la uilt nel territorio: qui venezia
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Poste Italiane Spa - spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 - DCB PER LE STRADE D’EUROPA MENSILE DELLA UILTRASPORTI - ANNO XX - NUMERO 1 - GENNAIO 2011 ANNO 2011 C’è da mettere mano a tutti i settori del trasporto. Impresa difficile che occorre condurre con determinazione e carattere EDITORIALE 1 GUIDA AL NUMERO EDITORIALE - L’impresa è “ciclopica”: ma dobbiamo provarci di Giuseppe Caronia 1 - 14 Dicembre 2010 Sacco di Roma o Sacco della Gioventù? di S.F. 3 LE INTERVISTE - ControluceSimeone di Santino Fortino 4 LE VIE DEL MARE - IPSEMA: ultimo atto di una politica sbagliata di Angelo Patimo 6 LE VIE DEL CIELO - Un sistema senza regole di Marco Veneziani 8 I CONTRATTI - Sale in quota il contratto degli impianti a fune di Roberto Napoleoni 9 - Finalmente c’e’!! di Sergio Tarabù 11 VOLARE NECESSE EST… - Italy Airspace Expo di Giancarlo Serafini 12 DEMOCRAZIA SINDACALE - Quale modello di rappresentanza dopo Mirafiori? di Antonio Ascenzi 13 ECONOMIA E SOCIETÀ - Indebitamento delle famiglie e sistema bancario di Dario Del Grosso 15 2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI - Su Garibaldi non tutti la pensano allo stesso modo di Luigi Annunziato 18 LA UIL NEL TERRITORIO - Dalle nostre redazioni regionali Veneto (Zacchei) Piemonte (Fusaro) Lombardia (Chiari) Calabria (Bartolo) Campania (Gambardella, Simeone) Umbria (Caini, Emili) Sardegna (Sias) 24 L’impresa è “ciclopica”: ma dobbiamo provarci N on è per citare noi stessi, ma strutture ci vengono segnali inquiel’ultimo editoriale dell’anno tanti e purtroppo “ripetitivi”. “Non testé trascorso, lo intitolam- c’è pace tra gli ulivi” per ciò che conmo “nessun dorma”. Volevamo in- cerne la mobilità e il contratto che tendere che il 2011 sarebbe stato un dovrebbe armonizzarne strutture a anno difficile, se non decisivo, mol- condizioni di lavoro in un “tuttuno” to importante per il nostro Paese, e, che ne assicuri crescita e produttivisoprattutto per i lavoratori che noi tà; nei porti di questa nostra grande “passerella del Mediterraneo” crocerappresentiamo. via dell’est e dell’ovest, Lavoratori che prestano del nord e del sud, ci sola loro opera in settori DI GIUSEPPE CARONIA no carenze “sistemiche” non soltanto strategici che a dir poco possono per l’economia nazionale (e, a ben riflettere, non soltanto per considerarsi abnormi; le cosiddette l’economia nazionale…) ma financo Vie del Cielo sono percorse da una essenziali per lo sviluppo e la so- incerta “programmazione” organica pravvivenza di attività preziose e in- alle nuove dimensioni del nostro sostituibili per la produzione e la cir- “percorso planetario” (fino a qualche colazione di beni, di servizi, di siner- decennio fa in Cina, a parte Marco Polo, ci andavano poche centinaia di gie virtuose per il vivere civile. Puntualmente da questi settori, a ter- abitanti del nostro Paese, mentre ogra, in mare, nel cielo e nelle infra- gi…); i binari continuano a restare PER LE STRADE D’EUROPA 2 EDITORIALE “roventi” non soltanto per i malcapitati pendolari…e la Salerno-Reggio Calabria (a proposito, sta ancora lì?) è diventata un mito come un mito potrebbe diventare il “Ponte sullo Stretto” se si continua solo a parlarne (a proposito e a sproposito…) Dobbiamo tutti essere consapevoli di come sia difficile per un sindacato, democratico, laico, riformista che intende difendere interessi tenore di vita e diritti dei lavoratori inquadrandoli nel sistema di interessi di tenore di vita e di diritti dell’intero Paese ope- rare in un quadro d’assieme come quello (certamente disdicevole e non favorevole all’assunzione di precise e mirate responsabilità) del nostro Paese. E però non possiamo farne a meno di “insistere”. Anche perché tempo poi Direttore Responsabile non sembra essercene troppo per SANTINO FORTINO “correggere il tiro”, e la strategia. Sta cambiando il mondo, ma ce ne Redazione: accorgiamo o no? Roma - Via di Priscilla, 101 - tel. Confini, produzioni, tecnologie, rap06.862671 porti sociali, dimensioni territoriali, e-mail: non son più come erano una volta. [email protected] Autorizzazione del Tribunale di Roma E così, esigenze, misure, comportan. 00445/92 del 14/07/1992 menti per essere virtuosi e positivi ai Comitato di redazione: fini degli scopi che si propongono Max Colonna,Giuliano Galluccio, (che per quanto ci riguarda sono, Salvatore Ottonelli, Angelo Patimo, quelli si, sempre gli stessi: servire al Gian Carlo Serafini, Roberta Rossi, meglio la causa e gli interessi dei laMarco Verzari voratori) debbono “rapportarsi” alle Segreteria di redazione: nuove realtà. Carola Patriarca Ce lo ha insegnato in modo clamoroGrafica e impaginazione: so anche il recente “caso” FIAT. DoFranco Bottoni Studio ve l’esigenza di “rispondere” con un e-mail: [email protected] SI all’impegno di investire su occuUna copia Euro 2,00 pazione lavoro e produttività per deAbbonamento annuale Euro 22,00 cine di migliaia di lavoratori (fabbriAbbonamento sostenitore Euro 300,00 ca e indotto compresi) è stata con Associato all’Unione miope intransigenza (diciamo “mioStampa Periodica Italiana pe” per amor di dialogo…) contraEDIZIONI “PER LE STRADE D’EUROPA SRL - PIAZZA DELLA LIBERTÀ, 10 - ROMA stata da un sindacato che a mio avviSTAMPA: GRAFICA RINASCIMENTO SRL - VIA GIUSEPPE VACCARI, 9 - ROMA so “non ha fatto, per l’occasione, il FINITO DI STAMPARE GENNAIO 2011 suo mestiere”. Sono convinto che, I manoscritti, anche se non pubblicati, nell’animo e nella convinzione dei non si restituiscono lavoratori, fossero molti di più i voti PER LE STRADE D’EUROPA favorevoli all’accordo, che comunque ha ottenuto la maggioranza, di quanti non ne, siano in effetti, usciti dalle urne (54% contro il 46%). E penso che a “salvare la coscienza” votando no per rispondere ai dubbi più o meno giustificati sulle clausole contrattuali, molti lavoratori siano stati indotti dalla certezza che, comunque, l’accordo sarebbe passato e “l’investimento” confermato. Bene, quindi, hanno fatto la UIL e gli altri sindacati firmatari dell’accordo a “credere” in se stessi, e, anzitutto, nel “progetto” che avrebbe dovuto raggiungere l’obbiettivo di salvare la fabbrica, l’occupazione, il salario. Questo è il senso che deve, che dovrebbe avere sempre la nostra azione. Credere in noi stessi, nelle nostre idee, e nella nostra capacità di farle diventare realtà confrontandoci senza pregiudizi. Come abbiamo visto non sono idee da poco: sono un programma che, avendo a riferimento l’intera area del sistema Paese investe settori già difficili da governare e addirittura difficilissimi da riformare in meglio. E’ troppo se chiediamo a tutti, ai lavoratori e agli imprenditori, al Governo e alle Istituzioni di collaborare in questa (ciclopica…) impresa? Giuseppe Caronia Segr. Gen. Uiltrasporti EDITORIALE 3 14 dicembre 2010 Sacco di Roma o Sacco della Gioventù? di S.F. N ell’attualità, la “purezza” e la “spontaneità” di una protesta sembra ormai solo una questione di interesse archeologico. La vicenda dell’ennesimo “sacco di Roma”, mi riferisco a quello perpetrato nella manifestazione studentesca del 14 dicembre 2010, è servito, se ce ne fosse stato bisogno, a portare la realtà sotto gli occhi di tutti: i disordini e le ferite alla città eterna, sia materiali che di immagine, prodotte dal “movimento”che siano stati studenti o altro, non sono frutto di ragazzi romantici, idealisti, sognatori, arrabbiati perché non intravedono un futuro non dico roseo ma, almeno visibile e che non riescono a traguardare un obiettivo certo per il quale oggi si stanno impegnando con lo studio o con il lavoro precario e di attesa. Dietro c’è gente disperata a cui il futuro non interessa, la cui vocazione è solo quella di “combattere” lo Stato e le Istituzioni qualunque esse siano e a prescindere da chi le guida. Una compagnia di anarchici nel senso più povero della parola, di attivisti di pseudo centri sociali, di rappresentanti di base di lavoratori disperati, eredi di un anarcosindacalismo, di comitati di lotta che non si negano mai a nessuno e buoni per tutte le motivazioni e per tutte le stagioni, di infiltrati, di rivoluzionari stranieri nomadi e in missione nel nostro Paese, di ultras, insomma, che stanno serrando le fila e stanno pericolosamente coinvolgendo quella gran massa di giovani che invece vogliono solo protestare contro quello che ritengono ingiustizie e che hanno diritto di farlo ogni qual volta lo ritengono necessario come se fossero sentinelle, come se fosse una pietra miliare per la loro strada verso il futuro. Questi ultimi, appena una settimana dopo, dimostrando in pieno il loro senso civico, sono tornati a manifestare, attraverso spontanee e folcloristiche iniziative, la loro volontà di interloquire democraticamente sul loro futuro. Non ho minimamente intenzione di star qui a riproporre una discussione sul motivo della protesta, né fare alcuna valutazione politica che tutto potrebbe fare meno stravolgere la verità o peggio falsificarla, perché la verità è sempre sotto gli occhi di tutti. A volte sembra che i figli e le loro “scappatelle” o “cazzate giovanili” siano un orpello per i genitori, un fastidio, un peso, una limitazione... Voglio o meglio vorrei soltanto e con poche parole fare un appello non solo ai responsabili istituzionali affinché si rendano conto realmente in che condizione oggi si stia vivendo sia per quanto riguarda l’economia, la socialità, la moralità e la rappresentanza, ma anche alle famiglie, ai genitori affinché pur nelle oggettive difficoltà, cerchino di salvaguardare l’unico bene che nessuna ideologia o nessun politico può toglierci: i nostri figli. Nessuno può toglierceli, a meno che non li consegniamo noi a chi ha in mente di sconvolgere “in peius” la società moderna già sconvolta per se stessa da repentini stravolgimenti d’origine tecnologica o di fughe in avanti di filosofie new-age che sono solo sacchi vuoti. I genitori, noi, io che ho fatto il sessantotto e lo ricordo con amarezza per esse- re stato oggetto e non soggetto, dobbiamo avere più cura dei nostri figli ma non coccolandoli soltanto con telefonini all’avanguardia, hai-pod, tv tridimensionali o bolidi a due ruote, e neppure concedendogli di rientrare tardi o non rientrare affatto, ma vivendo con loro, ascoltandoli, capendoli, immedesimandoci nel loro modo di pensare e di vivere per guidarli, per essere protagonisti di una società nuova e non comparse di massa. A volte mi sembra, che i figli e le loro “ scappatelle o cazzate giovanili” siano un orpello per i genitori, un fastidio, un peso, una limitazione. Questo fa si che loro si allontanino dai nidi, dalla tana non avendo alte camere di decantazione, e così vengono fagocitati da chi non fa altro che aspettarli. Non voglio e non posso fare il moralista, non ne ho le caratteristiche né la vocazione, ma gli incidenti di Roma mi hanno fatto pensare e riflettere anche a causa dell’età. Desidero solo fare l’appello a cui accennavo prima a quanti avranno la bontà di leggere queste righe su questa rivista di lavoratori e di sindacalisti, quelli impegnati, quelli responsabili, quelli rappresentativi, per cercare di impostare un futuro migliore. Attenzione, dunque, diamo uno sguardo più vero ed amorevole verso i nostri figli, tutti, ma in particolar modo a quelli appartenenti ad età a rischio. C’è, ripeto, chi li aspetta, chi vuole fare tra le loro disavventure, il loro antagonismo, la loro forza vitale, i loro sogni, una cerniera un corpo unico da adoperare e mandarlo allo sbaraglio. Chi sono questi? Ognuno di noi ci pensi un po’ su e si da una risposta, qualunque essa sia però, facciamo in modo che questo non accada per goderci, potendo, una serena vecchiaia lasciando in eredità una società vivibile e serena. PER LE STRADE D’EUROPA LE INTERVISTE 4 CONTROLUCESIMEONE INTERVISTA O SOGNO? di Santino Fortino D opo il Segretario Generale Giuseppe Caronia, abbiamo spostato la nostra “telecamera dei sogni” su un altro membro della Segreteria Nazionale Uilt, Luigi Simeone Segretario Organizzativo e Segretario del comparto Mobilità, e tra immaginazione e realtà abbiamo rischiato anche con lui di cogliere il “lato umano”, un Simeone in borghese che ci racconta se stesso. Nonno tranviere, padre tranviere, parenti tranvieri e spesso con responsabilità nella categoria, ti appartiene in maniera inconfutabile il dna di questo settore? R. Il settore del Trasporto Pubblico Locale ha costituito per anni un aspetto sintomatico della vita del nostro Paese, per intere generazioni costituiva un incontro con la vita sociale, il pullman ( come si chiamava una volta) era il luogo d’incontro per andare a scuola, per certi aspetti era anche il modo con cui si caratterizzava una comunità, oggetto finanche di film e quindi anche un aspettativa di modello di vita lavorativa. Oggi non si può dire che sia ancora così, prima perché forse non costituisce più un modello, secondo perché non garantisce più stabilità economica ed in ultimo perché non viene più apprezzato, e forse giustamente, dall’utenza come un servizio offerto al livello delle loro aspettative. In questo quadro Io facevo un altro lavoro, insegnavo Ed. fisica, e non avrei mai pensato di diventare Macchinista come poi è successo negli anni 80’ all’indomani del terremoto dell’Irpina che segnò fortemente il mondo della scuola in Campania e che mi catapultò in un mondo che se non era nel mio DNA sicuramente stava scritto da qualche parte. PER LE STRADE D’EUROPA Nella tua esperienza di Segretario nazionale della Mobilità, quanto ti trascini del passato vissuto come responsabile della tua regione e quanto ti condiziona? R. L’esperienza maturata a Napoli costituisce un punto di riferimento anche per l’attività che sta continuando in Segreteria Nazionale e non poteva essere diverso,visto che ritengo che siano proprio i valori realizzati e prodotti in Campania, che hanno potuto determinare l’accesso alle nuove funzioni. Se dovessi dire che le nuove funzioni non siano condizionate dalle conoscenze pregresse, rischierei di non essere credibile, quindi Ti dico che la conoscenza delle realtà produttive, politiche ed organizzative della Uilt e del mondo dei Trasporti che mi porto dietro, mi aiutano a comprendere meglio e più a fondo quelle di cui mi occupo adesso, costituendo spesso un riferimento abbastanza affidabile, per interpretarne diverse che anche se lontane geograficamente sono molto simili e ne ripetono pregi e difetti, e che qualcuno vanamente ha tentato e tenta di distinguerle più per esigenze personali che per fondati motivi oggettivi. Lo sforzo di ogni giorno sta nel mettere a disposizione quanto in proprio possesso cercando di cogliere e costruire nuove opportunità per tutti, sia per quelli che ne hanno di più, che per quelli che ne hanno di meno, e questo non corrisponde quasi mai ad un logica geografica o politica, essendo affidata agli uomini che ne sono ugualmente gli artefici ad ogni latitudine. Vivi da pendolare tra Napoli e Roma, molto spesso lontano dalla famiglia, che ne pensano? R. Interpretare i pensieri di altre persone è sempre cosa difficile, loro sono una parte importante anche della mia attività lavorativa, senza il loro apporto non penso che sarei potuto riuscire, senza le loro e le mie rinunce tutto sarebbe stato diverso e più difficile di quanto non sia adesso. Penso, o almeno voglio pensare, che preferirebbero avermi a casa tutte le sere, ma questa è un’aspettativa vecchia non sempre corrisposta, perché non ho mai ho fatto una vita granché ordinaria, prima per lo sport e poi per l’impegno sociale e per i lavori che ho fatto, ma come si dice non è la quantità che conta. Caratterialmente sei più riservato o estroverso nei giudizi, quanti ti conoscono bene? R. non si tratta di riservatezza o estroversione , ma piuttosto di franchezza, ho sempre fatto della lealtà e del rapporto diretto una mio modello di