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David Foster Wallace Una cosa divertente che non farò mai più titolo originale: A Supposedly Fun Thing I’ll Never Do Again traduzione di Gabriella D’Angelo e Francesco Piccolo © David Foster Wallace, 1997 © minimum fax, 2010 Tutti i diritti riservati Edizioni minimum fax piazzale di Ponte Milvio, 28 – 00135 Roma tel. 06.3336545 / 06.3336553 – fax 06.3336385 [email protected] www.minimumfax.com I edizione nella collana Sotterranei: settembre 1998 II edizione nella collana Sotterranei: marzo 2001 I edizione nella collana I Quindici: marzo 2010 ISBN 978-88-7521-312-1 DAVID FOSTER WALLACE UNA COSA DIVERTENTE CHE NON FARÒ MAI PIÙ traduzione di GABRIELLA D’ANGELO E FRANCESCO PICCOLO 1. E allora oggi è sabato 18 marzo e sono seduto nel bar strapieno di gente dell’aeroporto di Fort Lauderdale, e dal momento in cui sono sceso dalla nave da crociera al momento in cui salirò sull’aereo per Chicago devono passare quattro ore che sto cercando di ammazzare facendo il punto su quella specie di puzzle ipnotico-sensoriale di tutte le cose che ho visto, sentito e fatto per il reportage che mi hanno commissionato. Ho visto spiagge di zucchero e un’acqua di un blu limpidissimo. Ho visto un completo casual da uomo tutto rosso col bavero svasato. Ho sentito il profumo che ha l’olio abbronzante quando è spalmato su oltre dieci tonnellate di carne umana bollente. Sono stato chiamato «Mister» in tre diverse nazioni. Ho guardato cinquecento americani benestanti muoversi a scatti ballando l’Electric Slide. Ho visto tramonti che sembravano disegnati al computer e una luna tropicale che assomigliava più a una specie di limone dalle dimensioni gigantesche sospeso in aria che alla cara vecchia luna di pietra degli Stati Uniti d’America che ero abituato a vedere. Ho partecipato (molto brevemente) a un trenino a ritmo di conga. Devo dire che ho vissuto il reportage commissionatomi con una sorta di fobia della prestazione. L’anno scorso una certa rivista patinata dell’East Coast aveva deciso di mandarmi a una di quelle vecchie e tranquille fiere locali, a farmi fare una specie di reportage, senza darmi nessuna indicazione precisa, ed è rimasta soddisfatta dei risultati. Così adesso mi è stata offerta quest’altra ciliegina tropicale, anche qui senza nessuna indicazione o richiesta specifica. Ma questa volta mi sento più a disagio: il rimborso spese della fiera locale era di ventisette dollari esclusi i giochi a premi. Questa volta Harper’s ha sganciato più di tremila dollari senza aver letto neanche una delle mie succose descrizioni ipnoticosensoriali. Mi continuano a dire – con grande pazienza, al radiotelefono della nave – di non affliggermi per questioni del genere. Credo davvero che questa gente che lavora nei giornali sia in malafede. Dicono che tutto quello che vogliono è una specie di cartolina turistica gigante scritta da uno che ci è stato – vai, ti fai i Caraibi alla grande, torni e racconti quello che hai visto. Ho visto un sacco di navi bianche veramente enormi. Ho visto frotte di pesciolini con le pinne luccicanti. Ho visto un parrucchino in testa a un ragazzo di tredici anni. (Ai pesci luccicanti piaceva ammucchiarsi tra la carena e il cemento delle banchine ogni volta che attraccavamo.) Ho visto la costa settentrionale della Giamaica. Ho visto e ho sentito la puzza di tutti i 145 gatti che vivono nella villa di Ernest Hemingway a Key West in Florida. Ora conosco la differenza tra Bingo e Superbingo, e cosa significa quando il jackpot del Bingo va «a palla di neve». Ho visto videocamere che praticamente richiedevano un carrello; ho visto valigie fosforescenti e