da catullo alla città - Lavoro e formazione in Comune

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da catullo alla città - Lavoro e formazione in Comune
LABORATORIO METROPOLITANO
PER LA CONOSCENZA PUBBLICA SU INNOVAZIONE E INCLUSIONE
SEZIONE “SFIDE DI POLICY”
DA CATULLO ALLA CITTÀ
Autori: Calvaresi Claudio, Cossa Linda, Di Giovanni Andrea, Marsiglia Alessandra, Pasqui Gabriele,
Savoldi Paola
Affiliazione: Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DASTU) del Politecnico di Milano
Via Catullo è una piccola strada pubblica nella periferia nord ovest di Milano, che collega viale Certosa
e via Gallarate, a poca distanza dal cavalcavia delle autostrade e dal Cimitero Maggiore.
L'ambito in cui si colloca è caratterizzato da grandi trasformazioni di cui si fatica a cogliere una regia
complessiva e che nel corso del tempo hanno prodotto la compresenza di una serie di vuoti urbani,
infrastrutture fuori scala, ambiti monofunzionali, sacche di abbandono del patrimonio urbano
edificato, come di alcuni spazi aperti. Una convivenza difficile di pezzi di città che non dialogano tra
loro, non si lasciano attraversare, producendo in molti tratti spaesamento e insicurezza.
In particolare, il contesto di via Catullo è multiproblematico e presenta elementi di criticità che lo
studioso di planning Melvin Webber avrebbe definito come “wicked problems” (Rittel, Webber, 1973),
nei quali molteplici dimensioni critiche si incrociano e per i quali non sono disponibili soluzioni
standardizzate: difficile convivenza tra popolazioni diverse, obsolescenza del patrimonio edilizio
privato, frammentazione delle proprietà immobiliari, spazi abbandonati e degradati. Queste
caratteristiche sono comuni a molti altri spazi nelle nostre città che presentano tratti affini al caso che
qui discutiamo e invitano ad avviare una riflessione che, a partire dalla specificità di via Catullo, può
essere estesa ad un più ampio territorio.
Via Catullo ha però in questo momento un tratto di singolarità: è infatti stato scelto come terreno di
lavoro nell’ambito di un progetto promosso dal Politecnico di Milano attraverso un programma a
sostegno di iniziative di responsabilit{ sociale dell’ateneo (Polisocial). Catullo va in città, questo il
nome del progetto, vede impegnato da circa un anno un gruppo di ricercatori del Dipartimento di
Architettura e Studi Urbani con indagini sul campo, azioni di coinvolgimento degli abitanti,
organizzazione di eventi, mobilitazione delle istituzioni (Comune e Consiglio di Zona) e di altri attori
(locali e sovralocali).
L'esperienza di ricerca-azione in corso vuole essere una riflessione, oltre che sulle strategie di
trattamento dei temi che caratterizzano l'ambito di riferimento, anche sul posizionamento di un
soggetto come una istituzione universitaria in un simile contesto, laddove sceglie di affiancare al ruolo
del ricercatore quello di promotore di pratiche per la coesione sociale, l'empowerment degli abitanti, la
raccolta di possibili risorse aggiuntive, l’attivazione di nuovi possibili stakeholder.
In questa prospettiva una università pubblica, come il Politecnico di Milano, si impegna a coltivare e
provocare condizioni di innovazione, individuando soggetti territoriali, più o meno definiti e
strutturati, mettendoli in rete, fornendo strumenti di collaborazione e di coprogettazione ben situati.
A partire dall’esperienza sino ad ora condotta attorno e su via Catullo, questo contributo ragiona sul
difficile nesso tra rigenerazione di ambiti urbani di limitata estensione e rilevante complessità,
innovazione dal basso, auto-attivazione sociale, definizione della giusta scala dell’ambito d’azione e
coinvolgimento esteso e mirato degli attori possibili.
Una o molte?
