39 KB - Casa del Giovane

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Voci dall’abisso. In Vaticano, la testimonianza di due vittime
della tratta
www.zenit.org | Posted by Salvatore Cernuzio | 27 ottobre, 2016
A monte c’è sempre una promessa: una vita migliore, una professione appagante, un gruzzoletto di
soldi da inviare ai familiari rimasti a casa. Poco dopo c’è l’inferno. Le due testimonianze riportate
oggi in Sala Stampa vaticana da Al Bangura e da Princess Inyang, due giovani africani ex vittime
della tratta, non facevano eccezione a questo drammatico copione.
Entrambi accompagnavano il cardinale Vincent Nichols venuto a commentare con i giornalisti
l’udienza con il Papa di stamane, durante la quale ha presentato i lavori del Santa Marta Group,
organismo impegnato nella lotta alle nuove schiavitù, a due anni dalla fondazione. “Abbiamo
presentato al Papa il report della nostra attività e il Santo Padre ha voluto ascoltare la voce delle
vittime”, ha detto il porporato.
La storia di Princess Inyang inizia in Nigeria. Nel 1999 viene condotta in Europa, in Francia per
l’esattezza, con la promessa rivelatasi poi falsa di un posto da cuoca in un ristorante. L’incubo inizia
in Italia dove la ragazza è costretta a prostituirsi e sborsare 45mila euro, più altri soldi per l’affitto
della casa. Oltre all’umiliazione di dover vendere il suo corpo, la giovane – ha raccontato – ha
dovuto subire continue vessazioni, finché, grazie ad alcune persone che l’hanno avvicinata alla
Caritas di Asti, è riuscita a fuggire dai trafficanti.
Princess di quell’orrore subìto ha fatto tesoro per aiutare gli altri che vivono la stessa situazione.
Attualmente è infatti impegnata con la Piam, onlus da lei fondata che aiuta le vittime della
prostituzione in Italia. “Sono una testimonianza vivente dei pericoli e delle atrocità a cui molte
donne nigeriane sono sottoposte”, ha dichiarato la donna, “il mio cuore è colmo di gioia ogni volta
che posso aiutare qualcuno”.
Un aiuto che non avviene a tavolino: Princess scende per strada, cerca le donne che battono di notte
sui marciapiedi, le avvicina, gli parla, le ascolta e infine cerca di farle uscire dal tunnel. Poi ci pensa
Piam a favorire l’ottenimento del permesso di soggiorno, in conformità alla legge, e garantire una
casa, un’istruzione e una formazione professionale. Grazie a tutto questo, diverse donne hanno
potuto integrarsi in società e molte di loro hanno trovato un lavoro, onesto e stabile.
L’impegno di Princess – ha spiegato lei stessa ai giornalisti – si è attuato anche in Nigeria, nello
stato di Edo, dove dal 2004 al 2009, insieme ad alcune Ong, si è attivata nella lotta alla tratta
arrivando ad aprire anche una clinica per il controllo e il trattamento dell’Hiv o altre malattie
sessualmente trasmissibili. Ciò ha permesso di offrire un’opportunità alle ragazze del posto e di
scoraggiare il lavoro dei trafficanti che, tuttavia – ha denunciato la giovane – continuano a svolgere
indisturbatamente il loro lavoro specialmente in Nigeria, Niger e Libia.
In virtù della sua esperienza, la donna ha voluto indicare infine alcune linee di azione concreta per
contrastare le nuove schiavitù. Anzitutto la realizzazione di progetti internazionali nei paesi
d’origine con investimenti in borse di studio per disincentivare i giovani ad abbandonare la Nigeria
e lasciarsi abbindolare dal primo trafficante che propone un lavoro in Europa. Anche le Forze
dell’Ordine, ha detto Princess, dovrebbero avviare una collaborazione internazionale per
individuare i trafficanti e aumentare in Europa il numero dei luoghi sicuri per le vittime di tratta,
attraverso programmi di protezione rivolti a chi cerca aiuto.
Con la stessa forza d’animo, Al Bangura ha raccontato la sua vicenda. Originario della Sierra
Leone, orfano di padre da bambino, il ragazzo mostrava da sempre una particolare attitudine per il
calcio. Viene mandato in Guinea perché, nel mezzo della sanguinosa guerra civile che imperversava
nel Paese, temeva per la vita sua e della sua famiglia.
È lì che Al viene intercettato da un uomo francese che approfitta della sua passione per lo sport e gli
propone un viaggio in Europa dove, gli aveva assicurato, sarebbe diventato un calciatore
professionista. Il ragazzo si fida perché non rientra minimamente nei suoi pensieri il rischio di finire
in un racket di prostituzione tra Parigi e Londra, come invece poi è avvenuto. Spaventato, senza
conoscere una persona tantomeno una parola di inglese, il giovane non sapeva in che modo fuggire
da quel dramma. “Mi sentivo in trappola”, ha confidato oggi. Un giorno incontra un suo
connazionale che parla la sua lingua e gli paga un biglietto del bus fino all’Home Office del Regno
Unito. Dopo alcuni problemi per la sua identificazione, Al viene spedito in una casa a Chertsey.
Inizialmente prevale la paura, ma presto si accorge che è in quella casa nel sud-est dell’Inghilterra
che inizia la sua rinascita. La famiglia che lo ospita lo incoraggia a giocare a pallone e, durante una
partita, viene notato da un allenatore del Watford Football Club della UK Premier League che gli
propone di entrare nella sua squadra. Un contratto, finalmente, questa volta vero.
Oggi Al Bangura è un calciatore professionista e vive a Londra con la moglie e il figlio piccolo. In
Sala Stampa raccontava con orgoglio la sua nuova vita, pur nella consapevolezza che migliaia di
ragazzi della sua età in Africa occidentale aspirano a diventare calciatori ma non hanno la stessa
fortuna. Anzi il loro sogno spesso si infrange in una tragedia.
Per loro e per tutte le vittime di traffici umani il Gruppo Santa Marta – nome deciso dal Papa nel
primo incontro dell’aprile 2014 nella Domus vaticana – si batte strenuamente. Grazie a questo
impegno, oggi “è aumentata la sensibilità nei confronti delle vittime della tratta umana”, ha
affermato il card. Nichols, “in questi due ultimi anni il Gruppo Santa Marta ha potuto mostrare al
mondo la miseria sconosciuta di tante persone vulnerabili. Le grida silenziose di disperazione sono
state ascoltate”.