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G Gerontol 2009;57:262-266
Società Italiana di
Gerontologia e
Geriatria
Articolo originale
Original article
Sezione clinica
Il dolore cronico nel paziente anziano
Persistent pain in the elderly
L. Bagnara, E. Colombo, C. Bilotta, C. Vergani, L. Bergamaschini
Dipartimento di Medicina Interna, Unità di Geriatria, Fondazione Ospedale Maggiore-Policlinico IRCCS, Università di Milano
Objective. To analyze the prevalence of persistent pain in the elderly and estimate its impact on patients’ usual daily activities and depression symptoms.
Methods. 227 patients at the Geriatric Unit, Ospedale Maggiore Policlinico di
Milano, or their caregivers filled up a questionnaire about presence of pain and
its impact on functional autonomy. Further information was gathered from the
charts and, 3 months later, patients and caregivers underwent a follow-up evaluation by phone interview.
Results. 75% of patients reported persistent pain, occurring daily in 70% of
subjects. Average intensity was 6.5 (on a 0-10 range) and it affected patients’
common daily activities and was associated with depressive symptoms. 52% of
patients did not use analgesics, NSAIDs were the most common class of analgesics (16%). The lower prevalence of pain among patients with dementia is
likely associated with undervaluation by caregivers. Pain and depression do not
correlate, whilst a greater use of antidepressants (SSRI) was observed among
patients without pain.
Conclusions. Persistent pain in the elderly seems to be poorly diagnosed and
treated despite its influence on patients’ mood and daily activities. Common acceptance of pain and scepticism towards analgesics, especially for patients that
already assume several drugs, may contribute to the under-treatment of persistent pain. Lack of communication might further complicate the assessment in
patients with dementia. In depressed patients, antidepressant treatment seems
to avoid the risk of developing pain.
Key words: Persistent pain • Elderly • Analgesics • Quality of life
La prevalenza del dolore aumenta con ogni decade di vita 1, ma il dolore,
benché frequente, non è parte dell’invecchiamento fisiologico. Il dolore non
è semplicemente un sintomo, bensì una complessa entità somato-psichica. Il
concetto di “dolore totale” è utilizzato ormai da anni in campo oncologico, ma
non vi è motivo per non applicarlo anche nel campo della Geriatria 2.
In Italia il dolore persistente, ovvero il dolore che dura più di tre mesi ed
è correlato con patologie progressive non neoplastiche 3, interessa dal 40
all’85% della popolazione anziana e nei 2/3 dei casi è causato da patologie
muscolo-scheletriche 4.
Pacini
Editore
Medicina
n Ringraziamenti: gli Autori ringraziano i pazienti che hanno partecipato allo studio.
n Corrispondenza: dott. Giuseppe Orsitto, U.O. di Geriatria, Ospedale “Paradiso” – ASL BA, via
Giovanni XXIII, 70023 Gioia del Colle (BA) - Tel. +39 080 3489230 - E-mail: giuseppeorsitto@
katamail.com
IL DOLORE CRONICO NEL PAZIENTE ANZIANO
263
Obiettivo
Analisi statistica
Questo studio analizza la prevalenza del dolore
persistente in pazienti anziani allo scopo di: 1)
chiarirne le caratteristiche di base e l’evoluzione
nel tempo; 2) identificare le relazioni tra dolore,
demenza e depressione 5, e l’impatto del dolore
sulle comuni attività della vita.
I dati sono stati sottoposti ad analisi statistica
tramite t-test di Student, test del chi-quadro e
regressione lineare.
Metodi
Un questionario appositamente predisposto è
stato sottoposto ai pazienti afferenti all’ambulatorio e al Day Hospital dell’U.O. di Geriatria
dell’Ospedale Maggiore Policlinico, IRCCS di
Milano tra gennaio e maggio 2008.
