ALLERT DIVER

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ALLERT DIVER
Articoli Tratti Dalla Rivista ALLERT DIVER
SOMMARIO
Principali Segni E Sintomi Della Embolia Gassosa Arteriosa ........................................................................................................................2
Principali Segni E Sintomi Della Malattia Da Decompressione .....................................................................................................................2
L’immersione Ricreativa Con Nitrox. Dr. Peter Bennett .............................................................................................................................. 2
L’embolia Gassosa Arteriosa .................................................................................................................................................................... 3
Animali Marini Pericolosi ......................................................................................................................................................................... 3
Dolore Ai Denti In Immersione. Laurence Stein, Dds................................................................................................................................. 4
L’importanza Della Velocità. Velocità Di Risalita E Rischio Decompressivo ................................................................................................... 5
Nutrizione Ed Immersione. Kelli Whitfield ................................................................................................................................................. 5
La Disidratazione Del Subacqueo ............................................................................................................................................................. 6
Respirazione E Sicurezza. Del Dr. Richard Vann ........................................................................................................................................ 6
Rischio Nitrox. Di Robert N. Rossier ......................................................................................................................................................... 7
Problemi Comuni Dell’orecchio. Di Bruce Delphia. ..................................................................................................................................... 7
Prima Di Immergerti ............................................................................................................................................................................... 8
Quando Ti Immergi ................................................................................................................................................................................ 8
Dopo Ogni Immersione ........................................................................................................................................................................... 9
A Message From Dr. Peter Bennett .......................................................................................................................................................... 9
Oltre Il Limiti, Di DANIEL A. NORD .......................................................................................................................................................... 9
Vivere In Basso, Immergersi In Alto , Di Guy De Lisle Dear ..................................................................................................................... 10
Altre Note Sulla Otite Esterna ................................................................................................................................................................ 10
Come Identificare I Sintomi Di PDD Quando Si Sa Che I Sub, Tipicamente, Li Negano O Li Nascondono? Un Quesito Di Un Partner - Non
Subacqueo - Di Sub. ............................................................................................................................................................................. 10
Sintomi Di Patologia Da Decompressione: .............................................................................................................................................. 11
Linee Guida Di Identificazione Rapida Della PDD Per I Non Subacquei. .................................................................................................... 11
Incidenti Subacquei Sportivi E Consigli Di Prevenzione. Di Hans Örnhagen ............................................................................................... 11
Pulizia e sanificazione dell'equipaggiamento ........................................................................................................................................... 12
L’insorgere della Narcosi da Azoto. ........................................................................................................................................................ 13
Principali Segni E Sintomi Della Embolia Gassosa Arteriosa
Segni: schiuma rossastra da bocca o naso, paralisi o debolezza muscolare, convulsioni, perdita di coscienza, arresto respiratorio, morte.
Sintomi: vertigini, problemi visivi, dolore toracico, disorientamento, alterazioni della personalità, paralisi o debolezza.
Nota: i sintomi compaiono di solito durante o immediatamente dopo l’emersione e ricordano quelli di un ictus cerebrale
Principali Segni E Sintomi Della Malattia Da Decompressione
Segni: eruzioni cutanee, paralisi, debolezza muscolare, barcollamento, accessi di tosse, collasso o perdita di coscienza.
Sintomi: spossatezza estrema, fastidio e prurito cutaneo, dolore agli arti o al torso, vertigine, intorpidimenti e formicolii, paralisi, disturbi
respiratori,
Nota: i sintomi compaiono di solito fra 15 minuti e 24 ore dall’emersione, ma nei casi più gravi i sintomi possono comparire prima
dell’emersione o immediatamente dopo. La comparsa più ritardata è rara, ma può accadere, specialmente se l’immersione è seguita da un
volo aereo.
Immersione Estrema : Troppe Variabili Fanno Un Problema.
Il sub: donna di 46 anni in buona salute, esperta, brevettata in diverse specialità, inclusi nitrox e deep air. Più di 100 immersioni registrate,
spesso oltre i 40 metri.
Le immersioni: primo giorno a non più di 9 metri. Secondo giorno, immersione a 45 metri, con muta stagna, cappuccio e guanti in acqua a
3 °C. Ad un certo punto si sente euforica ed osserva un restringimento del campo visivo, probabilmente narcosi. Il programma continua con
un’immersione pianificata a 61 metri (precedentemente, la sua immersione più profonda era stata a 52 metri nei Caraibi). Discesa regolare
fino a 58 metri. Il compagno ha un problema di erogazione continua ed ha poca aria. Entrambi sentono sintomi di narcosi e decidono di
risalire. Il tempo totale, a questo punto, è di 8 minuti. Durante la risalita il compagno è un po’ avanti. La donna, forse per effetto della
narcosi, non è sicura se sta veramente risalendo ed inizia a pinneggiare vigorosamente. Pensa ancora di risalire troppo lentamente e dà aria
al GAV. La distanza fra i due aumenta e la donna usa il segnalatore per avvertire il compagno. A circa 33 metri, lui si volta e la prende per
mano. La donna entra in panico quando si accorge che stanno entrambi risalendo troppo velocemente. Il compagno sgonfia il GAV per
rallentare. La donna allora cerca di concentrarsi per tenere l’erogatore in bocca, ma, poco dopo, perde coscienza. Secondo il compagno, a
circa 30 metri ed ancora in risalita, riprende conoscenza e raggiunge la superficie. Il tempo totale dell’immersione è di 12 minuti.
Le complicazioni: in superficie, ancora cosciente, sente di non potersi muovere, avverte rigidità a tutto il corpo, dolore bruciante al petto,
“come se avesse ingoiato acqua”. Mentre il compagno la aiuta a raggiungere la riva, ha accessi di tosse, si sente spossata e con la “testa
leggera”. Giunti a riva, non c’è ossigeno disponibile. Trasportata al vicino ospedale, viene somministrato ossigeno. Nessuna anomalia alla
radiografia del torace, esame clinico e neurologico normali, nessun segno di sovradistensione polmonare.
La diagnosi: non si può parlare con certezza di EGA, anche se alcuni sintomi la indicano. La narcosi al fondo e durante le prime fasi della
risalita hanno sicuramente giocato un ruolo importante nella genesi dell’incidente. La rigidità era verosimilmente dovuta al freddo e, infatti,
scomparve dopo riscaldamento, mentre il dolore bruciante al torace passò con la respirazione di ossigeno al 100%. Dopo tre ore di cure nel
Pronto Soccorso, la donna stava abbastanza bene per poter guidare fino a casa e non ebbe altri sintomi o complicazioni successive.
La discussione: questo caso è controverso: due sub addestrati ed esperti decidono di tentare il loro record personale di profondità, in
condizioni non ideali. Data la profondità dell’immersione, non sarebbe stato prudente avere dei rescue divers di assistenza in superficie o
anche in immersione? Dov’era la cima di risalita? Non sarebbe stato più saggio fare tutto ciò con una supervisione esperta? Il risultato finale:
nonostante il finale felice, il pericolo corso, le sviste e le imprudenze sono evidenti. Ecco perché pubblichiamo questi casi, perché tutti
possano imparare dagli errori degli altri. Un’immersione come questa avrebbe potuto facilmente concludersi con un incidente mortale.
L’incidente più subdolo è la narcosi: anche se alcuni sostengono di esservi adattati, gli effetti della narcosi sono imprevedibili, in particolare
il sub può credere di funzionare normalmente – anche meglio di prima – mentre la sua vera performance è, in realtà, compromessa. I
seguenti fattori possono influenzare la suscettibilità alla narcosi: mancanza di sonno, stanchezza, abuso di alcool, alcuni farmaci. La narcosi
da azoto non è qualcosa che il sub può controllare. Il rischio maggiore è per quei sub che si espongono, per la prima volta, a profondità
elevate.
L’immersione Ricreativa Con Nitrox. Dr. Peter Bennett
Nel 1991, quando si iniziava a parlare di nitrox per l’immersione ricreativa, avevo suggerito molta cautela. Ho ancora ragione di farlo oggi?
Il grande vantaggio del nitrox è, in teoria, la disponibilità di più tempo al fondo. Questo, però, non riduce necessariamente il rischio di
patologia da decompressione. In realtà la PDD si osserva fra i sub “nitrox” con la stessa, forse leggermente superiore, incidenza che fra i
subacquei ad aria. Il pericolo maggiore del nitrox è il rischio di convulsioni da iperossia, mentre si è in immersione, con il relativo pericolo di
annegamento. In genere, questo non è un problema per un sub ad aria, entro il limite dei 40 metri: il rischio inizia da 86 metri! Alle più
elevate concentrazioni di ossigeno, tipiche del nitrox, invece, questo pericolo è reale. Con la miscela Nitrox 32 il pericolo di convulsioni inizia
a soli 41 metri, con il nitrox 36 il limite si abbassa a 35 metri. Si deve ricordare che la tossicità da ossigeno è imprevedibile. Il suo tempo di
insorgenza varia di molto fra individuo ed individuo e da giorno a giorno nello stesso individuo. L’esercizio fisico aumenta la suscettibilità alle
convulsioni iperossiche, a causa dell’aumento di CO2 nell’organismo. Alcuni sub trattengono CO2, anche in condizioni normali: questi
individui corrono un rischio di convulsioni elevato. Durante un’immersione con nitrox 36, per esempio, cadere al di sotto di 35 metri può
scatenare una crisi convulsiva senza preavviso. I dati DAN ora indicano che questo accade veramente. Torniamo alla ragione per la quale il
nitrox ha raggiunto l’attuale popolarità: il maggior tempo di fondo. Insieme a questo viene anche detto che il nitrox è più sicuro e che i sub
si sentono meglio in generale, dopo l’immersione, presumibilmente a causa del minor numero di “bolle silenti”. Molti sub, infatti, dichiarano
di sentirsi meno stanchi, ma diverse questioni restano aperte. Quanto è il reale incremento di tempo di fondo ottenibile e quanto il nitrox è
veramente più sicuro, dal punto di vista della decompressione? E’ chiaro che uguali livelli di azoto nei tessuti comportano lo stesso rischio
decompressivo. Utilizzando i tempi di sicurezza per miscele arricchite della NAUI, è evidente che il maggior vantaggio si ha a bassa
profondità: 45 minuti in più a 18 metri, contro solo 8 minuti in più a 30 metri. Se il sub respira nitrox fino al limite del tempo consentito, il
rischio di patologia da decompressione sarà lo stesso dell’immersione equivalente ad aria. Dal mio punto di vista, sarebbe opportuno
limitare tutte le immersioni in nitrox – 32 o 36 – a non più di 29 metri. Questo consente un aumento del tempo di fondo del tutto
rispettabile, con un rischio convulsivo molto ridotto. Se il sub desidera maggior sicurezza decompressiva e sentirsi meglio dopo l’immersione,
può utilizzare il nitrox, ma con i tempi dell’aria. Il tempo di immersione non sarà più lungo, ma il rischio di patologia da decompressione
risulterà assai ridotto. L’analisi degli incidenti da immersione con nitrox negli Stati Uniti evidenzia 21 casi fra il 1990 ed il 1993, 10 casi nel
1994, 16 casi nel 1995, 23 casi nel 1996 e 30 casi nel 1997. L’organizzazione IANTD riporta di aver brevettato 17.780 nitrox divers dal 1985
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al 1996, molti dei quali possono non essere più attivi. In ogni modo, a fronte di 1000 casi/anno su 2-3 milioni di subacquei in aria
compressa ci sono stati 23 casi nitrox del 1996 (8 di questi non brevettati) su 17.780 nitrox divers noti. Sulla base di questi dati, anche se il
rischio di PDD con nitrox resta comunque basso ( 0.12% contro 0.05% in aria, secondo i dati del 1996), il nitrox non sembrerebbe più
sicuro dell’aria, ma quasi due volte di meno, dal punto di vista della PDD. Riguardo agli incidenti mortali, si sono registrati 8 casi fra il 1990
ed il 1994 di incidenti occorsi durante immersioni con miscele artificiali. Se stimiamo a 2 milioni i subacquei attivi negli USA, con circa 90
casi mortali all’anno, l’incidenza è dello 0.005%. Con nitrox la media dei casi mortali è di due casi / anno su una popolazione stimata di
17.780 individui addestrati ed un’incidenza di 0.01%, leggermente aumentata rispetto all’aria compressa. E’ necessario disporre di maggiori
dati, ma questa analisi preliminare indica l’opportunità di riconsiderare alcuni aspetti delle modalità di immersione di alcuni “nitrox divers”. I
dati DAN indicano che il 90% di coloro che hanno manifestato PDD si erano immersi a più di 24 metri, dove i vantaggi del nitrox, in termini
di tempo di fondo, sono scarsi ed i rischi sono più elevati. Guardando al futuro, il numero di “nitrox divers” crescerà; dal mio punto di vista,
potrebbe essere necessario riconsiderare l’immersione in nitrox. Perché non utilizzare una sola miscela – per esempio EAN 36 – con il limite
di profondità a 28 metri? Questo consentirebbe quasi il raddoppio del tempo di fondo disponibile ( o maggior sicurezza usando i tempi
dell’aria), ci sarebbe meno confusione riguardo alle miscele e renderebbe più semplici le regole dell’immersione nitrox ricreativa.