relazioni. Non sempre ci riesco e non sempre è utile, in molti casi nell’immediato comporta qualche avversione ma a distanza posso dire che di solito paga, la difficol- LE INTERVISTE tà sta nel fatto che molti pensano di sapere tutto di tutti, io parto dall’esigenza di dover scoprire sempre qualcosa di nuovo di ognuno e quindi non posso far mistero di me, ecco perché mi presento per quello che sono... quasi sempre! Non so quanti mi conoscono bene, ma sicuramente, quelli che colgono le mie passioni sanno molto di me, perché anche un’escursione in montagna o una gita in barca con buoni amici è momento di conoscenza vera, del resto un’attività professionale lascia segni indelebili di te, visto che alla fine quelli con cui passi buona parte della tua giornata sono i colleghi di lavoro, se lasci buoni segni dove sei stato allora tutti ti conoscono un po’ e tutti ne sanno una parte importante ma pur sempre una parte, sta a te in ultimo trovare il filo che lega tutte queste valutazioni e farne tesoro. Ora una domanda che rivolgiamo a tutti i personaggi che hanno forti responsabilità: sei più temuto o rispettato? R. E’ posta male, permettimi di dirlo con franchezza, non ritengo di essere un personaggio ma solo di esercitare una funzione affidatami dopo anni di lavoro a partire da quando facevo il rappresentante dei Macchinisti della SEPSA, spero di non dover essere mai temuto perché sarebbe per me una sconfitta, ho sempre cercato il consenso, anche con fermezza e durezza quando l’ho ritenuto opportuno, ma mai ho mirato al rispetto fine a se stesso, semmai alla condivisione delle idee e dei progetti e quindi alla considerazione delle intelligenze che li producono e delle gambe su cui camminano, che non sono mai di uno ma di tanti, ecco quelli sono da rispettare sempre e talvolta anche da temere. Quando stabilisci rapporti veri con le persone con cui interagisci in ogni aspetto della tua vita sociale, non è importante cosa Vi lega ma piuttosto come si sviluppa il vostro rapporto, questo qualifica i livelli di relazione e stabilisce rapporti umani che superano i concetti di timore e rispetto. Sei stato uno sportivo di livello, hai continuato a mantenere la competitività e lo spirito di squadra? E ancora che suggestione continui a provare quando senti l’inno di Mameli? R. La competitività è intrinseca nell’uomo, il desiderio di misurarsi è fonte di energia, del resto accettare e ricercare sempre nuove sfide costituisce un elemento di vita cui difficilmente sono mai riuscito a sfuggire, spesso mi sarei potuto accontentare degli obiettivi raggiunti che invece hanno sempre costituito tappe importanti, ma pur sempre tappe di un percorso da seguire giorno per giorno insieme con quelli che con me hanno accettato le sfide. Nello sport partimmo anche qui dal basso, un gruppo di ragazzi che avevano in comune la scuola media, siamo arrivati insieme lontano e poi in giro per l’Italia divisi per opportunità di mercato, ma sempre grazie a quella squadretta di periferia che nobilitava una zona poi diventata venti anni dopo tristemente famosa con la costruzione di “Scampia” dove l’inno di Mameli si sente poco forse perché si sente poco lo Stato, ecco perché ora non mi incanta più di tanto, soprattutto quando lo cantano sportivi superpagati, meglio quando lo sentivo alle partite della rappresentativa di pallacanestro della Marina Militare dove ho giocato nel 1981 /82. La tua militanza nel Sindacato è stata una scelta di vita o che? R. La mia attività sindacale è nata quasi automaticamente, quando nel Luglio 84 assunto insieme ad altri 12 giovani avemmo il problema di dover esigere le ferie estive che secondo qualcuno solo perché assunti il 3 luglio non rientravano nei nostri diritti. M’incaricai del problema e fu la prima vertenza che si concluse con 15 giorni di ferie assegnati a quei giovanotti poi diventati i miei primi elettori in occasione del rinnovo delle Rappresentanze aziendali. Una scelta fortemente voluta che mi ha cambiato la vita, mi ha dato tante soddisfazioni ma anche richiesto tante rinunce, alla fine è stata ed è una scelta fortemente voluta in continuità con l’impegno sociale inizia- 5 to da adolescente in una parrocchia con l’amico don Vittorio Siciliani parroco di Scampia e proseguito nella grande famiglia della Uil Per finire, durante il Congresso della Campania ho visto il tuo figliolo Mattia preso a disegnare mezzi di trasporto mentre facevi la relazione, evidentemente anche lui è preso… Non hai paura di allevare un concorrente o lo stai preparando? R. I bambini percepiscono molto meglio dei grandi aspetti particolari che normalmente sfuggono, in occasione dell’ultimo congresso regionale della Uilt Campania per la prima volta Mattia, più piccolo di Simone ed Andrea, ha assistito ad un congresso del suo Papà e ciò non per farlo soffrire ma solo perché era l’ultimo evento nella mia funzione regionale che concludeva una fase della mia storia nella Uil. La cosa più significativa è che Mattia in occasione della mia relazione, mentre dormiva, aveva disegnato una vignetta in cui l’oratore, che ero io, in una didascalia diceva: “un Paese che non discute è un paese morto” la cosa straordinaria era costituita dal fatto che il più piccolo dei miei figli e di tutti quanti erano in quella sala, aveva percepito la frase più importante della intera relazione. La cosa mi ha colpito e mi ha fatto riflettere, perché probabilmente lasciando la Campania ho voluto cogliere in quell’evento il segnale che qualcosa di buono avevo lasciato, visto che finanche il più piccolo di quanti mi avevano ascoltato portava con se il senso di quello che volevo dire e se era proprio mio figlio che me lo stava trasmettendo, allora voleva dire che la semina era stata buona e la soddisfazione grande nel vedere realizzato un obbiettivo: creare concorrenza e non rivalità e lasciare ai giovani il compito di parlare e confrontarsi senza steccati e senza paure per crescere e far del sindacato il luogo di crescita comune, esattamente come una famiglia e Mattia non poteva che esserne la più vera ed incontaminata rappresentazione. PER LE STRADE D’EUROPA 6 LE VIE DEL MARE IPSEMA: ULTIMO ATTO DI UNA POLITICA SBAGLIATA di ANGELO PATIMO C on atto ufficiale, e certificato dai propri organismi delegati ai relativi provvedimenti, stante l’avvenuta, inopinata, soppressione dell’ente accorpato nell’INAIL, l’IPSEMA, Istituto di Previdenza per i Settore Marittimo, ha chiuso il bilancio 2009 registrando un avanzo economico con un attivo di 6,8 milioni di euro. Un attivo superiore di 216 mila euro a quello conseguito nel precedente esercizio, quello dell’anno 2008. Si conferma, quindi, un andamento positivo di gestione. Andamento che è consolidato, per la rigorosa,sistematica corretta politica economica- amministrativa dell’Ente, cosi come pure, in passato, delle storiche tre Casse Marittime, (Adriatica, Meridionale e Tirrena). Casse Marittime soppresse, attraverso l’accorpamento, in linea, allora, con le finalità di riordino degli enti pubblici di previdenza e assistenza, con il d.lgs. n. 479/94, istitutivo dell’IPSEMA. Un andamento positivo che si regge, e si reggeva, oltreché su una razionale e rigorosa politica della gestione delle risorse finanziarie, anche e specialmente su un sistema, per il reperimento delle stesse, di autodeterminazione delle aliquote contributive a totale carico delle imprese armatoriali. Un andamento di gestione dell’ente IPSEMA, quindi, con bilanci che si chiudono, sistematicamente, con significativi avanzi di esercizio. Un sistema, perciò, la cui fonte di finanziamento delle risorse, concorre, in ultima analisi, automaticamente, al contenimento del costo del lavoro marittimo. Una premessa, questa, doverosa, in presenza di un incomprensibile provvedi- PER LE STRADE D’EUROPA mento, quello della scioglimento dell’ IPSEMA e della sua confluenza in INAIL , in applicazione dell’art.7, della legge30/7/2010, n. 122, legge di conversione del DL n. 78 del 31/5/2010. Provvedimento devastante per gli effetti che si produrranno in materia di welfare a sostegno del reddito dei lavoratori marittimi, e quindi, assolutamente incomprensibile In aggiunta,un provvedimento ancorchè più incomprensibile, se le motivazioni addotte per sostenere le argomentazioni, alla base dello stesso provvedimento, risultano alla fine inconsistenti, dal momento che la operazione di accorpamento all’INAIL , nel quadro della manovra correttiva dei conti pubblici, risulta priva di effetti positivi sul bilancio dello Stato. Infatti, è quantomeno incomprensibile sopprimere un istituto in attivo, per una politica dei conti pubblici, finalizzata, fra l’altro, per gli enti pubblici, al risparmio ed alla razionalizzazione, con un recupero di 630 mila euro, cosi quantificato con decreto 78 del 31 maggio 2010. In un momento in cui, poi, nello stesso istituto IPSEMA, si erano avviate una serie di iniziative finalizzate alla riorganizzazione dello stesso. Riorganizzazione che avrebbe consentito , attraverso l’abbattimento di costi,il recupero di ulteriori risorse. Incomprensibile, perché ha sottratto al nostro Paese, che ha la terza flotta europea con 17 milioni di tonnellate al 31 dicembre 2009, l’ente di riferimento della Gente di Mare, in controtendenza alle politiche Comunitarie degli altri paesi a vocazione marittima. Tutto questo, poi, nell’anno 2010, anno proclamato in sede internazionale anno del marittimo. Senza contare, inoltre, la coincidenza, sempre nell’anno 2010, della soppressione dell’IPSEMA con la ratifica della Maritime Labour Convention 2006, autorizzata dal Consiglio dell’Unione Europea agli Stati membri. Ratifica che prevede per la Gente di Mare specifiche strutture, regolamenti, organizzazioni in materia di sicurezza sul lavoro a bordo alle navi, sicurezza della navigazione, prevenzione e welfare. Non è neppure condivisibile la ulteriore motivazione, a sostegno della soppres- LE VIE DEL MARE sione, riferita alla realizzazione di un polo unico della sicurezza, dal momento che, in materia di salute e sicurezza, è in atto un serrato dibattito per coordinare la specificità delle norme del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, “Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali…” al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Per tutte queste ragioni, le parti sociali, sindacali e datoriali, attraverso un avviso comune, si erano fortemente opposte alla operazione di soppressione dell’IPSEMA, proponendo un emendamento al succitato articolo 7 della legge 122/2010. Emendamento finalizzato alla valorizzazione della specificità del settore marittimo, che contribuisce col 3% al PIL nazionale. Questo, attraverso la costituzione di un ente unico, Ente Sociale Italiano della Navigazione, ESIN. Ente ESIN, in cui riunire tutte le istituzioni pubbliche con competenze specifiche del settore marittimo, con funzioni di tutela dei lavoratori, accorpando l’IPSEMA, il SASN, (Servizio Assistenza Sanitaria), l’USMAF (Ufficio di Sanità Marittima e Aerea di Frontiera), e CIRM (Centro Internazionale Radio Medico) e quindi valorizzando la specificità e l’autonomia dell’Istituto stesso su tutte le competenze in materia assicurativa, previdenziale, salute e sicurezza sul lavoro. Specificità, che deriva dalla particolarità delle prestazioni di lavoro della Gente di Mare, oggetto negli ultimi anni di una serie di provvedimenti, derivanti da una vera e propria stagione di riforme, che hanno avviato un processo di assimilazione del lavoro marittimo a quello della generalità del lavoro a terra.Processo avviato con la soppressione del Ministero della Marina Mercantile, e la sua tra- 7 sformazione in Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Cosi come pure, in tal senso, basterebbe citare la legge sull’orario di lavoro, la 108/05, e la riforma del collocamento marittimo, comunque avviata ma non completata per assenza dei decreti attuativi. Un processo di assimilazione assolutamente incomprensibile se solo si ripercorre tutta la vicenda, a tutt’oggi non risolta per la Gente di Mare, dei benefici previdenziali per l’esposizione al rischio amianto previsti da una legge generale, la 27/3/92, n. 257. Legge generale, inapplicabile al settore marittimo per il quale è necessario ricorrere ad una legge speciale, cosi come è, o era speciale tutta la normativa che ne disciplina, o disciplinava tutti gli adempimenti relativi. L’attuazione dei quali, ha caratteristiche prettamente codicistiche. Non a caso, il riferimento è il Codice della Navigazione,specifica fonte normativa nazionale, oltreché una altrettanta specifica normativa internazionale, le Convenzioni. Quindi, una vastissima struttura ordinamentale in materia di formazione e abilitazioni professionali, collocamento, avviamento al lavoro, organizzazione del lavoro a bordo, prevenzione, salute e sicurezza del lavoro a bordo e sicurezza della navigazione. Un patrimonio di risorse e professionalità dell’economia marittima nazionale, destinato a disperdersi. A.P. PER LE STRADE D’EUROPA 8 LE VIE DEL CIELO Un sistema senza regole di MARCO VENEZIANI I lavoratori Italiani, e le Organizzazioni Sindacali che li rappresentano, (tra le quali la Uiltrasporti continua a registrare i più alti termini di crescita in termini di gradimento ed adesioni), nonostante il difficile periodo, combattono ormai da circa due anni con una delle peggiori crisi macroeconomiche della storia moderna. Per i lavoratori del Trasporto Aereo, in particolare, alle difficoltà del quadro congiunturale si aggiungono le carenze strutturali croniche del Comparto che stenta ad uscire dal vecchio assetto caratterizzato da operatori quasi monopolisti oscillando pericolosamente tra tendenze restauratrici di un mondo che non esiste più, e slanci liberisti privi delle regole minime indispensabili e, qualche volta, privi anche di etica industriale. Nel continuo movimento verso l’apertura del mercato dei Vettori e degli Handler, il Comparto si trova a fare i conti con la carenza cronica di investimenti che per anni ha caratterizzato il Settore e con l’inadeguatezza di un quadro normativo non strutturato per affrontare il cambiamento. Se infatti è vitale, inevitabile e quantomai urgente modernizzare il Comparto e fornire agli operatori di terra e di volo gli strumenti per essere competitivi sul mercato europeo e mondiale, è altrettan- PER LE STRADE D’EUROPA to necessario accompagnare il percorso di transizione con un quadro regolatorio che garantisca certezze normative ai lavoratori ed agli operatori. Non è infatti accettabile che il prezzo della competizione si trasferisca in gran parte sulle spalle dell’anello più debole della filiera produttiva e cioè sui lavoratori, così come non è più possibile consentire ad operatori senza scrupoli di aggredire il mercato con metodi al limite della legalità. Le donne e gli uomini che operano nel Comparto hanno il gravoso compito di continuare a fornire prestazioni lavorative caratterizzate da alta professionalità, da sempre garantite nonostante le grandi difficoltà congiunturali, e di migliorare le proprie competenze accrescendo il bagaglio di conoscenze e di qualifiche. Gli operatori e le aziende del Comparto hanno il dovere di dare corso agli investimenti strutturali e di formazione del proprio personale se intendono ritornare competitivi. Nessuno può pensare di sostituire una crescita sana e produttiva con la mera speculazione sulla competizione al ribasso delle condizioni di lavoro. Sarebbe inaccettabile per i lavoratori e per la Uiltrasporti, e costituirebbe una dimostrazione di scarsa lungimiranza da parte degli operatori destinata a fallire miseramente in capo a pochi anni con danni irreversibili per l’intero sistema Paese. L’azione sindacale della Uiltrasporti deve quindi necessariamente andare nella direzione di garantire il rafforzamento del quadro normativo. Un primo passo è stato compiuto recentemente con la stipula del Contratto