corride no corride si, barcellona contro madrid

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corride no corride si, barcellona contro madrid
CORRIDE NO CORRIDE SI, BARCELLONA CONTRO MADRID
Corrida Il Parlamento della Catalogna alle prese con una proposta di legge di iniziativa
popolare che vuole chiudere le plazas de toros. Il voto finale favorevole potrebbe arrivare già a
maggio. In rivolta i difensori dei matador: accusano i catalani di voler emarginare dal proprio
territorio una tradizione spagnola in nome di una maggiore autonomia economica e culturale. E
intanto la tv pubblica trasmette le gesta del pacioso toro Billy, un simpatico cartoon
Anche dietro le polemiche sulla corrida si può intravedere la voglia di maggiore autonomia della
Catalogna dal resto della Spagna?
Sta di fatto che il Parlamento regionale di Barcellona ha dato nei giorni scorsi il primo parere
favorevole alla proposta di legge di iniziativa popolare, sostenuta da 180mila firme raccolte
dall'Associazione Prou! (Basta!), che chiede l'abolizione delle corride. Quando si sono votati a
scrutinio segreto alcuni emendamenti al testo proposti dal Partito socialista e dal Partito
popolare per non abolire del tutto le corride, l'esito è stato di 67 voti contrari, 59 a favore, 5
astensioni.
A Barcellona, a riprova di una certa sensibilità al tema, delle tre storiche plazas de toros
sopravvive solo La Monumental. E a nulla è servito che 285 intellettuali di origine catalana - tra
cui il pittore Miquel Barcelò e il cantautore Manuel Serrat - lanciassero un appello contro la
legge di iniziativa popolare.
Pur rispettando la decisione del Parlamento catalano, il governo del primo ministro socialista
Zapatero ha preferito non entrare nel merito della querelle. La vicepremier Maria Teresa
Fernández de la Vega, interpellata dai giornalisti, se l'è cavata con un laconico: «Non ci piace
proibire, preferiamo che ognuno possa scegliere in libertà».
Di Zapatero si sa che non è mai stato fotografato in una plaza de toros e che ha sempre evitato
di esprimersi sulle corride. A maggior ragione in questo periodo che vede in difficoltà il suo
governo per la crisi economica che si è abbattuta sulla Spagna: i suoi consiglieri temono un
ulteriore calo di consenso nei sondaggi, se Zapatero dovesse esprimersi contro le corride che
sono un argomento controverso per la popolarità di cui godono. Prende così ulteriormente
quota il dibattito che infiamma i quotidiani, le radio e le tv di Spagna dividendo soprattutto
Madrid e Barcellona.
Lo scorso 4 marzo, a riprova di tale rivalità, la Comunità di Madrid governata dai Popolari,
l'equivalente dell'istituzione della nostra Regione, ha deciso di dichiarare la corrida "bene di
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interesse culturale". Ignacio González, vicepresidente della Comunità madrilena, ha addirittura
definito «assurde» le posizioni di chi si batte contro l'uccisione dei tori. Dopo questa decisione,
la Catalogna - che da tempo chiede uno status di legge che le conceda più autonomia rispetto
alla "centralistica e oppressiva" Madrid - ha un motivo in più di contenzioso con la capitale
spagnola.
La disputa tra Barcellona e Madrid non ha solamente una componente animalista. La corrida
appartiene alla cultura spagnola, è un suo tratto distintivo. Come Roma è famosa per il
Colosseo, così la Spagna è conosciuta in tutto il mondo per le corride che hanno origini molto
antiche. Non a caso il simbolo della Spagna, sotto ogni latitudine, è il toro.
A circa 70 km a ovest di Madrid, poco dopo San Martin de Valdeiglesias, è visibile un
monumento in granito denominato "Toros de Guidando". In quella località, sostengono gli
storici, c'era probabilmente nell'antichità un santuario pagano iberico.Gli Iberi come i Cretesi,
praticavano il Tauròlio, il sacrificio dei tori, considerati animali sacri che venivano offerti in
sacrificio agli dei. Il rito consisteva nell'affrontare a mani nude tori selvaggi e nell'ucciderli,
dimostrando così la forza e la potenza degli esseri umani rispetto a quelle degli animali. Questa
tradizione si è tramandata di generazione in generazione, fino ai tempi nostri.
Le pratiche di quella che viene considerata una pratica taurina - a metà strada tra sport e
tradizione - riempie tuttora i quotidiani spagnoli (anche le pagine del prestigioso El País) con
resoconti e commenti. Pure alcune trasmissioni televisive dedicano spazio ai matador e
dissertano sulle loro gesta come fossero dei divi del cinema o della musica. E per capire quanto
sia radicata questa tradizione basti citare la poesia del 1935 dell'andaluso Federico García
Lorca Lamento per la morte di Ignacio Sánchez Mejías, un mitico torero ucciso mentre
combatteva la sua corrida, che ripete all'infinito "Alle cinque della sera", l'orario buono per le
corride e per morire in una plaza de toros. O rileggere Fiesta, il racconto di Ernest Hemingway
tratto dalle impressioni ricavate da un viaggio effettuato a Pamplona nell'estate del 1924 in
occasione della Festa di San Firmino, quando i tori invadono la cittadina e la folla corre davanti
a loro cercando di non rimanere infilzata dalle corna che di solito sono un trofeo da portare a
casa come ricordo. Hemingway, che partecipò come cronista alla guerra civile spagnola (19361939), rimase affascinato dalle corride.
