mary shelley e l`italia - Casa editrice Le Lettere

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mary shelley e l`italia - Casa editrice Le Lettere
Elisabetta Marino
MARY SHELLEY E L’ITALIA
Il viaggio, il Risorgimento,
la questione femminile
Le Lettere
Indice generale
Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 11
I. Mary Shelley e l’Italia: il viaggio, i luoghi, gli italiani. . . . . » 15
1. Alcune premesse. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 15
2. I protagonisti del primo viaggio in Italia. . . . . . . . . . . . » 18
3. Il primo viaggio e le sue tappe: dalla realtà alla
trasposizione letteraria. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 26
4. L’incontro con gli italiani. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 40
5. L’Italia e gli italiani dopo il ritorno in Inghilterra. . . . . » 56
6. Il secondo e terzo viaggio in Italia. . . . . . . . . . . . . . . . . » 68
II. La situazione politica italiana: Mary Shelley e il
Risorgimento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 79
1. Lo sguardo dei britannici sulla storia d’Italia:
tra curiosità, scetticismo e partecipazione. . . . . . . . . . . » 79
2. La storia italiana nell’opera di Mary Shelley. . . . . . . . . » 88
3. Esplorare il presente indagando il passato: i racconti
italiani, Valperga, e Lives of the Most Eminent Literary
and Scientific Men of Italy, Spain and Portugal. . . . . . . . » 95
4. La storia italiana contemporanea all’autrice . . . . . . . . . » 110
III. La rinascita femminile attraverso la scrittura dell’Italia. . . »129
1.Il topos della femminilizzazione dell’Italia. . . . . . . . . . . » 129
2. In cammino verso l’emancipazione: le figure femminili
da Frankenstein a Valperga. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 136
6
indice generale
3. Paradigmi di rigenerazione: The Last Man, Lives of
the Most Eminent Literary and Scientific Men of Italy,
Spain and Portugal e Rambles in Germany and Italy
in 1840, 1842 and 1843. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 154
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »171
Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . »183
II
La situazione politica italiana:
Mary Shelley e il Risorgimento
1. Lo sguardo dei britannici sulla storia d’Italia: tra curiosità, scetticismo e partecipazione
Sulla scia del già menzionato entusiasmo per la scrittura dell’Italia,
un forte interesse per la storia del “bel paese”, dal suo passato più
remoto fino agli accadimenti recenti, si diffonde in Inghilterra a
partire dai primi decenni dell’Ottocento. Anche in questo caso lo
sguardo dei britannici si posa sugli eventi in modo non univoco,
rivelando una disposizione d’animo che oscilla tra curiosità, scetticismo e autentica partecipazione.
I viaggiatori in Italia così come i lettori rimasti in patria non
erano soltanto fruitori appassionati di guide turistiche ma, come
osserva Maura O’Connor, consumavano con altrettanto entusiasmo narrazioni dal carattere storico1, moltiplicatesi a seguito di
un notevole aumento della domanda già dall’inizio del diciannovesimo secolo. I primi, monumentali volumi curati da studiosi
di grande rilievo – come The History of the Decline and Fall of
the Roman Empire (1776-1788) di Edward Gibbon o Histoire
des Républiques Italiennes du Moyen Âge (1809-1818) di Jean
Charles Léonard Simonde de Sismondi – erano stati seguiti da
numerosi epigoni dallo spessore notevolmente inferiore, mere
sinossi, il più delle volte, di testi pubblicati in precedenza, prodotti, nelle parole di C.P. Brand, «with an eye to their popular
appeal, rather than with any love of comprehensiveness and
1
M. O’Connor, The Romance of Italy and the English Political Imagination,
Palgrave Macmillan, New York 1998, p. 21.
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MARY SHELLEY E L’ITALIA
accuracy»2. L’attrazione nei riguardi del passato italiano è testimoniata anche da una proliferazione di romanzi e testi teatrali,
che venivano sapientemente incentrati dagli autori su quelle epoche e su quelle figure di tiranni e condottieri che l’immaginario
popolare, intriso di echi del gotico e assetato di gesta straordinarie, sembrava prediligere. C.P. Brand individua tre significativi nuclei d’interesse, per il pubblico e, di conseguenza, per gli
scrittori: le vicende che avevano foggiato il carattere affascinante
e oscuro della Serenissima; il primo Rinascimento; il tardo Medioevo, epoca capace di testimoniare «the survival in a broken
and disorganized country of the seeds of a new civilization»3. Figure demoniache quali il Conte Cenci, Cesare Borgia o Ezzelino da Romano erano divenute interpreti ricorrenti di sanguinose
tragedie di vendetta modellate su quelle elisabettiane, mentre la
Congiura dei Pazzi, volta a stroncare l’egemonia dei Medici, o la
rivolta di Masaniello riempivano pagine ammirate dai lettori o si
tramutavano in opere liriche, melodrammi e persino in balletti
dalle coreografie vivaci4. Di contro alla popolarità di tali tematiche, la scarsa profondità con cui venivano affrontate dagli autori
rifletteva spesso il giudizio sommario ed effimero sull’Italia e gli
italiani di cui si è parlato nel capitolo precedente. Prescindendo dagli “italofili” Lord Byron (principalmente con le sue tragedie storiche Marino Faliero e The Two Foscari), e Percy Shelley
(con il suo The Cenci, non scevro, come si è già sottolineato, di
particolari romanzati), era infatti difficile che ci si premurasse di
accertare la veridicità dei fatti narrati o l’attendibilità delle fonti
consultate: ciò che interessava veramente era presentare al pubblico una scenografia attraente e variopinta, sfondo ideale per
rappresentare il dramma delle passioni umane. Alcuni dettagli
storici dei testi erano addirittura inventati o arricchiti di colore
locale per incontrare le aspettative e la curiosità del pubblico,
come nel caso di Masaniello, spinto all’azione ora da un desiderio adultero, ora dalla sete di vendetta nei confronti del Viceré,
C.P. Brand, Italy and the English Romantics: the Italianate Fashion in Early
Nineteenth-Century England, cit., p. 187.
