Ho qualche difficoltà nell`ottenere il congedo straordinario previsto

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Ho qualche difficoltà nell`ottenere il congedo straordinario previsto
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1
OGGETTO
CONGEDO STRAORDINARIO PER ASSISTERE UN DISABILE
QUESITI
(posti in data 17 dicembre 2014)
1) Ho qualche difficoltà nell'ottenere il congedo straordinario previsto
dal decreto legislativo 151 per assistere mio padre in condizioni
di disabilità: In particolare mi chiedono se il coniuge convivente è
affetto da patologie invalidanti (vorrebbero addirittura al 100% cosa
che non mi risulta e comunque non è un grosso problema vista
la situazione di mia madre). È corretto ciò?
2) Inoltre mi hanno detto che se il requisito della patologia invalidante
non è soddisfatto mi possono concedere lo stesso il congedo però
senza indennità.
3) Poi l'amministrazione mi concede solo sei mesi: non mi risulta che per
il congedo straordinario retribuito l'amministrazione possa decidere
unilateralmente di limitare il diritto alla fruizione dello stesso ma
solamente prendere atto della richiesta.
4) Ultima cosa: io ho chiesto di fruire del congedo a giornate secondo
le esigenze del disabile (per sedute fisioterapiche o anche solo per
portarlo al mare una giornata) ma qui vorrebbero impormi una rigida
programmazione settimanale (3 giorni irrinunciabili) senza soluzione
di continuità nei sei mesi. Io sono d'accordo di programmare i giorni
per quanto possibile ma sempre in relazione alle necessità del
disabile e dato che ho ancora ferie arretrate, anche con le mie
esigenze di godere di un periodo di ristoro tenendo conto che
continuo in ogni caso a lavorare.
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RISPOSTE
(inviate in data 22 dicembre 2014)
1) È legittimo subordinare la concessione del congedo straordinario
retribuito per l’assistenza al padre in condizioni di grave disabilità
alla sussistenza di patologie invalidanti a carico della madre?
La posizione adottata dall’amministrazione è assolutamente legittima.
Il comma 5 dell’articolo 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001,
n. 151, nel testo vigente alla luce delle modifiche ad esso portate dal
decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119, adottato in applicazione
dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, individua nel
coniuge convivente il titolare del diritto alla fruizione del congedo
straordinario retribuito per l’assistenza ad una persona in condizioni
di grave disabilità, e subordina la possibilità di fruire di tale diritto
nell’ordine, da parte dei genitori, dei figli o dei fratelli del disabile, al
decesso, alla mancanza o all’esistenza di patologie invalidanti da parte
di coloro che nell’ordine indicato subentrano nella fruizione di tale
diritto. Questa interpretazione, peraltro esplicita nella formulazione
del testo normativo, trova piena conferma nella circolare 3 febbraio
2012, n. 1 emanata dal dipartimento della funzione pubblica per
fornire linee interpretative delle innovazioni introdotte alla normativa
vigente in materia di permessi e congedi per l’assistenza a soggetti
disabili dal citato decreto legislativo 119. La circolare precisa infatti:
Con il recente intervento normativo è stato individuato un elenco di persone legittimate alla fruizione del congedo, stabilendo un ordine
di priorità e prevedendo in particolare che esso spetta ai seguenti
soggetti:
1) coniuge convivente della persona in situazione di handicap grave
2) padre o madre anche adottivi o affidatari della persona in situazione
di handicap grave, in caso di mancanza, decesso o in presenza
di patologie invalidanti del coniuge convivente;
3) uno dei figli conviventi della persona in situazione di handicap
grave, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del
disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Si segnala che la possibilità di concedere il beneficio ai figli
conviventi si verifica nel caso in cui tutti i soggetti menzionati
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(coniuge convivente ed entrambi i genitori) si trovino in una
delle descritte situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti)
4) uno dei fratelli o sorelle conviventi nel caso in cui il coniuge
convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi della persona
in situazione di handicap grave siano mancanti, deceduti, o affetti
da patologie invalidanti. Anche in tale ipotesi la possibilità
di concedere il beneficio ai fratelli conviventi si verifica solo nel caso
in cui tutti i soggetti menzionati (coniuge convivente, entrambi
i genitori e tutti i figli conviventi) si trovino in una delle descritte
situazioni (mancanza, decesso, patologie invalidanti).