Nazionale di Lavoro per le società di Handling. Si tratta di un primo piccolo passo avanti, ma significativo in termini di orientamento e di alta valenza simbolica. Questa è la direzione nella quale la nostra Organizzazione Sindacale deve proseguire, affrontando, in tempi brevi, tutti gli ambiti del comparto inerenti il Personale di Terra ed il Personale Navigante I CONTRATTI 9 Sale in quota il contratto degli impianti a fune di ROBERTO NAPOLEONI I l 2011 inizia con una importante novità per i lavoratori degli Impianti a Fune. Il 3 dicembre scorso, infatti, a Roma presso la sede dell’Associazione Nazionale degli Esercenti Funiviari (ANEF) è stato siglato l’accordo per il rinnovo del CCNL della categoria scaduto ad aprile dello scorso anno. L’intesa raggiunta rappresenta un apprezzabile risultato in quanto consente il rinnovo del contratto nazionale dei lavoratori di un settore caratterizzato da veloci e profonde innovazioni e connotato da un forte legame con il territorio e con i suoi abitanti. L’attività di trasporto a fune rappresenta infatti un essenziale elemento di business per le località montane che trovano in essa un volano determinante per lo sviluppo economico di zone che proprio sugli impianti di risalita imperniano una parte rilevantissima del sistema produttivo di luoghi strettamente legati al turismo sia invernale, legato alla stagione sciistica, che estivo. Attorno ad essi infatti si muove tutto un sistema di attività economiche fondamentali per il benessere delle popolazioni che in quei luoghi, certamente non facili da un punto di vista ambientale e meteorologico, vivono e lavorano. Le sorti di attività alberghiere, di ristorazione, ecc., vedono infatti strettamente connessi i loro risultati, e dunque la loro capacità di garantire posti di lavoro, alla capacità di attrazione di sempre maggio- ri quantità di turisti che, proprio grazie all’attività di risalita, possono visitare luoghi meravigliosi e unici da un punto di vista naturalistico e paesaggistico. Occorre sottolineare che proprio per tutte queste ragioni sia le Organizzazioni Sindacali che l’Associazione di categoria hanno sempre sostenuto la necessità che tutto il sistema produttivo locale partecipi anche ai costi inevitabilmente da sostenere affinché il turismo delle montagna possa essere svolto in sicurezza e tranquillità, non dimenticando il controllo e la manutenzione del territorio ma anzi partecipando attivamente al suo sostenimento. L’intesa sottoscritta il 3 dicembre porterà interessanti novità alla categoria sia da un punto di vista economico che nor- mativo. Il contratto avrà una durata di tre anni con decorrenza dal 1° maggio 2010 e scadenza al 30 aprile 2013. Per ciò che concerne l’aspetto economico l’accordo prevede un aumento di 105,00 euro a regime al IV livello dell’attuale scala parametrale e per il periodo 1° maggio – 31 dicembre 2010 verrà corrisposta una somma di 20,00 euro mensili, per un importo complessivo massimo di 160,00 euro. Oltre agli aumenti retributivi appena descritti il potere di acquisto dei lavoratori sarà incrementato anche grazie agli aumenti dell’indennità domenicale e dell’indennità di mensa che passeranno rispettivamente dagli attuali 8,23 euro a 12,00 euro mensili e da 15,49 euro ad 25,00 euro mensili. PER LE STRADE D’EUROPA 10 In un contesto lavorativo come questo, legato fortemente alla stagionalità che deriva dalla peculiarità turistica dell’attività, e dunque caratterizzato da una grande presenza di lavoratori stagionali a tempo determinato, che rappresentano una elevatissima percentuale rispetto al totale della forza lavoro, è stato raggiunto inoltre un ulteriore significativo risultato, da tempo perseguito dalle Organizzazioni Sindacali, ovvero il riconoscimento di un incentivo di fidelizzazione di 200 euro lordi per quei lavoratori a tempo determinato che durante la vigenza contrattuale avranno maturato un periodo di servizio presso la stessa azienda di almeno 12 mesi. Questo elemento rappresenta certamente una conferma della professionalità e della dedizione con le quali i lavoratori a tempo determinato stagione dopo stagione prestano la loro attività nelle aziende funiviarie consentendo loro di svolgere con successo un servizio di qualità per tutti i visitatori che affollano gli impianti, in particolar modo nel periodo invernale. Una importante novità è rappresentata anche dall’incremento del contributo a carico dell’azienda e del lavoratore iscritto alla previdenza complementare che dal 1° gennaio 2011 è aumentato dello 0,50% arrivando così all’1,50%. Anche questo è un segnale forte verso tutti quei lavoratori, in particolare giovani, per i quali la previdenza integrativa PER LE STRADE D’EUROPA I CONTRATTI rappresenta una necessità ineludibile per garantirsi una pensione adeguata al tenore di vita raggiunto durante l’attività lavorativa. Il trattamento di malattia ed infortunio non sul lavoro poi viene integrato al 100% dall’azienda a partire dal quarto giorno e non più dall’ottavo come previsto precedentemente dal contratto e il trattamento di maternità viene rivisto, riconoscendo anche per questa fattispecie il diritto all’integrazione al 100% della retribuzione a carico dell’azienda per la durata complessiva del congedo pari a cinque mesi. Lo stesso diritto viene altresì esteso anche agli ulteriori tre mesi in caso di interdizione anticipata del lavoro ai sensi dell’art. 17 del Decreto Legislativo n. 151/2001. Viene inoltre rafforzato il diritto di precedenza nelle assunzioni dei lavoratori a tempo determinato e riconosciuta maggiore forza al diritto al part-time per i lavoratori che hanno necessità di assistere i figli fino al terzo anno di età. Sempre nella parte normativa hanno poi trovato nuova formulazione il capitolo delle relazioni sindacali, con particolare riferimento all’Osservatorio Nazionale, strumento che si ritiene fondamentale per una migliore gestione delle relazioni sindacali nel settore, e quello relativo alla contrattazione di II livello con l’introduzione di una somma di 15,00 euro mensili lordi a titolo di elemento di garanzia retributiva ai lavoratori dipendenti da imprese prive della contrattazione aziendale. L’intesa raggiunta rappresenta un apprezzabile successo, in un settore non marginale all’interno del mondo dei trasporti e della mobilità, che consente di tutelare il lavoro e permette ai lavoratori di essere protagonisti attivi nella valorizzazione e nella modernizzazione di quello che, ormai da tempo, abbiamo definito il “sistema montagna”, nel quale diritti del lavoro e sicurezza, efficacia e qualità dei servizi offerti devono rappresentare degli elementi irrinunciabili per vincere la sfida della concorrenza europea e non più solo nazionale. Roberto Napoleoni I CONTRATTI 11 FINALMENTE C’E’!!! di SERGIO TARABÙ I l 18 dicembre u.s., dopo oltre 17 mesi dalla scadenza, è stato rinnovato il CCNL per i dipendenti da imprese esercenti autorimesse, noleggio autobus, noleggio auto con autista, locazione automezzi, noleggio motoscafi, posteggio e custodia autovettura su suolo pubblico e/o privato, lavaggio automatico e non automatico e ingrassaggio automezzi attività di soccorso stradale e di assistenza alla mobilità, nonché le attività direttamente collegate, ai servizi di noleggio autoambulanza con conducente. L’accordo è stato sottoscritto solo con una controparte l’ANIASA, mentre l’ANAV (l’altra Associazione Datoriale controparte nel confronto ) non lo ha sottoscritto. Tra gli aspetti qualificanti e significativi raggiunti con il rinnovo del CCNL, va evidenziato un aumento salariale a regime di euro 100,00 a livello C2, una Tantum a copertura del periodo pregresso di euro 750,00 sempre al medesimo livello, l’istituzione della polizza sanitaria per i lavoratori a carico dell’azienda per un contributo di euro 14,00 per 12 mensilità, l’istituzione dell’ente bilaterale con oneri solo a carico dell’azienda equivalenti a euro 2,00 per 12 mensilità, incremento economico su alcune indennità (maneggio denaro e trasporto ), premio di risultato che prevede un elemento di garanzia pari a euro 250,00 annui ed un sostanziale miglioramento dell’impianto normativo. Come già detto è stata una trattativa difficile e sin dalle prime fasi complicata dall’atteggiamento dell’ANAV manifestato con richieste provocatorie ed inaccettabili, poste alle Organizzazioni Sindacali, quali l’istituzione dell’orario multi periodale su 17 settimane, l’abolizione della norma sul trattamento orario ed economico dei viaggi che interessano più giorni lavorativi, il riposo usufruito fuori sede. Anche l’atteggiamento spesso pretestuoso manifestato durante il confronto dai rappresentanti dell’ANAV ha concorso a porre seri ostacoli ad una felice conclusione della trattativa. Con rammarico devo evidenziare che nel lungo periodo di attività sindacale da me svolto, raramente mi è capitato di veder raggiungere da una controparte un livello così basso ed a mio avviso irresponsabile nel confronto. Ricordo solo un esperienza sempre in questo settore, terminata però con esiti diversi e non altrettanto felici ed è riferita ad una trattativa svoltasi nel dicembre del 1991 che si concluse con condizioni penalizzanti per i lavoratori e determinò altresì conseguenze negative sia all’interno delle componenti sindacali sia in quelle datoriali. Diversamente è da riconoscere la serietà ed il comportamento dell’Associazione Datoriale ANIASA per la volontà e la determinazione espressa nel raggiungimento di un’intesa fondamentale per il settore In ogni caso, le ragioni della conclusione positiva della trattativa vanno ascritte sicuramente al senso di grande responsabilità delle Organizzazioni Sindacali Uiltrasporti, Filt-Cgil e Fit-Cisl ed alla grande partecipazioni delle strutture di base, dei quadri e dei dirigenti di queste OO.SS. che, partendo da tre piattaforme separate, sono riusciti a mante- nere nei contenuti ed a condividere una linea unitaria forte che ha consentito un risultato importante ed ha dimostrato, ancora una volta che la sintesi unitaria di Uil, Cgil e Cisl, risulta elemento determinante per la migliore tutela dei diritti dei lavoratori. Per questi motivi il risultato raggiunto è sicuramente positivo e motivo di soddisfazione sia in considerazione delle difficoltà emerse nel confronto sia in relazione al momento grave e complesso che vive l’economia nel nostro paese investita da una crisi tutt’ora in atto . Questo è un settore che occupa circa 25000 lavoratrici e lavoratori e, pur avendo tale dimensione, spesso è dimenticato oppure nutre scarsissima considerazione sia nell’opinione pubblica sia, in modo ancor più grave, nello stesso ambito sindacale forse perché considerato di scarso interesse strategico. Nonostante l’impegno e la conclusione positiva della vertenza contrattuale, non posso esimermi dal considerare la preoccupante scarsa adesione al sindacato presente in questa realtà. Termino quindi con un auspicio che è ovviamente estendibile ben oltre i confini di questo settore: credo che nel momento attuale sia fondamentale una rinnovata e forte unità e progettualità del sindacato Confederale, ed è altrettanto vero che l’adesione al sindacato risulta oggi per i lavoratori ,elemento ancor più fondamentale per esigere quei diritti che sempre di più vengono rimessi in discussione PER LE STRADE D’EUROPA 12 VOLARE NECESSE EST... ITALY AIRSPACE EXPO BUONA AFFLUENZA DI PUBBLICO PROFESSIONALE ED ESPERTI ALLA PRIMA EDIZIONE DEL SALONE di GIANCARLO SERAFINI Sfiorati i 4 mila visitatori R oma, 2 dicembre 2010. Circa 4 mila visitatori professionali hanno preso parte alla prima edizione del Salone Internazionale sul mondo dell’Aviazione, degli Aeroporti, della Difesa e dello Spazio, che si è svolto alla Fiera di Roma dal 30 novembre al 2 dicembre. Il 65% degli espositori intervistati ha espresso parere positivo sulla manifestazione unica nel suo genere, dichiara Gian Paolo Pinton amministratore delegato di Trascomexpo. E’ stato importante aver realizzato la prima edizione proprio in Italia, mentre la città di Roma si candida ad essere la location più indicata per le successive edizioni. Per il futuro punteremo a qualificare maggiormente l’evento fieristico con una interrelazione aeroportuale, dove contiamo di arrivare ad esporre i velivoli e toccare con mano i prodotti e le tecnologie del nostro Made in Italy, che sono all’avanguardia nel mondo. Per il Presidente del Comitato Scientifico Domenico Silvestri i visitatori sono stati molto soddisfatti ed i convegni sono andati benissimo. La maggior parte dei partecipanti vede la fiera come un seme che si può radicare. Soddisfatto anche il Presidente della Fiera di Roma, PER LE STRADE D’EUROPA Roberto Bosi che afferma: questa prima edizione di IAE conferma che al settore Aerospaziale, Aeroportuale e Difesa eccellenza del Made in Italy, mancava un evento professionale dedicato e che quello della Fiera di Roma ha tutte le potenzialità per diventare l’appuntamento qualificato che gli operatori aspettavano. Altro punto di forza di questa prima edi- zione è stato l’altissimo livello dei convegni a cui hanno preso parte esperti della materia anche a livello internazionale. A questo proposito ha espresso la propria soddisfazione il Generale Pietro Finocchio, Vicepresidente del Comitato Scientifico, che ha spiegato l’importanza della partecipazione di presenze importanti come il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Gen. Vincenzo Camporini. L’operazione di startup della manifestazione ha concluso è riuscita nonostante le tante difficoltà incontrate. Il buon successo di presenze registrate ed i tanti professionisti che hanno partecipato, ha spinto il Comitato Scientifico a programmare una riunione per il mese di gennaio al fine di decidere gli obiettivi e le strategie della seconda edizione. Anche da parte nostra abbiamo espresso sicuramente un giudizio positivo auspicando che l’importanza di tali manifestazioni debbano coinvolgere sempre più, oltre che tutti gli operatori di settore anche le Organizzazioni Sindacali di categoria. DEMOCRAZIA SINDACALE 13 Quale modello di rappresentanza dopo Mirafiori? di ANTONIO ASCENZI C ome era facilmente prevedibile gli accordi recentemente sottoscritti alla Fiat (Pomigliano e Mirafiori) hanno innescato furenti polemiche oltre che tra le forze politiche, anche tra le organizzazioni sindacali allontanando forse definitivamente la prospettiva dell’unità sindacale fra le organizzazioni confederali. Ma se a livello politico le valutazioni dell’accordo sono state in linea di massima coerenti con la diversa collocazione tra governo e opposizione dei vari partiti, a livello sindacale si è riproposta la vecchia e mai superata contrapposizione tra concezioni diverse della democrazia sindacale, ma, soprattutto, tra concezioni diverse del modello di relazioni industriali da adottare. Da un lato gli inguaribili sostenitori del vecchio modello di relazioni sindacali basate sui soli rapporti di forza; dall’altro coloro che, invece, ritengono necessario, in forza delle trasformazioni intervenute nel mondo della produzione, affermare un modello di relazioni sindacali fondato sul reciproco riconoscimen- to degli attori delle relazioni industriali e sulla regolamentazione delle procedure. Ora, premesso che gli accordi andavano firmati perché non vi erano migliori alternative praticabili se si voleva mantenere in Italia la produzione dell’auto e garantire un futuro lavorativo a migliaia di lavoratori, le argomentazioni poste dai contestatori inducono a qualche riflessione aggiuntiva. Tre sembrano essere le obiezioni principali che vengono sollevate: il superamento del contratto nazionale; l’introduzione di un regime lavorativo senza diritti; un arretramento sul terreno della democrazia in quanto viene negata la rappresentanza ad una parte dei lavoratori. Delle tre, sicuramente la prima è quella più seria dal momento che rappresenta