10 gennaio 2011 - Terminal Intermodale Mortara

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10 gennaio 2011 - Terminal Intermodale Mortara
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BROKER
Direttore Responsabile: Angelo Scorza
Anno VIII, N.2 - Genova, 10 Gennaio 2011
TERMINAL OPERATOR
Ifchor lascia gli FFA
Lo shipbroker svizzero-genovese fondato da Ravano
chiude il desk dedicato ai freight forward agreements
Il gruppo brokeristico svizzero Ifchor,
fondato e guidato dal genovese Riccardo
Ravano, ha deciso di chiudere dopo 13
anni il proprio desk dedicato al segmento
FFA, che proprio negli uffici genovesi
aveva il suo fulcro.
La decisione ha coinciso con il ritiro dalle
scene brokeristiche di Giorgio Martini, che
del desk FFA di Ifchor era stato il fautore ed
il responsabile, capace di portare la società
di Losanna a detenere, all’apice, circa il
20% del mercato degli FFA nel settore
dry (S2S n.19/2006). Contestualmente
anche Nanni Risso, collega di Martini, ha
Giorgio Martini
lasciato Ifchor, mentre il terzo componente
del team dedicato al comparto dei freight
forward agreements, Andrea Molaschi, è
rientrato nel physycal desk.
Oltre alla perdita dei maggiori specialisti
di settore, sulla scelta di abbandonare il
segmento FFA da parte di Ifchor, che vi
aveva introdotto molti dei suoi clienti
armatoriali (fra cui le famiglie D’Amico e
TOP THREE
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI DELLA
SETTIMANA SCORSA
1°
Eni affossa la figura
dell’agente marittimo
2°
Nasce una nuova compagnia
di navigazione in Adriatico
3°
Cagnoni ‘reduce’ dal
Vietnam da vincitore
Bottiglieri) e che operava anche per conto
di produttori ed operatori diversi attivi in
ambito di rinfuse secche, ha pesato anche
la riduzione di volumi e margini registratasi
negli ultimi anni. Secondo quanto riportato
da Freight Investor Services – uno dei
maggiori broker di settore, destinato a
coprire, insieme agli altri big Clarksons,
Simpson, Spence & Young e GFI Group, il
vuoto lasciato da Ifchor – il mercato degli
FFA dry avrebbe fatto segnare quest’anno
una riduzione dei volumi del 11,5%
rispetto al 2009, con particolare calo nei
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segmenti capesize e panamax, mentre
rispetto al 1997 i margini si sarebbero
ridotti addirittura del 300%. Non a caso
negli ultimi due anni altri broker importanti
quali il tedesco Ernst Russ, il norvegese
Imarex ed il francese Traditional Finance
Services hanno ridimensionato o chiuso i
propri desk di settore.
Negli uffici genovesi di Ifchor resta
comunque attiva la divisione tanker nata la
scorsa primavera (S2S n.25/2010).
A.M.
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AGENTI MARITTIMI
Un turco… genovese
Cosulich rileva la gestione delle agenzie in Italia di Arkas, che
prepara lo sviluppo di nuovi servizi di linea nei nostri porti
Una missione, riuscita, alla vigilia di
Natale, di Augusto Cosulich in Turchia
ha messo il sigillo finale su un accordo
che vede il noto agente marittimo
genovese dare vita ad una collaborazione
gestionale e commerciale con il celebre
collega turco, Lucien Arkas.
La firma apposta ad Izmir – quartier
generale
del
poliedrico
gruppo
imprenditoriale di shipping, porti,
logistica e trasporti turco – dai due titolari
delle rispettive aziende ha cristallizzato
una lettera d’intenti fra il Gruppo Arkas
e la Fratelli Cosulich Spa, in forza
ufficialmente a partire dal 15 gennaio.
“L’accordo non prevede (ma solo per il
momento, ndr) scambi azionari tra Arkas
Italia e Fratelli Cosulich Spa” recita il
comunicato congiunto che verrà diramato
nelle prossime ore.
Di fatto Cosulich affianca Arkas nella
gestione della società che era stata
creata alcuni anni fa a Genova (S2S n.
10/2008). Contestualmente all’entrata in
vigore dell’accordo, è stato nominato un
nuovo Consiglio di Amministrazione, a
sostituire quello attuale, in cui Bernard
Arcas – figlio di Lucien - ha la carica di
Presidente ed Augusto Cosulich quella di
Amministratore Delegato.
L’inedita partnership sull’asse GenovaSmirne mira allo sviluppo commerciale
delle attività armatoriali
di Arkas
nel nostro Paese ed è propedeutica
all’incremento dei servizi di linea dai
porti italiani per nuove destinazioni nel
Mediterraneo da parte della flotta turca.
“Confidiamo che la collaborazione tra i
due gruppi porti ad un’espansione delle
attività nel campo dello shipping negli
anni a venire” è il commento sintetico di
Lucien Arkas, dal 1964 al timone – oggi
Diane, Lucien e Bernard Arcas
con i figli Bernard e Diane - del gruppo
fondato nel 1902 da Gabriel Jean Baptiste
Arcas, che il poliglotta imprenditore
(parla un italiano semplicemente perfetto)
di lontana origine franco-ellenica ha
enormemente sviluppato nel corso degli
anni trasformandolo in un autentico
impero della logistica a 360°, con attività
diversificate che vanno dall’armamento
all’agenzia marittima, dalle spedizioni,
dai terminal portuali a quelli inland, dai
trasporti stradali a quelli ferroviari.
Il Gruppo Arkas conta 5.500 dipendenti
in Turchia e 700 nelle filiali e jointventures in porti del Mediterraneo e
del Mar Nero, e possiede una flotta – in
costante espansione e rinnovamento
- di 32 navi (29 portacontenitori e 3
bettoline per il bunkeraggio) a coprire,
con il proprio network di servizi di
linea, praticamente tutti i porti di Mare
Nostrum e Black Sea. Uno degli atout
fondamentali di Arkas Lines è di offrire
servizi feeder ai maggiori global carrier
ed al contempo imbarcare carichi locali
offrendo servizi ottimali ai propri clienti.
Nel 2009 Arkas Line ha effettuato 270
viaggi per 1.830 toccate con una flotta di
navi dotata di una capacità complessiva
di 51.000 TEUs.
Con sede nella centralissima Piazza
dell’Annunziata, Arkas Italia Srl ha
iniziato ad operare a Genova nel marzo
del 2008, gestendo le operazioni di
agenzia per il vettore marittimo captive
EMES (tra i primi 50 carrier mondiali),
con personale – circa 15 addetti - diretto
da Alessandro Sidi, che ha lavorato come
manager presso Arkas per oltre 25 anni.
Quello italiano è stato il nono ufficio
costituito all’estero da Arkas a partire dal
1999, con la fondazione di Arkas Hellas
nella città greca del Pireo, anno in cui è
stata avviata l’espansione internazionale
del business del gruppo turco, che vanta
società proprie anche in Algeria (Arkas
Algerie SPA e Aterco Arkas Conteneur
Terminal Spa), in Ucraina (Arkas Ucraina
Lunedì 10 Gennaio 2011
Augusto Cosulich
Ltd., Arlogic Ltd., Ucraina Transport
Overseas Ltd, Sealane Ucraina), e Spagna
(Arkas Spagna SA), Egitto (Egitto Arkas
SAE) e Russia (Arkas Russia). Nel
gennaio del 2008 Arkas aveva fondato,
sempre a Genova, EMES International
Srl, con lo scopo di fornire servizi feeder
per EMES. Oltre alle società straniere
Arkas ha altri 19 uffici esteri in Romania,
Bulgaria e Georgia.
La Fratelli Cosulich è una società a
storica conduzione famigliare fondata
nel 1857 dal Cap. Antonio F. Cosulich,
attualmente gestita dai pronipoti Antonio,
Andrea, Augusto e Matteo Cosulich.
Il gruppo genovese comprende varie
società, controllate o partecipate, che
svolgono attività assai diversificate:
dall’agenzia marittima per servizi di
linea agli yacht e navi da crociera,
dall’agenzia di viaggi al bunkeraggio (è
armatore di 4 bettoline operative a Hong
Kong e Singapore, S2S n. 26/2006), dalla
gestione di navi alla casa di spedizioni,
dai servizi di trasporto all’NVOCC, dal
trading all’informatica.
Angelo Scorza
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CANTIERI
Lunedì 10 Gennaio 2011
Un altro platform supply vessel per l’Indomitable Luigi D’Amato
Consegnata la quinta di otto unità in costruzione presso il cantiere Rosetti Marino di Ravenna
dal nostro inviato
Ravenna - Se la data dell’8 gennaio 2011
verrà ricordata dalla città di Ravenna per
la visita del presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, il cantiere Rosetti
Marino avrà un altro motivo altrettanto
importante per ricordare questo giorno
visto che è stato consegnata il nuovo
platform supply vessel F. D. Indomitable
alla società armatoriale Fratelli D’Amato.
Presso il cantiere navale “San Vitale” dello
scalo ravennate, la società navalmeccanica
romagnola ha presentato a una qualificata
platea di invitati la quinta di otto unità
PSV progettate da Rolls-Royce che,
come le quattro navi gemelle che l’hanno
Foto di gruppo di fronte alla F.D. Indomitable
preceduta (F.D. Invincible, F.D. Incredible,
F.D. Reliable e F.D. Irresistibile), ha
una larghezza massima di 16 metri e una
portata lorda di oltre 3.000 tonnellate. La
F. D. Indomitable, la prima della seconda
serie di quattro, si differenzia dalle unità
precedenti per una significativa variazione
della lunghezza fuori tutto che è di 75,1
metri (superiore di circa tre metri rispetto
alle navi già consegnate) e per una maggior
superficie utile per il trasporto di beni sul
ponte di coperta conseguita grazie al minor
volume delle sovrastrutture. La propulsione
della F.D. Indomitable (che verrà affidata
in management tecnico e commerciale
all’inglese Gulf Offshore) viene assicurata
grazie a due motori principali General
Electric della potenza massima complessiva
di oltre 5.580 kW (corrispondenti a circa
7.600 cavalli vapore) che consentono alla
“Sono pronto a piazzare nuove commesse”
L’aggettivo
inglese
indomitable
(indomabile) che ha dato il nome al
supply vessel appena consegnato da
Rosetti Marino, si addice perfettamente
allo stato d’animo attuale dell’armatore
di origini torresi Luigi D’Amato che si
dice pronto a spendere la grande liquidità
incassata nel biennio passato. “Soltanto
negli ultimi 12 mesi ho venduto 11 navi
e con il ricavato (attualmente investito
in prudenti titoli di Stato) sono pronto a
cogliere le opportunità che il mercato delle
nuove costruzioni saprà offrire nel breve
periodo” svela il presidente della D’Amato
di Navigazione a margine della cerimonia
di consegna della F. D. Indomitable.
“Credo molto nella nicchia dell’off-shore
dove continueremo a investire in futuro
con nuove costruzione per le quali terremo
in grande considerazione le competenze
e la professionalità di Rosetti Marino ma
non rallentiamo la crescita della flotta
neanche nel dry e nel liquid bulk. In queste
settimane prendiamo in consegna dai
cantieri giapponesi Imabari la prima di una
serie di bulk carrier da 210.000 dwt con
la formula già sperimentata con successo
del noleggio a lungo termine con opzione
d’acquisto”.
Oltre al potenziamento della flotta
di supply vessels che nel 2012 verrà
completata con queste prime otto unità,
Luigi D’Amato ha dunque ufficialmente
avviato il programma di rinnovamento
delle navi portarinfuse annunciato l’anno
scorso (S2S n. 17/2010) fondato sulla
progressiva cessione delle Handymax e
delle Panamax in favore di unità di size
maggiore come MR2 e Kamsarmax. “Nel
segmento delle cisterne e del carico secco
intendo puntare su navi di grandi portata
come dimostrano le due VLCC da 320.000
dwt in costruzione presso STX e l’arrivo
della prima bulk carrier giapponese da
210.000 dwt”.
Il percorso di crescita della Fratelli
D’Amato viene reso possibile anche dal
supporto del mondo finanziario che “non
fa mancare il proprio appoggio quando
in ballo ci sono progetti industriali seri e
lungimiranti” precisa l’amministratore
delegato della compagnia, Massimiliano
Discepola, che tiene a ringraziare tutte
le banche che singolarmente hanno
finanziato i platform supply vessel costruiti
a Ravenna. “Nel caso specifico della F. D.
Indomitable il nostro ringraziamento va a
Unicredit ma la stessa fiducia ci è stata data
in passato anche da altri primari istituti di
credito come il Banco di Napoli (gruppo
Intesa Sanpaolo), Meliorbanca, Monte
Paschi Siena, Commerzbank ed Efibanca”.
Il costo di ogni nave varia tra i 18 e i 24
milioni di euro per cui il programma
d’investimenti complessivo nel business
off-shore avviato nel 2006 dalla Fratelli
D’Amato sfiora i 200 milioni di euro e
sarà completato con l’arrivo nel 2011
della F.D. Honorable e nel 2012 della F.D.
Incomparable e della F.D. Remarkable.
Nicola Capuzzo
nave una velocità massima di oltre 14,5
nodi e un’autonomia di navigazione di oltre
3.500 miglia.
“Le platform supply vessel (PSV) come
la F.D. Indomitable sono navi progettate
per dare assistenza, carico e scarico di
attrezzature e materiali in piena sicurezza
alle piattaforme petrolifere marine situate
nei mari più difficili, come il Mar Baltico
e il Mare del Nord, anche in condizioni
meteo-marine particolarmente avverse” ha
spiegato il direttore del cantiere, Cesario
Mondelli, nel corso della cerimonia di
consegna.
“A conferma dell’elevato
livello tecnologico e costruttivo raggiunto
per queste costruzioni, l’ultima unità che
andrà a far parte della flotta di Fratelli
D’Amato ha ottenuto dalla britannica
Royal Navy l’ambito riconoscimento di
nave ‘Gold Standard’ per operazioni di
assistenza e salvataggio”. Madrina della
nave è stata Anna Maria Tarantola, vice
direttore generale della Banca d’Italia, che
ha battezzato la nave di fonte ai vertici
della Fratelli D’Amato rappresentati dal
Cavaliere del Lavoro Luigi D’Amato e
del cantiere nella persona del presidente
Gianfranco Magnani.
N.C.
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BROKER
Lunedì 10 Gennaio 2011
RIMORCHIO
Fissata l’asta della Love Boat sotto sequestro Prove in mare per Vitiello
Le offerte dovranno pervenire ai broker di Ferrando & Massone entro il 2 febbraio prossimo
Il prossimo 2 febbraio potrebbe arrivare
per la nave da crociera Pacific l’ora della
verità. O, meglio, della vendita.
Il Tribunale di Genova ha infatti
delegato le procedure per la cessione
dell’imbarcazione
alla
concittadina
società di brokeraggio Ferrando &
Massone, fissando la scadenza di inizio
febbraio e stabilendo la soglia minima
della base d’asta in circa 3,4 milioni di
euro. Un valore a prima vista piuttosto
elevato se si considera che la nave
risulta abbandonata in disarmo presso i
cantieri San Giorgio del Porto di Genova
dall’autunno del 2008 e che, nel frattempo,
sono scadute anche le certificazioni
Solas che autorizzano il trasporto dei
passeggeri in mare. Insomma la platea dei
compratori non può che essere formata
da diversi demolitori turchi e del Medio
Oriente interessati ai rottami di ferro e a
quello che si può recuperare degli interni.
Il peso del ferro ricavabile dallo scrap
ammonta a circa 12.500 tonnellate, ma
il fatto che la nave venga consegnata in
Italia (precisamente a Genova dove si
trova fisicamente) allontana l’interesse
di eventuali compratori ad esempio
indiani. Quest’ultimi, seppur molto
interessati alle navi passeggeri perché
possono rivendere al proprio mercato
domestico gli interni delle cabine, sono
penalizzati dal fatto che per arrivare a
destinazione le nave dovrebbe sostenere
gli elevati costi necessari ad attraversare
il canale di Suez (ancora più elevati nel
caso la nave dovesse essere rimorchiata);
e inoltre il rischio di attacchi di piraterie
richiederebbe una copertura assicurativa
elevata e sproporzionata rispetto al valore
della nave stessa. I più avvantaggiati
sembrano, dunque, i demolitori turchi.
La somma di denaro che verrà incassata
dalla vendita del Pacific servirà a
La nave Pacific è ormeggiata ai Cantieri San Giorgio del Porto da oltre due anni
soddisfare (in parte) una lunga lista di
creditori che vantano debiti per almeno
10 milioni di euro (S2S n.45/2009). Tra
questi spiccano la società greca JGP
Hellas Ltd (creditrice di somme vicine ai
110.000 euro maturate nei mesi precedenti
rispetto a quando la nave arrivò a Genova
per effettuare riparazioni), la Gennaro
Officina Navale Genova (creditore per
260.000 euro), Wärtsilä Italia Spa (che
contesta alla Templeton International un
debito da 600.000 euro) e il cantiere San
Giorgio del Porto (creditore per diversi
milioni di euro). A questi si aggiungono
Union Naval Marseille, Union Naval
Barcelona, JGP Hellas (rappresentate
legalmente da Giorgio Berlingieri),
International Paint (avvocati Paterna
e Dani) e Genirmi (avvocati Rocchi e
Ferraris).
Nicola Capuzzo
Il cantiere Boluda di Valencia ha pronto in consegna
alla SERS di Ravenna il rimorchiatore Francesco Paolo
È ormai pronta la
consegna alla S.E.R.S.
(Società
Esercizio
Rimorchi e Salvataggi)
di
Ravenna
del
rimorchiatore Francesco
Paolo,
nuova
unità
varata lo scorso luglio
ed appena completata
al cantiere UNV Union
Naval Valencia del
Gruppo Boluda.
“Le
prove
ufficiali
avverranno la prossima
settimana e subito dopo
ci dovrebbe essere la
consegna”
conferma
l’armatore partenopeo – ma di stanza in
Romagna - Luca Vitiello, proprietario del
Gruppo Gesmar, che oltre alla S.E.R.S.
comprende altre società di rimorchio, titolati
di servizi portuali in concessione: Corima
(Ancona e rada di Falconara), STERS
(Termoli), C.M. Sagitario (Maracaibo
e Puerto La Cruz, Poseidon (Crotone,
Cirò Marina e Corigliano Calabro) e le
partecipate Tripmare e Labromare, attive
nei porti di Trieste e Livorno.
Il Francesco Paolo è la prima di due
costruzioni ordinate a UNV, per un valore
complessivo di 14 milioni di Euro, la
seconda costruzione è attesa per aprile di
quest’anno; in totale il Gruppo Gesmar ha
fatto costruire a Valencia cinque mezzi.
“La prima newbuilding verrà impiegata nel
porto di Ravenna e libererà il rimorchiatore
escort Luca, che è stato noleggiato in
Scandinavia – prosegue Vitiello - anche
la seconda costruzione, la Eugenia,
varata a fine novembre, andrà all’estero,
probabilmente in Centro America”.
I due rimorchiatori sono del tipo Tractor,
con propulsione Voith Schneider e potenza
di 6500 BHP, possono raggiungere una
velocità di 12,5 nodi, hanno una capacità di
tiro a punto fisso di 62 tonnellate, ed hanno
le seguenti dimensioni: 29,50 m lunghezza
x 11,00 m larghezza x 4,40 m pescaggio,
gross tonnage: 369 GT, portata: 300 dwt.
