archivio_files/2 web
Transcript
archivio_files/2 web
RASSEGNA DI CINEMA INTERNAZIONALE D’AUTORE I film 13 settembre I GATTI PERSIANI Bahman Ghobadi 20 settembre DEPARTURES Yojiro Takita 27 settembre IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI Juan José Campanella 4 ottobre BRIGHT STAR Jane Campion 11 ottobre CHE FINE HA FATTO OSAMA BIN LADEN? Morgan Spurlock 18 ottobre FANTASTIC MR. FOX Wes Anderson 25 ottobre PERDONA E DIMENTICA Todd Solondz 1 novembre THE ROAD John Hillcoat 8 novembre LE QUATTRO VOLTE Michelangelo Frammartino 15 novembre ABOUT ELLY Asghar Farhadi 22 novembre GENOVA Michael Winterbottom 29 novembre IL TEMPO CHE CI RIMANE Elia Suleiman 6 dicembre AFFETTI E DISPETTI (LA NANA) Sebastián Silva 13 dicembre NORD Rune Denstad Langlo 20 dicembre FILM DA DEFINIRE SPAZIO GLORIA Via Varesina 72 Como - telefono 031 4491080 Spettacolo unico ore 21.00 Ingressi: Intero € 7 - Ridotto (Soci Arci - studenti - over 65) € 5 Tessera 15 film € 50 I LUNEDÌ DEL CINEMA rassegna di cinema internazionale d’autore dal 13 settembre al 20 dicembre 2010 LunediCinema Filmstudio www.lunedicinema.com [email protected] PROVINCIA DI COMO Assessorato alla Cultura Direzione artistica LunediCinema Filmstudio www.lunedicinema.com [email protected] Immagine tratta dal film BRIGHT STAR Lunedì 13 Settembre Lunedì 27 Settembre Lunedì 11 Ottobre Lunedì 25 Ottobre Lunedì 8 Novembre I GATTI PERSIANI di Bahman Ghobadi IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI di Juan José Campanella CHE FINE HA FATTO OSAMA BIN LADEN? di Morgan Spurlock PERDONA E DIMENTICA di Todd Solondz LE QUATTRO VOLTE di Michelangelo Frammartino Kasi az Gorbehaye Irani Khabar Nadareh El secreto de sus ojos Regia JUAN JOSÉ CAMPANELLA Sceneggiatura EDUARDO SACHERI, JUAN JOSÉ CAMPANELLA Fotografia FÉLIX MONTI Scenografia MARCELO PONT VERGÉS Costumi CECILIA MONTI Montaggio JUAN JOSÉ CAMPANELLA Musihe FEDERICO JUSID, EMILIO KAUDERER Interpreti e personaggi RICARDO DARÍN Benjamín Esposito, SOLEDAD VILLAMIL Irene Menéndez Hastings, PABLO RAGO Ricardo Morales, JAVIER GODINO Isidoro Gómez. Argentina/Spagna 2009. 127 minuti. Oscar 2010 Premio Miglior Film Straniero. Regia BAHMAN GHOBADI Sceneggiatura BAHMAN GHOBADI, HOSEIN MORTEZAEIYAN Fotografia TURAJ MANSURI Montaggio HAYEDEH SAFIYARI Musiche MAHDYAR AGHAJANI, ASH KOOSHA Interpreti e personaggi NEGAR SHAGHAGHI Negar, ASHKAN KOSHANEJAD Ashkan, HAMED BEHDAD Nader, HAMED SEYYED JAVADI Hamed. Iran 2009. 106 minuti. Festival di Cannes 2009 “Un Certain Regard” Premio Speciale della Giuria. I Persian Cats, sono una rock band di Teheran, guidata dai giovani Negar e Ashkan, accomunati dalla passione per i Beatles, per la moda e la cultura musicale occidentale, passioni che li hanno condotti più volte in carcere. Ed è proprio dopo l'ennesima scarcerazione che decidono di mettersi insieme e formare un gruppo musicale per praticare quel genere proibito per legge dalla rivoluzione islamica del 1979. In realtà, oltre alla passione, il rock è per loro una possibilità di espatriare e di guadagnarsi da vivere in Europa… Lontano dalle classiche caratteristiche del cinema di scuola iraniana, ed anche dal suo sorprendente primo lungometraggio “Il tempo dei cavalli ubriachi”, Barman Ghobadi realizza un film che parla di contaminazioni e ibridazioni culturali consumate nel nome della musica, la musa che anima le inquietudini di un gruppo di giovani di Teheran, ed anche un coraggioso film di denuncia della teocrazia islamica. Lo fa mantenendo intatta, come nel suo bellissimo primo film, la straordinaria capacità di girare in condizioni di semiclandestinità, dati i controlli e le censure del regime poliziesco iraniano, senza mai perdere il controllo puntuale della messa in scena, della qualità fotografica, della cura delle inquadrature. Quello che ne deriva è uno sguardo assolutamente inedito su quanto, su chi, su cosa nasconde lo scenario “underground” di Teheran dietro la facciata dell’ordine religioso. Peraltro la stessa facciata che viene veicolata dai media occidentali. Un estemporaneo "grido di libertà" e soprattutto un'elegia dell'uomo che persegue i propri obiettivi, i propri progetti, a dispetto di un ambiente prepotentemente ostile. Note di regia Agli occhi dell’Islam integralista la musica è impura, in quanto fonte di allegria e gioia. Sentire una donna cantare è considerato un peccato, per le emozioni che suscita. Negli ultimi trenta anni in Iran, un certo tipo di musica, soprattutto la musica occidentale, è stata virtualmente proibita dalle autorità. E’ rimasta nascosta negli ambienti underground: si deve suonare underground e ascoltare underground. Ma anche se questa musica è stata nascosta non è mai sparita. In tutti questi anni solo in pochi hanno osato prenderne atto. Questa cosa mi ha incuriosito e così è nata l’idea del film. Dal momento in cui mi sono avventurato nel cuore di Teheran e sono sceso nelle cantine buie dove si suona questo tipo di musica, ho scoperto un mondo strano, diverso e affascinante. Un mondo nascosto di musicisti ribelli, non visti e non ascoltati. Ho assistito alle loro vite, alle loro preoccupazioni artistiche, ho visto i pericoli che affrontano, i problemi con i loro vicini, gli arresti, le aggressioni subite. Quando ho visto tutto quello che devono passare semplicemente perché cantano, suonano uno strumento, amano la musica mi sono detto che questo film si doveva fare. “I gatti persiani” è la prima vera testimonianza della realtà di questi giovani musicisti. BAHMAN GHOBADI (Benah, Iran, 1969) Inizia la sua carriera artistica nel campo della fotografia industriale. Ottenuto il diploma in regia alla Scuola di Cinema Iraniana, dalla metà degli anni ’90 con i suoi i cortometraggi riceve numerosi premi in patria e all’estero. In particolare LIFE IN FOG ritenuto “il più famoso documentario della storia del cinema iraniano”. Nel 2000 realizza il suo primo lungometraggio IL TEMPO DEI CAVALLI UBRIACHI, Camera d’Or a Cannes. L’agente federale Benjamín Espósito ha da tanti anni il sogno di scrivere un romanzo. Vuole raccontare un episodio che ha vissuto in prima persona e che in venticinque anni non è riuscito a dimenticare. Nel giugno del 1974, in Argentina, appena prima di lasciare la propria patria