Misurarei risultati di un`esperienza
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Misurarei risultati di un`esperienza
INTERCULTURA 2 Misurare i risultati di un’esperienza interculturale L a preoccupazione di definire i contenuti educativi di una esperienza di vita e di studio in un’altra cultura non è nuova nell’AFS e da almeno 21 anni (“Workshop on Intercultural Learning Content and Qualità Standards”, Otter Lake, Quebec, Canada 1984) tali contenuti sono stati definiti in un documento che ha rappresentato il fondamento su cui si articolano i programmi dell’associazione. Quattro aree sono state indicate nel documento di Otter Lake. 1. VALORI E CAPACITÀ PERSONALI Alla base di tutte le esperienze dell’AFS c’è l’allontanamento delle persone dall’ambiente familiare e il loro inserimento in un nuovo ambiente. In queste nuove circostanze i partecipanti ai programmi di studio devono affrontare ripetutamente momenti critici di varie entità trovandosi a dover prendere decisioni e agire senza poter contare su riferimenti familiari. A tal fine essi vengono preventivamente ben preparati e hanno la garanzia di trovare appoggio e guida ogni volta che se ne presenti la necessità. Così, essi sono in grado di trasformare queste crisi in opportunità per riesaminare i propri valori, estendere le proprie capacità, praticarne di nuove. Inoltre essi acquistano una consapevolezza prima sconosciuta di certi aspetti di sé grazie al contatto continuo nel Paese ospitante con persone che organizzano la propria vita sulla base di premesse diverse. Grazie a queste situazioni, la maggior parte dei borsisti consegue i seguenti obiettivi di apprendimento: 1. Pensare in modo creativo, verificabile nella capacità di vedere cose, eventi e valori ordinari da un nuovo punto di vista e di generare idee e soluzioni innovative. 2. Pensare in modo critico, verificabile nel rifiuto di accettare superficialemnte le apparenze e nello scetticismo nei confronti degli stereotipi. 3. Accettare una maggiore responsabilità personale, verificabile nella capacità di esercitare autocontrollo nel contesto delle norme e aspettative sociali. 4. Ridimensionare l’importanza delle cose materiali, verificabile nella tendenza crescente a definire il proprio valore e i propri obiettivi in termini di ideali piuttosto che di possesso. 5. Essere più consapevoli di sé, verificabile nella crescente volontà e capacità di vedere la propria persona in modo obiettivo e di riconoscersi profondamente influenzato dalla cultura d’origine. 2. SVILUPPO DI RAPPORTI INTERPERSONALI Nel nuovo ambiente, ogni partecipante ai programmi AFS si trova totalmente coinvolto nella vita quotidiana e nelle situazioni di lavoro con una grande varietà di persone. Qualunque sia la sua sistemazione – individuale o come membro di un gruppo di visitatori – il giovane deve sviluppare e mantenere rapporti con altre persone di provenienza culturale e sociale diversa. Le capacità interpersonali sviluppate in questo contesto interculturale sono trasferibili a molte altre situazioni che i giovani vivranno nel corso della loro vita e anche coloro che ospitano i ragazzi ricavano spesso benefici analoghi. La maggior parte dei partecipanti ai progammi AFS consegue i seguenti obiettivi di apprendimento: 1. Approfondire l’interesse e la sensibilità nei confronti degli altri, verificabile nella maggiore capacità e volontà, al ritorno, di “mettersi nei panni degli altri”, cioè in una maggiore empatia. 2. Aumentare l’adattabilità a circostanze sociali mutevoli, verificabile in una maggiore flessibilità nel processo di adattamento a nuove persone, situazioni sociali, norme culturali. 3. Attribuire valore alla diversità umana, verificabile dalla voglia di comunicare, dal reciproco rispetto e dall’amicizia con le persone di formazione diversa dalla propria. 4. Divertirsi in compagnia degli altri, verificabile in una minore timidezza e una maggiore disponibilità a partecipare con gioia ed entusiasmo a incontri sociali di tipo diverso. 3. CONOSCENZA E SENSIBILITÀ INTERCULTURALI Nel corso della loro immersione nella società che li ospita, i partecipanti ai programmi AFS sono esposti a innumerevoli aspetti di quella cultura. Questi aspetti variano dal semplice acquisto delle cose necessarie per la vita quotidiana alle complesse e sottili distinzioni fra valori, regole di comportamento e modi di pensare diversi. La maggior parte dei programmi di scambio proposti da AFS include anche una componente di apprendimento formale in cui il la struttura di accoglienza del Paese ospitante spiega ai suoi visitatori le proprie strutture sociali, politiche, economiche e religiose. L’esperienza di vivere un simile coinvolgimento in così tanti aspetti della vita del Paese ospitante dà modo ai partecipanti ai programmi AFS di sviluppare una maggiore consapevolezza della propria cultura di origine oltre a quella del paese ospite. La maggior parte dei partecipanti ai programmi AFS consegue i seguenti obiettivi di apprendimento: 1. Approfondire la conoscenza del paese ospitante e della sua cultura, verificabile nella capacità di spiegarne gli aspetti chiave assumendo la prospettiva dei nativi. 