Berenson. In: Mio padre e altri amici,Firenze : Pananti
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Berenson. In: Mio padre e altri amici,Firenze : Pananti
Berenson Quella Pasqua eravamo a Nozzole; una vera Pasqua con le uova benedette e i crostini della fattoressa, l'agnello, la torta pasqualina, la pastiera. La campagna era bellissima, si sentiva già il cucù. Arrivarono anche gli Sprigge. Cecil Sprigge, giacca di velluto, leggermente proteso in avanti, veniva incontro a mia madre reggendo con due dita un sacchettino di Doney; nel porgerglielo dis se compunto: «una piccola offerta». Rimase un detto celebre in famiglia. Lo seguiva la moglie Sylvia vesti ta press' a poco come una «poggiolina» dai fianchi larghi, la sottana di flanella oscillante ad ogni passo. Aveva le scarpe da tennis. In quei giorni andammo a trovare Berenson. Forse Sprigge era tornato a Roma, ma lei c'era di sicuro. Era una giornata quasi estiva ma i finestrini dell'auto mobile rimanevano implacabilmente chiusi: mio pa dre detestava gli spifferi. Smaniavo per il caldo, pro testando che era insopportabile. Perché non mi aveva no lasciato a casa, che cosa mi importava a me di 35 Berenson? La signora Sprigge si tamponava la faccia vicino a lui, anzi vicinissimo; gli prese una mano che arrossata con un fazzolettone, anche per nascondere lo tenne fra le sue per tutto il tempo della visita. Mi chie stupore e l'imbarazzo che dilagavano nei suoi occhi do ora come abbiano fatto a bere il tè. Parlavano fitto celesti. Odio tutti i quadri di questo mondo e tutti quel fitto, sorridendo e annuendo di tanto in tanto: una gara li che se ne interessano, continuai con gusto. Mia di maliarde. Dal mio posto non sentivo quello che di madre guidava attenta alla strada e mio padre faceva cevano, indispettita e non avendo il coraggio di avvi finta di dormire. cinarmi, smisi di guardarli. La conversazione delle Siamo arrivati ai Tatti sudati e affranti. signore, ce n'era anche una che faceva gli onori di Pochi attimi di refrigerio al venticello fresco di quella casa, non m'interessava, ero attratta dalle onde di af primavera, ed eccoci in una sala surriscaldata. Chissà fettuosità che provenivano dalla parte di quei due uo che gioia per papà. Tappeti, tendaggi, abat-jours acce mini in confessione e che mi escludevano. E così mi si, e quadri, libri, soprammobili e tanti vasi di fiori consolavo con le tartine che smisi di carpire quando aumentavano la sensazione di calore. Sperai per un entrò un giovane inglese, probabilmente fatto chiama attimo che qualcuno del nostro compatto drappello re da Berenson per me, che si era accorto del mio facesse cadere qualcosa. Cercavo di indovinare chi muso. Credo fosse il suo segretario o il suo biblioteca sarebbe stato di noi the bull in the China-shop. rio, un tipo di dinosauro allampanato, di quelli che ci Sotto la luce pallida di uno degli abat-jours, in tenue sono soltanto in Inghilterra. L'ho rivisto in «Blow competizione con la giornata luminosa che premeva up», era fantastico, pareva calato a Londra da qualche contro i vetri, c'era Berenson affondato in una poltro Loch. Mi ha fatto visitare la casa, illustrandomi i tesori na vicino alla finestra, una coperta scozzese sulle gi che conteneva, e abbiamo parlato di pittori, di opere nocchia. Rimase seduto come fosse in fin di vita, era d'arte, di Firenze e di Milano, abbiamo parlato moltis solo convalescente da una banale influenza, e pare simo. E così alla fine mi sono divertita anch'io. vecchissimo. Ci accolse con un sorriso di tale felicità da sembrare sincero. Ne fui conqusitata, quasi quasi mi passò il malumore. Assomigliava a un fauno, ma vestito di tutto punto, aveva persino un «red carnation» all'occhiello; e la barbetta bianca andava su e giù mentre parlava. Pregò mio padre di sedersi lì 36 37