L’embolia Gassosa Arteriosa
L’immersione. Avevo pianificato con attenzione. Saremmo discesi sul relitto, per ritornare alla sagola con 85 bar, risalire facendo soste a 15
e 9 metri e poi a 4,5 metri per l’ultima tappa di sicurezza. Nel momento in cui ho visto il relitto, ho dimenticato il piano d’immersione, preso
dall’eccitazione e dalla mia inesperienza. Invece di seguire la sagola fino alla poppa, l’ho lasciata: era facile da ritrovare a vista, pensavo.
Controllavamo costantemente il manometro – siamo novizi, ci aspettavamo un consumo elevato. Finalmente Becky mi dà il segnale di
risalita. Andiamo verso la sagola di risalita, ma non la troviamo.
Le complicazioni. Di colpo il piano d’immersione mi ritorna alla mente. Abbiamo aria, ma non il tempo di cercare la sagola di risalita.
Dobbiamo risalire nel blu e stare attenti. Ma Becky ha bisogno della sagola e diventa nervosa. Mi aveva chiesto sa ci sarebbe stata la sagola
per risalire già da prima di entrare in acqua ed io le avevo detto di si. Iniziamo la risalita, Becky è nervosa ed arrabbiata, non avevo
rispettato il mio piano, mi dicevo, rimproverandomi. Arriviamo a 18 metri, poi a 15 e ci fermiamo per una breve sosta. Risaliamo, ma Becky
ed io siamo troppo veloci. Cerco di rallentare intorno ai 10 metri. Becky è spaventata, e non ha scaricato l’aria dal GAV. Cerco di aiutarla,
ma mi tira su. So che non c’è un vero rischio di PDD, ma ho paura del barotrauma polmonare. Arriviamo in superficie, le chiedo come sta:
mi guarda con rabbia.
Anche se non abbiamo alcun sintomo, decidiamo di non immergerci più per quel giorno. Da questa esperienza siamo usciti più saggi e più
attenti alla sicurezza. Becky si rimprovera per aver perso la testa e non aver scaricato il GAV, ma io so che è stata colpa mia, lei ha perso la
testa perché io non ho seguito il mio piano d’immersione.
Il Commento. Di Joel Dovenbarger.
Negli anni, molte cose sono cambiate, nell’immersione ricreativa, e molte sono restate le stesse. Per esempio l’avvento dei computers ha
avuto un grande impatto sulle procedure d’immersione. Le statistiche DAN mostrano che l’embolia gassosa arteriosa è meno frequente fra
chi usa computers che fra chi usa tabelle. Il motivo? I computers hanno reso la velocità di risalita una variabile che si può misurare. Una
cosa che non è cambiata, invece, è la natura di fondo delle cause degli incidenti subacquei. Gli incidenti non “capitano” e basta: sono il
prodotto di una serie di eventi. Certe situazioni e certi comportamenti sono associati all’incidente. Quando questi sub hanno abbandonato il
piano di immersione, hanno messo in moto una sequenza di eventi potenzialmente letale. Come una sagola di risalita in un luogo
d’immersione sconosciuto, un piano di immersione non è solo una misura di sicurezza per gli inesperti, è un elemento essenziale
dell’immersione. In situazioni di stress, sott’acqua, la prima preoccupazione del sub può semplicemente diventare quella di raggiungere la
superficie, non di come farlo. Per subacquei ancora meno esperti, questo avrebbe potuto essere un incidente letale. Non dimentichiamo,
infatti, le cose che questa famiglia sub ha fatto bene: hanno imparato insieme e si sono immersi insieme, conoscendo le reciproche capacità.
Hanno imparato da questo incidente ed hanno proseguito nel loro addestramento.
Animali Marini Pericolosi
Un altro motivo per non prendere altro che foto, non lasciare altro che bolle e tenere le mani a posto! Indipendentemente dalla tecnica di
immersione, c’è sempre il rischio di essere punti, morsi o tagliati da una forma di vita marina. Le lesioni da animali marini sono rare e, quasi
sempre, sono il risultato della sbadataggine del sub o dell’incauta intrusione nel territorio dell’animale. La maggioranza delle lesioni da
animali marini non sono pericolose per la vita e provocano solo lievi disturbi e problemi, comunque è utile per ogni sub imparare a
identificare ed evitare le forme di vita marina potenzialmente pericolose. In più, apprendere come prestare l’adeguato primo soccorso può
rappresentare l’importante differenza fra un piccolo problema ed un grosso fastidio. Le creature marine sono responsabile di quattro tipi
principali di lesioni: punture, attacchi, irritazioni ed avvelenamenti. La maggior minaccia per i sub è rappresentata dagli animali che pungono.
Dalle meduse ai pesci quali gli scorpenidi, i pesci pietra, le razze, i lionfish, tutti questi animali possono provocare lesioni dolorose.
Punture di Meduse. Un sub può accidentalmente urtare una medusa: questo stimola la reazione dell’animale, che scarica le nematocisti, o
cellule urticanti, con il risultato di una lesione assai dolorosa per il sub. Una volta scaricata, la nematocisti penetra nella cute ed inietta il
veleno. La gravità della lesione dipende dal tipo di medusa, dalla potenza del veleno e dalla sua quantità. La reazione alle punture è molto
variabile e va dalla leggera irritazione con prurito fino all’arresto cardio-respiratorio. Alcune specie meritano particolare attenzione. Le
cubomeduse (Chironex Fleckeri), le irukandji (Caukia Barnesi) e la Caravella Portoghese (Physalia Physalis) possono provocare dolori
tremendi. La puntura di una cubomedusa australiana può essere letale; in caso di puntura è necessario iniettare immediatamente l’antidoto
ed applicare le tecniche di immobilizzazione a pressione, che rallentano l’assorbimento generale del veleno.
Primo Soccorso: Valutare la situazione ed i segni vitali ed iniziare il primo soccorso. Neutralizzare le nematocisti: irrorare abbondantemente
l’area colpita con acido acetico al 5% ( aceto bianco), questo previene altre lesioni sia al sub che al soccorritore. Se non c’è aceto, irrorare
con acqua di mare o soluzione salina. Indossare sempre guanti protettivi per evitare la trasmissione di malattie e lesioni al soccorritore da
parte di nematocisti ancora attive. Una volta neutralizzate le nematocisti, si possono rimuovere i tentacoli residui con pinze chirurgiche o
pinzette estetiche. Si può anche radere la zona con crema da barba e rasoio di sicurezza. Applicare creme o lozioni a base di idrocortisone e
tenere sotto controllo per l’eventuale insorgenza di reazioni allergiche o infezioni. Se c’è dolore, applicare ghiaccio o un impacco freddo.
In caso di punture da pesci velenosi (scorpenidi, razze, pesce pietra, ..) il meccanismo della lesione è, tipicamente, una reazione di difesa da
parte dell’animale. Lesioni di questo tipo possono accadere quando il sub entra in contatto accidentale con l’animale, camminandoci sopra,
sfiorandolo o urtandolo. Può anche succedere se il sub tenta di toccare, prendere o nutrire questi animali. I segni ed i sintomi di una
puntura da spine di pesce includono immediato forte dolore, una puntura o una più grande lacerazione, la colorazione violacea o nera della
cute, il sanguinamento, la nausea, il vomito, il rigonfiamento della parte colpita, lo shock e l’arresto cardio-respiratorio
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Primo soccorso per le punture di pesci. In genere non è consigliabile rimuovere corpi estranei penetranti durante il primo soccorso, ma, in
caso di punture di pesci in cui la spina sia chiaramente visibile, è opportuno rimuoverla con l’aiuto di pinze chirurgiche o estetiche ed
irrorare la ferita con acqua dolce o soluzione salina. Per inattivare il veleno, la zona ferita dovrebbe essere immersa in acqua calda
(massimo 45 °C) per 30 – 90 minuti. Far valutare la situazione da un medico e controllare il sub per l’eventuale insorgenza di reazioni
allergiche o infezioni della ferita. Se la puntura è di pesce pietra, sarà necessario iniettare l’antiveleno specifico. Può anche essere indicata la
tecnica di immobilizzazione con pressione.
Morsi ed Attacchi. Essere attaccati da uno squalo o da una murena è una delle paure del sub, ma questi eventi sono estremamente rari e,
generalmente, sono la conseguenza di una errata interpretazione da parte dell’animale, che confonde il sub con una preda o una minaccia,
oppure di una reazione di difesa del territorio. Anche se un attacco ed un morso possono essere terrorizzanti, la maggioranza delle lesioni
non è pericolosa per la vita e richiede solo un normale primo soccorso. La prima preoccupazione dopo un morso deve essere quella di
prevenire ulteriori lesioni e di uscire dall’acqua.
Primo soccorso: controllare ed assicurare l’ABC. Indossare indumenti protettivi e guanti se si assiste qualcuno che sta sanguinando. Per
controllare l’emorragia, applicare una medicazione secca e sterile sulla ferita ed applicare pressione diretta. Se la ferita è a carico di
un’estremità, elevarla. Se l’emorragia continua, controllare il posizionamento della medicazione, aggiungere altri strati di garza o compresse
sterili sulla ferita ed aumentare la pressione diretta, senza rimuovere le medicazioni o le garze già imbevute di sangue, fino a quando il
sanguinamento non sia cessato. Se è impossibile controllare l’emorragia, applicare pressione sui punti arteriosi di pressione dell’arto
interessato per un periodo fino a 60 secondi e poi rilasciare la pressione gradualmente. Questa manovra aiuterà la coagulazione del sangue
a livello della ferita. Una volta che l’emorragia sia finita, bendare la ferita, stringendo abbastanza, ma evitando di ostacolare la circolazione
dell’estremità.
Irritazioni, tagli, abrasioni e contusioni. La lesione da animali marini più frequente è il taglio da corallo. Molti sub dimenticano che il corallo è
un animale e lo trattano come una semplice roccia. Anche se può sembrare che questi tagli siano di poca importanza, si infettano facilmente.
Primo Soccorso. E’ importante pulire i tagli da corallo accuratamente. Irrorare e strofinare la ferita a fondo con acqua dolce o soluzione
salina, rimuovere ogni detrito visibile. Coprire con una medicazione sterile e bendare. Controllare l’eventuale insorgenza di reazioni
allergiche o infezioni, controllando l’eventuale comparsa di segni come gonfiore, arrossamento, odore fetido, febbre, pus e gonfiore
ghiandolare. Può essere indicata l’applicazione di una crema antibiotica a base di bacitracina sulla ferita.
Avvelenamenti ed Intossicazioni da Pesce. Molti animali marini possono essere tossici e le intossicazioni alimentari da pesce sono comuni.
Le intossicazioni da tenere maggiormente presenti sono quelle da sgombroidi e la ciguatera. I segni ed i sintomi variano con la tossina o il
veleno e possono includere reazioni allergiche, diarrea, vomito, nausea, cefalea, vertigini, dolori, crampi e bruciori addominali, brividi,
febbre, paralisi, doloro muscolo-articolari, formicolio intorno alle labbra, ed inversione della sensibilità per il caldo ed il freddo.
Primo Soccorso. Controllare l’ABC, se necessario iniziare CPR. Controllare eventuali reazioni allergiche. Se il sub è cosciente e lucido, può
essere utile indurre il vomito. Conservare il pesce – o il vomito – per un’analisi tossicologica successiva.
Evitare gli Animali Marini Pericolosi. La maggioranza degli incidenti accade per caso; se l’animale reagisce aggressivamente, questo è,
generalmente, dovuto ad una reazione difensiva contro il sub, interpretato come una minaccia. E’ importante imparare ad identificare e ad
evitare gli animali pericolosi per prima cosa, ma anche come prestare l’adeguato primo soccorso.
Suggerimenti di Prevenzione delle lesioni da animali marini
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Controllare perfettamente il galleggiamento
Essere consci dell’ambiente in cui ci si immerge, controllare dove si mettono le mani.
Guardarsi bene attorno, in alto ed in basso mentre si scende o si risale. Non afferrare le cime di discesa / risalita senza guanti, ci
possono essere meduse o altre creature urticanti.
Strusciare i piedi sul fondo ed indossare calzari a suola spessa se si cammina su fondali sabbiosi o fangosi.
Evitare di trasportare prede arpionate su di sé, se ci si trova in zone frequentate da squali.
Curare la propria idrodinamicità e ridurre la siluette, sistemando bene le attrezzature ingombranti per offrire poca resistenza
all’acqua e ridurre la fatica. Quando si è stanchi si controllano peggio movimenti e galleggiamento.
Pianificare l’immersione ed informarsi delle forme di vita marina pericolosa presenti nella zona.