3
Ivi, p. 189.
4
Per un elenco completo di tale produzione, si rimanda allo studio di C.P.
Brand, ivi, pp. 190-193.
2
Mary Shelley e il Risorgimento
81
che aveva probabilmente sedotto sua sorella. Come sintetizza in
maniera efficace C.P. Brand,
the interest was not in historical truth, not in the actual condition of
Italy at a given time, but in the romantic scenes and patriotic episodes
which would make good novels or dramas or poems, and most authors did not hesitate to invent incidents and characters which often
quite distort the original facts5.
Procedendo dall’attenzione per le memorie del passato (pur nella
sua superficiale artificiosità) a una panoramica sull’età contemporanea, la situazione storica e politica italiana negli anni compresi tra la Restaurazione e l’Unità suscitava reazioni dissonanti tra
i britannici che, tuttavia, non potevano ignorare la questione,
considerati i precari equilibri internazionali stabiliti in conclusione delle guerre napoleoniche e la massiccia presenza di esuli che
si erano riversati in Inghilterra a partire dal 1810. Espatriato nel
1816, Ugo Foscolo era stato uno dei precursori di questo fenomeno migratorio, assieme al medico Augusto Bozzi che, a Londra, oltre a esercitare la professione, aveva fondato la rivista «L’Italico»
(1813-1814), dai contenuti sia politici che letterari. Dopo il fallimento dei moti del 1820-1821 e, successivamente, negli anni ’30 e
’40 dell’Ottocento (caratterizzati da altrettanto infelici movimenti
insurrezionali), il flusso di espatriati italiani e patrioti oppressi si
era intensificato, includendo personalità come Giovanni Berchet
(uno degli ideatori de «Il Conciliatore»6), Antonio Panizzi (futuro direttore della prestigiosa biblioteca del British Museum7), e
Gabriele Rossetti, esperto dantista e poeta, padre degli artisti pre Ivi, p. 193.
Si tratta di un periodico bisettimanale dal carattere scientifico-letterario pubblicato a Milano, dal settembre 1818 all’ottobre dell’anno successivo. «Il Conciliatore» nacque con l’intento di esprimere posizioni non radicali, ma i toni progressivamente più accesi determinarono la sua soppressione da parte degli austriaci. Il
titolo, come Silvio Pellico scrisse a Ugo Foscolo in una lettera da Milano, datata
17 ottobre 1818, era determinato dalla volontà di «conciliare e conciliamo infatti – non i leali coi falsi, ma tutti i sinceri amatori del vero. Già il pubblico si accorge
che questa non è impresa di mercenari, ma di letterati, se non tutti di grido, tutti
collegati per sostenere, finché è possibile, la dignità del nome italiano». G. Stefani
(a cura di), Epistolario di Silvio Pellico, Le Monnier, Firenze 1856, p. 16.
7
Panizzi insegnò prima al Royal Institution di Liverpool e poi alla University
of London.
5
6
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MARY SHELLEY E L’ITALIA
raffaelliti Dante Gabriel, William Michael e Christina8. A loro si
era aggiunto il Conte Carlo Pepoli (poeta e famoso librettista) e
Giuseppe Mazzini, fondatore de “La Giovine Italia”. Mazzini si
era stabilito a Londra nel 1837, nel quartiere di Clerkenwell, una
nicchia culturale caratterizzata dalla presenza di intere famiglie di
rifugiati di origine italiana. Anche se le sue attività erano spesso
soggette a controllo, godeva comunque di una considerazione tale
presso gli inglesi da essergli concesso, pur trovandosi in territorio
straniero, di aprire una scuola per figli di immigrati e di creare una
rivista dai connotati fortemente politici: «Apostolato Popolare»,
in stampa dal 1840 al 1843. Inoltre, aveva dato vita a “The Society
of the Friends of Italy” (una società attiva dal 1851 al 1855, volta
a promuovere la libertà e l’unificazione italiana), e aveva concepito la diffusione di un secondo periodico, «Pensiero e Azione», la
cui attività si estese dal 1858 al 18609. Per completare il quadro
del rapporto tra Gran Bretagna e causa italiana, è da notare che
il primo resoconto sulle cospirazioni carbonare nel sud fu pubblicato proprio a Londra dall’editore Murray, all’indomani degli
eventi, con il titolo Memoirs of the Secret Societies of the South of
Italy, Particularly the Carbonari (1821). Nella prefazione, elaborata
in terza persona dall’anonimo autore (che, pur non rivelando altri
particolari di sé, teneva a precisare la sua totale estraneità a ogni
tipo di società segreta), veniva messa in evidenza, con una punta
di piaggeria, l’elevata risonanza che il volume avrebbe di certo ottenuto grazie alla sua pubblicazione in Inghilterra, vista la stima
e l’apprezzamento indiscusso che il paese poteva vantare presso
le altre nazioni europee. L’autore aveva addirittura scelto di scrivere il suo testo in francese (lingua più comunemente conosciuta
rispetto all’italiano), pensando di agevolare il lavoro di un potenziale traduttore inglese:
8
Gabriele Rossetti divenne professore di italiano al King’s College (Londra)
nel 1831. Note erano anche le sue qualità di improvvisatore.