Via Catullo, un tempo, era parte di un antico borgo rurale collocato in prossimità della Cascina
Boldinasco, la cui rilevante attività agricola cessò nell'immediato secondo dopoguerra. Dagli anni
trenta del secolo scorso ad oggi la via è stata completamente inglobata nel tessuto urbano della città,
ma il suo impianto è ancora intatto, e consente di riconoscere chiaramente le tracce del suo passato ed
il tessuto originario.
Via Catullo è bicefala, lo si capisce da subito; se la si percorre in un verso o nell'altro si ha l'impressione
di entrare e uscire da una zona d'ombra, e poi il contrario. Nel breve tempo necessario a percorrere la
via si ha la sensazione di attraversare uno spazio sospeso, in attesa, che ad un primo sguardo già rivela
alcuni dei suoi tratti più problematici, legati al degrado edilizio e allo stato di abbandono di alcuni
degli edifici.
Nella zona d'ombra di via Catullo, in uno spazio ridotto, convivono situazioni abitative critiche, spesso
in condizioni di illegalità, problemi di convivenza e conflittualità interetnica, attività commerciali
illecite, criticità igieniche e ambientali.
I problemi di via Catullo, pur riferendosi a un ambito molto limitato geograficamente, presentano
aspetti che riguardano anche molte altre énclaves, collocate in diverse città europee, nelle quali
l’obsolescenza del patrimonio edilizio, la natura privata delle propriet{ immobiliari, la mancanza di
risorse pubbliche, la natura multiproblematica del disagio sociale, i problemi di convivenza rendono
complesso il trattamento delle condizioni che si sono via via determinate.
Sono questi gli elementi su cui un gruppo di ricercatori1 del Politecnico di Milano ha deciso di
interrogarsi, attraverso il progetto “Catullo va in città. Un progetto pilota di coesione sociale e
rigenerazione urbana per via Catullo a Milano”.
Il progetto, avviato a ottobre 2014 e attualmente in corso, intende contribuire allo studio di un
modello di intervento che richiede un intelligente mix tra azione pubblica, attivazione ed
empowerment degli abitanti, mobilitazione dell’intelligenza sociale e coinvolgimento di operatori
privati interessati a intervenire in una prospettiva di sperimentazione.
Via Catullo va in città
Il progetto prende le mosse dall’attivit{ gi{ svolta nell’ambito dei corsi di “Politiche di Sviluppo
Territoriale e di Analisi delle Politiche Urbane”, di “Politiche e Governo Urbano” e di “Tecnica
Il gruppo di ricerca è costituito da Gabriele Pasqui (coordinatore scientifico), Linda Cossa, Andrea Di Giovanni, Alessandra
Marsiglia, Paola Savoldi con la collaborazione di Claudio Calvaresi.
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Urbanistica 2”, entro la Scuola di Architettura Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni del
Politecnico di Milano, che hanno aderito al progetto di didattica sul campo promosso da Polisocial2.
Sulla base di queste attività si è sviluppata una intensa relazione con alcuni cittadini residenti, con
l’Amministrazione comunale di Milano (Assessorati alle Politiche Sociali, alla Sicurezza e Coesione
Sociale e all’Urbanistica) e con il Consiglio di Zona 8, che ha permesso la realizzazione di una serie di
interventi sul fronte del consolidamento delle condizioni di vivibilità, della costruzione di iniziative
culturali e di sensibilizzazione (da PianoCity 2013 a una mostra dei lavori degli studenti organizzata
insieme a Polisocial nella biblioteca del Consiglio di Zona 8, nello stesso anno), della verifica di
condizioni necessarie ad avviare azioni di riqualificazione fisica di alcuni degli immobili.
