0 gustavo esteva in italia - Sur
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Queste schede sono il frutto dell’infaticabile lavoro di Aldo Zanchetta e del Mininotiziario America Latina dal Basso www.kanankil.it/[email protected] UNA BIOGRAFIA DI GUSTAVO ESTEVA Scritta da David C. Korten (…) per presentarlo ad un seminario presieduto dallo stesso Korten. Gustavo Esteva lavora sia in forma indipendente sia all’interno di una varietà di organizzazioni e comunità messicane. E’ stato una figura chiave per la fondazione di diverse ONG e reti messicane, latinoamericane e internazionali fra le quali Spazi di Innovazione Tecnologica (una organizzazione che collega e promuove l’interazione fra gruppi e comunità) e Autonomia, Decentramento e Gestione (un gruppo di 12 ONG che appoggiano centinaia di piccoli gruppi di base). Preferisce definirle “amache” più che reti o coalizioni perché cercano di adattarsi alle modalità di iniziativa dei suoi membri invece di imporre delle modalità dall’esterno. Sebbene non sia economista di formazione, Gustavo ha ricevuto il Premio Nazionale di Economia Politica del Messico per i suoi contributi alla teoria dell’inflazione, e sebbene non sia sociologo, è stato Presidente del Quinto Congresso Mondiale di Sociologia Rurale. E’ stato anche presidente della Società Messicana per la Pianificazione che includeva fra i suoi membri due presidenti della Repubblica e vari leaders dell’opposizione e fu Membro e Presidente interino del consiglio dell’Istituto delle Nazioni Unite per la Ricerca sullo Sviluppo Sociale. All’inizio della sua carriera Gustavo occupò posizioni importanti sia in imprese private che nel governo e sembrò destinato a una carriera rilevante nelle istituzioni. Però giunse alla conclusione che la soluzione dei problemi della gente può essere trovata solo a partire dalla gente stessa e si mise al suo servizio. Gustavo è uno scrittore assai conosciuto e ha pubblicato una dozzina di libri e più di 500 saggi in diversi paesi e lingue. Tiene una rubrica sul supplemento domenicale di El Nacional ed è opinionista di altri periodici messicani, (fra i quali La Jornada, ndt). Egli ha un particolare interesse ad accrescere la coscienza pubblica sugli effetti delle politiche pubbliche nella vita dei poveri. Cerca di rendere accessibile a un uditorio più vasto di intellettuali e di opinionisti i punti di vista e le prospettive dei poveri coi quali si è schierato. Gustavo è anche una voce attiva del segmento “deprofessionalizzato” della comunità intellettuale del sud. Rifiuta sia la terminologia che le costruzioni dello sviluppo in tutte le loro forme, considerandole interamente distruttive dei processi umani attraverso i qquali la gente comune si impegna a ricostruire la comunità come espressione creativa della propria cultura e delle proprie aspirazioni. Gustavo sostiene che anche le prescrizioni dello sviluppo “alternativo” conducono inesorabilmente a privare la gente del controllo della propria vita consegnando il controllo ai burocrati, ai tecnocrati e agli educatori. Invece di supporre che il progresso umano si costruisca dentro uno stampo precostituito che conduce alla crescente omogeneizzazione delle culòture e degli stili di vita, preferisce un “pluralismo radicale” che valorizza e nutre la diversità culturale identitaria e rende possibili molti percorsi diversi per la realizzazione di aspirazioni autodefinite. Gustavo Esteva non parlerebbe di sè nei termini di queste note preparate all’inizio degli anni 90 ma in esse trova una descrizione affettuosa e rispettosa della sua attività. In questi anni ha aumentato considerevolmente il numero delle sue pubblicazioni e ha ampliato e arricchito considerevolmente il suo attivismo in comunità e organizzazioni. Nel 1996 fu consulente dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale nei negoziati di pace con il governo e da allora è vicino in