2. Aumentare la consapevolezza degli aspetti più profondi della propria cultura, verificabile nella capacità di vederne tratti mai riconosciuti prima e di valutarne la forza e la debolezza dal punto di vista di un estraneo. 3. Comunicare con gli altri usando i loro modi di esprimersi, verificabile nella capacità di conversare con le persone del Paese ospitante nella loro lingua e di reagire correttamente ai segnali non verbali tipici della cultura ospitante imparando anche a servirsene. 4. Capire la natura delle differenze culturali, verificabile nella capacità di descrivere le problematiche fondamentali che riguardano tutti gli esseri umani e nella disponibilità ad accettare una grande varietà di soluzioni. 5. Ampliare le proprie capacità e idee, verificabile nel saper pensare e agire in modi che sono tipici della cultura del paese ospitante ma trasferibili ad altri ambienti. 4. CONSAPEVOLEZZA DEI PROBLEMI MONDIALI Vivere in un luogo diverso dalla propria realtà familiare aiuta spesso le persone a riconoscere che il mondo è una grande comunità, un’isola globale, in cui certi problemi sono condivisi da tutti dovunque. I partecipanti ai programmi AFS diventano capaci di relazionarsi con con i loro ospiti e comprendere il loro punto di vista su alcuni di questi problemi; di comprendere quindi che le soluzioni applicabili devono essere culturalmente compatibili e non solo tecnologicamente possibili. Una simile consapevolezza è ideale per preparare i giovani ad un posto fra coloro che si occupano delle crisi che l’umanità ha di fronte. La maggior parte dei partecipanti ai programmi AFS consegue i seguenti obiettivi di apprendimento: 1. Approfondire l’interesse negli affari mondiali, verificabile in un maggior impegno volto a ottenere informazioni da molte fonti sui problemi che l’umanità si trova ad affrontare. 2. Essere consapevoli dei collegamenti internazionali, verificabile nella voglia e nella capacità di compiere scelte personali con la consapevolezza delle conseguenze delle proprie scelte su chi vive in altre parti del mondo. 3. Impegnarsi nella ricerca di soluzioni ai problemi mondiali, verificabile nell’investimento di risorse personali (tempo, energia e denaro) in situazione professionali o di volontariato mirate alla ricerca di soluzioni culturalmente sensibili e tecnologicamente possibili. Con la ricerca di Mitchell Hammer presentata in questo numero della rivista, AFS ed Intercultura hanno inteso misurare uno degli aspetti più imponderabili dell’esperienza AFS: l’acquisizione di conoscenza e sensibilità interculturale. È un contributo importante non solo per l’apprezzamento dei nostri programmi, ma per la scuola e le scienze umane in generale, in quanto sono poche e sporadiche le ricerche effettuate sinora in questo campo. n Il gruppo internazionale di esperti AFS che valuta le innovazioni operative scaturite dalla ricerca di Mitchell Hammer a Colle di Val d'Elsa il 19 aprile. Da sinistra: Johanna Nemeth (Austria), Wayne Edwards (Nuova Zelanda), Sandy Mitchell (USA), Flora Arias (Costa Rica), Mick Petersmann (Germania), Betsy Hansel (USA), Robin Weber (USA), Elisabeth Hardt (Belgio-EFIL), Mary Ann Zaremba (USA), Lucas Welter (Brasile), Roberto Ruffino (Italia), Irid Agoes (Indonesia). 4 INTERCULTURA Quali competenze interculturali si acquisiscono in un anno all’estero? Una ricerca di Mitchell Hammer D Mitchell Hammer a più di 20 anni Intercultura ed AFS promuovono ricerche sui risultati dei loro programmi di vita e studio all’estero per studenti liceali e sui cambiamenti di atteggiamenti e percezioni che maturano durante un anno in un altro Paese nella fasce adolescenziale. La ricerca più nota fu realizzata da Cornelius Grove e Betsy Hansel tra il 1980 e il 1985 e mise in luce cinque aree in cui i borsisti AFS si distinguevano nettamente dai compagni di scuola rimasti a casa: l’interesse verso altri mondi e la capacità di accettarne gli stili di vita, la conoscenza e l’apprezzamento di un’altra cultura, la capacità di comunicare efficacemente in una lingua straniera, l’adattabilità a situazioni nuove ed inattese, il senso di appartenenza ad una comunità globale. La stessa ricerca aveva anche evidenziato che nei ragazzi tornati da un soggiorno all’estero – rispetto ai coetanei rimasti a casa – prevalevano: • un atteggiamento meno materialistico • meno conformismo • più capacità di comunicare anche in pubblico • una consapevolezza maggiore delle proprie radici culturali. Altre ricerche hanno ribadito queste conclusioni, che sono confermate dai messaggi che la scuola italiana trasmette ad Intercultura negli incontri frequenti con presidi ed insegnanti, nonché dai risultati brillanti che gli exborsisti conseguono negli esami di ammissione all’università e nei curricula di studi e professionali successivi. Dando perciò per accertato che un anno di vita e di scuola all’estero favorisce l’acquisizione di competenze generali e la maturazione di un adolescente, Intercultura e AFS – che si definiscono “una ONLUS per costruire il dialogo interculturale” – hanno voluto investigare proprio gli aspetti interculturali della crescita che avviene, durante tale anno, in un ragazzo di 17 anni. • Quanto si sviluppano le sue capacità comunicative (verbali e non) in un contesto straniero? • Sino a che livello di spontaneità e naturalezza riesce ad interagire con persone di quel Paese? • Quanto riesce veramente a comprendere e interpretare della nuova cultura? • Quali strumenti acquisisce per affrontare in futuro altre situazioni interculturali? Nel 2002, su iniziativa di Intercultura e altre 8 associazioni nazionali aderenti al circuito AFS (Austria, Brasile, Costa Rica, Ecuador, Germania, Hong Kong, Giappone e Stati Uniti), AFS Intercultural Programs, l’Associazione che coordina il lavoro di tutte le associazioni nazionali aderenti al circuito AFS, ha quindi deciso di realizzazione una nuova ricerca. Lo studio è stato commissionato, sotto forma di ricerca indipendente, al professor Mitchell Hammer Docente di studi di Pace Internazionale e Risoluzione dei Conflitti alla Facoltà di Amministrazione Internazionale presso l’American University Washington (USA). Il professor Hammer è anche responsabile della Hammer Consulting LLC, e svolge attività di consulenza e formazione nell’ambito della comunicazione interculturale, della mediazione e della capacità di negoziazione in situazioni di crisi e conflitti per società private, organizzazioni senza scopo di lucro, studi legali e agenzie federali, tra cui la NASA Johnson Space Center e il Federal Bureau of Investigation. Il programma-tipo di AFS, nell’ambito del quale si è svolta la ricerca, muove ogni anno circa 10.000 studenti liceali di 54 Paesi che, dopo una accurata selezione ed una preparazione all’esperienza, vengono ospitati gratuitamente da una famiglia all’estero e là frequentano una scuola per un intero anno scolastico, assistiti da volontari AFS % di studenti Paese partecipante (Intercultura in Italia) che li aiutano ad inserirsi nella nuova alla ricerca comunità, a comprenderne i valori ed i comportamenti e ad intrecciare relazioni sociali soddisfacenti. Germania 32 % La ricerca ha avuto una durata triennale e ha coinvolto Giappone 15 % 2100 studenti. Di questi, 1500 erano studenti AFS che hanno Italia 14 % partecipato a programmi annuali in 9 Paesi diversi, tra i mesi USA 12 % Brasile 9% di Settembre 2002 e Luglio 2003; i restanti 600 formavano il Ecuador e Costarica 8% cosiddetto “gruppo di controllo”, composto da amici e comAustria 6% pagni di scuola degli studenti partecipanti al programma di Hong Kong 5% scambio. 5 IL MODELLO DI “SVILUPPO DELLE COMPETENZE INTERCULTURALI” Nella ricerca sono stati utilizzati due strumenti: un modello innovativo e completo sullo sviluppo delle competenze interculturali (Developmental Model of Intercultural Sensibility, DMIS) insieme a un più sofisticato strumento di misurazione (Intercultural Development Inventory, IDI).1 La competenza interculturale è stata definita dall’antropologo Milton Bennett, ideatore del DMIS, come “la capacità di acquisire una certa sensibilità di fronte alle differenze interculturali e di adattare il proprio comportamento a seconda del contesto culturale in cui ci si trova”. Più ci si confronta con situazioni complesse caratterizzate da elevate differenze culturali più aumenta, secondo il modello DMIS, la competenza interculturale. Intercultural Competence Ability to make increasingly more complex perceptual distinctions around one’s experience of cultural differences. As a person’s experience of cultural differences becomes more differentiated, potential competence in intercultural relations increases. The ability to construe – and therefore experience – cultural differences in more complex ways is the central dynamic of the DMIS theory. The ability to construe cultural differences in more complex ways provides the platform for cognitive frame-shifting and behavioral code-shifting to cultural context: deeper, situationally competent adaptation. Secondo