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TANKER
Lunedì 10 Gennaio 2011
D’Alesio chiude il cerchio delle newbuildings
Con la consegna dell’ultima tanker in Corea, il gruppo armatoriale di Livorno completa il processo
di rinnovamento della flotta, che ora vanta 10 navi nuove con età media tra 3 e 4 anni
Si chiama Caletta – come una
precedente bettolina già in flotta per
conto dello stesso armatore di Livorno
– l’ultima nata in casa D’Alesio,
che la controllata Dalmare S.p.A, ha
appena preso in consegna in Corea
del Sud. Alla cerimonia di hand over
hanno partecipato Gaetano D’Alesio,
Chartering Manager, e la moglie Chiara,
madrina al varo.
Con la tanker da 52.000 dwt, la società
toscana ha così portato a compimento
il processo di grande rinnovamento
della flotta avviato cinque anni fa (S2S
n. 3/2006), che ha visto l’entrata in
funzione di 6 navi adibite a trasporto
di prodotti petrolchimici (comprese tra
15.500 e 52.000 dwt) e di 4 unità per
il servizio di bunkeraggio (2.400 dwt),
tali da permettere alla flotta D’Alesio di
vantare un’età media pari a 4.2 anni (per
il trasporto di prodotti petrolchimici) e
3 anni (per il bunkeraggio).
“Siamo stati il primo operatore italiano
ad avere tutta le unità navali del
bunkeraggio a doppio scafo” esulta
Nello D’Alesio, Vice Presidente
Esecutivo. “L’intera nostra flotta, oltre
a rispettare gli elevatissimi standard
delle major petrolifere e chimiche, è
dotata di notazione addizionale RINA
Green Star Design3 attestante che, a
livello di progettazione, costruzione e
gestione operativa, le navi soddisfano
determinati requisiti che assicurano il
massimo rispetto dell’ambiente”.
L’affermazione
conferma
implicitamente l’ipotesi a suo tempo
avanzata (S2S n. 34/2010) che l’armatore
toscano rinuncerà ad operare nel settore
del dry bulk, cedendo verosimilmente
anche la seconda e la terza delle 3
rinfusiere rimaste nel portafoglio ordini
come switch parziale di un precedente
contratto per 4 tanker commissionate
allo stesso cantiere sudcoreano.
La nave ultimata ai cantieri Hyundai
Mipo di Ulsan, idonea al trasporto
di prodotti petroliferi e chimici, è
dotata di strumentazione tecnologica
avanzata per la salvaguardia della vita
umana in mare e per la massima tutela
dell’ambiente ed anticipa l’entrata in
vigore dei relativi regolamenti.
La Caletta entrerà da subito in
operatività sul mercato spot con un
equipaggio misto italiano e indiano
composto da 22 membri con un viaggio
inaugurale trasportando olio di palma a
Rotterdam.
La D’Alesio Group svolge il trasporto
marittimo di prodotti petrolchimici
(5,5 milioni di tonnellate nel 2010) e
il servizio di bunkering a Livorno, La
Spezia, Piombino e Carrara (550.000
tonnellate).
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INTERMODALE
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Nuovo treno intermodale Venlo-Melzo di ERS Railways
La controllata del gruppo AP Moller – Maersk si appresta ad aprire una nuova sede in Italia
Le relazioni commerciali fra l’area
geografica del Limburg, situata intorno ai
confini fra Olanda, Belgio e Germania, e il
Nord-Ovest d’Italia si stanno sviluppando
in modo positivo.
Dopo la decisione presa alcuni mesi fa
da parte di Shuttlewise di dedicare una
sezione del proprio treno containers
shuttle Mortara-Rotterdam al terminal
di Venlo, capoluogo del Limburg (S2S
n.33 e 43/2010), anche ERS Railways ha
predisposto un collegamento diretto da
Venlo al proprio terminal di appoggio in
Lunedì 10 Gennaio 2011
finora dall’impresa ferroviaria danese
che si appresta a investire altre risorse
in Italia. È infatti in previsione a breve
termine l’apertura di una nuova sede di
ERS Railways nel nostro paese, che andrà
ad aggiungersi all’headquarter olandese
a Rotterdam e alle altre sedi distaccate in
Repubblica ceca (Melnik), in Ungheria
(Budapest), in Polonia (Varsavia) e in
Svezia (Goteborg).
F.Q. e N.C.
ERS a braccetto con Florlogistica sul
collegamento tra Rotterdam e Melzo
Italia, lo scalo Sogemar a Melzo.
Il nuovo servizio partirà dal 10 gennaio.
Potranno essere trasportati containers e
casse mobili con una altezza massima di
3,14 metri. Il servizio prevede 5 coppie di
treni a settimana, con un tempo di transito
A-C.
Lo
shuttle
Venlo-Melzo
è
un’espansione
degli
esistenti
servizi ERS fra Rotterdam e Melzo.
In totale l’Olanda verrà collegata da ERS
a Melzo e al milanese con 14 coppie di
treni a settimana. Anche in questo caso
Sogemar potrà curare eventuali rilanci
verso gli scali interni in Italia serviti dalla
propria rete di treni containers.
Dalla scorsa estate l’impresa ferroviaria
controllata dal Gruppo danese AP Moller
Maersk ha ulteriormente implementato
i propri servizi sull’asse Nord – Sud
portando a quattro round trip il servizio
intermodale che collega Rotterdam con
Padova. E proprio sui collegamenti con il
nostro paese ERS impiega alcuni dei cinque
locomotori elettrici Siemens ES64F4 presi
in consegna nel 2009, quando è stata
avviata la nuova green policy dell’azienda.
Questi mezzi andranno progressivamente
a rimpiazzare gli esemplari diesel utilizzati
Dallo scorso mese di ottobre ERS
Railways cura per conto di Florlogistica
il trasporto su ferro tra il Nord Europa
(Rotterdam) e l’Italia (Melzo) di
innovative casse mobili reefer da 45
piedi al cui interno vengono ospitati
carichi floreali.
Florlogistica BV è, infatti, una società di
spedizioni e servizi logistici specializzata
nel trasporto di fiori recisi e di piante per
tutta l’Italia, con partenze giornaliere da
tutti i mercati olandesi e da tutte le ditte
a essi affiliate. Il trasporto viene eseguito
con mezzi a temperatura controllata e i
servizi risultano di alta qualità grazie
all’ottima preparazione nel settore della
logistica e all’efficienza dei servizi doorto-door.
Florlogistica BV nasce cinque anni fa
da una stretta collaborazione fra vettori
italiani e un’agenzia italiana con anni
di conoscenza dei mercati olandesi,
dei coltivatori e del trasporto. Oltre ai
trasporti specializzati la società è in grado
di curare anche le pratiche doganali e i
servizi di logistica del freddo.
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7
LOGISTICA
Lunedì 10 Gennaio 2011
Scerni fa di necessità virtù (logistica)
Acquisito un nuovo grande cliente, continua a gonfie vele la diversificazione dal core
business marittimo, con il presidio di Piacenza quale hub di smistamento delle merci
Piacenza - Ci sono voluti oltre un secolo
e mezzo - il Gruppo Scerni fu fondato
nel 1840 – e quasi sei generazioni
imprenditoriali prima che una delle
più blasonate famiglie genovesi dello
shipping, senza rinnegare il core business
storico, intuisse che la ‘via delle merci’ non
passa più soltanto dall’attività sui mari ed
in banchina, ma che occorre allargare gli
orizzonti del business verso l’entroterra,
quella landa piatta oltre gli Appennini
verso cui la merce, una volta scaricata
dalla nave e caricata sui camion (molto
più spesso che non sui treni, purtroppo…),
viene istradata, stoccata, manipolata ed
infine distribuita nell’ultimo anello della
catena logistica.
E oggi, compiuti i primi 170 anni senza
alcun clamore - in piena sintonia con
l’understatement molto british che
alligna presso tutti grandi cognomi
dell’imprenditoria sotto la Lanterna – i
due leader del gruppo, il 67 enne Enrico
Scerni (popolarmente conosciuto come
Gianni), uno dei vertici riconosciuti
dell’intellighenzia cittadina non solo a
livello privatistico, ed il primogenito (unico
maschio di quattro figli nata dal matrimonio
con la fascinosa Savina Savini) Paolo, 35
anni, lavoratore instancabile, idee molto
chiare e grinta da vendere, alzano il velo
sul nuovo motore aziendale. Infatti, pur
mantenendo l’attività di agenzia marittima
e le attività ad essa ancillari (spedizioni,
trasporti merci in container ecc.), gli Scerni
hanno da tempo metabolizzato il fatto che
il futuro non poteva che essere ad almeno
100 km lontano dalla costa. E tra le varie
opzioni, la scelta – dopo una parentesi di
assaggio in Lombardia – è ricaduta in quel
di Piacenza (anche se il business è mobile,
dunque nulla può dirsi mai definitivo…)
Come siano arrivati a far risultare la
logistica il filone di attività in questo
momento più dinamico ed appassionante,
sebbene non ancora il più ricco nel
portafoglio di un gruppo che conta svariate
società e diversificazioni anche in ambiti
non strettamente imprenditoriali (al di
là degli immobili, non si dimentichi che
Scerni Sr. è stato, a fine anni novanta,
proprietario del Genoa Cricket & Football
Club, mentre la moglie dirige l’attività,
sempre di proprietà, del teatro Politeama
Genovese), lo svelano i due principali
artefici di una scelta forse arrivata da più
in alto, ma che, in un affiatato tandem,
pedalando sempre nella medesima
direzione, Paolo Scerni e Sandro
Barabino, rispettivamente Presidente
Paolo Scerni e Sandro Barabino
ed Amministratore Delegato di Scerni
Logistics, hanno saputo brillantemente
avviare e sviluppare lungo ormai quasi
un decennio, seppure in sordina e con
la massima discrezione, come tipico,
fino al ‘botto’ della vigilia di fine 2010:
l’acquisizione di un nuovo grande cliente
di contract logistics nel settore dei white
goods.
Ribaltamento strategico del business
Oggi il Gruppo Scerni fa capo alla holding
di famiglia Finservice, che controlla al
100% una ventina di società, impegnate
quali agenzia marittima, società di
trasporto
cielo/mare/terra,
logistica
integrata, attività finanziarie, immobiliari
ed armatoriali.
Dato saliente, malgrado la dimensione
cospicua il gruppo rimane a stretta
conduzione famigliare, con i membri della
famiglia assisi saldamente ai vertici per
assicurare un consiglio di amministrazione
forte e coeso.
“Il fatturato del cosiddetto ramo
servizi (tutto ciò che non è armamento,
partecipazioni finanziarie, immobiliare
o attività terminalistiche) è di circa 100
milioni di Euro. Il primo anno di attività
logistica nel 2003, durato 8 mesi, si chiuse
a 1,4 miliardi di lire di fatturato (ed una
perdita di 400milioni); il 2010 vede ricavi
per 35,5 milioni di euro” spiega Scerni Jr.
tanto per far comprendere – invero sono
numeri che si commentano da soli - il
notevole salto dimensionale, più che di
qualità, visto che il rispetto di quest’ultima
è da sempre un paradigma intrinseco alla
filosofia aziendale. “Il Gruppo Scerni
offre servizi ai propri clienti dal 1840;
non avremmo potuto operare così a lungo
senza che un legame strettissimo leghi
la nostra famiglia al valore del servizio,
percepito dai clienti come affidabile nel
tempo e solido nella sostanza”.
L’esordio in questo ambito avviene nel
2003 come APL Logistics, di cui Scerni era
ed è tuttora agente generale. Alle attività
non core-business marittimo fanno capo,
nel settore del trasporto e della logistica,
appunto la Scerni Logistics, con quartier
generale a Genova ed uffici commerciali a
Milano e Piacenza, che nasce formalmente
il 1° gennaio 2008 dalla confluenza e
fusione delle preesistenti Lunimar, società
di trasporti internazionali via mare, terra
e cielo fondata nel 1989 a La Spezia,
segue a pag.8
www.ship2shore.it
8
Lunedì 10 Gennaio 2011
segue da pag.7
successivamente acquisita da Scerni;
e Incres, nel dopoguerra compagnia
armatoriale, dagli anni sessanta agenzia
marittima ed oggi dedita allo stoccaggio,
cross docking ed attività spedizionieristica.
A latere agiscono la S.I.L.T. (Sistemi
Integrati di Logistica e Trasporti) Srl, nata
nel 1994 come compagnia di autotrasporto,
oggi con 4 uffici a Genova, La Spezia,
Milano, Voltri – “nel 2011 apriremo
a Livorno per onorare un contratto di
trasporto di soli container FCL su navi
Hapag Lloyd “ – la quale aveva rilevato la
C-Truck dalla CP Ships guidata da Guido
Raso (ex-Contship Italia). “La flotta è
composta da oltre 50 motrici e 80 chassis
di proprietà, ed assicura circa 200 partenze
al giorno, grazie a contratti in esclusiva
con un ristretto numero di padroncini che
da dieci anni sono parte della ‘famiglia’
SILT”.
Come anzidetto, Scerni non è arrivato
all’inland per caso, ma ‘fiutando’
l’evoluzione dello scenario al contorno.
“La nostra è stata una scelta obbligata,
da agenti di linea quali eravamo, con un
business in calo non per ‘colpa nostra’ ma
per l’evoluzione dei rapporti tra principal
e rappresentante sul territorio, dal 2003
ci siamo resi conto che non c’erano
alternative, se non si voleva scomparire
dal business occorreva cambiare ruolo”
conferma il giovane imprenditore, citando
le compagnie di linea ‘perdute’ in un paio
di anni: “Sealand (cliente dal 1969), per
la quale era stata creata l’apposita società
SCA, assorbita da Maersk; Hapag Lloyd
(con entrambe tuttavia la SILT, società di
trasporti terrestri full container del gruppo,
ha oggi un ruolo di leader quale fornitore nel
settore specifico – chiosa Scerni) ha aperto
ufficio proprio a Genova; la sudcoreana
Cho Yang è fallita. Rimanevano APL,
Rickmers, Maruba, CCNI, Camafrica,
Portline e F.A.O., mantenute tuttora,
ma insufficienti a contenere le legittime
ambizioni dell’operatore. “Così ci siamo
avvicinati alla merce, iniziando a fare un
mestiere che prima conoscevamo solo in
quanto meri utilizzatori del servizio.
Abbiamo quindi attivato gli investimenti
per dotarci delle competenze e delle
strutture necessarie; oggi, con le
dimostrazioni di fiducia che ci elargisce
costantemente il mercato, possiamo dire
che quella sfida, inizialmente ‘temibile’,
è stata vinta. Quando è partita la società
Scerni Logistics, il capitale era di soli
98.000 euro, oggi con la crescita che si
è avuta, è di 1 milione di euro, generati
dal lavoro e dai profitti” precisa Scerni,
che però già alza l’asticella a 1,5 milioni
“necessari a finanziare investimenti resisi
necessari a fronte di nuove importanti
commesse acquisite negli ultimi 18 mesi”.
Il ribaltamento strategico compiuto in
pratica chiude il cerchio. L’autentica
rivoluzione culturale attuata ha fatto
sì che la logistica, nata per completare
il portafoglio di offerta, si sia assunta
l’onere di agire da volano per un ulteriore
sviluppo, trasformandosi da asset tattico a
vero pilastro strategico.
“Il mercato della logistica è molto più
ampio ed accessibile di quello delle
spedizioni, dunque offre molte più
opportunità, naturalmente insieme ad una
maggiore concorrenzialità. Noi siamo
pronti ad ‘infilarci’ in ogni possibile spazio
di crescita per ampliare la base clientelare
in un filone assai più dinamico, oggigiorno,
rispetto a quello armatoriale, quasi statico.
Senza peccare di presunzione, posso
dire che cerchiamo di fare in modo che
tutte le nostre attività portino un piccolo
profitto; di certo non ci piace lavorare e
perdere!” puntualizza il giovane Scerni,
spiegando ancora di preferire “lavorare
con le proprie gambe; tutto lo sviluppo
aziendale nella logistica e trasporti è
fatto in regime di autofinanziamento,
tranne che ovviamente per la parte
armatoriale, dove le entità delle somme
esigono il ricorso al credito bancario”.
Dai Romani ai…Genovesi
“Piacenza è stata scelta in quanto crocevia
ideale della logistica in Italia, come peraltro
già avevano intuito gli antichi Romani…”
esordisce Barabino, che lavora nel gruppo
genovese da una trentina d’anni, avendo
iniziato come contabile e percorrendo tutti
gli scalini della gerarchia aziendale, fino
ad essere oggi pienamente proiettato sulla
logistica. “Tra le varie opportunità abbiamo
scelto quella offerta dal Polo Logistico Le
Mose sviluppato da Generali Properties –
preferito, per la sua maggiore modernità,
rispetto a quella concorrente di Prologis,
ndr – acquisendo stabili in affitto”.
Questo è il più grande insediamento
logistico italiano, ubicato in una posizione
privilegiata grazie alla rete di collegamenti
che fanno del nodo emiliano una location
baricentrica per il mercato italiano,
con edifici caratterizzati dai più alti
standard tecnici richiesti dagli operatori
segue a pag.9
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segue da pag.8
internazionali. Per la cronaca, altri illustri
inquilini sono Unieuro, DHL Supply Chain
Solution e Italiarredo.
I magazzini di Scerni Logistics constano di
quattro moduli da 12.500 mq l’uno (60mila
metri quadri coperti, con 72 baie di carico/
scarico, 34mila posti pallet scaffalati e
8mila a terra) e sono stati presi in affitto
nel maggio 2008: “Non comperiamo mai
– prosegue Barabino - siamo venuti qui a
metà 2008 trasferendo solo le scaffalature
che avevamo a Lacchiarella Sud (Centro
Logistico Milano) e che peraltro ci
sono costate circa 1,5 milioni di euro; in
più abbiamo investito 300.000 euro in
un nuovo sistema informativo. Inoltre
abbiamo magazzini a Bologna Interporto,
Ciampino (Roma) e Gastelgandolfo
(Mantova) per altri 30mila mq”.
Nota di cronaca che merita attenzione
per essere sintomatica di un certo modus
operandi, è che, mentre i magazzini
splendono nella loro sofisticata sobrietà
– tutto è a norma di legge e mantenuto
a regola d’arte - gli uffici direzionali del
internazionale quali DHL, Ceva, Geodis
e le italiane Arcese e Bertoni - indetta da
Whirlpool, fabbrica di elettrodomestici
che aveva comprato la storica Ignis, la
quale ha richiesto la gestione integrale del
magazzino presso il punto di produzione di
Ternate (Varese), uno stabilimento da 3mila
operai e 37mila mq. “Tra i loro clienti c’è
Ilkea, che qui nel piacentino dispone di
ben due depositi. Un contratto biennale
che vale 1,7 milioni di euro, per il quale
abbiamo attivato 50 addetti e 40 carrelli
elevatori a Varese” conferma Barabino.
Certamente non tutto è così agevole, e
la via del business non sempre spianata.
Nell’autotrasporto la concorrenza è
sfrenata e le tariffe molto basse. “È un
passaggio culturale diverso; il cliente non
si perde se non ti impigrisci. L’agente ha
quartier generale piacentino si presentano,
a distanza di due anni e mezzo, ancora
disadorni, quasi spartani, a dimostrazione
che ‘fare’, per Scerni, conta assai più di
‘apparire’.
