle rosso: tutto questo concorre a fornire un’identità di cui la gente che aveva lasciato le campagne per le città, si sentiva privata. Latife Tekin8, in Buzdan Kılıçlar (Le spade di ghiaccio, 1989), racconta la vita marginale della popolazione di recente urbanizzazione degli anni ’80. Gli individui che vivono nelle baraccopoli vivono il loro status di urbanizzati attraverso il possesso di beni di consumo. Il protagonista Halilhan trova la sua identità nel possesso di una vecchia Volvo. Egli fa della sua macchina un vero oggetto di culto, si identifica con la sua auto e gli sembra che la sua auto si identifichi con lui e che comprenda le sue emozioni e le viva. I poveri di Latife Tekin raggiungono un apparente benessere. Questo benessere è fatto in gran parte dagli scarti di una modernità irraggiungibile, perché ha costi troppo elevati. Halilhan per mantenere la sua Volvo è capace di imbrogliare le persone, di tradire la moglie e di patire la fame. Questo nuovo atteggiamento comporta una condizione di povertà umana e culturale molto grave. In questi anni fu pubblicato un romanzo con forti caratteristiche autobiografiche dal titolo Kadının adı yok (La donna non ha nome), della giovane scrittrice Duygu Asena. Il libro divenne il primo manifesto del femminismo in Turchia e creò scandalo, ma fu un vero successo, tanto che nel 1987 arrivò all’ottava edizione e nel 1988 venne realizzato un film. In questo libro l’autrice cerca di indagare cosa significhi essere donna in una società in cui il progetto di emancipazione femminile attuato dal kemalismo non era riuscito perfettamente. Asena denuncia come, nonostante la massiccia presenza delle donne nelle professioni più avanzate e redditizie, la rappresentazione di sé e la possibilità di “darsi un nome” per le donne derivino dalla capacità di conquistarsi un posto nella società degli uomini. La protagonista del romanzo, UTOPIE E PROCESSI DI MODERNIZZAZIONE... per poter esistere in un mondo dominato dai valori maschili, deve aderire a questi stessi valori: rigidità, competizione, determinazione. Nonostante la protagonista infranga alcuni tabù, compreso quello della verginità, affronti tante esperienze e acquisisca una posizione di potere, non raggiungerà mai la parità con il sesso dominante, anzi le sue scelte la porteranno ad essere sempre più sola. 7. Il ritorno all’Islam come soluzione Negli anni ’70 emergeva in Turchia un movimento religioso con una vasta partecipazione femminile. Questo nuovo movimento interessò gran parte della Turchia, che vedeva nella diffusione della modernità una minaccia alla propria identità culturale e sociale. Inizialmente il fenomeno era interpretato come una forma di resistenza delle zone rurali del Paese al progresso. Invece, in seguito, la rivendicazione di vivere secondo i dettami religiosi proveniva proprio dalle grandi città, dalle università, dove apparivano studentesse vestite in modo “coperto”, indossando un turbante o un soprabito, rispettano i precetti dell’hicab. Erano donne che, senza rifiutare altri aspetti della modernità, come l’istruzione e l’esercizio delle professioni, volevano vivere secondo i dettami religiosi. Ciò provocò grande sgomento, perché il loro atto era considerato un atto in contrapposizione con le conquiste realizzate sul piano della modernità e della laicità. Queste donne ricorrevano alle strutture protettive che l’Islam forniva loro, trasportando i valori e le definizioni del privato, che costituiva la loro memoria di genere, nello spazio pubblico. Negli ultimi anni il fenomeno si è allargato, e spesso non si riesce a capire perché una donna possa fare questa scelta. Secondo Latife Tekin, esse portano con sé la casa, la sfera domestica, attraverso gli indumenti che coprono il loro corpo. Esse tentano di entrare nel mondo maschile mantenendo il loro potere tradizionale per non trovarsi completamente disarmate. Oltre alle donne dell’élite, quelle che hanno raggiunto un certo livello di integrazione, che frequentano le università, che svolgono professioni moderne e redditizie, nella scelta di indossare l’hicab ci sono anche le donne appartenenti alle sfere più marginali della vita urbana. Queste ultime, che hanno avuto necessità di lavorare fuori di casa per integrare lo stipendio del marito, non erano abituate a trovarsi in un ambiente con altri uomini, che non fossero gli uomini della loro famiglia: marito, figli, fratelli, suocero, ecc. La donna, una volta uscita dall’ambiente domestico, comincia a sentirsi come un oggetto sessuale, poiché un vero cambiamento nell’identità e nella sessualità maschile non è avvenuto. Si sente nuda ed indifesa sotto gli occhi del maschio, diventato insofferente e aggressivo perché non è abituato a dividere il suo spazio con l’altro sesso, con cui non è riuscito ad elaborare comportamenti diversi dall’approccio sessuale. Dunque l’hicab offre la soluzione di distinguere la donna perbene dalla “poco di buono”. 