Bennett, gli individui partono in genere da una fase di etnocentrismo che si manifesta come negazione o rifiuto delle differenze culturali (esaltazione della propria cultura e disprezzo per le altre: denial or defense nel linguaggio di Bennett); un etnocentrismo alla rovescia può manifestarsi anche quando si adotta come pro1 Per maggiori informazioni sul modello DMIS e sullo sviluppo del modello IDI si vedano: Hammer, M.R., Bennett, M.J. & Wiseman, R. (2003). The Intercultural Development Inventory: A measure of intercultural sensitivity. In M. Paige (Guest Editor), International Journal of Intercultural Relations, 27, 421-443 and Bennett, M.J. (1993). Towards ethnorelativism: A developmental model of intercultural sensitivity. In R. M. Paige (Ed.), Education for the intercultural experience (pp. 21-71). Yarmouth: ME: Intercultural Press. MITCHELL HAMMER Mitchell Hammer è specializzato in comunicazione interculturale e risoluzione dei conflitti. Ha insegnato queste materie in varie università americane e nell’università di Kuala Lumpur in Malesia. Le sue ricerche hanno coperto un vasto spettro del settore interculturale ed interetnico: i suoi interessi maggiori sono nel settore dell’efficacia della comunicazione interculturale, nell’influenza della cultura sulle organizzazioni, nella negoziazione dei conflitti, della gestione delle crisi, nell’adattamento trans-culturale. Ha pubblicato più di 50 articoli in varie antologie e pubblicazioni scientifiche. Nel 1992 ha ricevuto il Senior Interculturalist Award dfalla SIETAR, Society for Intercultural Edication, Training and Research. MILTON BENNETT Milton Bennett ha un dottorato in comunicazione interculturale dall’Università del Minnesota. Tra il 1968 e il 1970 visse in Micronesia con il Corpo della Pace americano. Passò poi all’Università Statale di Portland, dove creò la laurea di secondo livello in comunicazione interculturale. È oggi co-direttore dell’Intercultural Communication Institute, dove tiene corsi a carattere interculturale tanto per il mondo accademico, quanto per quello delle società multinazionali. Ha curato la pubblicazione di Basic Concepts of Intercultural Communication, e molte altre opere sul tema dello sviluppo della sensibilità interculturale. Suo è il “Modello di Sviluppo della Sensibilità Interculturale (DMIS)” ampiamente utilizzato nelle ricerche sulle competenze interculturali in vari Paesi. Anche a Bennett è stato conferito il Senior Interculturalist Award dfalla SIETAR, Society for Intercultural Edication, Training and Research. INTERCULTURA Per studiare in modo scientifico gli effetti di un’esperienza di scambio interculturale come quella proposta da AFS sono stati utilizzati dei rigorosi test prima dell’inizio del programma all’estero (pre-test), subito dopo la sua conclusione (post-test) e sei mesi dopo il rientro degli studenti (post-post test). Ai medesimi test si sono sottoposti anche gli studenti appartenente al gruppo di controllo. Questo metodo ha permesso la valutazione degli effetti dell'esperienza di studio all'estero AFS sui partecipanti, confrontati con la normale evoluzione di un gruppo di studenti analogo, che non hanno partecipato al programma di studio all'estero. Il metodo prescelto ha permesso di analizzare la permanenza dei risultati anche dopo la conclusione dell’esperienza. I dati sono stati raccolti utilizzando tre diversi gruppi di destinatari dei questionari. In primo luogo, i questionari completati dai partecipanti ai programmi e dal gruppo di controllo (autovalutazione); in secondo luogo, i questionari compilati dalle famiglie naturali dei partecipanti ai programmi di studio all’estero; infine l’indagine è stata completata con questionari compilati dalle famiglie ospitanti dei ragazzi che hanno partecipato alla ricerca. Tutte le misurazioni usate in questo studio sono state sottoposte a test per verificare la loro attendibilità in contesti culturali differenti. A completamento della raccolta dati, alcuni studenti selezionati hanno partecipato anche a un processo qualitativo di analisi, rispondendo attraverso un “electronic journal” a quattro domande particolarmente significative, ripetute in quattro fasi diverse dell’esperienza durante il loro soggiorno all’estero. Per valutare l'impatto educativo dei programmi la ricerca ha preso in esame le seguenti variabili: 1. Sviluppo delle competenze interculturali 2. Diminuzione del livello di ansia derivante dall’interazione con persone di altre culture. 3. Aumento della conoscenza del Paese ospitante. 4. Aumento del livello di conoscenza della lingua straniera. 5. Aumento dell’interazione con persone di altre culture. 6. Aumento del numero di amicizie con persone di altre culture. 