Crescita costante obbligata
Panasonic è stato il primo cliente storico,
quello che ancora assicura il bread &
butter quotidiano.
“Nel 2003, insieme ad APL Logistic,
abbiamo vinto una gara valida per l’Italia ed
altri paesi” ricordano i manager genovesi.
“Attuali clienti, oltre a Panasonic ed a
Conforama (recente acquisizione del 2009,
che ha indotto ad occupare il terzo e quarto
modulo del sito di Generali Properties),
sono Marks & Spencer, Mokarabia,
Dolci Preziosi, Coin, Humax, ecc.”
Ad
agosto
scorso,
infine
(ma
l’ufficializzazione è solo del mese scorso),
il grande colpo: l’aggiudicazione della gara
– che ha visto schierati nella short list otto
primati operatori, tra cui alcuni di caratura
Lunedì 10 Gennaio 2011
un rischio più limitato; mentre il logistico
ha le mani più legate, dunque deve
rimboccarsi le maniche. Ma personalmente
non sono preparato alla precarietà – i
contratti arrivano al massimo ai 2 anni di
durata predefinita - ecco perché abbiamo
cercato di stabilizzare il business! Anche
se con Conforama abbiamo siglato un 4
+ 1, i contratti si rescindono con una certa
facilità. Quasi tutto si acquisisce con la
leva del pricing; noi invece puntiamo
sulla qualità del servizio. Un ulteriore
nostro paradigma è massimizzare la
sicurezza sul lavoro e non è solo uno
slogan ad uso della stampa… La copertura
assicurativa è garantita da broker esperti
quali Assiteca, Cambiaso & Risso, PCA
tramite le Generali. Insomma, siamo molto
coperti, abbiamo una sorta di Kasko”.
Se il cliente terziarizza, Scerni a sua volta
subappalta.
“Il nostro scopo è quello di coprire per
intero la filiera, ovvero offrire al cliente
il servizio completo, dal nolo marittimo
all’handling, dal trasporto allo stoccaggio
ed alla distribuzione finale”.
Punto di forza della società è proprio la
possibilità di agire, a livello di Gruppo,
su tutte le fasi della supply chain:
dalla ricezione delle merci in porto
alla consegna in tutta Italia e, volendo,
Europa. “Ci mancano le attività storiche,
quelle da cui proveniamo; abbiamo
ribaltato il nostro modello di business,
ma ancora non riusciamo a offrire noli”
quasi si rammarica Barabino in chiusura.
Angelo Scorza
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AGENTI MARITTIMI
Lunedì 10 Gennaio 2011
Gli agenti marittimi prendono le distanze da Corrias (Agorà)
Tositti: “Affermazioni non vere e lesive della reputazione di ISS Inchcape”
Hanno decisamente suscitato molta
attenzione le dichiarazioni dell’agente
marittimo Roberto Corrias, titolare
dell’agenzia Meloni di Cagliari e
presidente del consorzio Agorà (S2S
n.1/2011), scatenando reazioni nei
colleghi sia da parte dei consoci che della
controparte, concordi nel non condividere
buona parte delle affermazioni rilasciate
alla nostra redazione dopo la perdita
del contratto ENI. Pubblichiamo, a tale
proposito, due richieste di precisazione e
rettifica delle parti interessate.
Egregio Direttore,
Le scrivo in relazione all’articolo, a firma
Nicola Capuzzo, dal titolo “Eni affossa
la figura dell’agente marittimo”, che
contiene affermazioni contrarie a verità e
lesive della reputazione ed immagine della
società Inchcape Shipping Services (ISS),
che è mia intenzione rettificare.
1 - Inchcape Shipping Services è una
società avente sede e direzione a Londra
da dove opera da oltre 150 anni ed è leader
mondiale nei servizi allo shipping, in
primis quelli agenziali.
Specificamente ISS fornisce inoltre il
servizio di hub agent (o ‘agente unico’)
su scala worldwide. Il management della
società è internazionale, ma con una forte
connotazione europea. Amministratore
delegato è Claus Hyldager di cittadinanza
danese, mentre per quanto riguarda l’Italia
la direzione è affidata al sottoscritto.
Essendo una società che opera con successo
ed ottimi risultati, ISS, logicamente, ha
suscitato e suscita l’interesse di investitori
istituzionali, da ultimo quello del fondo
Isthimar di Dubai (che, peraltro, non ha
assunto alcun ruolo gestionale).
2 - ISS svolge il servizio di hub agent
per i più importanti operatori marittimi
del mondo, annoverando tra i propri
clienti le società ExxonMobil, Maersk,
Petroplus,Stolt, OSG, AET,BP, Tokyo
Marine Europe and many others. Dal 2007
ISS si onora di essere hub agent anche per
l’Eni, avendo vinto la relativa gara per
l’attività estera. Da quest’anno ISS seguirà
anche la parte italiana a seguito dei risultati
del positivo esito della gara indetta nel
giugno 2010.
ISS gestisce complessivamente circa
70.000 scali all’anno ed è in grado di
svolgere un servizio di tale importanza ed
ampiezza, soddisfacendo le esigenze della
migliore clientela mondiale, grazie ad
importanti investimenti fatti in relazione
alle risorse umane, a specifici software
(costantemente aggiornati e migliorati) e
ad un network di agenzie dirette e di subagenti in tutti i porti del mondo, Italia,
ovviamente, compresa.
Vista l’importanza che riveste la portualità
italiana, ISS ha dal 2005 costituito una
propria succursale in joint-venture con il
gruppo Tositti, la ISS-Tositti, acquisendo
in tale contesto l’esperienza, le competenze
e le risorse del partner italiano ed aprendo
successivamente agenzie dirette nei
principali scali nella penisola. In tal modo
ISS ha saputo radicarsi in maniera vincente
anche in Italia, con professionalità e
competenze di altissimo livello.
3 - La gara indetta da Eni per la selezione
La sede del Gruppo Tositti a Venezia
Carminati e Corrias all’ultimo Dinner
genovese 2009
dell’hub agent (o ‘agente unico’) attribuiva
rilevanza sia agli aspetti tecnico/operativi
sia alla componente economica; siamo
convinti che la gara sia stata aggiudicata
ad ISS soprattutto in ragione degli
aspetti tecnico/operativi, e dell’indubbia
leadership di ISS a livello mondiale
nell’attività di hub agent.
Per contro, senza nulla togliere alle
competenze locali delle singole agenzie
consorziate in Agorà, la società consortile
a responsabilità limitata Agorà non aveva
alcuna esperienza quale hub agent.
La società Agorà risulta infatti senza
dipendenti e con un fatturato (anno 2008 ,
l’ultimo depositato) di soli 35.000 Euro (il
che significa, appunto, che la società non
è operativa).
4 - Desidero qui evidenziare che al fine
di salvaguardare le indubbie competenze
locali degli agenti ex Agorà - e di evitare
conseguenze occupazionali negative - ISS
ha mantenuto nei singoli porti i medesimi
agenti raccomandatari già utilizzati da Eni,
tranne che nei porti ove ISS ha agenzie
proprie. In relazione all’incarico affidato
da Eni a ISS tali agenti operano dunque
quali sub-agenti di ISS, inserendosi così
nel suo network mondiale e godendo del
supporto che ISS fornirà loro. Per il resto
tali agenti manterranno inalterata la loro
attività e clientela.
5 - La grande maggioranza delle agenzie
già consorziate in Agorà ci ha fatto avere il
suo più vivo disappunto per le dichiarazioni
rese a codesto giornale dal Sig. Corrias
e ci ha comunicato di dissociarsi dalle
medesime. In conclusione, nulla di
quanto dichiarato dal Sig. Corrias - e da
Voi riportato e commentato con enfasi
eccessiva - corrisponde a verità. Il ruolo e la
professionalità degli agenti raccomandatari
italiani rimangono immutati ed anzi sono
certo che il loro inserimento nel network
ISS, in relazione al contratto Eni, porterà
loro nuove conoscenze e competenze.
L’affidamento a ISS dell’incarico di
hub agent di Eni migliorerà dunque
e non affosserà il ruolo degli agenti
raccomandatari italiani.
Stefano Tositti
Anche Carminati si dissocia
dal collega cagliaritano
Egregio Direttore,
ho letto l’articolo/intervista a Roberto
Corrias pubblicata sul Suo giornale in
riferimento alla gara ENI per il contratto
di Agenzia Marittima Worldwide per
precisare quanto segue.
L’intervista era a titolo strettamente
personale e non a nome del consorzio
Agorà.
Il titolo “ENI affossa la figura dell’Agente
Marittimo” è assolutamente infondato.
L’azienda
da
me
amministrata
(Transoceania Armec srl) è Agente
Raccomandatario del Gruppo ENI nel
Porto di Genova dal 1964, con piena
soddisfazione da ambo le parti.
La Società multinazionale ISS-Tositti,
che ha acquisito il contratto ENI, ha
confermato quali Agenti nei singoli porti
nazionali 12 (uno dei quali la mia azienda)
dei 16 componenti del Consorzio Agorà,
a comprova dell’affidabilità e serietà del
mandato affidatole.
Le tariffe riconosciute sono quelle previste
per legge.
Le considerazioni da me fatte – pur a titolo
personale – interpretano sicuramente il
pensiero di tutti i miei colleghi.
Tito Carminati
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TERMINAL OPERATOR
Lunedì 10 Gennaio 2011
FERRY
La Compagnia Unica Paride Batini di
Testa a testa tra Blu Navy e Corsica Ferries
Genova fa cassa in attesa di tempi migliori In ballo alcuni slots fra l’Elba e Piombino, mentre
Il Console Benvenuti cede al terminal Forest di Campostano una delle due gru mobili della
Gottwald il cui ricavato peraltro non ripiana il buco di bilancio aperto dalla crisi dei traffici
È andata in porto in breve tempo la
cessione di uno dei mezzi di sollevamento
in surplus alla Compagnia Unica Paride
Batini (CULMV) di Genova: “Abbiamo
deciso di mettere in vendita due gru mobili
attualmente non utilizzabili (per un vincolo
normativo, ndr)” aveva detto il Console
Antonio Benvenuti non più tardi di un paio
di mesi fa (S2S n. 43/2010).
L’acquirente è il Gruppo Campostano
di Savona, che ha comprato una gru già
ubicata presso il terminal Fo.Re.S.T. del
porto di Genova. Si tratta di una Gottwald
- HMK 280 della capacità di 100 tonnellate
in attività al terminal di Ponte Somalia al
bacino di Sampierdarena, che Campostano
opera attraverso la controllata Fo.Re.S.T
Spa. “CULMV doveva dismettere il mezzo
per adempiere ad un preciso obbligo
normativo e noi dovevamo mantenere la
migliore efficienza del quadro di dotazione
del terminal: essendoci orientati verso
l’accoglienza di navi più piccole, quindi
prive di mezzi di bordo, abbiamo l’assoluta
necessità di poter contare su una gru
sempre a disposizione” spiega il presidente
del gruppo savonese, Ettore Campostano.
“Con questa acquisizione possiamo
incrementare l’efficienza del servizio, ora
senza soluzioni di continuità grazie alla
presenza continua della gru in banchina;
naturalmente,
svilupperemo
anche
l’attività di noleggio agli altri terminalisti,
che fin da subito hanno manifestato il loro
interesse in questo senso”.
La notizia arriva a poche settimane da
un’analoga acquisizione, da parte di
Campostano, di una nuova gru per Savona
(S2S n. 34/2010).
Per la CULMV, la cessione è l’occasione
per fare un po’ di cassa – il prezzo di
vendita è di poco superiore a 800mila
euro – in un periodo di ‘vacche magre’,
come sottolineato dallo stesso Benvenuti
di recente, commentando l’anno di lavoro
appena terminato. “Il recupero di un
15-16% delle giornate di lavoro è ancora
troppo distante dai dati del 2008 e quindi
ci mette in una situazione di difficoltà.
La ripresa del porto di Genova non
corrisponde alla ripresa del nostro lavoro
e questo genera ovviamente un problema
di bilancio e di stabilità. Noi misuriamo i
traffici in giornate di avviamento, che poi
sono quelle che fanno il fatturato e, quindi,
gli stipendi dei soci. Malgrado il recupero
la compagnia del gruppo Finsea ricorre al TAR per
partecipare alla privatizzazione di Toremar
Sono due le compagnie armatoriali ad aver
dei traffici, c’è stato un maggior utilizzo presentato la propria candidatura alla gara
dei dipendenti dei terminal e questo ha indetta dall’Autorità Portuale di Piombino
penalizzato il lavoro della Compagnia. per l’assegnazione degli slot relativi a
Temiamo ci saranno problemi seri anche quattro ulteriori coppie di corse fra il porto
per il 2011. Per il futuro non abbiamo toscano e l’Isola d’Elba.
timori; le prospettive ci sono, le nostre Si tratta di Corsica
professionalità e flessibilità saranno Ferries, che ritenta
indispensabili per il porto del futuro. Il laddove
non
era
problema
è passare5-03-2009
indenni attraverso
zincaf_55x11
14:30un Pagina 1
riuscita – non senza
presente difficile”.
strascichi
polemici,
culminati in un vano
ricorso al TAR – circa
un anno fa (S2S n.3 e
8/2010) e Blu Navy, la
controllata del gruppo
genovese Finsea, che
esordì l’anno scorso
nel cabotaggio toscano
aggiudicandosi
tre
slots quotidiani proprio
fra Piombino e Portoferraio, operati con
il traghetto Primrose (S2S n.13, 15 e
23/2010).
Salvo imprevisti la procedura di
assegnazione dovrebbe concludersi entro
metà febbraio.
SHIP REPAIR
La partecipazione delle due compagnie
MECHANICS
alla gara – da cui sono stati esclusi i
PIPEWORK
soggetti detentori di più del 20% degli
STEELWORKS
slots in essere – sembra un’ulteriore
dimostrazione della profittabilità di una
linea su cui, oltre a Blu Navy, operano già
anche Moby e Toremar.
since 1948
Ed a sostegno di ciò è significativo quanto
sta accadendo intorno alla gara per la
Molo Guardiano
privatizzazione di Toremar. Come è noto
16128 Genova (Porto)
Tel. +39 010 2461131/32 - +39 010 2461217
(S2S n.43/2010), la Regione Toscana
Fax +39 010 2461037
e-mail: [email protected]
avrebbe dovuto, entro Natale, inviare le
www.zincaf.com
lettere di invito all’offerta agli 11 soggetti
che hanno manifestato interesse, ma la
procedura ha subito una battuta d’arresto
proprio per l’intervento di Blu Navy.
Secondo quanto riportato da diverse testate
locali, infatti, la compagnia genovese
alcune settimane fa, contraddicendo il
disinteresse ostentato fino a qualche
mese prima, avrebbe chiesto alla Regione
Toscana di essere ammessa alla procedura
di privatizzazione, ottenendone tuttavia
un rifiuto, motivato, pare, proprio dalla
mancata partecipazione alla prima parte del
bando e dalla carenza di alcuni requisiti.
Blu Navy non ha perso tempo, ricorrendo
al TAR, ma per il momento ha incassato
il rifiuto alla richiesta di sospensiva dei
provvedimenti della Regione, in attesa che
il Tribunale Amministrativo si pronunci
nel merito durante questa settimana.
La Regione tuttavia ha preferito attendere
prima di inviare le lettere, che, si auspica,
potranno partire non appena il TAR
dirimerà il contenzioso con Blu Navy.
A.M.
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12
FORNITORI
Lunedì 10 Gennaio 2011
Rolls Royce soccombe in giudizio contro Carnival
Nel contenzioso per i PODs mal funzionanti, la District Court di Miami ha sancito le colpe del
fornitore, condannato ad un maxi risarcimento. Decisiva la perizia di Massimo Canepa (AIPAM)
Si chiude il contenzioso legale che ha
visto di fronte Carnival Corporation
e Rolls Royce per i problemi causati
dal cattivo funzionamento del sistema
Mermaid installato a bordo della Queen
Mary 2, l’ammiraglia di Cunard Line. Il
produttore britannico è stato condannato
a un maxi risarcimento danni da 24
milioni di dollari (16 milioni per frode
più altri 8 per il mancato rispetto delle
garanzie sul prodotto) nei confronti del
colosso americano delle crociere.
I problemi risalgono praticamente
all’inizio dell’installazione del sistema di
propulsione azimutale integrato indicato
come POD, che consiste in un motore
elettrico di grande potenza montato sotto
lo scafo a poppa della nave sul cui asse è
direttamente fissata l’elica. Questo tipo di
propulsione presenta molti vantaggi dal
punto di vista della manovrabilità e della
maggiore disponibilità di spazio interno,
due
caratteristiche
particolarmente
apprezzabili per le grandi navi da
crociera. “Si tratta di un sistema di
propulsione in uso da oltre vent’anni,
ma che solo negli ultimi dieci è stato
sviluppato in applicazioni di grande
potenza, dell’ordine di 20 megawatt”
spiega Massimo Canepa, titolare dello
Studio Navale Canepa, ingaggiato
(insieme con i colleghi ingegneri Andrea
e Giulio Gennaro) dallo studio legale
americano Fowler Rodriguez ValdesFauli in qualità di esperti per sostenere
dal punto di vista tecnico l’inidoneità
del propulsore costruito da Rolls-Royce
a garantire le prestazioni per cui era
stato fornito a causa di un progetto mal
concepito.
“Proprio nelle applicazioni di grande
potenza il modello costruito da RollsRoyce ha manifestato continue avarie
ai cuscinetti reggispinta del complesso
motore elettrico-elica, costringendo
le navi a soste non programmate per
la loro sostituzione, con l’inevitabile
interruzione e cancellazione di crociere
e conseguenti perdite economiche e
d’immagine”. Proprio per queste ragioni
Carnival (e, prima di lei, Royal Caribbean
a cui si è aggiunta da pochi giorni anche
Crystal Cruises) ha trascinato in giudizio
Rolls Royce di fronte alla District Court
di Miami.
“In simbiosi con Andrea e Giulio Gennaro
(vere e proprie autorità nella progettazione
e studi sulla propulsione) nell’arco di nove
mesi è stata preparata la causa con i legali
americani, che si è conclusa lo scorso
dicembre con una ‘cross examination’ di
fronte al Tribunale Distrettuale di Miami,
nel corso della quale abbiamo saputo
dimostrare in maniera convincente la
validità delle argomentazioni su cui
Carnival fondava la propria accusa”
spiega Massimo Canepa, che è anche
socio di AIPAM (Associazione Ingegneri
Periti di Avarie Marittime). “Il punto
cruciale delle argomentazioni svolte è
stata la dimostrazione che la disposizione
dei cuscinetti reggispinta e radiali del
sistema lo rende iperstatico, un’insidia
nella progettazione di qualsiasi elemento
meccanico o strutturale da evitare, perché
introduce sollecitazioni imprevedibili
che falsano i risultati dei calcoli di
progetto. In altri termini, la posizione
relativa dei cuscinetti reggispinta che
sopportano la spinta propulsiva dell’elica
è stata erroneamente configurata da parte
della società produttrice, invalidando
il modello di calcolo impiegato per il
dimensionamento dei cuscinetti”. Ecco
il motivo per cui il sovraccarico a cui i
cuscinetti vengono sottoposti in esercizio
ne provoca il prematuro danneggiamento.