9
Per un approfondimento, si consultino i seguenti testi: M. O’Connor, The
Romance of Italy in the English Political Imagination, cit., pp. 57-92; C.P. Brand,
Italy and the English Romantics: the Italianate Fashion in Early Nineteenth-Century
England, cit., pp. 26-35; E. Pii, «What is Freedom?» Shelley in Italia, in L.M. Crisafulli Jones (a cura di), Shelley e l’Italia, Liguori Editore, Napoli 1998, pp. 111128; N. Crook, «Meek and Bold»: Mary Shelley’s Support for the Risorgimento, in
L.M. Crisafulli, G. Silvani (a cura di), Mary Versus Mary, Liguori Editore, Napoli
2001, pp. 73-88.
Mary Shelley e il Risorgimento
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[the Author] must further observe, that the original is French, although it is not his mother tongue. He made use of it on account of
his English translator, thereby renouncing all pretension to elegance
of style. It was of too much consequence to him to bring out his work
first in London. The continent is accustomed to receive the truth with
less distrust when it proceeds from Great Britain. It is a homage we
owe to her: let her permit us to wish that we may soon participate
with her in this honourable privilege10.
Malgrado lo stretto contatto con gli esuli, nonostante il sostegno, la
comunione d’intenti e d’ideali e il coinvolgimento attivo di numerosi intellettuali e figure di spicco nel mondo politico11, permaneva
un atteggiamento di diffidenza da parte della maggioranza dei britannici, che mettevano in dubbio l’effettiva capacità degli italiani
di saper gestire la propria autonomia, qualora fosse stata raggiunta.
Attilio Brilli ben descrive la preoccupazione diffusa secondo cui,
con la conquista dell’unità nazionale, provenendo da secoli di dispotismo ottuso e intransigente tirannide, gli italiani sarebbero regrediti a uno stato infantile, comportandosi «come bambini ai quali venga concessa una libertà improvvisa e indiscriminata»12. Jeanne
Moskal sottolinea poi come, nella mente di molti, le superstizioni
legate inscindibilmente alla religione cattolica avessero reso gli italiani completamente «unfit for self-rule»13, condannandoli, pertanto, alla schiavitù perpetua e senza riscatto. Inoltre, l’ostilità aperta
verso Napoleone era all’origine del sospetto che alcuni nutrivano
nei confronti dei presupposti storici sottesi al Risorgimento: con la
sua proclamazione a Re d’Ita­lia, il condottiero francese era stato il
primo a instillare negli italiani un senso d’identità in grado di ol-
10
Anonimo, Memoirs of the Secret Societies of the South of Italy, Particularly the
Carbonari, John Murray, Londra 1821, pp. vii-viii.
11
Basti pensare alle simpatie di Lord William Bentinck (comandante in capo
delle forze militari inglesi nel Mediterraneo e ministro alla corte dei Borboni) nei
confronti della causa italiana e al suo appello, ripetuto a Livorno e poi a Genova,
affinché gli italiani facessero valere i loro diritti e lottassero per la libertà: «Warriors
of Italy, you are not asked to come to us, but you are asked to assert your rights
and your liberty». Cit. in C.P. Brand, Italy and the English Romantics: the Italianate
Fashion in Early Nineteenth-Century England, cit., p. 197.
12
A. Brilli, Un paese di romantici briganti, gli italiani nell’immaginario del
Grand Tour, cit., p. 53.
13
J. Moskal, Travel Writing, in E.H. Schor (a cura di), The Cambridge Companion to Mary Shelley, Cambridge University Press, Cambridge 2003, p. 248.