Per quanto concerne il concetto di patologia invalidante la circolare
in questione rinvia ai chiarimenti forniti con la circolare 6 dicembre
2010 n. 13, nella quale si precisava che. in mancanza di una esplicita
definizione di patologie invalidanti nello specifico testo normativo
poteva essere preso a riferimento quanto disposto dal decreto
interministeriale 21 luglio 2000, n. 278, regolamento attuativo
dell’articolo 4 comma 2 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che disciplina
il congedo straordinario per gravi motivi familiari. Il citato decreto, al
comma 1, lettera d) dell’articolo 2 indica tra i motivi per i quali può
essere concesso il congedo straordinario non retribuito, le seguenti
condizioni morbose:
1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi incluse
le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica,
infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o
soggette a riacutizzazioni periodiche;
2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza conti-nuativa o
frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva
del familiare nel trattamento sanitario;
La citata circolare del dipartimento della funzione pubblica conclude
l’inciso affermando: nel caso in cui il coniuge o i genitori della persona
in situazione di handicap grave siano affetti da patologie rientranti
in questo elenco, l’assistenza potrà essere prestata anche da parenti o
affini entro il terzo grado
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2) È corretto, venendo meno il requisito della patologia invalidante,
ipotizzare la concessione del congedo non retribuito?
Anche a questo proposito l’interpretazione dell’amministrazione è
corretta, perché il venir meno del requisito della patologia invalidante
renderebbe non applicabile l’articolo 42 del decreto legislativo 26
marzo 2001, n. 151, e renderebbe possibile la fruizione del congedo
straordinario previsto dal comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo
2000, n. 53. Occorre peraltro osservare che anche in questo caso, pur
se non onerosa per la pubblica amministrazione, la concessione del
congedo è subordinata alla valutazione, da parte del datore di lavoro,
dell’effettiva sussistenza e gravità dei motivi sulla base dei quali viene
richiesta la concessione del beneficio.
Consolidato appare infatti l’orientamento giurisprudenziale di affidare
al datore di lavoro l’onere sia di valutare la congruità della richiesta
della fruizione dei benefici previsti dalla legge per assistere parenti
che versino in condizioni di grave disabilità, sia di verificare che
permessi e congedi concessi a questo titolo siano effettivamente
utilizzati per prestare l’assistenza che ne costituisce la motivazione.
3) È legittimo che l’amministrazione mi conceda solo sei mesi visto che
la durata del congedo retribuito per assistere un congiunto disabile è
di due anni?
Il limite di sei mesi posto dall’amministrazione è privo di qualsiasi
fondamento logico e giuridico, perché il diritto ad usufruire del
congedo straordinario retribuito per assistere un disabile grave non è
definibile nella sua durata dal datore di lavoro, ma deve essere posto
in relazione esclusivamente con le esigenze assistenziali connesse con
la condizione di disabilità e con i problemi che prestare la necessaria
assistenza comporta.
Ciò premesso occorre peraltro osservare che la fruizione dei benefici
previsti dalla legge per l’assistenza ai soggetti portatori di handicap
non costituisce un diritto connesso con la sola condizione di disabilità
del congiunto, ma deve essere motivata dalle effettive esigenze
assistenziali che tale condizione comporta, esigenze che l’amministrazione ha il diritto dovere di valutare nel merito.
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La fruizione di un beneficio quale quello previsto dall’articolo 42 del
decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 comporta oggettive e
rilevanti responsabilità sia da parte del datore di lavoro che da parte
del lavoratore per quanto concerne la congruità delle motivazioni che
inducono a richiederlo e per quanto concerne l’utilizzo del beneficio
concesso. Nella circolare emanata il 14 febbraio 2011 l’INPDAP
precisa che unitamente all’istanza di concessione delle agevolazioni
l’interessato deve produrre una dichiarazione dalla quale risulti che
 il dipendente presta assistenza nei confronti del disabile per il quale
sono chieste le agevolazioni
 il dipendente è consapevole che le agevolazioni sono uno strumento
di assistenza del disabile e, pertanto, il riconoscimento delle agevolazioni stesse comporta la conferma dell’impegno – morale oltre che
giuridico – a prestare effettivamente la propria opera di assistenza
 il dipendente è consapevole che la possibilità di fruire delle agevolazioni comporta un onere per l’amministrazione e un impegno
di spesa pubblica che lo Stato e la collettività sopportano solo per
l’effettiva tutela del disabile
 il dipendente si impegna a comunicare tempestivamente ogni variazione della situazione di fatto e di diritto da cui consegua la perdita
della legittimazione alle agevolazioni.