7. Aumento delle capacità di mettere in pratica i valori interculturali dell’AFS. 8. Soddisfazione complessiva per l’esperienza di studio all'estero INTERCULTURA 6 pria una cultura altra (è il caso di chi va vivere all’estero e si immedesima totalmente e acriticamente nei valori e nei comportamenti del nuovo Paese. Bennett chiama questo atteggiamento “reversal”). Questa fase può anche essere definita come “fase di polarizzazione”, in quanto è molto forte il contrasto tra un Paese visto come il migliore possibile (in genere il proprio, ma può anche essere un Paese estero in cui si desidera vivere) e tutti gli altri, visti come inferiori o comunque peggiori. Si vede solo il proprio mondo come articolato e complesso, mentre quello altrui appare generico e stereotipato. Da questa fase iniziale – se si hanno esperienze interculturali – si può passare ad una fase di universalismo in cui si tende a risolvere e superare la tendenza alla polarizzazione precedente ed a minimizzare le differenze tra le culture (minimalization nel linguaggio di Bennett: “siamo tutti esseri umani, tutti sostanzialmente uguali”). È una fase in cui il proprio mondo è ancora al centro, ma gli altri mondi sono visti con interesse e positività. Se le esperienze interculturali proseguono in modo soddisfacente, si può toccare una fase di etnorelativismo in cui la propria cultura è vista nel contesto delle altre, senza idealizzazioni, e si impara a sentirsi a proprio agio a livello internazionale, accettando le norme ed i comportamenti delle culture con cui si entra via via in contatto, senza necessariamente condividerle (fase di acceptance and adaptation, secondo Bennett, dove per acceptance si indica la capacità di accettare che la cultura altrui è ugualmente complessa e articolata e rispettabile, mentre per adaptation si indica la capacità di variare il proprio codice cognitivo e comportamentale a seconda delle situazioni culturali in cui ci si viene a trovare). In aggiunta a questi tre fasi, Bennet individua anche uno stadio residuo, di rilevanza statistica molto bassa, che chiama marginality, che corrisponde a un atteggiamento di chi sperimenta un senso di non appartenenza ad una cultura definita e di multi-culturalismo indefinito: può essere “encapsulated” (ove si ponga un problema di identità: chi sono io veramente?) o “constructive” (nel caso di una perfetta integrazione bi- o pluri-culturale). Utilizzando lo schema teorico di Bennett, Mitchell Hammer ha creato un indice denominato Intercultural Development Inventory (IDI) per misurare i livelli di competenza interculturale dei soggetti ed il loro passaggio da una fase a quella successiva. È lo strumento utilizzato per la ricerca sui borsisti AFS. DIVERSE FASI DI EVOLUZIONE DELLA COMPETENZA INTERCULTURALE ESEMPI DI COMPORTAMENTO ETNOCENTRISMO PRINCIPALI STADI DD (Denial & Defense) Negazione o rifiuto delle differenze culturali. Esaltazione della propria cultura e disprezzo per le altre. FRASI PRESE DAI DIARI DEGLI STUDENTI PARTECIPANTI ALLA RICERCA “I could not imagine what it is like to live in another country” “Their thick make-up is really disgusting!” R (Reversal) Adesione acritica ai valori “The people are very responsible e comportamenti del and honest, everybody here nuovo Paese follows rules... that is the reason why this country has the best lifestyle in the world.” UNIVERSALISMO M (Minimization) Identificazione di valori “On the whole, I would say culturali comuni e that the cultures are quite problematiche universali. similar...The differences are just formalities.” ETNORELATIVISMO AA (Acceptance & Adaptation) Comprensione e “I am nobody to judge them.” accettazione di differenze cultuali complesse “ ...Because one looks at things from two perspectives and therefore reasons more rationally.” 7 I risultati complessivi della ricerca evidenziano chiaramente l'impatto positivo dei programmi di scambio interculturale di AFS. È interessante notare che l’esperienza di studio all’estero produce degli effetti stabili, che permangono nello studente anche dopo il ritorno a casa. Inoltre, questi stessi effetti non si producono nell'esperienza educativa ordinaria degli studenti del gruppo di controllo, che hanno continuato a frequentare gli studi secondari nei loro Paesi d'origine. Gli indicatori utilizzati per effettuare la ricerca, evidenziano che l’impatto è notevole negli studenti che prima di iniziare il programma erano risultati essere nella fase “Etnocentrica” (DD/R); di minore entità invece risulta essere l’impatto dell’esperienza in quegli studenti che partivano già da una fase interculturale più sviluppata di “Universalismo” (M). L'analisi dei risultati conseguiti da quei giovani che hanno iniziato il programma nella