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SENTENZE IN SANITÀ – TRIBUNALE DI GENOVA
TRIBUNALE di GENOVA – Sezione II - sentenza 5 luglio 2006
In ipotesi di un'insorgenza della patologia ad anni di distanza dalla prestazione medica contrattualmente
inadempiuta, rilevante e significativo ai sensi e per gli effetti dell'art. 2935 c.c. é il momento dell'inadempimento contrattuale.
omissis
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato l'1.2.02 la sig. F.P. ed il marito C.L. citavano in giudizio l'Ospedale Evangelico Internazionale, in persona del suo leale rappresentante pro-tempore
per sentirne accertare la responsabilità extracontrattuale o contrattuale con riferimento ai danni
tutti patiti (diretti ed indiretti e riflessi quanto al marito, biologico - nella misura del 25% dell'ip
-, morale ed alla vita di relazione ed alla vita sessuale, nonché patrimoniale) a seguito dell'intervento chirurgico di colicestectomia in via laparotomica cui si era sottoposta l'attrice presso l'Ospedale il 18.1.72.
In particolare si sosteneva che durante tale intervento era stato inserito un corpo estraneo (un tubicino) nel corpo della paziente e ciò senza avere avuto alcun preventivo consenso e senza averla poi informata di ciò; da questa situazione erano derivati dolori e malesseri per numerosi anni
fino a che in occasione dell'intervento chirurgico del 22.6.98 di "eparotomia sinistra per ascessi
multipli, presenza di protesi coledocica - epatico sinistra" effettuato al S. Martino per ovviare a
tali disfunzioni, si estraeva un corpo estraneo costituito da una protesi, un tubicino di circa 6 cm
di lunghezza, inserito tra il lobo sinistro del fegato e il coledoco per evidentemente ovviare alla
lesione alla via biliare che si era provocata nel corso del primo intervento chirurgico.
Si costituiva il convenuto prima dell'udienza ed eccepiva preliminarmente l'intervenuta prescrizione del diritto azionato e nel merito la mancanza di qualunque negligenza in capo ai sanitari
che avevano eseguito l'intervento del 1972 e comunque la mancanza di nesso eziologico tra tale
intervento ed il successivo del 1998.
Contestata dagli attori con memoria 26.9.02 l'intervenuta prescrizione essendo evidente che essa
non poteva che decorrere da quando gli attori avevano avuto consapevolezza del fatto e della
causa lesiva, all'udienza ex 183 c.p.c. venivano sentiti in interrogatorio libero gli attori, ed in
particolare alla sig. F. si chiedeva indicazioni su eventuali sanitari che nel lungo periodo dal
1972 al 1998 l'avessero seguita o avessero valutato i disturbi da essa lamentati come frequenti e
rilevanti.
Depositate le memorie ex art. 184 c.p.c. il Giudice disponeva preliminarmente CTU medico legale nominando il prof. H.R. al quale era sottoposto articolato quesito all'udienza del 4.11.2003
ed ordinando al convenuto l'esibizione di ogni documentazione medico-sanitaria attinente la de-
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genza e l'intervento del 1972, documentazione solo in parte poi rinvenuta e depositata visto anche il tempo intercorso dai fatti.
Depositato l'elaborato peritale tanto attori che convenuti articolavano memorie con le quali
chiedevano, sotto diversi aspetti (gli attori con riguardo alla valutazione della condotta dei sanitari nel posizionamento della protesi rinvenuta e in ordine alla quantificazione dei danni anche
al consorte, i convenuti in ordine al ritenuto nesso eziologico tra la patologia colangitica ascessuale individuata nel 1998 e le modalità esecutive dell'intervento del 1972), la convocazione del
CTU a chiarimenti.
Il Giudice ritenuto esaustivo l'elaborato peritale ed avendo implicitamente ritenuto irrilevanti e
inammissibili le prove orali dedotte rinviava per la precisazione delle conclusioni al 28.5.05.In
tale sede precisato dalle parti come in epigrafe riportato erano concessi i termini massimi di legge per le conclusionali e le repliche e la causa passava poi in decisione.
Motivi della decisione
La domanda dell'attrice non può essere accolta stante l'intervenuta prescrizione maturata con riferimento ad una responsabilità contrattuale della convenuta.
