Dakar, la grande muraglia degli alberi

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Dakar, la grande muraglia degli alberi
Repubblica — 05 giugno 2009 pagina 38 sezione: CRONACA
MOHAMMEDIA In meno di un anno, duemila ettari di piante di gomma arabica hanno messo radici
robuste nella regione di Louga, Senegal. Sono il primo "mattone" della Grande Muraglia Verde
africana, sono la conferma che nullaè impossibile. Che anche il più visionario dei sogni potrebbe
presto trasformarsi in realtà, salvando una terra ormai allo stremo e - forse - cambiandoi destini del
mondo. Altri semie giovani esemplari sono stati piantati in Mauritania, in Ciad, in Etiopia, Mali,
Niger, Burkina Faso, Sudan, Eritrea. Nonostante un cielo asciutto e spietato, alla frontiera del
deserto sta germogliando un' immensa barriera di alberi ed arbusti. Dall' Atlantico all' Oceano
Indiano, da Dakar a Gibuti. Settemila chilometri in lunghezza e quindici in larghezza, attraverso
undici nazioni diverse ma tutte d' accordo. Un muro vivente che non divide e non isola, al contrario:
unisce un continente nella lotta alla desertificazione e alla diaspora. Secondo la Banca Mondiale e
gli Stati africani coinvolti nell' operazione, questa prossima cintura di acacie, baobab, agrumeti,
piante medicinali, nuove ed antiche coltivazioni, terrà lontano la progressiva e devastante avanzata
del Sahara, che ogni anno divora una superficie paria quella di tutto il Lazio. Fermerà l' esodo
verso l' Europa e i grandi centri della popolazione rurale, che rappresenta ancora il 75% di quella
complessiva del continente. Il presidente senegalese Abdoulaye Wade l' ha definito «la sfida
ambientale dell' Africa». I primi risultati del progetto della Grande Muraglia Verde hanno inaugurato
il Festival africano sull' ecologia e lo sviluppo sostenibile, appuntamento che si è tenuto in questi
giorni a Mohammedia, venti chilometri da Casablanca. In Marocco, paese che sta scoprendo una
vocazione ambientalista grazie anche e soprattutto alle capacità persuasive del rampollo di una
delle più influenti famiglie locali. Moundir Zniber, presidente dell' Associazione per un Marocco
Verde, ha prima ottenuto la conversione "eco" della multinazionale Chaabi. Ed ha poi
provocatoriamente organizzato il Festival nel centro più inquinato del Maghreb: un crocevia di
pipe-line petrolifere, centrali elettricheea carbone, raffinerie, aziende chimiche. Nel cuore del
complesso industriale è stato seminato a tempo di record un grande prato, utilizzando quel
materiale rivoluzionario - il polyter - che dovrebbe rappresentare la formula magica per un rapido
attecchimento della Grande Muraglia: piccoli cristalli in grado di assorbire e conservare
straordinarie quantità d' acqua, permettendo al loro interno una fenomenale crescita delle radici.
Bastano due litri - invece dei cinquanta normalmente necessari - perché un pomodoro cresca
rigoglioso. Il sistema, dalla ecosostenibilità garantita,è lo stesso che in questi anni ha ingigantito le
oasi del Dubai. E se poche gocce di pioggia permettono lo sviluppo della pianta, gli africani
scommettono che quelle che cadranno nella futura fascia verde - dai 100 ai 400 millilitri annuali saranno più che sufficienti. Al centro del surreale prato del Festival di Mohammedia, circondato da
ciminiere sbuffanti e con un oleodotto che ne delimitava il perimetro, tende berbere arredate con
sedie e scrivanie in cartone riciclato hanno ospitato tavole rotonde, proiezioni di documentari,
esposizioni artistiche. Venti paesi africani, insieme ad alcune delegazioni europee, hanno
partecipato. Aggirandosi fra gli stand, scoprendo le centinaia di associazioni ecologiste attive nel
continente, si respirava la consapevolezza dei presenti di essere protagonisti di qualcosa di
decisivo. Secondo Moundir Zniber, «l' Africa è il continente più ricco dal punto di vista naturale. E il
meno sviluppato. L' Occidenteè al collasso: si ritrova a bordo di un aereo, ma senza pista di
atterraggio. E' allora qui, in Africa, che si gioca il futuro prossimo del mondo». Ventisei anni, padre
nordafricano e madre parigina, studi in Francia e cuore in Marocco, grazie anche alle buone
relazioni della famiglia si è ritagliato un ruolo di guru nella classe dirigenziale del suo paese.
«Davanti agli occhi abbiamo l' esempio negativo dei fratelli europei. Noi possiamo ancora
crescere, ma in una maniera sostenibile». Sostiene cheè soprattutto una questione di cultura,
quella che permetterà agli africani di non cadere negli stessi errori occidentali. Semplici buone
intenzioni? Nel corso del festival, il gruppo Chaabi - industria, immobiliare, turismo, distribuzione ha sottoscritto un impegno ufficiale a produrre per i prossimi quindici anni in maniera redditizia ma
"pulita", secondo i parametri internazionali. E il primo mattone della Grande Muraglia ha cominciato
a germogliare. - DAL NOSTRO INVIATO MASSIMO CALANDRI
29/07/09 09:51
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