«La società catalana è pronta a cancellare una pagina nera che non può mantenersi con l'alibi
della tradizione», ha dichiarato Leonardo Anselmi, portavoce di Prou!, dopo il voto del
Parlamento catalano. Luis Alcantara, direttore della Scuola taurina di Catalogna, sostiene al
contrario che la proposta di legge di iniziativa popolare «va contro la libertà e gli interessi
economici di Barcellona ». La Mesa del Toro, l'associazione che riunisce gli operatori del
settore, annuncia una ferma opposizione all'abolizione delle corride: «La Spagna non può fare a
meno dei 40mila posti di lavoro che dipendono dalle attività taurine ». «Lotteremo per difendere
il nostro patrimonio culturale», assicura anche Oscar Chopera, tra i manager che organizzano
le corride. Enrique Ponce, uno dei toreri più popolari di Spagna, sostiene addirittura che il voto
del Parlamento di Barcellona è «un attacco politico dei catalani contro una tradizione
spagnola».
Intanto il movimento in difesa degli animali e contro le corride ha trovato in Spagna un grande
alleato nella tv pubblica che nella fascia oraria pomeridiana dedicata ai bambini fra i 3 e i 5 anni
propone cartoon educativi e anti-corrida. Il toro ha il musone pacioso di Billy. «Le corride non
sono giuste, obbligano il toro a combattere anche se lui non vuole. Lui non vuole fare del male
al matador, è un toro pacifico. Ricorda, noi siamo dalla parte del toro», è un tipico intercalare tra
Vipo, il cagnolino volante, e i suoi amici: la gatta Betty e la cicogna Henry. Billy, suo malgrado,
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deve vedersela col matador.
La serie, di produzione israeliana, ha esordito nel 2007 in Germania e racconta le avventure del
cagnolino Vipo in diverse città del mondo. L'episodio spagnolo inizia sugli spalti dell'arena, dove
la cicogna Henry spiega a Vipo e alla gattina Betty in cosa consiste la corrida alla quale stanno
per assistere. «È un combattimento fra un uomo e un toro. L'uomo si chiama matador e il
combattimento corrida. Si narra che molto tempo fa la Spagna fosse piena di tori selvaggi e la
gente doveva combatterli per salvarsi», ricorda Henry. «È diventata una tradizione, a volte
perfino il re di Spagna assiste alla corrida. Ricordate, noi tifiamo per il toro!», conclude.
Una volta entrati nella plaza de toros, i tre personaggi iniziano a prendere in giro Fernando, il
matador. Il torello Billy si difende: «Io non voglio combattere con nessuno. Non litigo mai, state
sbagliando di grosso, ci dev'essere un errore...». Affermazioni che scatenano la reazione degli
amici animali: «Non è giusto, obbligano Billy a lottare anche se non vuole farlo. No, non sta
affatto bene, loro sono in tanti e Billy è solo. Non vuol fare del male al matador, anche se questi
lo sta provocando. È un toro molto pacifico... questo è troppo". Ed è così che il cane volante, la
cicogna e la gatta decidono di dare una mano al toro: riescono a far cadere Fernando
sull'arena, mentre il pubblico acclama Billy.
Ma sono in tanti a difendere la bontà delle corride. François Zumbiehl, direttore culturale
dell'Unione latina di Madrid, grande aficionado di questa pratica, ha scritto ad esempio un dotto
articolo sul quotidiano Abc del 16 dicembre 2009: "La corrida dovrebbe essere dichiarata
Patrimonio Immateriale dell'Umanità (come il Tango pochi mesi fa). Perché? La corrida è
spettacolo vivo per essenza, dato che in una serie di regole e in una struttura definite (i tercios,
gli spazi dello spettacolo e i minuti contati...) tutto è effimero e quasi tutto imprevedibile. Per
questo la tauromachia è un'arte sublime. Entra anche negli usi sociali, rituali e negli atti festivi.
Chi non percepisce che racchiude una liturgia abbondante di gesti ispirati dalla coreografia o
dalle esigenze di un rituale: i brindisi, il bacio del matador alla tazza d'argento prima di iniziare
la faena, le insolenze davanti al pubblico alla fine di una serie di muletazos o la morte del toro.
Ma, in modo più fondamentale, la tauromachia raccoglie e fa rivivere, adattandolo a nuove
sensibilità, l'antico fondo della cultura mediterranea.
Come la tragedia greca, l'opera italiana e le settimane sante, è una messa in scena della morte
o, meglio detto, una sublimazione della morte per l'arte, un'esaltazione della vita e dello spirito
che hanno saputo trionfare, anche se per alcuni minuti, sulla fatalità e il regno delle ombre.
Rappresenta e reinterpreta a suo modo l'eterna lotta di Teseo con il Minotauro, la vittoria
dell'umanità sull'animalità. La morte è parte necessaria della festa, perché se non ci fosse,
sarebbe un semplice show".
L'articolo sorvola sulle torture ai tori, prima e durante le corride, che sono la causa principale,
insieme alla morte finale dell'animale, del malessere di una fetta importante dell'opinione
pubblica spagnola. L'infuocato dibattito è destinato a continuare.
Aldo Garzia da Terra
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