4) È legittima la richiesta dell’azienda di una rigida programmazione
settimanale dei giorni di congedo retribuito?
La richiesta dell’Azienda, nei termini in cui risulta formulata, non
appare coerente con la ratio della norma, che è finalizzata, proprio
prevedendo il frazionamento del periodo di due anni complessivo
fruibile, ad assicurare un utilizzo flessibile del beneficio, per adattarsi
ad esigenze che, per la loro stessa natura possono non essere
prevedibili e quindi programmate rigidamente.
Nella concreta definizione dei periodi di fruizione del congedo devono
essere adottati quei principi di correttezza e buona fede esplicitamente
indicati dagli articoli 1175 e 1375 del codice civile che costituiscono
i riferimenti ineludibili di un qualsiasi rapporto contrattuale e di un
qualsiasi rapporto di lavoro.
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A tali principi fa implicito riferimento il comma 3 dell’articolo 2 del
decreto interministeriale 21 luglio 2000, n. 278 regolamento attuativo
dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, avente ad oggetto
il congedo straordinario per motivi familiari, di cui il congedo
straordinario per assistere un congiunto in condizioni di disabilità
grave è una particolare applicazione. Il comma richiamato, rinviando
alla contrattazione collettiva la disciplina delle modalità attuative,
precisa infatti che: I contratti collettivi disciplinano il procedimento per
la richiesta e per la concessione, anche parziale o dilazionata nel
tempo, o il diniego del congedo per gravi e documentati motivi familiari,
assicurando il contraddittorio tra il dipendente e il datore di lavoro
e il contemperamento delle rispettive esigenze.
Questo contemperamento deve essere ricercato esplicitando con leale
trasparente chiarezza quali sono da un lato le effettive esigenze
assistenziali del soggetto in condizioni di disabilità, dall’altro
le esigenze organizzative aziendali, in base alle quali è facoltà
dell’azienda procrastinare la concessione del congedo o dilazionarlo
nel tempo, garantendo comunque equità nei comportamenti di volta
in volta adottati, come esplicitamente richiamato dal comma 4 del
citato regolamento, che testualmente precisa: Il datore di lavoro
assicura l'uniformità delle decisioni avuto riguardo alla prassi adottata
e alla situazione organizzativa e produttiva dell'impresa o della pubblica amministrazione.
In un settore delicato e complesso come quello in esame quanto mai
opportuna è l’adozione di un regolamento aziendale che disciplini
in maniera puntuale gli spazi di discrezionalità decisionale che sono
lasciati all’azienda, proprio a tutela di quelle che vengono definite
“preminenti esigenze organizzative”, evitando il rischio che vengano
seguiti criteri più o meno rigidi in relazione al rapporto personale
con il dirigente che chiede la fruizione del beneficio, ed assicurando
invece quella imparzialità e trasparenza dell'azione amministrativa
che il comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165 indica tra i principi base che devono ispirare il comportamento
delle amministrazioni pubbliche.
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RIFERIMENTI NORMATIVI
(l’articolo 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, è qui
riportato nel testo vigente alla data della risposta, tenendo conto
in particolare delle modifiche portate dal decreto legislativo 18 luglio
2011, n. 119, adottato in applicazione dell’articolo 23 della legge 4
novembre 2010, n. 183, che all’articolo 4 ha sostituito i commi 2 e 5
dell’articolo 42, ed introdotto i commi da 5-bis a 5-quinquies)
DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2001, n. 151
Articolo 42
4. cumulabilità del congedo parentale con i permessi ex lege 104
I riposi e i permessi, ai sensi dell'articolo 33, comma 4 della legge 5
febbraio 1992, n. 104, possono essere cumulati con il congedo
parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio.
5. soggetti che hanno titolo a fruire del congedo per disabilità
Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione
di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo previsto dal
comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53 per gravi e
documentati motivi familiari, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a due anni entro sessanta giorni dalla richiesta.
In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti
del coniuge convivente, hanno diritto a fruire del congedo il padre o
la madre anche adottivi; in caso di decesso mancanza o in presenza
di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha
diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso
di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli
conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli
o sorelle conviventi.