occhiali da sole fosforescenti con cordicelle fosforescenti e più di venti tipi diversi di ciabatte infradito. Ho sentito tamburi da banda di paese e ho mangiato frittelle di sgombro e ho visto una donna in lamé argentato che vomitava a getto dentro un ascensore di vetro. Ho tenuto il ritmo di due quarti puntando il dito verso il cielo esattamente sulla stessa disco music sulla quale odiavo puntare il dito verso il cielo nel 1977. Ho imparato che in realtà ci sono intensità di blu anche oltre il blu più limpido che si possa immaginare. Ho mangiato più che mai e piatti più sofisticati che mai, per di più nella stessa settimana in cui ho imparato anche la differenza trabeccheggiare nel mare agitato e rollare nel mare agitato. Ho sentito un comico professionista dire seriamente al pubblico: «A parte gli scherzi». Ho visto completi fucsia e giacche rosa mestruo e scaldamuscoli viola e marrone e mocassini bianchi senza calzini. Ho visto croupier professioniste così carine che ti facevano venire voglia di fiondarti al loro tavolo e perdere fino all’ultimo centesimo a blackjack. Ho sentito cittadini americani maggiorenni e benestanti che chiedevano all’Ufficio Relazioni con gli Ospiti se per fare snorkeling c’è bisogno di bagnarsi, se il tiro al piattello si fa all’aperto, se l’equipaggio dorme a bordo e a che ora è previsto il Buffet di Mezzanotte. Ora conosco l’esatta differenza mixologica fra uno Slippery Nipple e un Fuzzy Navel. So cos’è un Coco Loco. Sono stato oggetto in una sola settimana di oltre 1500 sorrisi professionali. Mi sono scottato e spellato due volte. Ho fatto tiro al piattello sul mare. È abbastanza? In quei momenti non sembrava mai abbastanza. Ho sentito quanto pesa la cappa del cielo subtropicale. Almeno una dozzina di volte il suono della sirena della nave, un’assordante flatulenza degli dei, mi ha fatto prendere un colpo. Ho assimilato i fondamenti del mah-jong, mi sono visto a stralci una due giorni di bridge contratto, ho imparato come si allaccia il giubbotto salvagente sopra lo smoking e ho perso a scacchi con una bambina di nove anni. (Per la verità, ho fatto tiro verso il piattello, sul mare.) Ho mercanteggiato per dei gioielli senza valore con ragazzini malnutriti. Ora conosco ogni possibile giustificazione o scusa per chi spenda tremila dollari per andarsi a fare una crociera ai Caraibi. Mi sono mangiato le mani per aver rifiutato autentica marijuana giamaicana da un giamaicano autentico. Una volta ho visto dalla balaustra del ponte scoperto, molto più in basso e a destra della coda della carena, una cosa che mi è sembrata essere la pinna di uno squalo, mimetizzata nella scia del motore di dritta, violenta come le cascate del Niagara. Ho sentito – e non ho parole per descriverla – una musichetta da ascensore in versione reggae. Ho capito cosa significa avere paura del proprio water. Ho imparato ad avere il «piede marino» e ora mi piacerebbe perderlo. Ho assaggiato il caviale e mi sono trovato d’accordo con il giudizio del bambino che mi sedeva accanto: fa schifo. Ora ho capito bene cosa significa duty free. Ora conosco la velocità massima in nodi di una nave da crociera. Ho mangiato escargot, anatra, salmone affumicato dell’Alaska, salmone con finocchi, pellicano al marzapane e un’omelette fatta con quelle che venivano definite «tracce di tartufo etrusco». Ho sentito persone sedute sulle sdraio sul ponte dire che non è tanto il caldo, ma l’umidità. Sono stato – completamente, professionalmente e come mi era stato promesso – viziato. Ho osservato e catalogato, con ribrezzo, ogni tipo di eritemi, cheratinosi, lesioni pre-melanoma, macchie da mal di fegato, eczemi, verruche, cisti