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MARY SHELLEY E L’ITALIA
trepassare i limiti delle frazioni e del regionalismo14, imprimendo
così un carattere distintivo, «a decidedly French flavor»15, nelle parole di Jeanne Moskal, all’intero processo che avrebbe portato alla
nascita del nuovo stato. C’è da aggiungere che la popolarità degli
italiani presso gli inglesi era diminuita in modo sensibile nel 1820,
in seguito allo scandalo che aveva coinvolto Carolina di BrunswickWolfenbüttel, la triste consorte di Giorgio IV. La principessa era
stata tacciata di adulterio, verosimilmente consumato con Bartolomeo Pergami, l’inserviente da lei ingaggiato durante il suo esilio
volontario in Italia a partire dal 1814. Carolina, amata dal popolo per le sue idee illuminate16 e altrettanto compatita per le umiliazioni e l’ostracismo di cui era divenuta vittima sin dall’inizio del
suo matrimonio con il futuro re17, era stata incriminata da presunti
testimoni oculari della sua relazione illecita: Majocchi, Ragazzoni,
Cucchi e Sacchi18. Interpretando fedelmente la maschera dell’italiano falso e fedifrago, gli accusatori avevano ricevuto un’ingente
somma di denaro dal monarca per mentire sui fatti e distruggere
così la reputazione della donna. L’incoerenza delle asserzioni e le
14
Il Regno d’Italia napoleonico (1805-1814) e il Regno di Napoli (prima nelle
mani del fratello di Napoleone, Giuseppe, e poi del cognato, Gioacchino Murat)
si configuravano come entità politiche estese e centralizzate, dall’organizzazione
piuttosto efficiente.
15
J. Moskal, Travel Writing, cit., p. 248.
16
Una delle sue frasi celebri è la seguente: «government[s] cannot stop the
march of intellect any more than they can arrest the motion of the tides, or the
course of the planets». R. Huish, Memoirs of Her Late Majesty Caroline, Queen of
Great Britain, T. Kelly, Londra 1821, vol. II, p. 570.
17
L’unione era stata costellata di infedeltà da parte del marito, cui avevano
fatto seguito reciproci tradimenti e oltraggi. Una frase tratta da una lettera di Jane
Austen all’amica Martha Lloyd (16 febbraio 1813) ben riassume la vicenda, oltre
a interpretare il sostegno comunemente dato dai suoi sudditi a Carolina: «I suppose all the World is sitting in Judgment upon the Princess of Wales’s Letter. Poor
woman, I shall support her as long as I can, because she is a Woman, & because I
hate her Husband – but I can hardly forgive her for calling herself “attached and
affectionate” to a Man whom she must detest… but if I must give up the Princess,
I am resolved al least always to think that she would have been respectable, if the
Prince had behaved only tolerably by her at first». Cit. in G. Holbert Tucker, Jane
Austen the Woman: Some Biographical Insights, St. Martin’s Press, New York 1994,
p. 118.
18
Per maggiori dettagli sulla “Commissione di Milano”, che avrebbe raccolto
le prove della colpevolezza di Carolina in Italia, si legga il testo di C.P. Brand,
Italy and the English Romantics: the Italianate Fashion in Early Nineteenth-Century
England, cit., pp. 203-204.
Mary Shelley e il Risorgimento
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frequenti incongruenze nei loro ragguagli degli eventi li avevano,
tuttavia, traditi, rinfocolando così il biasimo degli inglesi verso un
popolo che, sacrificando dignità e orgoglio, sembrava vendersi al
miglior offerente.
L’ambivalenza mostrata dall’opinione pubblica britannica nei
riguardi della situazione politica italiana si riflette perfettamente
nella narrativa di viaggio che, più di ogni altra forma letteraria,
documenta il contatto diretto degli autori con una realtà in rapida evoluzione, di cui vengono offerti ritratti contrastanti ai lettori
rimasti in patria. John Chetwode Eustace, con il suo celeberrimo
A Classical Tour through Italy (1815), e Jane Waldie19, con l’opera intitolata Descriptive Sketches of Italy in the Years 1816 and
1817 (1820), possono essere indicati come rappresentanti esemplari di due tendenze opposte, seppur contemporanee, che ancora una volta riconducono il discorso al contrasto tra “italomania” e “italofobia”. Il valore attribuito da Eustace alla storia del
popolo italiano è chiarito nella Preface, all’interno della quale lo
scrittore si premurava di spiegare l’epiteto «classical» contenuto
nel titolo del suo volume, avente quale scopo «to trace the resemblance between Modern and Ancient Italy»20. Pur nell’evidente
trasformazione, Eustace non sembrava avvertire alcuna soluzione
di continuità tra lo stato di soggezione presente (e il degrado a
esso accompagnato) e gli splendori dell’epoca romana. Restituendo al popolo italiano il patrimonio spirituale del proprio passato,
ne sottraeva parallelamente il retaggio agli inglesi che, come acutamente rileva Mario Praz, a partire dalla seconda metà del diciassettesimo secolo, si consideravano i legittimi eredi dei valori
repubblicani e dei fasti imperiali della Capitale del mondo21. Essendo egli stesso cattolico (era, di fatto, un sacerdote anglo-irlandese), non poteva confortare con le sue parole la denigratoria e
abituale sequenza religione-apatia-servitù: non esitava, pertanto, a
19
Era la sorella della già citata Charlotte Ann Eaton, il cui nome da nubile era
infatti Charlotte Ann Waldie.
