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 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELL’INSUBRIA
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
DOTTORATO DI RICERCA IN CHIRURGIA E BIOTECNOLOGIE
CHIRURGICHE
Coordinatore: Prof. Lorenzo Dominioni
FISTOLE RINOLIQUORALI SPONTANEE: VERSO UN
MODERNO ALGORITMO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO
Tutor:
Dr. Sergio Balbi
Tesi di Dottorato in Chirurgia e Biotecnologie Chirurgiche di:
Dr. Cesare Zoia
Anno accademico 2014-2015
A Paola, Alma e Pietro
Indice
1 - Introduzione …..................................................................................................................... 4
2 - Storia della diagnosi e del trattamento delle fistole liquorali ….......................................... 6
3 - Anatomia del basicranio ….................................................................................................. 9
a) Fossa cranica anteriore …..................................................................................................... 9
b) Fossa cranica media …....................................................................................................... 10
c) Fossa cranica posteriore …................................................................................................ 14
4 - Liquor cefalorachidiano …................................................................................................. 16
5 - Le fistole rinoliquorali …................................................................................................... 21
a) Sedi d’insorgenza …........................................................................................................... 21
b) Epidemiologia e classificazione …................................................................................... 24
c) Manifestazioni cliniche ….............................................................................................…. 35
d) La diagnosi di fistola rinoliquorale …................................................................................ 36
e) Il trattamento …................................................................................................................. 46
6 - La nostra casistica ….......................................................................................................... 61
a) Caratteristiche della popolazione in studio ….................................................................... 61
b) Fase diagnostica …............................................................................................................. 62
c) Caratteristiche delle fistole …............................................................................................ 67
d) Fase chirurgica …............................................................................................................... 68
e) Fase post-operatoria e follow-up …................................................................................... 73
7 - Discussione ….................................................................................................................... 77
8 - Conclusioni ….................................................................................................................... 83
9 - Bibliografia ….................................................................................................................... 85
10 - Ringraziamenti …............................................................................................................. 93
3 Introduzione
Le fistole rinoliquorali sono anomale soluzioni di continuo fra lo spazio intracranico e
la regione nasosinusale. Nella fistola rinoliquorale vengono pertanto coinvolte tutte le
strutture che fisiologicamente separano queste due strutture: dura madre, aracnoide,
ossa del basicranio con relativo periostio e mucosa dei seni paranasali. Le fistole
rinoliquorali possono inoltre accompagnarsi a erniazione del contenuto intracranico,
parenchima cerebrale e tessuto meningeo(meningoencefalocele) o dal solo tessuto
meningeo(meningocele). Pur rappresentando entità cliniche relativamente rare le
fistole rinoliquorali presentano gravi e temibili complicanze a carico dell’encefalo;
come emicrania, meningiti batteriche ascendenti, ipotensione intracranica e coma,
generate proprio dalla anomala messa in comunicazione fra due strutture
fisiologicamente molto diverse. Proprio la morbilità e la mortalità della meningite
batterica ascendente ha reso la diagnosi precoce e il trattamento delle fistole
rinoliquorali di primaria importanza.
Le fistole rinoliquorali spontanee sono un eterogeneo gruppo di fistole a cui
afferiscono tutti i casi di fistola rinoliquorale per le quali non è stata possibile
identificare un meccanismo eziopatogenetico. Permane tuttavia il dubbio da parte di
molti autori che in tale gruppo confluiscano fistole rinoliquorali causate da patologie
non correttamente diagnosticate. Sebbene siano state effettuate numerose ricerche per
meglio identificare l’eziologia e la patogenesi delle fistole rinoliquorali spontanee non
si è ancora giunti a formulare un algoritmo diagnostico-terapeutico condiviso. Tale
tipologia di fistole, dai dati ricavati dalla analisi della letteratura, è gravata da un
maggiore tasso di recidiva rispetto alle fistole a eziologia nota probabilmente proprio
4 poiche' il fattore eziopatogenetico rimane spesso misconosciuto e conseguentemente
non trattato. Il presente studio, attraverso una valutazione retrospettiva della casistica
(2002-2013) delle Cliniche Otorinolaringoiatrica e Neurochirurgica dell’Ospedale del
Circolo e Fondazione Macchi-Università degli Studi dell’Insubria di Varese, analizza
una popolazione di 103 pazienti sottoposti a intervento chirurgico di riparazione di
fistola rinoliquorale spontanea. Scopo di questa tesi è arrivare alla stesura di un
algoritmo diagnostico-terapeutico per le fistole rinoliquorali spontanee e in
particolare:
•
Identificare le indagini diagnostiche opportune per una diagnosi precoce delle
fistole rinoliquorali spontanee.
•
Validare l’approccio endoscopico endonasale come tecnica chirurgica di scelta
nel trattamento delle fistole rinoliquorali spontanee.
5 Storia della diagnosi e del trattamento delle fistole liquorali
Il primo a descrivere la rinoliquorrea fu Galeno di Pergamo nel II secolo d.C., medico
romano alla corte dell’imperatore Marco Aurelio e “therapeutes” del dio Asclepio;
mise in correlazione la fuoriuscita dell’umore dalle fosse nasali con quello contenuto
nei ventricoli cerebrali. Egli tuttavia non né sospetto' alcun significato patologico,
attribuendo alla rinoliquorrea una funzione semmai “depurativa”. Nel 1745 abbiamo
da parte di Bidloo the Elder, medico personale di Guglielmo III re d’Inghilterra, la
prima descrizione di rinorrea correlata a un trauma con frattura delle ossa craniche.
Miller nel 1826 è invece considerato il primo a riportare un caso di rinoliquorrea di
origine non traumatica. A Escat, invece, dobbiamo la descrizione del primo caso di
otoliquorrea sponteanea[1]. Solo l’avvento delle tecniche radiologiche renderà
possibile diagnosticare una soluzione di continuo fra le cavità nasali e le fosse
craniche in un paziente in vita: Luckett nel 1913, usando radiografie planari, descrisse
questa patologia associata a un pneumoencefalo. Nel 1937 Casirns fu il primo a
proporne una classificazione, che verrà realizzata solamente nel 1964 da O’Connel[2]
e poi modificata da Ommaya, Vrabec e Hallberg, suddividendole in base
all’eziologia: traumatica acuta, traumatica ritardata, postoperatoria e spontanea[3].
Dandy nel 1926 descrisse il primo intervento di riparazione di una fistola
rinoliquorale, esso consisteva in un approccio transcanico, e la riparazione della
soluzione di continuo era ottenuta grazie alla apposizione dietro la parete posteriore
del seno frontale di fascia lata autologa[4]. Cairns nel 1937 perfezionò questa tecnica
posizionando la fascia lata a livello extra durale. Le problematiche di tale approccio
erano però rappresentate da una notevole invasività, con recupero più lento che si
6 traduceva in una maggiore ospedalizzazione e una efficacia inferiore al 60%[5]. Il
primo approccio extracranico fu effettuato da Dohlman nel 1948[6], che corresse una
fistola della lamina cribra attraverso un’incisone naso-orbitaria utilizzando innesti di
turbinato e setto. Il primo a effettuare una riparazione di fistola rinoliquorale per via
extracranica transnasale endoscopica fu Wigand nel 1981[7], in un caso di fistola
rinoliquorale iatrogena verificatasi durante un intervento di chirurgia endoscopica.
Tale approccio sarà successivamente utilizzato da Kennedy e Mattox[8], che
utilizzeranno l’endoscopia nasale sia come tecnica riparativa sia per la diagnosi in una
serie di pazienti con fistola rinoliquorale post-traumatica. Questi ultimi autori, insieme
a Stankiewicz, Stammberger e Draf[9,10] permetteranno a tale tecnica di diventare un
importante strumento per la risoluzione di tale patologia, rendendo questo approccio
chirurgico di scelta e vantaggioso in termini di invasività, con una percentuale di
successo stimata attorno al 90%. L’approccio endonasale endoscopico pertanto viene
attualmente considerato come tecnica “gold standard” nel trattamento delle fistole
rinoliquorali[11-13]. La riparazione chirurgica tramite approccio endoscopico
permette infatti una ampia e dettagliata visione del campo operatorio grazie anche
all’utilizzo di ottiche terminali inclinate, la cui rotazione a 360° permette un controllo
accurato del campo chirurgico. La via d’accesso, transnasale, consente inoltre un
approccio diretto alla lesione senza necessità di incidere la cute, rimuovere o
sezionare le strutture ossee, con un notevole miglioramento dal punto di vista della
invasività, nella riduzione delle complicanze post-operatorie e nei tempi di ricovero.
Le strumentazioni di cui ci si può avvalere sono in continua evoluzione, sia per
quanto riguarda la chirurgia miniaturizzata, sia per quanto riguarda il sistema visivo
7 (schermi HD, tecnologia 3D). Sono inoltre di recente introduzione strumentazioni e
tecniche ausiliarie che facilitano la procedura chirurgica, come l’utilizzo del
neuronavigatore o la valutazione endoscopica intraoperatoria dopo somministrazione
di fluorescina sodica per via intratecale. Anche la fase diagnostica ha subito decisi
miglioramenti. All’anamnesi e all’esame obiettivo viene attribuito solamente a valore
presuntivo, in quanto possibili falsi-positivi; la valutazione delle fosse nasali per via
endoscopica resta di primaria importanza e si puo' avvalere, eventualmente, della
somministrazione di fluoresceina sodica intratecale, che risulta essere fondamentale
per una corretta diagnosi topografica diretta della sede della lesione. L’introduzione
della tomografia computerizzata e della risonanza magnetica, anch’esse in fase di
continuo perfezionamento, hanno permesso di migliorare la fase diagnostica e, a
tutt’oggi, sono considerate di primaria importanza per la diagnosi e la localizzazione
della sede del difetto. Nuove tecniche immunoistochimiche come la ricerca della β2transferrina - marker qualitativo - e il dosaggio della beta trace protein (βTP) - marker
quantitativo - nelle secrezioni nasali sono fortemente diagnostiche a tal punto che una
concentrazione di βTP superiore a 1.5 mg/L dà da sola diagnosi di certezza[14].
8 Anatomia del basicranio
Il basicranio separa la cavità cranica dalle strutture facciali; concorrono alla sua
composizione l'etmoide, lo sfenoide, il frontale, l'occipitale e le ossa temporali.
Questa regione anatomica risulta essere chirurgicamente molto complessa. La
conoscenza dell'anatomia normale e delle sue varianti è essenziale per il trattamento
chirurgico efficace della malattia in questo distretto anatomico.
Fossa cranica anteriore
La fossa cranica anteriore è una depressione nel pavimento della volta cranica
costituita dall’osso frontale, etmoide e sfenoide; essa è inferiormente in rapporto con
il tetto dell’orbita e con i seni paranasali. I suoi limiti posteriori sono costituiti dal
tubercolo della sella medialmente, e lateralmente dai margini posteriori delle piccole
ali dello sfenoide. La fossa cranica anteriore è formata dalla lamina cribrosa
dell’etmoide, dalle piccole ali e dalla parte anteriore del corpo dello sfenoide e dalla
lamina orbitaria dell'osso frontale, la quale costituisce da sola la maggior parte del
pavimento della fossa cranica anteriore. Lungo la linea mediana sono evidenziabili
numerose strutture anatomiche. Anteriormente vi è la cresta frontale, che è improntata
al suo interno dal solco del seno sagittale superiore. La cresta frontale assottigliandosi
termina nel forame cieco in cui decorre una piccola vena che dalla cavità nasale si
porta al seno longitudinale superiore. Procedendo anteroposteriormente troviamo la
crista galli, che rappresenta la parte superiore della lamina verticale dell’etmoide,
luogo di fissaggio della falce cerebrale, sepimento durale a forma di setto, situato per
la sua interezza lungo la scissura interemisferica. La crista galli si mette in rapporto
9 con l’osso frontale mediante due espansioni, i processi alari, che completano il foro
cieco dell’osso frontale stesso. Ai lati di essa sono identificabili le scanalature
olfattorie formate dalla lamina cribrosa, devono il loro nome alla presenza di
numerosi forami di ridotte dimensioni adibiti al passaggio dei filuzzi olfattori del
bulbo olfattorio. All'estremità anteriore e posteriore della lamina vi sono i forami
etmoidali anteriore e posteriore, deputati al passaggio dei nervi omonimi, entrambi
rami di V1, e della corrispettiva arteria e vena. In virtù degli stretti rapporti che la
lamina cribra ha nei confronti delle fessure olfattorie delle cavità paranasali, questa
struttura, in particolare in prossimità dei forami etmoidali, costituisce uno dei luoghi
di minore resistenza di tutto il basicranio, e pertanto è sede frequente di fistole
rinoliquorali spontane[15]. In particolare la posizione della lamina laterale della
cribra, caratterizzata da una ampia variabilità interindividuale(tipo I, II e III),
rappresenta un forte rischio chirurgico per la creazione di fistole rinoliquorali
iatrogene[16]. Posteriormente alla lamina cribrosa si estende il giogo sfenoidale, una
lamina ossea piatta che si prolunga lateralmente nelle piccole ali dello sfenoide,
queste ultime chiudono posteriormente la fossa cranica anteriore.
Fossa cranica media
La fossa cranica media che comprende nella sua parte mediale la regione della sella
turcica, è formata dal corpo, dalle piccole e grandi ali dello sfenoide, dalla squama del
temporale e dalla faccia anteriore delle rocche petrose. E' delimitata dai margini
posteriori delle piccole ali dello sfenoide, dai processi clinoidei anteriori e dal
margine anteriore del solco chiasmatico, mentre i suoi limiti posteriori sono gli angoli
10 superiori delle porzioni petrose delle ossa temporali e la lamina quadrigemina della
sella o dorso sellare. Sulla linea mediana si trova la sella turcica, entro la quale è
alloggiata l’ipofisi. Questa struttura è delimitata anteriormente da un rilievo
arrotondato denominato tubercolo della sella al davanti del quale si trova un solco
trasversale, il solco del chiasma ottico. Tale solco accoglie il chiasma dei nervi ottici,
e si continua lateralmente sino ai fori ottici, che si immettono nelle cavità orbitarie e
ospitano l’arteria oftalmica e il nervo ottico. Anteriormente il solco del chiasma è in
continuità con le docce olfattorie. I margini laterali della sella possono eventualmente
presentare, nel loro tratto intermedio, un piccolo rilievo, il processo clinoideo medio.
La regione sellare, anche in virtù dei differenti gradi di pneumatizzazione con cui si
può presentare il seno sfenoidale (sellare, presellare, concale o situazioni intermedie),
è uno dei siti di localizzazione preferenziale delle fistole rinoliquorali, tipiche quelle
del tetto, e meno frequenti quelle del pavimento sellare, della parete posteriore e del
recesso laterale. In questa sede raramente è possibile riscontrare il canale di
Sternberg[17], un canale craniofaringeo originato da un difetto di chiusura fra le
grandi ali e il corpo dello sfenoide. La presenza di tale struttura, combinata a una
ampia pneumatizzazione del seno sfenoidale, rappresenta un punto di minore
resistenza del basicranio e possibile sede di fistola rinoliquorale con parziale
erniazione del lobo temporale nel recesso laterale dello sfenoide[18]. Lo spazio sellare
è chiuso posteriormente dalla lamina quadrigemina della sella. Questa struttura si
articola con la parte basilare dell’occipitale, andando a formare la sincondrosi sfenooccipitale, o, dopo l’ossificazione di quest’ultima, attorno ai 25 anni circa, il clivus.
Anch'esso è sede, seppur raramente, di fistole rinoliquorali spontane, sebbene vi sia
11 l’ipotesi di un origine congenita delle stesse a causa della presenza di un residuo di
notocorda embrionale. I fianchi del corpo dello sfenoide sono percorsi dalla curva
sigmoide dell'arteria carotide interna (ICA) nel suo percorso attraverso il seno
cavernoso, una struttura vascolare di tipo venoso che viene definita tale per la sua
architettura interna spugnosa, in quanto riccamente sepimentata da propaggini fibrose.
Questo seno venoso decorre anteroposteriormente dalla fessura orbitaria superiore
all’apice della rocca petrosa del temporale. Il lume del seno cavernoso è attraversato
dall’ICA(tratto intracavernoso), dal plesso carotico interno dell'ortosimpatico e dal
nervo abducente(VI). All’interno della parete laterale del seno cavernoso decorrono: il
nervo oculomotore comune(III), il nervo trocleare(IV), il nervo oftalmico(V1), e il
nervo mascellare(V2). Lateralmente e inferiormente alla sella turcica si stendono le
grandi ali dello sfenoide, che occupano la maggior parte del pavimento osseo della
fossa cranica media. Di forma semilunare, originano dalle facce laterali del corpo e da
qui procedono in avanti e in fuori, incurvandosi verso l’alto. I loro margini anteriori
delimitano, assieme al margine posteriore delle piccole ali, la fessura orbitaria
superiore, che collega la fossa cranica media con le cavità orbitarie. Attraverso tale
struttura passano i nervi oculomotore, trocleare e abducente(III,IV,VI), i rami
terminali del nervo oftalmico(V1) e la vena oftalmica. Lungo la base delle grandi ali,
in prossimità del loro margine convesso, sono evidenziabili tre fori, procedendo in
senso anteroposteriore essi sono:
- il forame rotondo, situato postero-inferiormente alla fessura orbitaria superiore è
percorso dalla branca mascellare(V2) del nervo trigemino, che si immette nella fossa
pterigo-palatina.
12 - il forame ovale, mette in comunicazione la fossa cranica media con la fossa
infratemporale, tale forame è percorso dal nervo mandibolare(V3), branca del nervo
trigemino, dall’arteria meningea accessoria e dal nervo petroso superficiale minore.
- il forame spinoso, attraversato dall’arteria e dalla vena meningea media e dal nervo
spinoso, ramo collaterale del nervo mandibolare(V3).
Si riscontra poi in maniera incostante - 17% sec.Wysocki et al. - il foro del
Vesalio[19], che collega il plesso pterigoideo con il seno cavernoso e trasmette una
piccola vena emissaria che drena il seno cavernoso stesso. La fossa cranica media è
chiusa posteriormente dalla faccia superiore o anterosuperiore della piramide
dell’osso temporale, che si continua lateralmente nella squama a formare l’incisura
petrosquamosa. Nella sua porzione laterale la faccia superiore è costituita da una
lamina sottile, il tegmen tympani sottile strato osseo che forma il tetto della cavità
timpanica, separandolo dalla cavità cranica. Nella porzione mediale è possibile
osservare l’eminenza arcuata, rilievo del sottostante canale semicircolare superiore.
