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Newsletter n° 97
Luglio 2012
«Un trattato non basta: non dobbiamo mai dare per scontato che gli impegni
presi sulla parola e quelli firmati su un pezzo di carta siano veramente
mantenuti. Costruire la pace in Sudan è un'operazione a lungo termine».
Marina Peter in Scommessa Sudan, 2006
Fatti
Sudan 1 /Continuano da oltre un mese le proteste
popolari in tutto il Sudan
Sudan 2 / Inflazione alle stelle
Sudan 3 /Non si placano gli scontri in Kordofan
Meridionale e Nilo Azzurro
Sudan – Darfur 1/ “Pace, sviluppo e unità”, nuova
conferenza sul futuro del Darfur
Sudan Darfur 2 / Sette militari sudanesi muoiono a
causa di un “incidente” in Darfur
Sudan – Sud Sudan/ Ad Addis Abeba i lenti progressi
verso un nuovo accordo
Sud Sudan 1 / Juba festeggia il primo anniversario
dell’indipendenza
Sud Sudan 2 / Attivista anticorruzione brutalmente
torturato
Sud Sudan 3/ Ancora allarme umanitario nei campi
profughi
Sud Sudan 4/ Approvata l’estensione della missione
ONU
© 2008-2012 Campagna Sudan
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Documenti
Small Arms Survey/ Forgotten Darfur: old tactics and
new players
Amnesty International / South Sudan:
Overshadowed conflict Arms supplies fuel violations
in Mayom County, Unity State
La Campagna Sudan
Chi siamo
I fatti (Fonti: Afp, Sudan Tribune, BBC, Misna, Reuters)
Sudan 1/ Continuano da oltre un mese le proteste popolari in tutto il Sudan
Da oltre un mese proseguono le proteste popolari contro il governo a Khartoum e in
diverse città del Sudan, nonostante i tentativi del governo di controllare la situazione
controllando e manipolando
l’informazione, arrestando giornalisti e attivisti e
disperdendo i manifestanti con l’uso della forza.
Per approfondimenti vi invitiamo a leggere l’articolo “La protesta popolare compie un
mese” pubblicato su www.campagnasudan.it .
Le denunce delle organizzazioni per i diritti umani. Amnesty International ha
lanciato un’azione urgente in favore di Mohammed Salah Mohammed, studente della
Facoltà di Scienze, arrestato il 24 giugno scorso. Lo studente, 23 anni, portavoce dello
Student Democratic Front e presidente del Nubians’ regional student association (un
gruppo di studenti della minoranza Nubiana, originari del nord Sudan) è ora detenuto
nella prigione di Kober, tristemente nota per le violenze contro i prigionieri, e si teme
per la sua incolumità.
Il 18 luglio hanno protestato i giornalisti. Un centinaio sono scesi nelle strade
della capitale per denunciare il deterioramento della libertà di stampa. Il segretario
generale della rete di giornalisti sudanesi, Khalid Saad, ha chiesto alle autorità di
governo di fermare gli arresti indiscriminati di “persone che stanno semplicemente
facendo il proprio lavoro”. Dall’inizio delle proteste, una ventina di giornalisti sudanesi
sono stati arrestati, insieme a tre stranieri. In seguito alle nuove tasse introdotte dal
governo nel campo dell’editoria e della stampa, le testate giornalistiche sono state
costrette a licenziare dipendenti e ad aumentare i prezzi di vendita che sono quasi
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raddoppiati negli ultimi sei mesi. Secondo la classifica 2011-2012 stilata da Reporters
Without Borders sulla libertà di stampa il Sudan si trova al 170° posto su 179 stati. Ad
aprile Amnesty International ha pubblicato il rapporto “Silencing dissent. Restrictions
on Freedom of opinion and expression persist in Sudan” scaricabile dal sito
www.amnesty.org .