L’intensità del dolore è stata valutata con tre
diversi strumenti, la scala analogica visiva, la
scala numerica e la scala verbale. Il questionario
prevedeva domande sulla presenza di sintomi
depressivi correlati al dolore (ansia, depressione, crisi di pianto, solitudine o isolamento, desiderio di morire) e l’interferenza del dolore sulle
attività del vivere quotidiano (riposare la notte,
alzarsi dal letto senza aiuto, curare l’igiene personale, uscire da casa, badare alla casa senza
aiuto – per le donne – o svolgere piccoli lavori
– per gli uomini –, frequentare amici o luogo di
ritrovo, appetito). Le risposte dei pazienti sono
state integrate con informazioni acquisite dalla
cartella clinica (dati socio-anagrafici, punteggi
nelle scale di valutazione multidimensionale,
terapia farmacologiche, ricorso a fisiochinesiterapia e terapie fisiche).
Si è convenuto di considerare attendibili, per
quanto riguardava la compilazione del questionario, i pazienti che dopo 15-20 minuti dalla prima somministrazione davano risposte sovrapponibili sulla scala numerica del dolore. Per i
pazienti non attendibili il questionario è stato
somministrato esclusivamente ai caregiver.
Follow-up
A distanza di tre mesi il questionario è stato
nuovamente sottoposto, tramite colloquio telefonico, a tutti i pazienti con dolore o ai loro
caregiver.
Risultati
Sono stati reclutati 227 pazienti dei quali 70
affetti da demenza. Il 45,7% dei soggetti con demenza (32/70) è risultato attendibile per quanto
concerne la compilazione del questionario, nei
rimanenti casi il questionario è stato compilato
solo dal caregiver.
Le principali caratteristiche dei 227 pazienti considerati nello studio sono riportate in Tabella I
e le patologie più frequentemente riscontrate in
Figura 1. Il dolore persistente è risultato essere
presente in 170/227 (75%) dei pazienti studiati; la
frequenza del dolore era quotidiana nel 70% dei
casi (119/170) (Fig. 2). Per quanto riguarda l’intensità del dolore sono stati analizzati solo i dati
ottenuti dalla scala verbale e da quella numerica,
poiché più del 50% dei soggetti, inclusi quelli
cognitivamente integri, non è stato in grado di
compilare in modo adeguato la scala analogica
visiva 6 7. I dati raccolti con la scala numerica, come atteso, correlano con quelli della scala verbale, infatti, il 15% (25/170) dei pazienti collocava il
proprio dolore 8 tra 0 e 4, il 26% (50/170) tra 4 e
6, il 59% (95/170) tra 7 e 10, e i dati raccolti con
la scala verbale mostrano che il 13% (22/170) dei
soggetti definiva il dolore come “insopportabile”,
il 42% (72/170) “intenso”, il 38% (64/170) “moderato” e il 7% (12/170) “lieve”.
Rispetto alla terapia del dolore emerge che: 1)
il 52% (88/170) dei soggetti con dolore non assumeva o assumeva in modo inadeguato (meno
di una volta al mese) farmaci antidolorifici; 2) i
FANS erano gli analgesici più utilizzati (16%,);
3) gli oppiacei minori (tramadolo e codeina nei
nostri pazienti) erano prescritti nel 9% dei casi;
4) gli oppiacei maggiori erano prescritti solo al
1% dei pazienti. Le altre categorie di farmaci utilizzate erano: COX-2 I (6%), paracetamolo (11%),
paracetamolo in associazione a codeina (5%).
In tutti i pazienti con demenza, come atteso 9, vi
è una prevalenza di dolore inferiore (p < 0,016)
rispetto a quelli integri cognitivamente. È opportuno sottolineare che nel gruppo dei soggetti
dementi la prevalenza del dolore risulta significativamente inferiore (p < 0,018) nei questionari
compilati dal caregiver rispetto a quelli compilati
L. BAGNARA et al.
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Tab. I. Caratteristiche del campione di pazienti.
