Nei battezzati rimane la concupiscenza ad agonem /per la lotta cioè

Transcript

Nei battezzati rimane la concupiscenza ad agonem /per la lotta cioè
Lettura spirituale • Lettura spirituale • Let
Lettura spirituale/44
Nei battezzati
rimane la concupiscenza
ad agonem /per la lotta
cioè per la preghiera
14
30GIORNI N.12 - 2011
ttura spirituale • Lettura spirituale • Lettura spirituale • Lettura
Introduzione
ome commento al canone 5 del decreto
De peccato originali del Concilio di Trento, che pubblichiamo qui di seguito, abbiamo pensato di riproporre nella rubrica Nova
et vetera due testi. Il primo – Sulla concupiscenza. Il desiderio cattivo e il desiderio buono –
è tratto dal volume Senso religioso, peccato originale, fede in sant’Agostino (allegato a
30Giorni, n. 1-2, 2006). Il secondo – «La fede
domanda» – è costituito da alcuni brani di
don Luigi Giussani sulla preghiera (pubblicato su 30Giorni, n. 1, 2008, pp. 53-64).
Entrambi questi testi evidenziano come il
proprium della risposta della libertà dell’uomo all’attrattiva della grazia sia preghiera.
«Quod operum lex imperat hoc fidei lex impetrat
/ Quello che la legge comanda la fede lo domanda», dice sant’Agostino (De Spiritu et littera 13, 22). «Et fides orat / Anche la fede prega», dice ancora sant’Agostino (Enchiridion
de fide, spe et caritate 2, 7). La fede infatti non
è conquista né possesso nostro, ma è riconoscimento / confessio / che domanda / supplex.
Il secondo testo riproposto in Nova et vetera si rivela in maniera sorprendente come
il cuore dell’esperienza cristiana vissuta da
don Luigi Giussani. Così, avvicinandosi il
settimo anniversario della sua morte, che ricorre il prossimo 22 febbraio, i brani che ripubblichiamo aiuteranno a cogliere il cuore
della sua esperienza, ricapitolabile in queste
sue parole: «La preghiera non è una attività,
è l’attività dell’uomo secondo tutte le dimensioni della sua persona; l’attività che
non sia preghiera non è attività umana,
C
manca della verità di partenza e della verità
nel fine». Sono le stesse parole di Agostino,
quando dice che porre la speranza nella preghiera, rappresenta «totum atque summum
negotium / l’attività totalizzante e somma»
della vita cristiana (De civitate Dei XV, 21).
A questo proposito, è molto suggestivo
un appunto, inviato a 30Giorni da una persona dei Memores Domini, in cui si legge
una frase di don Giussani del 1992. Era andato a trovare alcune persone e, sulla soglia
della porta di casa, congedandosi, disse:
«Pensate a quella ragazza di quindici-diciassette anni [Maria] che viveva tutto come preghiera, che riconduceva tutto alla preghiera:
noi dobbiamo fare come lei. È da quarant’anni che lo ripeto e nemmeno uno mi
ha ancora preso sul serio». Forse ci voleva
quella persecuzione che don Giussani prevedeva nell’aprile 1992 («L’ira del mondo
oggi non si alza dinanzi alla parola Chiesa,
sta quieta anche dinanzi all’idea che uno si
definisca cattolico, o dinanzi alla figura del
Papa dipinto come autorità morale. Anzi c’è
un ossequio formale, addirittura sincero.
L’odio si scatena – a mala pena contenuto,
ma presto tracimerà – dinanzi a cattolici che
si pongono per tali, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione» [L.
Giussani, Un avvenimento di vita, cioè una storia, introduzione del cardinale Joseph Ratzinger, Edit-Il Sabato, Roma 1993, p. 104])
perché a qualcuno, negli anni seguenti, fosse donato di essergli vicino nel ricondurre
tutto a preghiera.
