Firenze-Auschwitz: Treno della memoria 2015

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Firenze-Auschwitz: Treno della memoria 2015
Firenze-Auschwitz: Treno della memoria 2015- Diario
Giorno I -Il Viaggio
Il giorno 19 gennaio è partita dalla stazione di Firenze Santa Maria Novella, a bordo del "treno della
memoria 2015", la delegazione del Prst composta da Gabriele Dini, membro dell'ufficio di
Presidenza per la provincia di Firenze, Gianmarco Panerati, vicepresidente, Kleoniki Valleri,
presidente, e Silvia Moretti, tutor; destinazione Oświęcim, il nome polacco della cittadina
comunemente
nota
come
Auschwitz.
Dopo l'attesa nel luogo di ritrovo, quello stesso binario 16 da cui fino a settanta anni prima
partivano vagoni merci carichi di deportati, il lungo treno composto da sedici vagoni è partito con
più di seicento tra studenti, docenti, rappresentanti delle istituzioni e della comunità ebraica nonché
associazioni
come
"Azione
gay
e
lesbiche".
Sul treno ciascuno, fornito in quantità di libri e documentazioni offerti dalla Regione, ha potuto
assistere diviso in gruppi ad uno dei quattro incontri tenutisi ciclicamente durante il viaggio.
Il primo si è svolto con la comunità ebraica, il secondo con "Azione gay e lesbiche" ha riguardato la
deportazione degli omosessuali e si è incentrato prevalentemente sull'attualità; il terzo sulle
condizioni di Rom e Sinthi all'interno dei campi di concentramento e nel presente; il quarto con il
Museo della deportazione di Prato e le associazioni ANED, ANPI e NEI ha sfiorato temi quali gli
internati militari, la resistenza partigiana e l'importanza del tramandare le testimonianze ai giovani.
Dopo la cena i parlamentari si sono occupati di svolgere qualche intervista agli studenti. Ciascuno si
è poi sistemato nella propria cuccetta.
La delegazione del PRST prima di partire
Giorno II -La fine, come inizia
Il giorno 20 gennaio il treno è arrivato nella stazione di Oświęcim : i ragazzi sono stati portati col
pullman, sul quale hanno lasciato i bagagli, all'ex-campo di Auschwitz Birkenau il campo dove
c'erano donne e bambini, quello dove lavorava il “dott.” Mengele. La prima cosa che si nota è la
vastità del campo: un'enorme distesa di pianura ricoperta da baracche in mattoni e muratura
ciascuna della stessa grandezza l'una equidistante dall'altra. L'occhio corre sul perimetro di filo
spinato e si ferma sulle torrette un tempo presidiate da SS pronte a sparare, tutto comunica ansia, il
tempo sembra rimanere sospeso.
Le guide conducono i vari gruppi nei blocks più significativi: le latrine, i lavatoi, le baracche dei
bambini con i loro disegni, i dormitori e poi la mensa, davanti c'è un carro che di giorno trasportava
la minestra e di sera cadaveri. Si arriva così a quello che dal maggio del '44 diventerà l'ingresso
principale dei deportati al campo, quei famosi binari che non passano come tutti credono sotto la
scritta “Arbeit macht frei” che si trova invece al campo madre. Da lì gli studenti percorrono la
stessa strada dei “nuovi arrivati”, prima di quelli selezionati da un medico delle SS col braccio
sinistro e poi di quelli indicati col braccio destro. I primi venivano condotti fino alla “Sauna” una
grande struttura dove dovevano spogliarsi, farsi la doccia e dove dopo essere stati rasati e aver
indossato la divisa a righe venivano tatuati, dopo lavoro, per tutti bambini compresi. I secondi
invece erano condotti alle camere a gas: entravano in delle ampie strutture sotterranee dove c'erano
gli spogliatoi e poi in una grande sala dove pensavano si sarebbero potuti lavare dopo il lungo
viaggio e invece le docce non si aprivano e dai fori in alto scendevano zollette di terra che
sprigionavano in poco tempo il gas mortale. Dopo mezzora il sonderkommando, una squadra
composta da prigionieri, era obbligato a rimuovere i cadaveri e portarli al forno crematorio.
Tutti i beni dei prigionieri, indumenti, oggetti personali, erano destinate alla zona Canada (nome che
richiamava l'idea di ricchezza). Dopo la visita si è tenuta davanti al monumento internazionale una
commuovente cerimonia: tutti i ragazzi si sono identificati con un deportato leggendone
nome,cognome ed età dell'arresto. In seguito agli interventi di Ugo Kaffats, dell'assessore Bramerini
e alla lettura di una preghiera la voce di Enrico Fink ha riempito il silenzio con una preghiera in
ebraico.