Pazienti
Tutti
(n = 227)
Con dolore
(n = 170)
Senza dolore
(n = 57)
Età (anni) media (DS)
82,3 (10,6)
82,06 (10,6)
83,03 (9,4)
8 (3,4)
8,39 (4,2)
9,16 (4,2)
4,44 (1,5)
4,43 (1,5)
3,5 (1,2)
Scolarità (anni) media (DS)
ADL media (DS)
IADL media (DS)
4,5 (0,7)
4,5 (0,7)
3,4 (1,6)
MMSE media (DS)
24,7 (5,3)
26,4 (3,5)
18,48 (6,9)
CDT media (DS)
2,82 (1,9)
2,64 (1,9)
3,31 (2,0)
GDS media (DS)
14,76 (6,5)
14,7 (5,4)
13,9 (6,2)
Numero farmaci media (DS)
6,2 (4,95)
6,52 (3,9)
5,26 (3,6)
Depressione % (n)
52,86 (120)
55,29 (94)
45,6 (26)
Ansia % (n)
49,78 (113)
52,35 (89)
42,10 (24)
Artrosi % (n)
55,06 (125)
64,11 (109) *
28,07 (16)
Demenza % (n)
30,83 (70)
30,6 (46) **
42,10 (24)
Pazienti con dolore vs. senza dolore: * p < 0,0001, ** p < 0,01.
Fig. 1. Principali patologie nel campione studiato.
dai soggetti dementi “attendibili”, come a indicare
una sottostima del dolore da parte del caregiver.
Dall’analisi delle risposte alla domanda del questionario se il dolore influisse o meno sulle abitudini di vita, emerge il peso maggiore dell’intensità
del dolore rispetto alla sua frequenza (coefficiente
β: 0,386 vs. 0,111); lo stesso dicasi per il numero
di attività limitate dal dolore (coefficiente β: 0,259
vs. 0,134) e il numero di sintomi depressivi ad esso associati (coefficiente β: 0,408 vs. 0,095).
Fig. 2. Distribuzione della frequenza del dolore nei pazienti.
IL DOLORE CRONICO NEL PAZIENTE ANZIANO
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Tab. II. Effetto dell’intensità del dolore sulle attività quotidiane e sui sintomi depressivi nel gruppo di pazienti anziani con
dolore persistente.
Intensità del dolore
(scala numerica)
Pazienti % (n)
Numero di attività quotidiane
perse media (DS)
Numero di sintomi depressivi
media (DS)
0-4
14,7 (25)
1,2 (1,2)
0,92 (0,9)
5-6
25,9 (50)
1,96 (1,66)
1,42 (1,09)
7-10
59,4 (95)
2,96 (2,02)
1,90 (1,33)
In Tabella II sono riportati i dati relativi all’impatto dell’intensità del dolore sulla riduzione
del numero di attività quotidiane e sull’aumento
del numero dei sintomi depressivi.
Nel nostro campione la presenza del dolore e di
depressione non correlano; significativamente
più frequente è risultata l’assunzione di antidepressivi serotoninergici (SSRI) nel gruppo di pazienti depressi che non riferiva dolore rispetto a
quelli con dolore (p < 0,005).
La rivalutazione a tre mesi di tutti i soggetti con
dolore ha evidenziato un aumento significativo
(p < 0,011) del numero di soggetti che avevano
fatto ricorso, autonomamente e in un modo occasionale, a farmaci da banco, per lo più FANS,
senza che questo comportasse un miglioramento del sintomo dolore, inteso come riduzione
sulla scala numerica di almeno il 30% della sua
intensità 10 11 rispetto al valore iniziale. È emerso inoltre che la presenza di una componente
ansiosa (dedotta dalla risposta ad una specifica
domanda del questionario) tale da richiedere
l’utilizzo di farmaci ansiolitici, era significativamente più frequente nel gruppo dei soggetti che
riferivano una non soddisfacente efficacia della
terapia antidolorifica (p < 0,009).
Conclusioni
I dati di questo lavoro mettono in luce l’entità
del problema dolore persistente nel paziente anziano e le problematiche correlate alla diagnosi e
al trattamento. Per quanto riguarda la demenza,
questi dati, che richiedono una conferma su un
numero più elevato di soggetti, sembrano indicare che accanto a una possibile alterata percezione
del dolore 12 13, abbia un ruolo importante anche
la difficoltà nel comunicare da parte del paziente
demente, come suggerito dalla sottostima della
presenza di dolore da parte del caregiver.