Anteriormente ad esso troviamo lo hiatus del canale faciale, che ospita il nervo grande
petroso superficiale, ramo del faciale, ed il ramo petroso dell’arteria meningea media.
Lateralmente a esso scorre il solco del nervo piccolo petroso superficiale, ramo
terminale del nervo timpanico. L’apice della rocca si articola con lo sfenoide e con
l’occipite a formare il canale carotideo, percorso dall'ICA e dal plesso carotideo. In
prossimità dell’apice è inoltre presente l’impronta del trigemino, che accoglie il
ganglio semilunare(del Gasser).
13 Fossa cranica posteriore
La fossa cranica posteriore è formata dalla faccia posteriore della lamina
quadrigemina dello sfenoide, dalla faccia posteriore delle piramidi del temporale e
dalla porzione inferiore della squama occipitale. E’ chiusa anteriormente dal margine
superiore del dorso sellare e lateralmente dai margini superiori delle piramidi del
temporale, superiormente dal tentorio del cervelletto e inferiormente dal forame
magno. All’interno di quest’ultimo passano il midollo allungato, i nervi accessori
spinali e le arterie vertebrali, e sul contorno laterale è presente inoltre il canale
dell’ipoglosso, deputato al passaggio del dodicesimo nervo cranico. Lateralmente al
forame magno, lungo l’articolazione fra piramide del temporale e osso occipitale, è
presente il foro giugulare(o forame lacero posteriore). Esso è costituito da un’ampia
apertura delimitata dal margine anteriore dell’osso occipitale posteriormente, e dal
margine posteriore della piramide dell'osso temporale anteriormente. Questi
affrontandosi con due piccoli processi intragiugulari, dividono il foro giugulare in due
porzioni; una antero-mediale in cui passa il nervo glossofaringeo(XI), e una posterolaterale in cui decorrono il nervo vago(X), il nervo accessorio(XI) e la vena giugulare
interna, continuazione questa del seno trasverso. Lungo la faccia posteriore delle
rocche petrose è possibile individuare il meato acustico interno, che è attraversato dal
nervo faciale propriamente detto(segmento meatale), dal nervo intermedio(del
Wrisberg) e dal nervo vestibolo-cocleare. Lateralmente e posteriormente a esso è
possibile osservare l’acquedotto del vestibolo, deputato al passaggio del sacco
endolinfatico. La fossa cranica posteriore è chiusa dalla squama dell’osso occipitale.
Sul versante endocranico è individuabile la cresta occipitale interna, parte inferiore
14 dell’eminenza crociata, che divide le due fosse cerebellari, si biforca in direzione del
forame magno, e assieme alla protuberanza occipitale interna dà inserzione alla falce
cerebrale. 15 Liquor cefalorachidiano
Il liquido cefalorachidiano (liquido cerebrospinale o liquor), in inglese cerebrospinal
fluid(CSF), è un liquido incolore, limpido e sterile che viene prodotto per la maggior
parte a livello dei plessi corioidei. Si trova nello spazio subaracnoideo, tra aracnoide e
pia madre. Permea la corteccia cerebrale, il midollo spinale, le guaine dei nervi ottici
e occupa le cisterne, i ventricoli cerebrali e il canale midollare. Il volume medio è
nell'adulto di circa 150 ml, 25 ml nei ventricoli e 125 ml in spazi sub aracnoidei. Esso
subisce un ricambio completo tre volte al giorno. Ha una pressione normalmente
compresa tra 50 e 180 mm d'acqua, di poco superiore a quella venosa. La produzione
giornaliera è di circa 450 millilitri di liquido cerebrospinale, circa 0.3 cc al minuto. La
riduzione del tasso di turnover durante l'invecchiamento porta ad accumulo di
cataboliti nel sistema nervoso centrale e, di conseguenza, nel liquido cerebrospinale
che si osserva in alcune malattie neurodegenerative. La pressione del liquor, che puo'
essere misurata anche livello lombare a paziente sdraiato su di un fianco, è variabile a
seconda di età, pressione intracranica, onda pulsatoria data dalla sistole ventricolare e
atti respiratori. Una delle sue funzioni principali risulta essere quella protettiva dalle
concussioni. Esso infatti avvolge completamente il cervello e fornisce attraverso un
meccanismo di ammortizzatore idraulico, assieme alle ossa craniche, a quelle del
massiccio facciale e ai seni paranasali, un ottimo sistema di protezione dell’encefalo
dagli urti. La spinta di galleggiamento che ne deriva permette inoltre di ridurre gli
effetti che la gravità avrebbe sulle strutture intracraniche. Ciò è molto importante data
la particolare consistenza del tessuto cerebrale, specialmente in rapporto con le
strutture che lo circondano. Indipendentemente dal ruolo protettivo il liquor
16 cefalorachidiano veicola numerose sostanze al liquido interstiziale, essendo con esso
in continuo interscambio, contribuendo a mantenere costante la composizione di quel
microambiente. Lo prova la presenza nel liquor di numerose sostanze biologicamente
attive(releasing factors, neurotrasmettitori, ormoni, metaboliti e sostanze nutritizie).
E’ inoltre sede di meccanismi cellulari e umorali di tipo immunitario e una certa
quantità delle scorie metaboliche del tessuto nervoso, anziché essere riassorbita dai
capillari, finisce nel liquor, che in questo caso assume la funzione di allontanare i
prodotti del catabolismo attraverso il sistema venoso. Il liquor è prodotto
prevalentemente(70%) dai plessi coroidei dei ventricoli laterali con un meccanismo
che non è una semplice ultrafiltrazione, ma comporta una serie di modificazioni del
plasma con consumo di energia, compresi meccanismi di trasporto attivo di metaboliti
dal plasma al liquor. Esso è infatti caratterizzato da una prima fase di ultrafiltrazione,
attraverso la superficie delle cellule ciliate, con passaggio delle molecole dal siero dei
capillari corioidei(che non presentano giunzioni serrate e hanno ampie fenestrature)
allo spazio interstiziale dell’asse vascolare dei plessi e da una seconda fase, un
processo attivo di assorbimento-trasformazione-escrezione da parte dell’epitelio.
Quest’ultimo è fornito di giunzioni serrate, di villosità apicali e di numerosi
mitocondri, in analogia all’epitelio del tubulo renale. La vascolarizzazione dei plessi
corioidei proviene dalle arterie corioidee anteriore e posteriore. L’evidenza del ruolo
dei plessi corioidei nella produzione del liquido cefalorachidiano, come la sua
derivazione plasmatica, è dimostrata dalla misurazione dell’ematocrito nelle arterie e
vene afferenti, con la dimostrazione della emoconcentrazione che avviene nel
passaggio fra i due vasi. Il restante 30% della produzione di liquor è ottenuta
17 attraverso un passaggio dall’interstizio cerebrospinale al sistema ventricolarecisternale-subaracnoideo per il 20% circa, e per il 5-10% dai vasi sanguigni degli
spazi subaracnoidei. La composizione del liquor è in equilibrio con quella del liquido
extra-cellulare, simile a un ultrafiltrato del plasma e rispecchia il metabolismo del
tessuto cerebrale. Rispetto al plasma da cui origina il liquor si differenzia per il minor
valore di pH e le minori concentrazioni di sodio, potassio, bicarbonati, calcio,
glucosio e proteine, mentre sono più elevate quelle di magnesio e di cloro. La
presenza della barriera emato-encefalica è la causa di questa diversa composizione.
Infatti il passaggio delle molecole attraverso la barriera viene influenzato dalle
dimensioni, dal grado di liposolubilità e di dissociazione ionica e dalla presenza di
trasportatori specifici. Alcune molecole come l’acqua, e gas come l’O2, e la CO2
passano facilmente dal sangue al liquido cerebrospinale per diffusione passiva
attraverso le membrane cellulari. Esistono poi specifici sistemi di trasporto,
specialmente per gli elettroliti. In particolare il trasporto attivo di Na+ è garantito
dalla Na-K-ATPasi apicale. Trasporti attivi sono presenti anche per glucosio, vitamina
C, folati, e vitamina B6. L’enzima anidrasi carbonica fornisce un impulso alla
formazione di liquor, attraverso la formazione dello ione bicarbonato, poiché la sua
estrusione dalle cellule dell’epitelio corioideo è in antiporto con l’ingresso di ione
cloruro. Ciò spiega l’effetto che hanno gli inibitori della anidrasi carbonica(es.
Acetazolamide) sulla produzione del liquor. Il passaggio delle proteine plasmatiche è
influenzato dal gradiente di concentrazione, dall’età del soggetto, dalla velocità di
flusso e dalla presenza di una sintesi locale. Le basi strutturali della barriera sono
costituite da uno strato endoteliale privo di fenestrature e ricco di giunzioni serrate,
18 disposto su una membrana basale continua, da espansioni gliali astrocitarie e dalla
scarsa presenza di vescicole di pinocitosi a livello delle cellule endoteliali. Il liquor,
caratteristicamente povero di proteine, contiene la β-2-transferrina. E’ presente
esclusivamente nell'umor vitreo e nella perilinfa dell'orecchio interno, oltre che nel
liquor. Essa pertanto risulta essere un ottimo marker(qualitativo) della presenza di
liquor nelle secrezioni nasali. Inoltre, del tutto recentemente, è stata isolata nel liquor
la beta trace protein, presente in concentrazione circa 35 volte superiori a quella degli
altri liquidi organici. La determinazione di valori di βTP superiori a 1.5 mg/L è indice
sicuro di LCS(marker quantitativo). Rispetto alla β2-transferrina, l'analisi βTP è di più
rapida e facile esecuzione. In condizioni patologiche(malattie infiammatorie,
tumorali, vascolari, tossiche, disordini immunitari) la barriera emato-encefalica perde
la sua permeabilità selettiva, con conseguenti modificazioni della concentrazione dei
componenti liquorali. La circolazione del liquor da siti di secrezione ai siti di
assorbimento dipende in gran parte dall’onda di polso arterioso, e dalla continua
attività dei plessi corioidei. Altri fattori, quali gli atti respiratori, la postura del
soggetto, la pressione venosa giugulare e lo sforzo fisico modulano la dinamica di
flusso. Dai ventricoli laterali il liquor tende a scorrere lentamente attraverso i forami
di
Monro,
passando
nel
III
ventricolo,
per
poi
percorrere
il
canale
acqueduttale(acquedotto di Silvio) e sfociare nel IV ventricolo; da questo, attraverso i
fori di Magendie e di Luschka, si diffonde negli spazi subaracnoidei peri-encefalici e
peri-midollari compresi tra la pia madre e l'aracnoide e nel canale ependimale centro
midollare. A livello della corteccia cerebrale segue le propaggini dello spazio
subaracnoideo lungo i vasi sanguigni (spazi di Virchow-Robin). L’assorbimento del
19 liquido
cefalorachidiano
nel
sistema
venoso
è
compiuto
dai
villi
aracnoidali(granulazioni del Pacchioni) attraverso un meccanismo di filtrazione e
osmosi. Sono costituiti da estroflessioni dell’aracnoide e funzionano con un
meccanismo a valvola permettendo il flusso unidirezionale del LCS dagli spazi
subaracnoidei al sangue venoso. Vie secondarie di drenaggio sono il canale
ependimale del midollo, la via transaracnoidea attraverso le leptomeningi, i vasi
linfatici dei nervi cranici e spinali e infine la via transependimale, attraverso lo spazio
intercellulare del parenchima.
20 Le fistole rinoliquorali
La fistola rinoliquorale è un’anomala soluzione di continuo tra lo spazio intracranico e
la regione nasosinusale. Si forma in seguito ad una lesione(spontanea o secondaria a
trauma o malattia) che coinvolge tutte le strutture anatomiche che separano tali
regioni: la mucosa nasale, la limitante ossea della rinobase e le membrane
meningee(dura madre e aracnoide). La fistola rinoliquorale può accompagnarsi a
erniazione del contenuto intracranico, rappresentato dal tessuto meningeo
unicamente(meningocele) o insieme al parenchima cerebrale(meningoencefalocele).
L’identificazione certa del contenuto del difetto è però possibile solo mediante
biopsia, che viene effettuata esclusivamente in sede intraoperatoria. Le fistole
rinoliquorali possono localizzarsi dovunque, a livello del basicranio. Esistono tuttavia
delle localizzazioni più frequenti che sono, peraltro, sedi preferenziali delle fistole
rinoliquorali spontanee: zone di minor spessore osseo, associate a seni paranasali
notevolmente pneumatizzati[15]. Le sedi più comuni di fistola liquorale sono: la
lamina cribrosa(35%), l'etmoide(32%), la parete posteriore del seno frontale(7%) e il
seno sfenoidale(24%)[15]. Molto più rare le fistole della fossa cranica media o
posteriore. Le casistiche sono spesso discordi, tuttavia Woodworth e colleghi[20] con
una casistica di 55 pazienti e Lopatin[21] con una di 173 pazienti ci indicano i tre siti
più frequenti per lo sviluppo di una fistola rinoliquorale spontanea: lamina cribra,
tetto etmoidale e recesso laterale dello sfenoide.
Sedi d'insorgenza
Etmoide: e’ uno siti di localizzazione più comune delle fistole rinoliquorali spontane,
21 l’estrema sottigliezza della lamina cribra, particolarmente in prossimità dell’arteria
etmoidale anteriore, conferiscono molta fragilità a tale struttura[15] e la presenza di
granulazioni aracnoidali, che accompagnano i filuzzi olfattori, ne costitutuiscono un
fattore predisponente.
Sfenoide: il seno sfenoidale presenta numerose varianti in base al grado di
pneumatizzazione. Possiamo distinguerne tre varianti: sellare, pre-sellare e concale. Il
tipo “sellare” è il più comune(75% circa), dove il seno pneumatizzato si estende al di
sotto della sella turcica. Nel tipo “presellare”(25%circa) la cavità non si estende oltre
alla parete anteriore della sella. In ultimo la variante “concale”, la meno comune, è
caratterizzata da uno spessore osseo, fra sella e seno sfenoidale superiore a 1 cm. Le
fistole spontane hanno in questa sede due localizzazioni preferenziali; la regione
perisellare e il recesso laterale. In regione perisellare tipiche localizzazioni sono a
livello del tetto(le più comuni), il pavimento della sella, e la parete posteriore[15].
Alcune varianti anatomiche sono state associate all’insorgenza di fistole rinoliquorali
spontane sfenoidali. Una ampia pneumatizzazione del recesso laterale dello sfenoide
è stato riscontrato nel 91% di pazienti con fistola rinoliquorale spontanea a origine
sfenoidale[22]. Anche l’orientamento della porzione inferiore della parete laterale del
seno sfenoidale(concavo verso l'esterno) sembra associarsi frequentemente alle fistole
rinoliquorali spontanee. Ulteriori fattori predisponenti sono stati identificati nella
presenza di granulazioni aracnoidali della fossa cranica media, e nella presenza della
sindrome della sella vuota. Da ricordare in questa sede la possibile presenza del
canale di Sternberg[23], un difetto osseo congenito localizzato nella parte posteriore
della parete laterale[17], lateralmente al nervo mascellare( V2 ). Esso origina da
22 un’incompleta fusione delle grandi ali al corpo dello sfenoide dando origine a un
canale craniofaringeo, chiamato canale di Sternberg dal nome di colui che per primo
lo descrisse nel 1888. Esso si colloca lungo il decorso dell’ICA, medialmente alla
fessura orbitaria superiore e al forame rotondo. Discussa è la patogenesi delle fistole
rinoliquorali in questa sede: se apparentemente la predisposizione anatomica
suggerirebbe una origine congenita, il riscontro piu' frequente in età adulta la
smentisce. Sembrerebbe tuttavia che la combinazione di un assottigliamento osseo
associata a una ampia pneumatizzazione del seno sfenoidale possa favorire lo
sviluppo di fistole rinoliquorali in questa sede[18].
Seno frontale: la parete posteriore del seno frontale delimita anteriormente la fossa
cranica anteriore, ed è con essa in stretto rapporto. Lo scarso spessore di tale osso lo
rende luogo possibile, seppur poco frequente, di fistola rinoliquorale spontanea. Può
tuttavia essere interessato da eventi traumatici, in questo caso fistole rinoliquorali
post-traumatiche si associano ai traumi e a fratture del massiccio facciale.
Clivus: il clivus, meno frequentemente, può essere sede di fistola rinoliquorale
spontanea, in particolare a livello della sincondrosi sfenooccipitale, che forma la
parete posteriore del seno sfenoidale, sebbene permanga il dubbio che molti di questi
casi siano attribuibili a fattori congeniti come la presenza di un residuo della
notocorda embrionale[24].
Osso Temporale: le localizzazione più comuni delle fistole rinoliquorali spontane in
questa sede, seppur molto rare, sono il tegmen tympani e il tegmen mastoideum.
Fattori predisponenti sembrano essere la presenza di granulazioni aracnoidali. Da
segnalare la possibilità di fistole rinoliquorali originatesi all’apice della rocca petrosa,
23 che, per varianti anatomiche, vengono a trovarsi a livello del seno sfenoidale. Le
fistole a livello dell'osso temporale non saranno oggetto di trattazione in questa tesi.
Epidemiologia e classificazione
Il primo autore a proporre una classificazione per le fistole rinoliquorali fu O’Connel,
nel 1964, secondo l’eziopatogenesi, distinguendole in traumatiche e non traumatiche,
queste divise a loro volta in primariamente spontane e secondariamente spontanee[2].
Ommaya nel 1968[3] propose un’ulteriore classificazione, anche questa divisa fra
traumatiche e non traumatiche. In essa scompariva il termine spontaneo, l’autore
suggerì anzi di abbandonarlo, perché fuorviante ed eccessivamente utilizzato.
