esperienze in natura

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esperienze in natura
FUORI!
MOTIVI E PRATICHE PER ESPERIENZE IN NATURA
COME OPPORTUNITÀ DI CRESCITA
Quando i bambini fanno esperienza diretta
di gioco e apprendimento in contesti di natura,
questo contribuisce positivamente al loro sviluppo
cognitivo, fisico, sociale ed emotivo.
Quando la natura fa parte della loro vita quotidiana,
i bambini tendono ad essere più felici, più sani, più intelligenti,
più collaborativi e più premurosi.
Cheryl Charles,
dalla presentazione di Fuori, 2015
La natura fa bene, sempre più studi ci confermano scientificamente ciò che da soli siamo in grado di
riconoscere attraverso le nostre sensazioni: Quando abbiamo la possibilità di stare all’aperto, di godere della
natura stiamo bene! Stare a contatto con la natura ha un effetto rigenerante sul cervello, aumenta i livelli di
attenzione, favorisce lo sviluppo di una buona coordinazione fisica, di equilibrio e agilità, genera
un’inclinazione a sentirsi più sicuri e autonomi, e facilità la predisposizione a lavorare in gruppo e a sviluppare
empatia e competenze per la coesistenza. I bambini che invece possono solo limitatamente godere di
esperienze e momenti in natura manifestano le conseguenze di ciò che Richard Louv chiama “deficit di
natura”, ossia appaiono più timorosi, sviluppano più allergie, sono più in sovrappeso, nervosi, insicuri, annoiati.
La ricerca scientifica non fa che rafforzare la consapevolezza che come adulti abbiamo la responsabilità di
garantire ed offrire ai più piccoli, ovunque essi vivano, spazi, tempi ed esperienze di natura: il contatto con la
natura, in campagna come in città, è una risorsa, un bisogno urgente, una fonte di benessere per
tutti i bambini. Dunque, è importante cogliere la natura quotidiana di ogni luogo in cui si abita e cercare quelli a
maggiore vocazione naturale per assorbire pienamente l’intensità dei benefici che la natura può offrire,
soprattutto nei contesti educativi, e scolastici dove i bambini e i ragazzi trascorrono molte ore della loro
giornata.
Ecco alcune buone ragioni, basate sulla ricerca scientifica, per avventurarsi in natura:
Incoraggia l’esercizio fisico: Quanto più i bambini hanno a disposizione spazi verdi, tanto più è probabile che
corrano all’aperto: l’attività fisica di bambini dagli 11 ai 13 anni aumenta in base all’ammontare di spazi verdi
presenti nei loro quartieri. Chiaramente, questo non vuole dire che sei sfortunato se abiti in città, perché
semplicemente puoi trascorrere più tempo in un ombreggiato parco pubblico.
Riduce l’ansia: I bambini che giocano in cortili verdi manifestano meno stress in confronto ai loro pari e
manifestano anche maggiori competenze generali, così come maggiori abilità sociali.
Migliora la concentrazione: anche solo una passeggiata di venti minuti nel parco porta ad un sostanziale
aumento dell’attenzione. Come i ricercatori fanno notare, le “Dosi di natura” servirebbero come un sicuro, poco
costoso, facilmente accessibile nuovo strumento nell’equipaggiamento nella gestione dei sintomi di ADHD.
Rende i bambini più intelligenti: i bambini in età scolastica che sono maggiormente esposti alla vegetazione
all’aperto hanno risultati migliori nei test cognitivi. L’effetto è maggiore se sia casa che scuola offrono
l’opportunità di un tempo “verde.”
Il tempo trascorso fuori migliora il sistema immunitario dei bambini: l’aria fresca e l’esercizio che i bambini
sperimentano durante il gioco all’aperto aiutano a rafforzare il loro sistema immunitario; bambini sani saranno
studenti più forti
I giochi all’aperto stimolano la creatività: giocare fuori porta a tutti i tipi di gioco creativo per i bambini. Usano la
loro immaginazione e inventiva per creare giochi o scenari esterni con materiali naturali – bastoni, pietre,
fango, foglie, ecc – e questo permette loro di esprimersi in un modo che non può essere replicato quando
sono in casa.
Il gioco all’aperto è un gioco non strutturato: non ci sono regole predefinite, non c’è giusto o sbagliato. Quando
si gioca fuori, i bambini possono solo scoprire, esplorare e conoscere il mondo a modo loro e alle loro
condizioni.
I giochi all’aperto forniscono un’esperienza multisensoriale: quando i bambini sono all’aperto, vedono,
sentono, odorano e toccano le cose in un modo che non è possibile in casa. Usano il loro cervello in un modo
unico, così come in un modo unico imparano a comprendere queste esperienze.
