Sentenza tribunale

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Sentenza tribunale
di Padova
a cura di Giuseppe Montanini
Importanti conclusioni della recente sentenza
del Tribunale Penale di Padova, in merito all’attività dell’operatore shiatsu
(vedi anche S.N. n. 14 di giugno 2006, p. 29)
C
ome potete leggere nella sentenza,
pubblicata in queste pagine, l’accusa era: “imputato del reato previsto e punito dall’art.81 cpv e 348 C.P., per
avere con più azioni esecutive dello stesso
disegno criminoso, esercitato abusivamente la professione di medico, eseguendo
trattamenti di massaggi shiatsu….essendo
sprovvista dei titoli abilitativi”.
Il procedimento si è concluso con
l’assoluzione perché il fatto non sussiste.
Si tratta di una sentenza molto importante
perché esamina in modo approfondito,
senza eludere alcun punto, la normativa,
la giurisprudenza e tutte le problematiche
relative all’abuso della professione medica, in generale e con riferimento allo
shiatsu. Prende altresì, in esame il parere
del Consiglio Superiore di Sanità sullo
shiatsu, evidenziandone i limiti e afferma
dei principi importanti per i professionisti,
che vogliano evitare di incorrere in reati.
Per comprendere il senso della questione è necessario fare alcune premesse
di ordine generale: la norma di cui all’art.
348 c.p. (abuso di professione) è definita
norma penale in bianco, in quanto non
determina specificamente le condotte
punite, ma rimanda ad altre disposizioni
di legge la determinazione delle condotte che rientrano nella fattispecie. Sono le
disposizioni che definiscono le attività
professionali riservate, per l’esercizio
delle quali è necessaria una speciale abilitazione e l’iscrizione in appositi albi. In
realtà è la violazione di dette norme che
viene punita ai sensi dell’art. 348 c.p..
Come è noto nessuna norma di legge
richiede per l’esercizio dello shiatsu una
speciale abilitazione e l’iscrizione in un
albo (infatti viene contestato l’abuso della
professione medica o di fisioterapista e
non quella di operatore shiatsu). Sotto
questo aspetto quindi, l’attività di operatore shiatsu è sicuramente libera ed il suo
esercizio, di per sé, non determina la violazione dell’art. 348 cp.. Come molte sentenze in materia affermano, infatti, se il
legislatore avesse ritenuto di dover rego-
lamentare o riservare questa attività,
l’avrebbe fatto e il giudicante non si può
sostituire al legislatore nell’individuare
nuove condotte penalmente rilevanti. La
riserva di legge in materia penale è infatti principio basilare del nostro ordinamento.
Quindi, quando avvengono denunce
per abuso di professione (poiché, ripeto,
lo shiatsu non è riservato per legge ad
alcuna categoria e per il suo esercizio non
è richiesta alcuna abilitazione o iscrizione
ad albi), l’accusa ritiene che la condotta
concreta dell’operatore abbia invaso il
campo di attività riservato per legge ad
altre categorie professionali (medica o
fisioterapica). Ora possono esserci due
ipotesi, o, oltre allo shiatsu, viene contestata una condotta specifica ulteriore,
come ad esempio l’aver pubblicizzato o
effettuato esplicitamente la cura di patologie, oppure (come nel caso della sentenza in questione) viene contestato semplicemente di aver effettuato dei trattamenti
shiatsu. In questo caso l’accusa evidentemente ritiene che lo shiatsu di per sè, per
le sue caratteristiche, sia definibile atto
medico o fisioterapico. Questa ipotesi è
per noi molto pericolosa perché, se confermata in una sentenza di condanna, porterebbe, sostanzialmente, al divieto assoluto, di fare shiatsu. In questo senso il
processo di Padova era ed è molto importante, perché affronta e risolve un punto
per noi fondamentale.
In senso generale, il più pesante elemento di accusa è proprio il parere del
Consiglio Superiore di Sanità emesso, in
data 24 maggio 2002. In questo parere si
afferma, infatti, che, ad avviso del
Consiglio, lo shiatsu per il suo valore
terapeutico (e quindi potenzialmente pericoloso) deve essere riservato ai medici,
fisioterapisti e massofisioterapisti.
Il parere del Consiglio Superiore di
Sanità sembrava aver già risolto, in senso
negativo per noi, il problema: lo shiatsu è
atto medico e/o fisioterapico.