Il rapporto tra dolore e depressione è un consolidato rapporto bidirezionale 14. Nel campione
di soggetti da noi considerato tale rapporto non
è stato confermato e riteniamo che ciò possa
essere ricondotto all’elevato numero di soggetti
senza dolore in terapia con SSRI. Questo suggerisce che nel paziente depresso opportunamente trattato la deflessione dell’umore possa
perdere impatto come fattore di rischio per lo
sviluppo di sindromi dolorose.
Le principali difficoltà nell’affrontare il dolore
persistente nell’anziano riguardano la valutazione e il trattamento farmacologico. Infatti nell’anziano si verificano fisiologicamente alterazioni
della sensibilità dolorifica quali una maggiore
soglia del dolore, dovuta ad un deterioramento
della funzione delle fibre Aδ, e una ridotta tolleranza al dolore, dovuta ad una alterazione dei
meccanismi di modulazione endogena del dolore, rispetto ai giovani adulti. Quindi, dopo che
viene percepito, il dolore può diventare rapidamente intollerabile. Non si può inoltre escludere
anche una ridotta efficacia del farmaco per le
possibili modificazioni recettoriali cui l’anziano
potrebbe andare incontro. Nel campione in esame il dolore è risultato largamente sottotrattato
forse anche per motivi riconducibili all’atteggiamento del paziente nei confronti del dolore: i
pazienti stessi tendono a sottovalutare il dolore 15, accettandolo come se fosse parte inevitabile dell’invecchiamento. Si conferma inoltre che
l’automedicazione nel caso del dolore persistente non è la via da incoraggiare.
Poiché, come evidenziato anche da questo studio, la mancata diagnosi e il trattamento non
adeguato del dolore persistente conducono a
riduzione del grado di autonomia dell’anziano,
riteniamo che le scale per la valutazione del dolore debbano essere inserite tra quelle da utilizzare per la valutazione multidimensionale.
L. BAGNARA et al.
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Obiettivo. Analizzare la prevalenza del dolore
persistente negli anziani e valutarne l’impatto
sulle comuni attività della vita e sui sintomi depressivi.
Metodi. A 227 pazienti afferenti all’U.O. di Geriatria, Ospedale Maggiore Policlinico, IRCCS di
Milano o ai loro caregiver è stato somministrato
un questionario appositamente predisposto. Le
risposte dei pazienti sono state integrate con informazioni raccolte dalla cartella clinica e, dopo
tre mesi, è stato nuovamente somministrato il
questionario tramite colloquio telefonico ai pazienti che riferivano dolore.
Risultati. Il 75% dei pazienti riferiva dolore persistente che nel 70% dei casi era quotidiano.
L’intensità media del dolore era di 6,5 su una
scala numerica da zero a dieci, e aveva un impatto significativo sui sintomi depressivi e sulle
attività quotidiane. Il 52% dei pazienti con dolore non assumeva analgesici in modo appropriato e tra gli anti-dolorifici la classe più utilizzata
erano i FANS (16%). La minore prevalenza del
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dolore nei pazienti dementi sembra essere anche associata ad una sottostima del dolore da
parte del caregiver. Dolore e depressione non
correlano, mentre risulta significativamente
più frequente l’uso di SSRI tra i pazienti senza
dolore.
Conclusioni. Nei soggetti anziani il dolore persistente sembra essere una malattia sottodiagnosticata, sottotrattata, associata a disturbi
dell’umore e che riduce l’autonomia nel vivere
quotidiano. L’accettazione del dolore nell’anziano e la riluttanza nell’assumere antidolorifici,
specialmente nei pazienti in poli-terapia, potrebbe contribuire al sottotrattamento del dolore
persistente. Nei pazienti con demenza da non
sottovalutare è anche il problema della difficoltà
di comunicazione. Un’adeguata terapia antidepressiva sembra poter ridurre il peso della depressione come fattore di rischio nello sviluppo
di sindromi dolorose.
Parole chiave: Dolore persistente • Anziano •
Analgesici • Qualità di vita
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