Protestano anche gli avvocati. Il 16 luglio, oltre 300 avvocati sudanesi sono scesi
nelle strade di Khartoum e una sessantina hanno manifestato di fronte al palazzo del
governo a Nyala, capitale del Darfur Meridionale. Il 19 luglio, infatti, è stato il quinto
venerdì consecutivo di protesta nazionale dedicato, questa volta, al Darfur. Il gruppo
di avvocati ha consegnato ai rappresentanti del governo locale una petizione in cui si
chiede al presidente sudanese Omar El-Bashir l’immediato rilascio dei prigionieri
politici, la garanzia della libertà di stampa e di espressione, la fine dell’uso eccessivo
della forza contro i dimostranti, giudicato illegale, e lo stop alle violazioni dei diritti
costituzionali. Nella città darfuriana, al termine della manifestazione tre avvocati sono
stati arrestati.
A scatenare le rivolte il piano di austerità
annunciato dal governo a giugno che
prevede tagli ai sussidi per il carburante e aumento delle tasse e ha già causato il
rincaro dei beni di prima necessità[vedi Newsletter 96 di maggio-giugno 2012].
NCP: “Non siamo di fronte ad una primavera araba”. Ferma la posizione
dell’NCP, il partito al governo, che ha giudicato le manifestazioni popolari ridicole.
Qutbi Al-Mahdi, uno dei leader dell’NCP ha dichiarato che i partiti di opposizione non
sono assolutamente in grado di portare il Paese alla rivoluzione, come è successo nei
paesi del Nord Africa. Secondo Qutbi l’opposizione si sta illudendo che la popolazione
risponda agli appelli di scendere in piazza e manifestare contro il governo perché è
consapevole della mancanza di una reale alternativa politica: “l’opposizione non ha
nessun programma né piano per risolvere la crisi economica in corso - principale
fattore scatenante delle attuali proteste” ha affermato Qutbi.
Le forze di opposizione hanno fin dall’inizio sostenuto le manifestazioni, incitando la
cittadinanza a continuare le proteste pacifiche come mezzo per rovesciare il regime.
All’inizio di luglio i membri dell’NCF (National Consensus Forces), principale coalizione
di partiti di opposizione sudanese, hanno firmato il Democratic Alternative Charter
(DAC). Nel documento si delineano i passi necessari verso la costruzione di uno stato
democratico: un governo di transizione che rappresenti tutte le forze politiche e che
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guidi il paese per tre anni verso nuove elezioni, nuova Costituzione ispirata a principi
di uguaglianza e rispetto delle diversità. Il documento è stato però giudicato non
soddisfacente dai movimenti di opposizione armata, coalizzati nel SRF (Sudan
Revolutionary Front che comprende l’SPLM/A-N attivo in Sud Kordonfan e Blue Nile, le
due ali del SLA, di Minni Minawi e Waid Al Nur e il Jem, attivi in Darfur) che hanno
sottolineato la mancanza di una adeguata inclusione delle istanze avanzate dalle zone
periferiche del paese.
Altri oppositori, uniti nel cartello “Sudanese Front for Change” hanno pubblicato un
documento in cui sottolineano la necessità di uno stato laico, pluralista e democratico
per uscire dalla crisi in cui il paese langue, praticamente dal momento della sua
indipendenza.
Sudan 2/ Inflazione alle stelle
I dati diffusi dal Sudan Central Bureau of Statistics (SCBS) confermano la gravità della
situazione economica del Sudan. In giugno, l’inflazione calcolata su base annua è
arrivata al 37,2 %, il doppio rispetto allo stesso periodo del 2011. A maggio si era
attestata al 30.4% e un dollaro statunitense equivaleva circa a 5 sterline sudanesi;
ad aprile, in concomitanza con la crisi di Heglig [vedi Newsletter 95 di aprile 2012] il
tasso di cambio era ai minimi storici: un dollaro valeva 6.2 sterline. Attualmente, il
valore ufficiale si attesta sui 4.4 ma l’incapacità della banca centrale di far fronte
all’aumento della domanda di moneta ha fatto esplodere il mercato nero dove un
dollaro si acquista per oltre 6 sterline. Secondo quanto dichiarato da Alim AbdelGhani, funzionario dell’SCBS, a causa del graduale taglio dei sussidi al carburante
previsto dal piano di austerità deciso dal governo, l’inflazione è destinata a salire
anche nei prossimi mesi. La crisi petrolifera tra Sudan e Sud Sudan [vedi Newsletter
93 del 15 febbraio 2012], i continui conflitti lungo la linea di confine tra i due stati, le
ribellioni interne che spingono Khartoum ad investire su armi ed esercito e, da ultimo,
il piano di austerità deciso dal governo stanno portando al collasso un’economia già
fragile, minata dalla corruzione.