La stessa parte attrice ha qualificato sin dall'inizio la propria domanda come principalmente di
natura contrattuale e solo subordinatamente o alternativamente come extracontrattuale. Nella
comparsa conclusionale lungamente ci si intrattiene sul fondamento della responsabilità contrattuale per l'operato dei sanitari che operarono ed ebbero in cura l'attrice presso l'ospedale Evangelico. Solo a pagina 20 e premettendo "fermo restando che ad avviso degli attori la responsabilità di cui si discute non può che essere di natura contrattuale é soltanto per mero scrupolo difensivo che si fa presente come, in subordine, i fatti per cui é causa possano essere intesi anche
quale fonte di responsabilità contrattuale".
Chiara e reiterata é quindi la qualificazione giuridica della domanda formulata dalla stessa attrice, qualificazione che questo giudice ritiene fondata e corretta non essendo emersi elementi di
responsabilità extracontrattuale riconducibili... a condotte rientranti nella sfera della responsabilità colposa in concreto accertata.
Quanto alla domanda del coniuge si dirà oltre.
La CTU eseguita in modo articolato, approfondito e motivato dal prof. R., consulente esperto ed
apprezzato, é infatti giunta alla conclusione che l'inserimento del tubo in plastica lungo mm. 62
e di diametro mm 5 rinvenuto ancora in loco durante l'intervento del 1998 non fosse da ricondurre alla necessità di ovviare ad un guasto e danneggiamento della via epatica biliare negligentemente causato nel corso dell'intervento del 1972 (così articolatamente e con riferimenti di letteratura a p. 35 ss ed ancora pp 42 ss e, conclusivamente a p. 53-54).
Nessun elemento concreto riconduce ad una simile causa mentre invece comprensibile, e in linea con le modalità operatorie dell'epoca, era la tecnica dell'inserimento di un tubo per ricanalizzare la via biliare chiusa.
Ed infatti dalla scarsa documentazione medica riguardante il ricovero e l'intervento del 1972 il
CTU ha potuto concludere che la paziente fosse affetta da Colecistite calcolosa e che, nel corso
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dell'intervento e attraverso gli accertamenti intraoperatorii (colangiografia endovenosa il cui referto é riportato in cartella ed alle p. 9 e 35 della perizia), si fosse accertata la stenosi del tratto
terminale del coledoco visto il mancato deflusso del liquido di contrasto nell'ansa duodenale.
Trova così una ragionevole spiegazione la presenza del "tubicino" definito nei successivi esami
del 1998 al S. Martino "protesi". L'operatore aveva dovuto infatti ovviare a tale stenosi per via
chirurgica (così a p. 37 dell'elaborato).
L'inserimento del "tubicino" tra i monconi della via biliare trova una sua plausibile giustificazione non tanto e non solo nella necessità di ovviare ad un danno iatrogeno causato imperitamente durante l'intervento, ma nell'esecuzione di una delle possibili soluzioni in allora in uso
per ovviare al problema (così alle p. 42 ss circa le possibili tecniche applicabili).
Né le conclusioni cui giunge, anche se in via di ipotesi (peraltro motivata, articolata e supportata
da elementi tecnici) il CTU prof. R. risultano smentite o contraddette dalle considerazioni svolte
dai CTP dell'attrice che hanno contestato che la funzione del "tubicino" potesse essere quella di
favorire la ricostruzione della via biliare volutamente in parte asportata visto che il corpo estraneo, per le sue caratteristiche dimensionali non potesse essere destinato, con il tempo, ad una
naturale espulsione dal corpo della paziente (come avrebbe dovuto avvenire nel caso di una protesi "a perdere"). La protesi sarebbe stata infatti, secondo detti CTP, destinata a rimanere in loco
a tempo indeterminato proprio perché posizionata per ovviare a lesioni colposamente provocate.
Condivisibili e convincenti, ed ad esse si rimanda, risultano infatti le considerazioni del CTU
alle pp 44/45 ss dell'elaborato laddove motiva e spiega le ragioni per cui, pur in presenza di un
"tubicino" di diametro maggiore di quello della papilla di Valter da cui avrebbe dovuto poi transitare per essere espulso per via intestinale, l'ipotesi di un posizionamento solo temporaneo
permanga fondata in ragione della caratteristiche riscontrate nell'ERCP del 25.2.97 presso il S.
Martino ("papilla distorta ed irregolare come da intervento chirurgico").