Secondo Ommaya le fistole rinoliquorali traumatiche derivano da un trauma craniofacciale o da un precedente intervento chirurgico su seni paranasali, base cranica o
rocche petrose. Ulteriore distinzione per le fistole traumatiche era data dall’insorgenza
della liquorrea, precoci se prima dei tre mesi, tardive se successive. Le fistole
rinoliquorali spontanee erano a loro volta suddivise in relazione alla pressione
endocranica, alta pressione in caso di ipertensione endocranica o tumori, bassa
pressione per processi infettivi o lesioni osteolitiche. A Martine et al. nel 1991 il
merito di aver associato alla patogenesi delle fistole rinoliquorali la sindrome della
sella vuota, correlata a sua volta all’ipertensione endocranica[25]. L’aumento della
pressione endocranica, secondo questi autori, creerebbe una cisti aracnoidale
all’interno della sella attraverso un lento e progressivo sfiancamento del suo
diaframma. Il carico pressorio che si viene così a trovare sul tetto sfenoidale
porterebbe ad una erosione dello stesso con la formazione di una fistola rinoliquorale.
24 Har-el nel 1999 perfeziona le classificazioni precedenti, con una ampia revisione della
letteratura, suddividendo le fistole traumatiche accidentali in penetranti e non
penetranti, e le iatrogene in accidentali e dovute a ricostruzione imperfetta[26]. Egli
inoltre suggerisce di evitare l’utilizzo del termine spontaneo, a causa della ampia
variabilità di interpretazioni di questo termine in letteratura, e lo assimila al concetto
di idiopatico. 25 Secondo le attuali casistiche(Banks at al, 2009) solo il 4-5% delle fistole rinoliquorali
è di origine non traumatica, mentre il 96% circa trae origine da un trauma, non
iatrogeno nell' 80% dei casi, iatrogeno nel 16%[27]. Le fistole rinoliquorali
spontanee, si associano a una prognosi peggiore, con un maggiore tasso di recidiva
dopo riparazione chirurgica, a una maggiore presenza erniazioni meningoencefaliche
e a una elevata associazione di difetti multipli della base cranica[28].
Fistole rinoliquorali traumatiche: si associano a traumi, specialmente frontali. Lo
scarsissimo spessore di alcune lamelle ossee, nonché il ruolo protettivo che hanno i
seni paranasali nei confronti dell’encefalo assorbendo gli urti, rendono le fistole
traumatiche le più frequenti. Vengono suddivise in accidentali e iatrogene, compaiono
nel 3% dei casi in traumi cranici chiusi, nel 9% nei traumi cranici aperti, e nel 10-30%
in caso di fratture del basicranio[29]. La loro frequenza è maggiore nel sesso maschile
tra la terza e la quinta decade di vita. Nell'infanzia, a causa della flessibilità delle ossa
craniche, sono abbastanza rare[30]. La sintomatologia è precoce, con comparsa entro
due giorni dall’evento nell’80% dei casi, ed il 95% entro tre mesi dall’evento
traumatico[31]. Una ulteriore distinzione in merito viene fatta in base al tempo di
presentazione, entro i primi tre mesi vengono dette precoci, oltre questo tempo
vengono definite tardive. La presentazione ritardata può essere dovuta a molteplici
fattori; processi cicatriziali con retrazione dei margini, riassorbimento dell’edema
postraumatico, necrosi dell’osso o dei tessuti molli a causa del trauma o della
devascolarizzazione dei tessuti[32]. Esse godono di una prognosi migliore poichè
tendono spontaneamente alla remissione entro un mese circa in due terzi dei casi[33].
26 La complicanza più temibile resta comunque la meningite che coinvolge il 10-25%
dei traumatizzati con rinoliquorrea da fistola con un esito infausto in circa il 10% dei
casi[31,34]. Le fistole iatrogene costituiscono uno dei principali rischi chirurgici degli
interventi alle fosse nasali (F.E.S.S., polipectomie, approccio sec. Caldwell Luc,
O.P.F., sinus ballon sinuplasty)[35] o alle fosse craniche. Har-El distingue inoltre le
iatrogene “pure” da quelle secondarie a difetti di chiusura del basicranio. Seppure rare
come complicanze (stimata attorno all’1% degli interventi di FESS)[36] difficilmente
vanno incontro a risoluzione spontanea e necessitano di un successivo intervento di
chiusura[31,34]. Sedi tipiche d’insorgenza di tali fistole sono il tetto etmoidale e la
lamina laterale della cribrosa dell’etmoide.
Fistole rinoliquorali non traumatiche: si suddividono ulteriormente in fistole ad alta o
normale pressione.
Fistole ad alta pressione:
- Neoplasie: provocano l’aumento della pressione in due modi differenti, o
decubitando su stutture particolarmente fragili erodendole, o causando una ostruzione
del deflusso del liquor, e quindi secondariamente un idrocefalo. Tali tumori possono
essere adenomi ipofisari, meningiomi, craniofaringiomi o raramente secondarismi.
Anche la radioterapia, necessaria a volte per il trattamento della patologia,
provocando un’osteonecrosi, può produrre delle fistole.
- Idrocefalo: è’ un accumulo eccessivo di liquido cerebrospinale all’interno del
sistema liquorale, è causato da alterazioni dei meccanismi di circolazione dovute a
ostruzioni del circolo del liquor a vari livelli, ad alterazioni nella produzione del
27 liquor, a ostruzione dei ventricoli cerebrali e a diminuzione dell’assorbimento del
liquor stesso. drenaggio del liquor. L'elevata pressione che si viene a formare nel
circolo liquorale può determinare l'insorgenza di una fistola rinoliquorale.
- Ipertensione endocranica idiopatica: l’ipertensione endocranica idiopatica(IIH), o
pseudotumor cerebri, è un disturbo caratterizzato da un aumento della pressione
endocranica in assenza di lesioni intracraniche occupanti spazio, ostruzioni
ventricolari o delle vie subaracnoidee, infezioni o encefalopatia ipertensiva[37]. Nella
maggior parte dei casi, l'eziologia è sconosciuta; ma si ipotizza che entrino in gioco
uno o più fattori, come l’edema parenchimale, un aumento di volume ematico
cerebrale, l’eccessiva produzione o una riduzione dell'assorbimento di liquor.
Se le cause dello pseudotumor non sono sempre chiare sono noti i fattori di rischio:
obesità, assunzione di farmaci antiinfiammatori non steroidei, tetracicline,
nitrofurantoina, tamoxifene, acido nalidixico, litio, l'inizio o la sospensione della
terapia steroidea, il deficit o l'abuso di vitamina A, il morbo di Cushing,
l'ipotiroidismo e l'ipoparatiroidismo. Verosimilmente più fattori concorrono
simultaneamente alla patogenesi della stessa. Pazienti obesi o con stenosi dei seni
trasversi diverrebbero sintomatici a seguito di un evento precipitante come un
aumento di peso, l’assunzione eccessiva di tetracicline, l’instaurarsi di una
ipertensione arteriosa, di un OSAS (specialmente negli uomini) o di modificazioni
endocrine (specialmente nella donna). E’ stato ipotizzato che un aumento del grasso
viscerale possa causare un aumento della pressione endoaddominale e intrapleurica.
Questo favorirebbe l’aumento della pressione di riempimento cardiaca con successivo
aumento della pressione venosa cerebrale, essendo compromesso il deflusso venoso
28 cerebrale[38]. L’aumento dell’incidenza dell’IIH nelle donne sovrappeso e di mezza
età ha chiamato in causa il ruolo che avrebbero gli ormoni sessuali, e soprattutto il
ruolo svolto dal tessuto adiposo in eccesso sulla disregolazione endocrina,
specialmente del cortisolo, come possibile fattore patogenetico dell’IIH[39]. Anche
l’OSAS è ritenuta possibile causa della IIH, poiché i periodi di desaturazione che si
hanno nel sonno causano vasodilatazione cerebrale, e di conseguenza maggiore
attività dei plessi corioidei[40]. A tal proposito ricordiamo Maira et al. che
effettuarono una misurazione continua della pressione del LCS in 11 pazienti con
Empty Sella: in questo campione di studi quasi la metà (46%) dei pazienti subiva un
incremento pressorio del LCS durante il sonno[41]. Anche la stenosi dei seni trasversi
è stata chiamata in causa come possibile fattore eziopatogenetico per l’IIH, in questo
caso verrebbe compromesso il riassobimento del liquor. La prevalenza della IIH
aumenta con il BMI, essa è circa di una donna su 10.000 ma aumenta
considerevolmente se sono in sovrappeso: di 13 volte in donne fra i 20 ed i 40 anni di
età con un BMI compreso fra 25 e 30 e di 19 volte se il BMI supera il 30[42].
L’incidenza è invece bassa per la popolazione generale (0.9/100.000), la fascia di
popolazione maggiormente colpita è rappresentata dalle donne fra i 15 ed i 45 anni di
età con un peso corporeo superiore del 20% all’ideale, in questo gruppo l’incidenza
arriva a 19,3/100.000[43]. Per quanto riguarda gli uomini i dati sulla prevalenza sono
sovrapponibili a quelli delle donne se si parla di soggetti in normopeso. I sintomi
principali dell’IIH sono: cefalea, dolore oculare, calo del visus, alterazioni
dell'innervazione dei muscoli oculari per la visione laterale(deficit del sesto nervo
cranico con diplopia), vertigini, acufeni, nausea e vomito [44-46]. All’interno della
29 seconda edizione della classificazione internazionale delle cefalee del 2004 sono stati
definiti i criteri diagnostici dell’IIH[44]. Maralani et al.[47] hanno condotto nel 2012
uno studio per la valutazione dei segni radiologici dell’ipertensione endocranica
idiopatica, identificando i seguenti segni: appiattimento della porzione posteriore del
globo oculare, protusione ed enhancement della porzione intraoculare del nervo
ottico, tortuosità del nervo ottico e distensione della sua guaina, sella vuota
parziale/totale, dislocamento del peduncolo ipofisario, ventricoli cerebrali appiattiti,
spazi sub aracnoidei di dimensioni ridotte, discesa delle tonsille cerebrali > 5mm,
stenosi del seno venoso trasverso. L’assenza di questi segni non esclude la patologia,
mentre la loro presenza ha valore predittivo.
- Sindrome della sella vuota: il termine sella vuota o empty sella è usato per definire
una condizione nella quale lo spazio subaracnoideo si spinge attraverso il diaframma
sellare per effetto dell’aumentata pressione idrostatica e dei movimenti pulsatori del
liquido cerebrospinale, andando a formare una cisti aracnoidea al suo interno.
L’ipofisi e la sella sarebbero così sottoposte direttamente alla pressione esercitata dal
liquor, con conseguente appiattimento della ghiandola e allargamento della sella.
L’affinamento delle tecniche d’imaging neuroradiologiche (TAC e RMN) ha reso la
sella vuota un riscontro sempre più frequente e spesso accidentale nei pazienti affetti
da fistola rinoliquorale spontanea[47]. Va ricordato che le fistole rinoliquorali, quando
insorgono su un paziente con IIH, costituiscono una via di drenaggio del liquor
iperteso e il reperto di empty sella all’imaging, può essere suggestiva di una IIH non
riconosciuta a causa dell’effetto decompressivo della fistola medesima[48]. Una IIH
potrebbe quindi iniziare attraverso transitori aumenti della pressione liquorale e prima
30 di esitare in una IIH vera e propria causare un quadro di empty sella e/o di fistola
rinoliquorale, con una conseguente remissione della sintomatologia ipertensiva. E’
stato inoltre riscontrato in alcune casistiche di pazienti affetti da IIH, una prevalenza
della empty sella con valori compresi fra il 70% ed il 100% dei casi in studio[49], e
che fino al 15% dei pazienti con empty sella evolvono in una IIH[50]. La sella vuota
può essere primaria o secondaria. La sella vuota primaria è solitamente dovuta a
soluzioni di continuo del diaframma sellare associato ad altri fattori e, come già
descritto, è segno frequente di IIH, ma può essere riscontrata anche in pazienti affetti
da obesità, ipertensione arteriosa o in stato di gravidanza. La sella vuota secondaria,
invece, è causata da necrosi spontanea di adenomi ipofisari, interventi chirurgici di
asportazione degli stessi o dagli esiti della radioterapia. Viene definita parziale o
totale a seconda che la cisti aracnoidale occupi più o meno della metà della sella. Dal
punto di vista radiologico, alcuni processi espansivi cistici (cisti aracnoidee, cisti
della tasca di Rathke) possono simularne il quadro. Essa è nelle maggior parte dei casi
asintomatica. La sintomatologia, quando presente, è imputabile a un quadro di atrofia
della
ghiandola,
con
conseguente
sviluppo
di
deficit
ormonali
come
panipopituitarismo, iperprolattinemia, ipogonadismo e deficit di GH.
A pressione normale:
- Neoplasie: i tumori, localizzati sia a livello dei seni paranasali che a livello
intracranico, possono provocare l’insorgenza di fistole rinoliquorali. Tali processi
espansivi, che premono sulle strutture ossee, possono causarne l’erosione, con la
successiva espansione della massa neoplastica attraverso la breccia ossea.
31 - Anomalie congenite: sono rappresentati dai difetti di chiusura del tubo neurale
(DNT), embriopatie malformative a carico del S.N.C, dovute a una alterazione dello
sviluppo e della fusione delle strutture encefaliche e dai loro rivestimenti.
L’anencefalia, l’encefalocele e il mielomeningocele sono le forme più frequenti di
DTN. Sono patologie multifattoriali, dovute cioè all’interazione di fattori genetici con
fattori di natura ambientale, come dieta, farmaci assunti in gravidanza, carenze
vitaminiche della madre, basso stato socio-economico, fattori geografici o razziali. I
DTN possono manifestarsi come soluzioni di continuo lungo l’asse mediano del
basicranio, questi difetti di chiusura possono coinvolgere solamente le strutture ossee
e menigee, con la formazione di fistole rinoliquorali congenite, o presentarsi con
l’erniazione di parte del contenuto intracranico, in questo caso si parlerà di
meningocele o encefalo meningocele[51]. Occorre precisare che ampie brecce del
basicranio si presentano più frequentemente nella prima infanzia con rinoliquorrea,
meningiti ricorrenti e ostruzione respiratoria nasale. DTN rappresentati da soluzioni di
continuo più piccole o magari semplici assottigliamenti del basicranio possono
rimanere silenti e, in presenza di altri fattori causali, provocare l’insorgenza di una
fistola rinoliquorale in età adulta. E’ probabilmente il caso della pervietà del Canale di
Sternberg, di cui precedentemente si è già discusso.
- Fistole spontanee: la loro diagnosi viene fatta per esclusione, ovvero quando durante
l’iter diagnostico per una fistola rinoliquorale vengono escluse tutte le possibile cause
scatenanti, come traumi, malformazioni congenite, neoplasie, precedenti interventi
chirurgici. Sono state avanzate diverse teorie sulla eziopatogenesi di questa forma di
fistola:
32 -­‐ Sindrome della sella vuota, come già discusso l’elevata pressione del liquor
nella sella che si viene a creare può causare l’erosione delle pareti della sella,
con il conseguente sviluppo di una fistola rinoliquorale;
-­‐ IIH, da sola o associata alla sindrome della sella vuota.
-­‐ Modificazioni dell’assetto endocrino; l’alta incidenza di donne obese nei
pazienti con fistola rinoliquorale spontanea lo sembra suggerire questa ipotesi.
-­‐ Obesità e sindrome delle apnee ostruttive; episodi di desaturazione durante il
sonno causerebbero vasodilatazione cerebrale, con aumento di produzione di
LCS e della sua pressione[38].
-­‐ Presenza delle granulazioni aracnoidali, strutture deputate al riassorbimento
del liquor cefalorachidiano e riscontrate lungo i filuzzi olfattori della lamina
cribra: picchi pressori significativi della pressione intracranica possono
provocare un aumento volumetrico dei villi aracnoidali, che si possono portare
al di fuori dei seni venosi della dura, si viene così a creare una sacca piena di
liquor che, con la pressione trasmessa, comprime le strutture ossee circostanti,
causandone un lento assorbimento. Se la localizzazione di tale processo
avviene su strutture ossee particolarmente sottili è possibile l’insorgenza in età
adulta una fistola rinoliquorale “spontanea”.
-­‐ Fusione dei fori olfattori della lamina cribriforme: lo spazio perineurale lungo
i filuzzi olfattori costituisce una via di drenaggio di liquido cefalorachidiano
dallo spazio subaracnoideo al sistema linfatico nasale. Aree di trazione o di
atrofia degli involucri perineurali, associate o non al possibile ampliamento
33 dei fori olfattori dovuto alla loro fusione, potrebbero essere alla base
dell’insorgenza di una fistola rinoliquorale spontanea.
-­‐ Fenestrazioni dell’osso sfenoide: a livello della fossa cranica media, nella sua
parte anteromediale, possono essere presenti deiscenze ossee di modeste
dimensioni. In letteratura tuttavia è citata l’evenienza in cui queste
discontinuità ossee possano ampliarsi verso il sottostante seno sfenoidale. Nel
momento in cui si sviluppi un processo che porta all’aumento della pressione
endocranica anche transitorio, la deiscenza può produrre una fistola,
soprattutto in caso di seno pneumatizzato a livello del recesso laterale.
-­‐ La presenza del Canale di Sternberg, un canale craniofaringeo originato da un
difetto di chiusura fra le grandi ali ed il corpo dello sfenoide[17]. Tale
struttura, in presenza di una ampia pneumatizzazione del seno sfenoidale,
rappresenta un punto di minore resistenza del basi cranio e conseguentemente
possibile sede di fistola.
- Processi infettivi o infiammatori: processi infettivi e infiammatori insorti nei seni
paranasali, come sinusiti, mastoiditi, rinosinusite polipoide, o processi infettivi
sistemici, come quelli a eziologia tubercolare o sifilitica possono determinare un
processo di riassorbimento osseo e conseguentemente una fistola liquorale.
- Patologie del connettivo: sono chiamati in causa tutte le patologie del connettivo che
possono causare debolezza delle strutture ossee del basi cranio come la sindrome di
Marfan, la sindrome di Ehlers-Danlos, la neurofibromatosi ed il rene policistico a
trasmissione autosomica dominante.