Essere adulti che privilegiano le esperienze “fuori ” significa anche saper rispettare il ruolo dei bambini quali
esploratori nati: “I bambini, fin dai primi anni di vita, giocando, hanno esplorato il piccolo mondo in cui sono
nati. Hanno visto, udito, toccato, odorato e assaggiato ciò che era a portata di mano. Hanno giocato con
l’acqua, con la sabbia e con altri materiali e hanno così scoperto molte leggi del mondo fisico. Con quelle
conoscenze hanno organizzato la loro prima cultura. Hanno fatto come gli scienziati. Ma ben presto i bambini
e le bambine hanno cominciato a guardare il mondo attraverso la televisione, usando solo due dei cinque
sensi. Hanno visto tante cose lontane e hanno trascurato le cose vicine. Eppure intorno a noi, nel piccolo
mondo di un prato, di un giardino o di un muro di vecchi mattoni, è nascosta una vita intensa in ogni
stagione…” (Mario Lodi, “Io e la natura”)
Fuori c’è il mondo: una scuola “naturale” e bellissima, fatta di frammenti di vita che ci vengono incontro. Ma i
grandi pensano spesso che le cose serie siano dentro (e, se non lo fanno, diventano agli occhi altrui adulti
fuori dagli schemi). I bambini che non riescono a farsi bastare il dentro per rispondere alla loro curiosità,
invece, finiscono spesso fuori dalle righe. Questo “deficit di natura” contribuisce infatti a causare non solo
problemi fisici rintracciati, ad esempio, in una diffusa maggior obesità già nei più piccoli, in una maggior
fragilità nello sviluppo della struttura corporea, nell’incremento di allergie... - ma anche una minor capacità di
attenzione e concentrazione, che dà luogo a quella che siamo sempre più soliti definire come iperattività da
energia in eccesso, con il risultato d i un generale minor benessere psicofisico. La seconda è speculare e
riguarda proprio gli stessi spazi esterni che, meno abitati dai più giovani, divengono progressivamente e
paradossalmente sempre meno sicuri proprio per quegli stessi bambini e ragazzi che vorremmo li
frequentassero. In molte città assistiamo così per la prima volta da molto tempo ad un fenomeno definibile
come invisibilità dell’infanzia, sempre più chiusa nelle case o nascosta dietro i corpi degli adulti. Il mondo che
sta oltre le mura, di casa o di scuola, fatto di città,ma anche e soprattutto di ambienti naturali, è così sempre
meno familiare, sempre meno conosciuto, sempre meno vissuto, sempre meno “naturale”: «i nostri bambini sostiene l’antropologo Van Aken (2015) - a partire da noi adulti, hanno sempre meno esperienza diretta di ciò
che ha composto il “crescere” per tante culture, cioè i limiti e la soggettività di una realtà ambientale
complessa: interrelata, interdipendente, eterogenea».
Fuori c’è un mondo bellissimo. Questa affermazione, apparentemente semplice e quasi ovvia, oggi è
fortemente messa in discussione. Chi ha bambini o se ne occupa per professione, infatti, si trova spesso a
pensare che ciò che sta oltre la soglia non sia il luogo più adatto per i più giovani. L’ambiente esterno, in-fatti,
è sovente percepito come potenzialmente poco sicuro: per ragioni di clima, perché fuori fa troppo freddo o
troppo caldo; per ragioni di traffico, perché fuori ci sono strade e mezzi a cui prestare attenzione; per timore
più generale, perché fuori c’è l’ignoto, fatto di estranei ed imprevisti. Così gli spazi esterni sono sempre meno
abitati dai bambini, con almeno due ricadute importanti. La prima è che i bambini crescono con la paura di ciò
che si trova oltre i noti e confortevoli ambienti di vita all’interno e con la conseguente incapacità di farvi fronte
nel momento in cui si trovano a doverlo affrontare (banalmente non sapendo riconoscere quando è il momento
di attraversare una strada o non riuscendo ad orientarsi nei percorsi quotidiani appena abbastanza grandi per
provarci da soli), ma anche con un livello di sedentarietà che non ha eguali nella storia dell’uomo, con tutte le
conseguenze anche in termini di salute che ciò comporta.
“Il vero rischio è…. che non vi siano rischi” (Buondy 2009)
È naturale che una parte dei giochi motori dei bambini comprendano attività talvolta “rischiose”. Durante gli
ultimi decenni però nella moderna società occidentale vi è stata una crescente attenzione verso la sicurezza
dei bambini e in modo particolare verso la sicurezza nelle loro attività e negli ambienti di gioco, che ha
coinvolto sempre più politici, genitori e professionisti dell’educazione. Recentemente tuttavia si è fatta strada
una corrente che sottolinea come un’esagerata attenzione sulla sicurezza è altrettanto problematica, in
quanto, nell’esagerato tentativo di proteggere i nostri bambini evitando loro qualsiasi possibilità di danno,
limitiamo eccessivamente possibilità di esperienza e di stimolo che sono importanti per la loro crescita. Si
possono definire “giochi di rischio” quelle attività che comprendono eccitazione, sfida e possibilità di farsi male.