per dieci anni e andare volontariamente in esilio, Benjamín era stato chiamato per investigare su un crudele omicidio. La vittima era una donna, rapita dalla sua casa di Buenos Aires e uccisa violentemente. Scrivere questa storia porterà Benjamín a fare i conti con il passato e ad affrontare oscure verità sepolte… Appassionante melodramma-noir tratto dal romanzo “La pregunta de sus ojos” di Eduardo Sacheri, il film di Juan José Campanella, anche co-autore dell’ottima sceneggiatura e del montaggio, riesce a raccontare, senza cadute di tono né di tensione, uno spaccato umano e sociale degli anni bui della dittatura argentina. Impreziosito dalla raffinatissima fotografia e dalle struggenti interpretazioni di tutti i protagonisti, il film vive di avvolgenti atmosfere e di brillanti suggestioni, in un continuo rincorrersi di piani narrativi e temporali, con visioni di grande eleganza. L’autore mescola i generi, noir, thriller, melodramma, commedia, love-story, adottandone i diversi registri narrativi, drammatico, romantico, brillante e politico, realizzando un’alchimia che coniuga perfettamente i due piani del racconto, quello pubblico e quello privato. Il motore della vicenda è l’ostinazione della memoria, il rimpianto per un’ingiustizia che dopo tanti anni ancora lo turba. Il protagonista scava nel passato, perché deve trovare una soluzione che gli serve per vivere il presente e per guardare con al futuro. Lunedì 4 Ottobre DEPARTURES di Yojiro Takita BRIGHT STAR di Jane Campion Regia MORGAN SPURLOCK Sceneggiatura JEREMY CHILNICK, MORGAN SPURLOCK Fotografia DANIEL MARRACINO Montaggio JULIE LOMBARDI, GAVIN COLEMAN Musiche JON SPURNEY Interpreti e personaggi MORGAN SPURLOCK se stesso, LAKEN JAMES SPURLOCK se stesso, DARYL ISAACS se stesso, ALEXANDRA JAMIESON se stessa. Francia/Stati Uniti 2008. 90 minuti. Regia TODD SOLONDZ Sceneggiatura TODD SLODONZ Fotografia EDWARD LACHMAN Scenografia ROSHELLE BERLINER Costumi CATHERINE GEORGE Montaggio KEVIN MESSMAN Musica DOUG BERNHEIM. Interpreti e personaggi SHIRLEY HENDERSON Joy, CIARÁN HINDS Bill, ALLISON JANNEY Trish, MICHAEL LERNER Harvey, CHRIS MARQUETTE Billy. Stati Uniti 2009 - 98 minuti. V.M. 14 anni. Con un bambino in arrivo la necessità di rendere il mondo un posto più sicuro si fa impellente, così Morgan Spurlock decide di intraprendere quello che nessuna squadra operativa speciale è riuscita a fare: trovare Osama Bin Laden, l’uomo più ricercato del pianeta. L’epica impresa ha inizio a New York e fa il giro del mondo, attraversando Egitto, Marocco, Israele, Palestina, Arabia Saudita, Afghanistan e si avvicina più che mai al cuore di tenebra, le regioni tribali del Pakistan. Lungo il percorso interroga esperti ed imam, aiuta a disinnescare bombe, scopre la teoria del complotto che collega Al Qaeda al film “Babe Maialino Coraggioso” e segue i raid dei militari americani in Afghanistan… Morgan Spurlock è un documentarista il cui stile ricorda da vicino il più famoso Michael Moore: si espone in prima persona, affronta direttamente i temi che tratta, ma con un fare più ingenuo e forse più sincero. Dopo “Super Size Me”, in cui denunciava i guasti prodotti dalle multinazionali del cibo, si lancia dietro ad uno degli interrogativi più oscuri della politica internazionale. Scritto da Spurlock e Jeremy Chilnick e prodotto dallo stesso regista, il film parte come uno spettacolo satirico in forma di film, che quasi mette a freno gli intenti documentari per poi approdare ad un impianto più classico fatto di interviste e riflessione. Senza mai mettere da parte la vena ironica, il regista rende più serio il discorso via via che s' inoltra nei paesi e nelle culture perno dell’attuale scontro bellico. La sceneggiatura, gioca consapevolmente tra indagine, contatto con la realtà e realizzazione spettacolare, tenendo il ritmo e il gioco di base, ma cercando anche di scavare nei fatti, raccogliere opinioni, analizzare tutti i punti di vista preconcetti. Note di regia Ci sono molte cose che non si può prevedere quando si effettua un documentario e per me questa è la cosa migliore. Un mio amico ha detto: "Se il film finisce e la visione del film è esattamente la stessa che immaginavi quando hai iniziato a girare, allora vuol dire che non hai ascoltato nessuno lungo la strada”. È così vero. Stavamo tornando a Tora Bora, quando abbiamo visto i beduini sul lato della strada e abbiamo fermato la macchina. Siamo usciti e abbiamo bevuto il tè con loro, parlando solo di ciò che è la vita nel deserto. Ci sono tante piccole cose che sono semplicemente incredibili. Il film deve essere una scoperta di nuovi mondi e di nuove prospettive. Voglio che la gente muova la mente. MORGAN SPURLOCK (Parkersburg, Virgínia, 1965) Autore, produttore e regista del suo primo lungometraggio, candidato agli Academy Awards, SUPER SIZE ME. Ha vinto numerosi premi tra cui: il premio Writers Guild of America per la miglior sceneggiatura e l’Edimburgo Film Festival come Miglior regia. Tra le sue produzioni si ricordano anche CHALK, un falso documentario sul mondo degli insegnanti, CONFESSION OF A SUPERHERO (2008), CLASS ACT (2008) e THE FUTURE OF FOOD (2008). In preparazione WHAT WOULD JESUS BUY?, un film sulla commercializzazione del Natale. Ripartendo dal suo bellissimo film “Happiness”, Solondz torna a narrare, attraverso gli occhi di tre sorelle, le cui famiglie sono vittime di pesantissime tragedie un'America che esiste e di cui nessuno vuol parlare. Il racconto è basato su due tematiche, forgive and forget, perdonare e (o) dimenticare: se si dimentica, non si perdona; se si perdona, spesso non si dimentica. La questione del perdono e dei suoi confini si insinua attraverso una serie di storie d’amore che si intrecciano, fornendo chiarezza e, probabilmente, alternative al sollievo che dà l'oblio. Sono passati dieci anni dalle scioccanti e tragiche rivelazioni che hanno mandato in frantumi il mondo della famiglia Jordan. Ora, i fantasmi si aggirano e incombono, tormentano e consolano mentre Joy scopre che suo marito Allen non è del tutto guarito dal suo peculiare "disturbo" e fugge alla ricerca di conforto e consiglio da parte di sua madre e delle sue sorelle. Viene perseguitata da visioni del suo ex corteggiatore Andy. In