Test del DNA libero su plasma materno
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Test del DNA libero su plasma materno
AZIENDA U.L.S.S. 9 - TREVISO PRESIDIO OSPEDALIERO MULTIZONALE DI TREVISO UOC DI GINECOLOGIA E OSTETRICIA (Dir. dott. Enrico Busato) UOS DI DIAGNOSI PRENATALE E ECOGRAFIA OSTETRICA (Dir. dott.ssa Gabriella Bracalente) Test del DNA libero su plasma materno NIPT (Non-Invasive Prenatal Test) cfDNA test (cell-free DNA test) NOTE INFORMATIVE Negli ultimi anni stanno assumendo rilevante interesse i test non invasivi per la ricerca del DNA libero (più comunemente denominato DNA fetale) su plasma materno: essi rappresentano, indubbiamente, un importante ampliamento dell’offerta dei test disponibili in epoca prenatale. Si tratta della quantificazione di frammenti di DNA fetale che circolano liberi nel sangue materno: in realtà, il cosiddetto DNA ‘fetale’ è di origine placentare, provenendo dallo strato più esterno della placenta. Sulla base delle conoscenze attualmente disponibili e delle linee guida delle principali Società scientifiche possono essere fatte le seguenti considerazioni: - il test verifica la probabilità che il feto sia o meno affetto dalle più comuni anomalie cromosomiche (trisomia 21, 13 e 18) ed, eventualmente, da una anomalia dei cromosomi sessuali. Non si tratta, quindi, di un test diagnostico ma di screening, che seleziona su tutta la popolazione i casi ad alto rischio di una certa patologia. - attualmente rappresenta indubbiamente il più efficace test di screening per la Sindrome di Down con una sensibilità, ossia la capacità di riconoscere un caso affetto, molto elevata, pari al 99.2% e un tasso di falsi positivi, cioè di casi risultati positivi al test che non sono di fatto affetti, molto bassa, pari allo 0.09%. Risultati un po’ meno brillanti sono stati riportati per le trisomie 18 e 13 e per le anomalie dei cromosomi sessuali. - la performance del test è, pertanto, significativamente migliore rispetto al test combinato che si basa sulla misurazione della traslucenza nucale associata al dosaggio di due proteine plasmatiche: tradizionalmente a questo test viene attribuita una sensibilità, per la Sindrome di Down, dell’85- 90% a fronte di un tasso di falsi positivi pari al 5%. - alcune Aziende propongono test che possono essere eseguiti anche in caso di gravidanze gemellari bigemine ed in gravidanze ottenute da fecondazione eterologa. In caso di gemellarità la sensibilità del test per la sindrome di Down risulta inferiore (95% rispetto al 99.2% della gravidanza singola). - per essere affidabile il test deve prevedere la determinazione della frazione fetale in quanto il risultato deve essere ottenuto a partire da una quota di DNA fetale libero nel plasma materno non inferiore al 4%. In circa il 2% dei casi la frazione fetale risulta, per varie motivazioni (biologiche e/o di conservazione/trattamento del campione), inferiore al 4%, pertanto l’analisi non è effettuabile e occorre ripetere il prelievo che nella metà circa di casi non darà comunque luogo ad alcun esito. E’ raccomandabile che nel referto venga riportata la frazione fetale rilevata dal laboratorio, ai fini di poter valutare l’attendibilità del test effettuato. - le trisomie 21,18 e 13, oggetto del test, rappresentano solo una parte, seppure significativa (pari al 50-70%, in relazione all’età materna), di tutte le anomalie cromosomiche evidenziabili attraverso la determinazione del cariotipo fetale ottenuto mediante villocentesi o amniocentesi. Estendendo l’analisi alla ricerca delle anomalie dei cromosomi sessuali si può raggiungere un 70-90%, sempre in relazione all’età della donna, di tutte le anomalie del cariotipo eventualmente presenti nel feto ed evidenziabili con la villocentesi o l’amniocentesi. - l’indagine per le anomalie dei cromosomi sessuali presenta sensibilita’ e specificita’ inferiori rispetto al test per le trisomie. Va, inoltre, considerato che le conseguenze postnatali delle aneuploidie dei cromosomi sessuali sono