11/06/2011 - 9° - Quel maiale di Parsifal
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11/06/2011 - 9° - Quel maiale di Parsifal
Nome file 110611SC_GBC1.pdf data 11/06/2011 Contesto ENC Relatore Gb Contri Liv. revisione Trascrizione Lemmi Amor cortese Donna Madre Perversione Sacro Sessi CORSO DI STUDIUM CARTELLO 2010-2011 LA PERVERSIONE AL BIVIO IL TRIBUNALE FREUD (ANNO V) 11 GIUGNO 2011 9° LEZIONE QUEL MAIALE DI PARSIFAL 1 Testi di riferimento Jacques Lacan, Il Seminario. Libro XX. Ancora. 1972-19732 Marie-Madeleine de la Fayette, La princesse de Clèves, 16783, Giacomo B. Contri, Lurido m…; John Doe; Habemus papam e infallibilità, 20114 GIACOMO B. CONTRI Conclusioni Sono molto compiaciuto della ricchezza di questa mattina. Non tolgo nulla alla ricchezza di altri incontri, ma questo lo è maggiormente. Darò anch’io un contributo letterario. Prima faccio solo osservare – il verbo “osservare” dice che, se posso osservare io, può osservare chiunque; è intuitivo – che Biancofiore è stata fregata da Parsifal. Lei, che era la castellana – qui è lo stesso tema che c’è nel Gregorius di Hartmann von Aue – assediata dall’esercito nemico, chiama un cavaliere per la salvezza. Il cavaliere interviene e sconfigge i nemici. Risultato: la castellana è a disposizione del cavaliere e il cavaliere non se ne fa niente. Cosa poi diventerà Biancofiore riguarda solo la fantasia. Io non amo più avere certe fantasie, non faccio pensieri sporchi, abitudine alla quale non sono portato e non solo pensieri sporchi erotici, naturalmente. I pensieri sporchi non sono innanzitutto quelli erotici, cosa a cui ci hanno abituato corruttivamente fin da piccoli, abituandoci all’idea che il sesto comandamento riguardi anzitutto il sesso. Ce n’è tante da dire, ogni tanto le dico, ma non insisto. Biancofiore è corrotta da Parsifal, Parsifal è stato corrotto da sua madre, ma è andata male anche a sua madre perché non era solo portatrice del virus trasmesso a Parsifal e da questo alla donna, non era una portatrice sana: La Madre era una portatrice malata. Ricorderete che Freud 1 Trascrizione a cura di Sara Giammattei. Testo non rivisto dall’Autore. 2J.Lacan, Il Seminario. Libro XX. Ancora. 1972-1973, a cura di G. B. Contri, Einaudi, Torino 1983. 3La Fayette, La principessa di Clèves, Garzanti, Milano 2009. 4G. B. Contri, Lurido m…, 24 marzo; John Doe, 10 maggio; Habemus papam e infallibilità, 13 maggio 2011, in “Think!”, www.societamicidel pensiero.com 1 diceva che per fare un malato, in particolare uno psicotico, occorrono tre generazioni, in più bisognerebbe aggiungere la cultura obsoleta e la storia. Il mio contributo arriva qui con un altro racconto di un secolo e mezzo o due prima di Chretien de Troyes e Hartmann von Aue. Primo secolo del secondo millennio, c’era tutta la lunga serie, molto bella, dei Lai5 bretoni che io ho sempre pronunciato “lai”, può darsi che si pronunci alla francese “Lè”, non sono sicuro né dell’una né dell’altra pronuncia. Si tratta dei “Lai di Lécheor”, ci arrivo subito. Quadro storico; importa sommamente il quadro storico. Tutti sanno, più o meno, che la categoria storiografica chiamata medioevo è stata inventata dagli illuministi più di due secoli fa e naturalmente medioevo-oscuro-oscurantista e io ho aggiunto occultista etc. Tutto quello che sarebbe da dire non lo dico, da aggiungere non lo aggiungo. Il mio punto di arrivo è che il medioevo occultista, oscurantista è appena cominciato, ci siamo fino al collo; è cominciato circa a metà del secolo scorso. Non mi dilungo, ho i mezzi in un certo grado per sostenere ciò che dico. Ci siamo adesso. L’epoca – il duecento di Chretien e altri; ciò è stato particolarmente detto dall’introduzione di Maria Delia Contri – è l’epoca della costruzione di un pensiero, di una cultura fatta di un coacervo di teorie che, molto importante, uniscono - verrebbe da dire: come due facce dello stesso foglio, perché poi passiamo dal foglio al nastro di Möbius6. Alcuni mi hanno detto che non capivano cosa era il nastro di Möbius; ho cercato di spiegarlo ma è facilissimo: prendete un foglio, un pezzo di carta, possibilmente allungato (non sarebbe lo stesso se fosse un quadrato), congiungete i lembi, così avete un cilindro che ha interno ed esterno, interiorità ed esteriorità, qui ci si mette l’amore e il sesso, qui ci si mette la politica. Questo