oggettivamente un aspetto debole dell’accordo e va senza dubbio recuperata appena possibile. Per quanto riguarda la seconda obiezione i toni dei contestatori degli accordi sembrano oggettivamente eccessivi (addirittura giornali come “Il Manifesto” e “Liberazione” hanno evocato i lager!). Intanto, non si capisce perché solo per l’Italia non dovrebbero valere regole presenti in tanti altri Paesi (ad esempio in Europa la pausa breve, tranne che per la Spagna, non è certo un tabù!)sembra francamente esagerato parlare di lesione dei diritti: questi sono salvaguardati dalle leggi più che dai contratti che per la loro stessa natura riflettono le condizioni generali e i rapporti di forza presenti al momento della loro sottoscrizione. Sullo sciopero, poi, la clausola tanto contestata non fa che adottare la stessa “ratio” cui si è ispirato il legislatore in materia di regolamentazione del diritto di sciopero nei servizi (art. 4 legge 146/1990: “i lavoratori che si astengono dal lavoro in violazione delle disposizioni dei commi 1 e 3 dell’articolo 2 o che, richiesti dall’effettuazione delle presta- PER LE STRADE D’EUROPA 14 DEMOCRAZIA SINDACALE zioni di cui al comma 2 del medesimo articolo, non prestino la propria consueta attività, sono soggetti a sanzioni disciplinari proporzionate alla gravità dell’infrazione …). Ora, certamente una azienda di trasporto è diversa da una azienda metalmeccanica, ma non può suscitare scandalo l’esigenza della Fiat di avere ritmi produttivi prevedibili nelle proprie fabbriche così come richiesto, del resto, dai criteri organizzativi della “World Class Manifacturing” oggi in vigore e secondo la quale una azienda deve puntare ad una organizzazione del lavoro in cui, da un lato, nemmeno un secondo del tempo retribuito di un operaio possa trascorrere senza che produca qualcosa di utile; dall’altro il contenuto lavorativo utile di ogni secondo deve essere il più elevato possibile. Ma non c’è dubbio che il vero punto di scontro riguarda la riserva in favore dei soli sindacati firmatari del contratto della possibilità di avere rappresentanze sindacali in fabbrica. Ora è certamente vero che la firma dei due accordi supera il sistema della rappresentanza sindacale con un ritorno netto al regime delle RSA di cui all’art. 19 della legge 300/1970 anche se prima o poi, anche tenendo conto di quanto avviene nell’area della pubblica amministrazione, dovrà essere individuata una qualche forma di raccordo tra i due modelli, ma anche qui, da parte dei contestatori, non si può non rilevare tanta PER LE STRADE D’EUROPA demagogia. In primo luogo è bene ribadire che non viene negata a nessuna organizzazione sindacale la possibilità di costituire una propria rappresentanza in azienda; quello che viene negato ai sindacati non firmatari del contratto di lavoro è l’accesso alle prerogative previste dal Titolo III della legge 300/1970 e tale fatto può anche non piacere, ma è perfettamente legale. In secondo luogo, perché in tutti questi anni sono state portate avanti, proprio da parte degli attuali sostenitori del modello di rappresentanza sindacale sancito dal Protocollo del luglio ’93, applicazioni assolutamente distorte di quel modello. Basti vedere, ad esempio, i tanti settori in cui da parte delle strutture Cgil si sono imposte RSU senza la riserva del terzo in favore dei sindacati firmatari del ccnl o regolamenti di funzionamento delle stesse RSU con assurde clausole in cui si prevede la possibilità di raccogliere firme tra i lavoratori per richiedere le dimissioni dei delegati minando alla base quella che doveva essere, proprio per i compiti negoziali loro affidati, la caratteristica peculiare delle RSU rispetto ai Consigli e cioè il massimo di stabilità organizzativa. Da ultimo qualche considerazione finale rispetto ai ripetuti inviti rivolti alla Uil ed alla Cisl da parte dei massimi dirigenti dei metalmeccanici Cgil di “vergo- gnarsi” per aver firmato quegli accordi. Ai poco degni eredi di Bruno Buozzi va ricordato: un sindacato, soprattutto quando si ritiene maggioritario tra i lavoratori, ha il dovere di non lasciare mai i tavoli di confronto e sottoscrivere anche accordi che possono apparire particolarmente indigesti (se un sindacalista pensa di poter sottoscrivere solo accordi che non prevedano clausole negative dovrebbe smettere di fare sindacato e dedicarsi ad altro); la revisione contrattuale in pejus introdotta alla Fiat è prassi ormai quasi consolidata in tutte le aziende in crisi (solo per fare un esempio: vicenda Alitalia); la democrazia non può essere a senso unico: a Pomigliano l’intesa raggiunta è stata sottoposta tramite referendum al vaglio dei lavoratori ed oltre il 60% di loro ha approvato l’accordo: perché la Fiom si ostina a non tener conto della volontà espressa dalla maggioranza di quei lavoratori? Antonio Ascenzi ECONOMIA E SOCIETÀ 15 Indebitamento delle famiglie italiane e sistema bancario di DARIO DEL GROSSO È noto che con dalla crisi finanziaria globale, scoppiata nel 2008 negli Stati Uniti, l’Italia è il Paese che ne è uscito meglio, nonostante abbia il terzo debito mondiale più elevato rispetto al PIL. I motivi di questo “miracolo” che è stato apprezzato e definito anche dalle Agenzie internazionali che valutano la solvibilità degli Stati, sono le famiglie italiane abituate da sempre al risparmio e da investimenti mirati, quale l’acquisto di un immobile. Infatti è il Paese che, oltre ad un basso indebitamento rispetto ad un reddito (65% medio), ha anche una diffusa patri monializzazione. La proprietà delle abitazioni principali infatti ammonta a circa l’80%. A questi dati si riferiscono le valutazioni positive delle Agenzie Internazionali sulla solvibilità del sistema paese, per cui nonostante la recente crisi della Gre- cia prima e dell’Irlanda dopo, i titoli di stato italiani continuano ad essere collocati a tassi relativamente bassi e con una differenza minima rispetto al paese guida della Comunità Europea, quale è la Germania. Se sono positivi i giudizi complessivi sul sistema Paese, non altrettanto si può dire del sistema bancario italiano. Infatti, secondo una recente denuncia dell’ANCE (Associazione Costruttori Edili) e dei sindacati del settore, ci troviamo di fronte ad un sistema bancario burocratico per la concessione del credito e, comunque, più caro degli altri Paesi, nonostante la direttiva europea 48/2008. Sia chiaro, stiamo considerando l’aspetto di erogazione del credito per mutui ipotecari, o crediti al consumo per famiglie; altra cosa è il giudizio sulla solidità del nostro sistema bancario. E’ sicuramente un sistema solido con una buona patri monializzazione, un indebitamento basso, tantoché non abbiamo registrato fallimenti a differenza di quanto successo negli Stati Uniti, nel Belgio, In Germania, in Inghilterra,. Così come non ci sono stati finanziamenti da parte dello Stato, i bond di Tremonti sono rimasti inutilizzati! Di fatto il sistema bancario italiano si regge e fa profitto in casa, sui cittadini italiani, praticando il credito con i tassi più alti fra i Paesi europei. L’Ance ha dimostrato che i mutui sono i più cari d’Europa. A settembre dei 2010 la differenza era dello 0,36% mentre ad Agosto dello 0,69%!!! Questa differenza, a parità di importo si traduce su un mutuo di euro 150.000 da rimborsare in venticinque anni, in euro 9.000 di più per il cittadino che lo ha contratto. Per completare l’esempio, rispetto ad un cittadino francese che ha contratto lo PER LE STRADE D’EUROPA 16 ECONOMIA E SOCIETÀ stesso mutuo per lo stesso periodo temporale, quello italiano è come se pagasse per un anno in più, cioè in ventisei anni anziché in venticinque. Quindi da una parte abbiamo un sistema Paese che è considerato solido per il basso indebitamento delle famiglie (65% italiano, rispetto al 105% spagnolo, 125% inglese) e per la diffusa patrimoni lizzazione delle stesse; a cui si aggiunge un solido sistema bancario che fa della prudenza nell’erogare il credito ad imprese e cittadini l’arma principale. Sarebbe opportuno e necessario da parte delle banche italiane che a fronte di famiglie virtuose quantomeno si praticassero gli stessi tassi europei. Così come sarebbe opportuno diffondere la cultura dell’assicurazione sul credito, come viene fatto in Europa. Per non parlare del credito alle imprese, dove le difficoltà aumentano in modo esponenziale. A sostegno di quanto scritto parlano i dati di indebitamento sui mutui e sul credito al consumo delle famiglie italiane rispetto ai cittadini degli altri Paesi della Comunità Europea. L’indebitamento con mutui ipotecari arrivano in Italia ad un massimo di euro 220.000; oltre un terzo si colloca fra i PER LE STRADE D’EUROPA euro 100.000 ed i 150.000. Il tempo d rimborso per 1/3 si colloca fra i 25 ed i 30 anni, mentre un altro 20% è sui 20 anni. Questo dimostra l’attenzione delle famiglie italiane ad investimenti mirati cioè per l’acquisto della prima casa in modo da sostituire la rata del mutuo con la rata di affitto. Quindi finanziamenti utilizzati per patrimonializzare anche se in un lungo periodo. Va inoltre considerato che il ricorso all’indebitamento avviene nelle famiglie giovani e si protrae fino ai cinquant’anni. Secondo l’ABI i muti sono attivati per circa il 45% dalla fascia di età che arriva ai quarant’anni ; per il 20% nella fascia di età che va dai quaranta ai cinquanta; oltre si attivano pochi mutui e speso si estinguono quelli esistenti. Se consideriamo i crediti al consumo , qui oltre che ai tassi molto più elevati del resto dei Paesi Comunitari, si scopre che i prestiti personali non superano l’importo di euro 30.000 e vengono rimborsati mediamente in cinque anni. Il grosso dei prestiti personali (45%) invece non arrivano ai cinquemila euro e sono rimborsati nell’arco di diciotto mesi. Qui emerge un’altra contraddizione del sistema bancario, ossia i piccoli prestiti sotto i 5.000 euro, pagano tassi molto elevati rispetto a quelli più consistenti. Tassi e spese fisse portano il costo fino al 14% in prestiti di 3.000 euro Se a ciò si aggiunge il sistema di pagamento rateale con le carte di credito specifiche (revolving), si arriva anche a tassi del 17%. La conclusione a cui arriva la denuncia dell’ANCE punta a sollecitare un cambiamento del sistema bancario nei confronti dei cittadini e delle imprese. Non si può continuare a fare un profitto certo ed elevato in Italia ed avere crediti inesigibili negli altri Paesi. Occorre da parte del sistema bancario, nei confronti delle famiglie, un comportamento diverso ed omogeneo a quello praticato negli altri stati d’Europa. A questo fine, bisogna aggiungere che la direttiva 48/2008 per la trasparenza ed omogeneità ancora è molto limitata e lascia le differenze fra i vari stati per come sono oggi. Occorre un po’ più di coraggio. Dario Del Grosso 18 2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI Su Garibaldi non tutti la pensano allo stesso modo entocinquant’anni, nella storia di una Nazione saranno forse ancora pochi. Molte delle grandi Nazioni d’Europa o degli altri Continenti, ne annoverano infatti assai di più ma, per noi, questo secolo e mezzo ha un significato particolarmente importante perché, a differenza di molti altri Paesi dove l’ ”identità nazionale” era retaggio formatosi assai prima della creazione dello Stato unitario, la “costituzione” di una vera “identità nazionale” è, a dir poco, un cantiere ancora aperto. Ed è a questo “cantiere” che giorno per giorno, anno dopo anno, gli italiani portano la loro “pietra” per rendere sempre più il “bel Paese” una realtà permanente della storia del suo popolo. Si sono aperti nel frattempo (si sa la storia non si ferma mai…) nuovi orizzonti e nuove prospettive nel mondo. L’Europa come “entità” economico-politica crescente, la “globalizzazione” come fenomeno economico totalizzante, la “scienza” come collante del sapere comune all’intera umanità. Ma resta alla base di questo discorso una esigenza che peraltro questi fenomeni rendono ancora più pressante, di portare a sintesi tutto ciò che “forma” il processo Italia. Ecco perché è importante nel 150esimo anniversario riflettere su “come eravamo, come siamo e perché siamo così”. Discutere, confrontarci, parlare senza pregiudizi e senza schemi “a priori”. Con questo primo numero del 2011, anno del centocinquantenario dell’Unità di Italia, diamo l’avvio ad una serie di articoli-riflessioni che speriamo siano lette con interesse dai nostri lettori. Luigi Annunziato apre la serie di queste “riflessioni” con un articolo dal titolo sin troppo “stuzzicante”: “Su Garibaldi non tutti la pensano allo stesso modo”. Sta a voi lettori “come” pensarla. Fatecelo sapere. Lallo C PER LE STRADE D’EUROPA Molti di “quelli di sinistra” la pensano in modo diametralmente opposto a molti di “quelli di destra” di LUIGI ANNUNZIATO P er affrontare la questione complessa di un personaggio complicato come Giuseppe Garibaldi mi sono imposto di evitare almeno due errori: da un lato, non potendolo esecrare, evitare di nascondere ogni suo oggettivo limite ed assolverlo sistematicamente; dall’altro evitare polemiche gratuite con quanti (e non sono pochi) ne hanno denigrato valori ed ideali. Meglio perciò una controllata chiarezza che un incontrollato furore discriminatorio. Del resto sono convinto che il liberismo gridato nasce dalla diffidenza e porta spesso al sospetto, appena appena mitigato da una razionalità astratta. Non stupisce dunque che Giuseppe Garibaldi resti ancora una figura impopolare, fino a far tracimare valori ed ideali universali quali unità, libertà e lealtà, tra coloro che sognano «ancora il LombardoVeneto e/o il regno delle Due Sicilie «più semplicemente tra chi pensa che la storia non abbia bisogno di eroi (proprio da noi? Popolo di...); la ricca storiografia del tempo, e di un personaggio “cosmopolita”, consente sicuramente di ricavare giudizi e situazioni speculari anche a chi sostiene il valore della sua vita al servizio 2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI degli ideali che hanno poi alimentato il Risorgimento nazionale e, contestualmente, il movimento. popolare socialista dei lavoratori ovunque se ne manifestasse la mancanza1. Nell’immaginario collettivo degli italiani è innegabile che Garibaldi sia il personaggio storico più famoso e popolare, il combattente indomito per la libertà dei popoli, ma anche una figura intrinsecamente “duplice” (mai doppia). Perché Garibaldi è figura “duplice”? Perché nel corso di tutta la sua avventurosa vita toccò ora le vette della gloria più pura ora il baratro della ricusazione più totale; ora al centro di decisivi interventi ora cacciato in disparte; ora assunto ed esaltato come altissimo simbolo di un patriottismo coerente e unitario ora odiato per l’avventurismo partigiano e settario. E che dire del fatto che condannato a morte da un Re di Sardegna(Carlo Alberto), di un altro (Vittorio Emanuele II), diventa collaboratore in nome dell’unità d’Italia, che incontrerà a Teano (nel 1860), a cui obbedirà a Bezzecca (nel 1866), ed al quale, lui repubblicano, consegnerà infine un intero Regno? Cancellare tutto ciò come “ipocrisia” e “calcolato imbroglio”mi sembra contrasti palesemente con la realtà. La guerra, anche quando strumento di pace e di libertà non si dovrebbe mai fare. Ma una volta dichiarata richiede tattiche, strategie, obiettivi, mezzi e fini; ma non solo... Gli Stati Uniti, di recente, hanno adottato questa tecnica: soluzione che meglio si adatta ai loro piani ed interessi, appoggio(almeno tacito) da qualunque consesso nel quale riescano a far sentire il loro peso, in campo una forza militare schiacciante, un ultimatum alle parti recalcitranti e poi un’azione punitiva contro l’intero Paese per forzarne il consenso. Il risultato, spesso tragico, di questo modo di procedere è che i cittadini, già oppressi, soffrono, mentre l’oppressore, anche se compie crimini ancora peggiori, può sentirsi libero da ulteriori