papulari, pancioni, celluliti femorali, vene varicose, trattamenti al collagene e al silicone, tinture orribili, trapianti di capelli malriusciti – insomma, ho visto un sacco di gente seminuda che avrei preferito non vedere seminuda. Mi sono sentito depresso come non mi sentivo dalla pubertà e ho riempito quasi tre taccuini per capire se era un Problema Mio o un Problema Loro. Ho acquisito e nutrito un rancore che potrebbe anche durare tutta la vita verso il direttore d’hotel della nave – il cui nome era signor Dermatis e che io da allora in poi ho battezzato signor Dermatitis – un rispetto quasi ossequioso per il mio cameriere e un’ardente passione per la cameriera della mia cabina del corridoio sul ponte 10, Petra, Petra dalle fossette e dalle sopracciglia ampie e candide, che indossava divise sempre bianche inamidate e fruscianti e profumava del disinfettante al cedro norvegese che passava nei bagni; e che puliva ogni centimetro praticabile della mia cabina almeno dieci volte al giorno, ma che non si è mai fatta sorprendere nell’atto di pulire – una figura di eleganza magica e duratura, meritevole di una cartolina tutta dedicata a lei. 1 2 1. Anche se non ho ancora ben capito cos’è un nodo. 2. In qualche modo aveva l’impressione che io fossi un giornalista ficcanaso, così non mi lasciava vedere la cambusa, il ponte di comando, le cabine del personale di bordo, niente di niente, né mi lasciava intervistare qualcuno dell’equipaggio o del personale con il registratore acceso; e poi portava gli occhiali da sole all’interno della nave, e aveva le spalline, ed è rimasto un sacco di tempo a parlare al telefono in greco mentre aspett avo nel suo ufficio dopo che mi ero perso le semifinali del karaoke nel salone Rendez-Vous per andare all’appuntamento che mi aveva dato lui; spero che si ammali. 2. Più precisamente: dall’11 al 18 marzo 1995 io, volontariamente e dietro compenso, mi sono sottoposto alla crociera «7 Notti ai Caraibi» ( 7NC) a bordo della m.n. Zenith, una nave da 47.255 tonnellate, di proprietà della Celebrity Crociere, una delle oltre venti compagnie di crociera che attualmente operano fra la Florida e i Caraibi. La nave e i servizi, da quello che ora so della qualità media dell’industria delle crociere, erano assolutamente di prim’ordine. Il cibo era superbo, il servizio impeccabile, le escursioni a terra e le attività di bordo organizzate fin nei minimi dettagli per il massimo dell’eccitazione. La nave era così bianca e pulita che sembrava sterilizzata. Il blu del mare dei Caraibi variava dal color copertadineonato-maschio fino al fosforescente; lo stesso per il cielo. Le temperature erano uterine. Persino il sole sembrava programmato secondo le nostre esigenze. Il rapporto equipaggio-passeggeri era di 1,2 a 2. Era una crociera extralusso. A parte le lievi varianti adattative a seconda della nicchia, la «Crociera Extralusso 7NC » costituisce un genere uniforme. Tutte le megacompagnie offrono lo stesso prodotto di base. Questo prodotto non consiste in un servizio o in una serie di servizi. Non è neanche tanto il divertimento (anche se si capisce subito che uno 3 4 dei grandi compiti del direttore di crociera e del suo staff è di continuare a rassicurare tutti che tutti si stanno divertendo): è più, come dire, una sensazione. Ma rimane un prodotto basato sulla buona fede – cioè, cercano davvero di produrla in te, questa sensazione: una miscela di relax ed eccitazione, di appagamento senza stress e turismo frenetico, quella fusione particolare di servilismo e condiscendenza che viene propagandata attraverso tutte le forme del verbo viziare. Le brochure delle megacompagnie sono addirittura tempestate da questo verbo: «...come non vi hanno mai viziati prima», «...a viziarvi nelle nostre jacuzzi e saune», «Lasciatevi viziare», «Fatevi viziare dai caldi zeffiri delle Bahamas». Il fatto che gli americani adulti degli anni Novanta tendano ad associare la parola pamper, «viziare», a un particolare prodotto di consumo non è casuale, non credo, e la connotazione non si perde in queste megacompagnie di massa e nelle loro pubblicità. E se ripetono e sottolineano di continuo questa parola, avranno le loro buone ragioni. 