Möbius, un matematico, che ha elaborato operazioni che per me non sono penetrabili, dal punto di vista intuitivo, dice: “Il mio nastro matematico consiste solo nel fatto che io giro di 180° uno dei lati e li congiungo così”. Il risultato sarà una superficie, che è stata rappresentata bene da Escher che ha messo dei formiconi a camminare sulla superficie: il formicone cammina interno, interno, interno e all’esterno senza bisogno di saltare il bordo. Nel cilindro bisogna saltare il bordo per passare dall’interno all’esterno, nel nastro di Möbius non c’è più la distinzione dentro-fuori, dovrebbe diventare la virtù del nostro pensiero; è Lacan che ha introdotto le considerazioni di Möbius. Allora, il periodo della costruzione di questa accoppiata – a cilindro o, come facciamo noi, a Möbius: facendo vedere che l’interno è esterno e l’esterno è l’interno – amore-politica abbiamo già visto essere stata la grande operazione duecentesca, ma io la faccio partire due secoli prima per contrapposto servendomi del lai di Lécheor, che chiamavano Lécheor. L’idea di usarlo così mi è venuta in mente ascoltando Vera Ferrarini, ma conosco questa storia dai tempi dei tempi. Allora, qui siamo sempre in un castello: si tratta sempre di regni, castelli, re, baroni, maggiorenti etc., i quali sopportano le loro dame, le loro spose. In questo regno un giorno arriva un cavaliere affascinante e bello, che naturalmente viene ricevuto a corte. Le dame dei baroni, che sono sette per una ragione banale che vedremo fra un momento, amano questo cavaliere, bello e galante. Comincia una e diventa la sua amante, poi la seconda, poi la terza: tutte e sette. C’è un primo tempo in cui tutto ciò prosegue con soddisfazione di tutti. Secondo tempo. Un giorno una di queste dame conversando confidenzialmente con un’altra, mentre si fanno confidenze su quelli che sono i rispettivi amanti, viene a sapere che tutte e due Lai deriva da Lais, termine celtico che significa “canzone”. Cfr. Giacomo B. Contri, Mamma e Berlusconi. E il partito di Möbius, Blog Think! martedì 31 maggio 2011; Giacomo B. Contri, Il partito di Möbius, Blog Think! mercoledì 1 giugno 2011, www.giacomocontri.it 5 6 2 amano il cavaliere Lécheor, così fa un’inchiesta con le altre dame: tutte e sette vengono a sapere che hanno un unico amante, che è Lécheor. Allora, un po’ indispettite – vi faccio notare che ho detto indispettite, non inc…, perché non è ancora la cultura e la psiche dell’inc…; non c’è ancora il c…, è tutto qui il motivo del mio intervento – e dopo tutto non possiamo dare loro torto, gli fanno una specie di imboscata: una di queste gli dà un appuntamento galante in un boschetto – c’è sempre un boschetto – e quando lui arriva nella radura, piccola radura interna al boschetto, tutte le sette dame inferocite lo circondano e lo processano. Una di queste investe il rampollo di Lécheor per ciò che sappiamo quindi gli dice che lei credeva di essere la sola. Lui, bravissimo, le risponde che certamente lei è la sua dama preferita in tutto il mondo e lo dice di fronte alle altre. Si fa avanti una seconda che chiede allora qual è il suo ruolo e si sente rispondere che lui non ha mai conosciuto una dama affascinante come lei, e alla terza dice che lei era il cuore dei suoi desideri. E va avanti così con tutte e sette. A questo punto le dame “depongono le armi”, non hanno più nulla da ridire; la cosa diventa amena, galante e scherzevole e si mettono pulitamente d’accordo – ecco, perché sono sette – di stare con lui un giorno alla settimana ciascuna, fanno i turni settimanali. Ricordate che siamo nel 1100. Non so se Ovidio avrebbe saputo inventarsi una cosa simile. Terzo tempo: riprende la vita di questi personaggi, nella soddisfazione di tutti, neanche nella insoddisfazione dei mariti-baroni perché non ne sanno niente. Sennonché viene brutto tempo e i baroni – passa un giorno, passa un altro e le cose non si riesce a nasconderle veramente – vengono a sapere della tresca multipla e decidono di vendicarsi, e questa volta diversamente dalle dame, non sono disposti a ridere. Anche loro faranno un’imboscata al cavaliere, lo denudano, lo uccidono e lo castrano. Dopodiché invitano le loro dame a un banchetto, durante il banchetto la servitù serve alle dame un pasticcio, un piatto di alta cucina e in effetti le dame apprezzano il dono, ma al termine del pasto