Indossare adeguati indumenti protettivi, inclusi guanti e calzari.
Siate passivi interagendo con gli animali marini
Se fate foto, non utilizzate il reef per stabilizzarvi e mantenere la posizione
Non raccogliete conchiglie, alcuni animali molto pericolosi sono molluschi o vivono in conchiglie
Mangiate solo pesce cotto ed evitate pesci conosciuti come potenzialmente pericolosi
Abbiate con voi un buon kit di primo soccorso
Imparate come fornire il corretto primo soccorso per incidenti subacquei, inclusi quelli da animali marini pericolosi
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Vero o Falso
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Le punture da medusa devono essere irrigate con acqua dolce immediatamente per rimuovere i tentacoli dalla ferita
I morsi da serpenti di mare devono essere immediatamente incisi per consentire la suzione del veleno
La maggioranza delle lesioni da animali marini accade per il comportamento aggressivo dell’animale
Le lesioni da medusa devono essere immerse in acqua calda per neutralizzare le nematocisti
Maneggiare animali marini non è pericoloso per l’animale o per il sub, se si indossano adeguati indumenti protettivi
Non si dovrebbero mai rimuovere corpi estranei o detriti da una ferita provocata da un animale marino
Non si dovrebbe mai indurre il vomito se si sospetta un’intossicazione alimentare da pesce
Il calore inattiva la tossina contenuta nel pesce e la cottura elimina il rischio di avvelenamento
L’infezione non è un problema da tener presente in caso di tagli in mare, perché l’acqua marina è disinfettante
Ogni lesione da animale marino dovrebbe sempre essere vista da un medico.
Tutte le risposte sono false
Dolore Ai Denti In Immersione. Laurence Stein, Dds
Il caso. Alla prima immersione, a 3 metri, una settimana dopo una banale otturazione, avvertii dolore a quel dente. Continuando a
discendere il dolore non aumentava e conclusi l’immersione dopo circa 40 minuti a 15 metri. Durante la risalita il dolore si concentrò sul
dente otturato ed aumentava di intensità mentre mi avvicinavo alla superficie. Sospettando una cavità aerea nel dente, sono andata dal
dentista. I raggi del dente non mostrarono aria ed il dentista sospettò una sinusite. Comunque, dato che non mi era mai capitato niente di
simile in oltre 1000 immersioni, chiesi che l’otturazione fosse cambiata. Questo sembrò risolvere il problema e continuai le mie immersioni
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senza disturbi. Dopo un po’, però, cominciai ad avvertire ipersensibilità al caldo ed al freddo a livello di quel dente. Il dentista lo rivesti di
materiale isolante, ma senza successo. L’otturazione fu nuovamente sostituita. Due giorni dopo, a circa 9 metri di profondità, di nuovo
dolore, questa volta terribile. Iniziai una risalita lentissima, ma a 3 metri il dolore divenne intollerabile. Ci vollero più di 4 ore perché se ne
andasse. Chiamai il DAN e mi fu dato il nome di un dentista vicino a me, che scoprì una frattura del dente che mi faceva male, che
permetteva l’entrata dell’aria ed il suo variare di volume con le variazioni di pressione. Il dente fu curato con una corona di consolidamento
per eliminare ogni via di entrata d’aria.
Il commento. La fonte più comune di dolore dentale in immersione, in funzione dalla pressione, è nei seni mascellari. In questo caso, però,
gli esami di transilluminazione ad alta intensità rivelarono una frattura verticale del dente dolorante, con molte zone radio-trasparenti agli
apici delle radici dentarie, che indicano un danno del nervo. La clinica era compatibile con una pulpite irreversibile con associata frattura del
dente. Potevano le precedenti trapanazioni aver facilitato la frattura? Il mio sospetto era di una frattura già pre-esistente. Quando il dente è
leso o quando dei batteri sono intrappolati dentro la camera dentaria, normalmente cresce la pressione interna al dente; quando questa
supera la pressione del sangue, il flusso ematico in quella zona cessa, insieme all’apporto di ossigeno e nutrienti ed alla rimozione di sangue
venoso e anidride carbonica. Lo specialista, in questi casi, attua una cura canalare, che mira a drenare la pressione in eccesso ed a
rimuovere il nervo morto. Maggiori sono i traumi cui un dente va incontro nella sua vita (otturazioni, fratture, carie, ..), maggiori sono le
probabilità che vada incontro a problemi, come è successo a questa subacquea. Quando la esaminai, il nervo del dente leso era
parzialmente morto, con compromissione del flusso sanguigno. L’aumento di pressione, durante l’immersione, consentiva l’accumulo di gas
in tessuti che non godevano più di un afflusso ematico sufficiente ad eliminarne l’accumulo. Il risultato era l’espansione del dente lungo la
linea di frattura ed il conseguente dolore. Il trattamento definitivo di chirurgia canalare, riempimento della camera dentale e posizionamento
di una corona di rinforzo della frattura, ha risolto il problema.
L’importanza Della Velocità. Velocità Di Risalita E Rischio Decompressivo
Una recente ricerca francese ha misurato le bolle gassose circolanti dopo l’immersione in un gruppo di 37 sub che avevano fatto due
immersioni a 35 metri per 25 minuti, con un intervallo di superficie di 24 ore. La velocità di risalita della prima immersione era stata di 9
metri al minuto, contro 17 metri al minuto per la seconda. Entrambe le immersioni avevano previsto soste a 6 metri per 3 minuti e a 3 metri
per 10 minuti.
Per le risalite a 9 metri al minuto sono stati rilevati 13 sub che avevano prodotto bolle con grado superiore a 2), pari al 32,5% del totale,
contro 20 subacquei, il 50%, con bolle di grado elevato per l’immersione con risalita a 17 metri al minuto. Continuano ad accumularsi dati
che confermano che la risalita a 18 metri al minuto è troppo rapida. Questi ultimi studi hanno confermato le mie osservazioni, pubblicate nel
1981, che rappresentano il primo studio Doppler sul campo che abbia considerato la variazione della velocità di risalita ed i suoi effetti sulla
produzione di bolle ed il rischio di PDD.
Lo studio fu effettuato su 97 immersioni ( 22 in camera iperbarica e 75 in acque libere) con 35 volontari, a profondità dai 20 ai 52 metri.
Tutte le immersioni furono pianificate in modo da raggiungere il massimo valore di sovrasaturazione tissutale ammesso ( Valore M), al
momento dell’inizio della risalita, secondo l’algoritmo della US Navy. Lo studio dimostrò che il rallentamento della velocità di risalita da un
profilo di 18 metri al minuto nella prima parte ( 50% della distanza) e 10 metri al minuto nella parte rimanente fino alla superficie o alla
prima sosta prevista, con una velocità media di 14 metri al minuto, ad un profilo di risalita lineare alla velocità di 9 10 metri al minuto,
riduce le bolle circolanti post-immersione da un’incidenza di 81,8% al 20,3%. Inoltre, le bolle di grado elevato, 2, 3 e superiori nella scala di
Spencer, che sono indice di non accettabilità di un profilo di immersione, furono rilevate solo nei profili “veloci” e mai dopo i profili “lenti”
Infine, il rallentamento del profilo comportò una caduta nell’incidenza di PDD dal 9% a zero.
Tutto ciò non è sorprendente, alla luce dell’esperienza di molti vecchi sub, come alcuni corallari che usavano risalire da immersioni anche
molto profonde in aria, usando tabelle auto-adattate e, invariabilmente, con un profilo piuttosto lento, che spesso finiva con la risalita
“mano sopra mano” lungo una cima zavorrata, fino alla barca.
Di recente, nell’ambito del DAN UWATEC Diving Safety Laboratory, è stato iniziato un progetto speciale per comparare due diversi profili di
risalita dopo tre serie di immersioni simulate in camera iperbarica ( 20 metri per 60 minuti, 40 metri per 10 minuti ed una serie di tre
ripetitive a 30 metri per 16 minuti con intervallo di superficie di 75 minuti). Per la prima serie di immersioni è stata adottato un profilo di
risalita calcolato secondo i normali algoritmi in attuale uso. I profili sperimentali, invece, prevedevano soste extra in profondità, a 12, 9, 6 e
3 metri. Le immersioni sono state fatte con l’aiuto di 9 volontari del Circolo Ravenna Sub, presso il Centro Iperbarico di Ravenna, durante
due weekends consecutivi.
I profili di risalita convenzionali hanno generato bolle gassose circolanti di grado elevato in 5 dei 9 subacquei, con un caso di leggera
Patologia Da Decompressione cutanea, in coincidenza con il periodo di massima produzione di bolle nel sub. Simili livelli di bolle ( HBG o
High Bubble Grade) sono stati associati con un maggior rischio di PDD, anche se non sempre prevedibilmente.
L’introduzione di soste in profondità ha comportato solo il rilevamento occasionale di bolle di grado basso ( LBG – Low Bubble Grade) nei
sub e nessun sintomo di PDD. Il progetto sta continuando con lo studio comparativo di un profilo di risalita lenta, nell’ordine di 7-8 metri al
minuto, ad inizio diretto dal fondo e con l’inclusione di routine di una sosta a 5 metri.
Questi primi dati rinforzano il mio convincimento riguardo all’importanza della velocità di risalita fin dai primi metri, sul quale ho basato
tanto del mio lavoro in medicina subacquea preventiva, e tutte le mie immersioni, fin dai primi anni 80.
Ricordate, risalite sempre lentamente da ogni immersione: aggiungerete un ulteriore margine di sicurezza alla vostra attività preferita!
Prof. Alessandro Marroni,
President, DAN Europe
Bibliografia
1. Marroni A, Zannini D. Effetti della variazione della velocità di risalita sulla produzione di bolle gassose circolanti dopo immersione
ad aria compressa. Med.Sub.Ip.(Min.:Med.)1:83;1981)
2. Marroni A, Catalucci G et al. Alcune considerazioni su 209 casi di MDD trattati nei centri iperbarici italiani nel 1978 e 1979.
Med.Sub.Ip.(Min.Med.)1:55;1981
Nutrizione Ed Immersione. Kelli Whitfield
I Sub hanno bisogno di una dieta altamente energetica, che può includere spuntini fra le immersioni e deve prevedere sufficienti liquidi per
prevenire la disidratazione. I Dietologi raccomandano diete ricche di fibre e povere in grassi, con abbondanti cereali, verdure, frutta. Questi
consigli vanno bene anche per i Sub. I carboidrati forniscono energia rapidamente utilizzabile. Il nostro organismo accumula l’energia sotto
forma di “glicogeno”, nei muscoli e nel fegato. Durante l’esercizio, usiamo le riserve accumulate, che devono essere ripristinate. Per
ottenere ciò, per esempio prima di un’immersione, abbiamo bisogno di un pasto leggero, ricco di carboidrati. Questi dovrebbero
rappresentare il 55 – 60 percento dell’apporto energetico quotidiano. I cibi ricchi di carboidrati sono la pasta, il riso, il pane, i cereali, le
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patate, la verdura, la frutta ed i succhi di frutta. I cibi ricchi di carboidrati semplici dovrebbero, invece, essere usati con parsimonia: cibi
come dolci e biscotti, infatti, hanno molte calorie, ma scarso valore nutritivo.
I cibi proteici sono essenziali per ricostituire o costruire le masse muscolari e per la corretta funzione muscolare. Il fabbisogno di proteine,
però, è inferiore all’apporto delle odierne diete occidentali. La dose quotidiana raccomandata di proteine è di 0,8 grammi di proteine per
chilo di peso corporeo, nell’adulto sano. Questo significa, per esempio, da 200 ai 300 grammi di carne magra al giorno. Un eccesso di
proteine, però, può essere inutile e contribuire alla disidratazione, a causa della aumentata necessità di acqua per l’escrezione dei prodotti
collaterali delle proteine attraverso le urine. Nonostante la cattiva pubblicità di cui godono, al giorno d’oggi, i grassi sono importanti
elementi della nutrizione. L’apporto raccomandato è di circa il 30 percento del totale delle calorie giornaliere. Il grasso contribuisce al senso
di sazietà, ed è importante anche come fonte di energia, ma deve essere assunto con moderazione.
Nota del Redattore: è noto che il grasso contenuto nell’olio extra vergine di oliva, particolarmente ricco di grassi poli-insaturi e di antiossidanti naturali dovrebbe essere preferito ai grassi animali come quelli della carne o il burro. Gli acidi grassi poli-insaturi sono anche utili a
mantenere bassi i livelli di Colesterolo LDL (pericoloso) ed elevati i livelli di Colesterolo HDL (utile)
Nutrirsi adeguatamente è importante per l’immersione. Le bevande alcoliche e ricche di caffeina dovrebbero essere evitate, perché possono
entrambi contribuire alla disidratazione. Le bevande “per gli sportivi” sono spesse ricche di zucchero, calorie extra e sali superflui, la miglior
bevanda è l’acqua, che dovrebbe essere bevuta in abbondanza, specie in giorni caldi e soleggiati.