3. Nessun burlone farebbe a meno di ribattezzarla mentalmente Nadir nel momento stesso in cui sulla brochure della Celebrity legge lo stupidissimo nome Zenith, così concedetemi di farlo anch’io, ma il fatto che l’abbia ribattezzata non vuol dire che abbia qualcosa contro la nave. 4. Ci sono anche le compagnie Windstar e Silversea, Tall Ship Adventures e Windjammer Barefoot, ma sono esageratamente aristocratiche e usano imbarcazioni più piccole. Le venti e più compagnie di crociera di cui parlo usano le «meganavi», vere e proprie torte nuziali galleggianti, numero di passeggeri a quattro cifre e motori a elica grandi quanto una filiale di banca. Tra le megacompagnie che operano a sud della Florida ci sono la Commodore, la Costa, la Majesty, la Regal, la Dolphin, la Princess, la Royal Caribbean e la cara vecchia Celebrity. Poi ci sono la Renaissance, la Ro yal Cruise Line, la Holland, la Holland America, la Cunard, la Cunard Crown, la Cunard Royal Viking. C’è la Norwegian Cruise Line, c’è la Crystal, c’è la Regency. C’è il discount delle crociere, la Carnival, che le altre compagnie qualche volta chiamano la «Carnivore». Non riesco a ricordarmi a quale compagnia apparteneva la Pacific Princess di Love Boat (probabilmente, però, faceva la rotta California-Hawaii, anche se mi sembra di ricordare che andasse un po’ ovunque), ma ora la Princess ne ha acquisito il marchio e usa il povero vecchio Gavin MacLeod in alta uniforme per gli spot in televisione. La nave da crociera extralusso 7NC è un tipo, un genere di nave tutto particolare, come il cacciatorpediniere. Tutte le megac ompagnie hanno più di una nave. L’industria nasce da quei vecchi affari transatlantici tra nobili dove l’opulenza si fondeva con necessità reali di raggiungere delle mete – vedi ilTitanic, la Normandie, eccetera. Le diverse nicchie di mercato della crociera nei Caraibi – single, persone anziane, serate a tema, interessi particolari, viaggi premio delle società, festeggiamenti, famiglie, vacanze di massa, lusso, lusso assurdo, lusso grottesco – sono ormai ben fisse e delineate e oggetto di una competizione ai limiti della perversione (sullo scontro tra Carnival e Princess, a registratore spento, mi hanno detto cose d a far accapponare la pelle). Si preferisce progettare le meganavi in America, costruirle in Germania e immatricolarle in Liberia; e sia i capitani sia i proprietari sono per la maggior parte scandinavi o greci, e questo è interessante, visto che sono gli stessi popoli che dominano i mari più o meno da sempre. La Ce lebrity è di proprietà del gruppo Chandris; la X che campeggia sulle ciminiere delle tre navi ho scoperto che non è una X, ma una chi greca, che sta per Chandris, una famiglia greca di tradizione marittima così antica e potente che, pare, considera Onassis un poveraccio. 