Il programma Master and Back: a che punto siamo

Transcript

Il programma Master and Back: a che punto siamo
Il programma Master and Back:
a che punto siamo ?
D
a qualche anno il programma regionale Master and Back ha
chiuso i battenti.
Rivolto ai giovani laureati residenti in Sardegna desiderosi
di non accontentarsi delle opportunità formative offerte a
livello regionale, era un programma ambizioso, ben strutturato
ed invidiato in tutta Italia.
Era un esempio di utilizzo “lungimirante” dei fondi
comunitari, che permetteva di scegliere un percorso formativo
di alto livello in Italia o all’estero.
In questo modo, i giovani laureati
possibilità di avvicinarsi a quell’
sardi
avevano
la
formativa fino a quel momento accessibile esclusivamente ai
più abbienti.
I master universitari ed i dottorati di ricerca più ambiti a
livello internazionale erano così frequentati da giovani
brillanti sardi, con l’obbiettivo di perfezionare le proprie
conoscenze e trovare una vera realizzazione professionale.
Concluso il percorso formativo, vi era poi la possibilità di
scegliere un’amministrazione o un’azienda con sede in Sardegna
in cui svolgere un periodo lavorativo di due anni, sempre
finanziato dalla Regione.
Questo programma, appartenente più ad una concezione nord
europea, in cui l’istruzione è sovvenzionata dallo Stato,
desideroso di formare una “classe manageriale” all’avanguardia
e competitiva a livello internazionale, è oggi svanito nel
nulla.
Da più parti sono state diverse le critiche di chi ha tacciato
il Master and Back di invogliare i giovani sardi a non tornare
nel proprio territorio una volta concluso il percorso
formativo e di contribuire al sempre crescente spopolamento,
soprattutto delle parti più interne dell’isola.
Concepire questo tipo di ragionamento in un epoca
globalizzata, in cui masse di popolazione, per le esigenze più
disparate, si spostano dal loro Paese di origine, è quanto
meno ridicolo.
E poi, lo spopolamento della Sardegna continua incessante ed
inesorabile, indipendentemente dal Master and Back.
I giovani laureati sono però costretti ad emigrare “oltremare”
nella maggior parte dei casi per svolgere mansioni differenti
e lontane dal loro percorso di studi.
Dispiacerebbe che quei fondi venissero utilizzati
esclusivamente per corsi professionali destinati a formare
acconciatori, parrucchieri, pizzaioli, etc.
Con tutto il rispetto per queste categorie di lavoratori, che
sono le uniche a poter ambire a costruire una famiglia in
Sardegna, si assiste oggi ad un esodo di ricercatori,
ingegneri, avvocati, commercialisti, architetti (la conta
sarebbe lunga) che non riescono a realizzare il proprio
progetto di crescita professionale nella nostra terra.
Bloccare tutto, e non fornire un’adeguata informazione sulla
possibile riattivazione di quel programma, è un errore che si
rifletterà sulle attuali e future generazioni.
Lo spostamento di grandi masse di persone da un territorio ad
un altro, come detto, è un fenomeno globale, ed il confronto
della presente e futura classe dirigenziale a livello
internazionale è indispensabile.
E’ giusto permettere che soltanto i più abbienti, e non i più
meritevoli, possano accedere ad un livello di istruzione
superiore, frequentando master universitari e dottorati di
ricerca nelle più prestigiose università italiane e straniere?
E’ corretto affermare che un giovane laureato sardo deve
formarsi e lavorare solo in Sardegna ?
La risposta a queste domande non può che essere negativa, ed
il programma Master and Back si proponeva di programmare
l’inserimento dei più meritevoli ed ambiziosi nelle fasce
sociali di popolazione più elevate, così da garantire un
effettivo progresso della nostra società.
Certo, tutto è sempre migliorabile, ed è possibile che quel
programma avesse errori o carenze. Sarebbe stato forse più
opportuno accompagnare il Master and Back da una politica di
attrazione di imprese straniere nel territorio sardo, sulla
scia di quanto hanno fatto altri Paesi europei (si veda
l’Irlanda).
