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I.T.I.S. “ Basilio Focaccia” – Salerno
Progetto “ Percorsi musicali nel Melodramma” – Anno scolastico 2009 - 2010
Le arie più celebri de “ Il Rigoletto” di Giuseppe Verdi
su libretto di Francesco Maria Piave
Atto Primo – Scena I
Il Duca intona una canzone nella quale espone la sua
concezione libertina e superficiale della vita
DUCA:
Né sventura per me certo saria.
Questa o quella per me pari sono
a quant'altre d'intorno, d'intorno mi vedo;
del mio core l'impero non cedo
meglio ad una che ad altra beltà.
La costoro avvenenza è qual dono
di che il fato ne infiora la vita;
s'oggi questa mi torna gradita,
forse un'altra, forse un'altra doman lo sarà,
un'altra, forse un'altra doman lo sarà.
La costanza, tiranna del core,
detestiamo qual morbo, qual morbo crudele;
sol chi vuole si serbe fidele;
non v'ha amor, se non v'è libertà.
De' mariti il geloso furore,
degli amanti le smanie derido;
anco d'Argo i cent'occhi disfido
se mi punge, se mi punge una qualche beltà,
se mi punge una qualche beltà.
Atto Primo – Scena X
Rigoletto, tornato a casa, riabbraccia Gilda e si
raccomanda alla cameriera Giovanna di vegliare su di
lei
RIGOLETTO:
Veglia, o donna, questo fiore
(a Giovanna)
Che a te puro confidai
Veglia attenta, e non sia mai
Che s'offuschi il suo candor.
Tu dei venti dal furore
Ch 'altri fiori hanno piegato
Lo difendi, e immacolato
Lo ridona al genitor
GILDA:
Quanto affetto!... quali cure!
Che temete, padre mio?
Lassù in cielo, presso Dio
Veglia un angiol protettor.
Da noi stoglie le sventure
Di mia madre il priego Santo;
Non fia mai divelto o infranto
Questo a voi diletto fior.
Atto Primo - Scena VIII
Rigoletto viene avvicinato da Sparafucile, un sicario
prezzolato, che gli offre i suoi servigi. Rigoletto lo
allontana. Quindi, giunto sulla soglia di casa, ripensa
alla sua vita infelice da buffone e alla maledizione di
Monterone, che lo ha profondamente turbato
RIGOLETTO:
Pari siamo!... io la lingua, egli ha il pugnale;
L'uomo son io che ride, ei quel che spegne!...
Quel vecchio maledivami!...
O uomini!... o natura!...
Vil scellerato mi faceste voi...!
Oh rabbia!... esser difforme!... esser buffone!...
Non dover, non poter altro che ridere!...
Il retaggio d'ogni uom m'è tolto... il pianto!...
Questo padrone mio,
Giovin, giocondo, sì possente, bello,
Sonnecchiando mi dice:
Fa ch'io rida, buffone...
Forzarmi deggio, e farlo!... Oh, dannazione!...
Odio a voi, cortigiani schernitori!...
Quanta in mordervi ho gioia!..
Se iniquo son, per cagion vostra è solo...
Ma in altr'uom qui mi cangio!...
Quel vecchio malediami!... tal pensiero
Perché conturba ognor la mente mia!.,.
Mi coglierà sventura?... Ah no, è follia.
Atto Primo - Scena XIII
Gilda, che è stata corteggiata in chiesa dal Duca che si
era finto uno studente povero di nome Gualtier Maldè,
è già segretamente innamorata di lui…
GILDA:
Gualtier Maldè!... nome di lui sì amato,
Scolpisciti nel core innamorato!
Caro nome che il mio cor
Festi primo palpitar,
Le delizie dell'amor
Mi dêi sempre rammentar!
Col pensiero il mio desir
A te ognora volerà,
E pur l'ultimo sospir,
Caro nome, tuo sarà.
Realizzazione Prof.ssa Galdi Biondina – Referente del progetto
I.T.I.S. “ Basilio Focaccia” – Salerno
Progetto “ Percorsi musicali nel Melodramma” – Anno scolastico 2009 - 2010
Atto Secondo – Scena I
Atto Secondo – Scena II
I cortigiani pensando che Gilda sia l’amante di Rigoletto la rapiscono. Il Duca è
all’oscuro di questo dispetto fatto al suo buffone Rigoletto e, recatosi a cercare
Gilda e non trovandola, torna al suo palazzo è si dispera.
I cortigiani informano il Duca di aver
rapito l’amante di Rigoletto, il Duca
cambia subito di umore pensando di
potersi divertire con lei. Invita allora i
cortigiani a condurre nella sua camera
quella che anche lui pensa sia l’amante
del suo buffone.
DUCA:
Ella mi fu rapita!
E quando, o ciel... ne'brevi istanti, prima
che il mio presagio interno
sull'orma corsa ancora mi spingesse!
Schiuso era l'uscio!... e la magion deserta!
E dove ora sarà quell'angiol caro?...
colei che prima potè in questo core
destar la fiamma di costanti affetti?...
colei sì pura, al cui modesto sguardo
quasi spinto a virtù talor mi credo!...
Ella mi fu rapita!
E chi l'ardiva?... Ma ne avrò vendetta
lo chiede il pianto della mia diletta.
Parmi veder le lagrime
scorrenti da quel ciglio,
quando fra il dubbio e l'ansia
del subito periglio,
dell'amor nostro memore,
Il suo Gualtier chiamò.
Ned ei potea soccorrerti,
cara fanciulla amata,
ei che vorria coll'anima
farti quaggiù beata;
ei che le sfere agli angeli,
per te non invidiò.
DUCA
(Ah, tutto il ciel non mi rapì!)
