scheda 1 - Diocesi di Forlì

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scheda 1 - Diocesi di Forlì
Diocesi di Forlì-Bertinoro
P E RC O R S O B I B L I C O
DIOCESANO
2016/2017
SCHEDA 1
“Il Vangelo
secondo
Matteo”
DALL’EGITTO A NAZARET
PREGHIERA INIZIALE
(Mt 2,13-23)
Spirito di vita, per la cui opera il Verbo si è fatto carne nel seno della Vergine,
donna del silenzio e dell’ascolto, rendici docili ai suggerimenti del tuo amore,
e pronti sempre ad accogliere i segni dei tempi che Tu poni sulle vie della storia.
Vieni, Spirito di amore e di pace!
A Te, Spirito d’amore, con il Padre onnipotente e il Figlio unigenito,
sia lode, onore e gloria nei secoli senza fine. Amen! (S. Giovanni Paolo II)
1. LECTIO (leggere e comprendere il testo biblico)
LETTURA DEL TESTO
2,13
[I Magi] erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò:
Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
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Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla
morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i
bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. 17Allora si compì ciò che era stato detto per
mezzo del profeta Geremia:
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Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più.
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Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che
cercavano di uccidere il bambino». 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra
d’Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre
Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò
ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei
profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
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SPIEGAZIONE DEL TESTO
Tre episodi si susseguono in questo brano evangelico: la fuga di Giuseppe, Maria e il bambino in Egitto
(vv. 13-15), la cosiddetta “strage degli innocenti”, cioè l’uccisione dei bambini di Betlemme e del
circondario fino ai due anni di età (vv. 16-18), e il ritorno di Giuseppe, Maria e Gesù in Palestina dopo
la morte di Erode (vv. 19-23).
La nostra pagina era immediatamente preceduta dal racconto della visita dei Magi: sapienti venuti
da lontano per adorare “colui che è nato, il re dei Giudei” (2,2). Ora, se i Magi avevano mostrato un
atteggiamento positivo verso Gesù (un interesse che si era fatto cammino di ricerca, fino all’incontro
e al pieno riconoscimento della dignità divina di Gesù, con il gesto dell’adorazione), nel nostro brano
la venuta di Gesù è messa a confronto con l’ostilità e il rifiuto radicale da parte di Erode.
L’evangelista non si limita ad esporre i fatti, ma invita esplicitamente il lettore a metterli in relazione con la storia e con le Scritture Sacre del popolo di Israele. Al termine di ogni episodio, infatti,
Matteo offre la citazione di una frase tratta dall’AT e, precisamente, dai profeti: chi legge deve
avere ben chiaro che – fin da subito – ciò che è accaduto a Gesù non ha nulla di casuale, ma dà puntuale e fedele compimento a quanto annunciato da Dio stesso nelle Scritture. È chiaro, dunque, che,
per comprendere adeguatamente questa pagina evangelica, occorrerà considerare e spiegare le tre
citazioni profetiche. In che modo Gesù compie le promesse antiche?
Prima di rispondere, però, occorre fare una seconda osservazione. Matteo non si limita a citare
alcune frasi tratte dall’AT, ma ci offre anche altri elementi che – questa volta implicitamente – ci
riportano all’AT, e che un lettore della Bibbia non può non riconoscere. Partiamo proprio da queste
allusioni implicite.
Nel primo episodio la vita di Gesù è minacciata dal re Erode. L’unica via di scampo è la fuga in Egitto.
Ora, il riferimento all’Egitto evoca tutta una serie di vicende legate a questo luogo. In particolare,
però, viene in mente Mosè, che dovette fuggire lontano dal Faraone perché questi voleva metterlo a
morte (Es 2,15). Per ora è un primo indizio. Nel secondo episodio, quello della strage degli innocenti,
il re Erode fa mettere a morte un gran numero di neonati e di infanti; non riesce però a uccidere
Gesù, che è già stato portato in salvo. Ma anche in questo caso non può non venire in mente la vicenda del bimbo Mosè, messo in salvo in una cesta, mentre il Faraone faceva affogare nel Nilo i bimbi
maschi degli ebrei (Es 1,22). Insomma, Gesù assume e riassume in sé e nella propria storia i tratti
della vita e della storia di Mosè, liberatore e poi legislatore di Israele. Che sarà dunque la storia di
questo bambino? Implicitamente, Matteo sta suggerendo fin d’ora ai suoi lettori che la storia di Gesù
sarà una storia di liberazione e di salvezza.