3. C’è un episodio che ha fatto notizia a Chicago. Qualche settimana prima che mi sottoponessi alla crociera extralusso, un ragazzo di sedici anni fece un capitombolo dal ponte più alto di una meganave – mi pare della Carnival o della Crystal: un suicidio. Secondo il tg si trattava di pene d’amore adolescenziali, una di quelle romantiche storie che nascono in crociera e finiscono male, eccetera. Secondo me c’era qualcos’altro sotto, qualcosa che nessun servizio del telegiornale sarà mai in grado di raccontare. In queste crociere extralusso di massa c’è qualcosa di insopportabilmente triste. Come la maggior parte delle cose insopportabilmente tristi, sembra che abbia cause inafferrabili e complicate ed effetti semplicissimi: a bordo dellaNadir – soprattutto la notte, quando il divertimento organizzato, le rassicurazioni e il rumore dell’allegria cessavano – io mi sentivo disperato. Ormai è una parola abusata e banale, disperato, ma è una parola seria, e la sto usando seriamente. Per me indica una semplice combinazione – uno strano desiderio di morte, mescolato a un disarmante senso di piccolezza e futilità che si presenta come paura della morte. Forse si avvicina a quello che la gente chiama terrore o angoscia. Ma non è neanche questo. È più come avere il desiderio di morire per sfuggire alla sensazione insopportabile di prendere coscienza di quanto si è piccoli e deboli ed egoisti e destinati senza alcun dubbio alla morte. E viene voglia di buttarsi giù dalla nave. Sono sicuro che questa parte verrà tagliata, ma credo sia necessario partire da lontano. Io, che prima di questa crociera, si può dire, non ero mai stato sull’oceano, ho sempre associato l’oceano al terrore e alla morte. Quand’ero piccolo imparavo a memoria tutti i dati delle morti violente causate dagli squali. Non gli attacchi. Le morti violente. Albert Kogler a Baker’s Beach in California nel 1959 (squalo bianco gigante); il banchetto della Indianapolis nelle Filippine nel 1945 (molte specie diverse, gli esperti pensano soprattutto squali-tigre e squali blu); la serie di incidenti con più morti attribuiti a un singolo squalo nell’area Matawan/ Spring Lake, New Jersey, nel 1916 (ancora uno squalo bianco gigante; questa volta catturarono un carcharias nella Raritan Bay con resti umani in gastro (e mi ricordo quali resti e di chi)). A scuola sono arrivato al punto di scrivere tre relazioni sul capitolo «Il naufrago» di Moby Dick, che è il capitolo dove Pip il mozzo cade in mare e impazzisce per l’immenso vuoto in cui si ritrova a galleggiare. E ora che insegno, parlo sempre della storia orribile di «The Open Boat» di Crane, e rimango molto deluso quando i ragazzi trovano il racconto noioso o semmai del genere avventuroso-brillante: voglio che provino lo stesso terrore oceanico a livello spinale che ho sempre provato io, la percezione del mare come un nada primordiale, senza fondo – abissi popolati da esseri con denti affilati che risalgono verso di te alla velocità di una piuma che cade. Insomma, di qui il mio atavico feticismo per gli squali – che, devo ammettere, è tornato alla carica con un desiderio di vendetta a lungo represso, durante questa crociera extralusso – e per questo ho fatto tanto di quel casino per quell’unica (presunta) pinna dorsale che ho visto giù a dritta, che i miei compagni del tavolo 64 alla fine mi hanno dovuto dire, con il massimo tatto, di farla finita con questa storia della pinna. Non penso sia un caso che le crociere extralusso 7NC attraggono perlopiù persone anziane. Non parlo di vecchi decrepiti, parlo di persone sopra i cinquant’anni, per le quali sentirsi mortali è qualcosa di più di un’astrazione. La maggior parte dei corpi in mostra che si potevano incontrare a tutte le ore del giorno sulla Nadir erano in vari stadi di decomposizione. E l’oceano stesso (che ho trovato salato come l’inferno, come un collutorio per il mal di gola; e il suo spruzzo era così corrosivo che probabilmente dovrò sostituire un perno dei miei