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RIFERIMENTI NORMATIVI
DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2001, n. 151
Articolo 42
5-bis. durata e limiti del congedo per assistere un disabile
Il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata
complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice
di handicap e nell'arco della vita lavorativa. Il congedo è accordato
a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo
pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza
del soggetto che presta assistenza. Il congedo ed i permessi di cui
articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 non possono
essere riconosciuti a più di un lavoratore per l'assistenza
alla stessa persona. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap
in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi
i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma
negli stessi giorni l'altro genitore non può fruire dei benefici di cui
all'articolo 33, commi 2 e 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e
33, comma 1, del presente decreto.
5-ter. trattamento economico e previdenziale del congedo ex comma 5
Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire
un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione, con riferimento
alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo
è coperto da contribuzione figurativa; l'indennità e la contribuzione
figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro
43.579,06 annui per il congedo di durata annuale. Detto importo è
rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2011, sulla base
della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. L'indennità è corrisposta dal datore
di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei
trattamenti economici di maternità (che vengono anticipati dal
datore di lavoro, fatto salvo il diritto a detrarre il relativo importo,
nella denuncia contributiva, dai contributi previdenziali dovuti
all'ente previdenziale competente.
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RIFERIMENTI NORMATIVI
DECRETO LEGISLATIVO 26 marzo 2001, n. 151
Articolo 42
5-quater. congedo straordinario e permessi non retribuiti
I soggetti che usufruiscono dei congedi di cui al comma 5 per un
periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad
usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero
dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso
arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a
contribu-zione figurativa.
5-quinquies. congedo straordinario, ferie ed altri istituti
Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione
delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine
rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4,
comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53.
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RIFERIMENTI NORMATIVI
LEGGE 8 marzo 2000, n. 53
Articolo 4
Congedi per eventi e cause particolari
1. permesso retribuito di tre giorni
La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso
retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o
di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro
il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza
con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica.
In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore
e la lavoratrice possono concordare con il datore di lavoro diverse
modalità di espletamento dell'attività lavorativa.
2. congedo straordinario per un periodo non superiore a due anni
I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono
richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali
le patologie individuate ai sensi del comma 4, un periodo
di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni.
Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non
ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività
lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio né
ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero
al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri
della prosecuzione volontaria.
3. rinvio alla contrattazione collettiva per i corsi di formazione
I contratti collettivi disciplinano le modalità di partecipazione agli
eventuali corsi di formazione del personale che riprende l'attività
lavorativa dopo la sospensione di cui al comma 2.
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RIFERIMENTI NORMATIVI
LEGGE 8 marzo 2000, n. 53
Articolo 4
Congedi per eventi e cause particolari
4. decreto interministeriale per la definizione dei criteri
Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto,
di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza
sociale e per le pari opportunità, provvede alla definizione dei criteri
per la fruizione dei congedi di cui al presente articolo,
all'individuazione delle patologie specifiche ai sensi del comma 2,
nonché alla individuazione dei criteri per la verifica periodica
relativa alla sussistenza delle condizioni di grave infermità
dei soggetti di cui al comma 1.
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RIFERIMENTI NORMATIVI
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
MINISTRO PER LA SOLIDARIETÀ SOCIALE
DECRETO 21 luglio 2000, n. 278
Regolamento recante disposizioni di attuazione
dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53,
concernente congedi per eventi e cause particolari.
Articolo 2.
Congedi per gravi motivi familiari
1. motivi che danno diritto alla fruizione del congedo
La lavoratrice e il lavoratore, dipendenti di datori di lavoro pubblici
o privati, possono richiedere, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della
legge 8 marzo 2000, n. 53, un periodo di congedo per gravi motivi,
relativi alla situazione personale, della propria famiglia anagrafica,
dei parenti o affini entro il terzo grado anche se non conviventi,
nonché dei portatori di handicap, parenti o affini entro il terzo
grado, anche se non conviventi.
Per gravi motivi si intendono:
a) le necessità familiari derivanti dal decesso di una delle persone
di cui al presente comma;
b) le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell'assistenza
delle persone di cui al presente comma;
c) le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo;
d) le situazioni, riferite ai soggetti di cui al presente comma ad
esclusione del richiedente, derivanti dalle seguenti patologie:
1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o
permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi
incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica,
neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze,
a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;
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2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e
strumentali;
3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione
attiva del familiare nel trattamento sanitario;
4) patologie dell'infanzia e dell'età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali
il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.
