Tribunale di Genova e lesioni da intervento

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Tribunale di Genova e lesioni da intervento
TRIBUNALE di GENOVA - (lesioni a seguito di intervento: richiesta di il danno
morale ed esistenziale per gli inevitabili riflessi sull'impostazione di vita del
genitore)
§ - Laddove la compagnia assicuratrice dell'Ospedale corrisponda un risarcimento in
via transattiva, tale intervenuta transazione non può valere di per sé a dimostrare la
responsabilità della strutura, che, per potere essere affermata, va accertata in corso di
causa.
Nel caso in cui manchi la prova sia che le lesioni riportate dalla figlia, siano ascrivibili a
colpa dei sanitari, sia in ordine alle conseguenze che la menomazione della figlia può
avere avuto sull'organizzazione di vita del genitore, e' escluso che ricorra un danno
biologico, consistente in una forma depressiva indotta. (avv. Ennio Grassini www.dirittosanitario.net)
Sez. II - sentenza del 13-06-2006
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 30/1/2002 L.A.M. conveniva in giudizio l'Istituto ... di Genova
esponendo:
- che essa aveva partorito presso l'Ospedale .. il .... /1994;
- che dal parto, per le errate modalità con cui era stato effettuato, avevano riportato
lesioni sia lei che la figlia M.; in particolare ad essa era residuato cistorettocele con
incontinenza urinaria da sforzo, con un danno permanente attestato nella relazione del
Dott. D. del 17/5/1998 che produceva, e a M. una scarsa mobilità al braccio destro,
come attestato nella cartella clinica che produceva;
- che nel maggio 2001, a seguito di transazione che produceva, l'A. s.p.a.
indennizzava il danno alla bimba;
- che a causa dell'invalidità riportata dalla figlia e delle cure fisioterapiche che essa
doveva praticare, dapprima era costretta a ridurre il proprio orario di lavoro e
successivamente si trovava costretta a rassegnare le dimissioni;
- che essa aveva quindi riportato non solo un danno biologico, ma anche un danno
morale derivante dalla ripercussione che su di lei avevano avuto le lesioni subite dalla
figlia, e un danno patrimoniale, consistente dapprima nella diminuzione e quindi nella
perdita della propria indipendenza economica;
chiedeva che il convenuto fosse condannato a risarcire i danni da essa subiti.
Si costituiva l'Istituto ... contestando la fondatezza delle domande attrici e
chiedendone la reiezione.
Il Giudice, dopo avere espletato gli incombenti di cui all'art.183 c.p.c interrogando
liberamente parte attrice, istruiva la causa disponendo l'espletamento di CTU medico
legale.
Eseguita tale indagine riteneva la causa matura per la decisione e fissava udienza di
precisazione delle conclusioni
All'udienza del 14/2/2006 le parti precisavano le conclusioni e il Giudice tratteneva la
causa in decisione assegnando alle stesse i termini di legge per il deposito delle difese
conclusionali.
Motivi della decisione
L'attrice chiede di essere risarcita del danno biologico che afferma esserle derivato
dalle condotte colpevoli dei sanitari dell'Ospedale... che individua nel fatto di averla
fatta partorire normalmente anziché per via cesarea e nelle manovre - a suo dire
errate o negligenti - effettuate al momento del parto per disimpegnare il feto; essa
sostiene che il danno in tal modo arrecatole consisterebbe in una seria lacerazione dei
tessuti vulvo vaginali e in un prolasso della vescica che le ha comportato una forma
d'incontinenza ingiustificata per la sua giovane età.
Tuttavia i CTU, con motivazioni ampie e convincenti, da un lato hanno escluso che
fosse consigliabile fare partorire l'attrice per via cesarea, dall'altro, a seguito della
visita effettuata, hanno riscontrato una situazione anatomica di assoluta normalità:
"Vagina ben rappresentata per calibro e lunghezza. Sotto sforzo si evidenzia modesto
rettocele che si ricompone a riposo. Non colpocele anteriore, neanche sotto sforzo.