una commedia black, dal crudele umorismo, le tematiche più angoscianti, che sconvolgono la nostra vita (pedofilia, terrorismo, sessuomania), sono trattate in modo penetrate ed intelligente tramite i concetti filosofici del dimenticare e perdonare, fili conduttori sui cui il piccolo Timmy, fin troppo saggio per la sua età, si trova spesso a riflettere: forse i terroristi dell’11 settembre avevano “le loro buone ragioni”; è meglio perdonare e dimenticare, o semplicemente dimenticare ed andare avanti, o perdonare ma non dimenticare mai?. Note di regia C’è un intervallo di dieci anni tra gli eventi di Happiness e quelli di “Perdona e dimentica”. Tuttavia preferisco non essere obbligato dalla letteralità temporale o circostanziale. Amo cogliere le cose alla sprovvista, avvicinarle da un angolo nuovo. Per esempio, alcuni personaggi sono invecchiati di cinque anni, altri di venti. Alcune storie sono state trasformate. Ho fatto in modo che l’elemento razziale non fosse statico. Naturalmente il cast è completamente differente. In questa maniera è più divertente ed interessante. TODD SOLONDZ (Newark, New Jersey, 1959) Autore scomodo, l'americano Todd Solondz si distingue per il suo sguardo cinico e spietato sulla vita americana fin dalla sua opera prima, FUGA DALLA SCUOLA MEDIA, premiata al Sundance Film Festival nel 1996. Nel 1998 apre la strada al filone di "smascheramento del sogno americano" con le storie di vita di HAPPINESS. Temi che vengono portati avanti in STORYTELLING (2001) e nel suo ultimo PALINDROMES (2004). YOJIRO TAKITA (Tokio, 1955, Giappone) Comincia a lavorare per la Shishi Productions come assistente alla regia nel 1976, facendo il suo debutto alla regia nel 1981 con CHIKAN ONNA KYOSHI e proseguendo con una fimografia che conta quindici lungometraggi, tra i quali THE YEN FAMILY (1988), WE ARE NOT ALONE (1993), THE EXAM AND SECRET (1999). Nel 2001 il suo film fantasy ONMYOJI ha preso d’assalto il box office e ha portato alla realizzazione di ONMYOJI 2. Questi successi sono stati seguiti dall’acclamato WHEN THE LAST SWORD IS DRAWN, Miglior Film agli Oscar giapponesi 2003. I suoi ultimi film sono ASHURA (2005) e THE BATTERY (2007). Regia e sceneggiatura MICHELANGELO FRAMMARTINO Fotografia ANDREA LOCATELLI Scenografia MATTHEW BROUSSARD Costumi GABRIELA MAIOLO Montaggio BENNI ATRIA, MAURIZIO GRILLO Musica PAOLO BENVENUTI. Italia/Germania/Svizzera 2010. 88 minuti. Festival di Cannes 2010 Quinzaine des Réalisateurs Premio Europa Cinemas. Un paese calabrese abbarbicato su alte colline da cui si scorge il mar Ionio in lontananza, un posto dove il tempo sembra essersi fermato, dove le pietre hanno il potere di cambiare gli eventi e le capre si soffermano a contemplare il cielo. Qui vive i suoi ultimi giorni un vecchio pastore. E' malato. Nello spiazzo di terra nera di un ovile, una capra dà alla luce un capretto bianco Il disagio della vita dura pochi istanti: gli occhi si aprono subito, le zampe già reggono il peso del corpo. Lo schermo è riempito da questa nuova presenza. Il giorno della sua prima uscita inavvertitamente resta indietro rispetto al resto del gregge e si perde nella vegetazione, fino a quando esausto si abbandona ai piedi di un maestoso abete. Il grande albero oscilla nella brezza montana. Il tempo passa, le stagioni cambiano in fretta, il grande abete bianco con loro. Il suono della sua chioma riempie il silenzio. All'improvviso un rumore meccanico. L'abete giace al suolo. È stato mutilato, ridotto al suo scheletro. Il suo legno bianco viene trasformato in carbone attraverso il lavoro antichissimo dei carbonai locali. Lo sguardo si perde nel fumo della cenere. Va a toccare la struttura della vita, Frammartino, passando a uno stato all'altro, da un contenitore al suo contenuto e ancora oltre. In questo viaggio all'essenza dell'esistere, la fa da padrone il silenzio, dominato dai suoni quotidiani del mondo, nella sua bellezza, anche di gesti, ancora inviolata e inviolabile. Un tempo che scorre nella sorpresa delle immagini, nel loro peso pieno, senza permetterti il lusso della noia, in una visione poetica della natura e delle tradizioni dimenticate di un luogo senza tempo. Note di regia Le quattro volte è un film in togliere: comincia tradizionalmente,fissandosi sull’uomo, e poi via via sposta il centro dell’attenzione su tutto ciò che gli sta intorno, e che normalmente è poco più che uno sfondo, fino a privare lo spettatore di ogni punto di riferimento. Ovviamente,in questa perdita progressiva del protagonista, si vorrebbe che fosse contenuta anche una scoperta, la scoperta di una pari dignità fra l’umano e gli altri regni. La Calabria è il luogo in cui il sapere popolare, fortemente influenzato dalla scuola pitagorica, mi ha abituato a vedere oltre le cose, a immaginare di continuo la sopravvivenza di qualcosa che tran sita da un involucro ad un altro. È in questa terra che ho imparato a ridimensionare il ruolo dell’uomo, o almeno a distogliere lo sguardo da lui: si può liberare il cinema dalla tirannia dell’umano, che è un privilegio ma anche una condanna alla solitudine? “Le quattro volte” cerca di incoraggiare questo percorso di liberazione dello sguardo, sollecitando lo spettatore a trovare il nesso nascosto che anima tutto quel che ci circonda. MICHELANGELO FRAMMARTINO (Milano, Italia, 1968) Iscrittosi alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano sviluppa la ricerca della relazione tra gli spazi e l'immagine, sia fotografica che cinematografica. Per approfondire l'estetica visiva, frequenta la Civica Scuola del Cinema di Milano. Durante gli anni della sua formazione realizza cortometraggi, scenografie per film, videoclip, videoinstallazioni e film indipendenti. Esordisce su grande schermo con il film IL DONO (2003) presentato al Festival Internazionale di Locarno. Lunedì 1 novembre Lunedì 15 Novembre THE ROAD di John Hillcoat ABOUT ELLY di Asghar Farhadi Regia JOHN HILLCOAT Sceneggiatura JOE PENHALL Fotografia JAVIER AGUIRRESAROBE Scenografia CHRISS KENNEDY Costumi MARGOT WILSON Montaggio JON GREGORY Musica NICK CAVE, WARREN HELLIS Interpreti e personaggi VIGGO MORTENSEN l'uomo, CHARLIZE THERON la moglie, KODI SMITH MCPHEE il ragazzo, ROBERT DUVALL l’anziano. Stati Uniti 2009. 