occhiali) mi si è rivelato fondamentalmente una gigantesca macchina di decomposizione. L’acqua del mare corrode le navi a una velocità impressionante – le arrugginisce, scrosta la vernice, mangia lo smalto, le rende opache; la carena è costellata di crostacei e resti di alghe e una qualche forma ubiquitaria di moccio marino che sembra incarnare la morte. Abbiamo visto dei veri orrori nei porti, barche immerse in un misto di acido e merda, incrostate dalla ruggine e dalla melma, devastate proprio da ciò che permette loro di galleggiare. Questo non riguarda le navi delle megacompagnie. Non è un caso che siano così bianche e pulite, poiché è evidente che devono rappresentare il trionfo calvinista del capitale e dell’industria sulla primitiva forza corrosiva del mare. LaNadir sembrava avere un intero battaglione di instancabili ragazzi del terzo 5 6 mondo che giravano per la nave in tuta blu navy alla ricerca del minimo indizio di decadenza. Lo scrittore Frank Conroy, autore dell’articolo pubblicitario della brochure della Celebrity Crociere 7NC, racconta di come «diventò per me una sfida personale riuscire a scovare un angolo opaco, un bordo scheggiato, una macchia sul ponte o una cima allentata, o qualsiasi altra cosa che non fosse perfettamente in ordine. Alla fine, nelle ultime ore di viaggio, trovai un cabestano con una macchia di ruggine della misura di mezzo dollaro, sul lato che guardava il mare. La mia soddisfazione per questa piccola imperfezione fu interrotta, mentre ero addirittura ancora sul posto, dall’arrivo di un uomo dell’equipaggio con un pennello e un secchio di vernice bianca. Lo osservai mentre dava una mano di vernice fresca all’intero cabestano; poi si allontanò con un cenno di assenso». Questo è il fatto. Una vacanza è una tregua dalle cose sgradevoli, e poiché la coscienza della morte e della decadenza è sgradevole, può sembrare strano che la più sfrenata fantasia americana in fatto di vacanze preveda che si venga schiaffati in mezzo a una gigantesca e primordiale macchina di morte e decadenza. Eppure, sulla crociera extralusso 7NC, veniamo coinvolti con abilità proprio nella costruzione di svariate fantasie di trionfo sulla morte e sulla decadenza. Un modo di mettere in atto questo «trionfo» è la disciplina del miglioramento di se stessi; e la manutenzione anfetaminica della Nadir da parte dell’equipaggio è sfacciatamente analoga alla cura ossessiva dell’organismo: dieta, ginnastica, integratori ipervitaminici, chirurgia cosmetica, seminari sultimemanagement e tutto il resto. C’è anche un’altra strada per il trionfo sulla morte. Dall’organismo all’onanismo. Dalla fatica del lavoro alla fatica del divertimento. Le attività ininterrotte della 7NC, i giochi, le feste, l’allegria e le canzoni; l’adrenalina, l’eccitazione, l’iperstimolazione. Ti esaltano, ti fanno sentire vivo. Ti danno l’impressione che la tua esistenza sia libera dalle contingenze. L’opzione della fatica del divertimento non promette tanto il superamento del terrore della morte quanto piuttosto di allontanarlo per un po’ di tempo: «Mentre vi fate delle grandi risate con i vostri amici nel salone dopo cena, darete uno sguardo all’orologio e direte che è quasi ora dello spettacolo... Quando calerà il sipario, dopo una grande standing ovation, fra i vostri amici qualcuno dirà: “E ora che facciamo?” Magari una puntatina al casinò o quattro salti in discoteca? Magari un bicchierino tranquillo al piano bar o una passeggiata sul ponte al chiaro di luna? Dopo aver discusso tutte le possibili alternative, urlerete tutti insieme: “Facciamo tutto!”» Certo non è Dante, ma la brochure «Crociere 7NC » della Celebrity è