conseguenze; anzi spesso riesce ad apparire, attraverso i media amici, come un eroe che difende la sua patria contro l’aggressione esterna e allontana così da sé l’accusa per i disastri economici e politici. Le vicende delle ultime guerre (Kossowo, Iraq, Afghanistan, Libano) hanno causato sofferenze immani, vittime civili e militari, violenze e distruzioni di pon- ti, ferrovie, strade, centrali elettriche, depositi di carburante e acqua potabile. Sono state comunque fatte in nome della libertà, pace e sicurezza. Garibaldi (criticato) allora forse fu peggiore di Bush (osannato)? Ma in politica ognuno fa il suo mestiere a seconda di dove sta seduto. E’ emblematica la vicenda del giornalista Daniele Mastrogiacomo, prigioniero dei talebani, tornato a casa sano e salvo. Finché era sequestrato, tutti, governo e opposizione remavano dalla stessa parte: ogni soluzione sembrava lecita pur di liberare il giornalista rapito. Dopo la liberazione; sono cominciati i distinguo. Io credo, sommessamente per carità, che fine e mezzo siano intimamente connessi fin dalla nascita. Non è facile però creare e mantenere pa- 19 rallelemente questo esatto dualismo! Cioè se l’oggetto del desiderio è onesto, il mezzo dovrebbe essere buono. Mi sembra, infatti, davvero impossibile che una persona portatrice di valori e virtù nobili possa scegliere poi mezzi spregevoli per raggiungerli. E anche vero, d’altra parte, che quando ìl mezzo è ignobile, il fine perde valore e consenso. Ma i fini ed i valori per i quali si è battuto Garibaldi sono, ancora oggi, unanimemente definiti nobili e leali (libertà, suffragio universale, lotta ai prepotenti e corrotti innalzamento morale e materiale delle classi povere). E se aggiungiamo rettitudine morale, disinteresse2, coerenza dei principi, lealtà di comportamenti3, finalità di trasformare l’Italia divisa in una repubblica democratica unitaria,si ricava una base ben Chiara e solida del suo profilo storico e umano. Valori che ancora oggi sono anche il naturale nutrimento del sindacato confederale. Questo non impedisce assolutamente la condanna, per gli effetti inumani, delle guerre; sempre in ogni caso, non solo quando conviene! Il contesto esistente 150 anni fa era certamente diverso da quello di oggi. Nel periodo storico in cui visse ed agi Garibaldi, gli eventi bellici, infatti, non si contavano: era una continua, illegittima e sanguinosa sottrazione di ducati ed imperi. Una guerra spietata causata e conclusa da omicidi efferati, nepotismi, abiure, incesti, usure, brame di potere, aberrazioni di ogni genere. Non esisteva uno Stato che desse un minimo di sicurezza ai cittadini (il diritto al voto era da sempre appannaggio della ricca e selezionata borghesia), tanto meno ai poveri contadini tartassati e privati spesso della vita. Ancora oggi va di moda usare il mezzo PER LE STRADE D’EUROPA 20 2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI della guerra per fini di pace; sembra assurdo, contraddittorio, ma succedeva, e succede, troppo spesso. Ora, la pace, è da tutti riconosciuto, è un fine virtuoso, ma la guerra è un mezzo altrettanto virtuoso4. Questo mio ragionamento tende a dimostrare che, nell’esame di ogni situazione, separare i giudizi di fatto da quelli di valore, separare, vale a dire quello che ci sembra il bene e il male, è come sostituire i fatti della vita con gli obiettivi, dando cosi per assodato che il problema morale non sia al centro dei problemi dell’uomo, e dei popoli. Seguire questo metodo significa produrre un pensiero astratto, e per questo motivo duttile e flessibile, e lasciarlo nelle mani di chi pensa di possedere la titolarità più chiassosa sui giudizi di fatto; un pensiero però privo di forza, senza autorità morale interna. Solitamente si pensa che, un siffatto metodo dell’analisi politica dei fatti condotta con la separazione dei giudizi da chi ha strumenti e potere più adatti per imporla, finisca per dare ragione a chi la pratica solo perché non dà spiegazioni5. Finanche il potere ha du volti, come Giano: quello di una certa violenza per la difesa, la conquista e l’affermazione (anche solo elettorale), e quello dell’esercizio delle decisioni in cui si sostanzia e si misura laqualità del governo del potere stesso. Ma allora c’è una cosa che oggi non capisco. Dopo il crollo del muro di Berlino è rimasta una sola superpotenza (USA); nessuno lo contesta. Perché allora gli USA sentono il bisogno di entrare in guerra quando sono in realtà loro che hanno il potere? Perché non si impegnano ad esercitarlo bene, invece di gettare il mondo al livello più basso della guerra solo per estendere un potere che già hanno? L’unica risposta potrebbe essere che non sanno esercitarlo bene e che hanno bisogno di un nemico, di una frontiera, e cercano e rischiano il caos. Il contesto in cui maturò la spedizione dei Mille era, evidentemente, di ben altro PER LE STRADE D’EUROPA spessore: non vi era né uno Stato solo e neppure uno Stato con cittadini ma solo con sudditi; e se i siciliani, come gli altri italiani, conobbero (gradualmente, in verità) il diritto al voto, furono affrancati dalla odiata tassa sul macinato (strumento di vessazione e violenza), videro aboliti i dazi sull’importazione di legumi e cereali (che ne mantenevano alto il prezzo), furono liberati da una amministrazione corrotta e da un esercito imbelle, violento composto da mercenari stranieri e da odiati napoletani, sudditi dei Borbone, ricevettero indennizzi per i danni causati dall’esercito borbonico di occupazione (che durante gli spostamenti imponeva taglie e faceva requisizioni), le famiglie dei volontari poterono contare sull’aiuto pubblico, alle famiglie povere di Palermo poterono essere distribuiti sussidi, gli orfani dei caduti furono adottati e i ragazzi abbandonati accolti in Istituti militari, tutto questo lo devono sicuramente alle loro frequenti ribellioni6, scaturite dalla diffusa miseria popolare è dalla ostilità verso i napoletani dai quali la Sicilia si sentiva trattata come una colonia7 ma anche all’azione determinata dei garibaldini e dei loro alleati che, allora, come oggi, sono necessari e ricercati nelle guerre. Ebbene, il successo della spedizione è legato certamente all’abilità di Garibaldi, all’eroismo dei volontari, all’insofferenza dei siciliani per il dominio borbonico, ma anche alla dilagante mobilitazione internazionale pubblica, dentro e fuori dall’Italia i dalla Sicilia8. Insomma tutta l’Europa in fermento, tornò ad essere la patria della libertà e del diritto. Le rivoluzioni, tutte represse dall’esercito, videro la partecipazione popolare e contadina, compresa la borghesia che divenuta classe dirigente dopo la rivoluzione francese, era stata successivamente esclusa dal potere. Il nucleo più consistente(circa 500 volontari) della spedizione dei Mille era però costituito da impiegati, commercianti, negozianti, scrivani calzolai, sarti, falegnami, barbieri, marinai, fornai, parrucchieri,commessi, garzoni, macchinisti, braccianti, agricoltori, fornai, pensionati, meccanici, macellai,facchini, lavandai, muratori, osti, ma anche da gente d’armi9 (generali, colonnelli, ufficiali di più parti del mondo, scelti in base all’esperienza nelle precedenti campagne di guerra) tra cui i Cacciatori delle Alpi10, da nobi- 2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI li e professionisti (perciò degni di rispetto e apprezzamento) che si batterono per affrancare il Sud ma che liberarono anche il Nord (Bergamo, Como, Varese) rendendo l’Italia più unita, libera, liberale e moderna. Il fatto che tra i Mille vi fossero più combattenti del Nord non chiarisce quali regnanti o signori volessero annettersi la Sicilia. Perché la Francia aveva interesse a mantenere l’Italia divisa sotto la protezione francese e osteggiava l’accorpamento del mezzogiorno e della Sicilia allo stato sabaudo; il re d’Italia Vittorio Emanuele II, in una lettera a Garibaldi, lo invitava a rinunciare all’idea di passare sul continente “purché il re di Napoli si impegni a sgombrare tutta l’isola e lasciare liberi i siciliani di deliberare e disporre della loro sorte”; gli Austriaci avevano già perduto la Lombardia e non volevano altri regni rafforzati; il Papa vedeva in pericolo il suo potere temporale; gli inglesi erano favorevoli alla fine del dominio austriaco sull’Italia e favorivano la creazione di uno Stato nazionale, indipendente anche dalla Francia. Essi speravano in un regno nazionale sufficientemente forte da mantenere la propria autonomia e sufficientemente debole da non’ ostacolare il dominio britannico nel Mediterraneo per lo sfruttamento delle ricche miniere siciliane di zolfo e per la imminente apertura del canale di Suez. Anche l’esercito di occupazione borbonico del resto aveva generali vecchi e senza esperienza di guerra11; aveva quattro reggimenti di mercenari svizzeri, poi sciolti, mercenari austriaci e bavaresi. Il distacco tra Nord e Sud si era già manifestato in forma gravissima sin dai primi giorni dell’unità d’Italia, con un fenomeno che investi l’intero Meridione tra il 1861 ed il 1865: il brigantaggio. La situazione si aggravò dopo la vendita all’asta dei beni demaniali ed ecclesiastici. I compratori appartenevano prevalentemente alla nuova borghesia rurale locale che si stava rivelando ancora più avara e tirannica dei vecchi padroni. L’aggravarsi delle condizioni dei contadini causò la ripresa dei disordini che in pochi mesi assunsero le proporzioni di una vera e propria guerra combattuta non da un esercito regolare ma da gruppi di volontari, basata essenzialmente su attacchi a sorpresa ed imboscate. In Calabria, Puglia, Campania, Basilicata, bande armate di briganti12 iniziarono nell’estate del 1861 a rapinare, uccidere, sequestrare, incendiare le proprietà dei nuovi ricchi. La sfiducia, sfociata in ogni forma di protesta e di lotta organizzata, fu il nucleo della vera “Questione meridionale”; il fenomeno del brigantaggio, a mio parere, ne fu solo una drammatica conseguenza, perché trovava le sue radici nella miseria ed ignoranza in cui erano stati 21 tenuti i contadini meridionali per tanti secoli13 e che oggi si troviamo diffusa ed evoluta come criminalità organizzata. Del resto il progetto di Garibaldi, con la spedizione dei Mille, non era quello di evocare un nuovo Stato sociale, ma solo(si fa per dire..!) un nuovo Stato indipendente, unito e libero e quindi una missione di natura patriottica. Dopo che non fu concesso dal re di Napoli, Francesco II, che la Sicilia si eleggesse un libero parlamento, senza la presenza dell’esercito borbonico, e dopo che furono vietate le dimissioni dall’esercito piemontese a coloro che intendevano unirsi come volontari a Garibaldi, si svolse, con le leggi esistenti, il plebiscito per l’annessione del regno delle Due Sicilie al regno sabaudo. I risultati, come è noto, e con i limiti che oggi non accetteremmo, furono: • nella parte continentale del regno: 1.650.000 iscritti nelle liste elettorali, votanti 1.312.366 (79,5%) di cui 1.302.064 favorevoli e 10.302 contrari(0,78%). • in Sicilia: 575.000 iscritti nelle liste elettorali, votanti 432.720 (75,2%), di cui 432.053 favorevoli e 667 contrari (0,15%). Sulla base del ragionamento fin qui sviluppato non mi sembrano necessari altri commenti. Un uomo che ha padronanza di sei lingue (italiano, spagnolo, portoghese, francese, inglese,tedesco), che nel 1875, benché indigente, rifiuta il vitalizio14 di 50.000 lire annue perché l’offerta era di “un governo colpevole delle miserie del popolo e con cui non voglio essere complice” e che, quando il successivo anno accetta, divide tra i suoi figli ed invia un sussidio alle vedo- PER LE STRADE D’EUROPA 22 2011: L’ITALIA COMPIE 150 ANNI ve dei suoi due ufficiali Perla e Lobbia, che fu un protagonista della fine della dominazione straniera e dei governi assoluti in Italia (ma anche nel mondo), che aprì la strada ad uno Stato in cui la libertà, garantita dalla Costituzione, trovò la possibilità di affermarsi, che ebbe il merito importante di non limitarsi a predicare ma sentì il dovere di battersi in prima persona contro le tirannie, di qualunque genere fossero e dovunque si annidassero, in Sud America come in Europa, che volle essere sempre alla testa dei suoi volontari per trasmettere loro quel coraggio che non era “pura esibizione di forza ma costituiva l’altro lato della dignità umana”, consistente nel non cedere ai soprusi e nel non ritenere che il semplice numero15 fosse il fattore decisivo delle vittorie, ecco questo non è la personalità di un vile e dannato nordista, causa di tutti i mali del mondo. Anzi, il contrario./ “E’ un uomo, nient’altro. Ma un uomo in tutta l’accezione sublime del termine. Uomo della libertà, uomo dell’umanità”, così Victor Hugo definì Giuseppe Garibaldi. A carico di Garibaldi si potrebbero dire molte cose ma non certo quella di aver messo in discussione valori universali quali l’unità (d’Italia), la pace, i diritti del suffragio popolare, la collaborazione tra popoli per avviare l’innalzamento morale e materiale delle classi povere e degli oppressi. E che consentirono a Camillo Cavour di affermare solennemente, il 17 marzo 1861, che da quel giorno” l’Italia proclama a voce alta davanti al mondo la sua esistenza. Il diritto che le appartiene di essere indipendente e libera, e che ha sostenuto su tutti i campi di battaglia e nei Consigli, essa lo proclama solennemente in questo giorno”. Indipendenza, unità e libertà furono, e sono, valori indelebili di civiltà di ogni popolo. In questa guerra, ed in tutto il mondo, fu più che mai un’autentica figura carismatica fino ad essere eletto deputato in Italia e Francia; raccolse attorno a sé, nel Sud, un consenso popolare che nessuno, né prima, né dopo di lui, ebbe mai. Non sono mancate, e non mancheranno in futuro (questa è la potenza dei PER LE STRADE D’EUROPA grandi personaggi), forze che, per accreditarsi, tenteranno magari di sconfessarne nome ed imprese. E’ innegabile che se Garibaldi fosse morto su un campo di battaglia, la sua figura sarebbe stata avvolta maggiormente di un alone mitologico e sarebbe diventata oggetto di culto. Ma i messaggi e gli esempi che lanciò dalla sua Caprera sono testimonianza di una integrità che lo pongono al di sopra delle “generali millanterie di libertà e civilizzazione”. Anche Francesco Forgione, indagato ed inquisito dalla Chiesa, oggi è S. Pio da Pietrelcina; Nelson Mandela, che ha trascorso i migliori anni in galera, oggi è il simbolo della lotta contro l’apartheid e la conquista della libertà per ii suo popolo. Personaggi che fanno parte delle legenda e di cui nessuno osa mettere in discussione i valori ed i fatti che hanno espresso nel mondo. Luigi Annunziato NOTE 1 Vale la pena di ricordare che in questo periodo, si diffondevano i primi principi del socialismo teorizzato da Claude Henri de Slant-Simon e che convinsero Garibaldi. Egli manifestò il suo sostegno e la sua simpatia per i lavoratori ed i contadini. i 2 Lascio privo di ricchezze, l’Uruguay. La passione sincera per il mondo rurale lo de trascorrere lunghi periodi nella sua Caprera vivendo solo dei frutti del suo lavoro, senza pretendere compensi di nessun genere. Sono anche questi sono fatti che più lo avvicinarono alla gente. 3 Soccorso alla libertà ovunque minacciata. 4 Si può discutere se vi sia stata più libertà in Russia di quanta ve ne fosse nella Germania sotto Hitler? 5 Anche secondo S. Francesco si dovrebbe leggere il Vangelo per quello che è, senza commenti o postille. 6 I siciliani si ribellarono nel 1820, 1837, 1848 e 1860. 7 Gli era stato tolta la individualità statale, applicato l’ordinamento accentrato del modello napoleonico, annessa al regno di Napoli come Regno delle Due Sicilie con capitale a Napoli. 