vari modi allo zapatismo. Dal 1989 vive in un piccolo villaggio indio a Oaxaca, nel sud delMessico, è dedica una parte significativa della sua attività al “Centro di Incontri e Dialoghi Interculturali” a alla “Università della Terra” a Oaxaca, organizzazioni che ha contribuito a fondare. D.C.Korten A me sembra (nota di A.Z.) che parlare di Esteva senza parlare di Ivan Illich sia oggi una grave omissione. Nel libro “Ritorno dal futuro”, dove parla dell’esperienza dell’Università della Terra, Esteva scrive, parlando della sua vita: “A quel punto sono successe due cose. Innanzitutto ho cominciato a ricordare. Quando ero bambino, mi mandavano a trascorrere le vacanze a Oaxaca, con la nonna. Ricordando quello che lei mi insegnava con la sua stessa esistenza, nel mercato dove teneva una bancarella, ho intrapreso il lentissimo cammino che mi ha portato a ricordare il mio popolo. Poi ho incontrato Ivan Illich. L’attrattiva che provavo nei confronti di Ivan nasceva dal fatto che le sue idee, le sue parole, i suoi scritti erano una brillante presentazione intellettuale dei discorsi della gente comune. Ivan descriveva i modi di vivere e di essere che avevo sempre incontrato nel mondo di mia nonna, nel mondo degli altri popoli indigeni, nel mondo dei campesinos o degli emarginati. ‘Vernacolare’ e ‘conviviale’, due parole che occupano un posto centrale nel lavoro di Ivan, sono simboli magnifici dei mondi del mio popolo. Là le avevo udite, prima di leggere gli scritti di Ivan. In tutti gli anni che avevano preceduto il mio incontro con lui, avevo percepito, sentito, odorato, toccato e sperimentato quelle parole, e ciò di cui erano simbolo, nei villaggi e fra la gente comune.” LIBRI DI ESTEVA PUBBLICATI IN ITALIA Elogio dello Zapatismo LuccaLibri/Fondazione Neno Zanchetta, Lucca 2005 La Comune di Oaxaca. Cronaca di un movimento annunziato Carta-Fondazione Neno Zanchetta-Caffè Basaglia, Torino 2008 Antistasis. L’insurrezione in corso, Asterios, Trieste 2012 Di prossima pubblicazione con l’editore Asterios A Marzo: Ritorno dal Futuro “ Tornare alla tavola (in collaborazione col Pratec di Lima) A aprile o maggio: Ripensare il mondo con Ivan Illich Una raccolta di saggi curata e presentata da Gustavo Esteva in occasione del X anniversario della morte di Ivan Illich. GUSTAVO ESTEVA IN ITALIA Molti qui da noi pensano che di questi tempi, se qualcosa di politicamente interessante viene pensato e sperimentato nel mondo, questo viene pensato e sperimentato in America Latina. Forse non è così e forse occorrerebbe conoscere meglio anche altri mondi, in Asia, in Africa. E ora anche da noi qualcosa di nuovo si muove… Ma è certo che le esperienze e le riflessioni che si dipanano oggi in America Latina, “dal basso e a sinistra”, hanno un significato che va al di là di questa vasta regione del mondo: altri mondi sono possibili, anzi esistono Non mi riferisco ai cosiddetti “governi progressisti”, sui quali non mi soffermo perché alla loro analisi stiamo da tempo dedicando molti numeri del Mininotiziario. Mi limito a notare che se in alcuni paesi (Venezuela, Ecuador, Bolivia) si sono elaborate in questi anni nuove Costituzioni sicuramente avanzate nei contenuti, questi contenuti sono poi stati disattesi negli impianti legislativi che sono loro seguiti. E le loro economie in particolare sono rimaste impigliate, ad oggi irrimediabilmente, nel paradigma della ri-primarizzazione estrattivista, sia di origine mineralenergetica che mono-agro-esportatrice. E il loro richiamo ad un presunto socialismo del secolo XXI infine è sempre più confuso e retorico. Se novità interessanti ci sono, queste –senza generalizzare e idealizzare, per carità- vengono dal basso, dal mondo indigeno, da quello campesino, dalle sterminate periferie delle grandi città, cioè dal mondo degli emarginati dal sistema dominante e che per sopravvivere devono uscire (o tentare di non essere vincolati) dai