comunque un esempio estremamente efficace e ingegnoso di comunicazione pubblicitaria. La brochure ha il formato di un settimanale, è pesante e patinata, con una bella grafica, con il testo corredato da primi piani artistici di coppie benestanti abbronzate e bloccate in una paresi di piacere. Ogni megacompagnia ha la sua brochure, e sono tutte sostanzialmente intercambiabili. La parte centrale della brochure entra nel dettaglio dei diversi pacchetti e itinerari. Gli itinerari base delle 7NC sono Caraibi occidentali (Giamaica, Grand Cayman, Cozumel) o Caraibi orientali (Portorico, Isole Vergini), oppure una cosa chiamata i Profondi Caraibi (Martinica, Barbados, Mayreau). Ci sono anche pacchetti che offrono dieci o 7 8 9 10 11 undici notti nei Caraibi e che toccano tutta la costa esotica tra Miami e il canale di Panama. La parte finale della brochure, il piatto forte, è dedicata ai costi dettagliati, a documenti, leggi doganali, avvertenze e penalità. Ma è la prima parte di queste brochure che davvero ti conquista, le foto e gli slogan in corsivo tratti da Fodor’s Cruises e Berlitz, le sognanti mises en scène e la prosa mozzafiato. E la brochure della Celebrity, in particolare, ti fa davvero sbavare. A margine ci sono dei piccoli riquadri ipertestuali, incorniciati in oro, che dicono cose come LA FELICITÀ A PORTATA DI MANO, IL RELAX DIVENTA LA VOSTRA SECONDA NATURA, LO STRESS È SOLO UNO SBIADITO RICORDO . E queste promesse ci portano al terzo tipo di sconfitta del terrore della morte che offre la Nadir, quello che non richiede né lavoro né divertimento, quel tipo di lusinga che nelle 7NC è proprio come il bastone e la carota. 12 5. Sto andando a memoria. Non ho bisogno di libri. Posso dirvi il nome di ogni singolo morto riconosciuto della Indianapolis, compresi alcuni numeri d’ordine e le città natali (centinaia di morti, di cui ottanta ufficialmente attribuiti agli squali, 7-10 agosto 1945; la Indianapolis aveva appena consegnato nell’isola di Tinian la «Little Boy» destinata a Hiroshima, come ricordano alcuni con sarcasmo. L’intero episodio fu ripreso, con Robert Shaw nei panni di Quint, nello Squalo del 1975, che per me, a tredici anni, come potete immaginare, fu un vero e proprio porno -fetish). 6. E devo ammettere che già la prima sera della 7NC ho chiesto al personale del Caravelle, il ristorante a cinque stelle della Nadir, se per caso gli avanzava un secchio di scolatura della carne al sangue, in modo da provare a socializzare con gli squali dal ponte più alto a poppa, e che tutti, dal maître in giù, hanno visto questa richiesta come un disturbo, arrecato per di più da un disturbato, il che si è rivelato un brutto faux pas dal punto di vista giornalistico, perché sono quasi sicuro che il maître ha passato l’increscioso bocconcino al signor Dermatitis e sospetto che questa sia la ragione principale per cui mi è stato negato l’accesso a reparti come la cambusa della nave, impoverendo in tal modo la portata ipnotico-sensoriale di questo reportage (in più questo fatto ha dimostrato quanto poco fino a quel momento avessi capito le dimensioni reali della Nadir: i ponti erano dodici ed era alta più di quarantacinque metri, quindi la scolatura di carne al sangue, una volta a contatto col mare, si sarebbe dispersa in un’acqua di colonia appena rossastra, con una concentrazione di sangue del tutto inadeguata ad attrarre o a stimolare uno squalo che si rispetti, la cui pinna, in ogni caso, da quell’altezza, mi sarebbe sembrata una capo cchia di spillo). 