Visto che ultimamente, nei più disparati settori, sono sempre
più frequenti le consultazioni dei cittadini da parte delle
istituzioni pubbliche dirette a pubblicizzare l’attività
politica e conoscere le esigenze del territorio, sarebbe
quantomeno opportuno che la Regione, per conto
dell’assessorato competente, rendesse noto lo stato dell’arte.
Sul punto, Sardegna 2050 si è impegnata ad effettuare
un’analisi specifica sul tema e presenterà delle proposte per
rilanciare il dibattito.
Marco Porcu
Punti di vista metropolitani.
Come e perchè anche in questo caso
il problema è altrove.
Riflettevo sulle aree metropolitane: il fatto che l’80% dei
grandi problemi del mondo (inquinamento, rifiuti, consumo
acqua ed energia, assistenza per la terza età ed i
diversamente abili, etc) si concentra nelle megalopoli e nelle
grosse aree metropolitane che si candidano ad esserlo, è cosa
nota.
Così come è chiaro che gli sforzi delle intelligenze mondiali
è concentrato a provare a risolvere quell’ordine di problemi
perchè, si sostiene, se si risolve quella concentrazione di
problemi, si risolvono grandi gap per la sostenibilità e per
lo sviluppo mondiali.
E fin qui è chiaro e forse anche giusto come ragionamento,
posto che ci troviamo davanti a dei dati di fatto
ineliminabili.
Altro tema è il fatto che in tutto il mondo si creano e si
intensificano i ragionamenti sulle aree metropolitane, viste
come un’urgenza perchè, siccome il mondo va in quella
direzione, anche noi dobbiamo attrezzarci, sia in Italia che
in Sardegna.
Non fa eccezione la bagarre scatenata sull’area metropolitana
di Cagliari con tutte le conseguenti risse di chi, a torto o a
ragione, si è sentito figlio di un dio minore.
Ma siamo sicuri che sia e debba essere così?
Ma siamo certi che come sempre si debba pensare al contenitore
prima che al contenuto?
Ma siamo sicuri e certi che sia una strada ineludibile?
Ma nell’era dell’economia della conoscenza, negli anni in cui
si spinge perchè a botte di processi d’innovazione si possa
rivitalizzare l’economia e la società, siamo davvero certi che
sia questa la strada e questo l’unico modo di percorrerla?
Peraltro, stesso dicasi per le imminenti elezioni
amministrative, inclusa Cagliari, dove come sempre si parla di
alleanze, quote, movimenti di partiti e così via, ma ancora un
ragionamento di senso sul futuro della città e della sua
popolazione non s’è ancora fatto.
Ecco, è questo il tema. Appartengo ad una generazione che è
abituata ad alzare l’asticella, il resto è noia.
Appartengo a quella scuola – non accademica – dell’innovazione
che ha fatto dottrina perchè ha compreso che serve volare
altro e parlare d’altro.
Se non altro per essere ascoltati da qualcuno, ma scusate la
digressione, torno alla domanda principale:
con riferimento alla città metropolitane, quale e dove è la
discussione sulle funzioni cittadine e metropolitane?
Qual è la visione strategica per cui è indispensabile farla?
Solo perchè arrivano i finanziamenti?
Solo perchè a livello nazionale dicono che sia così?
Solo perchè nel resto del mondo accade lo stesso?
Se si, ma stiamo scherzando?
In Sardegna (e per la verità anche in Italia) siamo cinture
nere 9° dan in costruzione delle cattedrali nel deserto, siamo
campioni del mondo nell’architettura del nulla.
Ecco, per le aree metropolitane quel che vorrei sono le
risposte sul tema dei temi:
– è indispensabile?
– qual è il ragionamento per l’osmosi tra centri urbani ed
aree rurali circostanti?
– quando si faranno le mosse per l’intera regione e non per la
massificazione dei problemi?
– quale e quanta intelligenza è già stata pensata come
applicabile all’area metropolitana? a favore di chi? con quale
finalità?