8 Tante furono le iniziative di mobilitazione che la storia, non la fantasia, ci ha tramandato: collette, incassi di spettacoli, contributi del figlio del duca di Wellington, di Florence Nightingale, di Charles Dickens (il fabbricante d’armi che aveva creato il fucile Enfield e che offrì un cannone esente da dazio). Gli operai dell’arsenale di Glasgow e gli scaricatori di Liverpool fecero gratis turni di lavoro straordinario per preparare munizioni e pacchi di medicazione. Alessandro Dumas, con le corrispondenze dal panfilo di Garibaldi, da Palermo, Victor Hugo in esilio in Inghilterra, il 14 giugno in un appassionato discorso denunciò le colpe della tirannia monarchica borbonica ed affermò che l’impresa di Garibaldi era necessaria,” l’Italia ora esiste - disse Hugo - e dov’era una espressione geografica, v’è una nazione”. 9 Il nucleo dei Mille ha affrontato due degli eserciti più forti del mondo: i francesi nel 1849 e gli austriaci nel 1848 e 1859. 10 Dei Mille solo 150 avevano la famosa camicia rossa, una sessantina la divisa dei Carabinieri di Genova. 11 “Ha partecipato alla breve ed ingloriosa campagna contro la repubblica romana del 1849 ed è stato impiegato contro gli insorti calabresi (1848) e siciliani(1849) e come polizia contro i briganti. 12 Il grosso delle bande era costituito da braccianti, cioè contadini salariati esasperati dalla miseria; accanto ad essi lottarono anche ex garibaldini sbandati, ex soldati borbonici e numerose donne, audaci e spietate come gli uomini. 13 Gli scritti riferiscono di una condizione subumana dei lavoratori e dei contadini, del più bieco analfabetismo, diffuso a percentuali prossime al 90% e della proverbiale corruzione dello stesso Stato borbonico. Lo Stato italiano rispose con una vera e propria guerra a questa rivolta sociale che durò oltre quattro anni: alle truppe già present nel Sud, il governo ne aggiunse altre, cosicché, nel 1863 ben 120.000 soldati erano impegnati nella lotta al brigantaggio: quasi la metà dell’esercito italiano! Nel 1865 il brigantaggio era stato praticamente sconfitto. Lo stato aveva vinto la sua guerra, ma aveva commesso proprio gli errori che Cavour aveva cercato di evitare: dopo la repressione e la legge marziale, [a frattura tra il Sud ed il resto dell’Italia non fece che approfondirsi. 14 La motivazione del vitalizio recita: “a chi ha tanto contribuito al risorgimento d’Italia offrendo lo spettacolo sublime di una vita dì abnegazione e di volontaria povertà dopo aver avuto a disposizione i tesori di due regni”. 15 Tra il 1848 ed il 1867 Garibaldi combattè sette campagne in Italia contro francesi, austriaci e napoletani sempre in condizioni di palese inferiorità di forze e mezzi uscendone sempre vincitore. 24 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI VENEZIA Beh!? Ci risiamo!! Continua il consenso dei lavoratori alla UILT nel Porto di Venezia! dalla nostra redazione VENETA Dalla Nuova Venezia del 18 novembre: Porto di Venezia, UIL e CISL battono la CGIL. “tre rappresentanti contro due in Commissione Consultiva” Dal Gazzettino del 18 novembre: Eletti nuovi rappresentanti dei sindacati nella Commissione Consultiva. “la lista UIL e CISL ha eletto tre membri su cinque (due alla UIL e uno alla CISL), quella della CGIL e Nuova Compagnia Lavoratori Portuali, ha eletto due rappresentanti (uno della CGIL, uno della NCLP). Il più votato in assoluto è risultato Brunero Zacchei, responsabile strutture della UIL Veneto, Brunero del Settore Trasporti della UIL” Zacchei ; seguito da Davide Divari Come sappiamo, la Commissione Con- (Vice Presidente Nuova Compagnia sultiva è l’Organo tecnico dell’Ente Lavoratori Portuali - 92 voti); seguono Portuale con funzioni consultive in Antonio Cappiello, dirigente portuale materia di rilancio, sospensione e revoca della Filt/CGIL; Corrado Meneghetti, delle autorizzazioni ad operare in porto, rappresentante portuale UILT e Gaetano nonché in ordine all’organizzazione del Antonello, Segretario Generale lavoro, agli organici delle imprese, FIT/CISL Veneto. all’avviamento della manodopera e alla Tra le tante questioni che la nuova Comformazione professionale dei lavoratori missione Consultiva dovrà affrontare, del porto. E’ composta dai rappresentan- anche il compito di mettere a punto una ti degli armatori, degli industriali, degli proposta condivisa tra tutte le sigle (sinimprenditori portuali, dagli spedizionie- dacali ed imprenditoriali) per RIDEFIri, dagli agenti e raccomandatari maritti- NIRE le regole del porto (fissate dalla mi e dagli autotrasportatori, designati contestatissima Ordinanza di Paolo dalle organizzazioni nazionali di catego- Costa dell’anno scorso). ria e da 6 rappresentanti dei lavoratori di L’impresa non sarà certamente facile, cui 5 eletti dai lavoratori delle imprese e visto che UIL e CISL da un lato e CGIL uno dai dipendenti dell’autorità por- dall’altro sono su posizioni opposte. tuale. Per la UIL-UILT Veneto/Venezia è Ad urne chiuse, la nuova Commissione stata la vittoria di una “nuova idea del Consultiva del porto di Venezia – eletta porto”, una risposta di voto e di fiducia giovedì 17 novembre da oltre 700 dei conseguente ad una proposta di porto: 1.200 lavoratori, ripropone gli equilibri mondiale, moderno, produttivo, aperto sindacali che esistevano prima del voto. alla concorrenza e non chiuso in situaIl più votato (144 voti) è stato il respon- zioni di monopolio. Per la UIL-UILT sabile del Settore Trasporti ed Infra- contano il lavoro, la qualità dello stesso, PER LE STRADE D’EUROPA gli investimenti e la capacità di sviluppo, non certo l’appartenenza. La fiducia rinnovata da parte dei lavoratori del porto di Venezia alla sigla UIL, è una chiara conferma di apprezzamento e sostegno alla politica che la categoria UILT Veneto sta da tempo portando avanti. Non dimentichiamoci che nell’attuale Comitato Portuale del porto di Venezia (altro importantissimo Organo), siedono 4 rappresentanti UIL su 6, eletti sempre dai lavoratori. Eccezionale risultato elettorale ottenuto nel 2008. Ai lavoratori del Porto (per il loro voto), alle Segreterie UIL e UILT Veneto (per il loro sostegno), agli eletti UIL nella Commissione (per il loro impegno e disponibilità) vanno il ringraziamento e gli auguri di buon lavoro da parte di tutti gli iscritti UIL e UILT del Veneto. Ai lavoratori portuali della Uilt Veneta e segnatamente al compagno Brunero Zacchei, sono giunti anche i più vivi apprezzamenti dal segretario generale della Uilt Giuseppe Caronia. LA UILT NEL TERRITORIO: QUI VENEZIA 25 L’attivo dei ferrovieri Uiltrasporti Veneti dibatte i “temi caldi” del settore di BRUNERO ZACCHEI I l giorno 20 dicembre si è tenuto presso la sala convegni dell’Hotel Plaza, di fronte alla stazione ferroviaria di Mestre, l’attivo dei ferrovieri Uiltrasporti. Ai lavori, oltre a tutto il quadro attivo UILT del comparto fs, hanno partecipato un numero considerevole di associati ( circa 60), compresa la molto apprezzata presenza di rappresentanti della UILT Nazionale e della Confederazione UIL Veneto, che hanno portato il proprio contributo ai lavori. E’ stata una importante occasione per stare assieme e fare il punto della situazione locale e nazionale del vettore treno, affrontando prioritariamente i temi di massima attualità quali: Contratto Mobilità ( fermo ai 4 punti), situazione economica contrattuale del settore ( indietro di 2 anni), il recente accordo bordo/macchina e per ultimo, tutti i risvolti relativi al fondo. Mauro Di Giovanni (Dipartimento Nazionale UILT) ha fatto il punto della situazione sulle vertenze relative al Contratto della Mobilità, rispondendo altresì a tutte le domande relative al Fondo La fase successiva alla firma dei 4 punti del CCNL della Mobilità (solo per memoria: Campo di applicazione, Decorrenza e durata, Disciplina del sistema delle relazioni industriali e diritti sindacali e Mercato del lavoro) dovrebbe prevedere la definizione dei contenuti economici relativamente ai rinnovi dei due settori che sono inseriti organicamente all’interno di detto contratto: quello delle AF (Attività Ferroviarie) e quello del TPL (Trasporto Pubblico Locale). Purtroppo la situazione economica nazionale non ci permette di prefigurare dei tempi certi non tanto per la definizio- ne del “quantum” ma neanche per la calendarizzare degli incontri con le controparti. Infatti i tagli imposti dalla Legge di Bilancio (Finanziaria) ad entrambi i settori non facilita assolutamente una rapida soluzione dei problemi, anzi volendo pensar male aiuta di fatto alcune nostre controparti a dilazionare in maniera quasi spasmodica finanche la definizione dell’agenda degli appuntamenti. Ma non dobbiamo ne possiamo abbassare la “presa” del CCNL della Mobilità che rappresenta la valida soluzione ai numerosi problemi che la liberalizzazione nel settore del trasporto pubblico, sia esso su ferro che su gomma, sta evidenziando, poiché mancano specifiche regole in materia. Per affrontare più direttamente l’aspetto ferroviario del nostro incontro possiamo dire che la firma dell’accordo del 17.11 c.a. ha finalmente definito le quantità economiche relative ai premi di risultato degli anni 2007/08/09 nonché ha messo le basi per una valida e sostanziale discussione per la definizione del premio di risultato dei prossimi anni 2010/2011. Questi premi saranno articolati su indicatori che sono stati individuati e percentualizzati nei seguenti modi: Produttività 60%, Qualità (prodotta/percepita)20% e Redditività di Gruppo 20%. Altro capitolo di particolare interesse per i ferrovieri è sicuramente il via libera che è stato dato con il richiamato accordo, al Fondo di sostegno al reddito, che specialmente in quelle realtà dove si potranno determinare degli esuberi, a valle degli incontri con il sindacato, il personale interessato potra essere accompagnato alla pensione per un periodo massimo di 48 mesi completamente a carico dell’Azienda F.S.Molto partecipato anche il dibattito (anzi un vero e proprio confronto tra centro e periferia) per quanto attiene l’accordo bordo/macchina. I numerosi ferrovieri presenti di bordo e macchina, hanno incalzato sentitamente e provocatoriamente nel merito dello stesso. E’ toccato ad Angelo Cotroneo (resp. del macchina) a spiegare l’accordo, le varie sfumature, le differenze al tavolo tra le varie OOSS e tutte le ragioni che hanno portato alla firma. A Brunero Zacchei (responsabile dei trasporti ed infrastrutture della UIL Regionale, peraltro ferroviere e da sempre uomo Uiltrasporti) il compito di concentrarsi sulla realtà locale. PER LE STRADE D’EUROPA 26 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI VENEZIA Zacchei ha esordito che, soprattutto per la realtà veneta (o quanto meno anche per questa regione) “non è un bel momento per il trasporto delle cose e delle persone” “si rischia di ledere un diritto sacrosanto della Costituzione, il diritto alla mobilità e conseguentemente anche il diritto alla salute”. “Anni fa a seguito della riforma Bassanini, avevamo messo in parola d’ordine: maggiore trasporto pubblico e meno traffico privato, tuttavia” - ha continuato - “contraddizioni politiche, che hanno svilito la riforma del TPL, l’assenza di adeguati finanziamenti ed intollerabili errori di coordinamento, hanno ammazzato le prospettive attuali e future per un trasporto efficace, efficiente e moderno”. Nel Veneto, in controtendenza a quelli che erano gli orientamenti e le aspettative, si sviluppano situazioni di concorrenza in negativo tra gomma-gomma, treno-treno, e soprattutto treno-gomma. Inoltre i fatidici ritardi sulla definizione del Contratto Unico sulla Mobilità (la Uiltrasporti Veneto lo ha da sempre perorato, anche in tempi non sospetti) ha portato ad una situazione di liberalizzazione senza regole per il lavoro. Il Segretario Zacchei ha informato i presenti che la riduzione dei trasferimenti statali costringono la regione ad un paventato, quanto inaccettabile, taglio del 25% al finanziamento del trasporto pubblico locale, ciò comporterebbe un esubero di circa 1.200 autoferrotramvieri. Non basterebbero - ha insistito Brunerocertamente neppure l’aumento dei biglietti, la riduzione delle corse nelle ore di morbida, razionalizzare quello che resta del servizio, per garantire la sussistenza di vita di un servizio di trasporto pubblico. Se si diradano le corse è inevitabile che si diradino anche gli utenti, con il rischio che in futuro si garantisce solo un servizio sociale inadeguato e senza dignità, (come hanno scritto UIL CGIL CISL Trasporti Veneto) “caritatevole con l’utenza debole quali studenti, lavo- PER LE STRADE D’EUROPA ratori a basso reddito, pensionati, casalinghe ed emigranti”. A questo punto - ha precisato - la speranza che il decreto mille proroghe restituisca una parte dei 67 milioni di euro che, la previsione della Giunta regionale toglie nel 2011. Per Zacchei difatti anche per l’altro pilastro, il trasporto ferroviario, c’è il rischio che il Veneto sia tra i più danneggiati a livello nazionale, si stima infatti in 40% il calo delle risorse disponibili per il trasporto su rotaia. Da dire che questa regione, già nel 2010, ha dato al trasporto ferroviario per i pendolari meno dello 0,05 % del proprio bilancio. Ci sono 150.000 pendolari, circa 680 treni, 1.200 Km-linea che devono avere risposte e queste, non possono essere certamente: la cancellazione dei treni, la riduzione della manutenzione, l’inaccettabile affollamento delle carrozze, l’assenza di punti vendita per biglietti ed abbonamenti. Un’area Metropolitana, come quella Veneta, doveva seguire una rotta inversa e l’occasione doveva essere la SFMR, la creazione di un sistema di trasporto metropolitano per il quadrante Padova-Mestre-Treviso-Castelfranco (compreso aeroporto Marco Polo e riviera mirese), realizzato di concerto dai vettori FERRO e GOMMA, in totale integrazione (oltre avviamente i parcheggi scambiatori). Infatti il SISTEMA SFMR non doveva significare solo una (seppur importante) infrastruttura ma, anche un modo di gestione integrato, sia nei servizi che nella bigliettazione. Invece il rinnovo del contratto di servizio (per accordo nazio- nale Governo-FS) di 6 anni + 6 tra Regione e Trenitalia e le gare per la sola gomma (peraltro con unità di rete riportate al sedime provinciale) stanno vanificando tutto ciò. Nel Veneto Treno e Gomma, non solo non dialogano, ma sono in spietata concorrenza e questo, a tutto danno dei cittadini ed anche dei lavoratori del comparto. Il Segretario Zacchei ha anche anticipato ai presenti il fatto che entro fine 2011 verrà costituita la Società mista Regione-Trenitalia per il trasporto delle merci e successivamente un’altra Società per il trasporto delle persone. Potranno essere due importanti occasioni di sviluppo e miglioramento dei servizi regionali - ha sostenuto Zacchei - tuttavia dovete, anzi dobbiamo, porre molta attenzione su tutti i risvolti contrattuali e - conclude - a questo punto sarebbe utile poter contare su un adeguato Contratto. Zacchei ha altresì fotografato la situazione portuale ed aeroportuale veneta, concludendo sulle infrastrutture viarie (terza corsia Ms-Ts, Pedemontana, romea Commerciale) e ferroviarie (AV Verona-Pd e AV Mestre -Ts). L’attivo ha beneficiato di molti interventi dei presenti. Mauro Di Giovanni che ha chiuso i lavori, si è congratulato con i colleghi del Dipartimeto Ferrovieri UILT Veneto, per la positiva iniziativa vissuta, ma soprattutto per il fatto che, pur in un momento di grande difficoltà per il settore ferroviario, la uiltrasporti del veneto chiude con un bilancio positivo in termini di adesioni anche nel comparto ferroviario, rappresentato da giovani e questo, è merito certamente del lavoro svolto dal Dipartimeto Ferrovieri, in primis, dal suo Coordinatore Ampelio Spadon, nonché da Gaetano Fioretti e Federico Cuzzolin del Dipartimento stesso, così come da tutti i responsabili e delegati UILT, che hanno portato con la loro voglia di fare, una ventata di entusiasmo e simpatia, sommata ad una forte professionalità. CHI NON RISPETTA I LIMITI DI VELOCITÀ, NON RISPETTA NIENTE. 