Questo tipo di giochi si verificano più spesso all’esterno e nel gioco libero. Giochi rischiosi, sono in quest’ottica
tutte quelle attività dove i bambini si trovano al limite dell’essere fuori controllo, spesso a causa di altezza e
velocità, e dove può sopraggiungere il timore per l’incognito che rende pericolosa l’attività.
È importante comunque tenere in considerazione che non tutti i bambini si comportano nello stesso modo
rispetto al rischio nei loro giochi: ogni bambini ha una percezione diversa rispetto al livello di rischio e di paura
che considera piacevole e tollerabile. Vi sono comunque bambini che provano continuamente a testare sé
stessi e l’ambiente circostante sul proprio livello di competenza: sono bambini che hanno un forte desiderio di
conoscere il mondi e che cosa sono in grado di fare nel mondo che li circonda. Quello che conta rispetto a
questa riflessione è che il gioco rischioso è uno strumento per apportare importanti benefici comportamentali
a livello psicologico,fisico/motorio, percettivo e sociale (Sandseter 2010b). La normativa sulla sicurezza
relativamente agli ambienti utilizzati dai bambini influenza in maniera decisa le possibilità di gioco che noi
offriamo ai bambini. Recentemente l’attenzione sulla sicurezza è aumentata in maniera significativa sia
genericamente che nello specifico relativamente agli spazi gioco di parchi, scuole ed asili. Ma la domanda che
ci può porre è: questa regolamentazione porta a benefici effettivi? La normativa così restrittiva ha di fatto un
impatto negativo sul comportamento dei bambini e quindi sulla loro salute, in quanto, di fatto, tale normativa
impedisce loro di incrementare la propria capacità di gestione del rischio che avviene proprio attraverso la
sperimentazione di giochi rischiosi. I giochi ‘rischiosi’ sono un’importante tipo di gioco dove i bambini
apprendono un miglior controllo motorio e imparano cosa è pericoloso e cosa non lo è.
Mai sottovalutare il beneficio di un ginocchio sbucciato. Come società, abbiamo modificato la nostra
percezione del rischio. Abbiamo scambiato i rischi fisici della vita all’aria aperta in favore della sicurezza dei
chiuso. Ma è importante riconoscere che anche questo stile di vita comporta le proprie tipologie di rischio: oltre
a conseguenze quali l’aumento del rischio di obesità, ad esempio riduce il senso di appartenenza ad una
comunità, abbassa i livelli di fiducia in se stessi e ha molti altri effetti psicologici. Trascorrendo meno tempo
fuori, i bambini stanno perdendo l’opportunità di sperimentare che cosa sono capaci di fare: cadere e
sbucciarsi un ginocchio può ferire, ma svolge anche un ruolo fondamentale nello sviluppo infantile, nel
momento in cui insegna ai bambini importanti conoscenze su limiti, pericoli e conseguenze.
Le scelte dei genitori contano. I genitori possono favorire le attività all’esterno giocando con i loro figli.
Possono incoraggiare il gioco libero e continuare ad incoraggiare l’importanza del gioco. Queste esperienze
non devono essere necessariamente avventurosi e costosi viaggi, magari a parchi nazionali. Una passeggiata
in un parco locale o anche semplicemente il gioco nel cortile di casa può essere altrettanto efficace. Oppure ci
si può associare a gruppi che incoraggiano le attività all’aperto.
Istruzione e ambiente non devono essere un aut-aut. Invece di “insegnare l’ambiente”, gli educatori possono
utilizzare l’ambiente per insegnare nozioni relative a tutto il resto. L’ambiente offre la possibilità di essere
contesto integrante e attraverso questo approccio è possibile favorire l’apprendimento attivo da parte degli
studenti. Gli studenti possono leggere di un parco, mentre vi sono seduti all’aria aperta, e potrebbero trarre
ispirazione da ciò che li circonda così come da ciò che leggono. Utilizzando l’ambiente in questo modo si
promuove anche il lavoro interdisciplinare e gli stessi insegnanti possono collaborare oltre i confini della
classe.
Ci vuole un intero villaggio per crescere un bambino. Affinché vi sia una vera connessione tra i bambini e la
natura c’è bisogno di più che di azioni individuali. Ci vuole uno sforzo della comunità. I decisori politici possono
aiutare ad esempio attraverso la promozione di iniziative di sviluppo delle aree verdi cittadine Questo tipo di
pensiero e di sviluppo può contribuire a ricreare un legame tra i bambini e la natura.
Riferimenti e contatti:
Claudia Ottella
[email protected]
Bambini e Natura
[email protected]
Bibliografia:
Monica Guerra (a cura di), Fuori. Suggestioni nell’incontro tra educazione e natura, Franco Angeli, 2015
Ellen Beate, Hansen Sandseter, “Categorising risky play—how can we identify risk‐taking in children's play?”, in European Early Childhood
Education Research Journal, Volume 15, Issue 2, 2007
Alessandro Bortolotti, Why Indoor? Per una introduzione al riconoscimento formativo della “Outdoor Education” nella Scuola dell’Infanzia, Rivista
Infanzia n.6, 2011