fase Etnorelativa di Acceptance/ Adaptation non è stata possibile, poiché non c’era un numero sufficiente di studenti in questa condizione. Osservando i risultati generali della ricerca, lo studente AFS, rispetto a uno studente coetaneo con caratteristiche analoghe (appartenente al gruppo di controllo), ha significativamente: • aumentato il livello di competenza interculturale (capacità di affrontare situazioni interculturali); • aumentato il livello di conoscenza della cultura ospitante (conoscenza delle variabili culturali); • aumentato il livello di conoscenza della lingua parlata del Paese ospitante (efficacia comunicativa in una lingua straniera); • ridotto il livello di ansia nell'interagire con gente di culture differenti (abilità ad interagire con persone di altri Paesi); • aumentato le amicizie con gente di altre culture (capacità di costruire reti di amicizie e relazioni con gente straniera). Soffermando l’attenzione sullo sviluppo delle competenze interculturali, si osserva che all’inizio del programma, l’indice di competenza interculturale medio (Developmental Score, DS ) dei partecipanti ai programmi AFS si colloca in una fase intermedia tra Entocentrismo ed Universalismo, con 41% di studenti in fase etnocentrica e 56% in fase universalistica. Alla fine del programma il gruppo etnocentrico è ridotto al 34% mentre il gruppo universalistico è salito al 61%. Il gruppo di controllo mostra un indice DS più basso all’inizio della ricerca (e ciò si spiega con il fatto che il gruppo AFS è stato selezionato anche in virtù della propria apertura ad altri Paesi) e tale indice si abbassa ancora nella misurazione post-post test: inizialmente dà un 57% di etnocentrici ed un 41% di universalisti, mentre alla fine dà un 61% di etnocentrici contro un 39% di universalisti. Uno dei risultati più importanti messi in luce dalla ricerca è proprio questo: che l’indice di competenza interculturale è diminuto nel gruppo di controllo, come dimostrato dai risultati del post test (questionario compilato subito dopo il rientro) e post-post test (questionario compilato 6 mesi dopo il rientro). Viceversa, il punteggio DS nel post test e nel post-post test degli studenti AFS è salito a un punteggio che registra un posizionamento più avanzato nel modello di sviluppo di competenza interculturale. Gli studenti AFS, come gruppo, hanno quindi alzato il loro punteggio DS complessivo, anche se ciò non equivale ancora a una posizione che gli consenta di riconoscere gli aspetti più profondi delle differenze culturali (prevale ancora un atteggiamento che dà risalto alla comunanza ed alla somiglianza, a scapito di valutazioni più approfondite). Inoltre la stabilità di questi risultati nel tempo é importante. Per approfondire l’analisi dei risultati sono state fatte delle comparazioni, studiando nel dettaglio l’evoluzione dell’indice di competenza interculturale tra gli studenti AFS appartenenti (all’inizio del programma) ai vari stadi del modello DMIS. Anche tali comparazioni hanno confermato che il programma annuale AFS ha un impatto maggiore sugli studenti che hanno maggiore bisogno di aprirsi, ovvero che iniziano il programma ad uno stadio di competenze interculturali più basso (fase di etnocentrismo). L’impatto è inevitabilmente più lieve sugli studenti che sono partiti già da uno stadio più sviluppato (fase di universalismo). Infine, i pochissimi studenti AFS che avevano competenze interculturali già molto sviluppate non hanno aumentato tali competenze alla fine del programma di scambio. INTERCULTURA LA RICERCA: LE COMPETENZE INTERCULTURALI DEI PARTECIPANTI AI PROGRAMMI AFS INTERCULTURA 8 Soffermandoci sul gruppo che ha conseguito i maggiori risultati, si nota che in media questi studenti hanno migliorato in modo sostanziale le proprie competenze interculturali (quasi 8 punti della scala DS) e sono passati da un orientamento etnocentrico ad un orientamento più universalistico. A questo spostamento nelle competenze interculturali, corrisponde una miglioramento anche delle altre variabili messe sotto osservazione nella ricerca (conoscenza della cultura ospitante, livello d’ansia, amicizie interculturali, ecc). Analisi ulteriori si sono focalizzate sull’effetto negativo o meno di un cambio di famiglia ospitante durante l’esperienza di studio all’estero dello studente. I risultati generali indicano che dopo il rientro a casa, non ci sono differenze nelle competenze interculturali, nel livello di ansia e nelle altre variabili sotto osservazione tra gli studenti che hanno vissuto per tutto l’anno in una sola famiglia ospitante e quelli che hanno vissuto con più famiglie ospitanti. Di conseguenza si può dedurre che, mentre cambiare famiglia può comportare delle difficoltà