i baroni fanno sapere che quel pasticcio è stato cucinato con i genitali del loro amante, spezzettati e frantumati, quindi genitali esistenti ma annullati attraverso la frantumazione e poi cucinati: i genitali del cavaliere sono ridotti nel loro stato più astratto senza per questo essere scomparsi. La sanzione delle dame a questo punto è una precisa vendetta verso i loro sposi: esse assumono l’impegno che mai più giaceranno con i loro mariti. Cosa è successo in questa novella che non ha nulla a che vedere con la coppia aperta, il libero amore e tutte quelle banalità? Nulla a che vedere con questo. Qual è la differenza fra il primo tempo e il terzo tempo? Il secondo tempo ancora ancora recupera il primo, è un remake del primo, il terzo è la negazione. Cosa è successo? Nella libertà, franchezza, freschezza etc. del primo tempo, queste dame, diversamente da quel che succederà nel terzo tempo (come succede normalmente nella nostra vita) non hanno alcuna esitazione, nessun pudore, nessuna difficoltà, nessuna remora a dichiarare il proprio desiderio amoroso-sessuale verso il cavaliere. In altri termini la forza del desiderio non muscolare – non la forza della spada – è superiore ad ogni possibile obiezione, ostacolo che possa subentrare al desiderio, in questo caso addirittura la dichiarazione del volere quell’amante lì e nel modo in cui sia un’amante. A questo punto diventa poco importante che le amanti siano sette o sia una, l’importante è che nel primo tempo non esiste l’inibizione alla dichiarazione del desiderio: quello che prevale è il desiderio, tanto è vero che anche nel breve momento dell’indispettimento geloso per il comportamento di lui, quell’indispettimento è superato dal desiderio già esistente. E’ questo che prevale nell’instaurare il secondo tempo, fosse anche una sola dama, non ha nessuna importanza. Nel secondo tempo la dichiarazione del desiderio da parte della donna diventerà impossibile o ostacolato – una volta ho scritto cosa intendo per impossibile: è 3 il giorno prima del canale di Panama7, ma ora sorvoliamo –, diventerà quanto meno difficile la esternazione del desiderio da parte della donna ma anche quello dell’uomo diventerà quello che normalmente diventa, mentre Lécheor non ha alcuna difficoltà ad esternare il suo desiderio. Terzo. Non solo il sesso effettivo, l’onesto sesso maschile, viene annullato nella sua frantumazione, moltiplicazione, impraticabilità, ma la donna – le sette dame si rifiuteranno in eterno ai loro mariti – diventa inaccessibile. E uso la parola usata poco fa da Gabriella Pediconi: profanare – il suo paziente diceva che non può parlare della madre perché gli sembrava di profanare qualcosa –; è così, incomincia il sacro. Il sacro è rappresentato da un circolo, mettiamoci un tempio al centro e dentro questo circolo non si entra. Del circolo, dei sacerdoti, del clericalismo sessuale che chiamo anche perversione, parlerò un’altra volta; non tenete conto della frase che ho appena detto, è un po’ oscura perché andrà articolata. La donna diventa il sacro, circolo in cui non si entra. Qualcuno mi ricordava ciò che facevo già notare qualche tempo fa: una giornalista italiana, Natalia Aspesi, divertente, divertita, dopo avere letto il romanzo di quello sciagurato Dan Brown, Il Codice da Vinci8, si chiedeva che cosa fosse mai il Graal e la sua risposta era che era la “cosa” delle Signore: brava, proprio brava, ha dato l’esempio di cosa dovrebbe saper fare un analista e può farlo, come dico sempre, solo se usa carta e matita. Una volta fatto il disegno la domanda diventa solo: cosa ho disegnato? Ed è lì. È come con il lapsus. Che cosa ho detto? Stavo dicendo quella frase, basta leggere, è scritta: non c’è mica da interpretare come far discendere dal cielo l’ermeneutica. Tutto questo l’aveva già detto Freud: dopo tutto il sogno è un rebus. Il finale della storia è stato ed è il passaggio a due secoli dopo: quella novella prelude a ciò che sarà maturato due secoli dopo con Hartmann, con Chretien de Troyes etc., prelude all’elaborazione finale del secondo tempo in cui la donna è semplicemente il sacro inaccessibile. Se vi si accede sarà stato per effrazione, per caduta nel peccato ecc. etc. Comunque, nel caso della madre, neanche questo. Bravissimo De Sade, ricordato da Gabriella Pediconi. De Sade, narrando tutta questa lunga storia ne La