Il governo cerca nuove strade per risollevare l’economia del paese. La scorsa
settimana il presidente sudanese Omar El-Bahir ha inaugurato il più grande impianto
di lavorazione di canna da zucchero, nello stabilimento della White Nile Sugar Co, a
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circa 120 Km a sud di Khartoum. L’impianto era stato aperto nel 2004 e
successivamente chiuso per diversi anni anche a causa delle sanzioni imposte al
Sudan dal governo statunitense. La capacità produttiva iniziale sarà di 150mila
tonnellate annue, ma ”nel giro di tre anni arriveremo a produrre 450mila tonnellate di
prodotto”, ha dichiarato Bashir alla cerimonia di inaugurazione. Il governo spera così
che le esportazioni dei prodotti agricoli e di minerali, quali, oro e argento, possano
rimpiazzare la perdita delle rendite petrolifere, alla radice della profonda crisi
economica in corso.
Sudan 3/ Non si placano gli scontri in Kordofan Meridionale e Nilo Azzurro
L’agenzia di stampa sudanese, SUNA, ha confermato la notizia dell’uccisione di due
funzionari del governo, tra cui il presidente del Parlamento dello stato del Kordofan
Meridionale, e di altre sei persone in un attacco a sorpresa. In un comunicato stampa
diffuso dalla stessa agenzia l’esercito sudanese ha definito l’episodio un atto di
tradimento, promettendo che le vittime saranno vendicate.
L’SPLA-N, da parte sua, nega ogni coinvolgimento nell’attentato.
Continuano ad arrivare notizie di scontri anche dal Nilo Azzurro. Secondo le notizie
diffuse dal Sudanese Media Center, vicino all’apparato di governo, l’esercito sudanese
avrebbe respinto un attacco delle truppe ribelli dell’SPLA-N contro la località di Diem
Mansour, zona a sud di Kurmuk, vicino al confine con l’Etiopia, teatro di violenti
scontri già il mese scorso.
Sudan – Darfur 1/ “Pace, sviluppo e unità”, nuova conferenza sul futuro del
Darfur
Al centro della conferenza sul futuro del Darfur che si è svolta il 10 luglio la
riprogrammazione del Doha Document for Peace in Darfur (DDPD), firmato il 14 luglio
2011. Obiettivo è “Unire gli sforzi di tutti i cittadini darfuriani per creare e preservare il
benessere di tutto il paese” ha affermato Tijane El-Sissis leader del LJM e capo
dell’Autorità Regionale del Darfur (Darfur Regional Authority-DRA) all’avvio dei lavori.
Tra gli inviati all’incontro tenutosi ad El Fasher, capitale del Nord Darfur, c’erano
rappresentanti del governo sudanese e dei cinque stati del Darfur, rappresentanti del
Liberation and Justice Movement (LJM), l’unico movimento ribelle firmatario degli
accordi di Doha, portavoce di organizzazioni internazionali e alti funzionari dell’ONU.
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Dure le critiche dei rappresentanti dei rifugiati che accusano l’Autorità Regionale del
Darfur (Darfur Regional Authority-DRA) di aver invitato solamente i rappresentanti
dell’LJM e quelli più vicini alle posizione del governo, senza consultare i loro veri
rappresentanti. Il coordinatore del campo di Zalingei, nel Darfur centrale, ha
dichiarato fermamente che l’LJM non parla a nome di tutti gli IDPs e che non è tempo
di inutili conferenze perché “ il popolo sudanese ha bisogno di cooperare per
rovesciare il regime di Khartoum”.