momentanee per lo studente, in termini di esperienza generale non si notano sostanziali differenze tra chi ha passato l’intero anno presso la stessa famiglia e chi è stato ospitato da più famiglie ospitanti durante il periodo all’estero. no il 9%). Si tratta sicuramente di un risultato rilevante che consegue uno dei principi obiettivi previsti dal metodo pedagogico dei programmi Intercultura/AFS. Aumento della conoscenza del Paese Ospitante Le analisi di Hammer rilevano anche differenze significative nella conoscenza della cultura del Paese Ospitante, sia secondo la valutazione fornita dalla famiglia che ha ospitato lo studente durante il programma all’estero, sia per quanto riguarda la stessa autovalutazione fornita dai partecipanti al programma. Nel gruppo di controllo invece, come era facile prevedere per questa variabile, non si riscontrano significative variazioni. LE ALTRE VARIABILI ANALIZZATE NELLA RICERCA Aumento del livello di interazione con le altre culture Dopo il rientro, i partecipanti al programma tendono a trascorrere più tempo interagendo con persone di altre culture e sviluppano un’elevata propensione a instaurare rapporti con persone di altri Paesi. Se da un lato tale osservazione non rappresenta una sorpresa, visto che i partecipanti hanno vissuto per 10 mesi all’estero, d’altro canto è molto significativo che la tendenza ad instaurare nuovi contatti rimanga anche nella fase post post test (6 mesi dopo il rientro). Infatti il gruppo dei partecipanti è passato da un tasso iniziale di interazione con altre culture del 9% ad un tasso del 13%, mentre il gruppo di controllo rimane sostanzialmente sulle posizioni iniziali, registrando addirittura un lieve calo (dal 9 all’8%). Analogamente, la percentuale di amicizie con persone di altri Paesi del gruppo dei partecipanti prima della partenza risultava dell’11% e dopo il termine del programma si è portata al 23% (il gruppo di controllo rimane stabile attor- Riduzione dell’ansia nelle relazioni con persone provenienti da culture diverse Il gruppo dei partecipanti parte già con un valore leggermente più basso di ansia all’inizio dell’esperienza (3,3), rispetto al gruppo di controllo (3,5). Probabilmente ciò è anche influenzato dal fatto che l’ansia è uno dei parametri che vengono tenuti in considerazione durante il processo di selezione con cui Intercultura/ AFS accerta l’idoneità del candidato e individua il programma teoricamente più adatto a lui. Al termine del programma e 6 mesi dopo la sua conclusione, il gruppo dei partecipanti mantiene una significativa ulteriore riduzione, arrivando a un punteggio finale di 2,5 (il gruppo di controllo dopo sei mesi registra un valore di 3,3). 9 • Le competenze interculturali degli studenti AFS, sia quelle presenti al momento della partenza che quelle conseguite al termine del programma, variano in maniera considerevole in base al Paese da cui provengono gli studenti. Aumento delle competenze linguistiche Il grado di conoscenza della lingua del Paese Ospitante è stato fatto valutare dalla Famiglia Ospitante che ha accolto i partecipanti in casa propria. Per classificare i vari livelli di conoscenza linguistica è stata utilizzata la scala di valutazione del Foreign Service Institute statunitense. Al termine del programma il 47% dei partecipanti ha raggiunto un avanzato grado di conoscenza della lingua o di bilinguismo, rispetto al dato iniziale del 7%. • All’inizio del programma, a seconda del Paese di provenienza, esistono differenze sostanziali nelle competenze linguistiche degli studenti per quanto riguarda la lingua del Paese ospitante. Allo stesso modo gli studenti dimostrano tassi diversi di apprendimento della lingua durante il programma, a seconda del loro Paese di provenienza. • Vi sono stati riduzioni significative del livello di ansia per studenti provenienti da alcuni Paesi, mentre ciò non è accaduto apparentemente per gli studenti austriaci. È interessante notare che anche gli studenti che non avevano alcuna conoscenza della lingua o che partivano da un livello elementare, al termine del programma hanno effettuato degli ottimi progressi linguistici (la maggior parte si attesta al livello 3, come evidenziato nel grafico sottostante). • Ci sono delle sostanziali differenze in base al Paese, sia all’inizio del programma che al rientro dei ragazzi, per quanto concerne la capacità di costruire amicizie e reti di conoscenze interculturali. Studenti provenienti da alcuni Paesi mostrano incrementi significativi mentre studenti di altri Paesi mantengono un livello invariato di amicizie interculturali al loro rientro a casa. • Vi sono significative differenze in base al Paese riguardo alle valutazioni fatte dalle famiglie naturali e dalle