Veniamo ora alle citazioni delle parole profetiche. Nel primo episodio si racconta che Giuseppe, in
sogno, viene invitato dall’angelo a rifugiarsi in Egitto. La citazione conclusiva, tratta dal libro del
profeta Osea, recita: Dall’Egitto ho chiamato mio figlio (Os 11,1). Tenendo conto del contesto della
narrazione di Matteo, chi legge intende che Dio Padre, come trovandosi in Egitto, dal di lì chiami suo
Figlio a venir via dalla Palestina. Qui ci fermiamo innanzitutto sul titolo di “Figlio”. Questo bimbo,
uguale a tutti gli altri bambini in apparenza, e considerato legalmente figlio di Giuseppe, è in verità
e in pienezza Figlio di Dio, oggetto dell’attenzione e della cura provvidente del Padre Celeste, prima
ancora che di Giuseppe.
Possiamo però chiederci: le parole di Osea avevano questo preciso significato anche nel loro contesto originario? In realtà no. In Os 11, infatti, Dio si presentava come Padre del popolo di Israele, e
ricordava che al tempo dell’esodo egli aveva mostrato la sua premura verso suo “figlio” (il popolo
di Israele), chiamandolo (a venir via) dall’Egitto oppressore. Dunque per Osea il figlio non era Gesù
ma Israele, e il movimento non era dalla Palestina all’Egitto, bensì, all’opposto, dall’Egitto verso la
Terra promessa.
Ora, la libertà con cui gli evangelisti utilizzano le parole dei profeti, dando ad esse anche un senso
diverso da quello che avevano in origine, potrebbe sorprendere o addirittura sconcertare qualcuno,
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specie se si ha l’idea che le profezie fossero predizioni puntuali, meccaniche, del futuro, fatte con
secoli di anticipo. Si tratta di una visione un po’ distorta, che non corrisponde né a quanto sta scritto
nei profeti, né all’esperienza degli autori del NT. I profeti non erano indovini, ma persone che, in
nome di Dio, davano valutazioni sul proprio presente, rivolgendosi ai propri contemporanei (se ora
vi comportate in questo modo, avrete conseguenze di questo tipo, se vi comportate diversamente,
avrete altre conseguenze; Dio vi chiede ora di seguire questa via anziché quest’altra...).
Qual è stato l’approccio degli autori del NT alle antiche Scritture di Israele? Essi sono partiti dalla
propria esperienza e hanno guardato all’indietro. Considerando la storia di Gesù, e confrontandola
anche globalmente con le antiche Scritture di Israele, gli evangelisti e gli altri autori del NT hanno
notato che Dio non aveva cambiato stile, Dio non aveva smentito se stesso, Dio era stato coerente
con quella via di amore e di fedeltà intrapresa tanto tempo prima. Proprio questa coerenza di fondo
lungo tutto il cammino della storia della salvezza è la base a partire dalla quale gli autori del NT
citano, con maggiore o minore libertà, l’AT.
Tornando alle parole di Osea in Matteo, dobbiamo cogliere che, al di là della divergenza nei dettagli,
c’è una analogia significativa tra momenti diversi della storia della salvezza. Come in passato Dio
aveva mostrato una sollecitudine speciale con Israele, liberandolo dall’oppressione del Faraone e
chiamandolo verso un luogo dove sarebbe stato possibile vivere altrimenti, così ha fatto anche con
Gesù, suo Figlio in senso pieno, chiamandolo a spostarsi lontano da Erode. Paradossalmente, il Figlio
di Dio deve percorrere a rovescio proprio quella strada lungo la quale Dio aveva guidato il suo popolo
verso la libertà. A tanto può condurre il rifiuto degli uomini nei confronti di Dio.
Passiamo al secondo episodio, in cui Erode fa uccidere i bambini di Betlemme e circondario. Una
decisione analoga a quella del Faraone con i bambini degli ebrei. Se Dio è coerente nei suoi tentativi
di guidare i propri eletti nel corso della storia, nondimeno il male è ripetitivo, e tenta sempre di
riaffiorare, tanto in maniera larvata quanto in maniera virulenta, come in questo caso.
