Commento di Giovanni Boggero all`articolo di

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Commento di Giovanni Boggero all`articolo di
28 gennaio 2009
La Germania deve risarcire le vittime delle stragi naziste?
Commento di Giovanni Boggero all’articolo di Natalino Ronzitti
In un intervento pubblicato su queste colonne il 3 dicembre scorso, il professor Natalino
Ronzitti ha espresso il suo personale convincimento circa la bontà della recente sentenza
emanata dalla Corte di Cassazione italiana in ordine al cosiddetto eccidio di Civitella,
perpetrato dai soldati della Wehrmacht il 29 giugno 1944. La pronuncia, nel convalidare la
condanna all’ergastolo dell’ottantanovenne ex-sergente delle SS Max Josef Milde, ha
disposto altresì il pagamento di 800.000 euro in solido da parte dell'imputato e della
Repubblica federale tedesca (Brd), in ragione dei danni morali sofferti dai parenti di nove
vittime della strage.
La decisione dei giudici italiani fa in realtà seguito ad altre ordinanze di simile tenore ed in
particolare ad una sentenza, nota come sentenza Ferrini, in virtù della quale Berlino era
stata condannata a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti da cittadini italiani
catturati e costretti ai lavori forzati durante il secondo conflitto mondiale. Oggi come allora,
la Suprema Corte ha negato la possibilità della Germania di far valere l’immunità statale,
considerando che essa soccomba dinanzi alla violazione di norme di ius cogens poste a
salvaguardia dei diritti umani fondamentali. Come avrò modo di spiegare, tale
orientamento, pur in linea teorica condivisibile ed auspicabile, non costituisce
consuetudine nel diritto internazionale, mancando tanto della diuturnitas quanto dell’opinio
iuris.
Per questa ragione, pur assumendosi la responsabilità storica per quei fatti, la Repubblica
federale ha contestato la possibilità di enforcement della sentenza, deferendo il caso
presso la Corte internazionale di Giustizia dell’Aja in data 23 dicembre 2008. Nella
dichiarazione congiunta , firmata in occasione del vertice bilaterale di Trieste dal presidente
del Consiglio Berlusconi e dalla Cancelliera Merkel, l’Italia ha dichiarato di rispettare “la
decisione tedesca di rivolgersi alla Corte internazionale di giustizia per una pronuncia sul
principio dell’immunità dello Stato”, considerando che essa “sia utile al chiarimento di una
complessa questione”. Nel luglio scorso, peraltro, il Ministro degli Esteri Franco Frattini
aveva rilasciato un’intervista alla Süddeutsche Zeitung (quella citata da Ronzitti), nella
quale si diceva contrario alla riparazione per crimini di guerra stabilita dalla Cassazione
con la sentenza Ferrini, preferendo alla disamina giudiziaria caso per caso una soluzione
bilaterale concertata. Ed effettivamente la prassi internazionale vuole che in caso di
indennizzi per crimini di guerra o contro l’umanità, qualora ne ricorrano le condizioni, si
proceda ad accordi interstatuali.
Venendo alla questione cardine intorno alla quale si gioca l’intera querelle diplomaticogiuridica tra Roma e Berlino, va ricordato come, sin dai trattati di Westfalia e Osnabrück,
da quando cioè è emersa la moderna società internazionale, il principio dell’immunità
statale è unanimemente riconosciuto come corollario della sovrana uguaglianza degli Stati
e del divieto di ingerenza negli affari interni. “Par in parem non habet iudicium ” è il
brocardo latino che si è soliti utilizzare per chiarire il significato di questa antica regola
consuetudinaria: gli enti sovrani di uno Stato non possono essere convenuti in giudizio
davanti ad un tribunale straniero. Tale norma, a lungo considerata di valenza assoluta, ha
subito notevoli limitazioni con il passare del tempo. Dopo la fine della prima guerra
mondiale, allorché lo Stato ha intensificato la propria presenza nell’economia operando
alla stregua di un qualunque soggetto privato, l’immunità ha incominciato ad incontrare le
prime restrizioni. Da allo ra si è così sempre distinto tra acta iure imperii (attraverso i quali
lo Stato esplica la sua sovranità) e tra acta iure privatorum o gestionis (posti in essere con
strumenti privatistici).
Ora, prescindendo qui dallo svolgere considerazioni di Realpolitik circa l’opportunità e le
ipotetiche conseguenze che l’avallo della pronuncia della Cassazione potrebbe
ingenerare, va detto che gli atti in questione, posti in essere dal III Reich, del quale la
Repubblica federale tedesca è lo Stato continuatore secondo il diritto internazionale,
rientrano nella prima categoria, ancorché contrastino con i più elementari principi di
umanità, rectius con i diritti fondamentali dei singoli. Gli Stati hanno infatti disconosciuto la
legittimità dei (pochi) precedenti intesi a ravvisare nell’abuso del diritto una condizione
sufficiente per la perdita dell’immunità. D’altra parte, anche la dottrina 2 e la giurisprudenza
prevalenti hanno negato l’esistenza di una consuetudine a tal proposito. In particolare, nel
celebre caso greco avente ad oggetto un massacro commesso dalle truppe di
occupazione naziste nella località di Distomo, la Corte suprema speciale greca, prima, e la
Corte europea dei diritti dell’uomo, poi, hanno negato l’esistenza di una norma
consuetudinaria, che disponga nel senso di limitare (o far perdere) l’immunità laddove
siano stati commessi crimini internazionali. Entrambe le pronunce, che hanno ribaltato le
deliberazioni precedenti favorevoli agli attori in giudizio, hanno accolto la tesi pronunciata
nel caso Al-Adsani v. Gran Bretagna, deciso nel 2001 dalla stessa Coredu. In quella
circostanza un cittadino kuwaitiano aveva lamentato l’applicazione dell’immunità statale al
Kuwait da parte del Regno Unito, a seguito di presunti atti di tortura perpetrati nei suoi
confronti da un membro del governo kuwaitiano.
Come sottolinea Francesca de Vittor in un suo scritto 3 di qualche anno fa: “la norma di
carattere cogente in questione si limita a vietare il comportamento lesivo, ma nulla
stabilisce relativamente alla perseguibilità dello Stato che non la rispetti”; tanto più che
“l’immunità dalla giurisdizione non elimina affatto la responsabilità dello Stato, che può
essere fatta valere con i mezzi diplomatici sicuramente ammessi dal diritto internazionale
consuetudinario”. Il contrasto dottrinale è insomma tutto fuorché appianato, se è vero che
persino in sede di Convenzione ONU sull’immunità statale si è comodamente evitato di
disciplinare la questione. Quel che è chiaro è che la posizione espressa dalla nostra Corte
di Cassazione costituisce un parere di minoranza nel consesso internazionale e la Corte
dell’Aja, di norma molto conservatrice, non si azzarderà certo ad avallarlo.
Giovanni Boggero, si occupa di Germania per il quotidiano Il Riformista
1
http://www.rom.diplo.de/Vertretung/rom/it/03/Bilaterale__Beziehungen/triest__presseerklaerung__pdf,proper
ty=Daten.pdf
2
Si vedano ad esempio Wolfgang Vitzthum, Michael Bothe in “Völkerrecht”, Walter de Gruyter, 2007, pp.
193-194
3
Francesca de Vittor “Rivista di diritto internazionale”, 3/2002, pp. 573-617