20
J. Chetwode Eustace, A Classical Tour through Italy, J. Mawman, Londra
1815, vol. I, p. vi.
21
«[T]he more [the English] felt they were the true heirs not only of the republican virtues, but also of the imperial glories of ancient Rome, the more they
were ready to condemn the degenerate Italians, ignorant, superstitious, slavish,
hiding their immorality under the veneer of a decayed beauty». M. Praz, The Flaming Heart, cit., p. 20.
86
MARY SHELLEY E L’ITALIA
definire gli italiani «laborious people», sconfessando «the partial
and hasty representations of certain travellers»22. Agli invasori riservava espressioni di profondo sdegno, ritenendoli responsabili
della condizione di decadimento e rovina in cui il paese versava
nel 1802, al tempo del suo viaggio nella penisola. Lungi dal cogliere la passività delle popolazioni locali di fronte agli oltraggi di
cui erano oggetto, ne ritraeva invece lo spirito appassionato e fiero, dando voce ai loro sentimenti verso gli oppressori. A proposito del «dismemberment»23 di Verona, territorio che francesi e austriaci si erano spartiti, riassumeva in questo modo l’opinione che
gli abitanti della città avevano dei primi: «the French are detested
as the most cruel of the many barbarous tribes that have invaded
their devoted country. [… They] have added treachery and insult
to invasion and plunder»24. Gli austriaci erano dipinti in maniera non meno sprezzante: «they are barbarians and invaders […]
and though [the emperor] may be tyrannorum mitissimus, yet in
the eyes of every Italian patriot, still he is, as well as Buonaparte, a
tyrant, and an usurper»25. L’augurio di un destino più fausto, coincidente con l’unificazione e il ritorno alla primitiva magnificenza,
erano posti a suggello del libro:
If some happy combination of events should deliver [Italy] from foreign influence and unite her many states once more under one head,
or at least in one common cause, the cause of independence and of
liberty, then Europe might confidently expect to see the spirit and the
glory of Rome again revive26.
L’opinione di Jane Waldie sulla questione politica italiana appare
diametralmente opposta a quella espressa da Eustace, con il quale, comunque, la scrittrice non poteva esimersi dal confrontarsi,
data la notorietà e il prestigio di cui egli godeva presso lettori e
conoscitori di letteratura odeporica. In una nota nel capitolo conclusivo dei suoi Sketches, interamente dedicato al carattere degli
22
Per questa e la citazione precedente, J. Chetwode Eustace, A Classical Tour
through Italy, cit., vol. I, p. 208.
23
Ivi, p. 123.
24
Ivi, p. 124.
25
Ivi, p. 125.
26
J. Chetwode Eustace, A Classical Tour through Italy, Baudry’s European
Library, Parigi 1837, vol. II, p. 396.
Mary Shelley e il Risorgimento
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italiani, la viaggiatrice affermava infatti che solo la morte improvvisa aveva impedito a Eustace di rettificare il giudizio positivo formulato nel suo travelogue. Se solo fosse vissuto abbastanza a lungo, avrebbe sicuramente smentito quelle affermazioni che con così
tanto ardore aveva in precedenza sostenuto: «it was the avowed
intention of this amiable author to have recanted, in a second
publication, much that, in [his Classical Tour], he ha[d] advanced
in favour of the Italian character»27. Prescindendo dalla veridicità
di tale affermazione, è interessante osservare come Waldie si sia
profusa nel suo testo in una rievocazione tanto sgradevole quanto
esaustiva dei pregiudizi sugli italiani, a partire dalla loro dubbia
moralità, per poi procedere con la cupidigia smodata, la propensione innata a mendicare e la furfanteria congenita. La loro natura
servile li avrebbe portati a sottomettersi ai potenti senza opporre
resistenza alcuna, tramutandosi in paradossali schiavi soddisfatti, «contented slaves»28, che, «without a struggle […] have seen
themselves transferred from one power to another»29. Persino le
antiche e gloriose repubbliche di Genova e Venezia erano da lei
percepite come meri simulacri atti a celare un dispotismo pari a
quello dei sultani asiatici, quei «monarchs of the East against
whom they then waged religious wars»30. Non sfugga che, ancora una volta, nell’immaginario dei britannici, i contorni dell’Italia
come altro da sé sfumano fino a confondersi con quelli indefiniti dell’Oriente, campo di proiezione privilegiato delle fobie, così
come dei desideri dell’Occidente.
Descriptive Sketches of Italy si chiude con un inno all’Inghilterra: l’invito rivolto dall’autrice a visitare il “bel paese” sembra essere
funzionale al solo ritorno in patria, avendo maturato, grazie al contatto con un popolo degenerato, un’ammirazione ancora più intensa e un amore decisamente più forte per lo spirito di libertà, per le
istituzioni, le leggi e i costumi della propria terra natale: «Long, very
long may it be the prevailing opinion of every Englishman that England excels all other countries in constitution, laws and arms!»31.
27
J. Waldie, Descriptive Sketches of Italy in the Years 1816 and 1817, John
Murray, Londra 1820, vol. IV, p. 343n.