120 minuti. Regia JANE CAMPION Sceneggiatura JANE CAMPION, ANDREW MOTION Fotografia GREIG FRASER Scenografia e costumi JANET PATTERSON Montaggio ALEXANDRE DE FRANCESCHI Musiche MARK BRADSHAW Interpreti e personaggi BEN WHISHAW John Keats, ABBIE CORNISH Fanny Brawne, PAUL SCHNEDER Charles Armitage Brown, KERRY FOX Madre di Fanny. Gran Bretagna/Francia 2009. 119 minuti. E’ l’anno ventitreenne John Keats e la sua vicina di casa Fanny Brawne si conoscono, grazie all'interesse della ragazza per le sue poesie, si frequentano, si scrivono, si fidanzano, nonostante le condizioni economiche disperate del poeta. Minato dalla tubercolosi, Keats si vede costretto a partire per l'Italia, dove il clima è migliore e dove troverà la morte, nel febbraio del 1821… Jane Campion ci regala un altro stupendo ritratto di donna, che arricchisce la straordinaria galleria di personaggi femminili della sua preziosa filmografia. Nel raccontare il volo e l’inabissamento amoroso della coppia di amanti, John Keats e Fanny Brawne, sceglie ovviamente il punto di vista di lei, disvelando un’anima femminile nella sua passione amorosa. Da un lato il carattere di Fanny, libero ed autonomo dalle convenzioni del tempo, dall'altro il potere creativo del sentimento amoroso, perché al di là della prevaricazione dei modelli culturali maschili, uomini e donne necessitano gli uni delle altre. La Campion racconta come l'infiltrarsi dell’amore e della musa femminile nel mondo libero e autoreferenziale degli uomini, abbia liberato il poeta dall'accademia, permettendogli di andare oltre la pagina, sconfinando nella vita. Un sentimento che sconfina anche nel film, che esprimere tutto il romanticismo della storia, affidandosi invece alla dolcezza della poesia, con immagini di ispirata bellezza. Le parole di Keats e Fanny trovano un eco luminoso nel film, che disegna quadri dotati di una forza figurativa, sia nelle scelte cromatiche, sia nel taglio delle inquadrature, in forma di dipinto su tela. Quando poi si affida ad Abbie Cornish e alla sua interpretazione, il film si toglie il costume e tocca i suoi vertici. Note di regia Il film è una sorta di ballata, come “Eve of St. Agnes” di Keats, il racconto della relazione tra Fanny Brawne e John Keats. La storia avanza in versi che descrivono il loro coinvolgimento e il legame crescente, così come le loro difficoltà sempre maggiori. Le limitazioni della narrazione rispecchiano quelle nella vita di Fanny, il destino passivo e in attesa di ogni giovane donna della sua epoca: la vita in famiglia, la sua ossessione per il cucito, le restrizioni alla sua attività e le sue uscite mondane. Considerando tutti questi limiti, la sua passione determinata per John Keats, spiccano anche maggiormente. La caratteristica più importante di questa storia era di mostrare l’intimità dei personaggi allo spettatore. Le prove sono state molto importanti a questo riguardo, perché hanno aiutato gli attori a diventare degli “Esseri sottili”. Sia Ben Whishaw che Abbie Cornish posseggono un carisma fantastico che hanno instillato nei loro personaggi. Io vedo il mondo di Keats e Fanny pieno della luce che loro esprimono e anche se il film termina con la morte di Keats, la luce accesa dal suo genio poetico e dal suo spirito unico non può essere spenta. L’ambizione di “Bright Star” è di sensibilizzare il pubblico e di tornare ad accendere questa luce. JANE CAMPION (Waikanae, Nuova Zelanda, 1954) Si laurea in antropologia all’Università di Wellington nel 1975 e quattro anni dopo si diploma in pittura al College of the Arts di Sydney. Nel 1980 si iscrive alll'Australian School of Film e nel 1982 realizza il suo primo cortometraggio. Il primo lungometraggio, DUE AMICHE (1986) è prodotto per la televisione. Nel 1989 dirige il suo primo film per il cinema, SWEETIE, vincitore di molti premi internazionali. L'anno dopo realizza UN ANGELO ALLA MIA TAVOLA, Leone d'argento a Venezia. Il successo arriva con LEZIONI DI PIANO (1993), Palma d'oro a Cannes. RITRATTO DI SIGNORA (1996), HOLY SMOKE (1999), IN THE CUT (2003) completano la sua fimografia. Lunedì 6 Dicembre GENOVA di Michael Winterbottom AFFETTI e DISPETTI (LA NANA) di Sebastián Silva Regia MICHAEL WINTERBOTTOM Sceneggiatura LAURENCE CORIAT, MICHAEL WINTERBOTTOM Fotografia MARCEL ZYSKIND Scenografia MARK DIGBY Costumi CELIA YAU Montaggio PAUL MONAGHAN Musiche MELISSA PARMENTER Interpreti e personaggi COLIN FIRTH Joe, HOPE DAVIS Marianne, DEMETRI GORITSAS Steve, PERLA HANEY-JARDINE Mary. Gran Bretagna 2008. 94 minuti. Festival di San Sebastian 2009 Premio per la Miglior Regia. Regia SEBASTIÁN SILVA Sceneggiatura SEBASTIÁN SILVA E PEDRO PEIRANO Fotografia SERGIO ARMSTRONG Montaggio DANIELLE GONZÁLEZ Musica RUY GARCIA. Interpreti e Personaggi CATALINA SAAVEDRA Raquel, CLAUDIA SELEDÓN Pilar, ALEJANDRO GOIC Mundo. Cile/Messico 2009. 105 minuti. Sundance Film festival 2009 Gran Premio della Giuria al film e all’attrice Catalina Saavedra. Lunedì 18 Ottobre FANTASTIC MR. FOX di Wes Anderson Regia WES ANDERSON Sceneggiatura WES ANDERSON Fotografia TRISTAN OLIVER Scenografia FRANCESCA MAXWELL Montaggio RALPH FOSTER Musica ALEXANDRE DESPLAT. Stati Uniti 2009. 88 minuti. New York Film Critic 2009 Miglior Film. Come il lupo anche la volpe perde il pelo ma non il vizio. Proverbio che nel caso di Mr. Fox calza a pennello. Stufo della maschera da onesto padre di famiglia, indossata nei dodici lunghi anni di anonimato che hanno spento ogni sua ambizione, la volpe più furba e intraprendente della zona giunge ad una conclusione: è giunto il momento di dare una svolta alla propria vita. Stufo di sopravvivere anzichè di vivere al massimo, Mr. Fox decide infatti di trasferirsi ai piani alti, abbandonando una volta per tutte la modesta tana sotto l'albero in cui in questi anni ha vissuto fin troppo troppo tranquillamente insieme alla moglie Mrs. Fox e al figlio Ash… Regista visionario ed eclettico, dotato di rara musicalità e di un tocco umoristico romanticamente grottesco, Wes Anderson esordisce nel mondo dell'animazione realizzando una favola eccentrica assai personale usando la tecnica stop-motion, quella che ha contribuito a rendere famosi in passato i pupazzi di “Wallace & Gromit” come anche le celeberrime “Galline in Fuga”. I