Matteo racconta la “strage degli innocenti” riportando parole del profeta Geremia: Un grido è stato
udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più (Mt 2,18, cfr. Ger 31,15). Rachele, moglie del patriarca Giacobbe, era
considerata progenitrice anche degli abitanti di Betlemme; la sua tomba era poco distante da lì, a
Rama. Nel racconto di Matteo, Rachele impersona le madri di Betlemme, e il suo pianto rappresenta
il pianto di quelle madri per i loro figli uccisi. Propriamente, però, il profeta Geremia si riferiva ad
una situazione collegata all’esilio di Israele: i figli compianti da Rachele rappresentavano nel suo
oracolo gli israeliti esiliati, strappati dalla loro terra e morti poi in terra straniera. Anche in questo
caso Matteo ha adattato le parole di Geremia al contesto della nascita di Gesù: per l’evangelista
le parole del profeta hanno trovato compimento, piena verità e attuazione, con la strage voluta da
Erode. Il gesto efferato non è giustificato in nessun modo; men che meno è volere di Dio. È una delle tante pagine buie della storia, che non sfugge all’onniscienza, addolorata, di Dio. Eppure, tra le
righe, sembra affacciarsi anche un raggio di luce. L’oracolo di Geremia, infatti, parlava sì del pianto
di Rachele, ma per dire che quella situazione sarebbe finalmente stata superata, che l’esilio sarebbe
finito, che si sarebbe affacciata nuovamente una speranza per la sua discendenza.
Matteo ha citato solo la parte dolorosa dell’oracolo di Geremia: ha voluto così lasciarci di fronte allo
spettacolo sconcertante del male, del rifiuto radicale nei confronti di Gesù, impedendoci di distogliere gli occhi troppo in fretta. Il “re dei Giudei” ha incontrato rifiuto e ostilità fin dall’inizio: non
solo sulla croce, dunque, ma a partire dalla sua stessa nascita. È lecito, però, pensare che Matteo
avesse ben in mente anche le parole di speranza di Geremia. In effetti il seguito della narrazione ci
porta proprio in quella direzione.
Il terzo episodio, quello del ritorno a Nazaret, è strutturato come il primo: un angelo del Signore,
in sogno, avvisa Giuseppe; questi esegue quanto detto dall’angelo; l’evangelista conclude con una
citazione della Scrittura. Il male di Erode non ferma il piano di Dio; l’itinerario di Gesù riporta di
nuovo in Palestina.
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2. MEDITATIO (confrontare il messaggio con la propria vita)
ALCUNE POSSIBILI PISTE DI MEDITAZIONE:
• Quale spazio ha Gesù per essere “re” nella mia vita? Ci sono “zone d’ombra” nelle quali non consento che lui abbia spazio? Abitudini, scelte, progetti dalle quali
tendo ad escluderlo?
• Sempre il dolore innocente ci sconcerta, specialmente quello dei bambini. Perché Dio lo permette? È una domanda lancinante, di fronte alla quale alcune persone arrivano anche a smarrire la fede. Come reagisco io? Riesco a cogliere che
il primo e più grande dolore innocente è quello di Gesù, venuto per salvare e
ucciso sulla croce? Riesco ad aver presente che l’unica vittoria possibile contro
il male passa attraverso la croce?
• Che posto ha la Parola di Dio nella mia vita? Riesco a vivere la preghiera come
ascolto e ricerca della volontà divina, prendendo a modello la prontezza di Giuseppe?
• Qual è il mio sguardo sulla storia della salvezza dall’AT al NT ad oggi? Riesco a
vivere e comprendere questa nostra storia come ancora abitata da Dio? In che
modo mi sento parte della storia della salvezza?
3. ORATIO (rispondere al Signore che ci ha parlato)
È bene che ci sia la possibilità di una preghiera di risposta personale alla Parola che Dio ha rivolto
a ciascuno. Poi si può concludere con una preghiera di gruppo.
O Gesù, che ti sei fatto Bambino per venire a cercare
e chiamare per nome ciascuno di noi,
tu che vieni ogni giorno
e che vieni a noi in questa notte,
donaci di aprirti il nostro cuore.
Noi vogliamo consegnarti la nostra vita,
il racconto della nostra storia personale,
perché tu lo illumini, perché tu ci scopra
il senso ultimo di ogni sofferenza, dolore, pianto, oscurità.
Fa’ che la luce della tua notte
illumini e riscaldi i nostri cuori,
donaci di contemplarti con Maria e Giuseppe,
dona pace alle nostre case,
alle nostre famiglie, alla nostra società!
Fa’ che essa ti accolga e gioisca di te e del tuo amore. Amen.
(questa scheda è disponibile anche sul sito www.diocesiforli.it: si può scaricare andando su
Uffici-Ufficio pastorale diocesano-PERCORSO BIBLICO DIOCESANO “Il Vangelo secondo Matteo”-SCHEDA 1 anno 2016/2017)