Vero é che nella documentazione medica del ricovero del 1972 non é presente (né é stato possibile rintracciare atteso il tempo trascorso tra l'intervento stesso e la prima richiesta di risarcimento danni pervenuta nel 2001) alcun riferimento all'inserimento di tale corpo estraneo, ma le
considerazioni tecniche svolte dal perito risultano convincenti e motivate; la mancanza di documentazione medica indicativa delle modalità con cui fu eseguito l'intervento e delle ragioni
dell'inserimento della protesi non può in un caso come questo ridondare - nell'ottica del 1218
c.c. - a sfavore dell'équipe medica ben sussistendo motivate giustificazioni a tale mancanza dovute all'oggettivo trascorrere di un così ampio tempo rispetto al fatto ed alla non esclusa possibilità che a quell'epoca presso l’ospedale Evangelico non venissero tenuti i diari operatori (così si
legge nella relazione del CTU p. 37 e come affermato nelle lettere inviate dalla direzione della
convenuta agli attori nel 2000 e 2001).
Deve quindi ritenersi non provato l'unico aspetto di eventuale responsabilità extracontrattuale
(negligente esecuzione dell'intervento stesso) individuabile nell'intervento chirurgico eseguito
presso l'Ospedale Evangelico.
Può certamente convenirsi tanto con il CTU che con parte attrice che, qualunque fosse stata la
destinazione e la ragione dell'inserimento di detto corpo estraneo sarebbe stato necessario avver-
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tirne la paziente. Altrettanto vera che se la "protesi" avesse dovuto essere espulsa sarebbe stato
necessario informarne la paziente e comunque provvedere ad accertare che ciò avvenisse.
Trattasi tuttavia di aspetti e circostanze che attengono all'omessa informativa ed alla mancanza
di consenso informato all'atto operatorio così come in specifico eseguito.
La doglianza attinente la mancata informativa tanto pre intervento che post intervento dell'inserimento della protesi biliare attiene ad una chiara sfera contrattuale del rapporto professionale.
Secondo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale é onere del professionista (o della
struttura ove questi ha operato) dimostrare il pieno adempimento di tale prestazione accessoria
al rapporto contrattuale principale (così cass. sent 7027/2001), onere che nel caso di specie il
convenuto non ha assolutamente assolto.
Non di meno, trattasi di violazione commessa ed esauritasi nel 1972, in occasione cioè del ricovero e dell'intervento.
Trattandosi quindi di una responsabilità di natura contrattuale trova chiara applicazione il disposto dell'art. 2935-2946 c.c. con l'intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento (non da fatto
illecito) per il decorso decennale dalla data dell'inadempimento.
Anche con riferimento al riconosciuto danno alla salute, causalmente ricondotto dal CTU all'esecuzione dell'intervento del 1972 ed alla permanenza in loco della protesi (così alle p.p. 47 e 52
dell'elaborato) deve tuttavia ritenersi l'intervenuta prescrizione ex art. 2935 c.c.
Al riguardo devono infatti condividersi pienamente le conclusioni e considerazioni svolte nella
recente pronuncia della suprema Corte 28.1.2004 (in danno e responsabilità 2004 p. 390 ss con
nota adesiva di G.M.) che ha richiamato l'attenzione dell'interprete sulla differenza insita nella
previsione dell'art. 2947 c.c. in ipotesi di risarcimento del danno da fatto costituente reato, rispetto a quella ordinaria dell'art. 2935 c.c. (si vedano anche le decisioni di questo stesso Giudice
nelle cause n. 1498/04 B. c/ Ministero della salute e G. deciso con sentenza di data 8.11.05 e n.
7392/00 D'A. c/ Az. Osp. S. Martino e Ministero deciso con sentenza 20.9.05).
Nella prima ipotesi, in cui l'attore in presenza di un illecito costituente anche reato, si imbatte in
una prescrizione ridotta rispetto all'ordinaria decennale, ben può avere spazio quella giurisprudenza orami consolidata che individua la decorrenza, per le patologie lungo-latenti, nella data in
cui queste sono state rilevate e percepite come tali dal danneggiato.
Al contrario, di fronte ad una responsabilità di natura contrattuale e con prescrizione decennale
e quindi già piuttosto ampia, non vi sarebbe ragione alcuna per attribuire efficacia a fattori ed
elementi di fatto estranei al dato normativo e non rappresentati impedimento legale.
Una tale interpretazione della decorrenza dei termini prescrizionali risulta quanto mai opportuna
in situazioni e patologie come la presente ed analoghe, in cui, in effetti, l'attore danneggiato individui la decorrenza in un termine piuttosto distante dalla data di effettuazione della prestazione o dal verificarsi del fatto. In siffatti casi, obiettivamente, vengono ad ingenerarsi notevoli difficoltà probatorie per la parte convenuta che non é per nulla "prossima" alla prova (così C. Cass.
