CGO10 Soluzioni 10/11

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CGO10 Soluzioni 10/11
Dispense CHIMICA GENERALE E ORGANICA (STAL)
2010/11
Prof. P. Carloni
LE SOLUZIONI
Le soluzioni sono dispersioni omogenee di due o più specie chimiche, in proporzioni
variabili a piacere. Le particelle delle sostanze disperse hanno dimensioni atomiche o
molecolari e non sono distinguibili con mezzi ottici.
Le soluzioni possono essere definite in base allo stato di aggregazione in cui si trovano.
Soluzioni gassose: sono costituite da due o più gas mescolati fra loro e di solito vengono
definite come "miscele" (aria, i gas di scarico).
Soluzioni solide: sono di solito costituite da un liquido sciolto in un solido e vengono
definite "amalgama" (mercurio in oro) o da due solidi e vengono definite "leghe" (ottone =
zinco in rame).
Soluzioni liquide: possono essere costituite da un gas disciolto in un liquido (O2 in acqua),
da due liquidi (acqua + alcol) o da un solido sciolto in un liquido (sale in acqua).
In una soluzione possiamo riconoscere il solvente ed il soluto: il primo è il componente che
si trova nello stesso stato di aggregazione della soluzione o il componente in maggiore
quantità.
Meccanismo e termodinamica dei processi di dissoluzione
La dissoluzione di un composto solido in un solvente liquido può essere spiegata
basandosi sulla conoscenza delle interazioni tra le molecole che costituiscono il solido e
quelle che costituiscono il solvente.
Perché un solido si sciolga infatti, occorre allontanare le molecole tra loro, rompendo tutte
le interazioni attrattive che tengono insieme l’edificio cristallino. Occorre quindi vincere le
forze di attrazione tra le molecole, e per far questo bisogna fornire energia. Questa
energia deriva in parte dall’azione del solvente: quando un solido si scioglie, significa che
le molecole del solvente sono in grado di rimpiazzare le interazioni attrattive soluto-soluto
con interazioni soluto-solvente. Questo processo si chiama solvatazione.
Ad esempio la molecola d’acqua ha caratteristiche polari, cioè ha delle zone di parziale
carica negativa e zone di parziale carica positiva. Quindi l'acqua può interagire con
molecole polari, riuscendo a disgregare l’edificio cristallino. I solidi ionici si dissociano in
anioni e cationi, mentre i solidi molecolari polari semplicemente si disperdono nella
soluzione. L’acqua è un ottimo solvente sia nei confronti di specie ioniche, a causa della
polarità della sua molecola, sia nei confronti di specie molecolari contenenti gruppi polari,
con le quali stabilisce interazioni dipolari o legame a idrogeno. È per questo che le
soluzioni più importanti e più comuni sono quelle acquose.
I solventi che si comportano come l’acqua, che cioè hanno la possibilità di interagire con
molecole polari, si dicono solventi polari. Altri solventi (solventi apolari) invece sono
costituiti da molecole apolari, quindi non riescono ad avvicinarsi favorevolmente ai soluti
polari, e quindi non sono in grado di dissolverli perché non possono dare luogo ad
interazioni utili con le molecole di soluto. Questi solventi però
possono associarsi ai soluti apolari, e quindi funzionano nella
dissoluzione dei solidi apolari. Quindi:
- i solventi polari (es. acqua, etanolo, metanolo, acetone)
disciolgono i soluti polari (sali, molecole organiche semplici con
gruppi funzionali polari, come acidi organici)
- i solventi apolari (es. benzina, cicloesano, toluene)
Cap10-1
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disciolgono i soluti apolari (idrocarburi, olio, molecole organiche complicate e senza gruppi
polari).
Nel processo di dissoluzione il solvente deve rompere la coesione dell’edificio cristallino.
La coesione è rappresentata dall’energia reticolare (Eretic.), che è la somma delle
interazioni attrattive e repulsive tra tutte le molecole o gli ioni nel cristallo. Quindi per
sciogliere un solido bisogna fornire al sistema un’energia pari ad Eretic. Le molecole del
solvente interagiscono con cationi ed anioni (nel caso della dissoluzione di un solido
ionico) e danno luogo alla solvatazione. Questo implica la formazione di nuove interazioni,
e quindi implica la liberazione di energia a favore del sistema: questa energia si chiama
energia di solvatazione (Esolvat.).