- Processi espansivi non tumorali: processi espansivi come colesteatomi e soprattutto
34 granulazioni aracnoidali vengono inseriti nella classificazione di Har-el come
possibili cause i una fistola rinoliquorale, va ricordato che con molta probabilità
questi fattori causano fistola rinoliquorale solo in associazione ad altre cause, come
debolezze strutturali del pavimento osseo delle fosse craniche e puntate ipertensive
del liquor cefalorachidiano.
Manifestazioni cliniche
Le principali manifestazioni cliniche sono, ovviamente, a carico delle fosse nasali. La
rinorrea è la principale manifestazione clinica di tale patologia, essendo presente in
una grossa percentuale dei pazienti. Essa si manifesta come una secrezione nasale
sierosa limpida definita “acqua di roccia” talora abbondante, persistente, e accentuata
dalla posizione del capo, del tronco, e dagli sforzi fisici. Tutte le attività che
determinano un aumento della pressione intracranica (sforzi, ponzamento, tosse,
manovra di Valsalva) possono determinarne la comparsa. Come già detto anche la
posizione del capo e del tronco, reclinati in avanti favoriscono la perdita di liquor. Al
contrario la posizione ortostatica o il capo reclinato all’indietro fanno defluire il liquor
in rinofaringe, provocando una apparente scomparsa del sintomo. A tale proposito
esiste una manovra semeiologica, la prova di Queckenstedt-Stookey, che si esegue
comprimendo le giugulari allo scopo di aumentare la pressione endocranica e quindi
provocare rinorrea. Va tuttavia segnalato che altre condizioni cliniche molto più
frequenti come la rinite allergica, o su base vasomotoria, sono caratterizzate da una
rinorrea definita limpida. Un’anamnesi poco accurata, specialmente in assenza di un
evento causale che determini rinorrea, può facilmente interpretare questo sintomo
come la presenza di processo rinosinusitico in atto, contribuendo ulteriormente al
35 ritardo diagnostico. Particolare attenzione và posta per l’iposmia e per l’ostruzione
respiratoria nasale, quest’ultima che, seppur tipica dei grossi encefalomeningeceli
delle fistole rinoliquorali congenite, può comunque accompagnare la liquorrea. La
presenza di un meningocele vegetante nei seni paranasali, può portare anche a
lamentare una ostruzione respiratoria, più precisamente monolaterale. Le fistole
rinoliquorali spontanee sono caratterizzate da una sintomatologia del tutto
sovrapponibile a quella delle altre tipologie di fistole, si differenziano da queste per
un decorso più subdolo e un quadro clinico più sfumato. Infatti se il sospetto clinico di
una fistola rinoliquorale post-traumatica è immediato, molto più complessa è la
diagnosi nel caso di una spontanea. L’intermittenza dei sintomi, la scarsa evidenza
degli stessi e l’assenza di anomalie esterne sono causa frequente di ritardo
diagnostico. Alcuni pazienti con fistola rinoliquorale spontanea possono inoltre
manifestare la classica sintomatologia della IIH. Tale presentazione clinica però, può
non essere sempre presente, dato che la fistola in questo caso funge da via di
drenaggio del liquor, contribuendo a mantenere valori pressori endocranici ridotti e
conseguentemente la sintomatologia sfumata. Indipendentemente dalla loro eziologia,
le fistole rinoliquorali hanno come complicanza più grave la meningite. Plurimi
episodi di meningite batterica costituiscono spesso la modalità di presentazione di tale
patologia con sintomi quali: cefalea, fotofobia, rigor nucalis e alterazioni dello stato
mentale. Esse rappresentano la maggiore causa di mortalità e di morbidità delle fistole
rinoliquorali. Rare complicanze descritte sono il pneumoencefalo e l’ascesso
cerebrale.
36 La diagnosi di fistola rinoliquorale
La diagnosi tempestiva di fistola rinoliquorale risulta particolarmente importante per
le possibili complicanze ad essa accociate[52]. Come già accennato il sospetto clinico
di fistola rinoliquorale insorge in presenza di rinorrea sierosa limpida alla quale può
concomitare cefalea. Qualora la rinorrea non fosse evidenziabile e l’unico segno
indiretto fosse l’episodio di meningite a eziologia sconosciuta, la ricerca del tramite
fistoloso risulta essere più difficile. La raccolta anamnestica non deve mai trascurare,
oltre alla sintomatologia, fattori come traumatismi o precedenti interventi chirurgici
della rinobase e patologie concomitanti già diagnosticate come la presenza di una
rinosinusite cronica polipoide, obesità, dimetabolismi endocrini, ipertensione
endocranica idiopatica e idrocefalo. Tali informazioni sono indispensabili per poter
identificare l’eziopatogenesi della fistola. Il percorso diagnostico prevede un
differente approccio a seconda della presenza o meno della rinnorrea. Se essa fosse
presente si procederà come primo step alla conferma della perdita liquorale attraverso
test di laboratorio su campioni del liquido. Qualora venga confermata la liquorrea si
procederà alla localizzazione del tramite fistoloso mediante una prima valutazione
endonasale endoscopica, l’utilizzo di indagini radiologiche ad alta definizione (TC,
RMN) ed eventualmente il test alla fluorescina sodica. Se la rinoliquorea non fosse
presente la localizzazione della soluzione di continuo può risultare difficoltosa.
Pertanto in presenza di un sospetto diagnostico di fistola rinoliquorale senza un
evidente localizzazione del difetto con le tecniche sopracitate può essere indicato il
ricorso alla esposizione chirurgica del rinobase con tecnica endoscopica e la ricerca
del tramite fistoloso con l’utilizzo della fluorescina sodica in sede intraoperatoria.
37 Mediante gli opprtuni filtri ottici sarà così possibile visualizzare un’area
d’impregnazione di colore verde anche in assenza di rinoliquorrea.
- Valutazione endoscopica endonasale di base: lo studio endoscopico basale delle
cavità nasali permette l’individuazione della lesione nei casi in cui la rinoliquorrea si
presenti attivamente e in quantità rilevante. In alcuni casi la liquorrea può non essere
evidente, in tale circostanza sarà utile la visualizzazione di neoformazioni dall’aspetto
translucido simile a polipi. Quest’ultima verrà evidenziato attraverso il riscontro di
una massa dall’aspetto translucido simile ai polipi, ma a differenza di questi sarà
possibile individuare la presenza di una pulsazione ritmica trasmessa dall’encefalo.
L’endoscopia nasale viene eseguita su paziente supino tramite l’utilizzo di endoscopi
rigidi con diametro di 2,7 e 4 mm angolati a 0° ed a 45° previa anestesia locale, che
viene effettuata posizionando cotonoidi imbevuti di anestetico e vasocostrittori
(soluzione di xilometazolina cloridrato allo 0,1% e di ossibuprocaina all’1%) a livello
del meato medio e sul pavimento nasale. In tale modo è stato possibile eseguire
l’osservazione endoscopica basale. Qualora la liquorrea fosse sporadica o assente può
essere indicato fare eseguire al paziente una manovra di Valsalva, al fine di aumentare
l’eventuale liquorrea e facilitarne la visualizzazione.
- Analisi biochimica del secreto nasale: da qualche anno alcuni laboratori biochimici
in Italia si sono attrezzati per l’analisi del secreto nasale nel sospetto di fistola
rinoliquorale. In particolare si effettua il dosaggio di due sostanze, la β2-transferrina e
la β-trace protein. Il campione di secreto deve essere raccolto durante la fase di
rinorrea attiva (unico limite) e conservato in provetta sterile a bassa temperatura per
poi essere inviato e analizzato in laboratorio. La ß2-transferrina è un polipeptide della
38 famiglia delle ß-globuline, coinvolta nel trasporto del ferro trivalente. Nell’individuo
sano tale proteina si riscontra esclusivamente nel liquido cefalorachidiano, nella
perilinfa e nell’umor acqueo. Può essere riscontrata nel sangue di pazienti affetti da
epatopatia cronica, difetti congeniti del metabolismo glicoproteico o portatori di
varianti genetiche a suo carico. La sensibilità di questo test in associazione
all’esecuzione dell’esame TC secondo le metodiche stabilite, può raggiungere il 99%
e una specificità del 97% circa[53]. La ß-trace protein è una Prostaglandina-D-Sintasi,
proteina enzimatica lipofilica fortemente sintetizzata nel liquido cefalorachidiano. La
sua concentrazione nel liquor varia tra 8 e 40 mg/l (dose età-correlata) e tra 0.4 e 1.5
mg/l nel siero. La ricerca di questa proteina è più rapida, meno costosa e più specifica.
Per la sua relativamente alta concentrazione nel liquido cefalo-rachidiano viene
utilizzata nella diagnosi di rinoliquorrea con valori di sensibilità del 91% e specificità
del 100%. Qualora il paziente sia affetto da insufficienza renale o meningite batterica
la sua concentrazione può rispettivamente aumentare nel siero e diminuire nel liquor,
occorre pertanto in concomitanza di tali patologie interpretare con cautela i risultati
del dosaggio. Attualmente, il dosaggio di beta-2-transferrina resta l’indagine di scelta
per la diagnosi di liquorrea, inoltre per queste analisi il campione può essere
conservato a basse temperature senza comprometterne l’affidabilità. Il dosaggio di
glucosio nel campione è stato utilizzato per decenni per la diagnosi di liquorrea
(concentrazioni > 30mg/dl), anche attraverso l’avvento di strisce reattive contenenti
Glucosio Ossidasi, che ne velocizzava l’esecuzione. La scarsa sensibilità e specificità
di tale test, specie in presenza di altre secrezioni concomitanti (muco, lacrime,
sangue), ha fatto passare tale indagine in secondo piano. Una volta dimostrata la
39 liquorrea sarà necessario passare all’identificazione della sede della fistola come si
vedrà in seguito. Occorre precisare che falsi negativi, insufficiente quantità di
prodotto o il “momento” della raccolta (che può trovare l’eventuale fistola in fase non
attiva), possono compromettere il risultato dell’analisi.
- Indagini radiologiche: la diagnostica per immagini si basa sostanzialmente
sull’esame TC e RMN e, come regola generale, gode di elevata sensibilità, specificità,
non-invasività, facilità di esecuzione e basso costo. Questa deve comprendere la
valutazione del profilo dell’intero basicranio (anteriore, medio, posteriore) in quanto
la presenza di difetti ossei multipli è riportata fino al 31% dei pazienti. La radiografia
in bianco del cranio era un tempo utilizzata in caso di sospetta fistola rinoliquorale per
ricercare eventuali rime di frattura sulla base cranica, livelli idro-aerei a livello dei
seni paranasali o un pneumoencefalo. La presenza di questi segni insieme o
singolarmente è altamente suggestiva di una lacerazione durale, sovente assai ampia.
Questa tecnica, ora raramente utilizzata, ha trovato applicazione soprattutto nel caso
di fistole rioliquorali post-traumatiche, nei casi in cui era necessario una amplia
visualizzazione delle strutture ossee non solo del basicranio ma di tutto il testa-collo.
La cisternografia con radionuclidi è stata largamente utilizzata nella valutazione delle
fistole rinoliquorali sin dagli anni ’70. Permette di ottenere un’analisi morfologica
dettagliata delle strutture ossee della base cranica, tuttavia si dimostra svantaggiosa in
termini di costi e invasività. Inoltre necessita di molto tempo e può essere mal
tollerata dal paziente con rischio di cefalee, reazioni da ipersensibilità e da alte dosi di
radiazioni. Questa tecnica prevede l’iniezione intratecale del tracciante nucleare, il
posizionamento del paziente in Trendelemburg, per facilitarne il flusso, e
40 l’acquisizione delle scansioni in proiezione anteriore e laterale, una volta che le
cisterne basali sono raggiunte dal tracciante. I radiotraccianti più comunemente
impiegati sono il 99Tc (emivita di 6 ore) nei casi di rinoliquorrea attiva e 111In
(emivita di 2.8 giorni) nei casi di rinoliquorrea intermittente. E’ controindicata in
pazienti con meningite attiva o ipertensione endocranica e non risulta più sensibile
della semplice TC, poiché la adeguata localizzazione e caratterizzazione del sito di
deiscenza dipende dalla presenza di una fistola attiva con una sensibilità globale del
76%.
La cisternoTC, sviluppatasi a partire dalla fine degli anni 70, prevede la
somministrazione di mezzo di contrasto iodato intratecale attraverso iniezione
lombare ma non risulta più sensibile della semplice TC, con una specificità del 92%
nelle fistole in fase attiva ma del 40% nelle fistole inattive. Permette di ottenere
un’analisi morfologica dettagliata delle strutture ossee della base cranica, tuttavia si
dimostra svantaggiosa in termini di costi e invasività (rischio di infezioni, fistole
lombari).
I progressivi miglioramenti nelle tecniche TC e RMN hanno quasi
completamente sostituito queste tecniche, con sensibili vantaggi in termini di
sensibilità e di specificità, di costi, di facilità di esecuzione, di riduzione delle
complicanze e di maggiore tolleranza da parte del paziente. L’uso della tomografia
computerizzata (TC) del massiccio facciale-encefalo è al giorno d’oggi un caposaldo
nella diagnosi delle fistole rinoliquorali grazie alla introduzione di tecniche ad alta
definizione (HRTC) abbinata all'algoritmo per l'osso, scanner tomografici a sezione
sottile, che permettono la visualizzazione dei piccoli difetti ossei con una sensibilità
del 92% e specificità del 100%. La gran parte degli studi riporta l’impiego di scanner
tomografici convenzionali con scansioni a spessore di 1-1.5 mm, senza l’utilizzo di
41 mezzo di contrasto, con algoritmo osseo, condotte secondo piani coronali, assiali e
sagittali, permettendo una rappresentazione volumetrica ed una ricostruzione multi
planare informatizzata ed una ottimizzazione delle finestre nei tre livelli. Il piano
coronale deve essere eseguito il più possibile perpendicolare al palato duro del
paziente in modo da permettere un’analisi anatomica reale delle strutture ossee e dei
loro rapporti reciproci. Si andranno quindi a ricercare le sezioni perpendicolari al
piano osseo coinvolgente la fistola, pertanto le immagini assiali sono particolarmente
utili per la localizzazione di fistole della parete posteriore del seno frontale e
sfenoidale e del complesso mastoideo mentre le immagini coronali identificano
meglio i difetti a carico della lamina cribrosa e del tetto etmoidale, del seno sfenoidale
e del tegmen tympani. I segni tipici di fistola rinoliquorale comprendono il difetto
osseo o un suo assottigliamento, il livello idroaereo e l’opacità del seno paranasale
contiguo. La TC fornisce da ultimo un’indispensabile guida intraoperatoria per la
riparazione endoscopica della fistole rinoliquorali poiché tali reperti ben si correlano
con la dimensione e con la localizzazione del difetto. Permane tuttavia un piccolo
errore di sovrastima, poiché aree demineralizzate e assottigliate prossime al difetto
difficilmente vengono distinte dalla soluzione di continuo. Il principale svantaggio
della TC consiste nella esclusiva analisi dell’osso, che non consente la valutazione
delle strutture molli contigue alla fistola, come lo stato della dura e dalla mucosa,
eventuali granulazioni aracnoidali in prossimità del difetto e l’eventuale contenuto
della massa erniata, che come già accennato può essere di esclusiva composizione
durale (meningocele) o presentare al suo interno materiale cerebrale, tipicamente a
provenienza del giro retto (meningoencefalocele). La Risonanza Magnetica del
42 massiccio facciale-encefalo è essenziale nello studio encefalico per la discriminazione
della natura dei tessuti molli e per la distinzione dalle strutture ossee, per delineare il
tragitto fistoloso o evidenziare un meningoecele che, stando alle attuali casistiche si
associa a fistola rinoliquorale spontanea nel 85%-96% dei casi[54]. Si tratta di un
esame non invasivo che gode di una eccellente definizione anatomica, con scarsi
effetti collaterali che permette di evidenziare il profilo della base cranica e le
eventuali patologie che possano predisporre all’aumento della pressione liquorale. La
cisternografia RM tipicamente prevede sequenze T2 pesate “fast spin echo” con
soppressione del grasso, acquisite nei tre piani dello spazio. Sequenze T1 pesate con
gadolinio possono inoltre agevolare la diagnosi differenziale tra eventuali formazioni
meningoencefaliche, secrezioni sinusali ed enhancement durali patologici. La
sensibilità e l’accuratezza dell’esame raggiungono valori rispettivamente di 87 e 89%.
La sequenza FLAIR (Fluid Attenuation Inversion Recovery) permette di ottenere
immagini ponderate T2 con i liquidi puri di colore nero, facilitando la distinzione fra i
liquidi infiammatori (iperintensi) dal liquor (ipointenso); nelle sequenze T2 semplici
risultano infatti entrambi iperintensi. Fra l’altro un’adeguata preparazione con
assunzione di corticosteroidi, che riducono la flogosi, rende migliore la definizione
delle immagini. La sequenza CISS (Constructive Interference Steady State) prevede
l’acquisizione tridimensionale, senza mezzo di contrasto, fornendo immagini
submillimetriche in qualsivoglia piano desiderato. Tutte le strutture a contenuto
liquido, tranne i vasi, appaiono bianche, mentre le strutture solide (osso, encefalo,
nervi cranici) appaiono scure (sensibilità del 76%). Recenti lavori in letteratura
propongono l’impiego intratecale di gadolinio. Tale utilizzo è attualmente da
43 considerarsi “off-label”, ma la sensibilità dell’esame raggiunge il 100%, con il
suggerimento della sua esecuzione in casi diagnostici complicati, in cui le indagini
precedenti non siano risultate dirimenti. L’unico limite a questa tecinca è che non
descrive
dettagliatamente
le
strutture
ossee
come
l’HRTC,
caratteristica
indispensabile per la programmazione di una successiva chirurgia mini invasiva.
Pertanto TC e RMN vengono il più delle volte eseguite insieme, raggiungendo una
specificità prossima al 100%.
- Test alla fluoresceina: la fluoresceina è un composto verde fluorescente e viene
utilizzato per diverse applicazioni nell'uomo, soprattuto in campo oftalomologico.