Al termine della conferenza Tijane El-Sissis leader del LJM e capo del DRA ha
ammesso i ritardi nell’implementazione dell’accordo di pace, soprattutto a causa della
mancanza di finanziamenti che ha impedito lo svolgersi del referendum sullo status
amministrativo della regione e l’organizzazione delle operazioni di ritorno volontario
degli IDPs. Per l’Autorità Regionale sono necessari 2 miliardi di $ per implementare il
piano di ricostruzione e progetti di sviluppo per risollevare la regione dopo anni di
guerra civile. Secondo quanto dichiarato dal leader, il Qatar, presente alla conferenza
come mediatore, sarebbe disposto a sborsare 31 milioni di $ per assistere il ritorno
degli sfollati.
Sudan-Darfur 2/Sette militari sudanesi muoiono a causa di un “incidente” in
Darfur
Al-Sawarmi Khalid, portavoce dell’esercito Sudanese (SAF) ha confermato la morte di
sette militari sudanesi in seguito ad un incidente in elicottero avvenuto nella zona di
Khazan Tunjur, nello stato del Nord Darfur. Secondo Al- Sawarmi a causare la caduta
del veivolo, un Mi-17 in missione “amministrativa”, è stato un guasto tecnico. Adam
Saleh Abakr, portavoce dell’SLM-MM il gruppo ribelle guidato da Minni Minnawi, ha
invece dichiarato che sono state le sue truppe di base nel Jebel Marra ad abbattere
l’elicottero che stava bombardando il villaggio di Kosoni. L’SLM-MM ha accusato
l’esercito sudanese di bombardare regolarmente i villaggi che si trovano nelle aree più
periferiche della regione, sottolineando che il governo continua ad uccidere civili
innocenti. A sua volta, Khartoum accusa i ribelli di attaccare la popolazione civile e
distruggere località nevralgiche per gli scambi commerciali del Darfur, ostacolando
deliberatamente il processo di pace e il ritorno degli sfollati.
Sudan-Sud Sudan 1/Ad Addis Abeba i lenti progressi verso un nuovo accordo
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Il 14 luglio i presidenti di Sudan e Sud Sudan si sono nuovamente incontrati ad Addis
Abeba per riprendere i negoziati di pace. Era la prima volta che i due esponenti politici
sedevano allo stesso tavolo, dopo la crisi di Heglig dello scorso aprile [vedi Newsletter
95 di aprile 2012]. L’Unione Africana che ha guidato i colloqui ha definito “lenti e
senza scossoni” i progressi ottenuti. Jean Ping, capo della Commissione dell’AU e
autore del rapporto finale, ha parlato di “un nuovo spirito, un nuovo approccio
strategico che porterà le due parti a sedersi nuovamente al tavolo dei negoziati con la
reale intenzione di risolvere le questioni rimaste in sospeso e di raggiungere un
accordo
comprensivo
entro
il
2
agosto
prossimo”.
Secondo
Pagan
Amun,
rappresentante del Sud Sudan al tavolo dei negoziati, il presidente Salva Kiir ha
promesso al governo sudanese un primo pacchetto di compensazioni economiche per
ridurre le perdite subite dal Sudan in seguito all’indipendenza sud-sudanese. Nessun
passo in avanti, invece, sulla questione di Abyei, zona contesa, dove la popolazione
sta ancora aspettando lo svolgersi del referendum sullo status dell’area, previsto dal
Trattato di pace del 2005 (CPI). La titolarità del diritto di voto continua a rimanere
“zona grigia”: secondo la delegazione sud-sudanese, gli unici ad aver diritto di voto
sono i Dinka che vivono stanzialmente nella zona; la controparte sudanese è invece
ferma nell’asserire che hanno diritto di voto anche i Misseriya, popolazione nomade
che stagionalmente utilizza i pascoli e le fonti d’acqua dell’area.