difficilmente prevedibili in quanto esse si associano ad anomalie fisiche più lievi e a manifestazioni cliniche più variabili rispetto alle trisomie. Pertanto la consulenza genetica e il processo decisionale della coppia a seguito di un risultato ad alto rischio per aneuploidie dei cromosomi sessuali è piuttosto complesso. - alcune Aziende propongono test per eseguire la ricerca di pannelli di microdelezioni associate ad alcune sindromi clinicamente riconoscibili (ad es. delezione 22q11.21, delezione 1p36, delezione 5p, delezione 15q11). Tuttavia la letteratura scientifica riguardante tali test opzionali è, a tutt’oggi, piuttosto lacunosa e presenta alcune criticità riguardanti, in particolare, la reale performance del test in termini di sensibilità e specificità. Infatti la rarità di queste condizioni nella popolazione prenatale oggetto dello screening rende difficile produrre studi di validazione statisticamente consistenti. Inoltre, alcune di queste microdelezioni sono caratterizzate da un significato prognostico incerto che potrebbe rendere difficoltoso il counseling nel caso di un loro riscontro. Va altresì sottolineato, nel caso di risultato ad alto rischio per una di queste microdelezioni, che è necessario eseguire un cariotipo fetale di conferma (tramite amniocentesi o villocentesi) supplementato con analisi molecolari di approfondimento (quali ad es. Prenatal BoBs o microarray cromosomici). Infatti, queste microdelezioni non possono essere riconosciute attraverso lo studio del cariotipo standard, per i limiti intrinseci alla sua risoluzione. - per tutti i motivi sopra enunciati, attualmente le Linee Guida delle società scientifiche nazionali ed internazionali, concordano unanimente nel considerare come appropriato e validato solo il test su cfDNA per le principali trisomie (T21,18 e 13). - come già sottolineato, il test esprime su base probabilistica la presenza di una anomalia dei cromosomi indagati, pertanto ogni risultato positivo deve poi essere confermato con una metodica di prelievo tradizionale (preferibilmente l’amniocentesi). - un risultato negativo deve essere considerato rassicurante circa l’assenza di una trisomia dei cromosomi indagati in considerazione dell’eccellente performance del test. Tuttavia tale risultato può rivelarsi falsamente normale in quanto il test fa riferimento alle caratteristiche genetiche della placenta che, in casi molto rari, possono discordare da quelle del feto. Inoltre un risultato falsamente negativo potrebbe essere correlato ad una frazione fetale molto bassa (< 4%), situazione in cui non dovrebbe essere fornito nessun esito. - il test non deve, pertanto, essere considerato equivalente alla villocentesi o all’amniocentesi (rispetto alle quali presenta l’indubbio vantaggio della non invasività) sia perché il risultato positivo deve essere comunque confermato sia perché le anomalie dei cromosomi oggetto del test rappresentano solo una parte, seppure significativa, di tutte le anomalie del cariotipo fetale evidenziabili mediante la diagnostica prenatale invasiva. - il test deve essere preceduto da una ecografia e da una consulenza eseguite da un operatore esperto di diagnosi prenatale. L’ecografia ha lo scopo di evidenziare la presenza di eventuali anomalie fetali rilevabili all’epoca di effettuazione del test e di alcune condizioni che potrebbero non rendere appropriata l’esecuzione del test stesso mentre la consulenza è finalizzata ad illustrare le caratteristiche e il significato del test, i vantaggi e i limiti dello stesso, nonché le opzioni alternative disponibili per il monitoraggio della gravidanza. BIBLIOGRAFIA - SIEOG, Linee Guida 2015 - SIGU, Febbraio 2014. Documento di indirizzo sull’impiego di indagini prenatali non invasive - ISS, Linee Guida Maggio 2015. Screening prenatale non invasivo basato sul DNA - Gruppo di Lavoro Regionale Test Prenatali Non Invasivi (NIPT). 28.12.2015. Resoconto delle attività marzo-giugno 2015. Azienda Sanitaria e Sociale Regionale. Regione Emilia Romagna