Nicola Capuzzo
Un 2010 in utile per Carnival
Si chiude con un utile netto da 2 miliardi
di dollari il bilancio 2010 del Gruppo
Carnival. Un risultato in aumento
dell’11% anno su anno, a conferma della
piena stabilità del comparto nonostante
il prolungamento della crisi economica
internazionale. In crescita anche il
fatturato che, con 14,6 miliardi di dollari,
fa segnare un incremento pari a 7 punti
percentuali. Il trend inoltre sembra
destinato a non arrestarsi: malgrado un
lieve rallentamento nelle prenotazioni,
si è alzato il livello medio delle tariffe e
il Gruppo stima per il 2011 un’ulteriore
crescita del fatturato di circa 4 punti
percentuali.
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CONTAINER
Lunedì 10 Gennaio 2011
In arrivo una nuova flotta per ACL
La controllata americana di Grimaldi è pronta a piazzare un ordine con cui sostituire
le sue cinque unità, mentre Minoan si riprende la sua quota in Hellenic Seaways
In un’intervista rilasciata ad una testata
statunitense, Andrew Abbott, CEO di
ACL (Atlantic Container Line), controllata
americana del Gruppo Grimaldi, ha
annunciato l’intenzione della compagnia
di procedere ad un completo rinnovamento
della propria flotta, costituita oggi da 5
unità con-ro multipurpose costruite fra il
1984 e il 1985 ed allungate nel 1987.
Un portavoce del Gruppo armatoriale
partenopeo ha confermato la notizia,
spiegando che ACL sta procedendo alla
progettazione delle nuove unità e che
nessuna di quelle attualmente già in
costruzione per il Gruppo sarà destinata
alla compagnia statunitense.
Una volta terminata la fase di studio, si
prevede nei primi mesi dell’anno, ACL
procederà dunque a cercare il cantiere
presso cui piazzare la commessa.
Secondo quanto spiegato da Abbott le
nuove navi saranno dotate di una capacità
leggermente maggiore rispetto a quelle
oggi in servizio (2.900 TEUs, 3.300
metri lineare di garage), ma saranno
dimensionalmente molto simili, se non
uguali, in considerazione delle limitazioni
imposte da alcune delle tratte operate
da ACL, come ad esempio le chiuse
di Liverpool ed Anversa o il canale di
Chesapeake e Delaware, attraversato per
raggiungere Baltimora (la compagnia
opera una serie di servizi fra Nord Europa
ed east coast degli Stati Uniti). Le cinque
navi componenti la flotta odierna saranno
rottamate o cedute ad enti governativi, ma
sicuramente non reimmesse sul mercato.
Nei giorni scorsi anche un’altra controllata
del Gruppo Grimaldi è assurta agli onori
delle cronache. La compagnia greca
Minoan Lines ha infatti reso noto di aver
proceduto, a causa del mancato pagamento
da parte di Anek Lines di una rata con
scadenza il 30 novembre scorso, al recesso
(in ossequio ad una clausola rescissoria
prevista dall’accordo) dal contratto di
vendita (per 125 milioni di euro) della
propria partecipazione del 33,35%
nel capitale di Hellenic Seaways (S2S
n.43/2009 e 15/2010), e di aver quindi
provveduto al recupero della propria quota
azionaria.
Sul fronte interno, infine, si registra la
sospensione fino ad aprile, “per questioni
organizzative interne”, del servizio
passeggeri di Grimaldi Lines sulla linea
Civitavecchia – Catania – Malta, che nei
prossimi mesi sarà riservato alle merci.
Andrea Moizo
La mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra ...!
Recentemente abbiamo assistito alla tragicommedia, tutta italiana, dell’autostrada
bloccata per la neve. Un articolo del Corriere ci ha raccontato l’altra capacità tutta italiana:
quella dello scaricabarile. Una cosa però mi ha colpito. Facciamo un passo indietro: se io
utilizzo un servizio per cui pago, credo di avere qualche diritto. Dal momento che utilizzo
il servizio autostradale dovrei pensare di trovare le autostrade pulite e sgombre. Se per
qualche motivo di forza maggiore, come nel caso di pesanti nevicate, le autostrade non
possono essere pulite e sgombre, le autostrade non dovrebbero vendere un servizio che
non possono garantire. Loro affermano di aver avvisato che la strada era impraticabile
e che se, nonostante l’avviso ci si sia avventurati comunque, non si può prendersela
con loro. D’altronde, chi decide di avventurarsi perché ho le gomme da neve e sa che
l’autostrada viene battuta dagli spartineve, fa qualcosa di ragionevole. Se invece poi
si trovano camion di traverso, non mi si può accusare l’automobilista di avere qualche
colpa.La colpa allora è di chi è entrato in autostrada senza averne i mezzi idonei ed,
ovviamente, dei camion, che hanno fatto il danno maggiore. Ci sarebbe, quindi, da
aspettarsi una diatriba accesa tra autostrade (che non hanno informato a dovere né
hanno “spazzanevato” velocemente) e camionisti (che non hanno tenuto conto degli
avvisi della autostrade, sempre che ci siano stati).Invece tra i due nessun lancio
di reciproche accuse. Il presidente di Conftrasporto, pur di difendere i suoi, accusa i
camionisti stranieri che arrivano in Italia pensando di venire nel paese del sole, sebbene
chi arriva dalla Germania o dall’Austria o dalla Romania sia più avvezzo a viaggiare con
la neve. Bene, immaginiamo che colui che è posto al vertice della società autostrade sia
lo stesso che sta al vertice dell’associazione dei camionisti. In questo caso, difficilmente
potrebbe prendere posizione a favore di uno dei due contendenti, visto che, se uno
accusasse, l’altro, che si dovrebbe difendere, sarebbe sempre lui stesso. Non ci sarà un
qualche conflitto di interessi? Sì, in Italia non c’è solo “quel” conflitto di interessi, ma ce
ne sono ben altri, che vengono a galla quando la goccia fa traboccare il vaso!
SPEDAPI MILANO Luca Castigliego (Presidente) - Paolo Federici (vice Presidente)
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14
HANDLING
Lunedì 10 Gennaio 2011
La rinata CVS Ferrari Srl ora assume,
produce e vende (quasi) come ai bei tempi
Il nuovo management americano ed italiano si presentano al mercato con
un piano di sviluppo ambizioso, sempre tenendo i piedi ben saldi a terra
Roveleto di Cadeo (Piacenza) – Dopo
un lungo periodo di crisi, culminato nella
supervisione del tribunale di Piacenza,
CVS Ferrari - non più Spa ma ora Srl –
rinasce dalle proprie ceneri, quasi fosse
l’Araba Fenice, e inizia il 2011 battezzando
la nuova partnership, siglata la scorsa
estate (S2S n. 27/2010), con Manitex
International. A parlare dei nuovi progetti
di sviluppo e dei piani di investimento
della ditta, fondata dai fratelli Ferrari circa
quarantanni fa, che prima dell’intervento
degli americani sembrava non avere
alcuno scampo, è il nuovo management.
A chi fa visita alla storica sede situata
lungo la via Emilia, in apparenza sembra
non essere cambiato quasi niente; tanto
che tra i personaggi che bazzicano lo
stabilimento di Roveleto di Cadeo si può
incontrare anche il cofondatore Giuseppe
Ferrari, il quale ha messo a disposizione
del nuovo piano industriale il proprio
bagaglio conoscitivo e le sue relazione
commerciali a favore dei nuovi gestori
di questa importante realtà industriale
italiana, che attualmente impiega 38
dipendenti (con la previsione di arrivare
a 60 l’anno prossimo) ed ha generato un
fatturato nel 2010 (con i soli ultimi cinque
mesi di operatività) di 6,5 milioni di Euro
(al ritmo di 1,3-1,5 milioni al mese), con
un margine operativo del 7% al di sopra
quindi del punto di break even e con
interessanti previsioni di crescita per il
2011, con un fatturato previsto ad oltre 24
milioni Euro per quest’anno. Previsioni
ufficiali oltre questo orizzonte temporale
prudentemente non ne vengono fatte anche
se, sbirciando informalmente fra le carte,
si intravede il target finale del business
plan triennale 2010-12 con oltre 120 unità
consegnate ed un fatturato che dovrebbe
schizzare ad oltre 40 milioni di euro.
Manitex, società di diritto americano
registrata a Chicago (Illinois) e quotata al
Nasdaq di New York, ha già però ‘sangue
italiano’ nelle vene; infatti fra le recenti
acquisizioni c’è la canadese Liftking,
specializzata in macchine da sollevamento
ad uso militare, fondata e sviluppata in
Ontario (Canada) negli anni settanta dal
modenese Luigi Aldrovandi, oggi arzillo
89enne che l’aveva ceduta nel 2006 agli
americani.
Il controller in Italia del nuovo
investimento CVS del colosso è un
personaggio dalla faccia rassicurante,
un tipo molto affabile ed alla mano:
Bob Litchev, 56enne manager di origine
bulgara (ha preso una laurea in Ingegneria
Stefano Mercati, Bob Litchev ed Elvio Simonetti
Meccanica nel 1980 all’Università di
Sofia), ma dal 1990 operativo negli USA
(ed entrato nel 2002 nel gruppo Manitex),
dallo scorso luglio passa in media un paio
di settimane al mese in Italia a seguire
l’evoluzione del business di CVS Ferrari
Srl: “Ma senza curare la gestione ordinaria,
che è tutta lasciata ai manager italiani.
Questo è sicuramente un progetto molto
importante per noi, partito dal nulla e che
come tale richiede massima applicazione”
spiega, ammettendo che Manitex si è
accostata all’impresa piacentina per tre
diversi motivi: “Abbiamo intravvisto nelle
attività portuali una valida diversificazione
per un gruppo come il nostro che non fa
questa attività negli Stati Uniti. In secondo
luogo, CVS Ferrari è vista come una buona
opportunità per una crescita del business,
tanto che in realtà non abbiamo considerato
altre aziende da acquistare, volevamo
proprio questa quando abbiamo deciso per
la diversificazione nell’handling portuale.
Infine, questa è considerata un’esperienza
stimolante da un punto di vista geografico
in un nuovo mercato nel mondo”.
Litchev chiarisce che non si possono
attendere
subito
miracoli,
ma
ragionevolmente dei buoni esiti, questo sì,
specie lasciando fare il proprio corso alla
programmazione imbastita. “È difficile
ora predire il momento esatto in cui certi
risultati saranno raggiunti, ma di sicuro
siamo fiduciosi di riuscire a riportare il
prodotto e la sua reputazione nel mercato al
posto che compete. CVS Ferrari ha sempre
fatto un prodotto di alta qualità, quindi non
c’è alcun problema in tal senso. L’unico
ostacolo si poneva con il servizio di postvendita, in questo campo la vecchia società
effettivamente subiva un deficit e aveva
una scarsa capacità di fornire il prodotto
nel tempo richiesto. A questo proposito,
abbiamo avuto un incontro con i rivenditori
negli Stati Uniti nel mese di novembre,
al fine di selezionare – per distribuire il
nostro prodotto – solo quelli che hanno
svolto bene il loro compito, per cui siamo
segue a pag.15
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15
Lunedì 10 Gennaio 2011
segue da pag.14
in procinto di firmare accordi in tal senso.
Considerando che siamo una azienda di
medie dimensioni, abbiamo bisogno di
massimizzare la nostra penetrazione nel
mercato, dal momento che di certo non
può essere venduto direttamente il 100%
dei nostri prodotti. Ma fondamentalmente
lasceremo che sia il mercato a decidere
se vuole interloquire con concessionari.
Solo una volta che il nome sarà tornato a
brillare, faremo ulteriori considerazioni”.
Sotto il profilo della politica di marketing
e branding, il marchio CVS Ferrari verrà
mantenuto.
Per quanto riguarda le politiche del prezzo,
il manager americano sostiene che il
prodotto “è competitivo anche su questo
versante; tuttavia, per una società di medie
dimensioni, per avere successo a fronte di
concorrenti molto grandi presenti su questo
mercato, c’è bisogno di avere un controllo
completo su tutti i costi di produzione,
e di conseguenza. abbiamo bisogno di
ripristinare il pieno monitoraggio sia del
costo della manodopera che di quello dei
materiali. Perciò stiamo selezionando
accuratamente le persone da impiegare,
anche se questo non è un problema reale,
poiché la maggior parte di loro sono
l’esperto e motivato staff proveniente
dalla ex-Spa. In effetti sentiamo di
avere una sorta di obbligo morale verso
il territorio sociale, dal momento che
nessuno dei lavoratori era da biasimare per
le vicissitudini sofferte dall’impresa nel
recente passato”.
A tale proposito, l’impressione fatta dalle
maestranze piacentine agli americani è
sicuramente ottima. “Gli italiani sono
grandi lavoratori e in piena sintonia con
le nostre idee, le due culture si sposano
perfettamente, anche se naturalmente ci
sono alcune differenze inevitabili. Alla fine
CVS Ferrari può essere considerato una
sorta di laboratorio per noi: qui in Italia
siamo in grado di testare alcuni progetti e
idee e, in caso di successo, poi importarli
negli USA”.
Sulla possibilità effettiva e sulle
tempistiche per ‘trasformare’ l’attuale
contratto di affitto in acquisizione
definitiva, il nuovo management dà
qualche indicazione: “Il contratto
d’affitto d’azienda contiene un’opzione
d’acquisto già esercitata con fidejussione
bancaria a garanzia del pagamento del
prezzo attualmente depositata nelle mani
del Tribunale; saranno gli organi della
procedura a decidere entro febbraio
dell’anno prossimo, ragionevolmente
riteniamo che tutto possa andare per il
meglio con l’accoglimento della nostra
proposta” spiega Stefano Mercati, 40enne
manager nominato Direttore Generale che
vanta una lunga esperienza nel settore del
container handling per aver collaborato
per 13 anni con importanti attori di questo
mercato (come Fantuzzi Reggiane, ndr)
prima del recente approdo in quel di
Cadeo.
Ma la situazione sembra comunque pregna
di fiducia e promesse. “Come gruppo,
Manitex non ha mai accusato una perdita
in tutti questi anni! Negli Stati Uniti
stiamo facendo un sacco di soldi, cosa
che desideriamo ripetere naturalmente
anche in quest’impresa italiana. Il segreto
è essere molto attenti ai costi. Il 2011 sarà
un anno molto importante per CVS Ferrari
ed il suo successo futuro, ci aspettiamo
significativi volumi di vendita dalle nostre
aree consolidate di clientela, al momento
non vogliamo entrare in alcun nuovo
mercato”.
Se il buon giorno si vede dal mattino,
le premesse per fare bene ci sono tutte,
considerati gli ordini acquisiti – ed in parte
già espletati – dalla nuova CVS Ferrari Srl
in questo ultimo scorcio di 2010.
“Tra le commesse ricevute di recente,
vi sono le seguenti macchine: 7 reach
stackers e 1 front loader per LSCT La
Spezia Container Terminal (Contship
Italia), 2 reach stackers in Corea del Sud,
3 reach stackers per il Ministero della
Difesa in Algeria che ha aperto un centro
intermodale ad Algeri, 1 reach stacker per
il nuovo porto di Foshan nel Guandong
in Cina, 1 heavy forklift per Tricastin,
l’impianto di energia nucleare nel sud
della Francia, e 16 trattori heavy duty per
Thyssen in Brasile e 2 heavy trucks per il
mercato tedesco” precisa Elvio Simonetti,
l’International Business Developer della
Manitex ed acting as Sales & Marketing
Director della CVS Ferrari, per il quale
Cadeo rappresenta un ritorno di fiamma,
dopo l’esperienza (lunga 12 anni) negli
anni Novanta presso la CVS Ferrari Spa
della fase più espansiva di questa azienda,
sino al 2003.
Angelo Scorza
Sabina Terzoni
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PILOTI
Lunedì 10 Gennaio 2011
Esce allo scoperto la neonata Unione Piloti
La nuova associazione di categoria rappresenta già l’11% dell’intero settore in Italia
La scorsa estate a Venezia è nata una
nuova associazione di categoria dei piloti
che si pone in antitesi rispetto a Fedepiloti.
Unione Piloti, questo il nome della
nuova realtà guidata dal presidente Saul
Mazzucco, vanta già 26 iscritti totali,
che rappresentano circa l’11% dell’intera
categoria professionale nel nostro paese.
separazione si sono concretizzate durante
l’assemblea nazionale ordinaria della
Fedepiloti. In termini pratici l’Unione
Piloti ha raccolto il disagio di molti
colleghi che da troppo tempo sentivano la
Fedepiloti lontana dai problemi della base,
lamentavano la mancanza di un confronto
franco e non condividevano alcune
Oltre al presidente è stato eletto come
vice Luca Kosmac, mentre consiglieri
sono stati nominati Roberta Coppa, David
Manganiello, Omar Oggiano, Marco Rigo
e Giuseppe Vicchio, mentre il tesoriere è
Salvatore Papandrea e il segretario Ciro
Romano. “La sofferta decisione di voler
intraprendere un percorso autonomo, che
si differenziasse da quello sostenuto dal
sindacato unico, ha origine profonde ed
é scaturita da lunghi dibattiti, confronti
e valutazioni” spiega il capitano Saul
Mazzucco. “La frattura e la conseguente
decisioni. Questo alla lunga ha creato una
barriera diventata insormontabile.
Se l’Unione Piloti al momento ‘si limita’
a rappresentare circa un decimo della
categoria a livello nazionale, può però
farsi vanto di avere dalla sua parte il
100% delle quote rosa visto che alla
rappresentate del porto di Venezia si è
aggiunta più recentemente anche la collega
di Augusta e Siracusa. “Geograficamente
la nostra associazione è uniformemente
rappresentata in tutto lo stivale con 22
iscritti dal Corpo Piloti di Venezia e 2
rappresentanti ciascuno nel Corpo piloti
di Livorno e nel Corpo piloti di Augusta
e Siracusa” prosegue il presidente
dell’associazione, precisando che “dopo
un brevissimo periodo di assestamento,
Unione Piloti si è subito impegnata su
tutti i fronti non facendo mancare i propri
pareri riguardo agli argomenti caldi di
interesse per i propri rappresentati: dal
trasferimento dei piloti ai progetti di
estensione di Corporazioni e altro”.
La neonata associazione ha avuto inoltre
parte attiva nelle recenti trattative per il
rinnovo tariffario che si sono tenute a
Roma dov’era stato convocato un tavolo
tecnico presso il Ministero dei Trasporti.
“La trattativa tariffaria si è conclusa
il 17 Dicembre 2010 con reciproca
soddisfazione per le parti – sottolinea
il Cap. Mazzucco preannunciando un
anno ricco di impegni – vale a dire
la preannunciata revisione da parte
del Ministero dei meccanismi per la
determinazione della tariffa di pilotaggio,
che comporterà l’analisi di tutti i parametri
fondamentali per la determinazione del
compenso e quindi dei costi del servizio”.
Ma quali erano le posizioni sui cui il
pensiero di Unione Piloti divergeva
maggiormente rispetto a Fedepiloti?
“Unione Piloti, cosciente delle sfide
che l’attendono nei prossimi anni, si
prefigge lo scopo di valorizzare e tutelare
il prestigio di un lavoro che trova le sue
fondamenta in un’arte, accogliendo le
richieste che pretendono una migliore
soluzione dei problemi locali e di un
conflitto
generazionale,
riscontrato
e sentito da molti giovani colleghi”
conclude il presidente.