7. (che a quanto pare è una specie di ascensore nautico, come una carrucola anabolizzata) 8. La Nadir ha letteralmente centinaia di piantine in sezione della nave su ogni ponte, in ogni ascensore o passaggio, ognuna con un punto rosso e un VOI SIETE QUI – e non ci vuole molto per capire che, più che per l’orientamento, servono a dare qualche strana forma di rassicurazione. 9. Ci sono continui riferimenti a questi «amici» nel testo della brochure; parte della promessa di sfuggire al terrore della morte consiste nel fatto che nessun passeggero resterà mai da solo. 10. Visto? 11. Ci sono sempre coppie in questa brochure, e anche se ci sono foto di gruppo, sono sempre gruppi di coppie. Non mi è capitato di sfogliare una brochure di una crociera per single, ma ora che mi ricordo c’è stata una serata dal titolo «Tutti i single insieme» (sic) sulla Nadir il primo sabato sera, tenuta alla discoteca Scorpio sul ponte 8, e dopo un’ora di autoipnosi e training autogeno mi sono fatto coraggio e sono andato, ma anche in questa serata di «tutti single» il settantacinque per cento erano coppie fisse, e quei pochi single al disotto dei settanta – me compreso – avevano un’espressione da ebeti e sembravano tutti sotto l’effetto dell’autoipnosi, e l’intera serata faceva venire voglia di tagliarsi le vene, così dopo mezz’ora ho battuto in ritirata perché per quella notte il programma della tv segnalava Jurassic Park, e io non avevo ancora controllato il programma di tutta la settimana e quindi non sapevo ancora che Jurassic Park l’avrebbero dato almeno una cinquantina di volte. 12. Da 2500 a 4000 dollari per le meganavi di massa come la Nadir, a meno che non vogliate la suite presidenziale con vista sul cielo, un intero bar con superalcolici, palme automatiche, eccetera, nel qual caso il prezzo raddoppia. 4. «Vi basterà affacciarvi dalla nave e guardare il mare per sentirvi già profondamente sollevati. Mentre vi lascerete trasportare come una nuvola sull’acqua, il peso della vita quotidiana svanirà come per magia e vi sembrerà di galleggiare sopra un mare di sorrisi. Non soltanto quelli dei vostri amici passeggeri, ma anche quelli del personale di bordo. Mentre uno steward vi servirà con piacere da bere, gli accennerete qualcosa circa i sorrisi dell’intero equipaggio. Lo steward vi spiegherà che ogni membro dello staff Celebrity trae piacere dal compito di rendere la vostra crociera un’esperienza completamente libera da preoccupazioni e dal trattarvi come un ospite d’onore. Inoltre, aggiungerà, non esiste altro posto al mondo dove vorrebbero stare. E voi, voltandovi a guardare il mare, sarete completamente d’accordo con lui». La brochure della Celebrity 7NC usa sempre la seconda persona plurale. È una scelta assolutamente appropriata. Perché nella concezione della brochure l’esperienza della 7NC non è descritta, ma evocata. La vera seduzione della brochure non consiste tanto nell’invito a sognare quanto nella vera e propria costruzione del sogno. Questa è sì pubblicità, ma con uno strano risvolto autoritario. Nei normali spot rivolti a un pubblico adulto, fanno vedere persone bellissime in un momento 13 di felicità che rasenta l’illegale, con dialoghi che includono il nome di un certo prodotto, e si suppone che voi sogniate di essere proiettati nel mondo perfetto della pubblicità attraverso l’acquisto di quel prodotto. Nelle solite pubblicità, in cui la vostra capacità d’azione e la vostra libertà di scelta devono essere manipolate, l’acquisto è presupposto del sogno; è il sogno che viene venduto, e non una vera e propria proiezione nel mondo della pubblicità. Non si ha mai la sensazione che ti stiano facendo una vera promessa. È questo che rende la solita pubblicità fondamentalmente fiacca. Fine dell'estratto Kindle. Ti è piaciuto? Download/Read Online Unlimited Books