Illustrata per la prima volta da Kichner e Proud[55] la fluoresceina consente durante
l’endoscopia nasale di visualizzare direttamente il liquor. L’applicazione di un filtro
blu alla sorgente luminosa e di un filtro giallo alla lente dell’endoscopio ci permette di
visualizzare la sede della liquorrea, che assume una colorazione verde fluorescente
dopo il contatto con la fluorescina. Le principali complicanze legate al suo utilizzo,
spesso dovute a un sovradosaggio, sono crisi epilettiche e raramente decessi. Il test
consiste nella somministrazione, attraverso una puntura lombare, di 1 ml di
fluoresceina sodica al 5% (50 mg totali), assieme ad una modesta quantità di liquor
(circa 9 ml) precedentemente prelevato, iniettata lentamente nel canale midollare. Il
paziente rimane supino nella posizione di Trendelemburg circa 30-60 minuti. Il
protocollo per la preparazione della fluoresceina è stato standardizzato da
Stammberger[9] secondo i seguenti passaggi: 5 gr di polvere di fluoresceina sodica in
100 mL di acqua distillata, filtrazione degli eventuali organismi patogeni, ebollizione
a 100° per 30 min., conservazione in fiale da 2 mL al riparo dalla luce, dosi da 0,01
44 mg/Kg per un massimo di un mg per paziente, sconsigliato l’uso della fluoresceina
oftalmica. In seguito viene eseguita l’endoscopia con un filtro blu applicato alla
sorgente luminosa e un filtro giallo alla lente dell’endoscopio; in questo modo, il
liquor assume una colorazione verde fluorescente che lo rende facilmente
individuabile. Per il test diagnostico si utilizzano ottiche 0° e angolate a 30°, deve
essere valutata l’intera volta nasale, le fessure olfattorie, i meati medi e superiori per
evidenziare la possibile area di drenaggio liquorale. Particolare attenzione deve essere
rivolta al rinofaringe ed agli osti tubarici, sede di liquorrea da verosimile origine
petro-clivale. Sebbene l’impiego di questo test trovi consenso universale nella
diagnosi pre e intra-operatoria di fistola rinoliquorale, il suo utilizzo non è ancora
ufficialmente approvato e gli effetti collaterali (crisi epilettiche) riportati
sembrerebbero strettamente legati alle procedure iniettive (errore nella diluizione o
nell’iniezione intratecale). Nei diversi algoritmi diagnostici proposti dalla letteratura il
test con fluoresceina trova una precisa indicazione quando vi sia il sospetto di fistola
rinoliquorale e si debba dimostrare la sua localizzazione[56,57]. Il test della
fluoresceina risulta uno strumento fondamentale in caso di fistola a bassa pressione
con liquorrea nascosta o intermittente. Mentre nella fase diagnostica, la fluoresceina
sembra un'arma in più a disposizione e quindi il suo uso non è routinario, nella fase
preoperatoria il test è praticato più frequentemente con lo scopo di confermare e
localizzare in modo preciso la fistola rinoliquorale e di verificare, al termine
dell’intervento, la tenuta della plastica. Lo studio condotto da Seth et al nel 2010[16]
cita una sensibilità e specificità della fluoresceina intratecale, somministrata in fase
preoperatoria, rispettivamente del 73% e del 100% e una percentuale di falsi negativi
45 del 26%, ragione per cui anche in caso di mancata visualizzazione del colorante, il
chirurgo dovrebbe continuare a esaminare in maniera accurata il basicranio per
escludere la presenza del difetto, soprattutto nelle aree che gli esami preoperatori
indicavano con maggior sospetto. La presenza della fluoresceina ha condotto
all'identificazione del sito preciso di deiscenza nel 100% dei casi; quando invece la
presenza della fluoresceina non è stata evidenziata, la fistola è stata comunque
identificata nel 68% dei casi. Lo studio conclude che l'utilizzo della fluoresceina
intraoperatoria fornisce un'accurata localizzazione del difetto del basicranio, anche in
presenza di difetti multipli, ed è di aiuto nel confermare l'avvenuta chiusura del
difetto stesso. La letteratura internazionale sembra concorde nell'affermare che la
somministrazione intratecale della fluoresceina sodica, se utilizzata con cautela,
preparata e iniettata secondo gli standard precedentemente riportati, sia una procedura
sicura. La letteratura dimostra inoltre, con l'eccezione di sporadici casi, l'utilità del test
sia in fase diagnostica che preoperatoria, così come a fini preventivi quando le
procedure chirurgiche sul basicranio comportino rischi di danno della dura. Nel caso
di completa negatività delle indagini clinico-strumentali, qualora persista il dubbio di
fistola rinoliquorale associato a episodi meningitici ricorrenti a eziologia ignota, può
trovare indicazione un approccio chirurgico di etmoidosfenoidotomia. L’indagine,
anche se invasiva, permette, attraverso l’esposizione dei seni paranasali e previa
iniezioni intratecale di fluorescina sodica, di visualizzare endoscopicamente soluzioni
di continuo o aree di minor resistenza precedentemente sfuggite alla diagnosi, anche
in assenza di liquorrea, essendo queste impregnate di verde fluorescente.
46 Il trattamento
Il trattamento delle fistole liquorali puo' prevedere una terapia medica e/o una
chirurgica. Entrambe sono finalizzate a prevenire le principali complicanze di tale
patologia, come meningiti ricorrenti, ascessi intracranici, pneumoencefaloceli ed
epilessia refrattaria. La terapia medica trova indicazione come presidio di prima
istanza nei casi in cui non vi siano indicazioni ad un intervento immediato e la
guarigione spontanea della lesione è ritenuta possibile. La terapia chirurgica trova
indicazione laddove le previsioni di una guarigione spontanea sono scarse, se non
assenti. A tale proposito va ricordato che le fistole, se non trattate, nel 10% dei casi
circa all’anno vanno incontro a complicanze, con un rischio direttamente
proporzionale alla durata della malattia. La presenza di erniazioni cerebrali o amplie
soluzioni di continuo in fistole di origine iatrogena rendono improbabile una
riparazione spontanea del difetto e pongono indicazione a un approccio di tipo
chirurgico. La terapia chirurgica trova infine indicazione ove la fistola sia causata da
una patologia di base, nel caso in cui, quest’ultima, necessiti di un approccio
chirurgico, come a esempio le patologie tumorali. Per quanto riguarda il trattamento
delle fistole spontanee, che raramente vanno invontro a guarigione spontanea, il
trattamento è quasi sempre chirurgico
Terapia medica: il trattamento conservativo prevede innanzitutto il riposo a letto del
paziente per 1-2 settimane circa, con il capo sollevato di circa 30°. In questo periodo
andrà evitato al paziente qualsiasi situazione che possa comportare un incremento
della pressione intracranica; a tal proposito al paziente verranno somministrati
47 lassativi, antistaminici e sedativi per la tosse. Verrà anche consigliato al paziente di
non compiere sforzi di alcun genere, ivi compreso soffiarsi il naso. Al fine di ridurre
la pressione intracranica potranno essere utilizzate derivazioni spinali esterne
temporanee. Particolare attenzione verrà posta per evitare che drenaggi di liquor
troppo veloci o quantitativamente eccessivi possano causare una significativa
diminuzione della pressione liquorale, con il conseguente rischi di un pneumoencefalo
tensivo. Da ricordare che patologie concomitanti come l’ipertensione endocranica o
l’edema cerebrale controindicano tale metodica. Controverso è l’utilizzo della terapia
antibiotica[58,59], per il rischio di selezionare di ceppi batterici antibiotico-resistenti;
gli antibiotici si rendono tuttavia indispensabili nei pazienti considerati ad alto rischio,
ovvero con pregressi episodi infettivi a carico delle vie aeree superiori o delle
meningi. Steroidi e diuretici trovano impiego per ridurre la pressione intracranica,
anche se la loro efficacia appare relativa. L'inefficacia del trattamento conservativo
osservato dopo 2 settimane impone la terapia chirurgica.
Terapia chirurgica: il trattamento chirurgico delle fistole rinoliquorali comprende due
tipi di approccio: quello intracranico e quello extracranico (eventualmente
endoscopico). La scelta della tipologia di approccio è condizionata da diversi fattori,
come la dimensione e localizzazione del difetto, la presenza e la dimensione di un
meningocele/meningoencefalocele, le condizioni generali del paziente, eventuali
recidive nonché la preferenza del chirurgo. Per quanto riguarda le fistole spontanee,
prima di procedere alla riparazione, occorre comunque escludere tutte le possibili
cause
di
ipertensione
liquorale
(tumori
cerebrali,
idrocefalo,
ipertensione
48 endocranica). In questi casi la plastica è consigliata solo dopo la risoluzione del
problema iniziale.
- Approccio intracranico: tecnica standard utilizzata fino ad alcuni anni fa nel
trattamento delle fistole rinoliquorali. Per le fistole anteriori si procede con una
craniotomia frontale, mentre nei rari casi di localizzazioni in fossa cranica media o
posteriore si effettua una craniotomia temporale o posteriore. I vantaggi di questo tipo
di intervento consistono nella visualizzazione diretta della lesione durale e della
corteccia cerebrale adiacente, soprattutto in presenza di aumento della pressione
endocranica. Resta tuttavia difficoltosa la visualizzazione di fistole a livello
sfenoidale. La percentuale di successi utilizzando questa tecnica varia dal 50 al
75%[60]. Questo approccio è gravato da una aumentata morbilità costituita da
anosmia permanente, danni da retrazione del tessuto nervoso (ematoma, edema, crisi
convulsive, etc.)[61], degenza prolungata e da una lunga convalescenza; tali possibili
complicanze rappresentano i principali svantaggi di questo approccio[8].
- Approccio extracranico: considerando l’approccio endoscopico endonasale
separatamente, l’approccio extracranico viene attualmente annoverato fra le tecniche
mini-invasive. Tale tecnica gode di minori complicanze, minore invasività e minor
tempo di degenza rispetto all’approccio intracranico. Questo tipo di approccio alla
fistola liquorale si avvale di una incisione bicoronale o sopraccigliare per creare lembi
osteoplastici
anteriori.
La
tecnica
(etmoidectomia
esterna,
sfenoidotomia
transetmoidale, sfenoidotomia transettale e approccio transantrale) utilizza per la
riparazione della fistola materiale autologo e/o eterologo (vedi scelta del materiale di
riparazione). La tecnica riporta percentuali di successo terapeutico assai elevati (86 49 100%) ma l'impossibilità di aggredire altre anomalie concomitanti e la presenza di
cicatrici visibili, la rendono meno gradita al paziente rispetto alla tecnica endoscopica.
Varianti meno cruente dell'approccio extracranico sono costituite dalla tecnica
microscopica endonasale e da quella endonasale endoscopica. Da ricordare anche
l’approccio esterno mediante etmoidectomia trans-orbitaria (tecnica di Lynch) oramai
utilizzata solo in alcune patologie infiammatorie dei seni paranasali[62] e come via
d’accesso all’arteria etmoidale anteriore, in caso di sanguinamento di quest’ultima.
- tecnica endoscopica endonasale: nei casi di intervento riparativo per fistola
rinoliquorale spontanea o post-traumatica, prima dell’induzione dell’anestesia, si
esegue l’iniezione intratecale della fluoresceina sodica diluita. Il paziente viene quindi
posizionato supino (e poi in posizione anti-Trendelemburg a 15°-25°) e, una volta
completata la preparazione del campo operatorio, si posizionano dei cotonoidi
imbevuti
di
decongestionante
(nafazolina/ossibuprocaina)
per
la
riduzione
volumetrica delle mucose nasali, al fine di meglio esporre la base cranica ed i meati
nasali. L’intera procedura viene effettuata da due operatori che utilizzano la tecnica “a
quattro mani”, in modo da agire sotto visione endoscopica con più strumenti
chirurgici in entrambe le narici. Spesso, per ottimizzare la visione si utilizza il sistema
di lavaggio del terminale dell’ottica. Il chirurgo inizia l’intervento ricercando l’esatta
posizione della fistola evidenziata dallo studio con imaging. La struttura anatomica su
cui si deve concentrare l’attenzione è il turbinato medio, e in particolare, il decorso
della fluoresceina rispetto alla coda dello stesso: se la si riscontrasse medialmente,
cioè nel recesso sfenoetmoidale, verosimilmente il tramite fistoloso è situato a livello
sfenoidale, etmoidale posteriore o alla lamina cribra; al contrario la presenza di
50 fluresceina nel meato medio indica che la fistola è a livello dell’etmoide anteriore o
del seno frontale. Una volta evidenziata la sede d’origine del difetto, si procede alla
sua completa esposizione. Le vie d’approccio alla lesione variano a seconda della loro
localizzazione, estensione e del tipo di lesione, se ne distinguono 5 tipi differenti.
L'approccio parasettale diretto alla fessura olfattoria è la via di elezione nel caso di
localizzazione della fistola a livello del terzo anteriore della fessura olfattoria quando
l'eventuale massa erniata ha lateralizzato la lamina basale dei cornetti etmoidali.
L'approccio permette di evitare il sacrificio delle strutture etmoidali. L’intervento
consiste in un primo tempo dove viene rimosso il sacco erniato mediante
elettrocoagulazione del suo peduncolo fino alla identificazione della soluzione di
continuo. Ernie di modeste dimensioni si riducono spontaneamente dopo essere stare
causticate, a causa della retrazione della dura a seguito dell’insulto termico. Per
erniazioni
di
dimensioni
maggiori
richiedono,
oltre
all’elettrocagulazione,
l’asportazione dell’intera lesione. L’asportazione è indicata anche quando l’erniazione
contiene tessuto cerebrale (encefalo meningocele), esso è generalmente considerato
non vitale, a causa del periodo di ischemia cui è stato sottoposto e, per tale ragione,
una sua rimozione previene possibili infezioni endocraniche. Il secondo tempo
prevede la dissezione del bordo durale dal versante endocranico con successiva
demucosizzazione dell’area circostante il difetto a livello della fessura olfattoria, del
setto nasale e della parete laterale. La procedura ha lo scopo di preparare l'area ad
accogliere correttamente l’innesto. L'approccio parasettale diretto con sfenoidotomia
permette invece di raggiungere la parete posteriore del seno sfenoidale nei casi in cui
la fistola si localizzi a livello del pavimento sellare o sul tetto sinusale. Un’altra
51 procedura che viene effettuata con questo tipo di approccio è l’obliterazione del seno
sfenoidale. Tale procedura prevede il raggiungimento, per via endoscopica, dell'ostio
naturale del seno sfenoidale. Una volta ampliato l'ostio, si rimuove il setto
intersfenoidale al fine di creare un'unica cavità e identificare i punti di repere
anatomici (recessi interottico-carotidei, i nervi ottici, le arterie carotidi interne) e la
sede della lesione. Qualora non sia possible individuare l'ostio naturale, si realizzerà
l'accesso al seno mediante fresatura del rostro sfenoidale in posizione paramediana,
punto di sicurezza per evitare danni iatrogeni al nervo ottico o alla carotide interna. In
questo caso l’asportazione del vomere e della parte terminale del setto nasale faciliterà
l’utilizzo della tecnica “a quattro mani” attraverso entrambe le fosse nasali.
L’approccio para settale diretto, con o senza sfenoidotomia permette anche l’accesso
alla regione del clivus. Previa asportazione del terzo posteriore del setto nasale e
utilizzo della tecnica “a quattro mani”, sarà possibile allestire un lembo di mucosa a
cerniera inferiore e dissezionare la fossa cranica posteriore per via transclivare fino al
raggiungimento della fistola. L'approccio transetmoidale con conservazione della
lamina basale dei cornetti etmoidali si rende invece necessario quando il difetto è
localizzato a livello etmoidale, lateralmente alla lamina dei cornetti e si deve esporre
completamente il tetto etmoidale per identificare la sede precisa della lesione.
La tecnica prevede l'asportazione del labirinto etmoidale, con esposizione dell
basicranio, e l'apertura degli osti naturali dei seni paranasali (etmoidosfenoidotomia,
senotomia frontale e mascellare, con conservazione dei turbinati). In tal modo è
possibile individuare eventuali sedi multiple di liquorrea non identificate in fase
diagnostica grazie all'utilizzo della fluorescina intratecale e dei filtri endoscopici a
52 luce blu e gialla. Nel caso il difetto sia localizzato a livello della parete posteriore del
seno frontale l’approccio chirurico di scelta resta la via endoscopica endonasale.
Quando la fistola si localizza in prossimità dell’infundibolo frontale, in presenza di un
buon diametro antero-posteriore del recesso, è da valutare la possibilità di riparazione
dal basso mediante una ampia senotomia frontale (tecnica Draf tipo III), qualora ciò
non fosse possibile si procederà con una tecnica combinata esterna associando un
approccio osteoplastico frontale. L'approccio transetmoidale con asportazione della
lamina basale dei cornetti etmoidale si rende necessario se il difetto è localizzato a
livello del terzo medio e/o posteriore della fessura olfattoria o a livello del tetto
etmoidale con coinvolgimento mediale della fessura olfattoria ed è dunque
obbligatorio sacrificare il turbinato medio e tutta la lamina basale dei cornetti
etmoidali al fine di ottenere un piano regolare dove posizionare la plastica.
Solitamente questa via viene applicata in caso di lesioni di piccole dimensioni, come i
meningoceli del poro olfattorio, che non coinvolgono interamente la fessura olfattoria
e lasciano la sua mucosa ed i filuzzi olfattori sostanzialmente conservati. Al fine di
mantenere questa struttura non si procederà allo scollamento dello spazio epidurale,
ma si procederà solamente col posizionamento overlay di un innesto di mucoperiostio
turbinale. Invece quando il difetto si localizza su tetto etmoidale la tecnica di scelta
prevede la regolarizzazione del difetto osseo, anche nel caso questo venisse ampliato
e la dissezione dello spazio epidurale con successiva plastica multilayer. L'approccio
transetmoido-pterigoido-sfenoidale infine è utilizzato per il trattamento delle fistole
della parete laterale del seno sfenoide. La metodica prevede l'esecuzione di una
etmoidosfenoidotomia e un'ampia antrostomia media a spese dell'area delle fontanelle
53 posteriore col fine di visualizzare la parete posteriore del seno mascellare e la base
della pterigoide. Vengono successivamente causticati i rami settali e nasali dell’arteria
sfenopalatina e fresati la parete anteriore del seno sfenoidale e la base della pterigoide
allo scopo di dominare la parete laterale del seno sfenoidale. In questo modo si può
accedere alla riparazione durale delle lesioni a livello della fossa cranica media. La
scelta del materiale più adatto da impiegare per la riparazione del difetto non è ancora
chiara. In letteratura sono ancora troppo pochi gli studi sperimentali su modelli
animali disponibili per comprendere quale sia la tecnica più vantaggiosa di
riparazione del basicranio. Sono stati e possone essere utilizzati vari materiali, con la
principale distinzione fra innesti eterologhi, autologhi nasali ed extranasali.
