La prima generazione dei registi cinefili

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La prima generazione dei registi cinefili
di Filippo Primo
La prima generazione dei registi cinefili (Lucas, Dante, Landis,
Carpenter, Coppola) tra la fine dei ’70 e per tutto il decennio degli ’80 faceva un cinema che
era spesso un omaggio e citazione dei film con cui era cresciuta o che magari aveva studiato.
Con gli anni ’90 un topo di videoteca come Quentin Tarantino ha portato all’ennesima potenza
questo dato autoriflessivo.
Per lui, primo regista/rock star (riesce a trasformare ogni suo film anche in evento mediatico e
mondano), si addice bene la parola americana “geek” che sta ad indicare il fan all’ultimo
stadio. Dal vate della Nouvelle vague -Godard- ha acquisito oltre al nome della sua casa di
produzione (“A band apart”), la libertà e la possibilità di giocare al cinema col cinema e,
recuperando la sinergia tra la produzione indipendente e quella di genere -creando un’alchimia
tra cultura bassa e alta- Tarantino ha scovato la “nuova via” del cinema indipendente
americano. Come spesso e sovente accade in questa rubrica per un gusto un po’sadico e… a
tratti anche masochista, non cadremmo nell’ovvio, anche se in questo caso sarebbe
meritevole, e non analizzeremo nessuno dei film che hanno contribuito a rendere Tarantino il
regista forse più conosciuto al mondo. La pellicola che invece rivedremo questa settimana è il
terzo lungometraggio che il regista del Tennessee girò nel 1997 trascorsi circa 3 anni dalla
“sbornia” di “Pulp Fiction”: il grottesco e ironico crime-movie “Jackie Brown”.
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L’affascinante
Jackie
lavora come hostess per una piccola compagnia aera e per arrotondare importa dal Messico il
denaro sporco del trafficante d’armi Ordell (S.L.Jackson). Insieme al suo complice Louis
(R.D.Niro) e all’amante Melanie (B.Fonda). Ordell vuole fare un’ultima consegna e poi ritirarsi
a vita privata. Jackie viene incastrata dal poliziotto Ray (M.Keaton) e dovendo scegliere se
tradire Ordell facendolo arrestare o finire in prigione, decide di tentare il colpo della sua vita
facendo il “triplo gioco”. Si mette d'accordo sia con l'agente Ray per catturare Ordell, sia con lo
stesso Ordell per fallire il piano della polizia, e infine si metterà d'accordo con Max Cherry
(R.Foster), garante di cauzioni e innamorato di lei, per mettere nel sacco polizia e trafficanti e
scapparsene col malloppo. Il piano va avanti ottenendo il risultato sperato: la polizia ammazza
Ordell e tre giorni dopo Jackie parte con i soldi per la Spagna.
Il primo lungometraggio tarantiniano
tratto non da una sua sceneggiatura originale ma dal best-seller "Rum Punch" di Elmore
Leonard. Fu proprio per avere il libro “The Switch” di questo scrittore pulp-noir che
l’adolescente Tarantino tentò maldestramente un furto al supermercato. Per una sorta di legge
del contrappasso la madre lo punì a leggere per tutta l’estate decine di libri. La stessa madre
che portò a 8 anni il piccolo Quentin a vedere “Un tranquillo weekend di paura” e “Bambi”, il
film che lo ridusse in lacrime. Ma “Jackie Brown” forse non sarebbe nato se Tarantino non
avesse fatto il commesso nella videoteca di Los Angeles, “Manhattan Beach Video
Archives”(la sua esperienza di vita cinematografica). Fu proprio qua che poté divorare migliaia
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di pellicole di B-movie e soprattutto di quel genere che caratterizzò fortemente gli anni ’70, il
“Blackxploitation”, caratterizzato da un mix frenetico di violenza, sesso e poliziesco dove gli
eroi sono gli afroamericani e le ambientazioni sono spesso le periferie e i ghetti.
Pam Grier fu una star nel filone
blackxploitation e diventò ben presto un mito per il giovane Tarantino che nel ’96 -lei aveva già
48 anni- pensò di scritturarla per la parte di Jackie. Ancora una volta il pulp-regista tenta, come
era già stato per John Travolta, il rilancio di una vecchia stella ormai in declino. Se si guarda
alla produzione precedente notiamo la prima novità di questo film: la donna non è più
tappezzeria o semplice oggetto sessuale o di violenza; Jackie è la protagonista principale e
rappresenta la vera donna indipendente…chiaramente fino all’arrivo delle vipere sexy di “Kill
Bill” che dimostrano quanto sia vera l’ipotesi per cui “le brave ragazze vanno in Paradiso, le
cattive nei film di Tarantino”.
A differenza dei due precedenti
capolavori (“Le iene”; “Pulp fiction”), quest’opera non stupisce tanto per i dialoghi o per il
ritmo che qua appare lento e a tratti riflessivo: ci si sofferma su lunghi primi piani, rinunciando
all’esibizione esasperata della violenza.
Una storia, dunque, di una normalità “classica” ma che diventa speciale proprio perché diretta
in alcune parti con trovate cinematografiche “d’autore”; memorabili il piano sequenza iniziale e
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quello finale ma soprattutto riprendendo un noto uso “del punto di vista dei personaggi”
utilizzato già da Kurosawa in “Rashomon”, vediamo la stessa scena (lo scambio di buste
all’interno del camerino) da tre prospettive differenti.
Degna di nota la colonna sonora ricca di
tanti successi soul anni ’70 che contribuisce a guarnire con ironia questa bella storia.
Frase del film: “Fai una mossa falsa che ti ritrovi le tue cervella sulle mie tende!”
Citazione della settimana: “Faccio collezione di pellicole di film. Se sei un fan, i video sono un
po’ come la marijuana, i laser disc sono come la cocaina, ma le pellicole sono pura eroina”
(Quentin Tarantino)
Qua una grottesca ed esilarante sequenza del film
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