Possente amor mi chiama,
volar io deggio a lei;
il serto mio darei
per consolar quel cor.
Ah! sappia alfin chi l'ama,
conosca alfin chi sono,
apprenda ch'anco in trono
ha degli schiavi Amor.
Atto Secondo – Scena IV
Atto Secondo – Scena VI
Rigoletto va al palazzo in cerca di Gilda e trova i cortigiani che si beffano di lui. Rigoletto
si rende conto che Gilda si trova nella stanza del Duca. Allora, pieno di rabbia, rivela che
Gilda è sua figlia non la sua amante, il suo tesoro impagabile! Piange, chiede perdono,
pietà … Rivuole sua figlia che per lui rappresenta tutto il mondo!
Gilda esce dalla stanza e racconta al
padre che il Duca, per farla
innamorare, in chiesa si era finto
con lei un povero studente; gli
racconta del rapimento e del fatto
di essere stata violentata …
RIGOLETTO:
Sì... la mia figlia... D'una tal vittoria...
che?.. adesso non ridete?..
(corre verso la stanza del Duca, ma i cortigiani gli bloccano il passaggio)
Ella è la!.. la vogl'io... la rendete.
Cortigiani, vil razza dannata,
per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l'oro sconviene!..
ma mia figlia è impagabil tesor.
La rendete... o se pur disarmata,
questa man per voi fora cruenta;
nulla in terra più l'uomo paventa,
se dei figli difende l'onor.
(si getta ancora sulla porta che gli è nuovamente contesa)
Quella porta, assassini, assassini, m'aprite,
la porta, la porta, assassini, m'aprite.
(lotta alquanto coi cortigiani, poi torna spossato sul davanti della scena)
Ah! voi tutti a me contro venite!..
(piange)
tutti contra me!.. Ah!..
Ebben, piango... Marullo... signore,
tu ch'hai l'alma gentil come il core,
dimmi tu dove l'hanno nascosta?..
È là? non è vero? ... tu taci!.. ohimè!
(piange)
Miei signori.. perdono, pietate...
al vegliardo la figlia ridate...
ridonarla a voi nulla ora costa,
tutto al mondo è tal figlia per me.
RIGOLETTO:
Parla... siam soli...
GILDA:
(Ciel dammi coraggio!)
Tutte le feste al tempio
mentre pregava Iddio,
bella e fatale un giovine
offriasi al guardo mio...
se i labbri nostri tacquero,
dagl'occhi il cor, il cor parlò.
Furtivo fra le tenebre
sol ieri a me giungeva...
Sono studente, povero,
commosso mi diceva,
e con ardente palpito
amor mi protestò.
Partì... il mio core aprivasi
a speme più gradita,
quando improvvisi apparvero
color che m'han rapita,
e a forza qui m'addussero
nell'ansia più crudel.
Realizzazione Prof.ssa Galdi Biondina – Referente del progetto
I.T.I.S. “ Basilio Focaccia” – Salerno
Progetto “ Percorsi musicali nel Melodramma” – Anno scolastico 2009 - 2010
Atto Secondo – Scena VIII
Rigoletto è sopraffatto dalle lacrime della figlia e
medita di rivolgersi a Sparafucile per farsi vendetta: gli
chiederà di uccidere il Duca.
RIGOLETTO:
Sì, vendetta, tremenda vendetta
di quest'anima è solo desio...
di punirti già l'ora saffretta,
che fatale per te tuonerà.
Come fulmin scagliato da Dio,
te colpire il buffone saprà.
Atto Terzo – Scena III
Rigoletto si rende conto che Gilda, nonostante tutto,
ama il Duca; decide, allora di condurla alla locanda
dove si trova il Duca: vuole che Gilda si renda conto di
che pasta d’uomo è il Duca! Gilda ascolta il Duca
corteggiare Maddalena …
DUCA:
Bella figlia dell'amore,
schiavo son de'vezzi tuoi;
con un detto sol tu puoi
le mie pene consolar.
Vieni e senti del mio core
il frequente palpitar.
Con un detto sol tu puoi
le mie pene consolar.
Atto Terzo – Scena II
Il Duca continua ad andare appresso alle donne … ora
corteggia Maddalena, una donna di facili costumi,
sorella di Sparafucile. Nella locanda canta un elogio
all’amore libertino e la sua opinione sulle donne …
DUCA:
La donna è mobile
qual piuma al vento,
muta d'accento e di pensiero.
Sempre un amabile
leggiadro viso,
in pianto o in riso, è menzognero.
È sempre misero
chi a lei s'affida,
chi le confida mal cauto il core!
Pur mai non sentesi
felice appieno
chi su quel seno non liba amore!
Atto Terzo – Scena ultima
Gilda ha scoperto che Sparafucile è stato pagato per
uccidere il Duca. Fa in modo allora di sostituirsi a lui: il
suo amore per il Duca è troppo grande! Rigoletto nel
sacco di Sparafucile trova il corpo morente di Gilda!
Rigoletto non riesce a credere ai suoi occhi! Gilda
morente, fino alla fine innamorata del suo Duca, chiede
al padre di perdonarlo…
GILDA:
Ah, ch'io taccia!.. a me... a lui perdonate!..
benedite... alla figlia... o mio padre..
lassù... in cielo, vicina alla madre...
in eterno per voi ... pregherò.
RIGOLETTO:
Non morir... mio tesoro, pietade...
se t'involi qui sol rimarrei...
non morire, o qui teco morrò!..
GILDA:
Non più... A lui... perdonate...
mio padre... Ad... dio!
(Muore)
RIGOLETTO:
Gilda! mia Gilda! è morta!..
Ah! la maledizione!!
Realizzazione Prof.ssa Galdi Biondina – Referente del progetto

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