Si possono avere due casi:
Eretic. > Esolvat. significa che l’energia liberata dalla solvatazione non è sufficiente a
disgregare l’edificio cristallino, quindi va integrata con dell’altra energia sotto forma di
calore (ΔHsoluz > 0, processo endotermico).
Eretic. < Esolvat. significa che la solvatazione è più forte della coesione del cristallo, quindi
l’energia in eccesso viene liberata sotto forma di calore (ΔHsoluz < 0, processo esotermico).
Il calore assorbito (>0) o emesso (<0) dal sistema durante il processo di dissoluzione si
chiama entalpia di soluzione e, per una determinata quantità di sostanza, dipende dal
soluto, dal solvente, e dalla temperatura a cui avviene il processo. (ΔHsoluz = Eretic. Esolvat.)
Si verifica che i processi esotermici risultano inibiti da un aumento di temperatura, mentre i
processi endotermici risultano favoriti da un aumento della temperatura. Quindi se un sale
si scioglie con sviluppo di calore, allora scaldando la soluzione il sale si scioglierà di meno.
Viceversa, il caso più comune è quello delle dissoluzioni endotermiche, per cui la
dissoluzione avviene con assorbimento di calore, e un aumento della temperatura fa
sciogliere una quantità maggiore di composto.
Si definisce solubilità (S) di una sostanza, la quantità massima di soluto che riesce a
sciogliersi in una determinata quantità di solvente ad una certa temperatura. Quantità
massima significa che se si aggiunge ancora sostanza solida, questa non si scioglie più
ma si deposita sul fondo del recipiente (corpo di fondo); in questo caso si dice che la
soluzione è satura. Si può quindi definire la solubilità ad una certa temperatura come la
concentrazione della soluzione satura a quella temperatura (è importante specificare la
temperatura perché, come si è già detto, il processo di dissoluzione è influenzato dalla
temperatura). La solubilità di una sostanza dipende dal solvente; ad esempio NaCl si
scioglie bene nell’acqua ma non si scioglie nell'olio.
I tensioattivi
I tensioattivi o surfattanti sono sostanze che hanno la proprietà di abbassare la tensione
superficiale di un liquido, agevolando la bagnabilità delle superfici o la miscibilità tra liquidi
diversi. In genere sono composti organici con un gruppo polare ed un gruppo non polare
(ovvero sono anfifilici). In genere una molecola di tensioattivo viene schematizzata da una
"testa" idrofila a cui è legata una "coda" idrofoba. Numerosi tensioattivi si organizzano in
aggregati supramolecolari, chiamati micelle.
Cap10-2
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Una soluzione acquosa contenente dei tensioattivi ha la proprietà di bagnare prontamente
le superfici, rimuovere lo sporco, penetrare nei materiali porosi, disperdere le particelle
solide, emulsionare oli, grassi e produrre schiuma per agitazione.
I tensioattivi vengono utilizzati negli alimenti (il latte, la maionese e le glasse sono esempi
di emulsioni, il gelato è una emulsione in stato di schiuma), nei saponi e nei detergenti, nei
coloranti, nelle vernici e negli inchiostri, nei cosmetici e nei prodotti farmaceutici.
I detergenti sono dei tensioattivi che hanno lo scopo di rimuovere lo sporco portandolo in
soluzione e quindi lavandolo via. Lo sporco è comunemente costituito da sostanze
grasse, come l’olio, che sono apolari e quindi non si possono sciogliere in acqua e non
possono venire rimosse da un lavaggio in acqua. I saponi funzionano da mezzi di
trasporto molecolari per le molecole di grasso nell’ambiente acquoso. I saponi infatti sono
molecole con una struttura che conferisce loro una doppia funzionalità: hanno una testa
polare, carica negativamente, e quindi possono agevolmente associarsi con le molecole
d`acqua. All’altra estremità della molecola però essi hanno una lunga catena organica,
apolare, e quindi possono agganciare le molecole di sporco e trascinarle in acqua.