Se assumete cibo fra le immersioni, fate solo spuntini leggeri, specie se siete in barca e tendete a soffrire di mal di mare.
Dieta, Obesità e Malattie del Cuore.
L’obesità può essere pericolosa, aumentare il rischio di diabete, cardiopatie, malattie delle articolazioni e certi tipi di cancro.. Una dieta
salutare e l’esercizio fisico adeguato sono la chiave della prevenzione.
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Non potete cambiare le vostre abitudini alimentari dalla sera alla mattina. Iniziate gradualmente riducendo le quantità poco per
volta e cominciando a rinunciare ad alcune golosità ed a porzioni eccessive.
Ponetevi obbiettivi realizzabili, per esempio di perdere mezzo chilo, massimo un chilo, alla settimana . Di più potrebbe essere
dannoso.
Evitate le diete miracolo. Potreste perdere molti chili subito, ma queste diete sono spesso squilibrate e non vi aiutano a costruire
una nuova e durevole disciplina alimentare.
Fate esercizio regolare. Migliora la funzione cardiovascolare, la condizione delle ossa ed aiuta a perdere peso. Cercate di fare
almeno 30 – 40 minuti di esercizio aerobico da tre a cinque volte alla settimana. L’esercizio brucia più calorie e grassi, aiuta lo
sviluppo di nuove masse muscolari ed aumenta la resistenza all sforzo.
La moderazione e la varietà sono la chiave per un’alimentazione sana.
La Disidratazione Del Subacqueo
In immersione si perdono molti liquidi, in diversi modi. Uno è la diuresi da immersione: il sangue si accumula – temporaneamente – nelle
zone centrali del corpo, questa situazione inibisce l’ormone responsabile della regolazione dell’emissione urinaria, che aumenta, con un
aumento della perdita di liquidi durante l’immersione. Lo stesso effetto viene provocato dall’alcool e dalle bevande ricche di caffeina.
Si perdono liquidi, per evaporazione, respirando aria compressa secca attraverso l’erogatore, che viene inumidita durante il passaggio
attraverso la bocca e le vie respiratorie. Questa perdita, apparentemente impercettibile, è, in realtà, significativa. La sudorazione, il vomito e
la diarrea sono altre vie, normali o patologiche, di significativa perdita di liquidi. Quando questo fenomeni sono particolarmente presenti ed
evidenti, l’abbondante assunzione di liquidi è essenziale per ripristinare e mantenere un’adeguata idratazione. Si dovrebbe sempre bere
prima di essere assetati. La sete, la stanchezza e l’urina di colore scuro sono segni di disidratazione, che impongono di assumere liquidi,
avendo cura di evitare bevande che contengono alcool o caffeina e preferendo acqua, succhi di frutta o “bevande sportive” a contenuto
bilanciato di sali minerali.
Respirazione E Sicurezza. Del Dr. Richard Vann
L’immersione in acque tiepide e poco profonde è rilassante e sicura. Ma vediamo che succede se si vuole visitare un relitto a 40 metri; con
la profondità e l’aumento del carico di lavoro fisico, respirare attraverso un erogatore può comportare l’esposizione ad elevati livelli di
ossigeno, anidride carbonica ed azoto. Questi fattori possono comportare alterazione della normale funzione respiratoria. Le statistiche degli
incidenti suggeriscono che la respirazione ha un ruolo importante. La respirazione deve mantenere livelli normali di ossigeno ed anidride
carbonica nei tessuti e nel sangue; chi respira aria al livello del mare adatta, inconsciamente, la respirazione alle necessità metaboliche e di
esercizio, ma questo non sempre avviene in immersione, dove concentrazioni non fisiologiche di ossigeno, azoto ed anidride carbonica
possono avere effetti, indipendenti, cumulativi o interattivi che sono esacerbati dalla profondità, dagli sforzi, dalla resistenza ventilatoria e
dalla densità del gas respirato. Bisogna “pensare” alla propria respirazione quando si è in immersione.
Ritenzione di CO2 e dispnea.
“Stavamo testando un nuovo cicloergometro a 7,8 ATA in camera iperbarica. A quella profondità, in aria compressa, la narcosi è già molto
evidente, ma noi ce la stavamo cavando bene, fino a quando non iniziammo a respirare attraverso il circuito chiuso di misurazione, che ci
dava solo la metà dell’aria che avremmo voluto. Herb smise di pedalare dopo circa tre minuti, svenuto e con gli occhi rovesciati all’indietro.
Presi io la bici, sapevo che non stavo respirando abbastanza, ma ero troppo in ebbrezza per pensare giusto e volevo completare il test. Ho
pedalato dritto nell’oblio e, svegliandomi poco dopo, ho avuto una delle sensazioni più orribili, quella di stare per soffocare. Se una cosa del
genere fosse capitata sott’acqua saremmo sicuramente affogati.” Dr. Edward Lanphier, fisiologo subacqueo
Lo stimolo primario per la respirazione, durante l’immersione, è la concentrazione di anidride carbonica. I gas respiratori hanno una
pressione parziale di ossigeno più elevata che in aria ed il sangue non è “progettato” per trasportare ossigeno ed anidride carbonica in
situazioni iperossiche. Al livello del mare, a basse concentrazioni di ossigeno nel sangue venoso, l’anidride carbonica è legata all’emoglobina,
ma a pressioni di ossigeno superiori il legame non è stabile; questo provoca l’aumento della pressione parziale di anidride carbonica nel
sangue e nei tessuti. In condizioni normali, l’innalzamento del livello di CO2 stimola una più vivace respirazione e la ventilazione più
vigorosa elimina la CO2 in eccesso. Se questo no avviene, il risultato è la dispnea ( affanno). La CO2 può essere trattenuta per diversi
motivi; durante l’immersione, il fattore limitante è, generalmente, l’apparato respiratorio stesso. L’immersione in acqua provoca il
trasferimento di sangue dagli arti ai polmoni e questo riduce sia il volume polmonare che la massima capacità ventilatoria. Quest’ultima
viene ulteriormente ridotta dal maggior “lavoro” dalla necessità di movimentare un gas più denso attraverso le vie aeree e l’erogatore. La
resistenza aumenta con la profondità e con il livello di esercizio. La CO2 può anche essere trattenuta come conseguenza di stimoli esterni,
paura, inibizione della ventilazione causata dalla narcosi. Inoltre, i sub spesso dominano lo stimolo a respirare di più, causato dalla CO2, e
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fanno micro-apnee per risparmiare aria. Le micro-apnee, che inducono una ritenzione di CO2, possono essere responsabili di molti mal di
testa dopo l’immersione
Dispnea, Panico e Risalita Rapida
L’eccesso di CO2 provoca dispnea ed affanno e questo può generare paura e panico. Dato che, però, la pressione parziale di ossigeno
aumenta, la CO2 diventa un indicatore meno efficiente della necessità di ventilare di più e questo ne provoca l’ulteriore aumento.
L’importanza di un’adeguata respirazione non è sempre enfatizzata durante i corsi di immersione ed i sub novizi sono particolarmente
soggetti a compiere risalite rapide, per il panico scatenato dalla dispnea, con evidente rischio di Patologia DA Decompressione.
Considerando che la normale autoregolazione della respirazione può essere compromessa in profondità, i subacquei dovrebbero ventilare
adeguatamente e minimizzare gli sforzi per evitare l’affanno. In caso di improvvisa necessità di attività fisica intensa, la ventilazione
dovrebbe essere aumentata, respirando profondamente. Questo è il modo migliore per evitare la terrificante situazione di soffocamento in
immersione. Ma, se accade, che si deve fare? La cosa migliore è di fermarsi, riposarsi, respirare profondamente ed attendere che la
respirazione torni normale.
Incidenti ed Immersioni Sicure.
I dati statistici del DAN per l’anno 2000 indicano che la risalita rapida ha un ruolo negli incidenti subacquei, sia mortali che non. La risalita
rapida si è avuta nel 38% degli incidenti mortali, nel 23% di quelli non mortali, ma nell’1% delle immersioni normali. Una risalita rapida può
accadere per tanti motivi, inclusi la perdita di controllo del galleggiamento e l’esaurimento dell’aria. Quest’ultimo si è avuto nel 24% degli
incidenti mortali, nel 5% di quelli non mortali, ma solo nello 0,3% delle immersioni normali.
Perdita di coscienza in profondità ( Deep Water Blackout)
Durante un’immersione a 54 meri in una camera iperbarica bagnata, un sub compiva un esercizio fisico moderato, nuotando contro una
barra attaccata ad un peso ed il suo consumo di ossigeno era di 2 litri al minuto. La pressione parziale di ossigeno era di 1,4 Atm. Il resto
del gas respiratorio era azoto e la profondità equivalente in aria era di 53 metri. Il supervisore osservò che il sub aumentava costantemente
il livello di esercizio, nonostante gli ordini, fino a che, improvvisamente, non perse coscienza. Rinvenne, per fortuna subito e fu rimosso
dall’acqua. Se l’incidente fosse avvenuto in acque libere, le conseguenze sarebbero state diverse.
Perdita di coscienza al fondo e morte
Due sub esperti stavano esplorando un relitto fra 42 e 51 metri Dopo 15 minuti in profondità, uno dei due segnalò al compagno di essere in
difficoltà, ed i due iniziarono a risalire. A 24 metri, però, perse coscienza e lasciò cadere l’erogatore. Il compagno tentò, non riuscendovi, di
rimettergli l’erogatore in bocca e, a 5 metri, gli gonfiò il GAV. La morte del sub avvenne, apparentemente, per annegamento e non fu
possibile osservare altre anomalie alla successiva autopsia. Il maggior lavoro respiratorio in profondità può elevare la ritenzione di CO2 del
sub. Questa si aggrava ulteriormente in presenza di pressioni parziali di ossigeno elevate, come 1,4 Atm. Livelli di CO2 equivalenti a circa il
10% in superficie sono narcotici e possono provocare perdita di coscienza. Gli effetti di CO2 ed azoto sono cumulativi; questo significa che,
se avvengono nello stesso momento, il rischio di alterazioni della coscienza è aumentato. La narcosi da azoto, lo sforzo, la resistenza
respiratoria, l’elevata pressione parziale di ossigeno e la ritenzione di CO2 erano tutti elementi presenti negli incidenti qui descritti.
L’elevazione della CO2 provoca anche l’aumento del flusso sanguigno cerebrale, con un aumento dell’apporto di ossigeno al cervello ed un
rischio più elevato di tossicità neurologica da ossigeno. La suscettibilità alla ritenzione di CO2, alla tossicità da ossigeno ed alla narcosi da
azoto può variare molto da individuo ad individuo. Alcuni sub presentano una risposta scarsa all’aumento della CO2 inspirata e sono definiti
“ CO2 Retainers”. Questi sono individui a maggior rischio di tossicità neurologica da ossigeno. Studi eseguito durante la seconda guerra
mondiale hanno dimostrato che il tempo di insorgenza di sintomi di tossicità variava casualmente da 7 a 145 minuti, nello stesso sub
durante 20 esposizioni a 21 metri in respirazione di ossigeno 100%, alla pressione parziale di 3,1 Atm. Esistono differenze anche notevoli di
suscettibilità alla tossicità da ossigeno ed alla narcosi da azoto fra i vari individui, ma, ad oggi, non siamo in grado di prevedere chi possa
essere resistente o suscettibile o come la suscettibilità individuale possa variare di giorno in giorno.
Rischio Nitrox. Di Robert N. Rossier
Anche se immergersi in nitrox è relativamente semplice, richiede alcune attenzioni particolari. Per esempio riguardo alla tossicità da
ossigeno, fenomeno che non riguarda la normale immersione in aria compressa.
Come per la curva di sicurezza, anche la tossicità da ossigeno dipende da tempo e profondità. Maggiore è la pressione parziale di ossigeno,
minore il tempo che possiamo trascorrere in immersione, respirando ossigeno a quella concentrazione. Quindi per ogni percentuale di
ossigeno nella miscela nitrox, esiste un tempo limite corrispondente, oltre il quale no possiamo andare. Il limite di pressione parziale di
ossigeno, attualmente raccomandato da PADI per l’uso ricreativo del nitrox, è di 1.4 ata. Usando una miscela nitrox al 32% , questo
consente un’immersione alla profondità massima di 33 metri, che si riduce a 24 metri usando una miscela al 40% di ossigeno. Un beneficio
potenziale del nitrox è la riduzione del rischio di PDD, perché è ridotta la concentrazione di azoto nella miscela, ma se si raggiungono i limiti
di non decompressione, anche con il nitrox, siamo nella stesssa situazione limite di assorbimento di gas inerte dell’immersione ad aria
compressa.Molti sub, inoltre, ritengono che il problema PDD non esista più, se si usa il nitrox. Nulla è più lontano dal vero, il rischio è lo
stesso. Il fatto è che, aggiungendo complessità, si accresce il rischio. Con il nitrox ci sono più modi di sbagliare: prendere la bombola
sbagliata quando ci si prepara, essere superficiali con il calcolo delle pressioni parziali, sbagliare con le tabelle, sbagliare nell’analisi della
miscela nella bombola, sono tutte possibilità aggiuntive di errore che aumentano il rischio. Un computer per nitrox elimina molti di questi
problemi, ma il computer deve essere programmato per la miscela che si sta utilizzando, senza dimenticare altri parametri, quali l’altitudine,
la fatica in immersione, il freddo, eccetera.