Il Tribunale, invece, nella sua senten-
za, afferma che non esistendo una legge
che definisca cosa sia lo shiatsu, per valutare la liceità dell’attività concreta svolta
dall’imputata (shiatsu), si deve rifare alla
descrizione riportata dalle testimonianze,
da quanto scritto sul sito Fis (!) e da quanto dichiarato dall’operatrice. Sulla base di
questi dati ritiene che l’attività (shiatsu)
svolta dall’imputata, non avesse finalità
terapeutiche, e, quindi, malgrado il diverso parere del Consiglio Superiore di
Sanità, emette sentenza di assoluzione
perché il fatto non sussiste. La sentenza si
basa esplicitamente, sul principio, comune nella prevalente giurisprudenza, che è
la sussistenza o meno, del requisito della
finalità terapeutica che distingue l’attività
medica (riservata per legge), dall’attività
liberamente esercitabile da chiunque.
In conclusione questa sentenza, non
impugnata dal Pubblico Ministero, ci da
tre indicazioni importanti: conferma che è
lecito fare shiatsu, anche senza essere
figure sanitarie, in quanto non lo ritiene
definibile di per sé terapeutico, non accogliendo così le conclusioni del più volte
richiamato parere del Consiglio Superiore
di Sanità.
Conferma che (oltre alla classica definizione di atto medico come anamnesi,
diagnosi e profilassi), è alla esistenza o
meno della finalità terapeutica, che si
deve guardare per identificare l’atto
medico. Quindi è questa finalità, in conclusione, che segna il confine tra il lecito
e l’illecito.
Ritiene che sia sempre l’attività concreta svolta che debba essere esaminata
per verificarne la liceità, al di là di ogni
definizione formale. Questo significa che
possiamo fare shiatsu ma dobbiamo stare
attenti, nel concreto, ad evitare ogni attività di anamnesi, diagnosi, cura e ad escludere sempre esplicitamente, la finalità
terapeutica dai nostri interventi. Di questi
temi abbiamo già discusso, dibattuto e
scritto più volte, ma data la loro importanza sarà certamente utile approfondirli ulteriormente nel prossimo futuro.
TRIBUNALE DI PADOVA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
DISPOSITIVO DI SENTENZA E CONTESTUALE MOTIVAZIONE
(Art. 544 e segg., 549c.p.p.)
SENTENZA A SEGUITO DI DIBATTIMENTO
(Art. 567 c.p.p.)
N. 13151103
N. 1004/06
N. 2522/05
Data Deposito
R. G. N. R.
Erg. Sent.
R.G. Trib.
7 Giu. 2006
IL GIUDICE
Dott. GIANLUCA BORDON
alla pubblica udienza del 16 mag. 2006 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
Nei confronti di XXXXXXXXXX
del reato p. e p. dall’art. 81 cpv. e 348 C.P. per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, esercitato abusivamente la professione di medico eseguendo trattamenti di massaggi shiatsu su ospiti della struttura
alberghiera termale Hotel Terme Milano s.r.l. essendo sprovvista di ogni titolo abilitativo.
In Abano Terme dal settembre 2002 all’aprile 2003.
n. 2522/05 R.G.
MOTIVAZIONE
1. A xxxxxxx è stato contestato il delitto di esercizio abusivo della professione medica, per aver eseguito «trattamenti di massaggi shiatsu» su alcuni ospiti di una struttura alberghiera.
omissis
II 26 maggio 2003 personale del Nas effettuò un’ordinaria ispezione all’interno dell’Hotel xxxxxxxxxx. Furono rinvenute delle brochure dove venivano pubbicizzati dei trattamenti Shiatsu. La xxxxxx era una libera professionista a cui
la direzione: dell’albergo affittava una stanza - dove non fu trovato nulla - per praticare questi trattamenti Individuati e sentiti due clienti, fu ritenuto doveroso informare la Procura della Repubblica, tenuto conto del parere espresso
dalla sezione II del Consiglio Superiore della Sanità nella seduta del 24 maggio 2002.
omissis
II parere del Consiglio Superiore di Sanità era stato richiesto proprio dal Nas di Padova, dopo la pronuncia della sentenza del Pretore di Mestre 29.5.98, n. 1181, che aveva negato finalità terapeutiche alla pratica Shiatsu.