Nell’ambiente acquoso, le molecole di sapone si aggregano in formazioni
approssimativamente sferiche, in cui le parti polari stanno sulla superficie, e le parti apolari
sono segregate all’interno della sfera, e si associano tra loro. Queste strutture si
chiamano micelle.
I saponi si possono ottenere dai grassi animali o vegetali, trattandoli con basi forti (es.
KOH), mediante una reazione che si chiama saponificazione:
I detergenti commerciali funzionano analogamente ai saponi, in quanto sono formati da
molecole con una testa polare ed una coda apolare. Sono però stati studiati in modo che i
loro sali di calcio e magnesio siano più solubili in acqua, e quindi possono funzionare bene
anche in acqua dura.
Concentrazione delle soluzioni
A seconda della quantità di soluto disciolto nel solvente la soluzione può essere definita
diluita (poco soluto) o concentrata (molto soluto) o satura (il soluto è in quantità tale da
non riuscire più a sciogliersi nel solvente e quindi rimane come deposito o corpo di fondo
identificabile nella soluzione). La composizione quantitativa esatta di una soluzione e cioè
la quantità di un soluto disciolto in una certa quantità di solvente viene detta
concentrazione o titolo di una soluzione
e può essere espressa in diversi modi a
seconda dell’uso che si fa della
soluzione stessa.
È necessario tenere ben distinti il
concetto di quantità di sostanza e quello
di concentrazione. Chiariamo meglio
questa distinzione con un esempio:
abbiamo una serie di porzioni di
idrossido di sodio ciascuna del peso di
4.0 grammi ed una serie di recipienti
con capacità diverse (50, 100, 250, 500
e 1000 cm3), come rappresentato nella
Cap10-3
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Figura. Trasferiamo ora il soluto nei diversi recipienti ed aggiungiamo acqua fino al
volume indicato. Tutte le soluzioni contengono la stessa quantità di NaOH, cioè 4.0
grammi, ma hanno diversa concentrazione (2M, 1M, 0.4M, 0.2M, 0.1M).
I modi di esprimere la concentrazione possono essere classificati in tre gruppi a seconda
dello stato fisico dei componenti della soluzione:
I. massa soluto/massa soluzione o solvente
II. massa soluto/volume soluzione o solvente
III. volume soluto/volume soluzione o solvente
Per trasformare una concentrazione da un modo a un altro nell’ambito di gruppi diversi è
necessario conoscere le densità (del solvente o della soluzione (I/II) e/o del soluto (I/III,
II/III)
Percentuale P/P (% P/P)
Esprime i grammi di soluto disciolti in 100 grammi di soluzione.
g soluto
% P/P =
x100
g soluzione
E’ poco significativa dal punto di vista chimico ma molto usata in campo applicativo.
Percentuale V/V (% V/V)
Esprime i millilitri di soluto disciolti in 100 millilitri di soluzione.
ml soluto
%V/V=
x100
ml soluzione
Bisogna fare attenzione perché non sempre il volume della soluzione è dato dalla somma
del volume del soluto più il volume del solvente. Viene usata di solito per le soluzioni
liquido-liquido ed è molto usata per esprimere i gradi alcolici.
Percentuale P/V (% P/V)
Esprime i grammi di soluto disciolti in 100 millilitri di soluzione.
g soluto
% P/ V =
x100
ml soluzione
Molarità
Esprime le moli di soluto disciolte in 1 litro di soluzione.
moli soluto
M=
litri soluzione
Normalità
Esprime gli equivalenti di soluto presenti in 1 litro di soluzione
eq soluto
N=
litri soluzione
È molto utile esprimere le concentrazioni in termini di normalità quando si vuole sfruttare la
legge dell'equivalenza chimica.
Oggigiorno l'uso della normalità, come unità di
concentrazione, tende ad essere abbandonato. Sopravvive nell'ambito delle titolazioni
redox, dove risulta di comoda applicazione pratica. La Normalità è quindi una grandezza
Cap10-4
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usata soprattutto in chimica analitica in quanto soluzioni con uguale Normalità reagiscono
tra loro sempre nel rapporto 1 a 1.