Problemi Comuni Dell’orecchio. Di Bruce Delphia.
Qual’è il problema medico-subcqueo più frequente? La PDD? No, sono i barotraumi dell’orecchio. Questo tipo di problema si sviluppa
quando la pressione nell’orecchio medio non è equilibrata con quella all’esterno. A causa delle rapide variazioni volumetriche dei gas
durante le prime fasi della discesa, questi traumi sono più frequenti nei primi 4 metri di profondità. Ricordiamo che l’orecchio è formato da
tre compartimenti: l’orecchio esterno, l’orecchio medio e l’orecchio interno. Dopo il padiglione auricolare, inizia il condotto uditivo, che
contiene le ghiandole che producono il cerume; la porzione più interna è ricoperta da cute sottile e glabra. Alla fine del canale c’è la
membrana del timpano, che divide l’orecchio esterno da quello medio. Quest’ultimo è una cavita aerea, che contiene i tre ossicini dell’udito
(martello, incudine e staffa). Fra la cavità dell’orecchio medio ed il retrobocca si trova la Tuba di Eustachio. Questa è circondata da tessuto
cartilagineo e non si apre, in genere, spontaneamente. Questo è il motivo per cui i subacquei devono ‘compensare’ la pressione interna
dell’orecchio medio con quella esterna, forzando l’apertura della Tuba di Eustachio con la manovra di ‘compensazione’, che permette il
passagio di aria dalla cavità buccale all’orecchio medio. Due fra le più sottili mebrane del corpo, la finestra rotonda e quella ovale, separano
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l’orecchio medio da quello interno. Queste due membrane sono il vero motivo per il quale si insegna ai sub ad eseguire le manovre di
compensazione delicatamente e senza mai forzare. Un danno a queste membrane, provocato da una compensazione forzata, può causare la
fuoriuscita del liquido che riempie l’orecchio interno. Ciò può generare tinnito (fischio o rumere spontaneo nell’orecchio), sordità, nausea,
vomito e perdita di controllo sott’acqua, con grande pericolo per il subacqueo.
Problemi auricolari comuni durante o dopo l’immersione
Otite esterna:
si tratta di un’infiammazione del condotto uditivo esterno causata, in genere, da un’infezione. Se l’orecchio rimane bagnato, l’umidità, con il
calore corporeo, crea un habitat favorevole allo sviluppo incontrolato di alcuni microorganismi già normalmente presenti nel condotto stesso.
Il canale appare arrossato, gonfio e spesso prude molto. Toccare, tirare o spingere il padiglione auricolare può provocare intenso dolore.
La chiave del trattamento è la prevenzione, specie nelle persone che hanno una paricolare suscettibilità al problema. La soluzione
Domeboro (acqua, 2% acido acetico, acetato di alluminio, acetato di sodio e acido borico, prodotto dalla MSD) o soluzioni acide simili
(anche una semplice soluzione di acido acetico al 5 % in acqua o in alcool, preparate dal farmacista), può funzionare come trattamento
preventivo, in quanto l’acidificazione previene l’eccessivo sviluppo microbico, mentre i sali acetati o l’alcool aiutano ad eliminare l’acqua in
eccesso dai tessuti del canale uditivo esterno. Per ottenere una certa efficacia occorre applicare il preparato ogni mattina prima delle
immersioni ed ogni sera, piegando la testa da un lato e riempiendo il canale con la soluzione, che deve rimanere nel canale per cinque
minuti. Dopo di che, si gira il capo dall’altro lato, si lascia uscire il liquido e si procede analogamente con l’altro orecchio. Questa procedura
è utile come profilassi e non serve se l’infezione è già iniziata.
Barotrauma dell’orecchio medio:
si tratta della lesione da immersione più frequente. I sintomi si sviluppano, generalmente, subito dopo l’immersione, ma ci possono essere
ritardi anche di diverse ore e fino ad un giorno intero. Durante la discesa, la mancata o difettosa compensazione può provocare seri danni
all’orecchio medio, fino ad un significativo stravaso di siero e di sangue, che può riempire la cavità.
Può essere avvertito un senso di ‘orecchio pieno ed ovattato’, con udito ridotto e dolore, spesso assai forte. All’esame otoscopico si può
osservare un livello liquido al di là della membrana timpanica, che appare rigonfia e arrossata. In altri casi la membrana può, invece,
apparire retratta. In tutti i casi è necessaria l’immediata attenzione del medico. Come prima cosa, per iniziare il corretto trattamento,
bisogna sospendere le immersioni. Sarà anche bene evitare le variazioni di alitudine, incluso il volo. La situazione in genere guarisce, con la
combinazione di farmaci e tempo, entro qualche giorno, anche se esistono casi assai più complicati e refrattari. Se un normale trattamento
con decongestionanti non dà risultati entro 7 giorni al massimo, è importante farsi visitare da uno specialista otorino (nota del traduttore:
questa prassi non ci trova concordi al DAN Europe, dove riteniamo che la valutazione specialistica debba essere fatta assai più
precocemente e possa essere omessa solo nei casi più lievi ed a rapidissima risoluzione)
Otite Media: non si tratta di un problema subacqueo, ma può avere lo stesso aspetto per un medico non esperto di medicina subacquea.
Dato che il trattamento può essere diverso, è importante ricordare che, dopo un problema da immersione, l’orecchio mostra, generalmente,
problemi collegati alla pressione piuttosto che all’infezione.
Barotrauma dell’orecchio interno: questo è un problama che ha luogo quando si forza troppo un tentativo di compensazione. Questo può
creare un eccessiva sovrapressione nell’orecchio medio e può provocare un danno della finestra rotonda o della finestra ovale. Si manifesta
con vertigine, nausea e vomito, perdita di udito e forte tinnito. Per il trattamento occorre porre l’infortunato seduto e ben eretto e
raggiungere immediatamente una struttura sanitaria adeguata, preferibimente con qualche conoscenza specifica, dato che il barotrauma
dell’orecchio interno può essere molto difficile da distinguere da una forma di PDD vestibolare.
Rottura della membrana timpanica: questo può essere il risultato finale di un barotrauma, anche a profondità di solo 2 metri. Si manifesta,
generalmente, ma non sempre, con dolore e sanguinamento. Può essere presente una certa perdita di udito e tinnito e si può osservare la
perdita di liquido siero-ematico dall’orecchio. Per il trattamento è importante fare esaminare l’orecchio da un medico al più presto. Evitare
l’immersione ed il bagno, se anche solo si sospetta una rottura del timpano: l’entrata d’acqua nella cavità dell’orecchio medio può provocare
violente vertigini. Non mettere gocce o altri preparati nell’orecchio e non provare manovre di compensazione.
Rottua dei vasi sanguigni superficiali del canale uditivo esterno: questo fenomeno è più frequente quando si indossa il cappuccio della muta.
Le variazioi di pressione possono, a volte, provocare la rottura di qualche capillare superficiale ed un modesto sanguinamento. Piccole
tracce di sangue sull’orecchio o sul cuscino possono essere gli unici sintomi. Per poter distinguere il caso da altre e più serie condizioni, è
necessario, comunque, sospendere le immersioni e farsi visitare da un medico.
Concludendo
Le lesioni dell’orecchio sono i problemi medici più frequenti per i subacquei. Il barotrauma può avere serie conseguenza e provocare anche
la perdita dell’udito. Importante è, soprattutto, la prevenzione: compensare presto e bene, evitare l’immersione se si è raffreddati,
sospendere l’immersione se non si riesce a compensare. I danni da barotrauma sono vari e diversi, in caso di sospetto barotrauma è
necessaria una precoce visita medica da parte di un professionista qualificato e, possibilmente, esperto in problemi dell’immersione. Se
questo non è possibile, può essere utile avere una copia di questo articolo da mostrare al medico o chiedere il supporto del DAN.
Prima Di Immergerti
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Frequenta corsi d’immersione con Istruttori qualificati
Partecipa a corsi di aggiornamento, salvamento e di primo soccorso con ossigeno nelle
emergenze subacquee
Effettua una visita medica specialistica ogni anno
Porta sempre con te un kit per la somministrazione di ossigeno o accertati che sia presente sulla
barca
Non dimenticare la tessera DAN e controlla la scadenza della tua iscrizione
Non programmare più di due immersioni al giorno
Prevedi un giorno di riposo ogni 3/4 d’immersione
Alimentati ed idratati correttamente evitando alcolici
Quando Ti Immergi
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Mai da solo e senza assistenza in superficie
Tieni conto della corrente e della marea
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Usa sempre pallone segna sub, GAV, manometro, profondimetro, orologio e porta con te le tabelle d’immersione anche se adoperi
il computer.
Effettua prima l’immersione più profonda e poi quella meno profonda: mai il contrario!
Fai sempre la prima parte dell’immersione profonda e la seconda meno profonda, mai il contrario! Non fare Yo - Yo
Non superare i 9-10 m. al minuto di velocità in risalita e, possibilmente, rallenta ancora negli ultimi metri
Non trattenere mai il respiro durante la risalita
Fai sempre una sosta di almeno 5 minuti a 4 -5 metri di profondità
Dopo Ogni Immersione
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Proteggiti dalla perdita di calore con indumenti adeguati
Non effettuare mai tentativi di ricompressione in acqua in caso di sospetto incidente decompressivo
Evitare sforzi
Non sottovalutare mai l’insorgenza, anche tardiva, di qualunque sintomo dopo un’immersione e chiama il DAN per valutare la
situazione
Lascia trascorrere il giusto intervallo di tempo dall’ultima immersione prima di effettuare un volo in aereo. Segui le
raccomandazioni del DAN: almeno 12 ore dopo una singola immersione in curva di sicurezza, almeno 24 ore dopo immersioni
ripetitive o immersioni con decompressione
A Message From Dr. Peter Bennett
Primo: sicurezza. “DAN the Safety Man” illustra , in questo numero, sei consigli di sicurezza. DAN dice “vai piano”: studi e ipotesi teoriche
indicano che la velocità di risalita può essere il fattore critico nella PDD e che favorisce l’EGA. Mantenetela sempre intorno ai 10 metri
minuto o meno.
DAN dice “ fermati a 5 metri” Una sosta di sicurezza di tre minuti a cinque metri riduce il rischio di PDD, oltre a forzarvi a rallentare la
risalita ben lontano dalla superficie, contribuendo al miglior controllo della lenta fase finale fino alla superficie.
DAN dice: “fai un controllo di sicurezza pre-immersione”. Controllate la vostra attrezzatura e quella del vostro compagno prima di
immergervi, assicuratevi di avere una sufficiente riserva d’aria e che i rubinetti delle bombole siano aperti, controllate bene l’assemblaggio
ed il corretto funzionamento di tutti gli strumenti prima di entrare in acqua.
DAN dice: “pianificate l’immersione ed eseguitela secondo il piano”. Un’immersione sicura inizia prima dell’entrata in acqua. Accertatevi che
voi ed il vostro compagno abbiate ben chiari gli obbiettivi, la direzione da prendere, i limiti di tempo e profondità dell’immersione che
intendete fare.
DAN dice: “fai pratica nelle manovre di emergenza”. Le manovre di emergenza, se non praticate di frequente, possono non essere fatte in
modo efficace al momento del reale bisogno. Concedetevi il tempo per fare pratica, insieme con il vostro compagno, in piscina o in acque
controllate.
DAN dice: “aumenta le tue capacità attraverso un’educazione continua”. Migliorare le proprie conoscenze e le proprie capacità subacquee vi
renderà subacquei migliori e più sicuri e farà si che l’immersione resti un’attività divertente ed interessante per tutta la vita.
“DAN the Safety Man” continuerà a parlarvi in futuro, aiutatelo stimolando i vostri amici subacquei ad iscriversi al DAN.
Oltre Il Limiti, Di DANIEL A. NORD
Il Sub: giovane di 21 anni, in piena salute. 30 immerisoni negli ultimi due anni. Ultima immersione due ore prima di chiamare il DAN
L’Incidente: due immersioni in lago a 342 mslm. Temperatura acqua 10°. Prima immersione a 35 m, tempo di fondo 15 minuti. In
profondità, senso di vertigine, confusione e difficoltà respiratoria. Sospettando possibile narcosi segnala al compagno che sospende
l’immersione ed inizia la risalita. A 26,5 m i sintomi migliorano. Intervallo di superficie 2h:11m. Seconda immersione a 9 metri, tempo totale
30 min. Emersione alle 15:00 circa. Sosta di sicurezza a 5 metri per 3-4 min in entrambe le immersioni.