Sez. U. 30.10.2001 n. 13533 che ha impiegato tale principio e concetto per determinare la ripartizione probatoria nella responsabilità contrattuale) che su di lei dovrebbe gravare della effettiva
conoscenza del danno in epoca diversa ed anteriore da quella sostenuta dall'attore.
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Anche in una situazione quale quella in oggetto, ed a maggior ragione a seguire l'impostazione
originariamente accreditata dall'attrice di dolori e fastidi perduranti nel tempo ma approfonditi
ed accertati solo nel 1998 (dalla CTU emerge come già nel 1997 fosse stato eseguito esame
strumentale che aveva rivelato la presenza di un corpo estraneo p. 12 ss dell'elaborato) verrebbero ad influire sulla decorrenza di un termine così importante per la "certezza dei rapporti giuridici" (così la richiamata decisione del 2004) come quello della prescrizione, fattori soggettivi
mutevoli e legati anche alla differente percezione soggettiva di segnali obiettivi.
Da dette conclusioni non pare ci si debba discostare anche in situazioni in cui il danno (o la malattia) si manifestino ed insorgano in un momento successivo alla prestazione contrattuale.
Il CTU ha convincentemente ricostruito, infatti, che la patologia che ha portato poi alla resezione parziale del fegato era insorta sì a causa del trattamento chirurgico eseguito nel 1972 ma si
era manifestate e concretizzata descritta dalla attrice soltanto a diversi anni di distanza dallo
stesso (nel 1997).
Manca infatti qualsiasi dato documentale che dia supporto alle mere affermazioni orali fornite
dall'attrice nell'interrogatorio libero, di una continuità di disturbi, nausee, malesseri, dolori a far
data dall'intervento e poi acutizzatisi nel 1997/1998. Non solo non vi sono prescrizioni di farmaci o di visite specialistiche volte ad ovviare o conoscere le cause di tali malesseri, dall'attrice
e dal consorte descritti come così invalidanti da compromettere anche la loro progettualità di vita di coppia e di intesa sessuale, ma neppure vi é alcun cenno nelle anamnesi presenti nelle cartelle cliniche dei ricoveri nel 1997 e 1998 presso il S. Martino. I riferimenti presenti in tali atti
riguardano tutte situazioni circoscritte e prossime nel tempo (si veda al riguardo le illuminanti
pagine 12 ss, 17 ss, 48 ss della CTU). Proprio in ragione di ciò non sono state ammesse le prove
orali, generiche ed atecniche, proposte dall'attrice al riguardo.
Il processo degenerativo del tessuto epatico, sfociato in sintomi "importati" e chiaramente percepibili e tali da indurre a ricorrere - questa volta sì - a sicure e documentate prestazioni sanitarie, soltanto nel 1997 ha del resto avuto la sua origine remota in epoca più risalente ed é frutto di
una reiterata e protratta offesa dei tessuti stessi (ben a ragione può quindi parlarsi anche di fronte alla patologia in oggetto di una malattia lungo - latente come lo si afferma per Epatite C e
HVG).
Ma in ogni caso, anche in ipotesi di un'insorgenza della patologia ad anni di distanza dalla prestazione medica contrattualmente inadempiuta, é evidente che momento rilevante e significativo
ai sensi e per gli effetti dell'art. 2935 c.c. é il momento dell'inadempimento contrattuale.
Queste le ragioni ed argomentazioni in ragione delle quali va respinta la domanda attrice.
Quanto alle domande risarcitone avanzate dal coniuge ribadite le precisazioni che precedono,
deve aggiungersi e sottolinearsi che nei suoi confronti, non é stata raggiunta una valida prova di
danni riflessi causati dal protratto e prostrante malessere, dolorabilità, mancanza di autonomia
della moglie.
Le spese di giudizio vengono compensate tra le parti attesi gli accertati inadempimenti contrattuali in cui é incorso il convenuto.
A carico al 50% di ciascuna parte le spese della CTU.
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P.Q.M.
Definitivamente pronunciando
Respinge la domanda proposta da C.L. e F.P. nei confronti dell'Ospedale Evangelico Internazionale in persona del rappresentante pro-tempore e con riferimento all'intervento ivi effettuato
il 18.1.1972.
Dichiara
compensate integralmente tra le parti le spese di giudizio Pone in via definitiva a carico di ciascuna parte il 50% delle spese di CTU.
Così deciso in Genova il 30 giugno 2006.
Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2006.
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