Nicola Capuzzo
Saul Mazzucco al lavoro insieme al collega Marco Rigo
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CONTAINER
Lunedì 10 Gennaio 2011
Previsioni e propositi di K Line
Il presidente e CEO del gruppo nipponico fa il punto sulle attività della sua compagnia
e per i prossimi mesi detta una strategia basata su rigore e diversificazione
Dopo il difficile biennio trascorso, il
messaggio di inizio anno destinato ai
dipendenti redatto da Kenichi Kuroya,
presidente e CEO del gruppo armatoriale
nipponico K Line, sembra tradire un certo
ottimismo per il futuro della compagnia
armatoriale.
Il boss nipponico sottolinea come a
partire dall’autunno 2009 le economie
sviluppate abbiano in generale conosciuto
una modesta ripresa, guidate dalla forte
crescita delle nazioni BRIC e dei paesi
emergenti. In parallelo, nel secondo
trimestre dell’anno fiscale 2010 i dati
finanziari di K Line hanno cominciato a
migliorare sostanzialmente, con ricavi
operativi cresciuti del 29,9% rispetto
allo stesso periodo dell’anno scorso e il
risultato ordinario passato dallo storico
–49,9 miliardi di yen al +42,8 miliardi di
yen.
Le perdite maggiori del 2009 erano
imputabili al settore container, che,
complice una certa ripresa dei noli,
nel 2010 ha fatto registrare sostanziali
miglioramenti, tanto che le 12 navi
della flotta disarmate nel corso del 2009
sono tornate in servizio entro il maggio
dell’anno scorso.
Kenichi Kuroya
Rilevanti le proiezioni finanziarie per
l’annata appena chiusasi: i ricavi operativi
dovrebbero toccare i 985 miliardi di yen,
il risultato ordinario i 55 miliardi di yen e
quello netto i 32 miliardi. Tuttavia il fatto
che buona parte del suddetto risultato
ordinario (oltre 40 miliardi di yen) sia
concentrata nella prima metà dell’anno
deve, secondo Kuroya, esser tenuto in
seria considerazione.
Infatti, ricorda il manager giapponese,
occorre ricordare le misure drastiche prese
nel corso dell’anno per rimettere in sesto
il business del trasporto dei container, dal
taglio dei charter eccessivamente costosi
alla creazione delle divisioni Business
Restructuring Task Force e Organization
Reformation Task Force, dedicate
all’affinamento della posizione finanziaria
del gruppo.
La previsione di Kuroya per i mesi a venire
è comunque positiva, con una ripresa
moderata ma costante dei traffici marittimi.
Le linee guida per K Line prevedono
per il settore container un’ulteriore
crescita strutturale accompagnata ad un
miglioramento della competitività; nel dry
bulk il gruppo cercherà di rafforzare le
proprie relazioni con i clienti giapponesi e
di seguire da vicino la domanda crescente
dei BRIC e degli altri paesi emergenti, allo
scopo di allargare, grazie anche ai presidi
di Londra e Singapore, il proprio range di
business; diversificazione, ma produttiva,
anche per quanto riguarda il comparto car
carrier, che dovrà ampliarsi dall’export
delle auto nipponiche ad altre tipologie
merceologiche tipiche del settore ro-ro;
discorso simile per il trasporto energetico:
i segmenti tanker e LNG avranno difficoltà
anche nei prossimi mesi, ragion per cui
K Line cercherà di ampliare il proprio
impegno in attività parallele quali quelle
delle flotte di supporto offshore o di
trivellazione di altura; per quanto riguarda
heavy lift e logistica il numero uno di
K Line si ripromette di proseguire nel
positivo percorso di crescita intrapreso
negli ultimi mesi.
A.M.
Anche NYK sale in Adriatico
Il liner giapponese NYK Line ha
attivato alla fine dell’anno (la prima
partenza è avvenuta il 28 dicembre
scorso) due nuovi servizi feeder
che, attraverso l’hub di Taranto,
collegheranno l’estremo oriente ai
porti dell’Adriatico.
Le linee non saranno attivate con
proprie navi, ma attraverso uno slot
agreement con Evergreen.
NYK infatti, che già dispone di spazi nel
servizio CES (China-Europe Shuttle),
che scala Kaohsiung, Qingdao,
Ningbo, Shanghai, Taipei, Hong
Kong, Yantian, Colombo, Taranto,
Rotterdam, Amburgo, Thamesport,
Taranto, Colombo, Kaohsiung, si è
accordata con la compagnia taiwanese
per riservarsi degli slots anche sui
nuovi servizi appena avviati da
quest’ultima ad integrazione proprio
del CES (S2S n.1/2011), ADL 1,
operato con due unità da 1.200
TEUs, che scala Trieste, Ravenna,
Ancona, Taranto, Alessandria, Beirut,
Limassol, Taranto, Trieste, e ADL2,
navi di eguale capacità che ruoteranno
fra Koper, Venezia, Rijeka, Taranto,
Ashdod, Mersin, Taranto, Koper.
Ad uso dei suoi clienti NYK ha
ribattezzato i nuovi servizi ADS1 e
ADS2.
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18
FERROVIE
Lunedì 10 Gennaio 2011
La concorrenza ferroviaria è sul binario morto
Uno studio dell’Istituto Bruno Leoni mette a nudo le inefficienze di Trenitalia
“Trenitalia è sempre più dipendente dai
soldi che riceve dallo Stato nonostante
esistano
teoricamente
regole
che
impongono la concorrenza”.
Si conclude così lo studio intitolato
“Merci, la concorrenza è sul binario
morto” elaborato da Paolo Bracalini
(giornalista) e Roberto Mellinin (esperto
del settore ferroviario) per l’Istituto Bruno
Leoni in collaborazione con FerCargo,
l’Associazione che rappresenta le imprese
ferroviarie private di trasporto merci
operanti in Italia.
In questo documento viene dimostrato,
dati alla mano, che senza contributi
pubblici Trenitalia Cargo non sarebbe mai
potuta sopravvivere alla concorrenza dei
nuovi operatori privati che operano in un
mercato dove l’operatore dominante riceve
sussidi pubblici per poter offrire servizi
concorrenziali. “Dal 2005 al 2009 (gli
ultimi cinque anni di bilancio disponibili)
la compagnia pubblica ha ricevuto
direttamente dallo Stato 587 milioni di
euro in contributi. Queste centinaia di
milioni di euro che sono dati ogni anno a
Trenitalia non vengono assegnati tramite
gare e quindi non si può sapere se davvero
rispondano alle esigenze di servizio
universale o meno” sostengono gli autori
del paper. “Va inoltre sottolineato il rischio
dei contributi incrociati all’interno della
stessa società Ferrovie dello Stato: ogni
anno FS riceve oltre 4 miliardi di euro
dallo Stato e dagli enti pubblici territoriali,
mentre Trenitalia e RFI teoricamente sono
separate (visto il decreto 138 del 2000), ma
effettivamente tale separazione è avvenuta
solo sulla carta”.
Nel quinquennio considerato i contributi
sono stati sempre superiori a 90 milioni
di euro, una cifra pari a quasi il 20% dei
ricavi da traffico dell’azienda. Il picco si è
registrato nel biennio 2007-2008, il primo
dell’era Mauro Moretti, nel quale i sussidi
hanno raggiunto i 140 milioni di euro
annuali, mentre nel 2009 sembrerebbe
esserci stato un ridimensionamento dei
sussidi da parte dello Stato. In realtà
bisogna considerare la grande crisi del
settore cargo in tutta Europa (a causa della
crisi congiunturale dell’economia) fatta
registrare nel 2009. Il settore ha visto una
diminuzione della domanda del 22,7% a
livello europeo, mentre Trenitalia Cargo ha
registrato una contrazione delle tonnellate
chilometro pari al 30,5%. Guardando
quindi l’andamento dei contributi in
funzione dei ricavi di traffico nel settore
merci di Trenitalia si vede che nel 2006
erano pari al 12,8%, per poi superare il
18% sia nel 2007 sia nel 2008 e infine
decrescere al 17% del 2009. “Difficile –
secondo lo studio - parlare di concorrenza
e di liberalizzazione quando l’incumbent
ha quasi il 20% per cento dei propri ricavi
che derivano dallo Stato”.
Il mercato del trasporto merci in Italia
vede all’opera sostanzialmente due
“attori”. Uno è Trenitalia Cargo, divisione
della società che fa capo a FS, quasimonopolista del trasporto ferroviario, che
appartiene al medesimo gruppo cui fa capo
Rfi, la Spa che gestisce l’infrastruttura
ferroviaria utilizzata anche dai concorrenti
di Trenitalia. L’altro è rappresentato dai
competitor privati associati in FerCargo.
L’associazione è composta da undici
imprese ferroviarie: Captrain Italia,
Compagnia Ferroviaria Italiana, Crossrail,
Un sospiro di sollievo e una minaccia
Gli operatori privati, però, hanno
appena potuto tirare un grosso sospiro
di sollievo perché l’URSF (Ufficio
Regolamentazione Servizi Ferroviari del
Ministero dei Trasporti) ha accolto i loro
rilievi, bocciando il Piano Informativo
di Rete, cioè la bozza che ridefiniva gli
accordi per l’uso della rete ferroviaria.
Quel piano conteneva della norme
che, se approvate, avrebbero piegato
gli operatori. Fra queste l’obbligo di
mantenere quasi in ogni scalo una
‘locomotiva soccorso’ per i casi di
guasto, un raddoppio delle coperture
assicurative e l’introduzione del concetto
di ‘scalo congestionato’, in base al quale
Trenitalia, a propria discrezione, avrebbe
potuto rifiutare le tracce orarie (cioè
gli slot per l’uso degli scali) agli altri
operatori.
Ma già incombe una minaccia più grave
rispetto alla quale le imprese ferroviarie
hanno presentato ricorso al Consiglio di
Stato. Si tratta del decreto emanato nel
luglio dell’anno scorso in base al quale
160 dei 240 scali merci dell’intera rete
potranno passare da RFI a Trenitalia
(S2S n.43/2009). Cosa farà di quegli
scali Trenitalia? In teoria quel che le
pare. Potrebbe venderli (fanno gola
a molte multinazionali della Grande
Distribuzione
Organizzata)
oppure
semplicemente chiuderli.
GTS Rail, Inrail, Interporto Servizi
Cargo, Linea, Nordcargo, Rail Traction
Company, SBB Cargo Italia e VC Italia.
Tra molte difficoltà la quota di trasporto
merci su rotaia operata da privati è oggi
del 21% e sta crescendo ulteriormente.
Secondo alcune statistiche pubblicate da
Il Sole 24 Ore, nei primi mesi del 2010 i
privati hanno prodotto quasi 4,5 milioni
di treni/km contro i 23 di Trenitalia
Cargo. “I privati lamentano condizioni di
accesso vessatorie, cavilli burocratici e
amministrativi messi apposta per bloccare
la concorrenza” prosegue lo studio. “Da
FerCargo lamentano che le imprese private
non possono far viaggiare i treni con un
solo macchinista, pur avendo dotato i
convogli del Sistema Controllo Marcia
Treni che è una garanzia di sicurezza.
Inoltre in Italia il personale di macchina
non può essere noleggiato da apposite
società come avviene nel resto d’Europa,
ma anzi la patente di ogni macchinista
deve essere in capo all’impresa ferroviaria,
costringendo in caso di assunzioni a
rifare da capo il documento. I costi delle
manovre, infine, cambiano da scalo a scalo
senza apparenti motivazioni”.
Conviene essere ferrovieri FS
“Un ferroviere FS,rispetto ad un normale
‘autoferrotranviere’
guadagna
200
euro in più al mese. In cambio di più
lavoro? No, ma sicuramente di più turni
di riposo”. Bracalini e Mellinin hanno
confrontato le piattaforme sindacali
del contratto nazionale di lavoro degli
autoferrotranvieri (utilizzato da molte
imprese ferroviarie private) con quello
usato da FS (che si chiama AF, Attività
Ferroviarie). L’orario di lavoro del
contratto AF è molto più rigido, in
particolare quello notturno presenta
riposi molto lunghi che comportano un
utilizzo maggiore del personale (pari a tre
volte circa). Poi la questione del riposo
giornaliero, che in AF è molto articolato
e comporta ulteriore utilizzo di personale
per coprire i turni. I ferrotranvieri sono
figure professionali caratterizzate dalla
polifunzionalità, mentre in AF le stesse
posizioni sono molto rigide e addette
a specifiche mansioni, cosa anomala
rispetto al resto d’Europa dove la
polifunzionalità dei macchinisti è una
regola. “Il salario – è scritto in questo
studio - è una voce molto particolare e
molto italiana, perché non è ben chiaro
quale fondamento retributivo abbia
il fatto che, oltre al minimo tabellare
e alla paga base come tutti i CCNL
vigenti, i ferrovieri della FS abbiano
quei circa 200 euro al mese in più, senza
un riscontro produttivo”. In sintesi il
contratto delle AF comporta il 30% dei
costi in più rispetto ad altri contratti, ma
con un’inefficienza maggiore. Questo è
ancora più problematico se considerato
da un’ottica specifica, quella che riguarda
il trasporto merci in Italia.
19
POLITICA DEI TRASPORTI
L’Epifania di Giachino…
Il Sottosegretario ai Trasporti replica alle critiche della nostra
Testata con una missiva datata 6 gennaio nella quale vengono
esplicitate valenze e prerogative del suo famoso Piano
Bisogna dare atto al Sottosegretario ai
Trasporti Mino Giachino di essere un
lavoratore instancabile e uomo di parola.
Così, dopo avere benevolmente ‘tirato
le orecchie’ al Direttore di Ship2Shore,
accusandolo di qualche cattiveria di
troppo nei due ultimi editoriali che
lo riguardavano (S2Sn. 1/2011 e n.
45/2010), ha fatto seguito alla telefonata
di martedì scorso raccogliendo in pieno
la nostra richiesta di non limitare ad una
chiacchierata via cavo con un semplice
giornalista le proprie spiegazioni sulla
validità e sulle prerogative del Piano
Nazionale della Logistica da lui stesso
finalizzato poco prima di Natale, bensì
www.ship2shore.it
di rendere pubbliche, a beneficio di tutti
i Lettori, le osservazioni dell’autore
principale di quel documento di 83 pagine.
Detto subito che noi siamo più che
lieti di poter instaurare con qualunque
stakeholder – politico o imprenditore che
sia – un feedback aperto e trasparente; e
che, neanche a farlo apposta, Giachino
ci abbia consegnato il testo (trovandoci,
ahinoi, in Redazione…sigh!) nella
giornata, ‘festiva’, del 6 gennaio, così
involontariamente offrendoci la sponda
per un altro titolo, in coerenza con quello
precedente, dal sapore ‘natalizio’, di
fatto trasformandosi virtualmente (ma
lo diciamo con tutto il rispetto e con
Lunedì 10 Gennaio 2011
quel pizzico di ironia che da sempre
contraddistingue la nostra linea editoriale)
da Santa Claus a Befana - giustappunto
consegnando il ‘carbone’ alla stampa
‘cattiva’- ecco qui sotto trascritta la missiva
scritta a Ship2Shore dall’Onorevole
piemontese, che sentitamente ringraziamo
per la collaborazione. Lasciamo ai Lettori,
come ovvio, la piena libertà di giudizio ed
opinione, ed a coloro che interverranno
all’incontro annunciato domani a Roma la
possibilità di un confronto in presa diretta
con il Sottosegretario sulla strategicità
dell’attuale Piano della Logistica.
Angelo Scorza
Un Piano per la competitività e la crescita del paese
La stesura delle linee politiche del Piano è stata calcolata da Banca d’Italia in 40
Nazionale della Logistica, approvato dalla miliardi di euro l’anno.
Consulta Nazionale dell’autotrasporto e L’inefficienza logistica, oltre a rendere
della logistica, tiene conto del contributo meno competitiva la nostra economia, ha
della stessa Consulta e
contribuito a rallentare la
di tutti coloro che sono
nostra crescita.
intervenuti nei 55 incontriIl Piano che si basa anche
audizioni svoltisi in tutto
sui lavori del documento
il
territorio
nazionale
approvato dal Cipe nel 2006,
compresi i parlamentari
e colpevolmente messo
intervenuti nel corso delle
nel cassetto dal Governo
audizioni alla Camera e al
precedente, attraverso 51
Senato.
azioni operative emerse
Come noto il Piano e le sue
dall’ampio confronto con
azioni sono state inserite dal
il mondo della logistica
Governo nel Programma
italiana, lavora su due
Nazionale di Riforma
binari paralleli:
Bartolomeo Giachino
approvato dal Consiglio dei
-aumentare del 10% annuo
ministri e inviato all’ Unione Europea.
l’efficienza logistica del Paese a partire
La Logistica per molti dei Paesi che negli dal 2011;
ultimi anni sono cresciuti maggiormente -aumentare i volumi di traffico intercettati
è un importante fattore di competitività e dai nostri porti e aeroporti.
driver di sviluppo. Per l’Italia l’inefficienza Il primo step è quello di recuperare i 2
(o tassa) logistica dovuta alle carenze milioni di contenitori diretti nel nostro
infrastrutturali (congestione del traffico Paese ma che, per le
attorno ai porti e alle grandi aree urbane) e nostre inefficienze, passano attraverso i
ai ritardi nell’organizzazione dei trasporti porti del Nord Europa.
In questo modo il Piano oltre a ridurre
del 10% annuo il costo dell’inefficienza
o tassa logistica (valore 4 miliardi), darà
un contributo aggiuntivo alla crescita del
Paese.
Nel Piano, che verrà implementato dai
Piani regionali, vi sono le indicazioni che
consentono al nostro Paese di diventare
il perno della Grande Area Logistica del
Sud Europa.
Le indicazioni territoriali vanno collegate
con la forte sottolineatura del ruolo
dei porti per acquisire nuovi volumi di
traffico da smistare nei retroporti e negli
interporti. Così come è importante il ruolo
della intermodalità. Alla realizzazione
del Piano dovranno partecipare tutte le
istituzioni della logistica del nostro Paese,
operatori pubblici e privati. Il recupero
di efficienza logistica potrà arrivare solo
dall’impegno di tutti noi.
Dal punto di vista economico gli ultimi
due anni sono stati i più difficili dal
dopoguerra. Abbiamo retto alla crisi
meglio di altri Paesi, ora dobbiamo
lavorare per aumentare la crescita. La
logistica può dare un contributo forte
all’aumento di competitività del Paese.
il Piano, nell’attesa che si realizzino
le grandi infrastrutture di trasporto
(Tav,Terzo Valico, Brennero, Napoli Bari, eccetera), è lo strumento migliore
per lavorare tutti insieme al salto di qualità
della logistica italiana, alla sua crescita e
alla crescita del Paese.
Nell’incontro di martedì 11 gennaio (sala
CISL di via Rieti 14, Roma) presenteremo
il Piano e lo approfondiremo con
interventi autorevoli del mondo della
logistica e, attraverso un questionario,
individueremo le priorità da affrontare
nei prossimi mesi, oltre a chiedere la
disponibilità a partecipare ai gruppi di
lavoro che verranno costituiti per portare
avanti le azioni. Tutti saranno coinvolti
e tutti dovranno sentirsi coinvolti in
questo lungo lavoro che deve puntare a
migliorare l’efficienza logistica del Paese
di 10 punti l’anno e a recuperare nuovi
volumi di traffico che oggi perdiamo a
favore dei porti e della logistica del Nord
Europa.