Quando Fondazione Politecnico, attraverso Polisocial, lancia il bando Polisocial Award 2013-20143, il
Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DASTU) candida il progetto “L’abitare difficile. Un
progetto pilota di coesione sociale e rigenerazione urbana per via Catullo a Milano”, proponendo
un’attivit{ di ricerca-azione che ha come obiettivo generale la costruzione di un modello di intervento
per situazioni urbane critiche e multiproblematiche. Il progetto è selezionato e premiato con fondi che
ne permetteranno l’implementazione.
Oggi il progetto, ridenominato “Catullo va in città”, nel chiaro intento di proiettare via Catullo verso la
città, ma anche sollecitandola a “fare societ{” attraverso l’organizzazione di azioni pubbliche e pratiche
sociali nella città (Donzelot, Mével, Wyvekens 2003), coinvolge docenti e ricercatori del Politecnico di
Milano impegnati in attività di ricerca e in interventi sul campo che contribuiscono a più generale
azione gi{ intrapresa dal Politecnico di Milano, in coerenza con lo sviluppo della sua “terza missione” e
con il dispiegamento del suo ruolo come attore impegnato a rispondere a domande sociali emergenti
dal territorio.
La direzione verso cui muove il progetto è quella di ricercare e discutere un modello di azione che
individua alcuni strumenti d’intervento possibili in contesti sociali e territoriali fragili rispetto i quali
l’agenda pubblica non ha ancora definito modalità di approccio e soluzioni efficaci.
I macro-ambiti delle attività messe in campo possono essere così richiamati: attività di conoscenza dei
soggetti locali, con l’obiettivo di ampliare e rafforzare una rete attori possibili che possano arricchire e
consolidare progettualità già esistenti come a costruirne di nuove, attivando risorse inespresse;
attività di indagine finalizzate alla ricostruzione del quadro complessivo della situazione del
patrimonio edilizio presente in via Catullo, al fine di conoscerne la composizione abitativa, le
caratteristiche dello spazio costruito, la relazione tra disagio fisico e sociale, con l'intento di mettere a
sistema un quadro di informazioni utili a prefigurare intervento di gestione sperimentale del
patrimonio abitativo; attività di disseminazione, diffusione e confronto sui temi della ricerca in corso,
alimentando l’attenzione e il dibattito pubblico, anche in ragione di un più ampio interesse che sia gli
studi urbani che le politiche pubbliche vanno via via riservando a casi simili a quello qui approfondito.
Piccola scala, in prospettiva
In questi mesi di attività sono state messe in campo iniziative di varia natura: di ricerca, di
progettazione, di azione locale, con il coinvolgimento attivo degli abitanti della via e dei soggetti che
operano a livello locale, tra cui il Comitato Cittadini di via Catullo.
Programma di impegno e responsabilità sociale del Politecnico di Milano.
“Polisocial Award 2013-2014” è un’iniziativa che premia progetti di ricerca a fini sociali del Politecnico di Milano, finanziati
con il contributo del 5permille IRPEF al Politecnico di Milano.
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Oltre alle attività strettamente di ricerca e di progettazione, l’ambito di via Catullo è stato oggetto di
una costante attività di conoscenza dei soggetti locali, tra i quali l’Istituto Comprensivo Statale
"Pareto". La collaborazione avviata con la scuola ha infatti consentito di allargare lo sguardo oltre via
Catullo, sempre tendendo all'obiettivo di portare via Catullo a "fare" città. Le scuole che fanno capo a
questo istituto comprensivo sono state coinvolte in occasione di diverse iniziative, ciò che ha permesso
di aprire nuovi fronti progettuali, finalizzati a rafforzare il ruolo della scuola come spazio pubblico,
luogo d'incontro e di ponte verso il quartiere, grazie alla quale promuovere un’offerta di attivit{,
iniziative, servizi al quartiere e alla città.