– quale il ruolo delle imprese in tutto questo? quale quello
dell’ecosistema dell’innovazione che tutti sbandierano ma poi
nessuno usa o ascolta?
– quali le differenze tra aree metropolitane per non creare
doppioni e quali sinergie?
– quali le lezioni apprese dal passato per non ripetere gli
stessi errori?
E così via.
Quì o si alza l’asticella e si decide di parlare di cose vere
ed utili e si decide di volare alto verso orizzonti
plausibili, utili e sostenibili o per piacere, lasciate stare.
Avete già fatto fin troppi danni.
Buon Marzo
Vostro affezionato Obelix.
Asibìri
P.s. : … posto che in Sardegna c’è tanta intelligenza e che lo
sport regionale è oramai l’esportazione di neuroni, per
piacere, usatela questa intelligenza e non correte a comprare
i sedicenti superconsulenti non Sardi, please.
Ma
siamo
sicuri
che
la
Sardegna
non
può
essere
l'America?
I sabato sera portano riflessioni.
Almeno così mi sembra.
Stavolta il tema era quello di chi si trasferisce e che molla
tutto, lavoro compreso.
Molla per un misto tra ambizione personale e futuro dei figli.
Almeno a parole, poi nessuno si deve mai essere autorizzato a
fare i conti in tasca agli altri.
Molla tutto, mutuo e socialità costruita, perché qui non vede
futuro.
Molla per l’America,
ancora nel 2015, così come quando
eravamo piccoli.
Molla per un sogno americano dove lavoro c’è per tutti, dove
la sanità è perfetta, dove i problemi politici alla fine non
sono provlemi ma discussione, dove il common law è salvifico.
Molla perchè così è che vede la situazione alla destinazione.
Inutile provare ad argomentare il contrario. Non c’è ascolto.
Molla perché questo è un paese di merda. Questo è il punto in
cui do ragione. Non posso fare altrimenti. Ci siamo ridotti ad
una parodia di noi stessi ed abbiamo frantumato tutto. Perchè
un paese è lo specchio della sua popolazione.
Molla perché in nessun posto si può far breccia.
Perché da nessuna parte si mette mano ai problemi veri come
giustizia, amministrazione, ambiente, aria, acqua, sanità,
sprechi, semplificazione, tasse, evasione, etc.
Ed è proprio questo il punto.
Il fatto che non si comprenda che le soluzioni ci sono e che
non siamo lontani dal cambiamento, che possibile cambiare.
Vero è che, se realmente la società volesse, si potrebbe
cambiare nelle direzioni, se non di visione e scenario, almeno
di cambiamento deciso a favore delle necessità contingenti.
Il problema, mi si ripete nel caldo di un sabato sera, è che
siamo una nazione di merda perché siamo un popolo di merda, di
truffaldini, di trafficoni, di gente che cerca scappatoie e
soluzioni di comodo, accozzi e raccomandazioni o col
grembiulino o col partito o col sindacato o con qualche altra
fratellanza intesa nel senso becero quale oggi si sono a noi
mostrate le classi dirigenti del millennio più accelerato che
sia mai esistito.
Ma mai nessuno che abbia voluto intendere le fratellanza nel
senso positivo.
Nel senso che se tutti si impegnassero per eliminare i bisogni
di tutti, nessuno sarebbe vittima del sistema corrotto e
maledetto che ci sta portando alla rovina, nessuno che pensa
ad eliminare le storture regionali e nazionali per far si che
si possa scoprire che la Sardegna può essere l’America del
nuovo millennio.
Se vivessimo in un sistema equo e coeso, dove i principi di
solidarietà e sostegno reciproco hanno un significato e sono
praticati (non meramente pronunciati), difficilmente potrebbe
sopravvivere l’attuale sistema socio economico.
Se il nostro paese va definitivamente nella direzione per cui
è più importante rifarsi il seno che curare un anziano, in cui
è più importante il sistema finanziario che quello sociale, in
cui la campagna serve solo come discarica e per le trivelle,
beh, NON E’ IL MIO PAESE. NO MORE.