bellissimi pupazzetti di pelouche, realizzati a mano, fotografati e poi messi in movimento, portano sul grande schermo in maniera assolutamente magistrale i personaggi e le avventure che hanno reso famoso in tutto il mondo il romanzo per bambini di Roald Dahl, "Furbo, il Signor Volpe!". A rendere il film un gioiello di animazione senza eguali è però l'ironia e lo stile inimitabile di uno degli autori indipendenti più apprezzati del cinema contemporaneo, fantasioso inventore di incantevoli universi alternativi. Anderson riesce a modellare e a far sua la storia di Mr. Fox rendendola visivamente vicina al look bizzarro e brillante di tutti i suoi film, pervasi come questo da colori caldi, da un'atmosfera frizzante e romanticamente retro. Note di regia Fantastic Mr Fox, è stato non solo il primo libro di Dahl che ho letto, ma anche il primo libro che ho posseduto. Mi piaceva tanto il signor Fox, un personaggio per certi versi eroico e un po’ vanitoso. Dahl è uno scrittore straordinario, con una personalità che emerge in modo prorompente dai suoi scritti. Ho acquistato i diritti cinematografici del libro dieci anni fa dalla vedova di Dahl che ora gestisce il patrimonio del defunto marito. Prima di iniziare la sceneggiatura ho visitato la Gipsy House, la dimora della famiglia Dahl in Inghilterra dove lo scrittore lavorava in un capanno rustico in giardino. Sua moglie mi ha lasciato esaminare i manoscritti del marito. Ero solo con dozzine di bozze scritte a mano, con schizzi a margine e ho avuto davanti agli occhi una visione d’insieme del suo modo di lavorare. In quel momento ho sentito più forte che mai la sua presenza. Ho pensato che scrivere lì la sceneggiatura sarebbe stato di grandissimo aiuto, la signora Dahl ha acconsentito e dopo alcuni mesi ci siamo trasferiti lì per diverse settimane. WES ANDERSON (Houston, Stati Uniti, 1969) Nel 1998 ha attirato l'attenzione della critica con il primo film RUSHMORE. Nel 2001 realizzail pregevole e ricercato I TENENBAUM, ritratto di una bizzarra ed eccentrica famiglia newyorkese. Nel 2005 presenta l’esilarante commedia, LE AVVENTURE ACQUATICHE DI STEVE ZISSOU, mentre nel 2007 è al Festival di Venezia con IL TRENO PER IL DARJEELING. Un uomo, un bambino, un carrello. La strada davanti a loro, ma nessuno sa dove conduce, né d’altronde da dove proviene. Semplicemente i due camminano verso sud dove forse troveranno condizioni di vita più facili, una sopravvivenza meno precaria, una speranza meno effimera in compagnia di quegli uomini“gentili” che cercano, senza saperli più neppure riconoscere. Il loro mondo è l’inferno apocalittico che segue una catastrofe di cui nulla si sa. La luce e i colori che hanno preceduto questa desolazione rimangono solo nei ricordi e nei sogni del protagonista… È un film cupo “The road” di John Hillcoat, come cupo e duro è il romanzo omonimo di Cormac McCarthy da cui è tratto e che ha vinto il premio Pulitzer nel 2007. Un film che riconferma quanto l’universo dello scrittore possa essere efficacemente restituito sullo schermo, con tutta l’angoscia e la desolazione che le sue parole sanno evocare. John Hillcoat resta aderentissimo al tono e alle atmosfere del romanzo, scegliendo la totale fedeltà al romanzo seguendolo passo passo nella costruzione della sceneggiatura. L’uomo, l’attore Viggo Mortensen totalmente nella parte, sofferto e intenso, e il ragazzo si muovono nel film come nelle pagine del libro vagando in un mondo così desolato e vuoto. dove qualsiasi incontro può rappresentare la fine, delle speranze e della vita. Note luminose di speranza che, come in altri scritti di McCarthy, vengono assolte dal sentimento d’amore e condivisione, come quello che unisce il padre e il figlio di “The Road”. Un film forte, rigoroso e coerente, con quell’indefinibile elemento di poesia e di calore che come lampi lo illuminano. Come i flashback della moglie-madre, Charlize Theron, fantastica nel rappresentare la vita come era prima, quando c’era il sole e la vita scorreva nella normalità. Note di regia Portare sullo schermo in modo fedele il romanzo di McCarty è stata la mia missione fin dall’inizio di questo progetto. Ho adorato il romanzo di Cormac, che è stato molto presente durante la realizzazione del film, parlando a lungo con Viggo e venendo spesso sul set. La fedeltà al romanzo, per un opera di tale bellezza era dovuta, nessuna interpretazione personale. Il fine ultimo sia del libro che del film è quello di chiedersi: cosa ci rende davvero umani? L’amore di un padre per il proprio figlio, per esempio, un cielo blu e magari un mare pulito. Ritornare alle nostre origini, a capire veramente ciò di cui abbiamo bisogno, lasciando perdere tutto il superfluo. Questo ho pensato e su questo mi ha fatto molto riflettere il romanzo. Le ambientazioni erano davvero fondamentali perché il libro ha questa autenticità ineludibile, è quasi neo-realismo direi. Quindi non abbiamo girato niente in studio ma siamo andati in giro per gli Stati Uniti alla ricerca di posti che si adattassero a un tempo e un luogo non definiti. JOHN HILLCOAT (Queensland, Australia, 1961) Ha iniziato la sua carriera nel mondo dei videoclip, lavorando per gruppi come Depeche Mode, Nick Cave & The Bad Seeds, Manic Street Preachers, Bush, Placebo e molti altri. In seguito inizia un'assidua collaborazione con Nick Cave, che collabora alla stesura del suo film d'esordio GHOSTS... OF THE CIVIL DEAD (1996) come al suo secondo lungometraggio TO HAVE AND TO HOLD del 1998. Nel 2005 realizza il western LA PROPOSTA, molto apprezzato dalla critica. Darbareye Elly Regia e sceneggiatura ASGHAR FARHADI Fotografia HOSSEIN DJAFARIAN Scenografia e costumi ASGHAR FARHADI Montaggio HAYEDEH SAFIYARI Musiche ANDREA BAUER. Interpreti e personaggi GOLSHIFTEH FARAHANI Sepideh. SHAHAB HOSSEINI Ahmad, TARANEH ALIDOOSTI Elly, MERILA ZARE'I Shohreh, MANI HAGHIGHI Amir. Iran 2009. 