Le Complicazioni: intorpidimento e formicolii al pollice e indice delle due mani dopo la prima immersione. Nonostante i sintomi avvertiti in
acqua, i sintomi alle mani vengono attribuiti all’acqua fredda. I sintomi alle mani erano migliorati un po’ durante la seconda immersione, ma
poi erano ricomparsi in pieno all’emersione, per restare invariati fino all’arrivo a casa, quando si erano estesi anche al dito medio di
entrambe le mani. Il sub allora contatta il DAN, che lo invia immediatamente al locale PS per un esame neurologico completo, mentre viene
contattato il più vicino centro iperbarico, a circa 400 km di distanza. All’esame neurologico viene evidenziato un deficit neurologico anche
dei muscoli della parte sinistra del volto ed il sub viene messo in respirazione di ossigeno 100%. Dopo 20 minuti di ossigeno il sub mostrava
un notevole miglioramento e dopo quattro ore l’ossigeno veniva sospeso ed il sub veniva dimesso. La mattina dopo, però, i sintomi alle
mani si ripresentarono; dopo un consulto con un medico iperbarico, la famiglia organizzò un trasporto via terra verso il centro iperbarico,
che comportò il passaggio di zone elevate fino a 1342 e 1300 mslm. Durante il trasporto, in coincidenza con i picchi montani, i sintomi
peggiorarono e, all’arrivo al centro iperbarico, erano anche ricomparsi i segni neurologici a carico del volto, complicati da una perdita di
sensibilità dell’emivolto sinistro.
Il Trattamento: questo sub è stato valutato e trattato in camera iperbarica 42 ore dopo l’insorgenza dei sintomi. Venne usata una tabella 6
US Navy, che portò ad un miglioramento del 70% circa. Il trattamento continuò il giorno dopo con un secondo trattamento analogo e la
scomparsa totale dei sintomi.
La Diagnosi: Patologia Da Decompressione Neurologica ( o MDD Tipo II). Il miglioramento dei sintomi durante la respirazione di ossigeno
iperbarico è una prova inequivocabile di PDD.
La Discussione: questo sub ha continuato le sue immersioni, nonostante i sintomi di possibile PDD; inoltre l’invio al centro iperbarico è stato
ritardato di 42 ore. L’osservazione di un miglioramento dei sintomi durante la seconda immersione avrebbe dovuto far sospettare una PDD.
Le guarigioni complete, anche dopo lunghi intervalli prima della terapia iperbarica, sono comuni e rafforzano la raccomandazione di
trasportare i sub verso un centro iperbarico, indipendentemente dall’intervallo trascorso. Anche se l’altitudine del luogo di immersione non
era molto elevata, il mancato calcolo della correzione necessaria aveva portato l’immersione eseguita oltre la curva di sicurezza ed in
obbligo di decompressione, secondo la tabelle Cross, mentre è opinione comune che le immersioni con decompressione dovrebbero essere
evitate in altitudine
Sicurezza in altitudine
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
Acclimatatevi all’altitudine prima di immergervi. Altrimenti la prima immersione dovrà essere considerata come una ripetitiva.
Usate tabelle per altitudine per determinare la profondità equivalente.
Quando calcolate, arrotondate sempre per la maggiore altitudine e profondità.
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Riducete la massima velocità di risalita a 10 metri al minuto
Fate sempre una sosta di sicurezza di tre-cinque minuti alla profondità equivalente appropriata.
Aspettate almeno 12 ore prima di salire ad altitudine maggiore dopo un’immersione.
Non fate immersioni al di sopra dei 3000 metri senza un adeguato addestramento.
Controllate le variazioni di galleggiamento.
Rispettate una profondità massima equivalente di 40 metri per le immersioni in altitudine.
Muovetevi lentamente e con cautela prima e dopo le immersioni, per evitare l’ipossia e le difficoltà respiratorie.
Rispettate le procedure di sicurezza in altitudine.
Sappiate quando dire basta.
Vivere In Basso, Immergersi In Alto , Di Guy De Lisle Dear
D: Un giovane sub vive in Giordania, sul Mar Morto, a circa 365 metri sotto il livello del mare.
1. Quali sono gli effetti a lungo termine di vivere a questa quota per un paio di anni?
2. Devono essere prese particolari precauzioni prima di immergersi nel Mar Rosso di Aqaba ?
3. Se fosse necessaria un'evacuazione sanitaria, si dovrebbe rispettare un intervallo pre-volo particolare?
R: Non c'è prova che, vivendo a livello inferiore a quello del mare, vi possano essere effetti deleteri. La pressione barometrica sul Mar Morto
è di circa 800 mmHg, rispetto alla normale pressione atmosferica di 760 mmHg. In teoria un sub dovrebbe considerare di immergersi in
altitudine, recandosi ad Aqaba e provenendo dal Mar Morto. La profondità teorica in mare, rispetto al Mar Morto, sarebbe di circa 1 metro
più profonda della reale. Secondo le tabelle U.S Navy, non si dovrebbero fare aggiustamenti, se non per altitudini superiori a 701 mslm. Le
ricerche preliminari del DAN indicano che l'attesa pre-volo (pre-altitudine) dovrebbe essere di almeno 13 ore dopo immersioni singole No-D
e di almeno 17 ore dopo immersioni multiple. Se un sub sviluppa sintomi di PDD che richiedono evacuazione aerea, si dovrebbe
pressurizzare la cabina a 800 mmHg. Nella malaugurata situazione di un trasporto terrestre attraverso passi montani, si dovrebbe respirare
ossigeno al 100% durante il trasporto, per prevenire, o ridurre, gli effetti dell'altitudine sui sintomi di PDD.
Altre Note Sulla Otite Esterna
L'uso del Domeboro risale a studi del 1924, che dimostrarono che una soluzione satura di acido borico in alcol etilico 90% era efficace a
causa dell'effetto di asciugamento del condotto uditivo. Negli anni seguenti si vide che l'alcol isopropilico 75% funzionava ugualmente. Nel
1961 venne osservato che l'esposizione ad acido acetico 5% per cinque minuti era in grado di uccidere i batteri nel condotto uditivo esterno,
con un effetto ottimale dato da una soluzione di 5% acido acetico e 85% alcol isopropilico. Il fattore importante appare essere
l'acidificazione del condotto, ma anche l'effetto disidratante dell'alcool ha la sua importanza. Volendo farsi un soluzione in casa: l'aceto
bianco contiene acido acetico al 4-6% e, mescolato con eguali quantità di alcol isopropilico, può essere efficace. L'aceto non diluito può
essere irritante. Anche la semplice diluizione dell'aceto al 50% con acqua può essere efficace, dato che sembra sia l'acidità, più che la
disidratazione provocata dall'alcol, il fattore determinante. Qualunque sia la soluzione usata, ricordate che l'efficacia è drasticamente ridotta
se la soluzione non rimane nel condotto per almeno 5 minuti. Ricordate anche che queste soluzioni sono da usarsi solo per prevenzione e
nell’orecchio sano. Ai primi segni di irritazione o infezione l'uso di queste soluzioni va sospeso, per iniziare una adeguata terapia.
Edward D. Thalmann, M.D., .
Avendo trattato otiti esterne per oltre 30 anni, vorrei dare qualche ulteriore consiglio. Deve essere chiaro che non si devono usare
bastoncini tipo Cotton-Fioc; questo rimuovono il sottile strato protettivo di grasso e cerume e facilitano la penetrazione di acqua nella cute,
iniziando il processo patologico ricordato dal Dr. Thalmann nel numero precedente. Gran parte del danno, comunque, si compie di notte.
L'orecchio prude e ci si gratta, per tutta la notte, con un dito e con le unghie, facendo esplodere l'infezione.
Suggerimenti: non usare bastoncini cotonati per pulire le orecchie. Instillare alcune gocce di olio per bambini prima di entrare in acqua e
dopo aver instillato il preparato preventivo. Usare i preparati di acido acetico dopo l'emersione. Se c'è prurito o infezione, coprire l'orecchio
con un tampone oculare durante la notte.
Javad Sholehvar, M.D., FACS
Identificare il problema. Di JOEL DOVENBARGER, DAN AMERICA MEDICAL SERVICES
Come Identificare I Sintomi Di PDD Quando Si Sa Che I Sub, Tipicamente, Li Negano O Li Nascondono? Un Quesito Di Un
Partner - Non Subacqueo - Di Sub.
Non esiste una combinazione precisa e ricorrente di sintomi che indichi le numerose forme di PDD, ma ci sono alcuni sintomi e segni che
dovrebbero mettere in allarme, quando si presentino dopo un’immersione.
I due sintomi più comuni sono il dolore e l’intorpidimento di un arto. Il dolore può essere descritto in vari modi e può essere di intensità e
distribuzione variabile. Normalmente è a carico della articolazioni maggiori, ma può essere solo di tipo muscolare. In genere è presente a
riposo e può, ma non sempre, peggiorare con il movimento.
Intorpidimento o formicolii ( parestesie ) indicano una varietà di sensazioni anormali, generalmente limitate alla pelle, spesso descritte in
modo vago e indefinito e che comportano una perdita di sensibilità precisa, della capacità di distinguere, al contatto con la cute, oggetti
acuti e smussi. La sensazione è quella di avere un arto “addormentato”, di aver subito un colpo, di avere l’arto costretto da una fascia,
oppure freddo, caldo, gonfio o pesante. Spesso il dolore si associa a questi altri sintomi..
Altri sintomi comuni, spesso associati alla PDD, sono il prurito, il mal di testa, il senso di vertigine, la debolezza, un senso di spossatezza
estrema, la nausea. Tutti questi sintomi possono comparire da soli o in varie combinazioni.
Stanchezza e prurito sono normalmente considerati sintomi lievi e possono rispondere bene al primo soccorso con ossigeno. Il dolore
articolare viene da alcuni considerato un sintomo lieve, ma richiede sempre la terapia iperbarica. Segni più preoccupanti sono la debolezza,
l’instabilità nella stazione eretta e i disturbi della vescica; in questi casi si deve supporre che si tratti di PDD fino a prova contraria da parte
di medici esperti in medicina subacquea e iperbarica.
Il sintomo più comune della PDD, però, e la sua negazione da parte della vittima. Questo può essere dovuto, in parte, al fatto che i sintomi
sono, spesso, vaghi e simili a quelli di altre affezioni comuni ed il sub non vuole chiedere aiuto ed essere preso per uno che “si agita per
niente”. Alcuni, però, semplicemente rifiutano di ammettere, a se stessi e ad altri, che si tratti di PDD, e ritardano la richiesta di aiuto e cure
fino a quando si rendono conto che i sintomi non scompaiono, o peggiorano e che non gli resta altra scelta. Un commento normale è che
sono state rispettate le tabelle, che si tratta di un’immersione fatta tante altre volte senza problemi o che nessuno dei compagni di
immersione sta male.
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Altre incertezze riguardano il tempo di insorgenza dei sintomi. Circa la metà dei casi si manifestano entro i primi 30 minuti dall’emersione ed
il 95% di tutti i casi entro le prime 24 ore. In queste situazioni è essenziale che il sub venga esaminato da un medico, con la consulenza
telefonica degli esperti del DAN, ogni volta che è possibile. Questo è essenziale, perché non è corretto, eticamente e tecnicamente, di porre
diagnosi precise unicamente al telefono
Linee guida per i medici non esperti in medicina subacquea ed iperbarica (da mostrare ai medici di primo soccorso in caso di bisogno):
Sintomi Di Patologia Da Decompressione:
Se, dopo un’immersione, un subacqueo presenta dolori muscolari o articolari, eruzioni cutanee, disturbi uditivi o vestibolari, disturbi visivi,
anormalità dello stato di coscienza o delle funzioni mentali, alterazioni della personalità, alterazioni cerebellari, anomalie neuro- sensoriali o
neuro-motorie, alterazioni della forza muscolare, disturbi sfinterici, considerare la Patologia Da Decompressione nella Diagnosi Differenziale
Per un consiglio diagnostico o nell’organizzazione del trattamento, telefonare al DAN Europe (in Italia 1678-24080, h24: da tutto il mondo
+41.1.14 14 h24) .
Se si sospetta un incidente da immersione e non si è esperti in medicina subacquea, prima di telefonare al DAN, raccogliere le seguenti
informazioni:.
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Descrizione di tutte le immersioni eseguite nelle 48 ore precedenti l’incidente: profondità e tempi, velocità di
risalita, intervalli fra le immersioni, tipo di gas respirato, problemi o sintomi
Tempo di insorgenza dei sintomi dopo l’ultima immersione e loro evoluzione
Descrizione degli interventi di primo soccorso ( inclusi tempi, metodi e concentrazioni di somministrazione di
ossigeno ) e loro effetti sui sintomi dal momento dell’incidente
Esame neurologico completo, incluso quanto segue: funzioni mentali superiori, finzione cerebellare ( dito-naso,
stazione eretta e deambulazione, deambulazione tacco-punta), forza di tutti i grandi gruppi muscolari, sensibilità
( puntura, tocco lieve, temperatura ), proprio-cezione e coordinamento motorio.