Sud Sudan 1/Juba festeggia il primo anniversario dell’indipendenza
Il 9 luglio la Repubblica del Sud Sudan ha festeggiato il primo anniversario
dell’Indipendenza, il primo dopo il referendum di gennaio 2011 che ne ha sancito la
separazione da Khartoum. Nel discorso di apertura dei festeggiamenti, il presidente
del 54° stato africano, Salva Kiir, ha dichiarato che il governo sta facendo tutti gli
sforzi possibili per garantire il benessere e la libertà della sua popolazione, duramente
provata dalla lunga guerra civile (1983-2005). Kiir ha sottolineato più volte la
questione economica, condannando duramente la corruzione che dilaga nel paese e
confermando la ferma decisione del governo di combattere questa piaga. Il presidente
ha anche fatto appello agli investitori stranieri affinché sostengano la costruzione del
nuovo stato e alla comunità internazionale perché continui ad aiutare il paese nella
lotta alla povertà e alla fame e nella risoluzione delle questioni rimaste in sospeso con
il vicino Sudan.
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Le preoccupazioni della comunità internazionale e degli osservatori stranieri.
Nonostante l’ottimismo di Salva Kiir, rappresentanti della comunità internazionale e
analisti politici sono concordi nell’affermare che la strada verso la costruzione di uno
stato democratico è ancora lunga. In un comunicato stampa rilasciato poco giorni
prima l’anniversario dell’indipendenza il segretario di stato americano Hillary Clinton
ha avvertito sulle difficili sfide che il paese si trova davanti e che minacciano la
stabilità politica e la sicurezza economica della giovane nazione:i continui conflitti e le
questioni irrisolte con il Sudan, le tensioni politiche interne e inter-etniche, la crisi
economica. “In South Sudan, a state of dependency”, era il titolo di un rapporto
diffuso dall’agenzia di stampa Reuters. Al centro dell’analisi, la difficile situazione
economica che sta attraversando il paese: secondo quanto si legge nel documento, il
blocco delle estrazioni petrolifere deciso dal governo sud-sudanese lo scorso gennaio
rischia di far collassare l’intera economia, rischio confermato anche dalla Banca
Mondiale. Le rendite del petrolio costituiscono il 98% del budget nazionale e se non si
rimette in moto l’economia, la Banca Mondiale prevede che nel 2013 oltre l’80% della
popolazione sud sudanese sarà a rischio povertà.
Il dossier di Campagna Italiana per il Sudan. In occasione dell’anniversario del 9
luglio abbiamo pubblicato “Sud Sudan, un anno di interdipendenza”, un dossier che
delinea la complessità del processo di costruzione nazionale e del consolidarsi di
relazioni pacifiche e di reciproca fiducia e rispetto tra i due paesi. Il dossier è
scaricabile dal link http://www.campagnasudan.it/public/Sud_Sudan.pdf .
Sud Sudan 2/ Attivista anticorruzione brutalmente torturato
All’inizio di luglio Deng Athuai, leader del South Sudan Civil Society Alliance, è stato
rapito, condotto fuori città e brutalmente picchiato fino a perdere conoscenza. E’ stato
trovato incappucciato, ai margini di una strada che si inoltra nella foresta, da alcuni
soldati che lo hanno trasportato all’ospedale di Juba.
Sabato scorso, di fronte a
centinaia di persone, il vice presidente, Riek Machar, ha duramente condannato i
responsabili dell’episodio, che rimangono ancora ignoti. Secondo Machar si è trattato
di un chiaro atto intimidatorio contro la campagna anticorruzione che Athuai sta
portando avanti da settimane; cavallo di battaglia dell’attivista, la richiesta al governo
sud-sudanese di pubblicare i nomi dei 75 funzionari a cui il presidente Salva Kiir aveva
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qualche settimana fa inviato una lettera, chiedendo di restituire i 4 miliardi di $
sottratti dalle casse dello stato [vedi Newsletter 96 di maggio giugno 2012].