119 minuti. Festival di Berlino 2009 Orso D'Argento Miglior Regia. Un gruppo di trentenni iraniani, un tempo compagni di Università, si ritrova per una gita sul Mar Caspio. Alcuni di loro hanno figli e mogli al seguito, Ahmad, invece, è appena tornato dalla Germania, dove ha divorziato da una donna tedesca. L’intraprendente Sephideh vuole accoppiare Ahmad alla giovane Elly, maestra d’asilo di sua figlia. Gli amici appoggiano Sephideh e ricoprono Elly di complimenti e attenzioni, ma il clima giocoso viene bruscamente interrotto dalla scomparsa della ragazza... Un film profondamente radicato nel presente, che affronta argomenti di attualità sotto la lente di una sofisticata metafora. Attraverso le dinamiche relazionali che coinvolgono un gruppo di amici a contatto con “un’estranea”, il regista iraniano ci parla di una società che è sì colta e avanzata, ma nella quale serpeggiano l’ipocrisia e il sospetto. Basta poco per far cadere tutte le maschere che tengono formalmente la coesione del gruppo. Ed ecco che il film si trasforma in un dramma con venature noir, il cui fuoco è quello di una profonda analisi umana e sociologica che disvela il vero volto dei protagonisti. Asghar Farhadi segue la scia de “L’avventura” di Michelangelo Antonioni, e non solo per via della scomparsa di una delle protagoniste, ma soprattutto in virtù del fatto che l’evento mette a nudo una realtà interiore dei personaggi, sconosciuta anche a loro stessi. Il dramma serve all’autore per mostrare quanto un sistema sociale basato su falsi valori e convenzioni di superficie, possa rendere le persone inconsapevoli delle proprie debolezze, della fragilità delle proprie relazioni. Farhadi orchestra con maestria una storia che si dipana nella sua dimensione intima ed al contempo sociale. Il suo è uno sguardo mobile ed intenso, deciso verso il disvelamento di un apparato di valori puramente di facciata. Note di regia Il pubblico odierno è sempre più maturo e un regista non può più accontentarsi di imporre, attraverso i propri film, un assemblaggio di idee precostituite. Piuttosto che convalidare un immaginario diffuso, un film deve costituire uno spazio che invita lo spettatore a intraprendere un proprio percorso di riflessione, per poter così evolvere da semplice fruitore a produttore, lui stesso, di pensiero. È questa l’unica strada che il cinema odierno dovrebbe intraprendere ed è con questo spirito che ho realizzato “About Elly”. ASGHAR FARHADI (Ispahan, Iran, 1972) Studia letteratura, teatro e cinema presso l'Istituto del Giovane Cinema Iraniano, dove comincia a sperimentare e a realizzare i primi corti. Iscrittosi all'università di Teheran si laurea in cinema e teatro. Debutta su grande schermo con DANCING IN THE DUST, premio della critica al Festival di Mosca del 2003. Continuano a mietere riconoscimenti anche i successivi: A BEAUTIFUL CITY (2004) e FIREWORKS WEDNESDAY, Pardo d’oro al Festival di Locarno del 2008. La nana In seguito ala morte della moglie, un professore inglese decide di fare un viaggio in Italia assieme alle due figlie con l'intenzione di lasciarsi alle spalle il terribile lutto che ha colpito la sua famiglia. Scoprirà, però, che anche in un altro paese non si può fuggire tanto facilmente dai fantasmi del proprio passato… Premio per la miglior regia al festival di San Sebastian, Michael Winterbottom, dopo aver attraversato diversi generi cinematografici, approda a una forma di melodramma che ricerca la forma del reale. Lo fa scegliendo Genova, non solo come location ma come co-protagonista del racconto, rimanendo sempre in bilico tra una rappresentazione da cartolina e la ricognizione in un territorio dalla valenza simbolica e dai chiaroscuri inquietanti: le ombre dei caruggi, le prostitute, i topi, tra cui appare, agli occhi della figlia più piccola, quale presenza magica e inquieta, la madre defunta. Un dedalo architettonico e psicologico in cui ci si può anche perdere. Girato con macchina a mano e una troupe leggera tra Genova e San Fruttuoso, per catturare dal vivo la storia, il quarantottenne regista inglese muove la macchina da presa con virtuosismo, in un racconto che procede per frammenti, per istantanee di vita reale e spirituale. Il risultato è un melodramma freddo, vissuto nel ventre di una città decadente e misteriosa, dove i fantasmi possono accompagnare i vivi alla salvezza. Note di regia Genova è una città che ancora mi abita dentro, in realtà mi è capitato di vederla di sfuggita durante un viaggio di ritorno dall'Italia all'Inghilterra, e allora ho pensato: perché no? Potrei ambiantare qui la mia prossima storia. Il mio film non è comunque un documentario sulla città, avrei potuto sceglierne una qualsiasi altra per narrare la trasformazione interiore di persone che ripartono da zero, ma se avessi effettivamente girato altrove, avrei avuto una diversa trama e altri attori. Genova è un film non esattamente autobiografico, ma comunque personale. Anch’io ho due figlie e, mentre scrivevo la sceneggiatura, mi sono ricordato del momento in cui la più grande, da adolescente, si sentiva ormai una donna, mentre la più piccola era ancora una bambina. E' un po' quello che succede a Kelly e a Mary. Ma tra le fonti di ispirazione c'è anche un romanzo di Marguerite Duras intitolato "Moderato cantabile”. MICHAEL WINTERBOTTOM (Blackburn, Inghilterra, 1961) Si laurea in Lingua e Letteratura Inglese ad Oxford. Dopo l'università, intraprende gli studi di cinematografia a Bristol e Londra, dove inizia a collaborare per la prestigiosa BBC. Debutta al cinema con BUTTERFLY KISS, nel 1994. L'anno successivo, dirige GO NOW, e nel 1996 lavora a JUDE, tratto dal romanzo di Thomas Hardy. Tra il 1997 e il 1998 realizza BENVENUTI A SARAJEVO e WONDERLAND. Dopo WITH OR WITHOUT YOU, del 1999, gira nel 2000 LE BIANCHE TRACCE DELLA VITA. Al Festival di Cannes del 2002 è in concorso con 24 HOUR PARTY PEOPLE, e nel 2004 con COSE DI QUESTO MONDO. Il suo penultimo film è THE ROAD TO GUANTANAMO del 2007. Regia YOJIRO TAKITA Sceneggiatua KUNDO KOYAMA Fotografia TAKESHI HAMADA Scenografia FUMIO OGAWA Costumi KATSUHIKO KITAMURA Montaggio AKIMASA KAWASHIMA Musiche JOE HISAISHI Interpreti e personaggi MASAHIRO MOTOKI Daigo Kobayashi, TSUTOMU YAMAZAKI Ikuei Sasaki, RYKO HIROSUE Mika Kobayashi, KAZUKO YOSHIYUKI Tsuyako Yamashita. Giappone 2008. 