28
Ivi, p. 346.
29
Ibidem.
30
Ibidem.
31
Ivi, p. 349.
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MARY SHELLEY E L’ITALIA
2. La storia italiana nell’opera di Mary Shelley
Nel contesto che è stato appena delineato Mary Shelley si muove
con la consueta cautela, dettata dalla consapevolezza che la materia storica e politica, soprattutto se connessa con l’attualità, era
considerata tra le più aliene alla trattazione femminile.
A uno sguardo superficiale, lungi dall’occuparsi del presente e
della lotta strenua degli italiani per la propria affermazione, la scrittrice sembrerebbe essersi rifugiata nel passato remoto e prossimo
del paese, riservando agli anni più tardi della sua vita (e quindi al
suo travelogue) un’apertura alle problematiche a lei contemporanee.
La rievocazione dei fasti di Roma s’intuisce infatti già dal titolo nel
racconto Valerius: the Reanimated Roman (1819); le lotte fra fazioni
in un Medioevo dalle città in fermento creano lo sfondo per molte
short stories come A Tale of the Passions32 (1823) e, parallelamente,
per il romanzo Valperga, or the Life and Adventures of Castruccio,
Prince of Lucca (1823). Ancora cenni alle questioni sociali e politiche e agli avvenimenti salienti del Medioevo e del Rinascimento si
intrecciano in maniera costante ai suoi profili biografici di artisti italiani illustri33, redatti per la monumentale Cabinet Cyclopaedia curata da Dionysius Lardner, che le chiese, tuttavia, di spingersi fino
a tempi più recenti, con i resoconti della vita di letterati quali Alfieri, Foscolo e Monti. Nell’introduzione a Collected Tales and Stories
(1976), la prima raccolta completa delle narrazioni brevi di Mary
Shelley, Charles E. Robinson giustifica questa tendenza a indulgere in ambientazioni lontane nel tempo e nello spazio con la volontà dell’autrice di far evadere personaggi e pubblico dalle «dull and
sometimes painful realities of contemporary English life»34, trasportandoli in una dimensione fortemente idealizzata. Tuttavia, come si
evince persino a una prima lettura, nel caso di Mary Shelley il panorama storico italiano non si limita a ricoprire il ruolo di curioso, attraente, ma labile scenario; al contrario, è investigato e ricostruito in
modo serio e attento. Ne è prova il suo studio prolungato dell’opera
di Edward Gibbon (il cui Decline and Fall compare nella lista delle
Per scrivere questo racconto si servì dei materiali storici che aveva raccolto
per l’elaborazione di Valperga.
33
Sono contenuti nei primi due volumi delle Lives of the Most Eminent Literary and Scientific Men of Italy, Spain and Portugal (1835).
34
C.E. Robinson (a cura di), Mary Shelley, Collected Tales and Stories, cit., p.  xv.
32
Mary Shelley e il Risorgimento
89
sue letture del 181535), assieme all’applicazione assidua dell’autrice
sulla Histoire des Républiques Italiennes di Simonde de Sismondi,
dalla quale trae numerosi particolari incorporati nei suoi testi, oltre
a essere una lettura raccomandata vivamente all’amica Maria Gisborne in caso avesse voluto ammirare «a true picture of Italians»36.
Il mistero della predilezione per il passato italiano da parte della scrittrice s’infittisce.
Nella ricerca di una spiegazione plausibile, s’insinua nel lettore la sensazione fastidiosa secondo cui l’approfondimento storico
avrebbe forse contribuito a compensare una certa mancanza di
creatività, coadiuvando Mary Shelley nell’arduo compito di ricondurre la già notata frammentarietà d’invenzione alla realizzazione
di un quadro compiuto. Percy Shelley stesso sembrerebbe avvalorare tale ipotesi in una lettera indirizzata a Thomas Love Peacock.
A proposito dell’elaborazione di Valperga, sottolineava, infatti,
con malcelata irriverenza, la fatica di sua moglie nel dar vita a un
testo di cui il poeta stesso non sembrava forse comprendere il vero
spessore, limitandone le conseguenze al mero ritratto di un’Italia
medievale: «Mary is writing a novel, illustrative of the manners
of the Middle Ages in Italy, which she has raked out of fifty old
books»37. Il lungo travaglio e la laboriosa ricerca di informazioni
che avevano caratterizzato la gestazione penosa del romanzo venivano comunque ribaditi anche dalla scrittrice. In una lettera a
Maria Gisborne da Bagni di S. Giuliano, il 30 giugno 1821, faceva
risalire il nucleo originario dell’opera addirittura ai tempi di Marlow e quindi al 1817:
35
P. Feldman, D. Scott-Kilvert (a cura di), The Journals of Mary Shelley, cit.,
p. 88.
36
F.L. Jones (a cura di), The Letters of Mary W. Shelley, cit., vol. I, p. 62. La
lettera fu scritta da Napoli il 19 febbraio 1819.