28 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI TORINO Esiste ancora un’ ”Italia virtuosa”? dalla nostra redazione PIEMONTESE di NELLO FUSARO T ORINO. Che questo nostro mondo funzioni ormai cosparso di contraddizioni non è una novità. Che ormai non sia più un'Italia virtuosa, ma un paese in cui i furbetti, di ogni natura e appartenenza, dettano le regole, le condizioni, e compagnia cantante, non fa più notizia: dalla volgarità della politica in cui meretrici di ogni sesso e valore, ruffiani e sodali con il potere, sono divenuti gestori dei più alti poteri del paese non lascia più esterrefatti, si è divenuti apatici, indifferenti; il malaffare ha trionfato come valore , " pressoché ovunque", dalle camere del potere, alle istituzioni più elevate, nella religione come nella società civile, nel modello che si sta trasmettendo alle generazioni future ecc. Non si tratta di una visione apocalittica e pessimista. Al contrario, è quello che traspare quotidianamente parlando con la gente comune, dall'operaio al commerciante, dall'artigiano al conducente del bus, al poliziotto, al carabiniere, al ferroviere. In questo scenario tutti, siano essi di destra, come di sinistra o del centro politico, si sentono parte di questo canto del cigno a cui mestamente stiamo assistendo. In questo scenario, dicevamo, tutto è la negazione del tutto, tutti sono colmi di diritti e svincolati dai doveri, dalle regole sociali che sono la base della convivenza civile in una società civile. Accade così, che qualunque istanza emotiva dei singoli come dei gruppi di pressione, viene considerata come un valore assoluto cui non ci si può sottrarre dal porre veti, limiti, regole, leggi. Nell'imbarbarimento di una società che di civile ormai a poco, chi gestisce i media, chi convoca e ne determina il proprio asservimento, decide ciò che è giusto e non è giusto (secondo il suo metro) e, alla luce di tale prin- PER LE STRADE D’EUROPA cipio, nell'anteporre l'interesse personale a quello collettivo. Assistiamo così ad una degenerazione, ad una disgregazione, ad un impoverimento di una società poiché i padri non hanno saputo (o non hanno voluto) porre dei precisi limiti (le leggi di uno Stato ad esempio) ai propri figli, i quali credendosi nel diritto di possedere tutto, di essere tutto, si sentono autorizzati a confondere la libertà con una pseudo forma di libertinaggio... Ed è così che assistiamo quotidianamente a scene di pazzia collettiva in cui siamo tutti vittime e al tempo stesso i carnefici. I valori sociali che hanno fatto grande questo paese vengono disattesi in funzione e ad uso esclusivo di un egoismo sempre più presente sia nel privato come nel pubblico: le aziende non sono più un bene che trascende la proprietà privata, per via del volante economico che sviluppano, ma diventano l'occasione di alcuni personaggi oscuri, ma noti, per assoggettare tutto al proprio interesse economico. Il caso Fiat ne è un esempio lampante. Il gruppo facente capo al amministratore delegato Marchionne, si antepone alla storica famiglia Agnelli, per sottrarle la stessa Fiat. Con una strategia a tutto campo, subdola e insidiosa, non solo per la stessa famiglia Agnelli, bensì per l'intero paese, le mire di Marchionne & C. sono quelle di trasferire la più grande e principale azienda italiana all'estero dove produrre con meno lacci e lacciuoli a costi più bassi. E trarne il proprio massimo beneficio economico e di potere in senso stretto. Ma l'esempio Fiat, sulla conduzione della trattativa a tutto campo, minacciando prima la disdetta del CCNL, poi l'uscita da Confindustria ecc. in realtà altro non è che una strategia precisa, violenta, illiberale, spregiudicata e un tantino fascista: il profitto prima di tutto! Quello che maggiormente preoccupa lavoratori e sindacati, parti sociali più in generale, non è l'atteggiamento dell'amministratore delegato Fiat, ma quanti guardando di buon occhio questo atteggiamento stesso vorrebbero far propria la filosofia, le prospettive che apre, il legalizzare l'immoralità finanziaria cui sottende, non considerando il ruolo sociale che il sistema produttivo italiano ( e più in generale quello europeo) ha nei confronti del paese e, non possiamo tacerlo, ricodando quanto questo paese ha dato in varie modalità all'industria italiana sotto forma di incentivi, prestiti anche a fondo perduto, regalie e concessioni varie. Comunque vada, quello che lascia più perplessi è il mondo "dietro le quinte" della vicenda Fiat; comunque vada a finire cioè, molti faranno loro questo modo di concepire le relazioni industriali, di rapportarsi non più attraverso un confronto serrato, forte, ma solo esclusivamente attraverso una valu- LA UILT NEL TERRITORIO: QUI TORINO tazione passata dal valore economico inteso come finanza pura, e non come l'insieme di responsabilità sia economiche (verso la propria industria) sia sociali in quanto il capitalismo, in fondo, ha anche dei doveri sociali. Ci preoccupano le timide aperture, le osservazioni "attente" di molti industriali, di dirigenti di azienda, di manager e dei loro cortigiani che dimenticano con troppa facilità quanto questo paese ha dato sia l'industria, sia la finanza, sia ad altri papponi di ogni genere, a quanti cioè hanno vissuto sulle spalle dell'intero popolo italia- no e che, a nostro avviso, troverebbero legittima collocazione non ai vertici di aziende pubbliche e private, ma legittimamente nelle carceri più oscure a patir per quell'art. 41 bis che si vorrebbe utilizzare solo per i reati mafiosi. Da troppo tempo assistiamo ad un'espropriazione, ad una spoliazione dei ruoli legittimi di parte e contro parte non solo nel mondo del privato, di quell'industria votata al profitto. Ma gli scandali che quotidianamente ammorbano la società civile italiana, da Finmeccanica, a quanto sta denunciando 29 il sito Wikileaks, degli intrallazzi, dell'immoralità diffusa nel paese, non sono più l'occasione per una riflessione franca e aperta della società civile bensì, lo stimolo che la stessa deve cogliere per liberarsi, con uno scatto di dignità, di questo cancro sociale, politico, economico, religioso che ammorba tutti, che come una nebbia purpurea tutto avvolge, distrugge, annichilisce. Noi, nel nostro piccolo, nell'osservare questo mondo che così cambia non abbiamo più lacrime, ma brama di sangue. N.F. QUI MILANO Ricordo di un compagno dalla nostra redazione LOMBARDA di LUIGI CHIARI O re 10:30 del 7 gennaio scorso, mi chiama il mio amico Modi, dandomi la peggiore delle notizie: Dino Millone è morto!... Non volevo crederci, ma è così. Quando lo conobbi, Dino, ebbi subito di lui una grande buona impressione: uomo solido e concreto, con il sorriso sul volto e la battuta sempre pronta, da vero toscano. Quanti viaggi insieme in macchina, da Incisa Val d’Arno per raggiungere Roma, dove ci attendevano le trattative per il rinnovo dei contratti di lavoro. Io partivo da Milano e lui mi aspettava, leggendo il giornale, sull’unica panchina della stazione di Incisa. Mi diceva: “Parti tranquillo e non preoccuparti se arrivi in ritardo. Io ti aspetto lo stesso”. Dino non sopportava le menzogne ed i millantatori. Era sempre pronto ad aiutare tutti disinteressatamente. Il suo più grande cruccio era quando non riusciva a prendere il treno per Firenze e poi la coincidenza per Rignano sull’Arno, perché a casa c’era sua madre ad attenderlo e guai se non arrivava. E la mattina dopo, sveglia presto per raggiungere Roma, in tempo per continuare le trattative! Nei momenti di relax, strada facendo mi raccontava della sua giovinezza, quando con la Vespa girava l’amata Toscana e la sua Valdichiana, con l’allevamento delle mucche chianine. E la domenica, in giro per le fiere del bestiame. Una volta gli chiesi per quale motivo non aveva mai pensato di farsi una famiglia e lui mi rispose che la sua amata se n’era andata nei Campi Elisi, colpita da un male incurabile. Per delicatezza, non gli chiesi altro e lasciai cadere il discorso. Un’altra volta mi spiegò l’origine del detto “Maremma maiala!”. Quando lui era giovane molti suoi amici andavano in piazza la mattina per cercare lavoro e spesso venivano chiamati per andare in Maremma a raccogliere radici, che venivano poi utilizzate per realizzare dei monili ed altri oggetti di legno. E siccome c’erano tante zanzare, nacque quell’esclamazione, che ormai è nota in tutto il mondo. Alla fine dei pranzi e delle cene, lui chiedeva sempre “un succo di frutta all’uva”, intendendo ovviamente un grappino, così come voleva anche il suo amico Luigi. Quando era dalle sue parti, se la carne non era di una bestia di razza chianina, non la voleva. Ma lui preferiva la pizza e poi un primo. Da quando, quattro anni fa, fu colpito da una lieve ischemia cerebrale, si lasciò andare. Per due volte sono andato a trovarlo, ma Dino piangeva ed allora, per non metterlo a disagio, poi continuai a sentirlo per telefono. Ora l’ho visto addormentato per sempre. Ciao, Dino! Sono convinto che lassù ritroverai tuo padre e tua madre e, perché no? anche il tuo amico Giuseppe Corticelli, compagno di tante battaglie sindacali, e la tua amata fidanzata, della quale mia avevi parlato in un momento di melanconia. PER LE STRADE D’EUROPA LA UILT NEL TERRITORIO: QUI REGGIO CALABRIA 31 Il sistema stradale calabrese dalla nostra redazione CALABRESE n prezioso contributo allo sviluppo dell’economia della Calabria: questo il giudizio obiettivo sul “progetto” che UILT, FILT-CGIL e FIT-CISL, hanno redatto per indicare le linee-guida che dovrebbero caratterizzare l’attività della Regione. Non sarà una “voce nel deserto”. I Sindacati sono determinati nel portarlo avanti, settore per settore, nell’interesse non solo della Calabria ma di tutto il Mezzogiorno e dell’intero Paese. La presentazione del progetto, di cui continuiamo la pubblicazione in questo numero della nostra rivista, sarà completata, a partire dal prossimo numero del “progetto” che UILT, FILT e FIT hanno elaborato per ciascun settore. U I l sistema stradale Calabrese è costituito da circa 300 Km di autostrada A3, 1400 Km. di strade statali e da oltre 12000 Km. di viabilità minore. (strade provinciali, comunali ed intercomunali) che si contraddistinguono, purtroppo, per capacità di traffico inadeguate e un alto livello di incidentalità. Le strade statali SS.18 Tirrena Inferiore”e la 55106 “Ionica” raccordandosi con il corridoio tirrenico e il corridoio ionico/adriatico oltre ad essere gli assi principali della viabilità calabrese, rappresentano gli unici collegamenti, alla rete viaria nazionale, complementari ed alternativi all’autostrada A3. Le altre strade statali (55107, SS108bis, 5109 bis, 55177, SS179, 55182-trasversale delle serre, 55280, 5 5283, 55481, SS531, S5534, 55 660) svolgono, in generale, un ruolo fondamentale nel sistema dei trasporti calabrese sia come principali vie di accesso territoriali che di interconnessione con le arterie della rete stradale interregionale e nazionale. Da qui i grossi volumi di traffico dovuti sia all’elevata presenza di stazioni turistiche su tutto il territorio, sia ai lavori di ammodernamento in atto sull’Autostrada Salerno Reggio Calabria. Ciò premesso si chiede: Il completamento, in tempi brevi, dei lavori di ammodernamento dell’autostrada A3, da tempo interessata da lavori necessari per dotare l’arteria degli standard tecnici minimi (costruzione corsia d’emergenza, allargamento banchine e spartitraffico, rettifiche di tracciata per migliorare l’andamento plani-altimetrico e di conseguenza gli standard di sicurezza ecc,); L’ammodernamento e la messa in sicurezza della 5518 “Tirrena Inferiore”, quale percorso alternativo all’Autostrada Salerno - Reggio Calabria stessa e con un volume di traffico locale molto intenso (pendolari, turisti e autotrasportatori) che si satura nei periodi estivi; La realizzazione della nuova 55106 a 4 corsie. A tale fine sollecitiamo l’attivazione dei cantieri su tutti i megalotti che hanno copertura finanziaria e, nel contempo, sollecitiamo il governo nazionale e regionale per l’attuazione di un organico piano di finanziamento finalizzato alla totale copertura delle risorse previste per la completa realizzazione della nuova SS106; Il completamento della delle opere di ammodernamento della SS182 “trasversale delle Serre” le cui risorse per 200 milioni di euro, sono da reperire dai fondi FAS e FESR del programmi Nazionali e Regionali 2007/2013. Adeguati interventi di manutenzione e di messa in sicurezza sui quattro assi trasversali che, nel sistema calabrese, assumono grande rilevanza (le SS 283/534 Guardia Piemontese - S. Marco Argentano - Sibari; la SS 107 Paola - Crotone; la SS 280 Lamezia Terrne - Catanzaro Lido e la Strada di Grande Comunicazione Ionio- Tirreno che collega Marina di Gioiosa con Rosario); Interventi di ammodernamento, di manutenzione strutturale e del manto stradale, di gran parte delle strade provinciali e comunali. Dette strade costituiscono la rete di penetrazione e di accesso per le varie comunità dislocate sul territorio e, quindi, parte fondamentale del patrimonio viario della nostra regione e pertanto, seguendo opportuni criteri di priorità e di potenzialità di sviluppo dei territori serviti, vanno migliorati i relativi standard di servizio e di messa in sicurezza. Considerato altresì che negli ultimi due anni, vaste aree della Calabria, sono state interessate da frane e smottamenti che hanno pesantemente compromesso la già precarie condizioni della rete stradale, queste 00.SS., sollecitano il Governo Regionale e tutti gli Enti interessati a concretizzare l’ottenimento, da parte del Governo Nazionale e dell’ANAS, dei fondi necessari per l’attuazione degli interventi, di manutenzione straordinaria, indispensabili per ripristinare la piena agibilità delle strade interessate. PER LE STRADE D’EUROPA LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI 32 SCOMMESSE PERSE IN CONTROTENDENZA CON I PARTNER EUROPEI I quadri sindacali in piazza per una mobilità davvero sostenibile dalla nostra redazione CAMPANA di GENNARO GAMBARDELLA C he storia...! Ma, soprattutto, quanti sogni svaniti! Se in questo momento decidessimo di contare quanti cittadini campani e napoletani speravano in un trasporto pubblico più puntuale, più efficiente e soprattutto più cucito addosso alle proprie esigenze, dovremmo far ricorso a qualche legge einsteniana di remota memoria. Il PER LE STRADE D’EUROPA modello europeo di trasporto, su cui da anni si lavora per una concreta mobilità sostenibile, resterà, purtroppo, solo un miraggio sahariano. Difatti la politica avviata dal governo centrale e abilmente attuata dalla Regione Campania, tende indiscutibilmente alla disincentivazione della stessa mobilità sostenibile in completa controtendenza con i restanti paesi europei. L’ammontare annuo dei tagli economici regionali sarà di circa 40 milioni di euro, che vorrà dire, meno bus, meno treni, meno frequenza temporale su corse e più disagi per tutti; lavoratori e utenti. Ma oltre al danno, arriverà puntuale anche la beffa. Nelle magistrali intenzioni di qualche mente “poco pensante”, c’è anche l’aumento tariffario dei titoli di viaggio e l’eliminazione delle agevolazioni tariffarie per gli studenti. Si annunciano tempi duri per pendolari e cittadini che auspicano invece una mag- LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI giore mobilità e un trasporto pubblico urbano più efficiente. Ma fare i conti senza l’oste è purtroppo una consuetudine tutta italiana. In questo caso “l’oste” renderà un conto salatissimo! I rischi di queste politiche sono difatti tanti: effetti devastanti sulla viabilità cittadina e provinciale, incremento del trasporto privato con gravissime conseguenze sulla qualità dell’aria e un trasporto pubblico che rimarcherà ancora più la distanza fra realtà socialmente deboli e il resto del Paese. Le preoccupazioni delle OO.SS., riunitesi in assemblea unitaria il 2 dicembre 2010, sono avallate da dati sconfortanti che rischiano nel prossimo futuro di