130 minuti. Oscar 2009 Premio Miglior Film Straniero. Quando l’orchestra in cui suona il violoncello si scioglie, Daigo Kobayashi abbandona la sua carriera nel campo della musica e si trasferisce con sua moglie a Yamagata in una provincia rurale del nord del Giappone. In questo luogo trova un annuncio per un “aiutante” che sembra offrire buone condizioni per un lavoro che lui crede essere in un agenzia di viaggi e si presenta per un colloquio in un ufficio in cui trova bare nuove allineate sul muro. Il proprietario della compagnia Sasaki lo assume dopo aver dato non più di uno sguardo al curriculum di Daigo; è a questo punto che Daigo chiede cosa faccia esattamente la compagnia e gli viene detto che il lavoro riguarda la preparazione cerimoniale dei corpi prima della cremazione… Si può affrontare la morte con serenità, parlandone con leggerezza ed anche, e non è un paradosso ma solo un tabù culturale, riderne di gusto. Succede, per esempio, quando il defunto da accompagnare è un uomo anziano circondato, tra figlie e nipotine, da un gruppo di donne, tutte ben vestite e perfettamente truccate. Una di queste lo bacia lasciando il segno del rossetto e subito viene imitata da tutte le altre che contente lasciano traccia dei baci sul viso del parente. Il film di Yojiro Takita ha tantissimi elementi tipici del cinema d’autore giapponese, tra cui la scelta dei luoghi, i pochi e sempre eleganti movimenti di macchina e le inquadrature di geometrica linearità. Quello che va soprattutto riconosciuto a “Departures” è l’indubbio merito di saper costruire un carattere davvero originale, che nasce da un particolarissimo mix di lirismo, comicità, sentimento, cui aggiunge sobrie ma profonde riflessioni sulla vita e sulla morte. Note di regia La prima volta che mi sono realmente interessato al lavoro dei “nokanshi” è stato quando ho letto il libro “Coffinman il giornale di un becchino Buddista” di Shinmon Aoki. Ero profondamente commosso da questo libro. Così ho cominciato ad avere interesse per vita e morte, ero completamente affascinato dal libro e dal lavoro del preparatore dei cadaveri. Il mio film parla della vita e della morte che può essere compianta in modo molto personale. Ero molto commosso da come la gente di culture diverse ha accolto il film. Credo anche che il modo in cui questo tema è stato mostrato con delicata umanità e il modo in cui ha portato una luce calda su questo soggetto, possano essere stati recepiti dal pubblico con sorpresa. Life during wartime Note di regia Un vecchio che mangia da solo. E’ stata questa immagine a catturarmi e, alla fine, a farmi prendere in considerazione il romanzo. Non il crimine. O la suspense. O il genere. Il Vecchio che mangia da solo. Come fa una persona a ritrovarsi sola nella vita? Quel Vecchio si chiede come è finito a mangiare solo in un bar senza nessuno accanto? Lo si può ignorare, dimenticare o nascondere per un po’, ma il passato finisce per ripresentarsi. Forse durante il secondo atto della sua vita il Vecchio è riuscito ad ignorare cosa aveva fatto nel primo atto, ma se vuole riuscire ad arrivare bene al terzo atto, dovrà affrontare tutto ciò che ha lasciato in sospeso. JUAN JOSÉ CAMPANELLA (Buenos Aires, Argentina, 1961) Ha lavorato negli Stati Uniti a serie televisive quali “Law & Order”, “Dr.House” e “30 Rock”. Oltre ad averli diretti, ha scritto la sceneggiatura di tre film: EL MISMO AMOR LA MISMA LLUVIA (1999), EL HIJO DE LA NOVIA (2001), e LUNA DE AVELLANEDA (2004). Oltre alla candidatura agli Oscar ottenuta per il miglior film straniero, ha vinto numerosi premi, tra cui diversi Emmy per la miglior regia. Lunedì 20 Settembre Okuribito Where in the World is Osama Bin Laden? Lunedì 22 Novembre Lunedì 29 Novembre IL TEMPO CHE CI RIMANE di Elia Suleiman The Time That Remains Regia e sceneggiatura ELIA SULEIMAN Fotografia MARC-ANDRÉ BATIGNE Scenografia SHARIF WAKED, MAHA ASSAL Costumi JUDY SHREWSBURY Montaggio VÉRONIQUE LANGE Musica MATTHIEU SIBANY. Interpreti e personaggi ELIA SULEIMAN Elia Suleiman SALEH BAKRI Fuad ALI SULIMAN Il ragazzo di Eliza AMER HLEHEL Anis. Francia/Palestina 2010. 105 minuti, Un surreale e poetico racconto autobiografico della vita della famiglia palestinese del regista dalla creazione dello stato di Israele, nel 1948, fino ai giorni nostri. Il padre Fuad è in pessima salute per le violenze subite, il piccolo Elia viene sgridato a scuola perché dice che l'America è imperialista, l'anziano vicino di casa ogni tanto tenta di darsi fuoco, la mamma scrive ai parenti emigrati. I ricordi intimi di una famiglia e del tempo trascorso insieme, la vita quotidiana di quei Palestinesi che decisero di restare e che furono etichettati come 'Arabi Israeliani', vivendo da stranieri nella loro stessa patria. Il racconto familiare ed intimo diventa così cronaca di un (non)paese, mostrando l'indifferenza delle nuove generazioni verso i conflitti dei loro progenitori e anche la capacità umana di adattarsi in qualsiasi situazione, per quanto paradossale e surreale possa essere. Sulemain riesce a fare tutto questo in modo affascinante ed originale, attraverso immagini di grande poesia e straordinaria efficacia, strappando più volte un sorriso o una risata dal sapore amaro. Il film non vuole (e non può) essere un racconto politico o epico di una delle più complesse storie dei nostri tempi, per questo è prima di tutto un sentito omaggio di Suleiman alla sua famiglia, alla sua casa e al suo paese. Se poi il film riesce anche a raccontarci molto di più è solo merito della magia del cinema e di questo regista/poeta. NOTE DI REGIA I miei film si ispirano alla mia vita quotidiana. Si dà il caso che la Palestina subisca un eccesso di esposizione mediatica, col conseguente risultato di lasciare campo libero agli ideologi sia a sinistra, sia a destra. Ho sentito che la mia sfida era quella di sottrarmi a questo approccio semplicistico e di fare film in cui non ci fosse nessuna lezione di storia da impartire. Mi sono focalizzato su momenti di intimità familiare, con la speranza di non ottenere altro che il piacere del pubblico e una certa verità nel modo di girare. Se raggiunge questo scopo, il film diventa universale e il mondo stesso diventa Palestina. Raquel, una donna di 42 anni, lavora da anni come domestica per i Valdes, una famiglia benestante e numerosa, e nonostante abbia un carattere scontroso e introverso, ormai si sente parte della famiglia. I guai cominciano quando Pilar, la sua padrona, assume una seconda cameriera per aiutarla. Sentendosi