37
H.F.B. Brett-Smith (a cura di), Peacock’s Memoirs of Shelley with Shelley’s
Letters to Peacock, cit., p. 206. La lettera fu scritta da Pisa, l’8 novembre 1820. Le
fonti storiche principali utilizzate da Mary Shelley vengono elencate nell’introduzione all’edizione italiana di Valperga, curata da L.M. Crisafulli, K. Elam (Mondadori, Milano 2007, p.  xx). Tra queste si annoverano: Vita di Castruccio Castracani da
Lucca (1520) di Niccolò Machiavelli, il testo di Sismondi (di cui la scrittrice avrebbe
consultato la seconda edizione, pubblicata tra il 1807 e il 1818, in sedici volumi),
Rerum Italicarum Scriptores (1723-1751) e Dissertazioni sopra le antichità italiane
(1751-1755), entrambi di Ludovico Antonio Muratori, Cronica (1537) di Giovanni
Villani, Grand dictionnaire historique (1688) di Louis Moréri e Vita Castruccii Antelminelli Lucensis Ducis (1496) di Niccolò Tegrimi.
90
MARY SHELLEY E L’ITALIA
[The novel] has indeed been a child of mighty slow growth, since I
first thought of it in our library at Marlow. I then wanted the body
in which I might embody my spirit – The materials for this I found
at Naples – but I wanted other books – nor did I begin it until a year
afterwards at Pisa – it was again suspended during our stay at your
house & continued again at the Baths – All the winter I did not touch
it – but now it is in a state of great forwardness since I am at page 71
of the 3rd vol38.
Sappiamo poi dei tagli drastici operati da William Godwin nelle
fasi preliminari alla pubblicazione, tagli determinati dalla necessità
di alleggerire la narrazione da dettagli pedanteschi sulla preparazione delle campagne militari e da minuziose descrizioni di scontri
armati, secondo lui inutili ai fini della fruizione del testo, irrilevanti per l’intreccio e certamente dannosi per le vendite. Possiamo immaginare che la scrittrice abbia accolto con un certo dolore
tali riduzioni e omissioni, vivendole come mutilazioni di un lavoro
per lei perfettamente organico39, costruito con sacrificio notevole.
Il caso di Valperga può esser considerato paradigmatico: una procedura analoga a quella descritta sembra esser stata utilizzata da
Mary Shelley per la redazione di ogni suo sforzo letterario legato
in varia maniera alla storia d’Italia40. Eppure, in questo bozzetto
F.L. Jones (a cura di), The Letters of Mary W. Shelley, cit., vol. I, p. 145.
Queste sono le parole di Godwin in una lettera elaborata nel febbraio del
1823 e rivolta a sua figlia: «I have taken great liberties with [Valperga]»; «The
whole of what I have done is nearly confined to the taking away things that must
have prevented its success. I scarcely ever saw anything more unfortunately out of
taste, than the long detail of battles & campaigning, after the death of Beatrice,
& when the reader is impatient for the conclusion», cit. in L.M. Crisafulli, Mary
Shelley’s Valperga and Women’s Historical Revisionism, in G. Galigani (a cura
di), Italomania(s). Italy and the English Speaking World from Chaucer to Seamus
Heaney, Mauro Pagliai Editore, Firenze 2007, p. 102. Dopo il rifiuto del manoscritto da parte dello stampatore Ollier, Mary aveva deciso di lasciare il testo alle cure
editoriali del padre che, per volontà di sua figlia, avrebbe goduto interamente dei
proventi ricavati dalle vendite. Fu Godwin stesso ad alterare il titolo del romanzo in
Valperga, trasformando in sottotitolo il nome originariamente scelto dalla scrittrice:
The Life and Adventures of Castruccio, Prince of Lucca. Si confronti S. Curran,
Valperga, in E.H. Schor (a cura di), The Cambridge Companion to Mary Shelley,
cit., pp. 103-115.
40
Il discorso potrebbe essere esteso anche alla storia d’Inghilterra, protagonista del romanzo The Fortunes of Perkin Warbeck (1830), incentrato sul presunto
pretendente al trono d’Inghilterra durante il regno di Enrico VII. Una laboriosa e
prolungata ricerca ha costituito la base per la realizzazione anche di questo testo.
38
39
Mary Shelley e il Risorgimento
91
mediocre e stentato del talento dell’autrice emergono elementi
che ne contraddicono le premesse. Il coinvolgimento attivo negli
eventi a lei contemporanei è messo in risalto sin dalla sua partecipazione coraggiosa (sia pur nell’anonimato), come unica donna,
al progetto di «The Liberal, Verse and Prose from the South»,
una rivista promossa nel 1822 da Leigh Hunt, Lord Byron e P.B.