Molalità
Esprime le moli di soluto disciolte in 1 Kg di solvente.
moli soluto
m=
Kg solvente
Frazione molare
Esprime le moli di soluto disciolte in 100 moli di soluzione.
moli soluto
moli A
x=
oppure x A =
moli soluzione
moli A + moli B
Ppm (Parti per milione)
Esprime le parti di soluto disciolte in un milione di parti di solvente.
Si calcola dividendo i grammi di soluto per le tonnellate (o megagrammi) di solvente o i mg
di soluto per i Kg di solvente.
g soluto
mg soluto
ppm =
=
t (Mg) solvente Kg solvente
Poiché i ppm esprimono quantità molto piccole di soluto contenute in quantità molto grandi
di solvente, la quantità di solvente e di soluto possono anche essere espresse in moli o in
ml.
Questo tipo di concentrazione viene usata per esprimere concentrazioni molto piccole.
Preparazione e diluizione di soluzioni
Le soluzioni più usate nelle reazioni chimiche
sono quelle il cui titolo è espresso in molarità.
Queste si preparano direttamente sciogliendo
l’opportuna quantità di soluto in una certa
quantità di solvente ed aggiungendo poi
solvente fino a raggiungere il volume di
soluzione desiderato (si dice che si porta a
volume) in un recipiente appropriato che
viene denominato matraccio. Altrimenti una
soluzione può essere preparata per diluizione e cioè prelevando un certo volume di
soluzione concentrata ed aggiungendo solvente fino a
raggiungere l’opportuno volume di soluzione diluita.
La preparazione di soluzioni che abbiano una
determinata concentrazione necessita di calcoli
stechiometrici preliminari per determinare la quantità
di soluto che occorre sciogliere in una determinata
quantità di soluzione o di solvente. In generale, nota
la concentrazione e la quantità di soluzione che
dobbiamo ottenere per determinare la quantità di
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soluto che dobbiamo sciogliere basterà utilizzare le definizioni di concentrazione viste in
precedenza.
Ad esempio per trovare la quantità di soluto necessaria per preparare 100 ml di una
soluzione di acido solforico 0.15 M, poiché Msoluzione = nsoluto / Vsoluzione, basterà fare:1
nsoluto(H2SO4) = Msoluzione x Vsoluzione = 0.15 mol/l x 0.1 l = 0.015 mol
msoluto(H2SO4) = nsoluto(H2SO4) x PH2SO4 = 0.015 mol x 98 g/mol = 1.47 g
Se la quantità di soluzione è espressa in massa è necessario conoscere la densità della
soluzione per convertire la massa in volume o viceversa.
Ad esempio per trovare la quantità di soluto necessaria per preparare 200 ml di una
soluzione di idrossido di sodio al 15 % P/P sapendo che ha una densità di 0.987 g/ml,
poiché %P/P = msoluto / msoluzione x 100, basterà fare:
msoluzione = dsoluzione x Vsoluzione = 0.987 g/ml x 200 ml = 197.4 g
msoluto(NaOH) = %P/P x msoluzione / 100 = 15 x 197.4 g / 100 = 29.61 g
Bisogna tenere sempre presente che la densità è, se non diversamente specificato, riferita
alla soluzione e che quindi non può essere applicata né al soluto, né al solvente. Non si
può quindi usare la densità della soluzione per convertire la quantità di soluto o la quantità
di solvente da g a ml e viceversa, ma solo per convertire la quantità di soluzione; inoltre
soluzioni a diversa concentrazione hanno densità diverse anche se costituite dallo stesso
soluto nello stesso solvente.
Per esprimere una concentrazione in un modo diverso da quello che conosciamo bisogna
convertire le unità di misura del soluto e della soluzione (o del solvente) tenendo sempre
presente che una certa quantità di soluto è sempre relativa ad una certa quantità di
soluzione (o di solvente).