Difficilmente la nostra esperienza ha contemplato l’impiego di materiale eterologo,
per l’aumentato rischio di una mancata integrazione dell’innesto con possibile
infezione ed estrusione[63]. Nell’ambito dei materiali sintetici quelli più utilizzati
sono i sostituti durali, anche se negli ultimi anni si è preferito ricorrere ai materiali
autologhi per gli indiscutibili vantaggi in termini di integrazione biologica. Schick nel
2003 ha dimostrato come innesti di natura connettivale siano i più adatti per una
plastica durale in quanto facilitano la migrazione di cellule, tra cui prevalentemente
fibroblasti e alcune cellule epiteliali, verso il centro della perforazione durale, mentre
materiali sintetici o cartilagine inducono una limitata o addirittura nulla migrazione
cellulare[64]. Fra i materiali d’innesto autologhi si utilizzano quelli di origine nasale o
extra-nasale. La scelta del materiale dipende, oltre che dalle caratteristiche (posizione,
grandezza) del tramite fistoloso, anche dall’anatomia endonasale individuale, che può
essere sovvertita dagli esiti cicatriziali post-traumatici o post-chirurgici. Secondo i
54 principi della tecnica multilayer occorre programmare il prelievo di più materiali dalle
caratteristiche differenti, fra cui quelli più utilizzati sono gli innesti di mucosa nasale
prelevata dal turbinato medio bulloso insieme all’osso turbinale o alla cartilagine
settale, mentre il materiale extra-nasale più utilizzato è la fascia lata prelevata dai
muscoli flessori della coscia (tratto ileo tibiale). Quest’ultima è preferibile quando si
sceglie di confezionare la plastica secondo il modello della “grand-mother cap” in cui
un primo innesto di fascia viene posizionato intracranico, lasciando la porzione
periferica dello stesso nel naso. Viene poi inserito un frammento di osso o cartilagine
(intracranico extradurale), come a formare un tappo di damigiana, per evitare che la
pressione intracranica e i movimenti intrinseci del parenchima o dei vasi che lo
accompagnano condizionino uno spostamento della plastica. Alcuni autori utilizzano
innesti di grasso addominale, prelevato dalla regione periombelicale, per obliterare il
lume sinusale qualora la fistola sia localizzata al suo interno. Nella strategia
chirurgica minimamente invasiva, si preferiscono gli approcci che non interferiscono
con la fisiologia sinusale: evitando l’obliterazione si riduce il rischio di mucoceli o
sovrainfezioni sinusali secondarie. Nei casi di difetti di grandi dimensioni è possibile
utilizzare lembi mucosi peduncolati su un vaso arterioso. Essi vengono confezionati
utilizzando il bisturi intranasale o mediante l’utilizzo di laser a diodi. I lembi
peduncolati più frequentemente impiegati nelle riparazioni del basicranio sono quelli
settali peduncolati su rami dell’arteria sfeno-palatina o sul ramo settale dell’arteria
etmoidale anteriore. Si sceglie di scolpire il lembo sull’ampia superficie settale
omolaterale al difetto da riparare[65] e si procede allo scollamento sottomucoso.
Individuato il peduncolo vascolare, si può riporre temporaneamente il lembo in
55 rinofaringe o nel seno mascellare (per i lembi peduncolati sui rami dell’arteria sfenopalatina), o sul pavimento della fossa nasale stessa (per quelli peduncolati sui rami
settali dell’arteria etmoidale anteriore), in attesa di terminare il primo tempo della
plastica (in genere i lembi vengono posizionati overlay). Altre opzioni sono
rappresentate da lembi di pericranio, lembi di turbinato inferiore[66] e lembi temporoparietali, solitamente di dimensioni ridotte rispetto ai lembi settali. Generalmente i
lembi liberi sono caratterizzati da un minore tempo di allestimento, una tecnica più
semplice. Inoltre essi possone essere posizionati con facilità in qualunque punti il
difetto si localizzi[66]. Al contrario i lembi peduncolati sono più sottili e si rendono
necessari in caso di fistole rinoliquorali di grandi dimensioni[67]. In genere l’impiego
dei lembi peduncolati trova indicazione nella chirurgia sellare, parasellare, clivale,
della fossa cranica media e nelle rinofaringectomie. Si procede quindi con la
regolarizzazione dei margini ossei del difetto e si asportano le irregolarità ossee della
rinobase con l’impiego di trapano intranasale. Una volta esposto il difetto osseo della
base cranica il chirurgo procede ad allestire il letto che accoglierà la plastica. Nel caso
si scelga la modalità overlay per la plastica, si procede allo scollamento della mucosa
nasale ai margini del difetto osseo per ottenere una miglior aderenza dell’innesto alla
base cranica. Nel caso si scelga la modalità underlay si procede allo scollamento della
dura madre sul versante interno del difetto osseo, in modo da poter agevolare
l’inserzione dell’innesto al di sopra dell’osso e sotto la dura madre. In presenza di un
meningocele
o
meningoencefalocele
viene
eseguita
una
resezione,
previa
causticazione, del materiale erniato. Così come per la scelta dell’innesto, la tecnica di
chiusura è strettamente correlata alla sede anatomica, le dimensioni della fistola e
56 l’anatomia individuale.Vi sono diverse modalità d’esecuzione della plastica:
- Tecnica overlay: viene utilizzata prevalentemente nei difetti di piccole dimensioni
localizzati a livello della fessura olfattoria. Dopo l’esposizione del difetto si procede
alla regolarizzazione dei bordi ossei con trapano intranasale. Successivamente si
demucosizza la zona contigua al difetto allo scopo di accogliere il successivo innesto,
il cui attecchimento viene favorito da tale procedura, e prevenire la formazione di
mucoceli. L’accurata preparazione dell’area che riceverà l’innesto rappresenta la
condizione primaria per il successo della plastica durale. L’innesto viene poi
posizionato sul lato connettivale verso il difetto per poi essere stabilizzato con
frammenti di spugne riassorbibili e colla di fibrina sui bordi dell’innesto[68].
- Tecnica combinata (multilayer): viene utilizzata per i difetti di grosse dimensioni a
livello del tetto etmoidale e sfenoidale. E’ realizzata mediante l’impiego di più strati
underlay, (distinti in intracranico intradurale e intracranico extradurale in relazione al
rapporto con la limitante meningea) e overlay. In questo caso, allo scollamento della
mucosa nasale dai margini del difetto deve corrispondere lo scollamento durale dal
versante intracranico del basicranio. Quando vengono utilizzati due strati, il primo
viene posizionato underlay, tra la dura madre ed il piano osseo endocranico (e in
genere si utilizzano materiali autologhi quali cartilagine, osso, fascia), il secondo
viene posizionato secondo la tecnica overlay (solitamente mucopericondrio settale o
mucoperiostio turbinale). Quando vengono utilizzati tre strati, il primo viene
posizionato intradurale (sostituto durale o fascia), il secondo extradurale intracranico
(cartilagine, osso, fascia), il terzo overlay (mucopericondrio, mucoperiostio o lembo
peduncolato).
57 - Tecnica obliterativa: viene utilizzata prevalentemente per il seno sfenoidale o
frontale quando questi siano scarsamente pneumatizzati. In questi casi, infatti, è più
agevole realizzare una completa demucosizzazione del seno, sempre al fine di
scongiurare la formazione di mucoceli. Successivamente la cavità sinusale viene
obliterata da grasso addominale autologo, utilizzato in monoblocco che chiude
completamente il seno. Viene poi realizzato un rivestimento a livello della parete
sinusale anteriore composto da un innesto libero di mucopericondrio o muco
periostio[69].
La scelta del tipo di tecnica da utilizzare è generalmente in relazione alle seguenti
variabili:
- diametro del difetto osseo: al crescere del diametro del difetto osseo, risulta essere
più semplice l’inserimento della plastica underlay.
- sede del difetto: quando la fistola è al livello della lamina cribra è molto difficile
distaccare la dura dall’osso intracranico a livello della fessura olfattoria, a causa della
tenace adesione della dura ai fori olfattori. In questa sede anatomica la tecnica overlay
è la scelta elettiva.
- spazio per il movimento degli strumenti chirurgici: tanto minore è lo spazio tanto più
è preferibile una tecnica overlay. La colla di fibrina viene utilizzata per fissare
l’innesto.
Il drenaggio spino peritoneale puo' essere posizionato durante l'intervento, esso viene
mantenuto in sede per circa tre giorni durante i quali è possibile monitorare il paziente
per verificare la ricorrenza della liquorrea ed eventualmente misurare la pressione del
liquor. Sebbene non vi sia accordo unanime sull’uso di una derivazione i suoi
58 vantaggi consistono nel poter misurare direttamente la pressione liquorale, effetuare
l’iniezione intratecale di fluorescina e regolare la pressone del liquor[68], cosa che ,
quest’ultima, incide notevolmente nella prognosi del paziente. Il posizionamento di un
drenaggio permanente, ventricolo-peritoneale o spino-peritoneale, è riservato a casi
selezionati. Una volta completata la riparazione la presenza di fluorescina nel liquor
permette un rapido e immediato controllo intraoperatorio della efficacia
dell’intervento. Viene visualizzata, con filtro a luce blu, la sede della preesistente
fistola: un reperto negativo conferma la avvenuta chiusura della fistola. Si può
verificarne la tenuta della plastica anche attraverso la manovra di Valsalva con
l’ausilio dell’anestesista. Una volta confezionata la plastica si posiziona materiale
spugnoso riassorbibile, colla di fibrina a stabilizzarne i margini e un tampone sui
pavimenti delle fosse nasali al termine della procedura chirurgica. Il tempo di degenza
e le misure terapeutiche nel periodo postoperatorio variano in base alle condizioni
generali del paziente e delle caratteristiche della fistola. Molto importante al fine di
una rapida guarigione risulta essere la compliace del paziente che allettato mantiene la
posizione supina per 48 ore, col capo reclinato al massimo di 30° rispetto al piano del
letto. I parametri vitali e la diuresi vengono costantemente monitorati. La copertura
antibiotica viene mantenuta per almeno dieci giorni dopo l’intervento chirurgico allo
scopo di prevenire una sovrainfezione. Il tampone nasale viene rimosso solitamente in
seconda giornata post-opertatoria, l’igiene nasale con soluzione fisiologica viene poi
effettuata quotidianamente. Il paziente deve evitare la starnutazione e gli sforzi e
mantenere il riposo fisico per almeno 30 giorni (eventuale somministrazione di
antistaminici e lassativi). I viaggi aerei sono sconsigliati. Il paziente viene
59 normalmente dimesso in terza-quinta giornata con l’indicazione di evitare sforzi fisici
per circa 30 giorni. Le medicazioni endonasali sotto visione endoscopica (ottiche con
visione a 0°, 30° e 45°) vengono effettuate quotidianamente durante il ricovero mentre
all’atto della dimissione viene programmato un controllo ambulatoriale a distanza di
10-15 giorni dall’intervento chirurgico. Durante le visite ambulatoriali vengono
asportati i resuidi del materiale riassorbibile, si aspira la fibrina e i coaguli intranasali
e si verifica la pervietà delle senotomie. Vengono verificate la tenuta e la vitalità
dell’innesto oltre che l’eventuale presenza di segni macroscopici di rinoliquorrea. Al
bisogno è possibile riposizionare in sede spugne di materiale riassorbibile e tutore di
silastic. Il normale decorso postoperatorio prevede successivi controlli al terzo mese
e ogni tre mesi fino ad un anno dall’intervento, successivamente controlli semestrali
per due anni e annuali per altri due. Si programmano esami radiologici di controllo
(RMN) ogni 6 mesi per il primo anno, in seguito ogni 1-2 anni, fino a 5 anni
dall’intervento chirurgico. Il personale medico (otorinolaringoiatra e neurochirurgo) si
rende disponibile per eventuali chiarimenti in merito al follow-up. Qualora il tempo
ricostruttivo fosse avvenuto durante l’asportazione di una lesione nasosinusale, il
paziente viene generalmente seguito in ambulatori dedicati e sottoposto a endoscopia
nasale con controlli radiologici seriati secondo il programma terapeutico della
specifica patologia. 60 La nostra casistica
La casistica analizzata in questa tesi è rappresentata da un gruppo di 103 pazienti
sottoposti ad intervento chirurgico per riparazione di fistola rinoliquorale spontanea
presso la Clinica Otorinolaringoiatrica e la Clinica Neurochirurgica dell'Ospedale di
Circolo e Fondazione Macchi di Varese in un periodo di undici anni compreso fra il
Luglio 2002 ed il Luglio 2013. La definizione di fistola rinoliquorale spontanea è stata
effettuata rispettando la classificazione di Har-El[26], escludendo conseguentemente
altre tipologie di fistole rinoliquorali la cui eziologia fosse stata ben determinata. Per
distinguere i casi di fistole congenite da quelle spontanee è stata convenzionalmente
adottata, come cut-off, l'età di 18 anni. Permane tuttavia la possibilità che in alcuni
casi i pazienti fossero affetti da una patologia congenita diagnosticata però
tardivamente. E’ stata eseguita un’analisi retrospettiva dei dati, in particolar modo ci
si è focalizzati sulle caratteristiche demografiche dei pazienti in studio (BMI, sesso ed
età), il corredo sintomatologico presente all’anamnesi, le indagini diagnostiche
sostenute e le caratteristiche della fistola rinoliquorale (sede, estensione, presenza o
meno di erniazioni meningoencefaliche, possibile presentazione multipla). Per quanto
concerne la terapia ci si è focalizzati sulla tipologia di intervento sostenuto, il tipo di
tecnica effettuata, i materiali utilizzati e le eventuali recidive. Questi dati sono stati
successivamente comparati con altre casistiche analoghe presenti in letteratura.
Caratteristiche della popolazione in studio
Il gruppo di pazienti, comune per patologia, è composto da 103 individui, 82 donne e 21 uomini, con
una età media di 54 anni. Stratificando per fasce d’età si è notato che la comparsa delle fistole
61 rinoliquorali spontanee avviene per la maggior parte durante la tarda età, con una incidenza maggiore
durante la sesta decade di vita: 37% del totale. Seguono la settima (24%) e la quinta (23%) decade di
vita. Andando ad analizzare il BMI del gruppo di pazienti è stato possibile constatare un valore medio
elevato(BMI medio 29,7), indice di un gruppo di studio mediamente sovrappeso, al limite della obesità
di primo grado. Tale media subisce una importante modificazione se si va a considerare il BMI medio a
seconda del sesso, dove il campione femminile ha un valore medio di 30,3(obesità di primo tipo),
mentre quello maschile ha un valore medio inferiore: 27,4(sovrappeso). Vengono di seguito riportati i
valori percentuali di BMI per sesso stratificati per grado di obesità. NORMOPESO
(BMI<24.9)
SOVRAPPESO
(25<BMI<29.9)
I GRADO
(30<BMI<34.9)
II GRADO
(35<BMI<39.9)
III GRADO
(BMI>40)
DONNE
25%
33%
20%
10%
12%
UOMINI
37.5%
50%
6,25%
0,00%
6,25% Fase diagnostica
L’algoritmo diagnostico per il trattamento delle fistole rinoliquorali spontanee della
nostra casistica si pone due precisi obiettivi, il primo è la conferma della liquorrea. Il
secondo è la ricerca delle caratteristiche della fistola: la sede, dimensioni, estensione,
presenza di erniazione meningoencefalica e possibile presentazione multipla, tutte
caratteristiche anatomopatologiche necessarie per una corretta pianificazione
dell’intervento chirurgico. L’algoritmo diagnostico da noi effettuato ha permesso,
nella maggioranza dei pazienti, di individuare con correttezza la sede della fistola. La
conferma definitiva, oltre ad una più accurata descrizione anatomopatologica, è stata
resa possibile solo in fase operatoria. E’ infatti in questo momento che è possibile,
dove necessario, procedere all’asportazione di alcune strutture anatomiche sei seni
paranasali per estendere il campo operatorio e rendere definitivamente visualizzabile
62 la fistola rinoliquorale. Tale conferma diagnostica è stata effettuata anche integrando
il test alla fluorescina(applicata nel 72% degli interventi), che ha permesso di meglio
identificare la sede della fistola nella fase iniziale dell’intervento chirurgico, e, alla
sua conclusione, di effettuare un controllo circa la tenuta della plastica del basicranio.
Il primo momento della indagine diagnostica consiste nella raccolta dei dati
anamnestici, indispensabili per porre il sospetto di una fistola rinoliquorale. Tutti i
pazienti sono stati sottoposti a una accurata anamnesi, durante la quale ci si è
soffermati sulla sintomatologia del paziente. Il primo segno in assoluto per il quale il
paziente si rivolge al medico è la rinorrea “acquosa”. A validare l’importanza che ha
questo segno per porre sospetto di fistola rinoliquorale ricordiamo che nella nostra
casistica tale segno era presente nella quasi totalità dei pazienti(94,2%). Un dato
interessante sembra emergere riguardo ai pazienti che non presentavano rinorrea(6
pazienti in totale), 3 di loro avevano una poliposi massiva concomitante(50%), valore
decisamente più alto se confrontato con l’incidenza della poliposi in questa
casistica(6%). I sintomi che più frequentemente si sono presentati associati alla
rinorrea erano: cefalea, episodi di meningite pregressa e ostruzione respiratoria nasale.
La cefalea, presente nel 33% dei casi, era quasi sempre associata a rinorrea. Pregressi
episodi di meningite sono stati riferiti nel 16% dei pazienti, la quasi totalità di essi
sottoforma di un singolo episodio (13 casi su un totale di 17), in alcuni casi associati a
nausea, vomito, nevralgia trigeminale ed instabilità posturale. Solo 4 pazienti hanno
riferito episodi multipli di meningite, e comunque mai più di tre. L’ostruzione
respiratoria nasale era presente nell’11% dei casi, questo sintomo, in caso di sopetta
fistola rinoliquorale è fortemente indicativa di una erniazione meningoencefalica.