Proprio con questo intento si è agito per mantenere costante l'attenzione su via Catullo, nei confronti
dell’Amministrazione Pubblica (Comune di Milano e Consiglio di Zona 8), di soggetti rilevanti sui temi
indagati (particolarmente il settore del privato sociale), e a livello locale (con gli abitanti di via Catullo
e con altri soggetti locali intercettati), attraverso l'organizzazione di momenti d'incontro, piccoli
eventi, occasioni di confronto, che a vario titolo coinvolgessero tutte le realtà disponibili ad essere
coinvolte. Portare via Catullo in città ha significato quindi costruire le condizioni affinché un salto di
scala sia possibile.
In quest'ottica e in prima battuta, è stata svolta un’attivit{ di accompagnamento finalizzata alla
costituzione di un soggetto rappresentativo locale; l'obiettivo iniziale della costituzione di
un'associazione è stato ridimensionato e attualmente alcuni degli abitanti di via Catullo svolgono la
propria azione in qualità di Comitato.
Azioni mirate e alla piccola scala hanno contraddistinto anche le attività di trasformazione dello spazio
pubblico (aperto e costruito) in via Catullo e nel quartiere, a partire da un lavoro di confronto e
discussione con chi in modi diversi pratica quegli spazi e le aree limitrofe: una giornata di pulizia della
strada, finalizzata soprattutto a dare un segnale importante di rispetto e cura collettiva degli spazi
comuni, attorno ai quali rafforzare il sistema di relazioni di buon vicinato; la collaborazione con le
istituzioni pubbliche per risolvere puntualmente alcune situazioni di degrado che caratterizzavano la
via; azioni di cura degli spazi verdi residuali, organizzando un laboratorio di giardinaggio con i
bambini del quartiere (nell’ambito dell’iniziativa Green City Milano 2015), con la preziosa e volontaria
collaborazione di un vivaista locale.
Sono state promosse iniziative aperte al territorio, volte ad accrescere la coesione sociale, che hanno
offerto occasioni di riflessione attorno ai temi che il contesto di via Catullo sollecita e hanno avviato
opportunità di confronto e di co-progettazione con la rete locale e le istituzioni, consolidando la
presenza del progetto sul territorio di riferimento e contribuendo allo sviluppo di nuove competenze
dei soggetti locali: il Laboratorio di esplorazione urbana “ESPLORARE LA CITTA’. Alla scoperta del
nostro quartiere”, un percorso di lettura e interpretazione del territorio con gli studenti della scuola
media, al quale ha fatto seguito la mostra “DA CATULLO ALLA CITTA’ Leggere, interpretare, progettare
la città di Catullo”; gli incontri pubblici che hanno visto al centro delle discussioni il ruolo della scuola
come spazio pubblico, in occasione del seminario “TUTTI A SCUOLA: la scuola come spazio di confronto,
luogo d'incontro, casa di quartiere”, occasione per discutere delle opportunità che si determineranno in
relazione alla realizzazione del nuovo istituto scolastico e dei progetti che si potranno attivare al suo
interno, valorizzando il ruolo della scuola come riferimento locale, e i temi della produzione di
socialità in periferia con l’incontro “VUOI MIGLIORARE IL QUARTIERE DOVE VIVI? TORNA A SCUOLA.
Lavorare e produrre socialità in periferia: un dialogo tra Torino e Milano”, durante il quale è stata
presentata e discussa una interessante esperienza torinese - il Laboratorio di Barriera di via Baltea 3 -,
che si è confrontata con i protagonisti dell’innovazione sociale a Milano e con le associazioni locali, che
ha rappresentato un’utile occasione per scambiarsi idee e suggerimenti, aiutando chi lavora su questo
fronte a migliorare le condizioni delle periferie, a partire dall’integrazione e dalla contaminazione tra
produzione, commercio, cultura e socialità.
Inoltre, con la collaborazione del Consiglio di Zona 8, degli abitanti di via Catullo e dei soggetti locali, è
stato organizzato l’evento di via “CATULLO IN STRADA!”, durante il quale sono state realizzate
iniziative di animazione e aggregazione di varia natura, con l’obiettivo di “lasciare un segno” su via
Catullo e, anche, di attrarre un pubblico esterno a quel contesto. In particolare è stato organizzato un
laboratorio di giardinaggio nell’ambito di Green City Milano 2015, il laboratorio creativo “Paint, print
and glue!”, accompagnati da attività conviviali e musica itinerante.