determinare una serie di ripercussioni irrimediabili. Quali? Eccole! Già cancellati (15 dicembre 2010) 70 treni del trasporto regionale Trenitalia, che si aggiungono agli altri 32 già tagliati nel mese di settembre, diminuzione del livello occupazionale sia per lo stesso settore sia per l’indotto, ridimensionamento di aziende storiche presenti sul territorio e relativa riduzione dei servizi erogati, taglio netto agli acquisti di nuovo materiale ferroviario per i treni regionali e rallentamento dei lavori nei cantieri della metropolitana regionale. E queste sono solo le prime conseguenze dei tagli per 206 milioni di Euro nel 2011 e 231 milioni di Euro nel 2012 previsti dalla Legge Finanziaria 2010 del Governo, che il maxi emendamento alla Finanziaria 2011 non ha sostanzialmente modificato. A questa riduzione di risorse prodotta dalla manovra finanziaria vanno inoltre aggiunti i tagli indiretti provenienti dalla riduzione dei trasferimenti a carico delle Province (fino a 500 milioni nel 2012) e dei Comuni (fino a 2.500 milioni nel 2012). E come commentare poi la vergognosa decisione del Cipe di non includere nessun progetto Campano nella lista di quelle da finanziare, con i fondi Fas destinati dalla Comunità Europea al Sud; e pensare che gli stessi fondi vengono utilizzati in altri territori per altri scopi rispetto a quelli originari. Da tutto questo è scaturita la manifestazione regionale scattata il 07 dicembre 2010, dove più di duemila lavoratori del trasporto pubblico locale, delle attività fer- 33 roviarie e di supporto provenienti da tutta la Campania hanno sfilato in corteo per le strade cittadine. Il torpedone partito da Piazza Matteotti è arrivato in via Santa Lucia alla sede istituzionale della Regione Campania. La manifestazione promossa dalle organizzazioni sindacali di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil Trasporti e Ugl Trasporti, pur suscitando un enorme interesse anche fra la popolazione, non ha fatto breccia (momentaneamente...) nel cuore e nella testa della Giunta Regionale. Infatti in un comunicato stampa congiunto le OO.SS. riferiscono del grave atteggiamento della Giunta, che, negando un incontro con una delegazione sindacale, conferma la sua insensibilità e il suo disinteresse in merito alle problematiche che erano al centro della mobilitazione. Bene, non c’è che dire, ancora una volta la politica ha centrato il suo obiettivo scontentando tutti ed allontanandosi sempre più dalla gente, e pensare che questi potevano solo fare meglio, ma che dire al peggio non c’è mai fine, ma si può fare sempre di G.G. più. Caccia al tesoro nelle stazioni Metronapoli: un biglietto che vale quanto un capitale di SIMONE SIMEONE I l lavoro di un operatore di stazione a Metronapoli spesso “dipende” anche da un biglietto, un ticket viaggio di 1 euro e 10 centesimi. Sembra strano, ma è proprio così. Metti una stazione dove mancano le biglietterie o sono chiuse, le macchinette emettitricibiglietti sono tutte fuori servizio, metti una domenica in cui tutti i punti vendita sono chiusi, metti un viaggiatore con banconote e senza neanche una moneta in tasca, metti la voglia di acquistare un biglietto per viaggiare ma l’impossibili- tà di farlo…ed ecco che scatta l’irreparabile questione tra l’operatore di stazione e il viaggiatore inferocito. Non è possibile acquistare a bordo treno il ticket per viaggiare: oltrepassare il tornello senza il biglietto per il viaggiatore di Metronapoli significa incorrere inevitabilmente in un verbale di 37 euro. È giusto e sacrosanto pretendere che i viaggiatori acquistino e obliterino il biglietto, ma bisogna anche mettere gli stessi in condizioni tali da poter adempiere queste azioni. Il problema resta sempre all’agente di stazione che si inventa mille escamotage per consentire al cliente di acquistare il ticket; spesso ci si reca al lavoro con una moltitudine di monetine in tasca per essere pronti a cambiare le banconote dei viaggiatori. E quando finalmente si dispone di 1 euro e dieci…ecco che l’emettitrice biglietti non funziona. Allora l’operatore di stazione avverte immediatamente il tecnico del guasto avvenuto e nella migliore delle ipotesi, prima che egli giunga in stazione per ripristinare il funzionamento, il diverbio tra il dipendente Metronapoli ed il viaggiatore è già avvenuto: non ci sono scuse, i treni passano, il tempo scorre veloce ed il cliente pretende asso- PER LE STRADE D’EUROPA 34 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI NAPOLI lutamente il biglietto per viaggiare. Che si fa in questi casi? Nulla, inizia il dramma. Si litiga, aggressioni verbali e addirittura fisiche. Si cerca di far comprendere agli utenti del servizio metropolitano che i guasti alle macchinette non dipendono dai dipendenti, la responsabilità di questo disservizio non va imputata agli operatori di stazione, che bisognerebbe essere premuniti dei titoli di viaggio, che bisognerebbe recarsi all’esterno della struttura metropolitana per acquistarlo. Il viaggiatore non ascolta ragioni. Queste sono solo scuse. La situazione è inaccettabile e di grande disagio, sia per i viaggiatori che per gli stessi lavoratori. Come si garantisce ai cittadini che frequentano la metropolitana un servizio efficiente, come preservare un servizio essenziale come l’acquisto dei biglietti nelle stazioni? Le biglietterie con operatori negli impianti sono ormai un lontano ricordo, esistono solo i distributori automatici, ma questi non funzionano mai. Gli episodi che si susseguono nelle stazioni di Metronapoli dimostrano come fare un biglietto per la metropolitana possa costituire un’impresa. Qualche tempo fa, in un articolo PER LE STRADE D’EUROPA apparso sul quotidiano “Il sole 24Ore”, si diceva che ogni giorno 7,7 milioni di potenziali clienti della metropolitana preferiscono l’auto, affrontando lunghe code pur di evitare disagi, treni stracolmi, sporchi e spesso in ritardo. Come dagli torto? Per pagare il biglietto nella metropolitana di New York i viaggiatori avvicinano l’iPhone ai tornelli dove sono stati inseriti dei sensori Visa pay- EMETTITRICI AUTOMATICHE FUORI SERVIZIO: UN’INEFFICIENZA CHE DANNEGGIA VIAGGIATORI E DIPENDENTI Ware ed un sensore permette l’accesso alla metro. A Milano, nella primavera del 2011, verrà sperimentata una carta contenente un importo prefissato (ricaricabile) che l’utente utilizzerà nei suoi spostamenti ed il credito verrà scalato ogni qualvolta si accede ad un mezzo diverso nel proprio tragitto quotidiano. Il tutto senza dover cercare tabacchi o edicole per recuperare il biglietto all’ultimo minuto, saranno dei sensori posti sulle porte dei mezzi pubblici che registreranno la transazione. A Napoli, invece, per il nuovo anno, si spera che i biglietti utili a viaggiare in metropolitana non siano oggetto di una caccia al tesoro lunga ed interminabile; e pensare che abbiamo il sistema di integrazione tariffaria più completo del mondo che prevede perfino l’evasione obbligatoria e il disinteresse delle aziende ad ogni forma di attività commerciale! Non c’è che dire proprio un’altra bella figura ci facciamo quando i turisti scendono nelle nostre stazioni e si sentono dire dall’operatore di turno: “Ticket? Out of service”, come dire... Andate, offre la casa, che noi, si sa, siamo di cuore buono! S. S. LA UILT NEL TERRITORIO: QUI PERUGIA 35 Costituita Umbria TPL e Mobilità, Società unica del Trasporto pubblico nella Regione dalla nostra redazione UMBRA D opo dieci anni d’impegno del Sindacato tutto e della UILTRASPORTI in particolare è nata “UMBRIA TPL e MOBILITÀ”, società unica del trasporto pubblico locale della Regione Umbria. L’obbiettivo prioritario della nuova società unica regionale è quello di dare all’Umbria un moderno sistema di trasporto, aumentare e migliorare la qualità dei servizi all’utenza. Ora difronte a noi c’è la vera sfida: accrescere la qualità dei servizi, migliorare l’integrazione del trasporto su gomma con quello su ferro e con la stessa mobilità urbana, realizzare importanti economie di scala e arrivare a breve al biglietto unico regionale. Dovremo inoltre lavorare affinché tutto il sistema di TPL sia, nella nostra Regione, sostenibile e compatibile con l’ambiente. UMBRIA TPL e MOBILITA’ ha avviato la propria attività dal 1° dicembre 2010 svolgendo il servizio di trasporto su gomma, su ferro e i principali servizi di mobilità alternativa della Regione. Ha aggregato le sei Aziende di trasporto APM,APM Esercizi, ATC Tpl e Mobili- tà, FERROVIA CENTRALE UMBRA, SSIT Gestione e SSIT Esercizio e la società strumentale Umbria House. L’Azienda unica ha 1345 dipendenti, 318 a Terni, 205 a Spoleto e 822 a Perugia distinti in 208 per i servizi su ferro e 614 per la gomma. Il fatturato diretto della nuova società è di circa 130 milioni di euro e il capitale investito ammonta a circa 450 milioni di euro a fronte dei quali la società dispone di un patrimonio di 66 milioni di euro. Gli attuali servizi si snodano per 30,7 milioni di chilometri (di cui 28,4 su gomma e 2,3 su ferro) e trasportano circa 32 milioni di passeggeri annui cui si aggiungono gli oltre 14 milioni della mobilità alternativa e i 307 mila del servizio di navigazione sul lago Trasimeno. La società dispone di 734 autobus, di cui 116 a metano e 22 elettrici,51 treni. “Umbria Tpl e Mobilità” ha acquisito tutte le attività ora svolte dalle aziende che ha aggregato, che hanno fortemente diversificato e ampliato la loro azione anche in settori complementari e accessori. Pertanto, oltre a svolgere servizi su ferro di RFI e attraverso la partecipata “Roma Tpl” l’attività di trasporto pubblico per il Comune di Roma, si occupa di gestio- ne dei parcheggi, manutenzione dei mezzi, produzione di energie rinnovabili, realizzazione di Kit ecologici “dualfuel”, realizzazione di tornelli per autobus, gestione della mobilità alternativa, progettazione e pianificazione di servizi di trasporto in altri Paesi. Con la costituzione dell’Azienda unica, il rapporto di lavoro del personale attualmente dipendente delle società fuse è stato trasferito alla società risultante dalla fusione, con il mantenimento delle specifiche condizioni normative, contrattuale salariali usufruite, derivanti sia dalla contrattazione nazionale che aziendale. E’ stato assicurato, il mantenimento del posto di lavoro a tutto i personale e la stabilizzazione del personale precario, con la conservazione dei profili professionali e dei parametri di inquadramento al momento posseduti. IL SEGRETARIO REGIONALE UILTRASPORTI UMBRIA Mirco Caini IL SEGRETARIO GENERALE UILTRASPORTI UMBRIA Alessandro Emili PER LE STRADE D’EUROPA 36 LA UILT NEL TERRITORIO: QUI SASSARI Maggiore condivisione delle responsabilità e dei benefici di ANTONIO SIAS dalla nostra redazione SARDA L a Sardegna è la seconda Regione d’Italia in quanto a superficie ed è abitata da poco più di 1 milione e seicento mila persona, ora come tutti possono facilmente immaginare la distribuzione demografica della popolazione risulta particolarmente frammentata e lo è ancor di più se consideriamo che circa il 50% dei Sardi risiedono nelle due principali città Cagliari e Sassari o nei centri urbani e paesi poco distanti da queste. Fatti i dovuti calcoli i rimanenti 800 mila abitanti dell’isola risiedono in una infinità di paesini che molto raramente superano i 5000 abitanti e che spesso distano tra di loro, ma dai principali centri isolani di chilometri. Molti si chiederanno del perché di questa lunga ed articolata premessa, presto detto; per molte di queste piccole comunità l’unico mezzo di comunicazione e di contatto con i capoluoghi e le città e l’autobus, una sorta di cordone ombelicale che ogni giorno collega anziani, studenti, lavoratori e gente comune dell’interno e delle piccole comunità con il cuore istituzionale ed economico e con i poli sanitari e scolastici dell’isola. A questo quadro già di per sé penalizzante si aggiunge, come se non fosse abbastanza, la politica di tagli ai finanziamenti alle Regioni voluta dal governo Berlusconi e di riflesso il taglio delle risorse destinate al T.P.L. da parte delle Regioni stesse. Ora pensare che diversi dei vitali collegamenti già ora scarsi vengano cancellati sarebbe un colpo mortale per quelle comunità condannandole ancor più al fenomeno dello spopolamento dei piccolo centri dell’interno che dalle nostre parti seppur in maniera minore non si è comunque mai arrestato. La chiusura di questi collegamenti comporterebbe un taglio kilometrico impor- PER LE STRADE D’EUROPA tante per l’azienda isolana di proprietà pubblica che gestisce la quasi totalità dei collegamenti extraurbani ma soprattutto un taglio occupazionale importante in una regione che annovera il poco invidiabile primato di comunità con uno dei più alti livelli di disoccupazione. “Se Atene piange Sparta non ride” sarebbe proprio il caso di dire, difatti se il comparto extraurbano pur fra le mille difficoltà gode di una importante garanzia data dal fatto che l’azienda che ne gestisce i collegamenti è al 100% di proprietà regionale, le aziende che gestiscono i trasporti nelle città potrebbero vivere un vero e proprio salto nel buio, poco importa se dovuto al taglio delle concessioni kilometriche oppure con un diretto taglio dei finanziamenti, non ci sono vie di scampo se non mettendo mano ad una politica di aumento delle tariffe e di riorganizzazione aziendale nella speranza che tanto basti. I sacrifici e le rinunce alle quali le maestranze ed i lavoratori di un’azienda come l’A.T.P. di Sassari si sono sottoposti negli ultimi anni potrebbero essere vanificati riportando la situazione di bilancio da una previsione di pareggio ad un nuovo e pericoloso deficit. Abbiamo dato stabilità lavorativa ad una dozzina di colleghi che operavano da precari negli impianti fissi, abbiamo soprattutto risanato l’evidente disparità di trattamento lavorativo ed economico dando piena dignità lavorativa a 72 colleghi che operavano con un contratto part-time del 70%. Un progetto riorganizzativo che ci ha visti fin da subito protagonisti, proponendoci come interlocutori affidabili e responsabili. Siamo pienamente consapevoli che in tutto il mondo del lavoro del cosi detto occidente industrializzato, si stiano riscrivendo le regole del merca- to e della produzione e conseguentemente anche quelle che fino ad oggi hanno governato il lavoro ed i lavoratori. Il “modello Marchionne” sta travolgendo qualsiasi argine gli si ponga sulla strada avviando di fatto un nuovo modello di contrattazione, confronto e partecipazione alla vita aziendale, che con tutta probabilità troverà facilmente imprese ed operatori pronti ad imitarlo. Ed allora a poco serve rifugiarsi dentro il castello, bisogna fin da subito capirne e studiarne i contenuti sapendo coglierne le potenziali opportunità che ne potrebbero scaturire anche attraverso una diversa partecipazione dei lavoratori all’impresa che vada oltre l’ormai stretto ed esclusivo ruolo di lavoratore dipendente. Con questo spirito e consapevolezza ci siamo seduti e ci sediamo al tavolo della trattativa, e non è un cercare di portare a casa il minor danno possibile, è piuttosto la volontà di non essere vittima degli inesorabili cambiamenti, subendo passivamente oppure agendo come in una difesa strenua e talvolta con venature integraliste lo status quo. Vogliamo essere protagonisti del cambiamento, vogliamo essere parte proponente, siamo pronti ad affrontare ed a farci carico anche di una responsabilità diversa nel disegnare il futuro aziendale assumendoci come rappresentanza e come lavoratori la nostra parte di rischio, naturalmente a condizione che altrettanta partecipazione ci sia riservata nella distribuzione dei benefici. Noi lanciamo la sfida ed in attesa della risposta delle altre organizzazioni sindacali, delle parti aziendali e delle rappresentanze della proprietà continuiamo a difendere con gli strumenti normativi sempre più deboli e meno incisivi i diritti dei lavoratori.