Non emissione involontaria di urina sottosforzo."
Le prove urodinamiche che essi hanno fatto eseguire alla perizianda per appurare
l'esistenza della lamentata incontinenza urinaria hanno evidenziato una "iperattività
del detrusore alla cistometria, con segni di modesta incontinenza da iperattività".
In sostanza le indagini eseguite dai CTU consentono di escludere che la modesta
incontinenza urinaria riscontrata sia dovuta a fattori anatomici e di riferirla invece a
fattori funzionali: i CTU infatti, a pag. 23 e 24 della loro relazione, escludono
l'esistenza del prolasso vaginale che risulta menzionato nel certificato del Dottor D.
prodotto dall'attrice, come pure che siano presenti esiti di lacerazione vulvo vaginale
di III grado, come diagnosticato sempre dal D.
Poiché la funzionalità della vescica può essere influenzata da fattori soggettivi, anche
di tipo psicologico, i CTU hanno ritenuto opportuno, su suggerimento dello specialista
urologo da essi interpellato, richiedere alla perizianda di ripetere le prove
urodinamiche già eseguite previa terapia anticolinergica (che presuppone la
somministrazione preventiva di un tranquillante per qualche giorno), per eliminare
questo genere d'influenze. L'interessata si è tuttavia rifiutata di eseguire la necessaria
preparazione farmacologia, cosicché la prova non è stata eseguita.
Nondimeno, alla luce delle risultanze di causa e degli elementi messi in luce dai CTU,
si può escludere che esista la prova di un collegamento causale tra il "modesto
rettocele" e la "modesta incontinenza da iperattività" riscontrati dai CTU e le modalità
con cui è avvenuto il parto del xxx/1994.
I CTU infatti hanno escluso che si sia verificata una lacerazione importante delle vie
genitali ed hanno riscontrato solo una sostanziale integrità della regione vulvo-vaginoperineale; la situazione da essi rilevata quindi non denuncia errori od omissioni
specifiche ed è coerente con la situazione specifica della perizianda, ossia di una
donna che ha avuto già due parti.
Oltre a ciò si deve rilevare che il fatto che la L. abbia ad oggi avuto un secondo parto,
avvenuto nel 1996, il quale non può non avere influenzato negativamente la statica
degli organi pelvici, rende impossibile distinguere le conseguenze del primo parto da
quelle del secondo. Solo se al primo dei due parti fossero seguiti effetti invalidanti
tipici, che, per la loro gravità, non potrebbero essere riferiti al secondo parto (il quale
sembrerebbe avvenuto senza problemi di sorta) sarebbe possibile affermare un nesso
di causalità con le eventuali lesioni riscontrate. Ma si è visto come l'esame obiettivo
eseguito dai CTU escluda la presenza di danni significativi, cosicché le alterazioni
biologiche riscontrate non possono in oggi essere ricondotte all'uno o all'altro dei due
eventi, in quanto esse - come si è visto - rientrano nella assoluta normalità, o meglio
nella situazione normale di una donna che abbia già partorito due figli.
Non può quindi trovare accoglimento la domanda diretta ad ottenere un risarcimento
per un danno biologico riportato dall'attrice e consistente nella lesione perineale e
nella forma di cui essa sostiene di soffrire.
Esistono poi ulteriori capi di domanda con la L. chiede venga risarcito:
- il danno morale ed esistenziale che si afferma essere derivato dal fatto che la figlia
M. nacque con una lesione al plesso brachiale, con un inevitabile riflesso
sull'impostazione di vita della madre;
- il danno biologico diretto consistente nella forma depressiva che questa situazione le
avrebbe causato;
- nonché il danno patrimoniale che essa afferma avere subito per avere dovuto, a
causa delle menomazioni della figlia, prima ridurre e successivamente abbandonare
l'attività lavorativa.
Anche queste pretese tuttavia non possono trovare accoglimento perché sfornite di
prova. Manca innanzitutto la prova che le lesioni riportate dalla figlia della L. siano
ascrivibili a colpa dei sanitari.