Gli ostacoli e gli inciampi
Il lavoro condotto fino ad oggi è l'esito dell'auto-attivazione di un gruppo di ricercatori attorno ad un
tema di interesse comune alle loro attività di ricerca; non una commessa, non un mandato in capo
all’amministrazione comunale, ma un campo di sperimentazione aperto a mosse che sono state avviate
e discusse nel corso dell’azione in modo incrementale, per prova e per errore (Mazzoleni, 1995).
Tale condizione di partenza ha implicato la necessità da parte del gruppo di ricerca di farsi riconoscere
e legittimare nel territorio di riferimento dalla rete dei soggetti locali che spesso guardano con
diffidenza alle azioni intraprese nell'ambito della ricerca universitaria, di radicare il proprio progetto,
di costruire il necessario clima di fiducia.
Date queste premesse, il progetto è stato sviluppato non tanto secondo un rigido piano operativo (che
pure era stato prefigurato, per i passaggi essenziali), ma secondo un atteggiamento fortemente
riflessivo (Schon 1999) verso le implicazioni delle iniziative avviate. Ciò ha consentito in alcuni casi la
ridefinizione di una strategia, in altri casi ha richiesto cambi di traiettoria a fronte di eventi
indipendenti dal progetto.
Sicuramente l'impossibilità, dettata da ragioni economiche, di avere uno spazio in quartiere di
riferimento per abitanti e soggetti locali, che consentisse una presenza più costante e una maggior
prossimit{ all’ambito d’azione ha reso molto più lento e faticoso il processo di radicamento del
progetto e la possibilità di intercettare alcune popolazioni. Anche l'impossibilità di intervenire sul
patrimonio edilizio, sia per mancanza di risorse, sia per la natura privata della proprietà, ha reso
complesse anche altre forme di azione immateriale, dal momento che il degrado edilizio è una delle
principali problematicità di via Catullo.
Questi e altri elementi di criticità hanno rappresentato, di volta in volta, momenti importanti di autoriflessività che hanno portato a riconoscere, nel ristretto ambito di via Catullo, la mancanza della
“forza” necessaria a promuovere un percorso di rigenerazione e l’opportunit{ di guardare oltre
l’ambito circoscritto alla ricerca delle risorse che consentissero di implicare la città. Da qui la decisione
di adottare una strategia di allargamento dello sguardo e ridefinizione del campo degli attori, che ha
consentito di riconoscere e avviare una proficua collaborazione con un nuovo importante soggetto
"sponda", l’istituzione scolastica, che già si proponeva e aveva sperimentato secondo una forma di
razionalità collettiva e i (pochi) mezzi a disposizione, l’obiettivo di divenire un importante punto di
riferimento locale.
L'avvio del lavoro su una rete locale prima inesistente si è consolidato attraverso l'organizzazione di
eventi, occasioni di confronto, coinvolgimento dei mass media e, quando possibile, delle istituzioni
locali. Particolarmente importante, in questo senso, è stato portare nuove risorse esterne in quartiere,
soprattutto in occasione dei dibattiti pubblici aventi ad oggetto il ruolo della scuola e la produzione di
socialità in periferia, portando all’interno di una scuola primaria di quartiere occasioni di confronto
aperte alla cittadinanza. Questi seminari hanno offerto nuove suggestioni grazie alla presentazione di
esempi, esperienze e riflessioni maturate in ambiti in parte simili, senza l’intento di costruire e
proporre modelli, ma articolando la rete degli interlocutori e dei riferimenti possibili non solo a un
terreno più ampio, nell’intorno, ma verso soggetti competenti che operano anche in altri territori
(come nel caso dell’esperienza torinese del Laboratorio di via Baltea).