Nel parere, dopo la premessa che il massaggio è sostanzialmente ascrivibile a due specie, quello estetico (definito esclusivamente in negativo come massaggio privo di finalità terapeutiche), e quello terapeutico, nelle sue diverse articolazioni (sportivo, traumatologico, riabilitativo ecc.), si afferma che lo shiatsu “per le sue intrinseche caratteristiche, non può essere ascrivibile alla categoria del massaggio estetico, ma è vera propria pratica terapeutica, finalizzata prevalentemente al trattamento di patologie interessanti l’apparato locomotore, nell’ambito del massaggio e della digitopressione (visione supportata dalla letteratura accreditata attinente la metodica, compresi alcuni manuali classici di
medicina Fisica e Riabilitazione, quali D. Fiandasio: Massofisioterapia. UTET; N. Basaglia: Trattato di Medicina riabilitativa, Idelson Gnocchi, 2000)” : che “come tutte le pratiche terapeutiche, non è esente da rischi potenziali per il
paziente se non esercitato da professionisti qualificati”, e che “[‘esercizio del massaggio terapeutico ascritto al profilo professionale del medico, del fisioterapista e a quello degli operatori abilitati all’esercizio della massofisioterapia”.
3.La xxxxxxx ha spiegato di aver imparato il “trattamento (non il ‘massaggio’’ ha tenuto a precisare) Shiatsu presso la Scuola Internazionale di Padova; dove ha frequentato un corso di quattro anni, per potersi iscrivere ad un albo
(privato) degli operatori Shiatsu il trattamento è finalizzato “esclusivamente ... per il rilassamento della persona”, ed è praticato con il “palmo delle mani e i pollici” a persone generalmente vestite (ud. 21.4.00 fg. 9).
Ha escluso di aver mai richiesto anamnesi, compiuto diagnosi prognosi o prescritto terapie; non avendo alcuna competenza in materia, né avendo effettuato studi di questo genere nella scuola dove si è formata professionalmente. I trattamenti !i effettua solo “su persone sane”, ed invita i clienti che lamentano delle patologie a rivolgersi a medici specialisti (ud. 21.4.06, fg. 12).
omissis
II direttore della scuola internazionale di Padova, Attilio Somenzi, ha definito lo Shiatsu come “una tecnica manuale che ha come obiettivo il riequilibrio dell’energia della persona”, senza scopi curativi (ud. 21.4.06, fg. 22).
Douglas ha fatto riferimento all’istituzione nel 1993 di una commissione di studio per monitorare quale fosse la realtà dello shiatsu in Italia. L’operatore shiatsu è una figura che si occupa del “benessere della persona” senza invadere le competenze proprie della fisioterapia e della medicina. Lo scopo è `migliorare la salute della persona attraverso un’attivazione di tipo energetico sulla vitalità del ricevente”. La Federazione italiana Shiatsu, di cui il teste è presidente, dispone di un albo professionale, per l’iscrizione al quale è necessario frequentare un corso di tre anni ed un anno di praticantato. La Federazione ha collaborato con il CNEL, con i Consigli regionali de! Piemonte, della Liguria,
dell’Emilia Romagna, e della Toscana, il quale ultimo ha approvato una legge dove lo shiatsu è definito come “arte per la salute, disciplina bionaturale non fisioterapica. non medica” E’ stato elaborato anche un progetto di legge dall’on.
Lucchese per i! riconoscimento di questa disciplina, come professione non medica (ud. 21.4.06, fg. 17, - 20).
omissis
All’xxxxx è contestato di aver eseguito trattamenti di massaggi Shiatsu e per tale ragione esercitato abusivamente la professione di medico.
La professione di riferimento è dunque quella medica. In giurisprudenza essa viene generalmente definita come quella attività consistente nella formulazione di diagnosi, nell’indicazione di prognosi in relazione a malattie o disfunzioni
del corpo o della mente, in atto o prevedibili, nonché nella prescrizione di terapie e pratiche di prevenzione, con l’eventuale prescrizione di farmaci, nella manipolazione del corpo umano, sempre a scopo curativo o preve n t i vo, nella prescrizione ed applicazione di protesi, o nell’utilizzazione di qualsiasi altro diverso strumento curativo o preve n t i voidoneo ad attivare o ad arrestare processi evolutivi ed involutivi fisici e psichici (cfr. Cass., sez. VI, 20 dicembre 1995, cit.).
omissis
Meno agevole ancora è individuare una nozione comunemente accettata di pratica shiatsu, non essendovi una legge dello Stato che la definisca, né una consolidato orientamento giurisprudenziale a cui fare riferimento.