Funzione uditiva e vestibolare incluso quanto segue: alterazioni uditive o dell’equilibrio, acufeni, nistagmo, aspetto
delle membrane timpaniche.
Descrizione di eventuali dolori articolari o muscolo-scheletrici che includa: posizione, intensità, variazioni al
movimento ed al sollevamento di pesi.
Descrizione e distribuzione di ogni alterazione o eruzione cutanea.
Linee Guida Di Identificazione Rapida Della PDD Per I Non Subacquei.
Sintomi Post-Imersione:
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Dolore muscolare o articolare,
eruzioni cutanee, orticaria, arrossamenti,
problemi dell’udito, dell’equilibrio, vertigini, giramenti di testa,
anomalie dello stato di coscienza o delle funzioni mentali,
alterazioni della personalità,
anomalie della stazione eretta, della deambulazione e del coordinamento motorio ( alterazioni cerebellari),
anolamile della sensibilità cutanea (formicolii, bruciori, scarsa sensibilità, strane sensazioni),
diminuita forza muscolare,
problemi a svuotare la vescica,
Se sospettate che il vostro partner possa soffire di una forma di PDD, telefonate al DAN Europe (in Italia 1678-24080, h24: da tutto il
mondo +41.1.14 14 h24) .
Incidenti Subacquei Sportivi E Consigli Di Prevenzione. Di Hans Örnhagen
Ogni incidente mortale è una tragedia. Ma l’analisi degli incidenti consente di fare valutazioni e dare consigli che aiuteranno a diminuirne il
numero.
Il primo problema è quello di conoscere il volume totale del fenomeno, senza il quale e difficile valutare la reale frequenza degli incidenti.
Il numero di incidenti mortali in Svezia, nel 1997, è stato di 23 - circa 1 per milione di abitanti Sette anni prima, nel 1990, erano stati solo 6 - meno di 1 su 3 milioni di abitanti - L’analisi dei dati dal 90 ad oggi ( fig. 2) mostra un
raddoppio degli incidenti mortali in sette anni
Se si confronta il numero degli incidenti mortali con il numero dei subacquei brevettati, si ottiene una miglior rappresentazione della realtà.
Il numero dei nuovi brevettati è aumentato da 11000 a 18000 all’anno, con un aumento del 60%. Il numero totale dei sub attivi non è noto,
ma nel periodo di otto anni la popolazione dei subacquei scandinavi può essere aumentata di circa 100000 unità, se tutti i nuovi brevettati
sono restati in attività. Se nello stesso periodo la popolazione è cresciuta del 60% e gli incidenti mortali del 20%, sembrerebbe che
l’incidenza di questi ultimi sia in calo. Ma forse esistono metodi di analisi migliori? Le statistiche sugli incidenti si possono basare su:
1. Numero dei brevettati.
2. Numero dei subacquei attivi.
3. Numero totale delle immersioni per anno.
Se confrontiamo gli incidenti con il numero dei brevettati, il primo quesito è: quante volte si immergono? Un’analisi del 1996 diede il
risultato di 10 immersione in media all’anno. Sulla base di questi elementi sono stati calcolati i dati della figura 4. Il numero di incidenti
mortali risulta aumentato solo del 30%. Esistono metodi di valutazione migliori?
Una soluzione potrebbe essere quella di un’analisi più dettagliata dell’immersione. Che tipo di immersioni? Quanto ore sott’acqua? A quale
profondità? Si potrebbe sommare la profondità al tempo di immersione, per avere un parametro di riferimento; o forse il prodotto di questi
due fattori potrebbe essere più indicativo. Sappiamo che mezz’ora a 12 metri presenta meno rischi di 10 minuti a 39 metri, se consideriamo
solo il rischio di PDD. Il semplice prodotto di profondità e tempo di esposizione potrebbe essere un denominatore statistico per indicare
l’entità del rischio, ma se il numero dei subacquei e il loro numero di immersioni / anno è costante, potrebbe essere difficile spiegare un
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aumento della mortalità. D’altra parte, se la profondità di immersione o il tempo di permanenza aumentano considerevolmente da un anno
all’altro, un aumento di incidenti fatali sarebbe più facile da interpretare.
Oltre al tempo ed alla profondità, sarebbe ragionevole pensare che il livello di attività fisica possa influire sul rischio. Se il consumo d’aria
viene usato come denominatore, questo metterebbe in conto anche il livello di lavoro ( sforzo e stress) implicato nell’immersione. Un
maggior consumo è indice di immersioni a maggior profondità, di un maggior carico di lavoro, maggiore esposizione al freddo e maggior
stress emotivo. Il mio suggerimento è che il numero di incidenti mortali sia espresso anche in relazione al volume di aria compressa
respirata sott’acqua.
Questo metodo, ovviamente, non può differenziare fattori quali l’immersione al di fuori dei limiti di sicurezza, attività particolari come
l’immersione sotto ghiaccio, in grotta o su relitti, ma il metodo rappresenterebbe un miglioramento rispetto alla tendenza attuale di fornire
soli i numeri assoluti di incidenti occorsi.
Il riferimento ad un comune denominatore , in grado di identificare il volume ed il livello di rischio dell’attività di riferimento, è essenziale per
una corretta valutazione statistica degli incidenti da immersione. Utilizzare il volume di aria compressa utilizzato nell’unità di tempo
considerata, potrebbe essere un denominatore in grado di collegare gli incidenti con un indicatore obbiettivo di rischio.
Pulizia e sanificazione dell'equipaggiamento
Sin dagli anni 70, sia sub militari che ricreativi hanno mostrato preoccupazione sulla possibile trasmissione di malattie infettive in coloro che
condividono l'equipaggiamento subacqueo. Durante gli ultimi trent'anni, diversi gruppi hanno sollevato questo problema. Negli anni 60, la
US Navy vi prestò attenzione all'apparire dei primi elmetti in ottone MK V. I nuovi dispositivi di respirazione comportavano per forza di cose
che alcune aree della testa e della faccia venissero a contatto con la maschera o con parte dell'elmetto oltre alle parti in cui si inseriva
l'apertura buccale. Con l'apparire di nuove infezioni e con la recrudescenza di altre più conosciute come tubercolosi, epatite virale, malattia
erpetica e AIDS, il problema della trasmissione di agenti infettivi è divenuto rilevante e degno di attenzione. L'unità della marina
statunitense per le immersioni sperimentali (NEDU) ha elaborato delle procedure e indicato cosa va utilizzato per la disinfezione
dell'attrezzatura, in specie di quelle parti che vanno a contatto con la bocca. Per più di 15 anni, i sub militari hanno usato a questo scopo
una soluzione iodata chiamata Wescodyne, diluita con acqua. Questa soluzione raggiungeva abbastanza bene il suo scopo ma alcuni sub
lamentavano difficoltà nel preparare la corretta diluizione e che questa danneggiava comunque le parti in gomma, a motivo della
concentrazione troppo elevata. Furono identificate dalla NEDU procedure e sostanze alternative. Nella sua ricerca la NEDU contattò diverse
ditte produttrici di sostanze disinfettanti oltre che servizi ospedalieri specializzati in terapie respiratorie, il DAN e altre organizzazioni sia
mediche che subacquee. Come risultato vennero raccomandati i seguenti 4 agenti disinfettanti: SaniZide Plus, Advance TBE, Bi-Arrest 3 e
Confidence Plus.
SaniZide Plus: è una soluzione germicida efficace contro un ampio spettro di batteri, virus e miceti. Non richiede nessuna diluizione ed è
pronto all'uso. Prodotto da Safetec (Buffalo N.Y.) il composto di ammonio quaternario non ha proprietà corrosive e non danneggia lenti,
plastica, gomma o superfici metalliche. È indicato per uccidere virus influenzali, HIV e Herpes simplex con tempi di contatto di 30 secondi.
In 3 minuti è efficace contro rinovirus (infezioni del tratto respiratorio superiore) e virus Polio 1. Dopo 5 minuti uccide batteri come
Stafilococco aureo (infezioni respiratorie e della cute), Salmonella choleraesuis, Klebsiella pneumoniae (infezioni gastrointestinali) e
Pseudomona aeruginosa (infezioni cutanee). Efficace anche contro Candida albicans, fungo responsabile di una varietà di disturbi (5 minuti
di contatto). Con tempi di 10 minuti distrugge anche Mycobacterium tuberculosis, prima causa della tubercolosi.
Advance TBE: composto germicida che contiene lo stesso composto di ammonio quaternario e ha le stesse caratteristiche germicide come
spettro di azione e tempi di contatto). Prodotto a Wood Cross nello Utah è pienamente efficace contro HIV, virus epatite A e B, Escherichia
coli, Herpes simplex, virus influenzali, Mycobacterium tuberculosis, Pseudomonas aeuruginosa, Salmonella choleraesuis, Stafilococco aureo,
Tricofita mentagrophytes (infezioni dei capelli, cute e unghie) e Aspergillus (infezioni gastrointestinali).
Bi-Arrest 3: è un germicida non alcalino con ampio spettro di azione su batteri, virus e miceti. Non corrosivo, mantiene la piena azione
germicida anche in acqua non particolarmente pura. Prima dell'uso va opportunamente diluito per poi venire dispensato sotto forma di
spray. Prodotto dalla stessa ditta dl Advance TBE., viene raccomandato un tempo di contatto di 10 minuti per distruggere Escherichia coli,
Herpes simplex, virus influenzali, Mycobacterium tuberculosis, Pseudomonas aeuruginosa, Salmonella choleraesuis e typhosa (infezioni
gastrointestinali), Proteus vulgaris, (infezioni respiratorie), Streptococco emolitico e Diplococco pneumoniae (infezioni respiratorie),
Stafilococco aureo, Tricofhyton interdigitale (rash cutanei e tinea).
Confidence Plus: ampio spettro germicida. Il composto attivo è strettamente correlato ai primi due, con tempi di contatto uguali e simili
capacità germicide. La soluzione è venduta in forma concentrata e va quindi diluita opportunamente. Con tempi di contatto di 10 minuti i
germi sensibili sono: Stafilococco aureo, Streptococcus pyogenes, Escherichia coli, Enterobacter aerogenes (infezioni gastrointestinali),
Shigella somnei (diarrea incontrollabile), Candida albicans e HIV.
Test NEDU: analizzando la documentazione esistente e confrontandosi con vari esperti nei settori coinvolti, (sicurezza dell'immersione,
medicina subacquea e respiratoria, ditte medicali e industriali) NEDU trovò che questi 4 agenti erano migliori del Wescodyne soprattutto in
due aspetti principali: efficacia nella sanificazione e facilità d'uso sul campo. Seguendo le istruzioni dei produttori i ricercatori trattarono vari
componenti dell'attrezzatura. L'equipaggiamento venne poi pressurizzato a una profondità equivalente di 78,3 metri, per poi venire
riscaldato fino a 38 gradi centigradi per 4 ore. Un campione del gas veniva analizzato dai laboratori della US Navy con l’uso della gascromatografia e spettrometria di massa, tecniche analitiche che rilevano molecole di gas in piccolissime quantità. I ricercatori trovarono gli
agenti testati sicuri per l'uso iperbarico, intendendo che qualsiasi agente chimico pericoloso che potesse residuare sull'attrezzatura risultava
ben al di sotto dei limiti di sicurezza anche in ambienti pressurizzati e chiusi ermeticamente.
Procedure di pulizia: Per pulire gli erogatori usare una spazzola idonea e un detergente non-ionico (che non contenga idrocarburi).
Rimuovere dall'erogatore i contaminanti grossolani come melma, sporcizia evidente, sabbia, alghe o saliva. Sciacquare accuratamente con
acqua dolce e poi spruzzare una pellicola di soluzione disinfettante sia all'interno che all'esterno del boccaglio e del secondo stadio
dell'erogatore fino a inumidire tutte le parti. Lasciarla a contatto per 10 minuti e spruzzare altra soluzione se questa comincia a seccare. Poi
sciacquare abbondantemente con acqua dolce. In alternativa si può immergere il tutto in un contenitore a contatto con la soluzione,
lasciandovelo per 10 minuti per poi sciacquare. Utilizzare la stessa procedura per snorkel e il gruppo di erogazione del GAV. Volendo
disinfettare il GAV, dopo aver introdotto la soluzione all'interno, agitare per 10 minuti, svuotare il sacco, risciacquare con acqua dolce e fare
asciugare.