minacciata, Raquel fa scappare la nuova arrivata con maltrattamenti psicologici infantili e crudeli… Lo sguardo amaro su un nucleo famigliare allargato, forzato e non realmente proponibile, in primis a causa della differenza di classe, è il primo tema che Sebastián Silva presenta allo spettatore. Il film non si limita a questo: ogni volta che arriva a far maturare una chiave narrativa, ne propone immediatamente un'altra. Il personaggio di Raquel si definisce con un uso intelligente dei generi cinematografici: quando la sua nevrosi la porta ad aggredire le domestiche chiamate ad aiutarla, il thriller domina il registro del racconto, inquadrando Raquel come una donna potenzialmente pericolosa. L'incontro inaspettato con l'unica persona che riesca a comprenderla con la forza della semplicità e dell'empatìa, porta il film sul binario del tutto diverso, quello di un romanzo di formazione. Laureata come migliore attrice sia a Torino sia al Sundance, Catalina Saavedra disegna un personaggio enigmatico, fatto di chiaroscuri. È lei a caricarsi l'intero film sulle spalle. Senza un'attrice così, il sottile gioco che lo attraversa da cima a fondo, che spiazza di continuo le nostre abitudini e previsioni di spettatori, non potrebbe funzionare. Note di regia Il mio timore più grande era che questo film non sembrasse realistico. Ho una tendenza naturale alla caricatura, all’esagerazione, e non potevo permettere che ciò si verificasse per “La nana”. Questo film doveva essere un ritratto fedele. Doveva essere aderente alla realtà. Al termine del primo giorno delle riprese ho visto ciò che avevamo fatto e ho tirato un respiro di sollievo: l’interpretazione delle attrici e la macchina da presa avevano ricreato perfettamente ciò che avevo in mente. SEBASTIÁN SILVA (Santiago del Cile, Cile, 1979) Sebastian Silva è un artista poliedrico, i cui lavori spaziano dalla pittura, al disegno illustrato, alla musica popolare. Dopo studi e lavori tra i più vari, in diverse città del globo è a New York che scrive la sceneggiatura del suo primo film LA VIDA ME MATA, prodotto in Cile nel 2004. Lunedì 13 Dicembre NORD di Rune Denstad Langlo Regia RUNE DENSTAD LANGLO Sceneggiatura ERLEND LOE Fotografia PHILIP ØGAARD Montaggio ZAKLINA STOJCEVSKA Scenografia HEGE PÅLSRUD Costumi EMINA MAHMULJIN Musiche OLA KVERNBERG. Interpreti e personaggi ANDERS BAASMO CHRISTIANSEN Jomar Henriksen, KYRRE HELLUM Lasse, MARTE AUNEMO Lotte. Norvegia, 2008 - 78 minuti. Tribeca Film Festival 2009 Premio Miglior Regia. In seguito ad un esaurimento nervoso, l'ex sciatore professionista Jomar Henriksen lavora come impiegato sulle piste. Un tempo campione internazionale di discesa libera, ormai ha rinunciato completamente allo sport per vivere isolato in mezzo alla neve. Non vuole più sentire parlare di sci e si disinteressa del suo lavoro. Invece di occuparsi degli impianti di risalita, passa il suo tempo a bere e fumare. Finchè un giorno, un suo vecchio amico si ripresenta annunciandogli di avere un figlio che vive nel nord del paese. Jomar intravede la possibilità di iniziare una nuova esistenza. Dopo aver dato fuoco per sbaglio al suo alloggio si mette in viaggio sulla sua motoslitta con una scorta di cinque litri d’alcool… Se è vero che nei suoi assunti di base la struttura di “Nord” ricalca quella tipica di un road movie, dove il viaggio è primariamente viaggio interiore alla (ri)scoperta di sé stessi e verso il superamento delle proprie paure, è altrettanto vero che trova la sua personalità, non solo nei setting particolari, ma soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi, delle loro interazioni e nelle tonalità particolari che vengono adottate. Nel corso del suo cammino, Jomar compie delle tappe che non sono casuali: nel suo peregrinare s’imbatte prima in una ragazzina che vive sola con la nonna, poi in un iperagitato contadino poco più che ventenne, infine con un vecchio accampato su un lago ghiacciato. Una scansione generazionale, evidentemente simbolica di un processo esistenziale tutto interiore al protagonista, ma che non dimentica quello che lo circonda, raccontando molto di un paese e di alcune sue caratteristiche sociali, etnografiche e antropologiche. Note di regia Nel 2005 ho attraversato un periodo di forte depressione, con frequenti attacchi di ansia e di panico. Un giorno sono passato davanti al vecchio ski lift che usavo da bambino. Mi sono fermato e ho cominciato a pensare a tutti quei personaggi bizzarri che avevano lavorato lì. Sempre arrabbiati, esauriti e pieni di alcool. E’ stato lì, mentre ricordavo, che Jomar, il protagonista, ha preso vita. Il viaggio nel film copre una superficie di mille km. Per risparmiare tempo e denaro abbia concentrato le riprese in due regioni. Abbiamo girato tutte le scene prima del viaggio nella zona di Trondheim, una città della Norvegia centrale, e tutto il resto nel nord del paese, vicino a Troms County, a cinquecento km dal Circolo Polare Artico. Il film è stato girato nei mesi di febbraio e marzo, i più rigidi dell’inverno, la troupe faticava a spostarsi anche solo di pochi metri per il cambio scena. La bufera di neve che fa da sfondo alla lite tra Jomar e il suo miglior amico è vera e ha decisamente contribuito ad enfatizzare la tensione durante le riprese. RUNE DENSTAD LANGLO (Oslo. Norvegia, 1972) NORD è il primo film di Rune. Ha lavorato per dieci anni come regista e produttore nell'ambito del documentario. Ha diretto i documentari TOO MUCH NORWAY (2005) e 99% HONEST (2008). Lunedì 20 Dicembre FILM DA DEFINIRE ELIA SULEIMAN (Nazareth, Israele, 1960) Nato in Israele da famiglia araba, vive molti anni a New York, dove gira i primi cortometraggi che si fanno subito notare per il tono satirico con cui mettono in scena lo stereotipo dell'arabo visto da un occidentale. Nel 1994 Suleiman torna a Gerusalemme, per insegnare Film e media alla Birzeit University. Nel 1996 dirige il suo primo film. CRONACA DI UNA SPARIZIONE, premiato come migliore opera prima a Venezia. E' il suo secondo film, INTERVENTO DIVINO, a regalargli una popolarità internazionale, con il Premio della giuria al Festival di Cannes 2002. Nel 2006 è giurato al Festival di Cannes, dove torna in concorso nel 2009 con IL TEMPO CHE CI RIMANE.