Ad esempio per descrivere in %P/P la concentrazione di una soluzione di acido cloridrico
0.1 M con densità 0.967 g/ml, bisognerà esprimere sia il soluto che la soluzione in grammi
tenendo sempre fisso il rapporto che c’è fra di essi (ci sono 0.1 moli di soluto in 1 litro di
soluzione):
soluto
nsoluto = 0.1 mol
msoluto(HCl) = nsoluto x P(HCl)
msoluto = 0.1 mol x 36.5 g/mol = 3.65 g
solvente
Vsoluzione =1 l
msoluzione = dsoluzione x Vsoluzione
msoluzione = 0.967 g/ml x 1000 ml = 967 g
% P/P = msoluto / msoluzione x 100 = 3.65 g / 967 g x 100 = 0.38 %
Per preparare una soluzione per diluizione, bisogna invece considerare che la quantita di
soluto presente nella soluzione concentrata che andiamo a diluire è uguale alla quantità di
soluto presente nella soluzione diluita che andiamo a preparare.
Ad esempio se dobbiamo preparare 1 litro di una soluzione di HCl 0.15 M da una
soluzione di HCl 2 M, dovremo fare:
nsoluto(dil) = Msoluzione(dil) x Vsoluzione(dil) = 0.15 mol/l x 1 l = 0.15 mol
nsoluto(dil) = nsoluto(conc) = 0.15 mol
Vsoluzione(conc) = nsoluto / Msoluzione(conc) = 0.15 mol / 2 mol/l = 0.075 l = 75 ml
1
n = moli; m = massa; P = peso molecolare; V = volume; d = densità
Cap10-6
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Praticamente, dovremo prelevare 75 ml della soluzione di HCl 2 M, li dovremo introdurre in
un matraccio da 1 litro e dovremo aggiungere acqua fino al volume di 1 litro.
PROPRIETÀ COLLIGATIVE.
Una proprietà colligativa è una proprietà delle soluzioni che dipende solo dal numero di
particelle (molecole, ioni o aggregati sopramolecolari) che compongono la soluzione e non
dalla natura delle particelle stesse. Esse sono tipiche delle soluzioni formate da piccole
quantità di un soluto non volatile sciolte in un solvente. Andiamo ora a prendere in esame
in dettaglio le proprietà colligative.
Abbassamento della tensione di vapore.
La pressione di vapore di una soluzione diluita di un soluto non volatile è sempre minore di
quella del solvente puro.
Consideriamo una soluzione ideale e cioè una soluzione in cui le interazioni solutosolvente sono uguali a quelle soluto-soluto e a quelle solvente-solvente: in queste
condizioni le molecole di ognuno dei componenti la soluzione passano dallo stato liquido
allo stato di vapore con la stessa facilità che incontrano quando esso è puro.
Una soluzione reale si comporta idealmente quando il soluto ha caratteristiche simili al
solvente e se è abbastanza diluita. In questo caso ad essa può essere applicata la legge
di Raoult che dice che la pressione di vapore della soluzione è uguale alla somma delle
pressioni di vapore dei singoli componenti la soluzione ognuna moltiplicata per la rispettiva
frazione molare. Quindi:
P = x SPSD + x LPLD
dove P°S rappresenta la tensione di vapore del soluto, P°L quella del solvente (liquido) e xS
e xL le rispettive frazioni molari.
Se consideriamo una soluzione il cui soluto sia non volatile, la pressione di vapore del
soluto sarà tendente a zero ( PSD ≈ 0 ) e quindi l'equazione diventerà
P = x LPLD
Poiché xL è sempre < 1 per definizione, la pressione di vapore della soluzione sarà minore
di quella del solvente puro.
Innalzamento ebullioscopico
La variazione della tensione di vapore comporta la variazione di altre proprietà come il
punto di ebollizione e il punto di congelamento.
A causa dell'abbassamento della tensione di vapore di
una soluzione diluita di un soluto non volatile rispetto a
quella del liquido puro si ha uno spostamento verso
destra della curva liquido-gas sul diagramma di stato
del liquido preso in esame. Questo comporta un
innalzamento della temperatura di ebollizione della
soluzione rispetto a quella del liquido puro alla stessa
pressione.