La Federazione italiana Shiatsu - nel proprio sito web www.fis.it - la definisce come una pratica manuale che, tramite precise modalità di pressione, agisce sul flusso energetico dell’essere umano, rivolta sia a comprenderne i principi
di funzionamento, sia a favorirne la circolazione nel corpo. La pressione Shiatsu (dal giapponese Shi = dito e atsu = pressione) si effettua generalmente con il pollice (a volte anche con il palmo) nel quale si trova il maggior numero di
recettori sensoriali della mano. AI pollice corrisponde nella corteccia cerebrale un’area maggiore non solo rispetto alle altre dita, ma anche a tutti gli altri elementi dei fisico umano.
II Consiglio Superiore della Sanità, nel parere dei 24 maggio 2002 sopra riportato, non sembra aver invece dubbi nel considerala, una volta distinte le possibili tipologie di massaggio, una pratica terapeutica, finalizzata essenzialmente al trattamento di patologie interessanti l’apparato locomotore.
omissis
II perseguimento o meno di una finalità terapeutica, con le implicazioni che ne conseguono, è indicato come criterio dirimente anche in altre pronunce dalla Corte di Cassazione. Così l’agopuntura è stata ritenuta una pratica terapeutica non convenzionale che richiede la specifica conoscenza della scienza medica (Cass., sez. VI, 27.3.03, n. 22528). Viceversa, il tatuaggio, pur comportando l’introduzione di pigmenti all’interno dei derma mediante aghi elettrici, non
rientra nell’attività sanitaria, perché persegue solo finalità estetiche e decorative, e quindi, non comporta attività di diagnosi, profilassi e cura di eventi morbosi (Cass., sez. VI, 25.1.96, n. 524).
6. Dato che nel capo d’imputazione non viene fatto riferimento a specifiche condotte dell’Errico, la questione prima facie sembrerebbe quella di valutare se il trattamento shiatsu sia definibile come atto medico. Compito di un processo è però quello di pronunciarsi sul caso particolare, e non su principi generali, cercando di individuare quella che dovrebbe essere la regolamentazione di una pratica spesso ricompresa nella eterogenea categoria delle c.d. medicine
non convenzionali. Ed è anche necessario evidenziare che, come si è appena illustrato, non vi uniformità di vedute sul fatto se debba o meno riconoscersi una vera e propria finalità terapeutica al trattamento shiatsu, mentre il parere del Consiglio Superiore di Sanità, per quanto proveniente da una fonte autorevole, resta comunque un parere, e non può assurgere a fonte normativa.
Ciò premesso, il giudizio del Tribunale - come correttamente osservato dalla difesa - non può che vertere su un punto specifico: stabilire se il concreto comportamento dell’xxxxxx, e non astrattamente lo shiatsu, si sia risolto nel compimento di atti medici.
omissis
La xxxxxx si è difesa spiegando (ud. 21.4.06. fg. 12):- di non aver mai fatto diagnosi, ordinato cure, compiuto prognosi sul decorso di malattie; - essersi limitata ad effettuare il trattamento appreso presso la scuola internazionale di
shiatsu, senza compiere interventi a scopo preventivo o curativo di particolari patologie.
Le sue affermazioni non sono smentite dalla limitata attività d’indagine compiuta, esauritasi nell’audizione di due pazienti che già nel momento in cui vennero sentiti (non al dibattimento) ricordavano poco della prestazione ricevuta.
Nessuno dei due ha comunque affermato di essersi rivolto all’imputata per curare o anche solo cercare sollievo da qualche patologia, e di essere stato sottoposi o ad una anamnesi o a richieste d’informazioni comunque finalizzate ad
una diagnosi. II genere di trattamento da loro descritto - consistente in una digitopressione senza l’utilizzo di alcun strumento - è compatibile anche con un intervento mirante solo a mantenere e conservare una condizione di benessere.
Deve dunque concludersi che l’xxxxx non ha compiuto atti riconducibili alla professione medica, e deve essere assolta dal delitto contestato per insussistenza dell’elemento oggettivo del reato.
P.Q.M.
Visto l’art. 530 c.p.p.,
assolve xxxxxx dal reato ascritto perché il fatto non sussiste. Visto l’ari. 544, III c. c.p.p.,
indica in giorni trenta il termine per il deposito della sentenza.¡
Padova 15 maggio 2006
Giudice ,