Meritiamo di più e meglio. Tutti.
Buon vento, Sardegna mia, ne hai bisogno.
Tuo affezionato
Nicola
La banca del seme anonimo
Come e perchè chi non è sotto le luci della ribalta sostiene e
cambierà questo paese
Avete mai pensato a quanti sono gli studi professionali in
Italia? se si, avete mai pensato a quanti praticanti,
tirocinanti, stagisti, interinali, occasionali etc. girano
attorno al solo mondo delle partite IVA? Avete provato ad
applicare questo ragionamento anche al mondo della PMI o degli
artigiani? E se ci pensate bene anche la grande impresa e
soprattutto la pubblica amministrazione non sono da meno …
Siamo certi che col Jobs ACT cambieranno le regole del gioco?
Bene la riflessione è questa: dove sta la linfa vitale? Dove
stanno le idee? Le energie? La voglia di cambiare e crescere?
Da dove vengono fuori i progetti e l’olio di gomito che serve
per la produzione di tutti i giorni?
Dove sono le nuove
competenza, quelle contemporanee che strizzano l’occhio a
quelle necessarie nell’immediato futuro prossimo?
E’ fin troppo chiaro che il cuore pulsante del processo di
cambiamento necessario è sotto un muro di gomma spesso e direi
cieco.
Per non parlare poi della filiera di costruzione delle
politiche pubbliche. quante sono oramai le policy scritte da
chi non è politico né pubblico dipendente? e poi soprattutto,
da chi vengono attuate e comunicate?
Ecco, qui nasce il concetto della banca del seme anonimo, dove
i donatori sono la porzione sana e rilevante del futuro di un
paese intero, ma non hanno volto, non hanno spazio.
Certo, si criticherà che a volte mancano di coraggio e spesso
peccano in termini di esperienza. Ma in entrambi i casi ci si
può lavorare sopra, nel senso che le messa a sistema della
rete di intelligenze che oggi produce per altri può rendere
collettivo il coraggio
dell’esperienza … beh!
che
serve,
sul
fronte
invece
Vi do una notizia, oramai ci sono persone che ci comprendono,
che non ci usano più, perchè hanno iniziato a accettare che
solo con equa collaborazione intergenerazionale è possibile
arrestare il declino e procedere verso un nuovo concetto di
benessere diffuso.
Chi ha l’intelligenza di non appropriarsi del frutto del
sudore della banca del seme anonimo ha compreso che c’è
un’italia migliore che vuole solo produrre, che vuole rendere
pratico e concreto quello che ha studiato (che ha fatto
chimica con quello che la vita gli ha offerto), che ha voglia
di vedere le cose accadere.
Chi ha compreso che deve avere dialogo con la banca del seme
anonimo sta rendendo più fluidi i processi d’innovazione che
oramai sgorgano uniformemente da tutti i territori, che hanno
interpreti giovani (ed anche non più giovanissimi) ed
autorevoli in grado scaricare a terra le novità che non
vengono bloccate dall’ingordigia, dalla presunzione,
dall’ambizione di chi non è mai sazio.
Specie quando ha già dimostrato d’aver fallito e fatto terra
bruciata da un punto di vista culturale, ambientale, sociale
ed economico.
Ergo, forza e coraggio, la banca del seme anonimo non cerca le
luci della ribalta, solo canali attraverso cui permettere alle
generazioni del muro di gomma di redimersi. Insieme.
L’orgoglio della consapevolezza e dell’autosufficienza porta
con se la fierezza dell’indipendenza, quindi le ali delle
libertà, per se e per gli altri.
E’ la stagione dell’intelligenza connettiva che fa decollare i
valori e i contenuti delle reti umane ed economiche.
Non avrà più spazio nè rispetto chi non rispetta le regole del
gioco.
Buon
vento
Sardegna
mia,
buon
futuro
a
tutti,
#astenersiperditempo
e come sempre io lo dico a voi, ma voi per piacere ditelo a
tutti: #avantitutta
Nicola