Gesù salva Pietro dalle acque, mosaico del XII secolo, Cattedrale di Monreale (Palermo)
30GIORNI N.12 - 2011
15
Lettura spirituale • Lettura spirituale • Let
Decretum de peccato originali, can. 5
Si quis per Iesu Christi Domini nostri gratiam, quae in baptismate confertur, reatum originalis peccati remitti negat, aut etiam asserit, non tolli totum id, quod veram et propriam peccati rationem habet, sed illud dicit tantum radi aut non imputari: anathema sit.
In renatis enim nihil odit Deus, quia «nihil est damnationis iis» (Rm 8, 1), qui
vere «consepulti sunt cum Christo per baptisma in mortem» (Rm 6, 4), qui «non
secundum carnem ambulant» (Rm 8, 1), sed veterem hominem exuentes et novum, qui secundum Deum creatus est, induentes (cfr. Ef 4, 22-24; Col 3, 9s), innocentes, immaculati, puri, innoxii ac Deo dilecti filii effecti sunt, «heredes quidem Dei, coheredes autem Christi» (Rm 8, 17), ita ut nihil prorsus eos ab ingressu caeli remoretur.
Manere autem in baptizatis concupiscentiam vel fomitem, haec sancta Synodus
fatetur et sentit; quae cum ad agonem relicta sit, nocere non consentientibus et viriliter per Christi Iesu gratiam repugnantibus non valet. Quin immo «qui legitime
certaverit, coronabitur» (2Tm 2, 5). Hanc concupiscentiam, quam aliquando Apostolus «peccatum» (cfr. Rm 6, 12-15; 7, 7.14-20) appellat, sancta Synodus declarat
Ecclesiam catholicam numquam intellexisse peccatum appellari, quod vere et
proprie in renatis peccatum sit, sed quia ex peccato est et ad peccatum inclinat. Si
quis autem contrarium senserit: anathema sit (Denzinger 1515).
ttura spirituale • Lettura spirituale • Lettura spirituale • Lettura
Decreto sul peccato originale, can. 5
Se qualcuno nega che per la grazia del Signore nostro Gesù Cristo conferita nel
battesimo viene rimessa la colpa del peccato originale, o anche sostiene che non
viene tolto tutto ciò che ha vera e propria natura di peccato, ma dice che il peccato
viene solo cancellato o non imputato, sia scomunicato.
Infatti in coloro che sono stati rigenerati Dio non trova nulla di odioso, perché «non vi è nessuna condanna» (Rm 8, 1) per quelli che «col battesimo sono
stati veramente sepolti insieme a Cristo nella morte» (Rm 6, 4), i quali «non
camminano secondo la carne» (Rm 8, 1), ma spogliandosi dell’uomo vecchio e
rivestendosi di quello nuovo, creato secondo Dio (cfr. Ef 4, 22-24; Col 3, 9s),
sono stati resi innocenti, immacolati, puri, senza colpa e figli cari a Dio, «eredi
di Dio, coeredi di Cristo» (Rm 8, 17); di modo che assolutamente nulla li impedisce dall’ingresso in cielo.
Questo santo Concilio confessa e crede che nei battezzati rimane tuttavia la
concupiscenza o fomite; ma, poiché questa è stata lasciata per la lotta, non può
nuocere a quelli che non acconsentono e virilmente la combattono con la grazia
di Gesù Cristo. Anzi, «chi ha lottato secondo le regole riceverà la corona» (2Tm 2,
5). Il santo Concilio dichiara che la Chiesa cattolica non ha mai inteso che questa
concupiscenza, chiamata qualche volta dall’Apostolo «peccato» (cfr. Rm 6, 12-15;
7, 7.14-20), viene chiamata peccato perché in coloro che sono rigenerati è peccato
veramente e propriamente, ma perché ha origine dal peccato e al peccato inclina.
Se qualcuno pensa il contrario sia scomunicato.
30GIORNI N.12 - 2011
17