paradigmi economicistici del sistema. E’ in questi mondi “altri” che si sperimentano o si recuperano forme di vita non capitaliste, più solidarie, che seguono altre logiche ed altri percorsi, certo lunghi e talora non chiaramente predefiniti, come quelli delle superaffollate periferie urbane, analizzate con acutezza da Raúl Zibechi nel suo libro “Periferie in resistenza”, o quelli più incisivi, perché ancorati ad una solida tradizione comunitaria, degli zapatisti del Chiapas, degli indigeni del Cauca in Colombia o dei Mapuche nel sud del subcontinente, per citarne solo alcuni, o ancora da movimenti contadini come i Sem Terra in Brasile o quelli collegati a livello intercontinentale in Via Campesina. In questi mondi sono in atto innumerevoli e multiformi esperienze che poco per volta comunicano fra loro, si interconnettono e danno vita ad una nuova cultura, come scrive Ramón Vera Herrera in “La costruzione collettiva del sapere” (contributo all’opera collettiva “Pensare il mondo con Ivan Illich”): Oggi l’America latina è un laboratorio di spazi di riflessione derivati dallo scambio di molte esperienze che cominciano ad affluire da molte direzioni. Forse per la prima volta nella storia possiamo tracciare il panorama completo di come opera, di fatto, il capitalismo nel mondo. Le assemblee comunitarie sono spazi di riflessione e di apprendimento estremamente importanti. E’ qui, e nell’azione concreta, che la gente apprende e insegna in un modo naturale e pertinente. (…) Questa precisione della visione dal basso (nata da gruppi, collettivi, comunità e organizzazioni che cominciano a recuperare la loro storia ed a capire le condizioni che pesano sulla loro vita) è sorprendente per la sua coincidenza con l’analisi e le previsioni che aveva fatto Illich più di quaranta anni or sono. Col passare degli anni, il modo in cui il capitalismo opera in maniera articolata con livelli interconnessi appare sempre più nitida in questi spazi di dialogo e di riflessione che si moltiplicano –e dà forza alla resistenza di tante persone che si riconoscono unite.>> Di questi mondi, in cui è in atto una “insurrezione” avente forme nuove, non sempre appariscenti ad uno sguardo convenzionale, Gustavo Esteva è sia attore che interprete di rilievo. Nell’introduzione all’edizione italiana del suo libro “L’insurrezione in corso” (ediz. Asterios) egli cita Ivan Illich: <<Considero che un atto è ‘rivoluzionario’ solo quando la sua apparizione all’interno di una cultura stabilisce in modo irrevocabile e significativo una nuova possibilità, vale a dire una trasgressione dei limiti culturali che apre un nuovo percorso. Un atto rivoluzionario è la prova inattesa di un nuovo fatto sociale, che avrebbe potuto essere predetto, atteso o perfino necessario, del quale però mai prima si era dimostrato che fosse possibile>>. E aggiunge: <<Siamo chiaramente di fronte ad una ribellione, al tipo di atti che costituiscono la sostanza di ogni autentica rivoluzione. "E' un'irruzione dell'essere dominato nell'accadimento politico della dominazione nel suo divenire", come afferma Gilly. <<Non sono le élites, nemmeno quelle radicali, a dar corpo alla frattura dell'antico ordine e ad aprire la porta al nuovo. Sono altri, gli umiliati, gli offesi, i protagonisti dell'atto materiale e fisico della rivolta senza il quale non c'è rivoluzione, ma tutto al più un cambiamento nel comando politico in essere>>. Confrontarci col pensiero di Esteva, un intellettuale deprofessionalizzato, come egli si definisce, autore di molti libri e innumerevoli articoli, significa entrare in comunicazione con un modo ricco e diverso di pensare l’”insurrezione”, in cui confluiscono il pensiero sovvertitore di Ivan Illich, l’esperienza ormai quasi ventennale dell’autogestione degli zapatisti, dei quali egli è stato consulente nell’elaborazione degli Accordi di San Andrés, l’esperienza innovativa dei