63 Altri manifestazioni presenti sporadicamente erano: anosmia, iposmia, crisi epilettiche
e comiziali, episodi febbrili, algie mascellari, vertigini, paralisi del n.faciale, calo del
visus, fosfeni, tremori diffusi e otalgia. Questi sintomi sono stati riscontrati in
bassissime percentuali, uno o due pazienti al massimo, e mai associati a episodi
meningei. Lo studio approfondito delle patologie pregresse del paziente, la ricerca di
traumi precedenti e gli interventi chirurgici a cui è già stato sottoposto ci hanno
permesso di ottenere una corretta classificazione delle fistole rinoliquorali secondo i
criteri più recenti di Har-El[26], al fine di perfezionare la casistica ed escludere da
questo lavoro le numerose fistole non spontanee riscontrate presso la nostra struttura.
A seguito di una anamnesi approfondita che ha permesso di fornire elementi di
sospetto per una fistola rinoliquorale sono state eseguiti endoscopia nasale, analisi
biochimiche sul secreto nasale, TC e RMN encefalo. A tale proposito bisogna
precisare che l’altissima sensibilità di questi esami diagnostici, non ha reso necessario
il test endoscopico con fluorescina intratecale preoperatorio in nessun caso
considerato. Tale metodica è stata effettuata esclusivamente in sede intraoperatoria.
Endoscopia endonasale: i pazienti sono stati tutti sottoposti a esame obiettivo
endoscopico delle cavità nasali. L’indagine ha in molti casi reso possibile
l’identificazione della fistola rinoliquorale, dell’erniazione meningea, oppure si è
limitata a confermare la presenza di liquorrea. Su 103 pazienti analizzati, l’evidenza
diretta della fistola è stata riscontrata nel 23,5% dei casi associata a rinorrea in più
della metà dei pazienti, mentre la rinorrea acquosa, principale segno indiretto di
fistola rinoliquorale, è stata riscontrata nel 36,5% dei casi, di cui il 13% del totale
presentava sia rinorrea acquosa che evidenza della fistola, ed il 23,5% solo rinorrea.
64 Complessivamente l’indagine endoscopica della nostra casistica presenta una
sensibilità del 47% valore molto inferiore rispetto alle altre metodiche che, come
vedremo, si aggirano attorno ad una sensibilità del 90%. Questa percentuale di falsi
negativi può essere spiegata col fatto che questa indagine non è esente da limiti: la
liquorrea per essere identificata deve essere copiosa e ovviamente in fase attiva e il
difetto spesso è celato dietro le strutture anatomiche delle cavità nasali o da
neoformazioni polipoidi. In alcune occasioni è stato possibile individuare le
pulsazioni trasmesse dal meningocele sulle neoformazioni polipoidi che lo
sovrastavano. Nonostante questi limiti, l’esame endoscopico è stato il primo esame a
cui i pazienti sono stati sottoposti. Esso permette infatti di fornire segni diretti o
indiretti della fistola, ed è inoltre fondamentale per una iniziale indagine sulle varanti
anatomiche
del
paziente,
indispensabili
per
una
corretta
programmazione
dell’intervento.
Analisi biochimiche sul secreto nasale: per tale indagine ci siamo rivolti a laboratori
esterni poiché il nostro istituto non svolge questo tipo di analisi. I pazienti sono stati
pertanto istruiti sulla modalità con cui effettuare la raccolta e la conservazione del
campione: il campione di secreto deve essere raccolto durante la fase di rinorrea attiva
(unico limite) e conservato in provetta sterile a bassa temperatura per poi essere
inviato e analizzato in laboratorio. Le analisi biochimiche sono state indirizzate alla
ricerca della beta-due transferrina (44% dei pazienti) e della beta-trace-protein (2%).
Complessivamente il 46% dei pazienti ha sostenuto questo tipo di indagini, bisogna
sottolineare che, non essendo stato possibile eseguire queste analisi presso il nostro
Istituto, il loro utilizzo è stato relativamente moderato. La ricerca della beta-due65 transferrina è stata effettuata, nei pazienti sottoposti a test biochimici sul secreto
nasale, nel 95,5% dei casi, quindi sulla quasi totalità. La sensibilità è stata del 97.5%:
solo un paziente, su 43, ha avuto come risultato un falso negativo. Due pazienti sono
stati sottoposti a ricerca della beta-trace-protein entrambi con risultati positivi. Le
indagini biochimiche sui campioni di secreto nasale sono risultate essere
estremamente sensibili (complessivamente attorno al 97,7%), oltre che essere poco
invasive. Tuttavia pochi laboratori eseguono questa analisi e questo rappresenta un
limite al loro utilizzo.
TC e RMN encefalo: la TC è stata utilizzata nel 94% dei pazienti presenti nella nostra
casistica: si è andati a ricercare la presenza di un difetto o di un assottigliamento osseo
e l’opacità di un seno paranasale contiguo. I risultati sono stati molto soddisfacenti,
nel 92% dei casi sono stati raccolti segni diretti o indiretti di fistola rinoliquorale, un
difetto osseo è stato individuato nell’86%, l’opacizzazione di un seno paranasale è
stato visualizzabile nel 44% dei pazienti, mentre questi due reperti si sono presentati
nello stesso paziente nel 38% dei casi. La RMN encefalo, nelle varie sequenze
utilizzate, ha permesso di evidenziare meglio l’eventuale perdita liquorale, la sede
della stessa, e la patologia che l’ha causata. Le sequenze utilizzate sono T1, T2, FAT
SAT, FLAIR e CISS a strato sottile nelle proiezioni sagittale assiale e coronale. La
RMN è state eseguita nel 92% dei pazienti, con una sensibilità per patologia e sede
del 95%, la RMN, infatti, permette un migliore studio dei tessuti molli e, soprattutto
grazie alla sequenza FLAIR, ha permesso di evidenziare la sede della liquorrea nel
72% dei casi esaminati; nel 55% dei casi è stato possibile evidenziare una erniazione
meningoencefalica. Solo il 5% degli esami ha dato esito negativo. La RMN ha inoltre
66 permesso di evidenziare nel 43% dei casi segni indiretti di ipertensione endocranica.
Utilizzando gli indici proposti da Maralani et al.[47] sono state evidenziate le seguenti
alterazioni: 33 pazienti presentavano un quadro di sella vuota parziale/totale, 1
paziente presentava stenosi del seno venoso trasverso, papilledema OD in un caso,
stiramento peduncolo ipofisario in un altro. Sono stati inoltre riscontrati in 6 pazienti
dilatazioni degli spazi liquorali, più precisamente dei cavi di Meckel, della cisterna
prepontina e chiasmatica, degli spazi ventricolari pericarotidei e subaracnoidei della
volta, della base e frontobasali.
Caratteristiche delle fistole
Nei nostri pazienti è stato riscontrato che la sede maggiormente coinvolta risultava
essere la fessura olfattoria, 48% dei casi. La seconda sede maggiormente interessata è
stata il recesso laterale dello sfenoide, coinvolto nel 20% dei casi. Il tetto etmoidale è
stato interessato nel 13% dei casi; nella nostra casistica si è proceduto a distinguere le
fistole insorte a livello del tetto etmoidale anteriore (7% dei casi) da quello posteriore
(6%). Altre sedi di fistola rinoliquorale spontanea sono rappresentate da: parete
posteriore del seno frontale (7%), parete posteriore del seno sfenoidale (4,3%),
planum sfenoetmiodale (3,5%), pavimento sellare e recesso frontale (1,7%) e clivus
(0,8%). Nel nel 16% dei casi sono stati identificati difetti multipli del basicranio, le
sedi maggiormente colpite si sono rivelate essere la fessura olfattoria(9 casi), il
recesso laterale dell’ sfenoide ed il tetto etmoidale(4 casi ciascuno). La localizzazione
multipla si è quasi sempre manifestata attraverso difetti in regioni contigue,
preferenzialmente etmoide-sfenoide ed etmoide-frontale. Attraverso una successiva
67 analisi istologica è stato possibile identificare la presenza di meningoceli(25) e
meningoencefaloceli(30) erniati attraverso la fistola rinoliquorale, per una percentuale
complessiva del 54% della nostra casistica. Un analisi della sede di insorgenza delle
ernie meningoencefaliche non ha individuato una zona maggiormente predisposta a
presentare tale erniazione.
Fase chirugica
Su 103 pazienti sottoposti a intervento chirurgico le tecniche utilizzate sono state di
tipo endonasale endocscopico nel 92% dei casi e combinato endoscopico associato
lembo osteoplastico frontale nel 7,5%. Dodici pazienti erano già stati sottoposti
precedentemente a interventi di plastica del basicranio presso altre strutture, due a
interventi di posizionamento di drenaggio lombare, uno a posizionamento di
derivazione ventricolo-atriale. Di questi, cinque pazienti presentavano plurimi
interventi di plastica del basi cranio(fino a 4) presso altre sedi. Le tecniche chirurgiche
utilizzate presso le altre strutture erano varie: endoscopiche, craniotomiche e
transpalatali. Questi pazienti non hanno presentato caratteristiche demografiche
diverse dalla popolazione di studio, tuttavia in sei di essi è stato riscontrato un quadro
di empty sella alla RMN. Per tutti loro l’intervento di plastica cui si sono sottoposti in
presso il nostro istituto è risultato essere definitivo: è quindi ipotizzabile che in questi
pazienti la causa principale di fallimento chirurgico sia imputabile alla tecnica
utilizzata ed alla scelta dei materiali. L’approccio combinato endoscopico-lembo
osteoplastico frontale è stato utilizzato esclusivamente negli 8 pazienti che
presentavano una fistola rinoliquorale a livello della parete posteriore del seno
68 frontale. In tutte le restanti localizzazioni (Etmoide, Sfenoide, Fessure Olfattorie,
Clivus), l’approccio di scelta è stato quello endonasale endoscopico. Per evitare
sanguinamenti due settimane prima dell’intervento sono state sospese eventuali
terapie antiaggreganti o anticoagulanti, dove controindicato ci si è limitati a
mantenere uno stretto monitoraggio sul trattamento. Previo consenso informato 72 di
essi (70% della casistica) sono stati sottoposti ad iniezione intratecale di fluoresceina,
seguendo il protocollo standardizzato da Stammberger[9]. Tale procedura ci ha aiutati
a ottenere una diagnosi topografica certa soprattutto nel caso di fistole multiple, e ha
permesso, al termine dell’intervento, di verificare la tenuta della plastica. L’anestesia
generale è stata sempre praticata, i pazienti sono stati posizionati in antitrendelemburg
(15°-25°) per favorire il deflusso venoso intracranico. Al fine di migliorare la qualità
del campo operatorio gli interventi sono stati effettuati in ipotensione controllata.
Sono
stati
posizionati
cotonoidi
imbevuti
di
decongestionante
(nafazolina/ossibuprocaina) per la riduzione volumetrica delle mucose nasali. L’intera
procedura è stata effettuata da due operatori utilizzando la tecnica “a quattro mani”. In
caso di difetti durali di piccole dimensioni si è proceduti a una attenta coagulazione
con pinza bipolare che ne ha favorito la chiusura. Un approccio simile è praticato in
caso di erniazioni meningoencefaliche di piccole dimensioni, in questo caso la
retrazione della dura che si ottiene induce una retrazione spontanea dell’ernia
encefalica nella cavità endocranica. La sede della fistola rinoliqurale spontanea e la
sua dimensione sono stati i principali criteri per identificare la via di approccio e la
tecnica di chiusura ottimale.
Fessure olfattorie: nell’80% degli interventi di riparazione in questa sede la presenza
69 di un difetto di piccole dimensioni (<1 cm) e una fessura olfattoria stretta ha richiesto
un approccio transetmoidale con rimozione della lamina basale dell’etmoide ed un
intervento di riparazione in singolo strato (single layer) con posizionamento
extracranico di mucoperiostio turbinale nella maggior parte dei casi. Quando il difetto
si è rivelato di dimensioni maggiori si è preferito utilizzare un approccio parasettale
diretto con tecnica riparativa multilayer: fascia lata intracranica intradurale, osso
turbinale o cartilagine/osso settale intracranico intradurale e muco periostio o muco
pericondrio extracranico.
Sfenoide: in caso di localizzazioni sfenoidali, in maggioranza nel recesso laterale, si è
preferita la via d’accesso transetmoido-pterigo-sfenoidale, che permette una precisa
visualizzazione del difetto. La tecnica ripartiva multilayer è risultata essere quella più
utilizzata (93%) con innesti di fascia lata intracranica intradurale, osso turbinale o
cartilagine/osso settale intracranico intradurale e muco periostio extracranico, in
quattro casi è stato utilizzato un quarto strato di mucoperiostio. Solo su due pazienti è
stata praticata la tecnica ripartiva in double layer.
Etmoide: localizzazioni etmoidali hanno richiesto una etmoidotomia antero-posteriore
con successiva demucosizzazione e la regolarizzazione dell’osso del tetto etmoidale.
Anche in questo caso la tecnica ricostruttiva multilayer è stata quella di scelta
confezionando una plastica multistrato con fascia lata intracranica intradurale, osso
turbinale o cartilagine settale intracranico intradurale e muco periostio turbinale o
mucopericondrio settale extracranico.
Seno frontale: fistole ad origine dalla parete posteriore del seno frontale hanno
richiesto tutte un approccio combinato endoscopico-lembo osteoplastico con
70 successiva ricostruzione multilayer. In questo caso i materiali di scelta sono stati:
fascia temporale intracranica intradurale, osso turbinale o cartilagine/osso settale
intracranico intradurale e fascia temporale o muco periostio turbinale extracranico.
Metà delle fistole in questa sede erano a localizzazione multipla, equamente suddivise
fra localizzazioni secondarie a livello della parete posteriore del seno frontale e a
livello della lamina cribra.
La scelta del tipo di riparazione è stata influenzata dal diametro del difetto osseo; al
crescere del diametro del difetto osseo, l’inserimento dello strato underlay risulta
essere più agevole. A livello delle fessure olfattorie, a esempio, la tenace adesione
della dura sui fori olfattori della lamina cribra ne rende difficile una procedura di
scollamento, è pertanto preferito in tale sede utilizzare la tecnica overlay. Anche lo
spazio per il movimento degli strumenti risulta essere importante, tanto minore è lo
spazio tanto più è preferibile una tecnica overlay. Ai fini classificativi la precedente
distinzione fra le modalità di chiusura overlay, combinata (multilayer) ed obliterative
è stata riconsiderata, ponendo maggiore attenzione sul numero di innesti inseriti e
sulla loro localizzazione. Premesso che la tecnica obliterativa non è stata utilizzata in
questa casistica sulle fistole rinoliquorali spontanee, e pertanto non verrà considerata,
gli interventi riparativi sono stati così suddivisi:
Single layer: questa tecnica è stata effettuata nel 44% degli interventi riparativi per
fistola rinoliquorale. E’ costituita da un unico innesto extracranico utilizzato
maggiormente nei difetti di piccole dimensioni localizzati a livello della fessura
olfattoria (86% nella nostra casistica). Si procede con l’esposizione del difetto i cui
71 bordi ossei vengono successivamente regolarizzati con trapano intranasale. La zona
contigua al difetto viene poi demucosizzata per accogliere l’innesto che viene
posizionato sul lato connettivale, verso la fistola.
Double layer: 8% degli interventi, realizzata per i difetti del tetto etmoidale e delle
fessure olfattorie. Consiste nell’impiego di due strati, uno underlay (intracranico
extradurale) ed uno overlay. Il primo, underlay, viene posizionato tra la dura madre ed
il piano osseo endocranico ( in genere si utilizzano materiali autologhi quali
cartilagine, osso, fascia), il secondo viene posizionato secondo la tecnica overlay
(solitamente mucopericondrio settale o mucoperiostio turbinale).
Multilayer: per i difetti di grosse dimensioni e nei difetti a localizzazione multipla,
esso viene realizzato mediante l’utilizzo di più strati, solitamente tre, il primo viene
posizionato intradurale (sostituto durale o fascia), il secondo extradurale intracranico
(cartilagine, osso, fascia), il terzo overlay (mucopericondrio, mucoperiostio o lembo
peduncolato). In questo caso, allo scollamento della mucosa nasale dai margini deve
corrispondere lo scollamento durale dal versante intracranico del basicranio. In alcuni
casi è stato posizionato un quarto strato intranasale, solitamente un graft
mucoperiosteo o un flap vascolarizzato. Questo intervento è stato realizzato nel 45,6%
dei casi soprattutto a livello del recesso laterale dello sfenoide, del tetto etmoidale,
della parete posteriore del seno frotale e della parete posteriore del seno sfenoidale.
Gasket-seal closure(chiusura a tappo di damigiana)[70]: questa tecnica prevede un
primo innesto di fascia posizionato intracranica, lasciandone la porzione periferica
dello stesso extracranico. Viene poi inserito un frammento di osso o cartilagine in
posizione intracranica extradurale, come a formare un tappo di damigiana, per evitare
72 che la pressione intracranica ed i movimenti del parenchima possano condizionare
uno spostamento della plastica. Completa la chiusura un ultimo strato extradurale
posizionato secondo la tecnica overlay (mucopericondrio settale o mucoperiostio
turbinale). E’ stata utilizzata in un numero limitato di casi(2,6% della casistica), per
fistole del recesso laterale dello sfenoide(2 pazienti) e del clivus(1 paziente). Non si
sono mai verificate complicanze intraoperatorie.