La variazione della temperatura di
ebollizione si dice innalzamento ebullioscopico ed è
proporzionale alla concentrazione della soluzione
Cap10-7
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espressa come molalità.
ΔTe = ke m
La costante di proporzionalità ke si dice costante ebullioscopica ed è caratteristica per ogni
solvente.
Quindi l'aggiunta di un soluto non volatile a un solvente dà luogo a una soluzione il cui
punto di ebollizione è maggiore (innalzamento ebullioscopico) di quello del solvente puro.
L'entità dell'effetto è proporzionale alla concentrazione molale (m) della soluzione.
Abbassamento crioscopico.
La presenza di un soluto non volatile in un liquido sposta anche la linea solido-liquido
verso sinistra: questo comporta un abbassamento della temperatura di congelamento
della soluzione rispetto a quella del liquido puro alla stessa pressione. La variazione della
temperatura di congelamento si dice abbassamento crioscopico ed è proporzionale alla
concentrazione della soluzione espressa come molalità.
ΔTc = kc m
La costante di proporzionalità kc si dice costante crioscopica ed è caratteristica per ogni
solvente.
Quindi l'aggiunta di un soluto non volatile a un solvente dà luogo a una soluzione il cui
punto di congelamento è minore (abbassamento crioscopico) di quello del solvente puro.
L'entità dell'effetto è proporzionale alla concentrazione molale (m) della soluzione.
Pressione osmotica.
Se una soluzione di un soluto non volatile, viene messa a contatto con una uguale quantità
di solvente puro attraverso una membrana che permetta il passaggio delle molecole di
solvente ma non quelle di soluto, si viene a creare una pressione che spinge le molecole
del solvente dal liquido puro alla soluzione.
Come conseguenza di tale pressione aumenterà il livello della soluzione e si abbasserà
quello del liquido puro fino a quando la pressione esercitata dalla colonna di liquido in
eccesso non eguaglierà la pressione esercitata dalle molecole di solvente.
E’ detta
pressione osmotica la pressione che dobbiamo esercitare sulla soluzione aumentata di
livello affinché si torni alla condizione iniziale; questa è proporzionale alla molarità della
soluzione stessa secondo l'equazione:
Π=mRT
Indipendentemente dalla natura del soluto, soluzioni aventi la stessa concentrazione
hanno medesima pressione osmotica e si dicono isotoniche; tra soluzioni a diversa
concentrazione si dicono ipertoniche le più concentrate, ipotoniche quelle a più bassa
concentrazione.
Cap10-8
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Pressione osmotica e conservazione degli alimenti
Pensiamo per un attimo ad una marmellata fatta in casa... lo zucchero viene aggiunto in
abbondanza non solo per migliorarne il sapore, ma anche e soprattutto per aumentarne la
conservabilità. Eppure, lo zucchero è elemento importante per la vita di molti
microrganismi coinvolti nella degradazione del prodotto. Questo apparente controsenso
viene smontato dal concetto di osmosi. Se applichiamo questa legge alla marmellata,
infatti, essendo la sua pressione osmotica nettamente superiore, le cellule batteriche
presenti nel vasetto perdono acqua per osmosi, raggrinzendosi e morendo (o perlomeno
inattivandosi). L'uso di soluzioni ipertoniche, quindi, aumenta i tempi di conservazione
degli alimenti, perché riduce la disponibilità di acqua per la vita e la proliferazione dei
microrganismi. Le leggi dell'osmosi sono sfruttate anche nelle salamoie (in cui gli alimenti
sono immersi in soluzioni ipertoniche dove il soluto è il comune sale da cucina). Altri
esempi sono dati dai capperi (o dagli altri alimenti conservati sotto sale) e dai canditi. Così,
nel caso vi foste chiesti come mai il sale vada aggiunto alle bistecche solo a cottura
terminata, ora avete la risposta: la sua presenza sulla carne cruda favorisce l'uscita dei
succhi intra ed extracellulari, riducendone l'appetibilità; allo stesso modo certe verdure
vengono cosparse di sale e lasciate riposare per un paio d'ore, proprio per consentire
all'osmosi di spurgare la loro acqua.
Cap10-9