modi di apprendimento dell’Università della Terra di Oaxaca da lui co-fondata, nonché delle varie altre esperienze intellettuali e di azione delle realtà cui egli partecipa e delle quali spesso è stato co-promotore. Durante gli incontri potrete trovare gli ultimi libri di Esteva pubblicati in Italia a cura di Asteroios Edizioni: -Antistasis. L’insurrezione in corso -Torniamo alla tavola Sovranità alimentare e cultura del cibo. (in collaborazione con il Pratec) -Senza insegnanti. Descolarizzare il mondo ANCORA SULLE “INSURREZIONI IN CORSO” Le tematiche affrontate, ancorché in modo sintetico, nel libro di Gustavo Esteva, L’insurrezionme in corso (Asterios, 2012, E 9,5), vengono ogni giorno arricchite da nuove esperienze in varie parti del mondo. Così abbiamo riportato, nel numero precedente, alcune esperienze quali la “polizia comunitaria”, sulla quale ritorneremo in considerazione delle problematiche ad essa sottese. Ci è sembrato interessante tradurre questo testo di Víctor M. Toledo, tratto da La Jornada, che pur traendo spunto da fatti messicani, allarga la vista su un orizzonte più ampio. Al solito, non si tratta di proporre cose da trasporre in altri contesti ma di alimentare riflessioni creative. OPINIONE: GLI ZAPATISMI IN UN MUNDO QUE SI SGRETOLA Víctor M. Toledo Il mondo che si sgretola è quello della civiltà industriale, sostenuta da 4 colonne: · La concorrenza, e non la cooperazione, fra individui, imprese e paesi · I mercati dominati dalla logica capitalista che consentono processi illimitati di accumulazione, centralizzazione e, sopra tutto, di accumulazione di ricchezza (monopoli) · L’uso predominante di combustibili fossili (petrolio, gas, carbone e uranio) · La scienza e la tecnologia come strumenti di controllo e di potere. Messi insieme, questi quattro meccanismi generano un modello che distrugge la natura e sfrutta il lavoro umano. Queste quattro colonne continuano ad essere postulate ciecamente dal neoliberismo, e riprodotte, estese e ampliate dall’accoppiata formata dal potere politico (partiti e governi senza distinzione ideologica) e dal potere economico (mercati, imprese, banche, corporations). La crisi di civiltà affronta ormai problemi gravi in tutti i domini, domina gli spazi geopolitici centrali (Giappone, Europa e Stati Uniti) e, ciò che è più preoccupante, rifiuta di riconoscere che si sta incamminando verso il collasso. Da oggi al 2050 la popolazione giungerà a 9 miliardi, il petrolio sarà esaurito (ma non il gas e il carbone), la produzione di alimenti sarà insufficiente e gli effetti del cambio climatico, amplificati e accumulati saranno, a dir poco, fra severi e catastrofici. In un documento precedente (Opinión: Los zapatismos, una mirada desde la ecología política, La Jornada, 01/02/13) abbiamo proposto di rileggere da una prospettiva eco-politica il ruolo che giocano sia il (neo) zapatismo dell’EZLN come l’altro zapatismo rappresentato da migliaia di progetti alternativi che nascono come resistenze di fronte al depreda mento neoliberista. Entrambi coincidono nel fatto che sono processi emancipatorii che affermano e sostengono (in misure diverse) il potere sociale, vale a dire l’autogestione locale e/o regionale in territori concreti. Entrambi mostrano come uscire dal capitalismo, per utilizzare l’espressione del filosofo francese André Gorz. Se i cinque caracoles sono riusciti a mantenersi in un vasto territorio del Chiapas al di fuori dei processi egemonici di carattere politico, economico e socioculturale, risulta ugualmente interessante che in almeno altre 16 regioni del paese esistano processi autonomisti che senza essere specificatamente politici si muovono in funzione di valori similari. Questi processi di autonomia sociale sono caratterizzati da elementi quali l’organizzazione collettiva, l’assemblea come strumento supremo di assunzione delle decisioni, le pratiche produttive orientate