Bartolomeo Giachino
Un appunto
sulle ferrovie
La stesura definitiva delle linee
politiche per il Piano Nazionale
della Logistica, resa pubblica il
23 dicembre - ‘sotto vacanza’ con una scelta di tempo molto
‘italiana’, reca qualche sorpresina
non proprio gradevole per il
settore ferrovia. Mentre nella
bozza di novembre erano presenti
alcuni passaggi evidentemente
critici nei confronti delle politiche
del Gruppo FS, nella versione
definitiva queste ‘accuse’ sono state
eliminate ovvero molto edulcorate
e generalizzate. Anche se qualche
modifica può essere letta come
un maggior coinvolgimento degli
operatori privati nel processo
decisionale, nel complesso pare
essere un passo indietro riguardo
ad una presa di posizione più netta
da parte del mondo politico.
Infatti nella bozza la questione
della separazione societaria di RFI
dal Gruppo FS veniva riconosciuta
come ovvia. Ma nella stesura finale
questa fondamentale questione è
stata subordinata alla “attesa delle
decisioni comunitarie relative”. Si
rinnova la sensazione che questo
atto necessario verrà intrapreso
solo a fronte di un obbligo esterno;
la linea di apertura che era riuscita
a passare nella bozza del Piano,
grazie al contributo di studiosi
esterni come il prof. Andrea Boitani,
è stata nuovamente bloccata dalla
visione ‘FS-centrica’, che pesa
sulla politica italiana nonostante
tutto…
Fulvio Quattroccolo
www.ship2shore.it
20
CANTIERI
Lunedì 10 Gennaio 2011
Scende in acqua la ‘montagna’ Velebit
Risolte le incertezze contrattuali per la nave di Uljanik Plovidba, varata in pompa magna
per Tankerska Plovidba la seconda delle ‘navi della salvezza’ al cantiere croato 3. Maj
Rijeka (Croazia) – Significativo
schieramento di autorità, a partire dal capo
del governo croato Jadranka Kosor, per il
varo della seconda ‘nave della salvezza’ al
cantiere croato 3. Maj.
Un parterre di grande lustro, tanto più
che nessun rappresentante del governo
centrale aveva presenziato al varo della
prima nave, la Pomer per Uljanik Plovidba
(S2S n. 28/2010), nonostante fosse stato
proprio Zagabria, a suo tempo, ad aver
‘convinto’ Tankerska e Uljanik Plovidba
a ordinare ciascuna due tanker presso il 3.
Maj (S2S n. 4/2009).
La ragione di fondo, sebbene ovviamente
nessuna parte in causa l’avesse
confermata, era che molti dettagli dello
schema allora congegnato e tenuto ancora
adesso gelosamente segreto, si prestavano
a interpretazioni non univoche, in
particolare per quanto riguardava i termini
di pagamento.
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Di fatto, come avevamo rimarcato, già al
momento del varo della Pomer, Dragutin
Pavletić – amministratore delegato della
polesana Uljanik Plovidba, nonché
secondo maggior azionista con il 6,1%
– aveva lasciato intendere che c’erano
alcuni nodi ancora da dirimere.
Il contratto di San Valentino (così detto
perché formalizzato in tale data) era stato
fortemente voluto dall’allora premier
Ivo Sanader, ora in cella a Salisburgo
con una richiesta di estradizione croata
e un’inchiesta austriaca pendenti. Tra le
clausole note per le 4 tanker gemelle vi
è che le due committenti non avrebbero
anticipato neanche un dollaro fino alla
consegna delle navi e che il prezzo
sarebbe stato quello di mercato in quel
momento (ora sui 38,5 milioni di dollari).
Secondo alcune fonti vicine al 3. Maj, a
quel punto l’armatore avrebbe dovuto
versare il 60% dell’importo di tasca sua,
mentre per il resto lo Stato sarebbe corso
in aiuto e lo stesso cantiere avrebbero
accordato condizioni vantaggiose di
pagamento rateale.
Fonti vicine a Uljanik Plovidba, riferivano
invece che l’amatore di Pola avrebbe
offerto ‘benevolmente’ 23 milioni di
dollari, mentre l’importo restante sarebbe
stato pagato in un periodo tra 7 e i 10
anni, aggiungendo però che il contratto
concederebbe al committente di ritirare
la nave per un solo dollaro e pagare tutto
l’ammontare in rate decennali.
Sebbene da quanto sopra descritto le due
posizioni non apparissero così distanti, le
divergenze erano evidentemente molto
più profonde: da una parte il 3. Maj non
voleva costituire un precedente per le
altre 3 navi, dall’altra Uljanik Plovidba
La ‘montagna’ galleggia…
minacciava di ricorrere all’arbitrato a
Londra, eventualità quest’ultima non
solo sommamente spiacevole sul piano
dell’immagine, ma altresì costosissima
(dai 500 ai 700 milioni di euro per parte,
secondo le stime del cantiere).
Lo stallo aveva comportato, oltre che
l’ovvio rinvio della consegna della
Pomer, anche quello sine die del varo
della seconda nave, inizialmente previsto
a ottobre.
Alla fine, dopo aver nicchiato, il governo
recepì che non poteva chiamarsi fuori –
la stessa Kosor era vicepresidente del
Consiglio al momento della stipula – e
lo scorso dicembre convocò le parti
raggiungendo, o magari imponendo, un
accordo i cui contenuti non sono stati resi
pubblici, ma che ha consentito sia il varo
della Velebit che la posa della chiglia per
la gemella Newbuilding 713, destinata
a Uljanik Plovidba, sotto gli occhi non
esattamente entusiasti di Pavletić.
Molto più entusiasta è apparsa invece la
premier, nell’occasione anche madrina,
che ha battezzato la nave Velebit, nome
del massiccio montuoso che domina la
Dalmazia, e significativamente ricordato
il capitolo 8 per l’accesso alla UE
(quello che include privatizzazioni e
ristrutturazioni).
Altrettanto soddisfatto il cap. Mustać il
quale, ricordando come da molto tempo
Tankerska non ordinasse navi in Croazia,
si è augurato con toni calorosi che la
ristabilita collaborazione con il cantiere
possa proseguire anche dopo le due ‘navi
della salvezza’ a lui destinate.
La Velebit è un tanker IMO II a doppio
scafo di 51.800 dwt per petrolio, derivati
e prodotti chimici con loa 195,21
metri e pescaggio di 12,50, con doppia
certificazione (Det Norske Veritas e
Croatian Register of Shipping), la cui
consegna è prevista per la primavera
prossima.
Mauro A. Bogdanović
www.ship2shore.it
21
EVENTI
Lunedì 10 Gennaio 2011
SPEDIZIONIERI
Montanari profeta in patria La comunità portuale ligure in visita ai colleghi indiani
L’armatore-filantropo eletto cittadino Fanese dell’anno 2010
Brividi di soddisfazione,
questa volta – dopo
quelli di tensione legata
al
sequestro,
sotto
Natale, della petroliera
Valle di Cordoba (S2S n.
1/2011), poi conclusosi
con un lieto fine – per.
L’armatore marchigiano,
notoriamente schivo e
che non ama certo le luci
della ribalta mediatica,
non ha tuttavia potuto
sottrarsi al benevolo
abbraccio della propria
cittadina – sindaco ed
assessore alla cultura in testa – quando
recentemente è stato eletto ‘Fanese
dell’anno 2010’, con una prestigiosa
motivazione: “per aver donato alla
città di Fano, senza nulla pretendere
in cambio, una struttura di altissimo
livello come la Me-Mo Mediateca, tra
le più belle e funzionali delle Marche,
dimostrando di avere profondamente
a cuore il futuro culturale delle nuove
generazioni di fanesi”.
Il presidente ed amministratore delegato
(nonché, ovviamente, azionista) della
società Navigazione Montanari Spa, nato
a Fano nel 1941, dopo aver trascorso
un periodo di formazione a Londra,
è entrato nell’azienda di famiglia nel
1965.
La società risale all’impresa familiare
fondata
dal
Capitano
Giovanni
Montanari nel 1889, al quale succede,
dopo la prima guerra mondiale, Arturo
Montanari sotto la cui guida la società
conquista una posizione di rilievo
Corrado Arturo Montanari
negli anni Venti e Trenta. Nel secondo
dopoguerra le redini dell’azienda
passano in mano a Gianetto Montanari,
affiancato dai fratelli Attilio e Alberto.
Nel decennio successivo la società si
consolida con la presidenza di Attilio
Montanari. La fase odierna è forse
quella di maggiore espansione, anche a
seguito dell’acquisizione nel 1997 della
Navigazione Alta Italia S.p.A. di Genova,
fondata nel 1906 e quotata in Borsa fin
dal 1932. L’attuale società nasce infatti
nel 1999 come Navigazione Alta Italia
S.p.A., per cambiare quasi subito la
propria denominazione a seguito del
conferimento dell’attività della G. &
A. Montanari & Co S.p.A., che rimane
come holding finanziaria e principale
azionista. La Navigazione Montanari
svolge l’attività prevalente nel settore
dei trasporti dei prodotti petroliferi e
petrolchimici con una flotta di 30 navi
moderne e 400 addetti, realizzando un
fatturato di 120 milioni di euro.
Conclusa la missione economica partecipata anche da Spediporto e Ligurian Ports
Sono rientrati con una ricca lista di
contatti e di ‘promesse’ da pochi giorni
i componenti della delegazione della
comunità portuale ligure che ha visitato
il porto di Nhava Sheva a Mumbai per
consolidare i rapporti di collaborazione
avviati nel 2009 dalla missione Governo
– Regioni sui temi della portualità e
della logistica.
Nell’ambito della missione del dicembre
2009, il presidente dell’Autorità
Portuale genovese Luigi Merlo, allora
anche presidente dell’associazione
dei porti liguri, incontrò il Ministro
indiano dello shipping per avviare una
partnership tra i porti indiani e i porti
liguri. La delegazione, in rappresentanza
di ICE, Regione Liguria, Liguria
International, Spediporto e Ligurian
Ports, ha presentato al CEMAT, la
fiera internazionale della logistica di
Mumbai, tutte le potenzialità della
regione Liguria e in particolar modo del
suo sistema portuale come porta naturale
del mercato indiano. L’occasione è stata
favorevole anche per incontrare le
associazioni degli Spedizionieri indiani
e l’associazione dei Custom Broker di
Mumbai che conta più di 1.500 associati.
È importante sottolineare che il numero
di container in import dall’India al
sistema dei porti liguri è raddoppiato
nel giro di un anno e che i dati parziali
di traffico 2010 evidenziano che il dato
2009 è già ampiamente superato e che
gli scambi commerciali fra i due paesi
raggiungeranno presto i 10 miliardi di
dollari.
Luca Elio Spallarossa (vicepresidente
di Spediporto) e Giovanni Caprino
(port promotion manager dell’Autorità
Luca Elio Spallarossa e Giovanni Caprino
Portuale di Genova e di Ligurian Ports)
hanno vistato la sede della Bombay
Custom House Agents’ Association
(BCHAA) con l’intento di promuovere
opportunità di business tra gli
spedizionieri indiani e quelli italiani.
La presentazione esposta da Spallarossa
si è concentrata sulle potenzialità di
una reciproca collaborazione fra gli
operatori delle due nazioni, focalizzando
l’attenzione sugli obiettivi comuni in
tema di sviluppo della piattaforma EDI,
training e ‘internazionalizzazione’ delle
aziende e delle associazioni di categoria.
Il vicepresidente di Spediporto ha
auspicato per il futuro una creazione di
rapporti ancora più stretti con la Bombay
Custom House Agents’ Association,
ricambiando l’invito a visitare la
comunità degli spedizionieri italiani e le
aziende nostrane in cerca di opportunità
di business.
N.C.
www.ship2shore.it
22
CROCIERE
Lunedì 10 Gennaio 2011
Al termometro di Internet sale la febbre da crociera
Analisi della popolarità delle compagnie in Italia sul web tramite Google
Il brand marketing e la brand popolarity
stanno
diventando
un
elemento
decisivo per le strategie di marketing
di ogni azienda; il sito specializzato
Meetingpointcruises.it
ha
compiuto
un´analisi sulle tendenze di ricerca del
comparto crocieristico italiano.
Nelle posizioni di testa delle ricerche in
Google per l´annata 2010 Costa Crociere
si pone, con ampio margine, come la
compagnia di crociere più ricercata
e popolare d´Italia, seguita da MSC
Crociere. L´annata da poco terminata si
é caratterizzata per un’ottima partenza
del settore crocieristico, con un numero
sin da subito elevato di ricerche in
Google, fino al picco dei primi di Agosto.
Differentemente dal 2009, non si assiste
a un crollo d’interesse da settembre, ma
piuttosto a una decrescita lineare fino
ad arrivare a livelli di ricerca davvero
pessimi per novembre e dicembre.
Nel corso dell’anno MSC Crociere é
riuscita a guadagnare terreno rispetto
alla rivale storica Costa Crociera anche
se il distacco di popolarità rimane ancora
rilevante attestandosi mediamente al 27%
con la maggiore differenza (intorno ai
quaranta punti percentuali) registrata però
proprio nel periodo di picco massimo
delle ricerche.
Significativo appare tuttavia che il termine
“MSC Crociere Magnifica” abbia segnato
una crescita del 700% così come che da
novembre si sia registrato un sempre
crescente interesse per la futura nuova
nave della compagnia “MSC Divina”.
Per la stringa “Costa Deliziosa” la crescita
è del 450%.
Sul terzo gradino del podio si piazza
nettamente ma, fortemente distanziata
dalle due compagnie “italiane”, Royal
Caribbean International mentre in quarta
posizione si trova Norwegian Cruise
Line (NCL), che occupava solo la
settima posizione nel 2009, un aumento
di popolarità frutto del posizionamento
stabile di una nave, Norwegian Jade, nel
Mediterraneo.
Quinto e sesto posto per Carnival Cruise
Line (stabile rispetto al 2009) e Princess
Cruises (in calo dalla quarta posizione).
Hurtigruten perde posizioni piazzandosi
settima, ma registrando picchi di ricerca
massimi (soprattutto inizio luglio e metà
agosto) superiori alle tre compagnie
precedenti. Seguono Louis Cruises,
Cunard Line e Celebrity Cruises.
Alcune navi da crociera nel porto di Nssau
A livello mondiale si assiste, per la prima
volta, al sorpasso da parte di MSC di
Costa in volume di ricerche effettuate
dagli internauti.
MSC e Costa über alles
Le compagnie italiane registrano ottimi
risultati anche in Germania, uno dei
mercati cruciali per il comparto. Uno
studio della rivista germanica FVW,
infatti, non solo evidenzia che Costa
é la quarta compagnia di Crociere più
conosciuta nel paese teutonico, ma
soprattutto designa la controllata di Costa,
AIDA Cruises, come la più amata dai
tedeschi.
In seconda posizione si trovano Hapag
Lloyd e TUI Cruises. MSC Crociere è
invece quinta, mentre i colossi americani
Royal Caribbean, Carnival Cruise Line
e Norwegian Cruise Line si piazzano
rispettivamente al nono, tredicesimo
e diciassettesimo posto. Elemento in
netto contrasto con il mercato italiano la
presenza di compagnie di crociere fluviali
come A-rosa e Viking River Cruises.
Fabio Plebani
Costa Victoria e MSC Lirica a Kiel
Crociere ai Caraibi: aumentano le compagnie
americane, diminuiscono le europee
Con il 37% delle preferenze i Caraibi
sono la meta più desiderata e più visitata
dai crocieristi di tutto il mondo (nel
2006 tale preferenza era però al 46,7%)
e il numero dei passeggeri che toccano
le terre caraibiche aumenta ogni anno
parallelamente all´aumento del numero
dei crocieristi.
Se nel 1999 erano 13,1 milioni i
passeggeri in visita ai Caraibi, nel 2009
si é toccata la cifra record di 18,3 milioni,
concentrati per lo più fra dicembre (dopo
la stagione degli uragani) e aprile (prima
del caldo tropicale).
In Europa però, causa il lungo volo
necessario per raggiungere le isole,
tale meta rimane tra le meno richieste.
Il 57% dei passeggeri europei sceglie
come propria meta il Mediterraneo o le
isole atlantiche più vicine, il 20% il Mar
Baltico o quello del Nord e la restante
parte si dissemina per il mondo. La parte
del leone viene ovviamente giocata dagli
americani.
Viene inoltre stimato che il 10% della
crescita che si verificherà quest´anno sarà
appannaggio di Carnival Cruise Line,
che posizionerà nel primo quadrimestre
addirittura il 50% della propria
flotta sui Caraibi, per poi scendere
progressivamente nel corso dell’anno.
Buoni risultati anche per Royal Caribbean
e la controllata Celebrity Cruises.
Per quanto riguarda le europee, a fronte
di un lieve aumento di capacità da parte
di AIDA Cruise si registrerà un’ulteriore
lieve diminuzione da parte di MSC, che
sta puntando su altre destinazioni.
F.P.
www.ship2shore.it
23
INTERMODALE
L’intermodale in dura lega premia
Recentemente (S2S n.46/2010) la messa a
punto delle proprie casse mobili usate nel
trasporto di prodotti siderurgici, cui sono
state adattate con particolari specifiche a
seconda che si tratti di coils, tubi, lamiere,
laminati mercantili, trafilati, metalli non
ferrosi, è valsa addirittura un premio,
assegnato nell’ambito del ‘Mercintreno
2010’ organizzato da Federmobilità, a
TIPES.
E del resto il nome stesso dell’azienda di
Olgiate Molgora (Lecco) non è altro che
ad ampliare tanto il parco veicolare – fra
casse mobili, automezzi speciali, mezzi di
sollevamento, carrelli elevatori e autogru
si superano i 900 mezzi di proprietà, cui
si aggiungeranno presto 20 semirimorchi
intermodali di prossima consegna – che
quello autisti. Senza dimenticare gli
investimenti immobiliari in piazzali e
nuovi uffici”.
Evidente, da quel che si è detto finora,
che la specialità della casa è il trasporto
intermodale di prodotti siderurgici: “Anche
ci appoggiamo sia a fornitori storici quali
Hupac o Cemat che a operatori più piccoli
e specializzati su alcune particolari tratte,
affacciatisi di recente sul mercato grazie
alla (ancora molto parziale) apertura del
mercato a soggetti terzi”.
Considerazione,
quest’ultima
sulla
liberalizzazione del mercato ferroviario,
che porta l’imprenditore ad esprimersi
su altre criticità del settore: “Il problema
maggiore è la disomogeneità tra le
regolamentazioni, sia a livello nazionale
tra strada e intermodale, sia in relazione
agli altri paesi europei. Si pensi ad esempio
agli aspetti assicurativi, alle norme sul
peso ammesso a terra, alle specifiche di
costruzione e omologazione dei mezzi
di trasporto, ai costi spropositati dei
servizi terminalistici, alle eccessive
l’acronimo di Tecnologia, Innovazione,
Precisione, Esperienza, Sicurezza, come
spiega il responsabile commerciale
Alessandro Lupieri.