2. durata e modalità di fruizione del congedo straordinario
Il congedo di cui al presente articolo può essere utilizzato per un
periodo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni
nell'arco della vita lavorativa. Il datore di lavoro è tenuto a rilasciare al termine del rapporto di lavoro l'attestazione del periodo
di congedo fruito dalla lavoratrice o dal lavoratore. Il limite dei due
anni si computa secondo il calendario comune; si calcolano i giorni
festivi e non lavorativi compresi nel periodo di congedo; le frazioni
di congedo inferiori al mese si sommano tra di loro e si considera
raggiunto il mese quando la somma delle frazioni corrisponde
a trenta giorni.
3. rinvio alla contrattazione collettiva nazionale
I contratti collettivi disciplinano il procedimento per la richiesta e
per la concessione, anche parziale o dilazionata nel tempo, o
il diniego del congedo per gravi e documentati motivi familiari,
assicurando il contraddittorio tra il dipendente e il datore di lavoro
e il contemperamento delle rispettive esigenze.
4. limiti alla concessione del congedo
Fino alla definizione del procedimento di cui al comma 3, il datore
di lavoro è tenuto, entro dieci giorni dalla richiesta del congedo,
a esprimersi sulla stessa e a comunicarne l'esito al dipendente.
L'eventuale diniego, la proposta di rinvio ad un periodo successivo
e determinato, la concessione parziale del congedo devono essere
motivati in relazione alle condizioni previste dal presente regolamento e alle ragioni organizzative e produttive che non consentono
la sostituzione del dipendente. Su richiesta del dipendente,
la domanda deve essere riesaminata nei successivi venti giorni.
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Il datore di lavoro assicura l'uniformità delle decisioni avuto
riguardo alla prassi adottata e alla situazione organizzativa e
produttiva dell'impresa o della pubblica amministrazione.
5. possibilità di diniego del congedo a dipendenti a tempo determinato
Fermo restando quanto stabilito dal comma 4, in caso di rapporti
di lavoro a tempo determinato il datore di lavoro può altresì negare
il congedo per incompatibilità con la durata del rapporto
in relazione al periodo di congedo richiesto ovvero quando i congedi
già concessi hanno superato i tre giorni nel corso del rapporto;
può, inoltre, negare il congedo quando il rapporto è stato
instaurato in ragione della sostituzione di altro dipendente
in congedo ai sensi del presente articolo. Si applicano comunque
le disposizioni di cui al comma 6.
6. disciplina del congedo richiesto per il decesso di un familiare
Il congedo di cui al presente articolo può, altresì, essere richiesto
per il decesso di un parente o affine entro il terzo grado, per il quale
il richiedente non abbia la possibilità di utilizzare permessi
retribuiti nello stesso anno ai sensi delle medesime disposizioni
o di disposizioni previste dalla contrattazione collettiva. Quando
la suddetta richiesta è riferita a periodi non superiori a tre giorni,
il datore di lavoro è tenuto ad esprimersi entro 24 ore dalla stessa e
a motivare l'eventuale diniego sulla base di eccezionali ragioni
organizzative, nonché ad assicurare che il congedo venga fruito
comunque entro i successivi sette giorni.
7. possibilità di rientro anticipato in servizio
Salvo che non sia fissata preventivamente una durata minima
del congedo, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a rientrare
nel posto di lavoro anche prima del termine del congedo, dandone
preventiva comunicazione al datore di lavoro. Qualora il datore
di lavoro abbia provveduto alla sostituzione della lavoratrice o
del lavoratore in congedo con una assunzione a tempo determinato,
per il rientro anticipato è richiesto, compatibilmente con l'ampiezza
del periodo di congedo in corso di fruizione, un preavviso di almeno
sette giorni. Il datore di lavoro può comunque consentire il rientro
anticipato anche in presenza di preventiva fissazione della durata
minima del congedo o di preavviso inferiore a sette giorni.
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RIFERIMENTI NORMATIVI
LEGGE 5 febbraio 1992, n. 104
Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate.
Articolo 33.
Agevolazioni
3. permessi retribuiti per l’assistenza ad un soggetto disabile
A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata
a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che
assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge,
parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado
qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap
in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni
di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o
siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni
di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa,
anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere
riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza
alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per
l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità,
il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che
possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto
di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione
di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un
parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado
qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap
in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure
siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o
mancanti.
CIMO – IL SINDACATO DEI MEDICI
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