Dall'università a via Catullo, per tornare all'università?
Lo stesso gruppo di ricerca può essere considerata una risorsa esterna arrivata in via Catullo, con il
desiderio di accompagnare via Catullo in un percorso di cambiamento. Questa esperienza è partita
dall'università, è arrivata in quartiere, si sta interrogando sul ruolo da assumere nei confronti di un
contesto che è stato "problematizzato" e su cui ci si è convocati per provare ad intervenire.
Nelle ipotesi iniziali il progetto si proponeva un quadro di azioni molto specifiche finalizzate a
risolvere il “problema Catullo”, ma che i limiti messi in luce non hanno consentito di condurre, o
almeno non nella forma immaginata originariamente.
Il gruppo di ricerca inoltre si è dovuto confrontare con la contrapposizione tra tempi brevi dei progetti
pilota e i tempi lunghi che la cura e la trasformazione di un luogo richiedono; i tempi del progetto (che
ha una durata prevista di un anno e mezzo) sono brevi se si lavora nella prospettiva della
rigenerazione urbana di un contesto difficile e della costruzione di una coesione sociale, azioni che
richiedono un lavoro di lunga lena.
In questo quadro si è consolidato un ruolo del progetto come piattaforma abilitante piuttosto che
come portatore di azioni risolutive “dirette”; un ruolo che ha dovuto confrontarsi con le aspettative
locali e con modalit{ d’azione consolidate tipiche, ad esempio, di soggetti di rappresentanza locale,
risorse fondamentali che il progetto deve e prova a valorizzare ma che, tuttavia, molto frequentemente
si aspettano un set di soluzioni più o meno definitive.
La direzione intrapresa fa ben sperare e invoglia a proseguire: configurarsi come una piattaforma
abilitante per l'innovazione, facilitando l'emersione di iniziative locali, integrando le attività e le
progettualità in corso, coadiuvandole e supportandole con competenze e risorse esterne.
Le prime policy lessons da trarre dal progetto sono dunque:
1. L’intervento nelle enclave marginali delle città, spesso localizzate al di fuori dei grandi quartieri di
edilizia residenziale pubblica, è una delle principali sfide per le politiche urbane oggi. Qui sono
scarsi gli strumenti per l’azione pubblica e la stessa visibilit{ nell’agenda pubblica è scarsa. Quando
ci si riferisce alle periferie, il pensiero corre ai grandi quartieri erp.
2. Se lo spazio di intervento delle politiche pubbliche sul patrimonio immobiliare è scarso, più ampio
è quello sul fronte della coesione (sociale e territoriale). Intervenire in aree difficili richiede di
infittire le connessioni: tra soggetti attivi in quartiere e soggetti esterni; tra abitanti e istituzioni;
tra Catullo e il contesto più ampio; tra i temi della riqualificazione fisica, della coesione sociale, dei
servizi.
3. Questa dimensione di intervento implica la selezione di attori che possano fungere da nodi di una
possibile rete di comunità. Il nostro lavoro con la scuola è nei fatti consistito nella scelta di un
potenziale community hub, di uno spazio fisico e di un soggetto in grado di rappresentare un
fattore di ispessimento delle reti di relazione.
Riferimenti bibliografici
Donzelot J. , Mével C., Wyvekens A. (2003), Faire société. La politique de la ville aux Etats-Unis et en
France, Ed. Seuil, Paris
Mazzoleni C., a cura di, (1995), Carlo Doglio. Per prova e per errore, Le Mani, Genova.
Rittel, Horst W.J., Melvin M. Webber (1973), “Dilemmas in a General Theory of Planning”, in Policy
Sciences, 4, 155-169
Schon D. (1999), Il professionista riflessivo: per una nuova epistemologia della pratica professionale,
Dedalo, Bari (ed. or. 1993).