TIPES infatti ha fatto della specializzazione
e della dotazione tecnica i principali
atout della propria strategia di mercato,
riuscendo, dalla fondazione nel 1975, a
crescere e ad affermarsi a livello nazionale
ed europeo. Caratteristiche che non sono
venute meno neppure in un’annata difficile
come il 2010: “L’anno dovrebbe chiudersi
con circa 30.000 spedizioni per un totale
di un milione di tonnellate movimentate”
prosegue il titolare Angelo Panzeri. “E
malgrado ciò significhi che il fatturato
raggiungerà circa l’80% di quello degli
anni precedenti e che i profitti saranno
certamente in calo, non abbiamo rinunciato
se stiamo aumentando sempre di più la
differenziazione su altri mercati e prodotti
il comparto rappresenta il 65% della nostra
clientela, fra cui ci sono tutti i maggiori
produttori di acciaio europei, tanto che
nell’ambito dei trasporti nazionali e
internazionali di acciaio da e per l’Italia
possiamo definirci leader del mercato grazie
alla varietà delle soluzioni che possiamo
offrire: dal trasporto di grossi quantitativi
su lunghe distanze alla logistica di piccole
partite in ambito locale, dal traffico
nazionale di corto e medio raggio al traffico
europeo ed extraeuropeo stradale, anche
con servizi dedicati (ad esempio doppi
equipaggi), al traffico intermodale da e per
tutta Europa. Infatti siamo attrezzati per
servire via gomma tutto il continente. Per
quel che riguarda il trasporto intermodale
pratiche burocratiche, alle infrastrutture
insufficienti”.
Difficoltà che tuttavia non minano
l’ottimismo di TIPES, società posseduta
per intero dalla famiglia Panzeri, che nella
conduzione famigliare al fianco di uno
staff qualificato vede il modo migliore per
ottenere rapidità e flessibilità delle decisioni
strategiche. “Il mercato, soprattutto quello
dell’acciaio, sconta ancora un andamento
molto altalenante, anche se la situazione è
sicuramente migliorata rispetto agli ultimi
mesi, pur dovendo tener conto del recente
e deciso aumento di tutti i costi legati
alla filiera del trasporto. L’obiettivo 2011
è comunque quello di portare a profitto i
nuovi investimenti, sia in termini di volumi
movimentati che di margini operativi”
conclude Lupieri.
www.studiopagina.it
L’altro grado di specializzazione tecnica nel trasporto intermodale
di prodotti siderurgici è per la lecchese TIPES garanzia di successo
Lunedì 10 Gennaio 2011
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24
PROJECT CARGO
Lunedì 10 Gennaio 2011
Buona anche la terza per Fagioli
Portato a termine con successo a Chioggia un nuovo imbarco di reattori Belleli
Proseguono con successo le spedizioni dei
reattori prodotti dalla Belleli Energy di
Mantova e diretti in Kuwait.
La società emiliana Fagioli, azienda leader
in Italia nel trasporto e sollevamento di
carichi eccezionali per peso e dimensioni,
ha appena effettuato il trasporto, il
sollevamento e il trasbordo del terzo di
quattro carichi extra-large presso il porto
di Chioggia. Il peso di ciascun reattore è di
circa 950 tonnellate. Nello scalo portuale
veneto, per questo sollevamento dei
reattori dalla chiatta Ticino e successivo
posizionamento su pontone marittimo,
è stata assemblata una struttura di
sollevamento a portale ad hoc. Questa
struttura è composta da quattro torri di
sollevamento (tower lift), martinetti e due
travi usate per il sistema di sollevamento
cosiddetto ad ascensore (elevator system),
utilizzato brillantemente anche in Spagna
per la movimentazione verticale di moduli
pesanti fino a 4.800 tonnellate e a Palermo
per una torre di trivellazione dal peso di
2.400 tonnellate (S2S n.11-2009).
Ogni spedizione dei reattori realizzati
Convoglio di 37 metri dal terminal
Soteco alla stiva della Jolly Bianco
da Belleli si articola nel seguente modo:
arrivo della chiatta fluviale Ticono con
un reattore alla volta, presa in carico del
pezzo da parte della gru a cavalletto,
allontanamento della chiatta fluviale,
posizionamento della chiatta oceanica
Mak e posizionamento finale dei reattori su
quest’ultima. In pratica un vero e proprio
‘trasbordo sospeso’ di un carico da quasi
1.000 tonnellate.
Ma se il 2011 per Fagioli si apre con
prestazioni da record, non da meno è
stato il 2010, che si è concluso con il varo
presso le strutture Fincantieri di Muggiano
(La Spezia) della nave Rossita che verrà
impiegata per il trasporto di materiali
radioattivi derivanti dallo smantellamento
dei sommergibili nucleari russi. In
questo lavoro l’azienda emiliana, grazie
all’ausilio di 100 axel lines autopropulse,
ha curato le operazioni di carico e trasporto
orizzontale della nuova costruzione, che è
stata caricata su un pontone galleggiante
per poi essere varata in mare.
La nave – del valore di circa 70 milioni
di euro – verrà utilizzata dalla società
russa Atomflot, che fa capo all’Ente
per l’energia atomica della Federazione
Russa “Rosatom”, per trasportare il
combustibile irraggiato dai diversi siti
Trentasette metri di lunghezza e 88
tonnellate di peso: sono queste le
dimensioni del convoglio ferroviario
imbarcato nel porto di Napoli sulla nave
ro-ro Jolly Bianco della compagnia
di navigazione genovese Ignazio
Messina. Si tratta della prima delle 22
carrozze ferroviarie realizzate de Ansaldo
Breda e destinate alla metropolitana di
Riyadh (Arabia Saudita). Costruito dalle
Officine Ansaldo di Napoli, giunto in porto
tramite un rimorchio speciale della ditta
Nucera S.r.l., azienda specializzata nel
del Nord-Ovest della Russia (Penisola di
Kola e Mar Bianco) al porto di Murmansk
e i rifiuti radioattivi condizionati al sito di
stoccaggio interinale di Sayda Bay.
Rossita, che sarà consegnata nella
primavera del 2011, è frutto di un progetto
all’avanguardia che conferma il know how
di Fincantieri nella realizzazione di navi
speciali ad alto contenuto tecnologico.
Ne sono un concreto esempio la
duplicazione degli impianti all’interno
delle stive di carico in modo che
trasporto di mezzi ferroviari, il carico
eccezionale movimentato presso il
Terminal Soteco di Napoli è destinato
al porto saudita di Jeddah, da dove
proseguirà verso la capitale Riyadh.
Il gruppo Ignazio Messina vanta
un’esperienza
consolidata
nella
spedizione di carichi eccezionali grazie
alla sua ampia flotta di navi ro-ro e si
conferma ancora una volta un partner di
primo piano nell’ambito di spedizioni
di impiantistica, cantieristica, mezzi
speciali in genere oltre che di contenitori.
siano autonomi e separati dal resto
dell’impiantistica, la presenza di due
locali di propulsione separati tramite una
paratia stagna longitudinale, l’adozione
di un doppio scafo nella zona destinata al
trasporto del carico. Inoltre, lo schermo di
protezione delle stive ed il relativo sistema
di monitoraggio di tutta l’area interessata
al trasporto del carico sono stati progettati
nel rispetto delle più stringenti normative
in materia di sicurezza nucleare.
N.C.
www.ship2shore.it
25
COME ERAVAMO
Lunedì 10 Gennaio 2011
Breve storia dell’hi-speed
A cura dell’esperto Farinetti, ex-manager di Fincantieri,
un ampio excursus sulla velocità commerciale in mare
L’Ing. Vincenzo (per tutti Enzo) Farinetti,
ex dirigente di Fincantieri, per lunghi
anni responsabile del business navi veloci
presso la conglomerata di stato, ha messo
fondo alla propria memoria e competenza
per redigere un interessante e preciso
excursus storico sulle diverse esperienze
di navi ad alta velocità commerciale.
Un argomento che, pur essendo di storia
recente, oggi sembra invece preistoria,
vista la triste vicenda che affligge quattro
delle imbarcazioni più rinomate dell’epoca
quali i traghetti monoscafo Aries, Taurus,
Capricorn e Scorpio, realizzati negli
stabilimenti liguri di Fincatieri per conto
di Tirrenia, attualmente inutilizzati e
melanconicamente ‘sballottati’ da una
banchina all’altra nei porti italiani, in
attesa di un improbabile compratore –
invero le navi sembrano ancora in discreta
efficienza – ma più verosimilmente, in
un’era di caro-bunker penalizzante,
destinate alla tragica demolizione…
L’alta velocità commerciale in mare
(prima parte)
Parlare oggi di alta velocità commerciale in
mare, 35 nodi e più di velocità di servizio,
è un po’ come parlare di missioni Apollo
per la Luna o di Concorde: la tecnologia
propulsiva più avanzata ridotta ad
‘archeologia industriale’ dall’esorbitante
costo dei combustibili, ma forse,
ammettiamolo, c’era, e c’è, ancora molto
da fare sul piano dell’efficienza tout-court,
e quindi può esserci ancora speranza per
il futuro.
Ma veniamo all’oggi, o meglio, all’altro
ieri.
Gli sforzi tesi al raggiungimento di
velocità sempre maggiori non sono nuovi:
basti pensare ai clipper del diciannovesimo
secolo.
All’inizio, la propulsione meccanica con
mototrici a vapore alternative e ruote a
pale permise soltanto di rendere le navi
indipendenti dal vento, non di aumentare
la velocità.
Infatti, il primo record di attraversata
atlantica con nave a propulsione meccanica
fu quella del paddler in legno ‘Sirius’ che il
22 Aprile 1838 arrivò a New York da Cork
in 18 giorni 14 ore e 22 minuti, alla media
di 8,03 nodi. Il giorno dopo(!!!) il Great
Western arrivò, sempre a New York, dopo
una traversata alla media di 8,66 nodi.
Sette anni dopo, nel 1845, comparve la
‘Great Britain’, prima nave di ferro e con
propulsione a singola elica ad attraversare
l’Atlantico, ma ad una media inferiore ai
10 nodi, che erano già stati superati due
anni prima, sempre dal paddler ‘Great
Western’, nel 1843, con 10,03.
Per arrivare a 20 nodi di media furono
necessari oltre 40 anni, infatti solo nel
1889 il ‘City of Paris’, realizzò 20,01.
Un considerevole balzo in avanti si ebbe
poi con la combinazione turbina a vapore
- elica e per un lungo periodo non accadde
più nulla di veramente nuovo in termini di
velocità.
La storia delle più veloci traversate
dell’Oceano Atlantico è estremamente
significativa:
nel 1907 il ‘Mauritania’ compì il viaggio
ad una velocità media di 26 nodi;
lentamente la velocità aumentò e nel 1936
la ‘Queen Mary’ superò i 30 nodi di media,
all’inizio degli anni Cinquanta la USS
‘United States’ batté il primato precedente
con una velocità media di 35,5 nodi, meno
di 10 nodi in più rispetto a quarant’anni
prima, e la ‘United States’ era una sorta di
nave militare;
si dovettero poi attendere quasi altri
quarant’anni per vedere, nel 1990,
l’’Hoverspeed Great Britain’ conquistare
l’Hales Trophy con una velocità media
prossima ai 37 nodi, meno di due nodi in
più;
improvvisamente due anni dopo, nel 1992,
un vero passo avanti: Destriero effettuò la
traversata ad una velocità media di oltre
53 nodi, oltre 16 nodi in più rispetto al
record precedente, raggiungendo velocità
di punta di 67 nodi, ma non le fu assegnato
lo Hales Trophy.
Quello che non era stato possibile in
ottant’anni, divenne realtà in due.
Quale evento rivoluzionario aveva
provocato il “miracolo”?
Si trattava di una nuova combinazione:
turbine a gas e idrogetti, per
non menzionare altri aspetti, pur
concettualmente non innovativi, come
forme di carena a V profonda e strutture
in lega d’alluminio. Sebbene non fosse
una vera nave commerciale, Destriero
era comunque un perfetto banco di prova
per le nuove tecnologie, alle quali si farà
cenno più avanti.
Dopo ‘Hoverspeed Great Britain’, lo Hales
Trophy passò di mano altre due volte,
entrambe nel 1998 ad opera, anche in
questi casi, di catamarani di Incat:
il 9 giugno 1998 il ‘Catalonia’ di Buquebus
registrò una velocità media eastbound di
38,9 nodi;
il mese successivo, il 20 luglio 1998
il ‘Cat-Link V’ di Fjord Line compì la
traversa alla media di 41,3 nodi.
Le traversate vennero compiute senza
passeggeri a bordo, durante i viaggi di
segue a pag.26
www.ship2shore.it
26
Lunedì 10 Gennaio 2011
segue da pag.25
posizionamento in Europa. Le due navi
erano molto simili, entrambe catamarani
di 91 metri, ma con diverse propulsioni:
nel primo caso Caterpillar, nel secondo
caso Ruston.
Ma vediamo di mettere un po’ d’ordine tra
le varie terminologie di record e trofei per
la traversata dell’Atlantico:
Record di velocità di traversata
atlantica: si riferisce alla velocità media di
traversata non-stop eastbound o westbound
di una nave;
‘Nastro Azzurro’ (Blue Riband): è
un riconoscimento ufficioso per la più
veloce traversata atlantica da parte di
un transatlantico passeggeri. Il termine
fu preso a prestito dal mondo delle
corse ippiche e fu ampiamente usato
solo dopo il 1910. Secondo regole non
scritte, il record è riferito ad una media
di velocità, piuttosto che a un tempo di
traversata, perché le navi percorrono
rotte diverse. Tradizionalmente, però, può
fregiarsi del ‘Blue Riband’ la nave che
batte il record westbound, cioè contro le
Corrente del Golfo ed i fronti di instabilità
metereologica, anche se altri sostengono
che debbano essere battute entrambe le
medie, eastbound e westbound, nel corso
dello stesso viaggio. Comunque il nostro
‘Rex’ conquistò il ‘Blue Riband’ nel 1933,
con la velocità media di 28,92 nodi nella
traversata westbound da Gibilterra a New
York (Ambose Lighthouse).
‘Hales Trophy’: fu istituito nel 1935 dal
politico ed armatore inglese Harold K.
Hales, che donò l’impressionante trofeo
realizzato dalla James Dixon & Sons
di Sheffield, per mettere ordine nella
materia. Le regole dell’Hales Trophy
sono però diverse da quelle non scritte
del ‘Blue Riband’. Lo Hales Trophy può
essere assegnato a qualsiasi tipo di nave
commerciale per il record di traversata in
qualsiasi direzione.
Questa è la ragione per la quale nel 1990
lo ‘Hoverspeed Great Britain’ ebbe lo
Hales Trophy, ma non il Blue Riband, che
è tuttora detenuto dallo ‘United States’, e
il ‘Destriero’, che segnò l’indubbio record
di traversata atlantica, non poté fregiarsi
dell’Hales Trophy, perché i Trustees
del Trophy non la ritennero ‘una nave
commerciale’.
Vediamo allora cosa è successo alle ‘navi
commerciali’ veloci, come e perché sono
nate e su quale fondamento normativo;
ancor’oggi, infatti, ai fast ferries rimasti
non si applica la normativa Solas ‘classica’.
Negli anni Sessanta, il trasporto veloce
di passeggeri fece la sua comparsa
in foggia di aliscafi surface piercing
(fondamentalmente
gli
aliscafi
di
Rodriquez e i Kometa russi) e mezzi a
cuscino d’aria (hovercraft), che adottavano
idee concepite durante il secondo conflitto
mondiale. Queste navi, che potrebbero
essere definite “i traghetti veloci della
prima generazione”, introdussero velocità
superiori a 30 nodi (molto di più nel caso
degli hovercraft), ma su rotte brevi e
con una portata lorda di alcune decine di
tonnellate, e come tali adatte al trasporto di
soli passeggeri.
Verso la fine degli anni Settanta, tramite
la sua Risoluzione A.373 (X) “Code of
Safety for Dynamically Supported Craft”,
IMO stabilì una base normativa tale da
consentire lo sviluppo pratico dell’idea del
trasporto veloce per mare. La portata lorda
possibile passò nel campo dei valori a tre
cifre, fornendo ai traghetti veloci una reale
dignità a livello industriale. Era infatti
possibile trasportare fino a 450 passeggeri
e l’imbarco di autoveicoli.
Nel 1996 venne emanata una nuova
normativa (lo HSC Code, poi emendato
nel 2000) secondo la quale, a patto
che siano osservati criteri di sicurezza
alquanto severi, non c’è limite al numero
di passeggeri e veicoli trasportabili.
Si è già detto qualcosa del ‘Hoverspeed
Great Britain’, ma che cos’era?
Era, ed è, un catamarano wave-piercing
in alluminio con quattro motori Diesel
Ruston ed idrogetti Riva Calzoni, nato
dalle fervide menti di Robert Clifford e
Phil Hercus in quel dell’Australia, idea
nella quale ha fermamente creduto James
Sherwood di Sea Containers, che, nel
1990, ha così dato vita alla purtroppo breve
epopea dei ‘fast ferries’. Questa nave di 74
metri poteva trasportare 450 passeggeri
e una ottantina di automobili, con una
velocità commerciale intorno ai 35 nodi.
Mentre in Australia si proseguiva nello
sviluppo dei catamarani, wave-piercing
e non, infatti in quegli anni si affacciava
segue a pag.27
Un monoscafo in costruzione al cantiere Rodriquez
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27
segue da pag.26
sul mercato anche Austal, l’altro grande
costruttore australiano, in Europa si
credeva nel monoscafo, piuttosto che nel
multiscafo.
Nacquero così in Italia nel 1993-94 i fast
ferries di Rodriquez ‘Guizzo’ e ‘Scatto’
per Tirrenia appartenenti alla famiglia
L’australiano (della Tasmania) Bob Clifford,
‘inventore’ di INCAT, posa di fronte al Blue
Riband, conquistato nel 1990 da una delle
barche da lui progettate
“Aquastrada”, con propulsione mista
Diesel e turbina a gas; mentre nel 1996
entrava in servizio, con i colori di Stena
Lines, il primo fast ferry Fincantieri, il
‘Pegasus One’, con propulsione Diesel,
capace di trasportare 600 passeggeri e 140
automobili.
Sia ‘Aquastrada’ che ‘Pegasus’ avevano
scafo in acciaio e sovrastrutture in lega
leggera, mentre altri costruttori europei
realizzavano navi completamente in lega
leggera, come:
Bazan, poi Izar ed ora Navantia, in
Spagna. Bazan, oltre ad altri mezzi di
dimensioni più modeste tipo ‘Mestral’ e
‘Serval’, costruì quello che è ancora oggi
il più grande monoscafo in alluminio
al mondo, lo ‘Alhambra’, di oltre 120
metri di lunghezza, con sei motori Diesel
Caterpillar
Mjellem & Karsen in Norvegia, che costruì,
prima di fallire, un unico esemplare, il
‘Jetliner’, che iniziò ad operare con i colori
di P&O Ferries nel 1996
Leroux et Lotz in Francia, ora parte di
STX Europe, che costruì la famiglia
NGV (Navire Grande Vitesse) per l’allora
SNCM e Gotland Rederi in Svezia.
Più o meno in parallelo si concretizzava il
progetto HSS1500 di Stena: un catamarano
semi-swath (SWATH: Small Waterplane
Area Twin Hull) in lega leggera, per 1500
passeggeri e con 800 metri lineari di
garage, propulsione “tutto gas” con due
turbine a gas General Electric LM2500 e
due LM1600 per un totale di circa 100.000
CV ed una velocità di esercizio di 40 nodi.
Ne furono costruiti tre esemplari dall’allora
Finnyards, con i nomi di Explorer, Voyager
e Discovery, che entrarono in servizio
a partire dal 1996 nel Mare d’Irlanda e
nel Mare del Nord. Un paio d’anni dopo
seguì il più piccolo HSS900 Carisma, con
due turbine ABB, in servizio tra Svezia e
Danimarca.