filosofia nel boudoir9, arriva alla madre. C’è questo gruppetto che ne fa di tutti i colori, tutte le combinazioni: tre al quadrato, quattro al quadrato, sette al quadrato, tutte le possibili combinazioni; è un matematico De Sade. La postura si rompe? Un’altra postura. La postura si rompe? Un’altra postura, etc.; tutte le combinazioni che possano essere raggiunte da una coppia di uomini e di donne, tutte. Qui ci vorrebbe Pascal, il calcolo delle probabilità, etc., comunque sappiate che De Sade era un uomo colto, sapeva perfettamente quel che faceva, elaborando tutte le combinazioni. Sul finale del romanzo, la fanciulla sedicenne che viene, per così dire, introdotta all’arte dagli altri, e che detesta la propria madre, trova uno stratagemma per fare venire in questa casa, in questo boudoir, anche la madre, e quelli tutti insieme ne fanno di tutti i colori a questa madre: penetrata lì, penetrata là, seviziata in un modo, seviziata in un altro, alla fine viene addirittura fatta possedere da un servitore che ha la sifilide in modo che la prenda anche lei. Che errore sarebbe ritenere che il racconto finisca qui! De Sade è un logico. Che errore! O come direbbero i preti: che orrore! No, il finale del racconto, cui tutto il precedente afferisce, cioè tutte le oscenità, le sconcezze del racconto sono solo strumentali al finale, sono sceneggiatura prima dell’ultimo atto. L’ultimo atto è che la brava figliola prende ago e filo e si dedica a cucire il sesso della madre: questo è il Cfr. Giacomo B. Contri, I don’t have a dream: il Canale di Panama, Blog Think!, 9 marzo 2011, www.giacomocontri.it 8 D. Brown, Il Codice da Vinci, Mondadori, 2003. 9 D.A.F. De Sade, La filosofia nel boudoir, Es, Milano, 1992. 7 4 finale, non c’è bisogno di tutto il prima; le persone che sono lì potrebbero essere tutte dei santi uomini e delle sante donne, non fa niente, è questo il senso del racconto di Sade. Il finale è comunque che la madre è cucita, e Lacan conclude dicendo che è impestata e cucita: “Noli tangere matrem”, non si tocca la madre. E questo è anche in Chretien. Finisco dicendo che quell’epoca che ha impiegato qualche secolo – undicesimo, dodicesimo, tredicesimo, cosa mostrata da questa costellazione di fatti letterari importanti – ha costruito tutto questo. Oggi non faccio che osservare che si sta ricostruendo, usando materiale come il precedente, non sempre identico al precedente, ma ancora un po’ imperfetto: è questa la perversione. Solo una parola sulla perversione: la parola “maiale” non si applica anzitutto al comportamento sessuale, per altro Parsifal che non ne ha nessuno. Il nocciolo della perversione sta tutto qui. Maiale significa anzitutto cialtrone, cialtrone intellettualmente, cialtrone nelle gesta, cialtrone in tutto. Non lo faccio, ma se andassi avanti vi dimostrerei che Parsifal è il diretto antecedente di Gilles De Rais, “Barbablu”. Ci fu un grande processo quattrocentesco a quest’uomo che aveva ammazzato circa duecento bambini tra maschi e femmine, sodomizzandoli, torturandoli, uccidendoli10, si sedeva sulla loro pancia mentre gridavano e una serie di altre sevizie mentre si masturbava. Per Gilles De Rais, “Barbablu”, ci voleva Parsifal. A nessuno è mai venuto in mente di collegare – è stato un processo ipernotorio in tutta la Francia e in tutto il mondo – Gilles De Rais o i pedofili, in particolare i preti pedofili, con Parsifal. È tutto. Vi dico solo che la prossima volta, tra due settimane, sabato 25 giugno, come eccezione in tutto l’anno, abbiamo considerato che sia ammissibile e gradevole che vengano invitate persone che qui non sono mai state. Criteri diversi di invito. A voi presenti, in quanto presenti: se a vostro giudizio conoscete una persona alla quale gradireste estendere l’invito al 25 giugno, sabato mattina, fatelo, così come abbiamo trovato altre persone, che abbiamo pensato di invitare. Potete farlo, ognuno di voi, senza chiedere nessun permesso né a Genga né a me. © Studium Cartello – 2012 Vietata la riproduzione anche parziale del presente testo con qualsiasi mezzo e per qualsiasi fine senza previa autorizzazione del proprietario del Copyright 10 Cfr. Giacomo B. Contri, Sacro-comico Graal, Blog Think!, 13 giugno 2011, www.giacomocontri.it ; Giacomo B. Contri, Pedofilia alle porte della Città dei Papi, Blog Think!, 8 maggio 2007, www.giacomocontri.it. 5