“Il
paese, ha dichiarato Machar, deve imparare a rispettare le leggi e i diritti umani”,
annunciando che presto verrà pubblicato un rapporto sulla situazione della corruzione
nel paese. Il parlamento ha recentemente approvato una risoluzione in cui chiede al
presidente di sospendere tutti i funzionari che hanno ricevuto la lettera e sono
sospettati di corruzione.
Sud Sudan 3/ Ancora allarme umanitario nei campi profughi
“Nove bambini muoiono ogni giorno per malattie assolutamente curabili, come la
diarrea,
a causa delle pessime condizioni igieniche nei campi profughi del Sud
Sudan”, è l’ultima dichiarazione dello staff ONU impegnato nelle operazioni di
trasferimento dei profughi provenienti dal Sud Kordofan e Nilo Azzurro in luoghi più
sicuri e “umani”. Il portavoce dell’UNCHR, Adrian Edwards, ha definito la situazione
umanitaria in Sud Sudan forse la più grave che l’agenzia Onu ha dovuto affrontare
nella sua storia recente, anche perché migliaia di civili non riescono ad essere
raggiunti dagli aiuti umanitari. Le pessime condizioni in cui sono costretti i civili fuggiti
negli ultimi mesi dai conflitti in corso negli stati sudanesi del Sud Kordofan e del Nilo
Azzurro, sono confermate anche dagli operatori di Medici senza frontiera. “Con le
piogge torrenziali, gli inadeguati servizi igienici e il continuo flusso di persone che
arrivano da noi stremate dopo giorni di cammino senza cibo nè acqua e spesso già
ammalate, c’è il reale rischio di un disastro epidemiologico”, ha affermato il gruppo di
medici al lavoro nel campo profughi di Jamam, nello stato dell’Alto Nilo. Secondo gli
ultimi dati OCHA, oltre 60mila sono i civili fuggiti dal Kordofan Meridionale e rifugiatesi
nei campi dello stato sudsudanese di Unity, 107mila quelli fuggiti dal Nilo Azzurro oltre
il confine con l’Alto Nilo e 37 mila i rifugiati che hanno raggiunto l’Etiopia. Centinaia
sono i rifugiati registrati nei campi ogni giorno.
Sud Sudan 4/ Approvata l’estensione della missione ONU
Il Consiglio delle Nazioni Unite ha approvato all’unanimità l’estensione della missione
Onu in Sud Sudan (UNMISS). Tra le priorità del mandato degli operatori Onu, la
protezione dei civili, il monitoraggio del flusso di persone e armi lungo la linea di
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confine con il Sudan e il supporto alle riforme nel campo della sicurezza e della
giustizia necessarie al paese. Il Consiglio ha anche sottolineato la necessità di
rafforzare i processi di capacity building nel campo dei diritti umani, della costruzione
nazionale e dello sviluppo del neo stato. Numerose le raccomandazioni rivolte al
governo sud sudanese, in particolare:
-il coinvolgimento delle donne nel processo di costruzione dello stato
-la protezione della popolazione civile
-l’attuazione di meccanismi di giustizia contro i responsabili delle violazione dei diritti
umani e di reintegro di ex-combattenti
Il prossimo mandato della missione Onu scadrà il 15 luglio 2013.