Sempre nel ‘magico’ 1996 Fincantieri
ricevette l’ordine da Sea Containers,
che nel frattempo aveva rotto i rapporti
con la Incat di Robert Clifford ed aveva
rifiutato per grave difetto di velocità
il primo grande catamarano di Austal,
per quattro monoscafi in lega leggera di
100 metri di lunghezza e propulsione
con 4 motori Diesel Ruston e 38 nodi di
velocità di esercizio, con il brand-name di
SuperSeaCat.
Nello stesso periodo Fincantieri incassava
anche l’ordine Tirrenia per i primi due fast
ferries MDV3000 tipo “Aries”, poi portati
a quattro. Si tratta di monoscafi in acciaio
di quasi 150 metri di lunghezza, per 1800
passeggeri e 460 automobili: i più capaci
fast ferries mai costruiti. La propulsione
è costituita da due turbine a gas LM2500
e quattro motori Diesel MTU, per una
potenza totale installata di quasi 100.000
CV e 40 nodi di velocità di esercizio, dati
questi praticamente uguali agli omologhi
dello Stena HSS1500.
Vincenzo Farinetti
(fine prima parte)
Lunedì 10 Gennaio 2011
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28
LOGISTICA
Lunedì 10 Gennaio 2011
Palletways diventa milionaria
Il presidente del network Roberto Rossi fa un bilancio del 2010 e traccia la
rotta per il futuro, che prevede nel 2011 di trasportare 1 milione di pallet
La diffusione dei pallet nel trasporto merci
è in costante crescita e in Italia, come
altrove in Europa, costituiscono ormai
una presenza stabile sul mercato diversi
operatori specializzati nell’offerta di questa
tipologia di servizi.
Tra questi Palletways Italia – network che
raggruppa numerosi concessionari sparsi
su tutto il territorio nazionale (‘figlio’
dell’inglese Palleways, che nel 1994 inventò
questo modello di business) – è sicuramente
il principale, quantomeno per quote di
mercato, che stanno continuando a crescere
come spiega il presidente della società
Roberto Rossi: “Il nostro anno fiscale va
da giugno a giugno, nel periodo 2009/2010
abbiamo fatturato 24,2 milioni di euro,
mentre per l’anno fiscale successivo (che si
concluderà a giugno 2011) prevediamo di
raggiungere i 28-29 milioni”.
Dati positivi, che Rossi illustra in dettaglio:
“Solo il 10% delle entrate di Palletways
deriva dalla movimentazione diretta dei
pallet, svolta esclusivamente per i clienti
di maggiori dimensioni che necessitano di
un interlocutore strutturato; tutto il resto
è invece frutto dei servizi che il network
fornisce ai 78 trasportatori associati, tra cui
assistenza amministrativa, coordinamento
e passaggio dei pallet nelle nostre due
strutture di Bologna (che serve tutta Italia)
e Avellino (utilizzata per le spedizioni sudsud)”.
Quanti pallet avete movimentato durante
il 2010?
“Nonostante la crisi, Palletways ha
registrato una netta crescita in termini di
pallet movimentati: dai circa 650 mila del
2009 siamo passati a 800 mila nel 2010,
segnando un incremento del 20% (dati
globali del network sull’anno solare). Se è
vero infatti che la recessione ha bloccato
la crescita organica nei singoli vertical
market dei nostri clienti, noi siamo riusciti
ad accrescere la nostra quota di mercato
‘strappando’ traffici ad altre modalità di
trasporto come il groupage ed il corriere
espresso, che, specie sui grossi carichi, non
riescono ad essere competitivi con le nostre
tariffe”.
Ora però la ripresa è iniziata. “Quasi tutti i
settori si stanno risollevando, tranne quello
dei materiali per l’edilizia, che ancora
fatica. La GDO invece, vero core business
di Palletways, è il comparto che meno
ha sofferto e che presenta potenziali di
sviluppo tra i migliori in assoluto”.
Qual’è la quota di mercato detenuta da
Palletways in Italia?
“Non è facile delimitare in modo preciso
il mercato potenziale del trasporto pallet
e di conseguenza fare una valutazione del
nostro peso. Si stima però che ogni notte
vengano movimentati in Italia circa 50.000
pallet, contando anche tutti quelli trasportati
da operatori non specializzati; noi, facendo
4.000 pallet a notte, abbiamo quindi il circa
10% del mercato complessivo stimato. Se
però ci limitiamo a contemplare soltanto i
nostri concorrenti diretti, che in Italia sono
One Express e Pall-Ex, la quota di mercato
di Palletways supera tranquillamente il
50%”.
Secondo le vostre previsioni, l’andamento
del trasporto di merce in pallet durante il
prossimo anno anticipa una crescita?
“Sicuramente si. Il nostro obbiettivo, per
il 2011, è superare il target del milione di
pallet. Il mercato ci offrirà nuove occasioni
e noi vogliamo coglierle puntando sulla
qualità del servizio, da sempre la nostra
caratteristica distintiva, e sull’innovazione.
Abbiamo, per esempio, esteso la modalità
di trasporto ‘garantito’ a nuove aree, che
prima non erano coperte da questo servizio
perché considerate ‘zone disagiate’ (e
come tali sono ancora definite da molti
operatori), e puntiamo a ridurre da 72 a 48
ore la tempistica per le spedizioni in Sicilia.
Stiamo inoltre lavorando per rendere più
efficienti le prese in triangolazione (quelle
che coinvolgono tre diversi concessionari
del network, ognuno dei quali agisce
per la propria zona di competenza),
che costituiscono il 20% del traffico
complessivo”.
Qual’è il riscontro commerciale del
trasporto di pallet nel resto d’Europa?
“In Italia e Spagna la situazione è molto
simile: il trasporto pallettizzato cresce e
sono ormai piuttosto diffusi network di
operatori specializzati. In Gran Bretagna
sono avanti anni luce rispetto a noi: non
va dimenticato che il nostro modello di
business è nato proprio lì e che nel Regno
Unito il piccolo commercio è marginale,
mentre la grande distribuzione (principale
cliente per il trasporto pallettizzato) è più
diffusa e strutturata rispetto al resto del
continente. In Germania la domanda di
questi servizi è in crescita, ma esistono
ancora pochi operatori dedicati, mentre
in Benelux l’attività è maggiormente
focalizzata sul crossoborder (andrebbe
poi distinta la situazione del Belgio da
quella dell’Olanda, dove la tradizione e
l’importanza delle attività logistiche e di
trasporto sono ben superiori). La Francia
è un caso a parte: nonostante l’utilizzo dei
pallet sia largamente diffuso, non riescono a
svilupparsi operatori specializzati”.
Francesco Bottino
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29
AUTOTRASPORTO
Lunedì 10 Gennaio 2011
FIAP accusa la GDO e Confetra se la prende con il monopolio delle Poste
L’organizzazione degli autotrasportatori critica duramente il comportamento delle Coop romagnole,
mentre il presidente federativo Forti è negativo sulle modalità di liberalizzazione del sistema postale
Le gelate che hanno investito il
Belpaese da Nord a Sud non sono
bastate a raffreddare il clima tra GDO
(Grande Distribuzione Organizzata) ed
autotrasportatori che, in seguito ad un
fatto denunciato da Massimo Bagnoli,
Presidente FIAP Federazione Italiana
Autotrasportatori Professionali, resta
alquanto rovente.
“Il 28 dicembre, alla Coop di Pievesestina
(Cesena) – scrive una nota diramata
dall’organizzazione - un autocarro, dopo
aver regolarmente prenotato lo scarico,
ha atteso dalle 16 alle 8 del giorno
successivo senza, peraltro, aver portato a
termine la sua missione perché alla fine
gli è stato comunicato che il magazzino
era saturo e non poteva ricevere altro
materiale. Prima di rendersi conto che
avevano il magazzino pieno hanno
impiegato ben 16 ore facendo trascorrere
all’autista una notte intera a bordo
del veicolo, con il termometro che ha
gli interessi forti rappresentati da questa
casta (la GDO) dovessero prevalere
e si andasse sostanzialmente ad una
non-applicazione delle norme di legge
a tutela di chi lavora, una primavera
con i fuochi d’artificio è il minimo che
dobbiamo aspettarci”.
Ma FIAP non è l’unica a scagliarsi
contro un ‘Golia’.
Confetra, in occasione dell’approvazione
da parte del Governo di una bozza
di decreto legislativo atta a recepire
nell’ordinamento italiano la direttiva
comunitaria 6/2008, con cui Bruxelles
stabilisce la completa liberalizzazione
dei sistemi postali negli stati membri a
partire dal primo gennaio 2011, ha infatti
inviato al Presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi ed al Ministro dello Sviluppo
Economico Paolo Romani una lettera
dell’emblematico titolo “Il monopolio è
duro a morire”.
Fausto Forti, Presidente di Confetra
segnato i -5°”.
A fare le spese di quella che il presidente di
FIAP definisce “l’arroganza, la spocchia
e l’incapacità professionale della GDO”,
sono gli autotrasportatori, “categoria che
troppo spesso, e a torto, viene bistrattata
ed accusata di prepotenze per le prese di
posizione che è costretta ad assumere”.
Bagnoli riconosce allo Stato il merito di
aver provato a “normare questi soprusi
con la legge 127, che però ancora non
trova grande spazio di applicazione
perché all’autotrasportare tocca il non
semplice onere della prova”.
“La corda dei rapporti è tesa, ai limiti
della rottura – conclude senza mezzi
termini la nota – e se ancora una volta
DIAMO ENERGIA ALLA CRESCITA DEI
GRANDI PAESI EMERGENTI. CREDIAMO
IN UNO SVILUPPO SOSTENIBILE.
Siamo protagonisti in tutte le fasi di estrazione, trading,
logistica e trasporto delle materie prime, in particolare
carbone, per le industrie energetiche e dell’acciaio nei
cinque continenti. Da sempre crediamo nel carbone come
fonte di energia in grado di rispondere alle esigenze
di salvaguardia ambientale e benessere di una sempre
più vasta comunità globale. Oggi le nuove tecnologie
del “carbone pulito” ci danno ragione e aprono nuovi
orizzonti a una storia imprenditoriale che vuole continuare
a creare futuro.
www.coeclerici.com
Nel testo il Presidente Fausto Forti
definisce “di assoluta retroguardia”
alcune disposizioni contenute nel
provvedimento varato dell’esecutivo:
“Non solo tutto il settore dei corrieri
espressi, per definizione non rientrante
nel Servizio Postale Universale, potrà
essere assoggettato ad un’illegittima
tassazione fino al 10% dei ricavi, ma sarà
tenuto al rispetto di una contrattazione
collettiva di riferimento del tutto estranea,
storicamente e sindacalmente, al mondo
della logistica cui esso appartiene. Tale
provvedimento appare quindi poco
rispettoso dei principi di liberalizzazione
voluti dall’Europa”.
F.B.
www.ship2shore.it
30
LOGISTICA
Lunedì 10 Gennaio 2011
È vivace il mercato immobiliare sud americano
World Capital diventa operativa nell’altro emisfero tramite un ufficio di corrispondenza a Buenos Aires
“La
grande
area
metropolitana di Buenos
Aires attira sempre molti
investimenti, mentre si
registra un’interessante
fermento nel settore
immobiliare
rurale.
Forse ciò è dovuto, non
tanto come opportunità
d’aquisto di campi
a baso costo, infatti
ormai nel ‘triangolo
d’oro’
argentino,
(le fertilissime zone
tra
Salto-Rojas
e
Pergamino), la terra
vale lo stesso e forse
anche di più che
nell’Illinois o Iowa
(U$S
20.000/Ettaro),
quanto piuttosto per il
boom delle coltivazioni
della soia e l’aumento
del valor della carne
bovina” è la situazione
del mercato argentino –
considerato uno di quelli con opportunità
d’investimento molto interessanti illustrata dall’architetto Rita Rao di
Buenos Aires, nominata corrispondente
di World Capital S.r.l., agenzia di servizi
nel settore Real Estate, che ora è dunque
diventata, grazie a questa collaborazione,
operativa anche in Sud America. “Si
registra la stessa situazione in Uruguay
dove oggi si coltivano 1.000.000
ettari di soia, quando solo all’inizio
del terzo millennio erano 200.000. In
“Grazie a questa collaborazione
possiamo proporre ai nostri clienti
esclusive opportunità – commenta
Andrea Faini, titolare della società
milanese - la grande esperienza sul
mercato Sud Americano di Rita Rao,
la sua propensione per una gestione
globale del progetto, insieme alla grande
attenzione per lo sviluppo sostenibile,
ne hanno fatto il partner ideale per
l’implementazione del nostro progetto
di sviluppo all’estero, con particolare
attenzione al continente sudamericano,
contando sui presidi di Noregon in
Patagonia, Mar De La Frontera in
Uruguay e ovviamente Buenos Aires,
senza scordare la possibilità di passare
per il Brasile”.
L’ANGOLO FISCALE
Nuovi adempimenti per gli acquisti e le vendite intracomunitarie
Spunto di aggiornamento alle aziende dallo Studio Ghiglione Commercialisti Associati Revisori Contabili di Genova
Cile, la situazione è più complessa in
quanto attualmente concentrato nella
ristrutturazione delle zone devastate
dal sisma di febbraio 2010, con grandi
investimenti in trasporti, comunicazioni
e infrastrutture che sicuramente
incideranno positivamente anche sul
mercato immobiliare in considerazione
del fatto che questo Paese prevede
una crescita nel 2011 del 6%, che ne
faranno un importante polo di attrazione
d’investimenti.”
Il Decreto legge 78/2010, all’articolo
27 ha previsto un nuovo adempimento
per i soggetti che intendono effettuare
acquisti intracomunitari di beni e cessioni
intracomunitarie di beni.
Con provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle entrate del 30 dicembre
è stato approvato il modulo che deve essere
inviato all’Agenzia (entro il 29/1/2011) da
parte dei soggetti, già titolari di Partita
IVA, che intendano effettuare le suddette
operazioni.
Gli unici soggetti che automaticamente
sono esentati dalla presentazione del
suddetto modello sono coloro che nel
corso del 2009 o del 2010 hanno presentato
i modelli Intrastat.
In caso di omessa presentazione del
modello in esame i soggetti (dal 28
febbraio 2011) non potranno effettuare
acquisti né cessioni di beni con soggetti
UE. Nel caso decidano successivamente
di voler effettuare tali operazioni dovranno
presentare il modulo all’Agenzia delle
entrate, ma dovranno attendere 30 giorni
per la formazione del silenzio assenso.
Se l’Agenzia ritiene che il soggetto sia “a
rischio” dovrà esplicitamente comunicargli
il diniego all’iscrizione nell’apposito
registro dei soggetti abilitati ad effettuare
acquisti/cessioni di beni intracomunitari
(VIES).
Non è stato previsto alcun limite minimo
al di sotto del quale si sia esonerati dalla
presentazione, quindi tutti i soggetti che
intendano effettuare anche operazioni
minime di acquisto/vendita di beni con
soggetti UE devono adempiere a tale
incombenza.
www.ship2shore.it
31
LOGISTICA
Lunedì 10 Gennaio 2011
Ma il pallet è sempre più blu…
Soluzioni logistiche sostenibili per un mondo migliore proposte da CHEP, che rivela un‘anima ‘verde’
Firenze – Sono riconoscibili dal
caratteristico colore blu (oltre che dal
logo aziendale) i pallet di legno o plastic
di CHEP Commonwealth Handling
Equipment Pooling, azienda (parte del
Gruppo Brambles) leader mondiale nei
servizi di pooling di pallet e contenitori
di plastica, che annovera tra i suoi clienti
le più importanti aziende del mondo. Una
leadership che si vorrebbe riverberare
anche in Italia, come spiegano Luca
Rossi, Country General Manager e
Martino Schivo, Value Chain Manager,
di CHEP Italia.
Quando e come è nata CHEP? Come
si è evoluto negli anni il business?
“CHEP nasce dopo la Seconda
Guerra Mondiale in Australia, dove
gli
americani
avevano
lasciato
presso le loro basi militari notevoli
infrastrutture e un patrimonio di
attrezzature per la movimentazione
dei materiali, tra cui i pallet di legno.
Inizialmente il governo locale continua
a sostenere l’organizzazione per favorire
l’economia nazionale, in seguito decide
di privatizzare il settore. Nel 1958 con
grande intuizione la società Brambles,
esperta nella movimentazione dei
materiali da circa 80 anni, acquisisce
CHEP che in pochi anni diviene il più
grande sistema di noleggio di pallet e
contenitori nell’emisfero meridionale e
la più grande flotta a noleggio di carrelli
elevatori a forche dell’Australia.
Il lancio in Italia avviene nel 1991, con
Luca Rossi
sede a Milano e una rete territoriale di
centri servizi.
Oggi CHEP segue più di 500.000 clienti in
45 paesi grazie ad oltre 7.500 dipendenti
e 500 centri servizio; controlla oltre 300
milioni di pallet e contenitori (18 milioni
in Italia), monitorando circa 3 milioni
di movimenti di attrezzature al giorno,
avvalendosi di tecnologia avanzata”.
In cosa consiste il vostro valore
aggiunto?
“Oltre alla qualità del prodotto e alla
riduzione dei costi, CHEP offre un alto
servizio al cliente che gli consente di
rimanere focalizzato sul proprio core
business, demandando la fornitura, lo
stoccaggio, la movimentazione e la
manutenzione dei pallet. Con la nostra
tecnologia riusciamo a ridurre i danni ai
prodotti dei clienti e ad offrire soluzioni
logistiche sostenibili per l’ambiente”.
A che tipo di clientela vi rivolgete?
“Serviamo supply chain del settore
dei beni di consumo, delle bevande,
dei prodotti agricoli e dell’automotive.
Tra i nostri partners mondiali ci sono
Kellog’s, Kraft, Nestlè, Ford e GM,
SYSCO, Procter & Gamble. Ogni giorno
movimentiamo i prodotti più importanti
del mondo”.
Un bilancio di CHEP Italia per l’anno
2010 e quali sono gli obiettivi a brevemedio termine?
“Seguiamo il sistema fiscale
anglosassone, da luglio a giugno. Per
il primo semestre del 2010 possiamo
affermare che il bilancio è positivo.
Continuare a crescere e accrescere
Martino Schivo
ulteriormente la nostra quota di mercato
in Italia almeno fino ai livelli riscontrabili
in altri paesi Europei, penetrando il
settore del Largo Consumo ma valutando
possibili proposte di valore anche in
settori come il tessile ed il farmaceutico
in futuro, introdurre nuove attrezzature
e nuovi servizi, accrescere ulteriormente
il livello di soddisfazione dei clienti in
portafoglio, sviluppare nuove sinergie
ed accordi di collaborazione con partners
in area operazioni e logistica, sviluppare
quantitativamente e qualitativamente la
nostra organizzazione in Italia”.
Siete un’azienda molto impegnata dal
lato Green…
“Siamo un’azienda giovane (età
media 30/35 anni) dunque con grande
sensibilità e responsabilità verso i temi
ambientali, sia dal lato prodotto/servizio
che nella riduzione delle emissioni e dei
consumi quotidiani nei nostri uffici e
centri distribuzione.
CHEP si ispira alla filosofia dello
sviluppo sostenibile, promuovendo
l’acquisto di legno da foreste controllate,
il riutilizzo dei pallet, il recupero
delle attrezzature e il loro riciclo
finale. Puntiamo all’efficienza e alla
sostenibilità per ottimizzare la catena
logistica”.
Federica Gelli

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