Fase post-operatoria e follow-up
Il tempo di degenza e le misure terapeutiche dopo l’intervento chirurgico variano in
base alle condizioni generali del paziente, alla sua compliance e alle caratteristiche
della fistola. Nell’immediato postperatorio i pazienti sono stati trasferiti direttamente
al reparto, senza la necessità della terapia intensiva. Tutti i pazienti sono stati allettati
e mantenuti in posizione supina col capo reclinato al massimo di 30° rispetto al piano
del letto per 48 ore circa. I parametri vitali e la diuresi sono stati costantemente
monitorati e la copertura antibiotica è stata mantenuta per dieci giorni circa. I tamponi
nasali sono stati rimossi in seconda giornata. Durante la degenza si è cercato di
limitare al massimo gli sforzi fisici attraverso il riposo obbligato e la
somministrazione di lassativi ed antistaminici. I pazienti sono stati dimessi
mediamente in sesta giornata, con ricoveri lievemente più brevi per le ricostruzioni a
single layer e double layer(5 giorni). Ricoveri più lunghi sono stati richiesti per i
pazienti sottoposti a tecnica ricostruttiva multilayer(6 giorni in media), gasket-seal (7
giorni), e approccio combinato(9 giorni). La dimissione è stata effettuata istruendo il
paziente sulle norme di vita da attuare, egli infatti deve astenersi gli sforzi e
73 mantenere il riposo fisico per almeno 30 giorni, sconsigliati i viaggi aerei. Le
medicazioni endonasali endoscopiche sono state effettuate quotidianamente durante il
ricovero. Sono stati programmati controlli ambulatoriali a distanza, il primo a 10-15
giorni dall’intervento chirurgico, poi a 1, 3, 6, e 12 mesi, e se non si verificavano
complicanze annuali fino al quinto anno ed in seguito biannuali. Durante le visite
ambulatoriali sono state eseguite medicazioni endonasali endoscopiche, nelle quali si
è proceduto ad asportare eventuali residui dei tamponi riassorbibili, aspirare la fibrina
ed i coaguli intranasali e verificare la pervietà delle senotomie. La rimozioni dei
coaguli e della fibrina è indispensabile per poter visualizzare al meglio la plastica del
basicranio, di cui ne viene verificata la tenuta. Durante l’endoscopia si è proceduto
inoltre a verificare eventuali segni macroscopici di rinoliquorrea. Al bisogno è
possibile riposizionare in sede spugne di materiale riassorbibile e tutore di Silastic.
Sono state programmate risonanze magnetiche di controllo ogni 6 mesi per il primo
anno, in seguito ogni 1-2 anni, fino a 5 anni dall’intervento chirurgico. Sedici pazienti
hanno lamentato complicanze di vario genere sia nell’immediato postoperatorio che a
distanza di anni. Tre di essi hanno presentato una recidiva di fistola rinoliquorale e
sono stati tutti sottoposti a intervento di revisione. Ai fini di definire al meglio il
successo terapeutico della nostra casistica le complicanze sono state suddivise fra
quelle che hanno richiesto una successiva revisione di plastica del basicranio e quelle
risolte attraverso altre misure terapeutiche. Di queste ultime 13 pazienti hanno
lamentato le seguenti complicanze: nell’immediato postoperatorio si sono verificati
episodi di febbrili(3 casi), un caso di poliuria-polidipsia trattata con desmopressina,
un caso di anemizzazione e un calo del visus con potenziali evocati ridotti. Sempre
74 nel postoperatorio un paziente è stato sottoposto a lisi di sinechia turbino settale in
anestesia locale ed un altro è stato sottoposto a tamponamento nasale a causa della
comparsa di epistassi. Nelle complicanze a distanza sono state praticate una lisi di
sinechia turbinosettale ad un anno di distanza e un intervento di marsupializzazione di
mucocele a tre anni, entrambi in anestesia locale. Solo 3 pazienti sono stati sottoposti
a interventi di revisione delle senotomie e 2 pazienti sono stati sottoposti,
rispettivamente a uno e due anni di distanza, a un intervento di revisione di senotomia
frontale per stenosi cicatriziale del recesso frontale in anestesia generale. Uno di essi
ha richiesto una seconda revisione pochi mesi dopo. Tre pazienti hanno avuto una
recidiva di
fistola rinoliquorale spontanea, con una percentuale di successo
chirurgico, in questa casistica, del 97%. I tre pazienti che hanno manifestato la
ricomparsa di rinoliquorrea successivamente al primo intervento, due maschi ed una
femmina, non presentavano caratteristiche demografiche dissimili da quelle della
popolazione in studio. Anche la sintomatologia e l’iter diagnostico non è stato
differente dalla restante popolazione. L’unica nota interessante sembra venire dalla
RM, che ha riscontrato una empty sella syndrome in due pazienti. Le localizzazioni
della fistola erano 2 a livello della fessura olfattoria e 1 sulla parete posteriore dello
sfenoide. L’approccio chirurgico è stato quello endonasale endoscopico per tutti con
tecnica ricostruttiva single layer (fessura olfattoria) e double layer (parete posteriore
dello sfenoide). I due pazienti con fistola rinoliquorale della lamina cribra hanno
manifestato liquorrea nell’immediato postoperatorio e sono stati sottoposti, nelle
settimane seguenti, a un intervento di revisione a livello della localizzazione primaria
con tecnica ricostruttiva single layer. Uno dei due ha però necessitato di una ulteriore
75 revisione, definitiva, in double layer. L’ultimo paziente ha presentato una recidiva a
distanza di settimane, anch’esso sulla sede della lesione primitiva (parete posteriore
dello sfenoide). E’ stato pertanto sottoposto a intervento di revisione con tecnica
gasket seal (fascia lata + osso turbinale + fascia lata + muco periostio turbinale).
76 Discussione
Le fistole rinoliquorali spontanee rappresentano una patologia poco comune la cui
diagnosi è spesso difficoltosa. Infatti se il sospetto clinico di una fitola posttraumatica è immediato, molto più difficoltoso risulta essere la diagnosi in caso di
fistola spontanea. L’intermittenza dei sintomi, la scarsa evidenza degli stessi e
l’assenza di anomalie esterne sono causa frequente di ritardo diagnostico. Attualmente
questo gruppo di fistole presenta lo svantaggio di raccogliere tutti i casi cui non si sia
riuscito a riconoscerne il meccanismo causale, che quando presente, rimane
misconosciuto e conseguentemente non trattato. Inoltre questo tipo di fistola, in base
ai dati presenti in letteratura, risulta maggiormente associato a erniazioni meningee e
a localizzazioni multiple, sincrone o metacrone e a un maggior tasso di recidiva[71].
La letteratura internazionale riporta, per quanto riguarda la localizzazione delle
fistole, incidenze simili alla nostra popolazione di confronto. Gli studi qui analizzati
identificano nella fessura olfattoria, nel tetto etmoidale e nel recesso laterale dello
sfenoide i tre siti più frequenti per lo sviluppo di una fistola rinoliquorale spontanea.
Secondo gli autori proposti queste tre localizzazioni coinvolgono da sole l’83% di
tutte le fistole, nella nostra casistica questo dato raggiunge valori non dissimili, con un
valore del 86%.
77 AUTORE
N.PAZIENTI F.O. T.E. R.L.S. S.A. S.F. ALTRO
YANG71 (2011)
21
0
13
7
0
1
0
LOPATIN21 (2011)
173
70
55
26
19
3
0
SETH16 (2010)
39
20
3
12
0
0
4
BANKS27 (2009)
77
18
21
13
18
3
4
SCHUKNECHT24 (2008) 27
11
4
7
5
0
0
TOTALE
119
96
65
42
7
8
337
F.O. fessura olfattoria; T.E. tetto etmoidale; R.L.S. recesso laterale dello sfenoide;
S.A. sfenoide altre localizzazioni; S.F. seno frontale.
L' algoritmo diagnostico da noi utilizzato ha permesso una rapida diagnosi ed una
precisa localizzazione della fistola, e di conseguenza la pianificazione dell’intervento
chirurgico più adeguato per il paziente. La ricerca della beta-2-transferrina e/o della
beta-trace-protein nel secreto nasale dovrebbero essere il primo esame a cui i pazienti
con sospetta fistola rinoliquorale spontanea vengono sottoposti al fine di identificare
la presenza di liquor cefalorachidiano nel campione. Sono test di rapida esecuzione e
richiedono volumi modesti di liquido. L’altissima sensibilità riportata nella nostra
casistica (esami positivi nel 95,5% dei pazienti con fistola rinoliquorale spontanea),
oltre al basso costo ed il facile impiego, ne fanno l’indagine di scelta per una corretta
diagnosi. L’utilizzo della diagnostica per immagini(TC e RM) ha permesso di
raggiungere ottimi risultati, il continuo miglioramento della tecnica ha aumentato la
sensibilità di queste metodiche, che combinate hanno permesso di arrivare a diagnosi
nella quasi totalità dai casi. In questo studio di particolare importanza si è rivelata
essere la RMN che, grazie alla visualizzazione dei tessuti molli, ci ha permesso di
identificare, qualora presenti, i segni indiretti di una ipertensione endocranica. In
particolare la RMN pesata in T2 FLAIR (Fluid Attenuated Inversion Recovery) si è
78 rivelata utile per la differenziazione fra liquor e liquido infiammatorio. La
cisternografia RMN combina la possibilità di una diretta visualizzazione della fistola
con una accurata definizione anatomica del distretto. Durante gli anni si è osservato
un progressivo miglioramento della tecnica chirurgica, che ha visto l’abbandono
totale dei derivati sintetici, giudicati non ottimali a causa della loro mancata
integrazione nei tessuti circostanti, e l’introduzione di nuove tecniche di chiusura,
come ad esempio la Gasket-Seal. L’approccio endoscopico endonasale ha inoltre
soppiantato nella maggior parte dei casi gli approcci intracranici ed extracranici non
endoscopici,
relegando
quest’ultima
tecnica
al
solo
intervento
combinato
endoscopico-lembo osteoplastico frontale per il trattamento delle fistole rinoliquorali
spontanee della parete posteriore del seno frontale. I vantaggi della chirurgia
endoscopica consistono soprattutto in una minore invasività, che consente di evitare le
principali complicanze dell’approccio intracranico come la lesione del bulbo
olfattorio con conseguentemente anosmia, l’edema cerebrale e l’encefalomalacia
dovuta alla retrazione del lobo frontale e l’emorragia cerebrale. L’assenza di incisioni
esterne costituisce inoltre un vantaggio non trascurabile dal punto di vista del
paziente. In questa casistica il 97% dei casi la chirurgia endoscopica ha raggiunto il
successo, risultato che rispecchia e supera quello riportato in letteratura, che nelle
casistiche migliori si attesta al 89,2%[20]. Questo è stato reso possibile grazie ad una
attenta valutazione delle caratteristiche della fistola, le quali una volta note hanno
permesso una corretta selezione dell’intervento di scelta, del tipo di approccio e della
tecnica ricostruttiva. La letteratura internazionale ha documentato una pressione
endocranica aumentata in molti pazienti sottoposti a intervento chirurgico di
79 riparazione di una fistola rinoliquorale spontanea, con valori medi superiori a 25 cm
H2O, dove il valore di normalità è inferiore a 20 cm H2O. Stando a quanto riportano
in letteratura secondo Yang[71], Lopatin[21], Seth[16], Banks[27] e Schuknecht[24]
le fistole rinoliquorali spontanee sembrano colpire maggiormente il sesso femminile,
la sesta decade di vita e i soggetti in sovrappeso. La nostra casistica conferma questa
ipotesi. AUTORE
N.PAZIENTI F
M
ETA' BMI
YANG71 (2011)
21
18
3
53
31,2
LOPATIN21 (2011)
173
143
30
SETH16 (2010)
39
33
6
57,7
38,5
BANKS27 (2009)
77
57
20
51,4
35,4
SCHUKNECHT24 (2008)
27
17
10
51,1
TOTALE
337
268 (79,5%) 69 (20,5%)
53
35,6 Questi dati presenti in letteratura e confermati dal nostro studio, assieme ai reperti di
empty sella alla RM qui riscontrati, ricalcano i valori delle popolazioni affette da IIH.
Fa eccezione l’età (l’IIH insorge attorno ai 20 anni, le fistole spontanee sono tipiche
della sesta decade di vita), ma questo dato non è in contrasto, poiché è noto che per
produrre un danno osseo, e quindi una fistola, siano necessari molti anni di pressioni
elevate. Tali osservazioni pongono il dubbio che la maggior parte delle fistole
rinoliquorali spontanee altro non siano che manifestazioni dell’IIH. A dare supporto
questa teoria lo studio condotto da Schlosser[50] dimostra che il 72% dei pazienti
affetti da fistola rinoliquorale spontanea rientra nei criteri diagnostici modificati da
Dandy per l’IIH[5]. Sono anche stati descritti casi in cui l’aumento di pressione
80 liquorale ha dato come primo sintomo la liquorrea[72]. Una fistola rinoliquorale
insorta in un paziente con IIH costituirebbe dunque una via di drenaggio del liquor
iperteso e i reperti di empty sella alla RMN di questa casistica(32% dei pazienti)
sarebbero suggestivi di una IIH non riconosciuta, a causa dell’effetto decompressivo
della fistola medesima. Una IIH inizierebbe, attraverso transitori aumenti della
pressione liquorale e prima di esitare in una IIH vera e propria, a causare un quadro di
empty sella e/o di fistola rinoliquorale, con una conseguente remissione della
sintomatologia ipertensiva. A favore di questa ipotesi lo studio di Maira et al.[41], che
effettuò una misurazione continua della pressione del LCR in 11 pazienti con
sindrome della sella vuota, riscontrandone valori aumentati costantemente nel 27%
dei casi, mentre il 46% subiva aumenti transitori durante la fase REM del sonno. E’
stato inoltre riscontrato in alcune casistiche di pazienti affetti da IIH, una prevalenza
della empty sella con valori compresi fra il 70% ed il 100% dei casi in studio[49]. Va
aggiunto inoltre che, secondo alcuni autori, fino al 15% dei pazienti con empty sella
evolvono in una IIH[50]. Alcuni autori attribuiscono anche alla Sindrome delle apnee
ostruttive del sonno un ruolo nella patogenesi della IIH. Prolungati episodi di
desaturazione durante le apnee causerebbero una vasodilatazione cerebrale, con
aumento di produzione di LCS e della sua pressione[40]. Disregolazioni endocrine del
cortisolo sembrano anch’essi poter causare IIH[39]. L’obesità riscontrata in letteratura
e nella nostra casistica avrebbe modo di influire su entrambi questi fattori. La maggior
prevalenza delle fistole rinoliquorali spontanee nella popolazione femminile, in
sovrappeso e di mezza età, secondo quanto stimato dalla letteratura internazionale e
dal nostro studio, sembra validare questa ipotesi. Il passaggio da IIH a fistola
81 rinoliquorale spontanea sarebbe imputabile anche alla presenza delle granulazioni
aracnoidali: queste a seguito di aumenti permanenti o transitori della pressione del
LCS andrebbero incontro ad una espansione con la conseguente formazione di sacche
contenenti liquor i cui aumenti pressori andrebbero poi col tempo ad erodere l’osso
circostante. La presenza delle granulazioni aracnoidali a livello del basicranio su
lamine ossee particolarmente fragili predisporrebbe alla formazione di fistole
rinoliquorali. Questo sembra essere confermato dallo studio di Shetty et al.[22] che
riscontra impronte di villi aracnoidali nel 63% dei pazienti affetti da fistola
rinoliquorale spontanea. Pertanto l’ipotesi eziopatogenetica che attualmente riscuote
maggiore consenso prende in considerazione, aumenti pressori costanti o temporanei
del LCS, anomalie del basicranio e dei seni paranasali, deficit endocrini e
granulazioni aracnoidali in zone “a rischio”: tutti questi fattori concorrerebbero nella
formazione delle fistole rinoliquorali spontanee. Indipendentemente dalla presenza di
IIH la tecnica endoscopica endonasale raggiunge risultati assolutamente soddisfacenti
in termini di successo. Il trattamento associato della presunta IIH, al contrario di
quanto riportato in letteratura, non sembra essere necessario.
82 Conclusioni
E’ stato ampliamente osservato in letteratura che le fistole rinoliquorali spontanee
sono gravate da una percentuale di insuccessi chirurgici maggiore che nelle fistole
rinoliquorali di altra causa. Queste ultime infatti hanno una percentuale di fallimento
inferiore al 10% mentre le fistole ad eziologia ignota hanno, a seconda della casistica,
percentuali di fallimento superiori, comprese fra il 10,8% ed il 25%. Tuttavia come si
è dimostrato, è possibile ridurre notevolmente le percentuali di fallimento, portandoli
a valori paragonabili alle fistole di altra natura. L’utilizzo di un valido algoritmo
diagnostico-terapeutico ha infatti permesso una corretta e tempestiva diagnosi, una
precisa localizzazione del difetto e un trattamento chirurgico ottimale. La possibilità
di scegliere fra le varie tecniche d’approccio e di effettuare il tipo di chiusura
ottimale, a seconda delle caratteristiche anatomopatologiche della fistola, risulta
determinate per ottenere una così bassa percentuale di recidive. Il possibile ruolo
eziopatogenetico della IIH nelle fistole rinoliquorali spontanee è confermato anche se
la sua presenza non sembra essere un fattore determinante per il successo
dell'intervento chirurgico e il suo trattamento dovrebbe essere riservato solo ai casi di
recidiva di fistola in diversa sede. Risulta comunque necessario un intervento
multidisciplinare al fine di diagnosticare tempestivamente la presenza dell’IIH nei
pazienti con diagnosi di fistola rinoliquorale spontanea, per poter porre in essere un
protocollo diagnostico-terapeutico adeguato, da integrarsi con gli esami cui questi
pazienti già si sottopongono per le fistole rinoliquorali spontanee. Una maggiore
comprensione della fisiopatologia delle fistole rinoliquorali spontanee potrebbe
portare a un corretto inquadramento e a una adeguata classificazione di tale patologia
83 poiché riconoscerne i meccanismi causali consentirebbe un miglioramento della loro
gestione e permetterebbe di intraprendere, quando necessario, il trattamento più
adeguato.
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92 Ringraziamenti
Vorrei ringraziare il Professor Lorenzo Dominioni e il Dottor Sergio Balbi per la
disponibilità accordatami; il Professor Giustino Tomei e il Professor Paolo
Castelnuovo per quanto mi hanno insegnato; i colleghi strutturati e specializzandi che
hanno condiviso con me parte del percorso formativo e lavorativo.
Un ringraziamento particolare va a mio padre, a mia madre alle mie sorelle e a mio
fratello.
Un pensiero di gratitudine non puo' non andare a Nella.
Sono felice, inoltre, di poter ringraziare i miei veri amici, loro sanno chi sono.
Ringrazio infine Paola, Alma e Pietro per avermi reso, e per continuare a rendermi,
felice.
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