Subacquei e malattie infettive
Le malattie infettive hanno sempre avuto un profondo impatto sulla storia dell'umanità, come una della maggiori cause di mortalità nei
paesi in via di sviluppo. Tanto per intenderci, l'uomo vive letteralmente immerso in un mare di microrganismi, un numero immenso di
batteri, virus e funghi. Paradossalmente, questa flora microbica ci offre anche meccanismi protettivi contro le infezioni oltre a rapporti di
mutua tolleranza e benefica simbiosi. Gli esperti del DAN sono stati occasionalmente consultati sul rischio di contrarre malattie infettive
dall'ambiente subacqueo o condividendo attrezzature subacquee. Si è a conoscenza di notizie aneddotiche e non pubblicate di sub che
hanno subito delle infezioni correlate in vario modo all'attività svolta, ma non c'è nessuna prova certa e documentata che l'equipaggiamento
subacqueo possa essere diretto responsabile di infezioni batteriche, virali o fungine. Esiste un rischio teorico nel condividere con altri il
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boccaglio del secondo stadio dell'erogatore, ma esso viene decisamente stimato come molto basso. Anche i sub, come tutti, possono
accusare infiammazioni localizzate del cavo orale come le gengiviti che possono incrementare il rischio di altre infezioni. Comunque, a meno
che le zone contaminate a cui ci si espone non siano molto estese, è molto improbabile acquisire un'infezione in questo modo tramite il cavo
orale. Per ciò che riguarda i subacquei, in genere il movimento e lo sciacquio dell'acqua in superficie contro l'erogatore bastano a rimuovere
i contaminanti che potrebbero causare infezioni in bocca. Ciò nondimeno, un rischio teorico rimane e rende consigliabile cautela e prudenza
soprattutto durante gli esercizi di respirazione assistita con erogatore condiviso col compagno.
Daryl F. Stanga, US Navy.
L’insorgere della Narcosi da Azoto.
" Personalmente sono piuttosto sensibile alla narcosi da azoto. Ne sono allo stesso tempo attratto ed impaurito….La narcosi delle grandi
profondità ha un vantaggio fondamentale sull’alcool, non dà dipendenza. E’ sufficiente risalire a profondità inferiori ed il cervello si libera
istantaneamente; non restano fantasmi al risveglio dalla sbronza. Ogni volta che leggo un resoconto su un’immersione record ho voglia di
chiedere al campione quanto era ubriaco. – Jacques Cousteau, in The Silent World
LA NARCOSI DA AZOTO
Che cos’è? Cousteau la chiama " l’ivresse des grandes profondeurs," o " the rapture of the deep", la narcosi da azoto è un fattore sempre
presente per i subacquei.
Perché? I sub respirano gas compressi, di solito aria, ma i subacquei professionali e tecnici respirano speciali miscele di altri gas. Per 165
anni, a cominciare dal lavoro del 1835 di uno scienziato francese di nome T, Junod, gli studiosi hanno registrato il comportamento alterato
di chi respira gas compressi. Junod ad esempio notò che quando i sub respiravano aria compressa, " le funzioni del cervello sono attivate,
l’immaginazione è vivida, i pensieri hanno un fascino particolare e, in alcune persone, sono presenti sintomi di intossicazione."
Segni e sintomi simili sono stati rilevati nel corso degli anni da altri studiosi. Tra loro Paul Bert, noto per il suo lavoro che è una pietra
miliare nello studio della patologia da decompressione e della tossicità dell’ossigeno. Quando i lavoratori nelle gallerie ed i subacquei
respiravano aria compressa, insorgevano sintomi strani e a volte pericolosi come euforia , intossicazione, torpore, arresto dell’attività e
perdita di coscienza.
Più tardi, nel 1933, la British Royal Navy condusse una ricerca e verificò che 17 immersioni su 58 condotte fra 61,7 e 107,9 metri risultarono
in una " semi-perdita di coscienza". Gli scienziati della Royal Navy lo ritennero un problema serio in quanto il sub in profondità continuava a
fare segnali con le mani ma, più tardi, non ricordava alcuno degli eventi accaduti sott’acqua.
La prima prova quantitativa degli effetti narcotici dell’aria compressa in profondità si ebbero nel 1937 quando due studiosi della Marina
Militare degli Stati Uniti, C. W. Shilling e W.W. Willgrube, testarono gli effetti dell’aria compressa tra 26, 8 e 92, 5 metri su 46 uomini che
eseguirono addizioni, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni. Shilling e Willgrube registrarono il tempo che ogni uomo impiegava ad compiere
queste operazioni e il numero di errori al crescere della profondità.
Constatarono che i lavoratori più esperti erano meno influenzati dalla profondità e che i sintomi più importanti insorgevano subito dopo
l’arrivo alla profondità prefissata. Scoprirono che la narcosi si intensifica con una rapida compressione.
Negli anni ’50 un numero crescente di esperimenti quantitativi utilizzarono test differenti per determinare i livelli di intossicazione dei
soggetti. Con studi sulla narcosi da azoto che sono tuttora in corso, gli studiosi hanno rilevato un calo delle capacità motorie e di calcolo dei
sub colpiti, un calo dell’attenzione e maggior lentezza nelle risposte; hanno inoltre documentato effetti fisici nei subacquei "narcotizzati" : il
corpo ondeggia, la destrezza manuale diminuisce e compaiono disturbi nella visione.
Col passare del tempo, attraverso serie di esperimenti complessi, si sta mettendo a fuoco il quadro completo: respirare aria o gas compressi
in profondità può portare ad intossicazione.
Background
La narcosi da azoto fa parte di una più ampia sindrome chiamata narcosi da gas inerti. Fu nel1935 circa, un secolo dopo che la narcosi era
stata per la prima volta identificata da Junod, che i sintomi vennero specificamente riferiti all’azoto, il gas inerte che compone l’aria per il
79%. Egli aveva osservato che con l’aumentare della pressione dell’azoto inalato, crescevano i segni di intossicazione, da un iniziale senso di
euforia a uno stato di ebbrezza fino alla perdita di coscienza.
I fisici della Marina degli USA A. R. Behnke, E.P. Motley e R.M. Thomson per primi attribuirono la narcosi all’aumento della pressione
parziale di azoto nell’aria compressa. Essi dimostrarono che respirare aria compressa a profondità superiori ai 20 metri provocava "euforia,
ritardo dei processi mentali più complessi e deterioramento della coordinazione neuromuscolare".
A 30 metri, i sintomi diventavano più evidenti. I subacquei provavano "una sensazione di stimolazione, eccitamento ed euforia,
occasionalmente accompagnate da riso e loquacità", sintomi simili all’effetto dell’alcool, della scarsità di ossigeno ( ipossia ), e ai primi stadi
dell’anestesia.
I soggetti subivano inoltre un rallentamento dei processi mentali e le risposte alle stimolazioni visive, uditive, olfattive e tattili erano
ritardate. La concentrazione risultava difficoltosa, la memoria peggiorava ed i soggetti tendevano a fissarsi su certe idee. La loro capacità di
associazione diveniva limitata, essi commettevano errori nel registrare dati e gli esercizi di matematica risultavano più difficili. I movimenti
fini erano più difficili, ma in generale le attività intellettuali erano maggiormente deteriorate rispetto alle abilità fisiche. In altre parole per
loro muoversi non era un grosso problema, mentre era molto più difficile mantenere i pensieri focalizzati.
Se alcune di queste sensazioni vi suonano familiari, avete fatto la conoscenza della narcosi da azoto.
Quando colpisce?
I ricercatori ritengono la narcosi potenzialmente in agguato fin dal momento in cui il subacqueo inizia a scendere, ma la maggioranza dei
sub ne ha percepito gli effetti a cominciare dai 30 metri circa. Altri sub sono stati colpiti prima, tuttavia, come dimostrato dagli esperimenti
di Behnke e associati, gli individui presentano vari livelli di suscettibilità. Una prova effettuata recentemente in una camera iperbarica della
Marina mostrava un’alterazione nelle capacità cognitive quando i sub raggiungevano i 10 metri.
La narcosi da azoto è stata chiamata "l’effetto martini", o "la Legge di Martini", perché può dare una sensazione paragonabile al bere un
martini a stomaco vuoto: ci si sente un po’ storditi, la testa gira, manca l’equilibrio. A grandi linee si può dire che un sub dovrebbe
considerare l’effetto narcotico di un martini ogni 15 metri di profondità.
Le morti attribuite alla narcosi capitano principalmente fra i subacquei sportivi che superano i limiti considerati massimi per le immersioni
ricreative. Gli studiosi ritengono la narcosi un risultato del rallentamento degli impulsi nervosi dovuto all’effetto di gas inerti sotto pressione.
Il potenziale narcotico dei gas inerti è legato alla loro affinità per i lipidi, o grassi. Quando l’azoto si diffonde nelle strutture lipidiche che
circondano il cervello, rallenta la comunicazione tra le cellule e, di conseguenza, rallentano i pensieri ed i tempi di reazione. La narcosi non è
solo dell’azoto, ma può capitare con molti dei cosiddetti gas "nobili" o inerti, ad eccezione dell’elio. Aggiungete che altri gas inerti hanno tipi
di effetti diversi in profondità, ed avrete il complesso quadro che sub professionali e tecnici devono considerare. L’argon, per esempio, ha
un potere narcotico doppio dell’azoto, mentre quello dell’elio è molto basso e questo gas è meno solubile dell’azoto nei tessuti. Perciò viene
impiegato l’elio nelle immersioni in profondità e in saturazione, come è dimostrato dal medico e subacqueo R.W. Hamilton nei suoi
esperimenti del 1966. L’elio miscelato con l’ossigeno viene chiamato heliox; questa miscela è meno dannosa per chi si immerge a grandi
profondità, anche se è comunque necessario sottoporsi a decompressione per evitare la PDD. L’elio ha il suo rovescio della medaglia: è un
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potente conduttore termico, il che richiede l’uso di mute e di miscele respiratorie riscaldate; è piuttosto costoso e difficile da conservare;
distorce la voce.
Cosa potete fare
La teoria prevalente indica nella pressione parziale di azoto la causa della narcosi. Dalle ricerche emerge che vi è un’ampia gamma di
suscettibilità tra gli individui, e la sensibilità individuale varia da giorno a giorno. Immergendosi, c’è sempre l’eventualità di andare incontro
alla narcosi, ma è sufficiente risalire a profondità inferiori perché i sintomi diminuiscano fino a scomparire.
Prima di immergervi tenete bene in mente questi suggerimenti:
- Siate consapevoli dei vostri limiti. La subacquea richiede attenzione per molteplici attività contemporaneamente: oltre che al vostro
compagno, alla profondità ed al consumo d’aria, dovrete prestare attenzione ai vostri pensieri e sensazioni . Se improvvisamente provate
una certa confusione o leggerezza della testa , cercate di fare mentalmente un passo indietro e capire cosa sta succedendo a voi ed intorno
a voi. Quindi risalite lentamente a profondità inferiori.
- Tenete sotto controllo il vostro livello di anidride carbonica. L’incremento del livello di CO2 può aumentare la vostra suscettibilità alla
narcosi. Un subacqueo in immersione di lavoro o ricreativa con le bombole è più esposto alla narcosi di uno in camera iperbarica. Gli effetti
di aumento di CO2 e narcosi sono sinergici, ossia si sommano.
Evitate l’alcool. Quando programmate un’immersione, ricordate che l’alcool peggiora i sintomi della narcosi, perciò "una raccomandazione
ragionevole è l’astinenza totale da almeno 24 ore prima dell’immersione. In quel lasso di tempo gli effetti dell’alcool dovrebbero essere
scomparsi" dice il Dr. Laurence Martin.
Immergetevi quando siete riposati. Evitate lavori pesanti prima ed immediatamente dopo l’immersione. Gli sforzi e la fatica possono causare
alti livelli di CO2, che determinano a loro volta effetti metabolici sui neurotrasmettitori cerebrali.
Restate calmi prima di immergervi. Siate ben preparati, così da evitare l’ansia, che aumenta la predisposizione alla narcosi. "L’esatto
meccanismo non è noto", aggiunge il Dr. Peter Bennett, DAN America Chief Executive Officer, "ma ( la narcosi ) agisce sui
neurotrasmettitori del cervello, nella stessa zona dove agisce l’ansia"
Nelle immersioni profonde scendete lentamente. Gli esperimenti hanno dimostrato che la compressione rapida comporta effetti maggiori di
quella più lenta.
Mantenetevi caldi, in quanto il freddo peggiora la narcosi. Come per l’ansia, non si conosce l’esatto meccanismo, ma il freddo può avere
effetti anestetici ed analgesici. Queste reazioni possono sinergizzarsi, con conseguenze superiori al previsto.
Se vi capita, come al nostro amico subacqueo signor Zeimer, di avvertire gli effetti della narcosi e riconoscerli, dirigetevi verso la superficie e
l’aria fresca. Ricordate di respirare, risalite lentamente e fate le tappe di sicurezza, quindi uscite. Ritornerete alla normalità in un attimo, e
se avete altre domande sulla narcosi, chiamate il servizio informazioni mediche DAN.
Di Renée Duncan Westerfield
Direttore della comunicazione DAN America
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