verso il rispetto della natura, della conservazione della biodiversità, il recupero della cultura, l’accumulazione sociale del capitale, la creazione di banche, casse di risparmio popolari, mercati “giusti” e organici, l’autodifesa. Un esame di quest’altro zapatismo –più di 2mila progetti o esperienze con diversi gradi di avanzamento, permettono di distinguere 12 obbiettivi che potenziati consentono di creare territori liberati DODICI CRITEROI PER OTTENERE L’AUTONOMIA DEI TERRITORI MEDIANTE L’ EMPOWERMENT O L’AUTOGESTIONE SOCIALE Economia sociale e solidaria Ecologia Auto-governo Cosmovisione Abitare Autodifesa Comunicazione Salute Energia Sistema finanziario Scienza e appropriate Cultura e arte tecnologie Pratiche produttive e commerciali basate sulla diversità, solidarietà e equità, e nel consenso responsabile. Imprese sociali. Mercati giusti e organici. Sistemi agro-pecuari, forestali, estrattivi e di pesca basati sull’agro-ecologia. Riciclo dei rifiuti, acque, residui solidi e energia. Democrazia diretta, partecipativa e multi-livello, fondata su assemblee, consulte, referendum, comitati cittadini e rotazione dei dirigenti. Senza partiti politici. Modi di vita basati sul rispetto delle risorse, processi, cicli e servizi alla natura e sulle relazioni di reciprocità, equità e solidarietà. Abitazioni ecologiche autosufficienti in alimenti, acqua, energia e materiali e riciclo delle acque e degli scarti Autodifesa mediante la creazione di polizie locali, comunitarie, municipali o regionali Mezzi comunitari o collettivi come stazioni radio e canali di televisione, siti web, periodici e pubblicazioni diverse su scala locale o regionale Cliniche locali orientate alla medicina preventiva e familiare, dove coesistano differenti pratiche mediche Progetto e costruzione di dispositivi basati sull’energia solare e di piccola scala quali generatori fotovoltaici, mini-idroelettrici, mini-eolici etc Creazione di cooperative finanziarie o banche popolari di scala locale, comunitaria, municipale o regionale Appoggio a ricercatori e tecnici con coscienza sociale e ambientale capaci di promuovere il dialogo dei saperi, la ricerca partecipativa, interdisciplinare e interculturale Recupero delle culture originarie e tradizionali; arte per i cittadini Oggi trasformazione sociale significa salvezza, perché viviamo una crisi della sopravvivenza dell’umanità, del pianeta e della vita stessa. E questo non sarà fattibile seguendo le due vie tradizionali: quella elettorale e quella della violenza rivoluzionaria. La democrazia rappresentativa è divenuta ormai inefficace dato il deterioramento, la corruzione e l’inefficacia delle istituzioni. La via violenta è impercorribile di fronte agli enormi poteri militari degli stati. Quindi “…se non è possibile cambiare il mondo, cambieremo di mondo”. Solo il potere sociale o cittadino esercitato nei territori, prima su piccola scala e poi accresciuto attraverso la sommatoria di spazi geopolitici, otterrà la trasformazione necessaria. Come succede già in altre parti del mondo, questo processo inedito di carattere ecologico e politico sta ottenendo riconoscimento all’interno di un nuovissimo pensiero critico. Qui si trovano i movimenti indiani basati sullo swadeshi di Gandhi, le centinaia di città del movimento transitions town in Europa e in altre regioni; le traiettorie popolari orientate dal buen vivir sulla zona andina, e specialmente il caso di Cuba, che è divenuto un esperimento sociale di punta perché, al doi là del regime, è riuscita a recuperare il collasso energetico (vedi il documentario “Il potere della comunità” ver el documental). Il Messico gli zapatismi costituiscono i semi del cambio civilizzatorio. Riusciranno a formare un ampio fronte sociale? Ascoltiamo il silenzio. (http://indignados.jornada.com.mx/recientes/opinion-los-zapatismos-en-un-mundo-que-se-desmoronavictor-m-toledo#sthash.Q2kf8AHD.dpuf)