L'attrice sembra darlo per scontato perché l'A. s.p.a., assicuratrice dell'Ospedale XXX,
ha corrisposto un risarcimento in via transattiva; ma l'intervenuta transazione non
può valere di per sé a dimostrare la responsabilità dell'Ospedale, che, per potere
essere affermata, avrebbe dovuto essere accertata in causa.
Per quanto attiene poi alla lesione riportata da M.B. e alle conseguenze che essa ha
avuto sulla vita della madre, si osserva quanto segue:
La bimba nacque con una paralisi ostetrica del plesso brachiale e fin dalla nascita ha
dovuto praticare fisioterapia per rieducare l'arto. Dalla relazione 3/11/2000 del centro
A., che ha in cura la bimba (v. prod. n. 12 di parte attrice) risulta che per il primo
anno di vita la fisioterapia ha dovuto essere eseguita quotidianamente, anche se non
si dice se le sedute fisioterapiche siano state gestite - come è probabile - in modo
autonomo a domicilio o ambulatorialmente; successivamente essa venne praticata a
cicli di due o tre mesi, seguiti da sospensione per altri due o tre mesi. Ciò ha
consentito un notevole recupero della motilità del braccio (in quanto la relazione
attesta che:
"...Progressivamente sono stati recuperati i seguenti movimenti:
- Flessione del gomito
- Supinazione dell'avambraccio (sebbene non in toto)
- Abduzione ed elevazione del braccio(con elevazione di compenso alla spalla)
- Buon utilizzo della mano..."
Nella stessa relazione si conclude affermando che è utile che la bimba pratichi il nuoto
con cadenza trisettimanale.
Ora se è indubbio che questa situazione può avere comportato un maggiore impegno
per la madre, per il tipo di cure e attenzioni che ha dovuto dedicare alla piccola M., è
vero altresì che, né la gravità della patologia, né le cure da praticare erano tali da
potere indurre la madre ad abbandonare il posto di lavoro.
Il fatto che l'attrice abbia prima richiesto il part-time, che le è stato concesso dalla
fine dell'astensione facoltativa, ossia dal 13/1/1995 (v. prod. n. 2), e si sia poi
dimessa con effetto dal 12/1/2001 (v. prod. n. 21) non può quindi essere ritenuto una
conseguenza necessaria della malattia della figlia, potendo al contrario avere
molteplici spiegazioni.
Non è possibile perciò, in assenza di prove documentali più specifiche e sulla sola base
di prove testimoniali estremamente generiche, quali quelle capitolate dall'attrice nella
propria memoria istruttoria, ritenere provato il nesso causale tra la lesione riportata
dalla figlia e la riduzione/cessazione dell'attività lavorativa.
L'insieme di considerazioni sopra svolte, sia in ordine all'assenza di prova di una colpa
dei sani tari dell'Ospedale xxx, sia riguardo alle conseguenze che la menomazione
della figlia può avere avuto sull'organizzazione di vita dell'attrice, porta ad escludere
anche che ricorra un danno biologico, consistente in una forma depressiva indotta, la
quale, se fosse insorta, non potrebbe essere posta in relazione causale con l'operato
dei sanitari del xxx.
Le domande attrici devono essere di conseguenza respinte.
Il fatto che risulta difficile individuare le cause di patologie quali quelle allegate
dall'attrice, e gli equivoci che ciò può ingenerare nell'individuazione di concrete
responsabilità, inducono a dichiarare compensate tra le parti le spese di lite.
Le spese di CTU, già liquidate in causa, vengono ripartite addossandone la metà
all'attrice e l'altra metà al convenuto.
P.Q.M.
Il Tribunale
Respinge le domande proposte da L.A.M. contro l'Istituto xxx.
Dichiara compensate tra le parti le spese di lite.
Pone in via definitiva le spese di CTU a carico di entrambe le parti nella misura del
50% per ciascuna di esse.
Così deciso in Genova il 22 maggio 2006.
Depositata in Cancelleria il 13 giugno 2006.