Documenti
Small Arms Survey/ Forgotten Darfur: old tactics and new players
In un nuovo documento pubblicato a luglio Small Arms Survey, l'organizzazione
indipendente svizzera che monitora il commercio e la proliferazione delle armi leggere,
delinea la nuova fase del conflitto in Darfur. Nonostante sia praticamente sparito
dall’agenda internazionale, oggi in Darfur si continua a combattere, si legge nel
documento, ma siamo di fronte ad un cambiamento degli attori in gioco. Il governo
sudanese, infatti, sembra aver abbandonato l’uso di milizie composte da etnie di
origine araba, come i Janjaweed, “i diavoli a cavallo” tristemente noti per le loro
violente incursioni contro i villaggi e le popolazioni civili soprattutto durante la fase più
acuta del conflitto darfuriano (2003-2005). Secondo gli autori del rapporto la nuova
fase, iniziata tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, è caratterizzata dal conflitto tra
gruppi non arabi contro altri gruppi di popolazione non araba. Dal 2010 le nuove
“Popular Defence Forces”, composte da gruppi non arabi come i Bergid, Berti e
Tunjiur, sostenute dal governo, hanno causato lo sfollamento di oltre 700mila
Zaghawa, gruppo etnico di origine africana storicamente preso di mira da Khartoum,
compiendo centinaia di incursioni e attacchi. La strategia è però sempre la stessa:
gettare benzina sulle tensioni latenti tra gruppi etnici diversi per infiammare il terreno
di scontro tra il governo centrale e le popolazioni locali che rivendicano maggior peso
politico e dividendi economici per le zone più periferiche del paese, come appunto il
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Darfur. “Forgotten Darfur” documenta come questo cambiamento stia profondamente
modificando la mappa etnica della regione e rischi di esasperare la tensione tra gruppi
etnici non-arabi locali per il potere politico e, il controllo delle risorse. Il documento, in
inglese, può essere scaricato dal sito http://www.smallarmssurvey.org/.
Amnesty International / South Sudan: Overshadowed conflict Arms supplies
fuel violations in Mayom County, Unity State
Amnesty International ha pubblicato il secondo rapporto che documenta l’origine delle
armi utilizzate nel conflitto sudanese. A febbraio era uscito “Sudan: no end to violence
in Darfur”, che aveva rivelato che le armi utilizzate nei conflitti in corso in Darfur
provengono da Russia, Cina e Bielorussia e che si sta chiaramente violando l’embargo
imposto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ora Amnesty svela l’uso di armi
di origine cinese, sudanese ed ucraina negli scontri tra l’esercito sudsudanese (SPLA)
e il gruppo ribelle South Sudan Liberation Army (SSLA), nella contea di Mayom nello
stato di Unity: carri armati T-72 ucraini, munizioni sudanesi e mine di fabbricazione
cinese disseminate dai ribelli lungo le strade.
Nel nuovo documento si legge che il
continuo flusso di armi da parte dei paesi fornitori è stato fondamentale per
alimentare il conflitto e gli scontri tra le due parti nel 2010 e 2011. Le conseguenze
peggiori sono quelle sulla popolazione civile, vittima di attacchi, distruzione di villaggi,
scuole, case. “ I governi di questi paesi devono immediatamente fermare la fornitura
di armi, utilizzate in per compiere gravi violazioni di diritti umani” ha affermato Erwin
van der Borght, direttore di desk Africa di Amnesty International’s . E’ possibile
scaricare il rapporto “Overshadowed Conflict, Arms supplies fuel violations in Mayom
County, Unity State” dal sito www.amnesty.org .
La Campagna italiana per il Sudan
Chi siamo
La Campagna italiana per il Sudan è una campagna nazionale di informazione,
sensibilizzazione ed advocacy che opera dal 1994. Raggruppa organizzazioni della
società civile italiana (Acli, Amani, Arci, Caritas ambrosiana, Caritas italiana, Mani
Tese, Ipsia Milano, Missionari e missionarie comboniane, Iscos Emilia Romagna, Nexus
Emilia Romagna, Pax Christi) e lavora in stretta collaborazione con enti pubblici e
privati italiani e con varie organizzazioni della società civile sudanese. In Italia la
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Campagna ha fatto conoscere la situazione del Sudan e ha sostenuto i processi volti al
raggiungimento di una pace rispettosa delle diversità sociali, etniche, culturali,
religiose della sua popolazione. Per informazioni: www.campagnasudan.it.
Nota: per non ricevere più questa Newsletter scrivere a [email protected] e
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Contatti: telefono 02-40 75 165, [email protected] .
Questa Newsletter è a cura della Segreteria di Campagna Italiana per il Sudan.
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