In seguito al pranzo i ragazzi sono stati portati a Cracovia dove nel cinema Kiew hanno potuto
assistere allo spettacolo teatrale e musicale di Enrico Fink sulla storia di una famiglia ebrea come
tante, la usa famiglia. Una storia che inizia con una fuga dalla BieloRussia e lì vicino qualche
decennio dopo chiude un capitolo di sé con i campi di sterminio. Importantissima anche la
testimonianza di Vera Jarach Vigevani, portatrice di due drammatiche memorie, quella dei campi
nazisti e dei desaparecidos argentini. Storie che fanno riflettere i ragazzi che richiedono di fare
domande e interventi fino al momento di andarsene per sistemarsi verso le 21.00 nelle stanze
dell'albergo e poi cenare.
I binari del campo di Auschwitz Birkenau
Giorno III-Auschwitz
Il giorno 21 gennaio per tutti quanti la sveglia suona alle 7.30 e dopo un'abbondante colazione
salgono sul pullman per visitare il campo madre di Auschwitz. Durante il viaggio tra Cracovia e la
meta la guida li intrattiene spiegando un po' la storia della Polonia, la vasta cultura di tradizioni ma
anche gastronomica. Arrivati al campo l'atmosfera è più tesa, le aspettative sono alte, forse per una
consapevolezza che tutti sentono: una volta entrati non se ne uscirà come prima ma necessariamente
cambiati. Nuove guide accompagnano i gruppi, le prime domande riguardano naturalmente la scritta
sul cancello d'entrata ma anche questa guida chiarisce che l'immagine dei binari che vi passano
sotto non è altro che un montaggio cinematografico. La visita prosegue tra i blocks: il padiglione
italiano, l'infermeria, la prigione, la mensa, Auschwitz era una vera e propria città autonoma nata da
un'ex caserma polacca. È agghiacciante vedere come tutto era organizzato nei minimi dettagli,
compresa la sofferenza dei prigionieri costretti a lavorare anche quando non era necessario: un
giorno scavavano delle fosse, il giorno dopo le riempivano, ogni giornata era volta a cancellarne
sempre più l'identità. Nella prigione spesso si moriva costretti in quattro in celle da 1m2,senza cibo,
acqua e soprattutto con una fessura per respirare che non consentiva di vivere. Altri venivano invece
fucilati davanti al “muro della morte”, loro dovevano essere un monito per chiunque altro pensasse
di commettere dei crimini nel campo. Davanti a quel muro si è portato il corteo commemorativo la
mattina, posandovi una corona d'alloro e due ceri e lì sono intervenuti rappresentanti delle
istituzioni quali Elena Pianea, Dirigente regionale, Cosimo Guccione, Consigliere comunale di
Firenze ed è intervenuta anche Kleoniki Valleri, Presidente del Prst.
Dopo la cerimonia la visita è proseguita per concludersi dopo il forno crematorio del campo nella
piazza fuori dal reticolo doppio di filo spinato dove è stato in seguito giustiziato sulla forca Hoess,
comandante del campo.
Dopo il pranzo gli studenti si sono nuovamente recati a Cracovia nel cinema Kiew dove hanno
potuto incontrare altri testimoni: Vera Salomon, arrestata per il suo attivismo antifascista e destinata
a tre anni di lavori forzati nella prigione di Monaco; Marcello Martini deportato a Dachau a
quattordici anni perché facente parte della resistenza partigiana; e infine le sorelle Tatiana e Andra
Bucci deportate a quattro e sei anni ad Auschwitz Birkenau insieme alla madre e parte della
famiglia. L'incontro ha suscitato molte riflessioni e conseguenti interventi nei ragazzi.
In seguito ognuno si è recato al proprio albergo per la cena.
Il doppio filo spinato del campo di Auschwitz I
Giorno IV-Il ritorno
Sveglia in mattinata per visitare la città di Cracovia: la cattedrale, gotica nell'architettura e barocca
nell'arredamento, la statua del drago che sputa fuoco, il quartiere ebraico “Kazimierz” (Casimiro)
con la sinagoga e la piazza centrale. Dopo il pranzo con i tipici “pierogi” polacchi (primo simile ai
ravioli) i ragazzi sono stati portati alla stazione di Cracovia dove, sotto la pioggia, si sono tenuti i
saluti conclusivi di un'esperienza che rimarrà per sempre nel cuore di tutti. Ripartiti per l'Italia si
sono presentate nuovamente occasioni di approfondimento attraverso incontri con Vera Jarach e le
sorelle Bucci che hanno risposto alle numerose domande poste dagli studenti.
Dopo cena ognuno si è ritirato nella propria cuccetta.