famiglie ospitanti sull’acquisizione e dimostrazione di valori interculturali da parte degli studenti AFS, con valutazioni più alte di studenti provenienti da certi Paesi piuttosto che altri. • Non sono state invece riscontrate differenze alla fine del programma tra le conoscenze culturali acquisite sul Paese ospitante o sul livello di soddisfazione generale sul programmi di scambio a cui hanno partecipato (che era uniformemente alto) tra gli studenti provenienti da Paesi diversi. INTERCULTURA Le differenze tra i Paesi La ricerca ha messo in luce anche alcune differenze tra i Paesi. I risultati generali indicano che: INTERCULTURA 10 ALCUNI RIFLESSIONI CONCLUSIVE Le conclusioni del prof. Hammer convalidano ciò che AFS ed Intercultura sostengono da tempo nel loro progetto di educazione interculturale attraverso gli scambi, ovvero che un’esperienza di vita e scuola in un altro Paese in età adolescenziale contribuisce a ridurre i pregiudizi, gli stereotipi, le discriminazioni e a creare una base comune per una risoluzione dei conflitti culturali. Ancora più importante è il dato relativo al percorso degli studenti che partono da condizioni di maggiore marginalità e di etnocentrismo più sostenuto: sono proprio loro ad evidenziare i cambiamenti più forti verso una visione del mondo più universalistica e di valori condivisibili. Ciò libera il terreno dal rischio di élitismo che circonda talvolta i programmi AFS: sembra infatti beneficiarne di più proprio chi ha avuto meno occasioni di esperienze internazionali precedenti. Può essere oggetto di indagine ulteriore il fatto che pochi (5%) tra i soggetti studiati raggiungano la fase di etnorelativismo. Ciò può essere in parte imputabile all’età adolescenziale del campione ed in parte alla filosofia che ispira i volontari di AFS e Intercultura nel loro approccio educativo: è un punto su cui l’Associazione è chiamata a riflettere nei prossimi anni. Resta il fatto che il tipo di evoluzione rilevata tra i partecipanti a questo programma, le competenze linguistiche e culturali acquisite e il livello di soddisfazione dichiarato sono del tutto eccezionali rispetto a quelli rilevati da altri studi e per altri programmi. Ciò è probabilmente dovuto al metodo di selezione, preparazione e sostegno psico-educativo dei partecipanti attuato da Intercultura/AFS, secondo i principi pedagogici sviluppati in oltre 50 anni di attività. La dimensione del campione studiato, la novità della metodologia applicata e l’indipendenza del ricercatore fanno di questo studio di Mitchell Hammer una tappa molto importante, su cui si potranno utilmente confrontare e misurare le ricerche future sull’educazione ai rapporti internazionali ed alla mondialità. n La testimonianza di uno studente giapponese che ha partecipato alla ricerca “There may be people who can see the world through only one window. However, I now have individuality within two cultures. When I go back to Japan, perhaps, I will feel uncomfortable toward my culture and feel cuture shock. However, I think that this is the process of combining two cultures. And when two are united, and a new individuality is formed, is it not so that I can see and understand the world not from one window but from many standpoints?” AFS Japanese Exchange Student La testimonianza di una studentessa italiana che ha partecipato alla ricerca “Sto pensando di continuare i miei studi universitari in economia e relazioni internazionali, in modo da poter viaggiare e arricchire la mia vita e anche per essere in grado di contribuire allo sviluppo delle relazioni tra le persone, le culture e le nazioni di tutto il mondo.” Continua dicendo: “Il cambiamento più importante dopo questa esperienza è il diverso rapporto che ho con i miei genitori. Non è migliore o peggiore; è qualcosa di diverso. Mentre all’inizio non sembrava che avessero notato il mio cambiamento, il fatto di essere maturata, ora loro mi trattano come un adulto, anche se sarò sempre la loro piccola figlia. Da parte mia, mi sono mancati molto durante il mio periodo all’estero, e ciò mi ha fatto capire quanto avessi sottostimato il valore della famiglia; ora sono più aperta con loro, nel limite del possibile, e ho abbandonato quell’atteggiamento di scontro che prima o poi tutti hanno con i propri genitori. Oltre a questo, è cambiato il mio modo di pensare alla vita di tutti i giorni, ai miei impegni e sono più soddisfatta di me stessa e dei rapporti che ho con i professori a scuola e con gli amici.” Maria, partecipante italiana al programma Intercultura Intercultura ringrazia Flaminia Bizzarri, gli insegnanti e i volontari che hanno collaborato alla raccolta e alla traduzione dei dati per la parte italiana della ricerca di Mitchell Hammer