345 LUCIA C. ANTONAZZO Attraverso di esso la donna porta nello spazio pubblico un simbolo della sua moralità, integrità, lealtà, il suo ruolo di madre e moglie. Anche il marito si sente più sicuro: l’hicab è una pratica di assicurazione che annulla il livello di tensione con il coniuge, consentendole di partecipare attivamente alla vita extradomestica. Ci sono diverse opere in letteratura che sono incentrate sul processo che aveva condotto alla scelta del velo. Non si può parlare di veri e propri romanzi, dato che spesso mancano di un impianto narrativo efficace e hanno per lo più carattere didascalico. C’è però un romanzo molto noto di questo genere letterario ed è Müslüman kadının adı var (La donna musulmana ha nome, 1989) di Şerife Katırcı. La protagonista è una giovane donna, Dilara, una ragazza molto bella e seria, figlia di un professore di biologia, orfana di madre. Il romanzo inizia qualche settimana prima della cerimonia di laurea di Dilara alla Facoltà di Medicina. Dilara torna nella casa paterna e, per una serie di vicende, incontra Ibrahim, un uomo di fede, rimasto vedovo e con un bambino piccolo. Comincia a studiare il Corano e prova a convertire il padre, un convinto darwinista. Un giorno, mentre prega, sente una voce che le dice che nel mondo ogni creatura, gli uomini, gli animali, i frutti, tutti hanno una buccia che li difende. La buccia della donna è la sua copertura, il suo velo (hicab), che la protegge da ogni cattiveria del mondo. Decide così di coprirsi e si presenta con il velo e con lunghi vestiti al padre che, anche se a malincuore, accetta la volontà della figlia. Dilara torna ad Ankara per la cerimonia di laurea ma, a causa del suo abbigliamento, viene espulsa dalla casa dello studente. Durante la cerimonia, i docenti si rifiutano di consegnarle il diploma di laurea e lei fa un discorso di protesta e abbandona la sala. Il diploma le verrà consegnato in seguito. I professori non capiscono come mai una ragazza che poco tempo prima sfoggiava un abbigliamento che rasentava la sconcezza, avesse potuto fare un cambiamento così totale. Dilara continua a studiare, si specializza, viene mandata alla Mecca a prestare servizio come medico ai pellegrini. Lì rivede il signor Ibrahim e si sposa con lui. In seguito, si dedica ad una Fondazione per le donne musulmane e continua a lottare per l’identità che lei ha scelto per sé e da sé. 8. Conclusioni Come si è visto, il problema femminile, il problema della ridefinizione degli spazi, il problema della differenza di genere in generale, non può indurci a fermare la nostra attenzione unicamente alla sfera del mondo femminile. La maggiore difficoltà consiste nella definizione di una identità maschile che sia in grado di superare la profonda crisi nell’ambito delle relazioni di genere e che trovi delle modalità adeguate a riadattarsi ad un mondo nuovo. Mustafa Kemal Atatürk aveva messo in atto una vera rivoluzione, un capovolgimento di valori, un cambiamento tanto repentino quanto 346 UTOPIE E PROCESSI DI MODERNIZZAZIONE... totale delle strutture sociali, politiche e culturali. Egli riuscì a fare qualcosa che nessun altro aveva mai fatto, ma nessuno, dopo di lui, fu in grado di proseguire e migliorare quello che lui aveva cominciato, pur con tutte le difficili problematiche che la sua azione aveva posto e con le azioni di violenza, che purtroppo egli mise in atto per contrastare le divisioni interne. Divisioni che, ancor oggi, pongono il problema di un’unità e di un’identità nazionale difficile da rappresentare. La Turchia è un Paese di larga estensione, ma non omogeneo: è naturale che le difficoltà siano state e siano ancor oggi tante. Naturalmente anche le comunità religiose hanno avuto una bella parte di responsabilità nel fallimento di alcune scelte e decisioni. La letteratura ha cercato e cerca di raccontare e di fare analisi sociale, storica e culturale. Per quel che riguarda le problematiche di genere, sta alle nuove generazioni di donne e madri riuscire a cambiare progressivamente le scelte, i comportamenti e, soprattutto, le strutture più intime (di cui troppo spesso non ci si rende conto proprio perché radicate) dei propri figli, soprattutto dei propri figli maschi. E la letteratura può fornire un cospicuo e reale contributo al processo storico di liberazione e di parità di genere. Bibliografia ADIVAR, Halide Edib.Yeni Turan. A cura di B. Dürder. İstanbul, 1973. MITHAT, A. Paris’te bir Türk. İstanbul, 1876. KARASMANOGLU, Yakup Kadri. Ankara. Ankara, 1991. SARAÇGIL, Ayşe. Il maschio camaleonte. Strutture patriarcali nell’Impero ottomano e nella Turchia moderna. Milano: Bruno Mondadori, 2001. 347