Shelley. Come commenta Lilla Maria Crisafulli, «The Liberal» poteva essere letto come un vero «manifesto di questi giovani esuli
arrabbiati, politicamente e culturalmente impegnati»41. È inoltre
difficile pensare a un suo effettivo distacco dalla situazione politica italiana, data la frequentazione giovanile con Lord Byron, il
cui legame con il rivoluzionario Pietro Gamba (fratello della sua
compagna Teresa Guiccioli) l’aveva avvicinato talmente tanto alla
Carboneria da fargli scrivere nel suo Journal, il 18 febbraio 1821,
«Today I have had no communication with my Carbonari cronies; but in the mean time, my lower apartments are full of their
bayonets, fusils, cartridges, and what not»42. L’epistolario dell’autrice, sempre molto misurato, non è di grande aiuto per chiarire
questo punto controverso e oscuro. Rapidi e non particolarmente
frequenti sono i richiami alla situazione storica e politica in Italia: «they say Austrian troops are coming here»43, commenta laconica a proposito dell’influenza degli austriaci sul Granducato
di Toscana, e questa è una delle poche frasi che possono essere
citate. Malgrado ciò, una lettera appare particolarmente indicativa, in grado di gettare luce sulla sua consapevolezza piena sia di
quanto stesse accadendo nella penisola, che in madrepatria, in riferimento al giudizio ancor più negativo degli inglesi sugli italiani
a seguito della già menzionata falsa testimonianza ai danni della
principessa Carolina. Si tratta di una lunga missiva scritta da Pisa
41
L.M. Crisafulli, Il viaggio olistico di Shelley in Italia: Milano, la Scala e l’incontro con l’arte di Salvatore Viganò, cit., p. 167. Mary Shelley contribuì al secondo,
terzo e quarto (e ultimo) numero, con A Tale of the Passions (un racconto) e due
biografie: Madame d’Houtetôt e lo storico Giovanni Villani. Si confronti L. Vargo,
Writing for The Liberal, in A. Mekler, L. Morrison (a cura di), Mary Shelley: Her
Circle and Her Contemporaries, Cambridge Scholars Publishing, Newcastle Upon
Tyne 2010, pp. 131-149.
42
G.G. Byron, Life, Letters, and Journals of Lord Byron, John Murray, Londra
1839, p. 488.
43
F.L. Jones (a cura di), The Letters of Mary W. Shelley, cit., vol. I, p. 113.
Lettera ad Amelia Curran, scritta il 17 agosto 1820 da San Giuliano.
92
MARY SHELLEY E L’ITALIA
a Leigh Hunt, il 3 dicembre 1820. Agendo con lo scopo di avvicinare i due paesi e sconfessare percezioni stereotipate44, Mary
Shelley pare animata dalla precisa intenzione di ribaltare la prospettiva consueta e ristabilire così l’equilibrio, riferendo all’amico
lo sdegno provato questa volta dagli italiani nei confronti di un
processo evidentemente corrotto, gestito da tutori di una legge
che era facile preda dell’arbitrio dei potenti. Come si intuisce dalle
parole della scrittrice, la condanna della principessa non sarebbe
stata da attribuirsi tanto alle menzogne di testimoni indegnamente
prezzolati, quanto a un sistema giuridico palesemente iniquo che,
con ostentata indifferenza, consentiva la violazione della dignità e
dei diritti umani se era il re a ordinarlo. Esprimendosi, in modo
significativo, nella sua “seconda lingua”, Mary Shelley sostituisce
l’ostilità del popolo inglese verso gli italiani con un senso di solidarietà e di unione, ispirato dal comune sostegno alla sfortunata
Carolina: «tutti i [sic] Italiani dicono che per certo la evidenza no
[sic] era assai per condannarla – e davero [sic] mi pare che hanno
un oppinione [sic] molto più favorevole per lei dopo codesto processo, che avante [sic]. Tutti son inorridito [sic] dalla indecenza
del processo infame per sempre»45.
Considerate le ambiguità e gli indizi discordanti fino a questo
momento presentati, sarà opportuno interrogarsi sul significato
che, in termini più generali, l’autrice assegnava alla storia presentata all’interno di un lavoro creativo; da questo, si potrà poi dedurre
la chiave di lettura del passato d’Italia nell’opera di Mary Shelley.
Come Lia Guerra non manca di rilevare46, le teorie di William
Godwin si troverebbero alla base di molte tra le riflessioni di sua fi-
44
Questa lettera è anche indicativa di come l’interesse spiccato per gli italiani,
evidente dopo il suo ritorno in Inghilterra, trasparisse a tratti già dalla sua prima
permanenza in Italia.
45
Ivi, p. 115n. Nella stessa lettera, Mary Shelley fornisce ulteriori indicazioni sulla sua partecipazione attenta (anche se non sempre manifesta) alla questioni
politiche in Italia: «[…] restiamo un grandissimo interesso [sic] nella guerra minacciata a Napoli. che [sic] faranno? I nobili di Napoli sono indipendente [sic] e
bravi; ma il popolo e [sic] schiavo. Chi sa se la milizia resistaranno [sic] le arme
degli Austriani [sic]. Quanti e tanti Italiani sospirono [sic] per la libertà, ma come
in ogni paese i poveri non hanno potere, e i ricchi non vogliono rischiare i di loro
denari» (ivi, p. 116n).
46
L. Guerra, Mary Shelley’s Travel Books and the Legacy of the Idea of Progress,
in L.M. Crisafulli, G. Silvani (a cura di), Mary Versus Mary, cit., pp. 127-138.